Associazione
Studi e Ricerche per il Mezzogiorno
Le filiere produttive meridionali:
Competitività, innovazione e sentieri di sviluppo
BREVE SINTESI
Roma, 5 dicembre 2006
SINTESI
L’interrogativo che più spesso ci si pone oggi, alle prese con un contesto economico
sicuramente difficile e di complessa decifrazione, è se il Mezzogiorno produttivo ha
nel suo bagaglio di esperienze, capacità e cultura, forze sufficienti a poter
intraprendere quel percorso di crescita duraturo ed autopropulsivo necessario a
operare in un’economia in movimento ed in continua trasformazione. La risposta può
essere ad una prima valutazione essere senz’altro affermativa.
Nonostante i tentativi di policy, nonostante gli aiuti e le sovvenzioni statali che si sono
protratti nel corso dei decenni con diverse intonazioni ed anche con diversi strumenti
ed obiettivi, il risultato più manifesto è che il mercato ha di fatto svolto il suo lavoro
spesso indipendentemente dalle azioni a sostegno (spesso addirittura con direzioni
opposte a quelle preventivate) a conferma che non è assolutamente facile comprendere
quello che può essere lo scenario futuro ed agire di conseguenza con azioni specifiche
e potrebbe forse essere più efficace svolgere azioni a sostegno del contesto in cui le
forze imprenditoriali e quelle sociali svolgono il proprio compito.
Un’affermazione questa che declina varie e diverse responsabilità, che chiama tutti gli
attori ad essere attenti a fare scelte precise, a capire e ad interpretare gli scenari
economici. E se si sbaglia nel proporre azioni di politica economica e/o industriale e
nelle strategie di sviluppo territoriale, di fatto il mercato reagisce come può e con gli
strumenti che ha a disposizione.
Da questi interrogativi prende spunto la ricerca sui poli produttivi1 che analizza
l’imprenditoria meridionale delle filiere, la loro localizzazione e soprattutto i possibili
sentieri di crescita e sviluppo. Capire, difatti, i fenomeni sottostanti consente di fare
qualcosa di più, consente di cavalcare l’onda del rinnovamento e della ripresa.
Lo studio è centrato sul Mezzogiorno e pertanto non si propone di analizzare i gap
territoriali e settoriali rispetto ad altre aree, come spesso fin troppo avviene, ma
intende evidenziare le positività e le potenzialità endogene di sviluppo.
L’intensificarsi dell’ormai ben noto processo di globalizzazione, infatti, comportando
una maggiore integrazione dei mercati, accresce il grado di varietà e variabilità con cui
gli attori economici devono confrontarsi ed enfatizza l’importanza della capacità
competitiva di imprese e sistemi territoriali, nell’acquisizione di un vantaggio duraturo
e difendibile.
L’ impatto con il mercato globale non è stato neutrale soprattutto per quel tessuto di
piccole e medie imprese del manifatturiero tipico (agroalimentare e tessile) che ha però
determinato soprattutto per le realtà più dinamiche un processo di ristrutturazione
strutturale che sempre più evolve verso l’intermediazione ed i servizi.
SRM - LE FILIERE PRODUTTIVE MERIDIONALI: COMPETITIVITÀ, INNOVAZIONE E SENTIERI DI SVILUPPO –
GIANNINI EDITORE , 2006
1
1
La tendenza delle imprese del manifatturiero ad evolversi verso la terziarizzazione
della filiera produttiva nei settori maggiormente esposti è sinonimo di reazione e
dell’evoluzione di sistema ma, anche e soprattutto, di difesa e di riduzione di margini
di operatività e va quindi valutata con cautela; l’attenzione al manifatturiero e la sua
evoluzione non può solo significare “terziarizzazione della filiera” ed anche se
qualcosa cambia il manifatturiero pur evolvendosi deve avere un nocciolo duro
d’impresa vera e propria cui non solo il Mezzogiorno, ma il nostro Paese non può
prescindere.
L’analisi pur evidenziando i punti di debolezza del panorama di imprese meridionale
vuole, però ,anche evidenziare le differenze presenti tra le diverse aziende, anche
appartenenti allo stesso settore, e valorizzarne le novità e le caratteristiche.
Il rapporto mette in evidenza, quindi, che valutare l’”industria del Mezzogiorno” nel
suo complesso determina una eccessiva e spesso dannosa generalizzazione
specialmente se poi da questa si dipanano azioni di sostegno non sempre ben
finalizzate: in effetti i caratteri strutturali ed operativi dei numerosi comparti del
manifatturiero presentano caratteristiche estremamente eterogenee così come è
difforme la situazione all’interno di ciascun comparto.
L’analisi, ha seguito una logica di comportamenti contigui di filiera che per l’industria
meridionale si sono concretizzati in due macro atteggiamenti aggregativi: endogeni, e
cioè tipici della capacità produttiva del Mezzogiorno, ed esogeni e cioè di matrice
derivata, dove a fare da traino è la “grande impresa” leader o comunque laddove i
legami tra imprese leader esterne e imprese satelliti sono intensi, sistematici e robusti,.
Ulteriore peculiarità evidenziata è certamente la forte presenza di piccole e medie
imprese accanto a quelle più grandi; Il lavoro mette in evidenza, anche nel
Mezzogiorno, la profonda trasformazione ed il ruolo sempre più significativo della
media impresa. Il processo di crescita che in questi casi si instaura tra imprese e
mercati globali segue un nesso che si istituisce tra l’essere media impresa e essere
impresa che esporta e compete: le imprese (leader) che sono dimensionalmente le più
strutturate tendono ad inserirsi più facilmente in un percorso propulsivo di crescita e
riescono a sfruttare meglio le dinamiche nuove della domanda riveniente dall’apertura
dei mercati..
La ricerca che è partita da una “mappatura dei poli produttivi meridionali” sia in senso
statico che dinamico, in relazione alle modifiche strutturali e di mercato che si sono
evidenziate negli ultimi anni nell’economia italiana ed internazionale, ha quindi,
diretto le sue analisi alla individuazione e all’interpretazione dei possibili driver di
crescita e di competitività delle imprese produttive del Mezzogiorno, attraverso
un’analisi qualitativa e quantitativa, pervenendo ad alcune ipotesi interpretative che di
seguito sinteticamente riportiamo e che ovviamente hanno la loro più diffusa
spiegazione nel corso del lavoro.
2
Dall’indagine risulta che le vie per il cambiamento seguono sostanzialmente quattro
direttrici di competitività: l’aumento della dimensione delle imprese (o ancora meglio
un corretto “dimensionamento” delle imprese in relazione alle caratteristiche del
mercato e alla tipologia dei prodotti) e l’innovazione tecnologica, la specializzazione
produttiva e il connesso rafforzamento finanziario, il fattore culturale e
l’internazionalizzazione. Tutti questi driver vanno, peraltro, inseriti in un contesto
dinamico che potremmo definire “esogeno e concorrente“ fatto di livelli idonei allo
sviluppo di infrastrutture materiali ed immateriali (con un maggior impatto dei secondi
rispetto ai primi) e adeguato grado di coesione sociale nei diversi territori.
La novità dell’indagine non sta tanto nei driver individuati ma, nel fatto che essi sono
la sintesi di un’approfondita indagine empirica che partendo da una molteplicità di
variabili, le aggrega attraverso l’analisi statistica dando vita ai quattro driver di azione,
stabilendo poi tra questi un nesso di casualità ed una priorità. Inoltre nella ricerca si
aggiunge alla analisi quantitativa una parallela e concorrente analisi qualitativa che ha
permesso di analizzare e valutare (anche attraverso l’ascolto delle voci del territorio) i
fattori prevalenti di natura esogena ed endogena a livello locale che hanno permesso
alla fine di effettuare una migliore “taratura” dei risultati raggiunti attraverso la sola
analisi dei dati.
La ricerca, che giunge in conclusione a definire dei possibili percorsi di crescita del
mondo produttivo meridionale, effettua una classificazione e interpretazione delle
omogeneità e delle disomogeneità imprenditoriali e territoriali dei poli e delle filiere
analizzate attraverso una duplice visione (di innovazione e di mercato) che vuole
tentare di leggere il presente e interpretare il prossimo futuro sia in una visone a medio
e lungo termine che ovviamente anche a breve termine (non si può pensare solo al
futuro ma anche evidentemente alle necessità del presente) sempre in una logica di
competitività e di sostenibilità dello sviluppo locale.
La ricerca, nel seguire il percorso evolutivo delineato, si adegua ad un concetto di
fondo che tutte le economie create sono definibili ed interpretabili in qualche modo
come “economie della conoscenza”. I confini geopolitici tra regioni in passato, hanno
assunto un ruolo notevole (anche se non determinante) nella gestione dei flussi
economici mentre, nell’attuale “economia della conoscenza” tali confini permangono
sotto una forma notevolmente più sfumata.
In quest’ottica, paradossalmente, il ruolo della dimensione “locale” non si esaurisce
nello sviluppo globale dell’economia, anzi la competizione si consuma sul terreno dei
vantaggi comparati legati ai localismi e pertanto si conferma e addirittura si rafforza il
legame a livello locale tra attori produttivi, società civile e capacità di un territorio di
fare sistema e di relazionarsi in modo forte e duraturo.
3
ALLEGATI
4
Figura 1 – Le Filiere produttive del Mezzogiorno
5
Figura 4 – Schema di indagine dell’analisi di contesto
OBIETTIVI
MAPPATURA DEI POLI
PRODUTTIVI DEL
MEZZOGIORNO
ANALISI PROSPETTICA
DELLE DINAMICHE DI
CRESCITA
INDIRIZZO PER IL MEZZOGIORNO
Handicap Periferico
Paese periferico area
periferica di un paese
Linee di indirizzo
MODELLO INTERPRETATIVO
Il Modello quantitativo
Il Modello qualitativo
RISULTATI
4 driver di azione
Grado di
innovazione
Differenziazioni
settoriali
4 fattori di competitività
Spirito
imprenditoriale
6
Imprese
leader
Capacità
competitiva
Tipologia di
comportamento
Tabella 6 – Distretti industriali: analisi a confronto
REGIONE
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Mezzogiorno
Fonte: Srm, 2005
NORMATIVA
REGIONALE
6
7
6
4
4
27
DISTRETTI CLASSIFICATI PER REGIONE E FONTE
ISTAT (dati
IL SOLE 24 IL LIBRO DELLA PICOLA CNEL/CERIS- DISTRETTI
8°censimento 2001)
ORE
IMPRESA
CNR
ITALIANI
6
1
2
1
5
2
1
1
6
2
2
2
8
8
2
4
3
2
1
1
1
1
3
2
1
6
1
3
2
3
5
26
10
11
10
31
CENSIS
1
2
1
2
2
8
VIESTI
6
1
8
7
2
1
25
SRM
2
1
13
12
1
1
8
2
40
Figura 20 – La mappa della competitività
Come essere competitivi
FATTORI PAESE
Lisbona,VII Programma Quadro; Protocollo di Kyoto; Partenariato
Formazione e Ricerca (focus Brevetti)
Regolamentazione Mercato dei capitali
Flessibilità mercato del lavoro
FATTORI SETTORIALI
Struttura del settore e rivalità fra imprese
Grado di completamento delle filiere
Livello di sofisticazione della domanda
Qualificati servizi di consulenza
Fornitori Specializzati
FATTORI D'IMPRESA
Cultura imprenditoriale (formazione e stile manageriale)
Risorse finanziarie, cognitive (tecnologiche e di mercato)
Possesso di competenze (organizzative, di mercato, tecnologiche
finanziarie)
ESCLUSIVO
VANTAGGIO
D’IMPRESA
Vantaggio Competitivo
FATTORI TERRITORIALI
Localizzazione mercati di sbocco
Solida base economica urbana
Infrastrutture, trasporti e sicurezza
Il ruolo dell’università e dei centri di ricerca
Il ruolo degli incentivi
COMUNE
VANTAGGIO
COMPARATO
PAESE