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BOLSENA
(anno 1263 – Duomo di Orvieto: S. Maria Assunta)
Riportiamo il testo della lapide di Bolsena, in una traduzione italiana di Giovanni Battista Scotti del
1863, limitatamente a quella parte che illustra la natura e le circostanze del Miracolo: “Nel tempo in
cui Papa Urbano IV, con i suoi fratelli Cardinali e con la sua Curia risiedeva in Orvieto, vi fu un
Sacerdote alemanno, di singolare discrezione e d’insigne bontà di costumi, e che in tutte le cose si
mostrava a Dio fedele, solo che nella fede di questo Sacramento (l’Eucaristia) dubitava assai; cioè
come mai potesse essere che al proferire il Sacerdote quelle parole: “Questo è il Mio Corpo”, il
pane si mutasse nel vero e santissimo Corpo di Cristo, e al proferire quelle altre: “Questo è il Mio
Sangue”, il vino si cambiasse in Sangue. Tuttavia ogni giorno supplicava Iddio nelle sue orazioni
che si degnasse di mostrargli un qualche segno che gli avesse rimosso dall’anima ogni dubbio.
Venuto il tempo, l’onnipotente e misericordioso Iddio, il quale non vuole la morte del peccatore, ma
che si converta e viva, e nessuno che in Lui speri abbandona, affinché il detto Sacerdote desistesse
da quell’errore e la sua fede avesse maggiore fermezza, dispose che quel Sacerdote per impetrare il
perdono dei suoi peccati, visitasse il sepolcro degli apostoli Pietro e Paolo e altri pii luoghi.
Il sacerdote s’incamminò verso Roma, ed arrivato al castello di Bolsena, della diocesi di Orvieto,
stabilì di celebrare la Messa nella Chiesa di S. Cristina vergine, luogo detto volgarmente delle
Pedate, perché si vedono mirabilmente, come scolpite, le orme dei piedi della suddetta vergine.
Mentre il Sacerdote celebrava la messa e teneva l’Ostia nelle mani sopra il calice, si mostrò una
cosa meravigliosa, da far stupire, per il Miracolo, sia gli antichi tempi che i nuovi.
Improvvisamente quell’Ostia apparve, in modo visibile, vera carne aspersa di rosso sangue. Solo
quella particella tenuta dalle dita di lui, il che non si crede accadesse senza mistero, ma piuttosto
perché fosse noto a tutti che quella era l’Ostia che il Sacerdote aveva tenuto tra le mani. Di più, una
benda che si teneva per purificazione del calice restò bagnata da quella effusione di sangue. Alla
vista del Miracolo, colui che prima dubitava, confermato nella fede, stupì, e procurò di nasconderlo
con il corporale; ma quanto più si sforzava di nascondere, tanto più ampiamente e perfettamente,
per virtù divina, si divulgava il Miracolo.
Infatti, ciascuna goccia di sangue che scaturiva dall’Ostia, tingendo il sacro corporale, lasciò
impresse altrettante figure a somiglianza di uomo. Vedendo ciò il Sacerdote atterrito, cessò dal
celebrare. Anzi, preso da intimo dolore e spinto dal pentimento, collocato prima con la pia dovuta
devozione nel Sacrario della Chiesa quel venerabile Sacramento, corse in fretta dal Sommo
Pontefice, e genuflesso innanzi a lui, gli narrò tutto l’accaduto e della propria durezza di cuore e,
dell’errore chiese perdono e misericordia.
Udite queste cose, il Papa restò pieno di grandissima ammirazione, e siccome era in terra Vicario di
Colui che un cuore contrito ed umiliato non disprezza, lo assolse e gli impose una salutare
penitenza. E affinché la lucerna posta sul candelabro risplendesse maggiormente per quelli che sono
nella Casa del Signore, decretò che il venerabile Corpo di Cristo fosse portato nella Chiesa
orvietana, che era stata insignita col nome della Madre Sua, ed espressamente comandò al Vescovo
di Orvieto di recarsi alla Chiesa della beata Cristina, e lo portasse in questa città.
Obbedendo ai suoi comandi, questi si recò al luogo del Miracolo e, riverentemente prendendo il
Corpo di Cristo, accompagnato da chierici e da molti altri, lo portò sin presso alla città, al ponte di
un certo torrente, detto volgarmente Riochiaro, dove gli venne incontro lo stesso Romano Pontefice
seguito da numerosi religiosi e da una folla in lacrime, tutti diretti verso la Chiesa di
Orvieto…“L’anno della Natività del nostro Signore Gesù Cristo 1263”
Sull’area della vecchia Chiesa di S. Maria Prisca, dove fu collocato il Corporale, la pietà degli
orvietani e l’opera di valenti artisti finirono per innalzare quel gioiello di architettura sacra che è il
Duomo di Orvieto. Nel 1506 il Pontefice Giulio II visitò il famoso Corporale dando poi l’incarico a
Raffaello Sanzio di affrescare l’avvenimento. L’artista eseguì la commissione e l’opera si trova
nella “stanza di Eliodoro” in Vaticano (1512). Del XVI secolo è un affresco della Galleria delle
Carte Geografiche in Vaticano, che in un’unica scena ripropone gli episodi salienti del prodigio.
Da N. NASUTI, L’Italia dei prodigi eucaristici, Edizioni Cantagalli, Siena, 1997, pp. 89-91 e 96
Un particolare significato ebbero le celebrazioni eucaristiche del 1964, in occasione del VII
centenario della Bolla «Transiturus», celebrazioni onorate dalla partecipazione di Sua Santità Paolo
VI. L'11 agosto 1964, nella insigne Cattedrale orvietana, Papa Montini lanciò al mondo quello che
egli stesso definì il «Messaggio di Orvieto». Nella circostanza ebbe a dire:
«Non creda l'uomo d'oggi di trovare altro nutrimento alla sua insaziabile fame di vita, se non nella
fede e nella comunione di Cristo Signore... Creda finalmente l'uomo di oggi che l'umile e fervorosa
fede che Cristo nell'Eucaristia reclama da lui è per la sua redenzione, per la sua salvezza e per la sua
felicità».
Ancora l'8 agosto 1976, a chiusura del Congresso Eucaristico Internazionale di Filadelfia, il Santo
Padre Paolo VI si recò pellegrino a Bolsena, dove celebrò la Santa Messa fuori della chiesa del
Miracolo. Nella occasione si degnò elevare la chiesa alla dignità di Basilica Minore. All'omelia, tra
l'altro, disse: «Bolsena non dimentica, ed oggi ripresenta a noi e al mondo il Miracolo compiuto nel
Santuario della sua Santa Cristina, il quale miracolo ha ravvivato nella Chiesa d'allora e ravviva
tuttora la coscienza interiore e ha perpetuato il culto esteriore, pubblico e solenne, dell'Eucaristia,
del quale Orvieto e Bolsena conservano ed alimentano nel mondo l'inestinguibile fiamma».
Preghiera
Voto ed augurio che si ritrovano stupendamente espressi nella seguente preghiera:
«Signor mio Gesù Cristo, che in questo Sacro Corporale Ti degnasti dare una prova della Tua reale
Presenza nel Sacramento Eucaristico, sostieni la mia fede, affinché io creda fermamente tutte le
verità da Te insegnate. Poiché, senza le opere, la fede è morta, fa’ che io viva sempre da vero
cristiano, attuando il Tuo precetto d'amore verso Dio e verso il prossimo. Come adesso Ti adoro in
terra, nel SS. Sacramento, possa un giorno contemplarti svelato in Cielo in tutta la maestà della Tua
Gloria. Amen.»
Da N. NASUTI, L’Italia dei prodigi eucaristici, Edizioni Cantagalli, Siena, 1997, pp. 100-101
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