Alexis de Tocqueville: l'ordine della democrazia (R. Bonavolontà) 1. Il "luglio parigino" Luigi XVIII, (opportunamente guidato dal sapiente Talleyrand) impronta il suo regno alla moderazione, consapevole di non dover ripristinare un regime che privi il popolo francese delle libertà conquistate nella stagione giacobina e napoleonica. Il documento che attesta la sua linea è la costituzione concessa (ottriata) nel '14. Si riconoscono i fondamentali diritti civili e viene favorita l'iniziativa economica privata. Il potere legislativo compete ad un parlamento bicamerale: la Camera dei Pari, di nomina regia; la Camera dei deputati, eletta a suffragio censitario. Il quadro politico si rovescia nel '24 allorquando il conte di Artois, fratello di Luigi XVIII, assume la corona col nome di Carlo X. Egli ambisce a ripristinare l'assolutismo: un disegno che suscita un vasto fronte di opposizione, in cui confluiscono intellettuali, artigiani, imprenditori, commercianti, esponenti del ceto medio. La situazione precipita nel '25. In un parlamento segnato dalla prevalenza dei deputati di destra1 Jean Baptiste Villèle, primo ministro, fa approvare due provvedimenti destinati a suscitare un forte dissenso, la legge del sacrilegio e la legge del miliardo. La prima eleva a reati penali atti che la chiesa cattolica condanna come peccaminosi; tra essi la violazione di cose sacre, per il quale è prevista la pena di morte. La seconda ha un connotato economico. La nobiltà, privata della titolarità delle terre confiscate durante la rivoluzione, non può recuperarle per espresso divieto della costituzione del '14. La legge, allora, stabilisce un indennizzo in denaro da versare ai soggetti espropriati. L'ammontare di tutti i risarcimenti è calcolato nella somma (iperbolica per l'epoca) di un miliardo di franchi. Per reperire i fondi necessari, Villèle ricorre ad un inasprimento fiscale indiscriminato e generalizzato. Maggiora del 20% le imposte sul sale e il tabacco e del 40% l'imposta fondiaria: riduce al 2,50% gli interessi sui titoli di debito pubblico sottoscritti al 5%. I provvedimenti esasperano ad un tempo gli strati popolari, i piccoli e medi proprietari terrieri, i risparmiatori e i banchieri, avvantaggiando solo la nobiltà. Alle elezioni del '27 lo schieramento liberal-moderato, nonostante il rigido sistema censitario, ottiene la maggioranza relativa. Il re congeda Villèle e chiama alla guida del governo il visconte Jean Baptiste de Martignac, monarchico moderato investito della responsabilità di riconciliare il sovrano e gli oppositori. I suoi sforzi, però, sono votati all'insuccesso: gli oltranzisti convincono Carlo X dell'inaffidabilità di un capo di governo disponibile a venire a patti con la odiata borghesia. Il re, incapace di sottrarsi all'influenza degli ultras, licenzia Martignac e affida l'esecutivo al conte Auguste de Polignac. Questi accentua il carattere reazionario della politica dei suoi predecessori: la sua designazione è una sfida aperta alla borghesia. L'opposizione non si lascia intimorire. Alle elezioni del marzo 1830 lo schieramento liberale consegue la maggioranza assoluta. Carlo X, rifiutando di prenderne atto, incita il fedele primo ministro a governare senza il consenso del parlamento: una dimostrazione di arroganza e di debolezza, ad un tempo. Nell'ottica di un disegno di coloniale, che abbia positivi risvolti in politica interna, la corona e il governo organizzano una spedizione militare in Africa settentrionale. Nel luglio del '30 le truppe francesi entrano ad Algeri. La conquista, tuttavia, si dimostra ininfluente ai fini del consolidamento del regime. Le nuove elezioni politiche segnano un rafforzamento delle forze di opposizione. Polignac, violando il dettato costituzionale, emana quattro ordinanze, che decretano: - lo scioglimento del parlamento; - il rinnovo delle elezioni; - il diritto di voto riservato ai soli cittadini dotati di titoli nobiliari o di proprietà terriera; - la censura sulla stampa. 1 Sono gli oltranzisti (ultraroyalistes o "ultras"); il loro spirito di conservazione li rende più "realisti del re". La risposta al colpo di Stato è immediata. Parigi (nei giorni 27, 28 e 29 luglio) è teatro di un movimento insurrezionale che costringe Carlo X ad abdicare2. Le barricate delle "tre giornate gloriose" causano il rovesciamento di un regime politico, quello borbonico, legato alla nobiltà agraria il cui ruolo storico appare in declino. Caduto Carlo X, i liberali moderati indirizzano a proprio vantaggio il corso degli avvenimenti. La monarchia deve essere conservata, nel quadro di un ordinamento costituzionale che ampli la sfera dei diritti politici e delle libertà civili, delimiti i poteri della corona, preservi l'assetto sociale ed economico, senza avventure radicali e socialiste. Di qui la decisione di affidare il potere ad un esponente della dinastia orleanista. Il popolo parigino, desideroso di ordine, acclama Luigi Filippo d'Orleans, duca di Chartres, "re dei francesi" Il marchese di Lafayette, leader repubblicano, preso atto di ciò, si affaccia dal balcone municipale al fianco del nuovo sovrano: entrambi sono avvolti dal drappo tricolore. Nell'agosto del '30, il sovrano giura fedeltà alla nuova carta costituzionale. È un documento dal profilo liberale più avanzato rispetto alla costituzione del '14, perché si incardina sul principio della sovranità popolare. - Il re è tale non più per grazia di Dio, ma per volontà della Nazione; non può revocare la costituzione; conserva la prerogativa di scegliere i ministri, che devono godere della fiducia del parlamento. - L'esercizio del potere legislativo è affidato alla cooperazione di tre organismi: la corona, la camera dei deputati (eletta a suffragio censitario) e la camera dei pari (nominati dal re con metodo vitalizio, non più ereditario) 2. Una colta famiglia aristocratica In 29 luglio 1805, a Parigi, nasce Alexis Charles Henri, figlio di Hervé Clérel e di LouiseMadelaine Le Peletier Rosambo. È una famiglia di proprietari terrieri, discendenti dalla nobiltà normanna; assumono il nome di Tocqueville dal feudo di cui, nel Cotentin, sono titolari. Nella fase più violenta della rivoluzione francese, Hervé Clèrel, "reo" di inimicizia verso la Convenzione, è rinchiuso in carcere; l'intervento di Giuseppina Beauharnais gli permette di provare l'inconsistenza delle accuse. Caduto Napoleone, rientra a Parigi e partecipa alle manifestazioni di appoggio alla monarchia restaurata; Luigi XVIII lo insignisce del titolo di conte, assegnandogli la carica di prefetto. Comincia la sua carriera di funzionario dello Stato, prima a Maine et Loire, poi a Metz. Nel giugno del '26 è prefetto di Versailles. Durante questo periodo la moglie continua a risiedere a Parigi; egli la raggiunge nel '29, quando è designato membro della Camera dei pari. La rivoluzione del 1830, che segna il declino dei Borbone, priva Hervé Tocqueville del titolo di pari. La moglie, come attestano alcune lettere scritte dallo stesso Alexis, è una donna dalla salute malferma, cattolica convinta, tendente alla malinconia. Durante il periodo del "terrore", le tristi esperienze dei suoi familiari lasciano in lei un segno grave. Colpita da una patologia nervosa, che la conduce alla nevrastenia, si ripiega sempre più su di sé e muore nel '36, lasciando tre figli: Ippolito, Edoardo e Alexis. Autore di una "Storia filosofica del regno di Luigi XV" e del saggio "Un colpo d'occhio sul regno di Luigi XVI", Tocqueville-padre attende sino alla morte (1856) alla stesura di un libro di "memorie". Emerge il profilo di un prefetto che ha ereditato dall'aristocrazia le doti migliori: il gusto per la vita intellettuale, il senso del servizio pubblico, il culto delle virtù civiche. Gli impegni pubblici del padre e le cagionevoli condizioni fisiche della madre privano l'adolescente Alexis della necessaria attenzione. Chi riesce a soddisfare il suo bisogno di affetto è un precettore di famiglia, l'abate Lesueur, prete refrattario, che si occupa dell'educazione e della prima formazione culturale di tutti i figli di Hervé. Se Alexis, al liceo di Metz, vince un premio d'onore in retorica, non pochi meriti sono ascrivibili all'abate, che lo prepara con amorevolezza e fermezza, ad un tempo. Sollecitato dal precettore, il giovane acquisisce una discreta conoscenza della lingua italiana C'è, tuttavia, un elemento della personalità del virtuoso abate dal quale via via si allontana Alexis: è l'ostilità nei confronti dei liberali, bollati come "razza maledetta", nemica dei valori cristiani. 2 Vivrà in esilio prima in Scozia, poi a Praga, infine a Gorizia; qui morirà nel 1837 3. Il processo educativo I due figli maggiori di Hervé Clèrel intraprendono la carriera militare. Alexis, chiamato dal padre a Metz, frequenta il liceo. Gli autori classici, che egli studia con maggiore interesse, sono Demostene, Cicerone e Quintiliano. Consulta i libri catalogati nella ricca biblioteca cittadina, leggendo con scrupolosa attenzione le opere di grandi filosofi del Settecento. Stimolano il suo impegno intellettuale gli scritti di Voltaire e di Rousseau. In una lettera del 26 febbraio del '57 (di cui vi è traccia nella sua Opera omnia) egli dice che se dovesse classificare le disgrazie umane, lo farebbe rispettando l'ordine seguente: le malattie, la morte, il dubbio. Invero, Tocqueville già nell'adolescenza avverte la corrosione dei valori sociali della nobiltà terriera in cui affondano le sue radici. Un interrogativo prende la sua mente: come sia possibile l'evoluzione da un ordine aristocratico ad uno democratico e perché la storia delle comunità umane tende a seguire questo processo. Egli, uniformandosi alla volontà del padre, studia diritto e consegue la laurea in giurisprudenza a ventuno anni. La vita universitaria gli permette di frequentare con assiduità una intellettualità che lo educa al culto di temi che avranno un peso rilevante nella sua opera: l'abolizione della pena di morte; il diritto di primogenitura; la responsabilità dei ministri; il dovere del re di pagare col suo appannaggio i debiti contratti come principe ereditario. Dopo l'esame di laurea (svolto con la presentazione di due tesi, una in latino, De usurpationibus aut de usu; l'altra in francese, L'azione in rescissione o nullità) Alexis si reca in Italia col fratello Edoardo per visitare la Sicilia, "terra evocatrice dell'antichità classica". 4. Il rapporto con la "rivoluzione di luglio" Tocqueville, a ventidue anni, è nominato giudice uditore a Versailles. Qui si trattano cause civili e penali, in applicazione di un ordinamento giuridico le cui fonti principali sono le consuetudini parigine, il codice napoleonico e le leggi rivoluzionarie. In ossequio alla tradizione, per la quale all'apertura dell'anno giudiziario si pronunci il discorso inaugurale su un argomento specifico, Tocqueville, essendo il suo turno, svolge una prolusione sul duello. Valuta negativamente questa pratica, ma prende atto che le norme la tollerano: la sua non punibilità è voluta dai costumi. Un episodio significativo. Il giovane magistrato non nasconde il suo pensiero: la consuetudine del duello può essere superata solo se una nuova morale cancella l'anacronistico senso dell'onore. È rimarchevole il fatto che egli fissi sin d'ora uno stretto legame fra i costumi e le leggi di un popolo; un concetto che di sé informerà le sue due Democrazie: fate sì che la religione, quest'appoggio divino alla virtù umana, riprenda il suo posto nelle anime [….] rifate l'uomo prima di rifare il cittadino […] e poi farete leggi coercitive (Tocqueville, Opera Omnia) Pur svolgendo con zelo il dovere di magistrato, Tocqueville coltiva interessi politici e avverte il fascino della prospettiva di diventare membro del parlamento. Non gli è favorevole, in questa fase, la norma che prevede il limite minimo di quarant'anni per l'elezione alla camera dei deputati. Durante l'esperienza di giudice, conosce Gustave de Beaumont, Fra i due "uditori" nasce e si consolida un'amicizia destinata a durare tutta la vita. Pur diversi, si integrano alla perfezione: Gustavo è brillante nell'eloquenza; Alexis vanta una indubbia superiorità intellettuale. Li uniscono l'amore per lo studio e la passione politica: sono convinti che, per acquisire una solida personalità, devono conoscere la storia, passata e recente, degli uomini. Una preziosa fonte documentale sono, per loro, le opere di Guizot, Storia della civiltà in Europa e la Storia della civiltà in Francia. In due lettere (scritte nell'agosto del '29 e nel maggio del '30) Alexis riferisce al fratello Edoardo, quale il suo stato d'animo di fronte alla crisi della monarchia francese, che decreta il tramonto dei Borbone e l'ascesa di Luigi Filippo d'Orléans. È indicativo un passaggio epistolare: fino alla fine ho provato per Carlo X un residuo di affetto, ma questo ricade per aver violato diritti che mi sono cari (ibidem) La verità è che Tocqueville, pur non essendo ancora completamente guadagnato alla causa liberale e democratica, avverte la forza di attrazione di quella "libertà con le regole" che costituisce il cardine della sua dottrina politica. 5. Il viaggio in USA La vicenda storico-politica francese del 1830 coinvolge Tocqueville nella sua veste di giudice. Egli non rimpiange il declino di Carlo X, ma avverte le tensioni che rendono aspri i rapporti fra la tradizionale nobiltà e l'emergente borghesia. Guarda al proprio avvenire con un certo pessimismo perché contrastato tra l'opportunità di mostrarsi fedele al regime orleanista e il desiderio di conservare la libertà di giudizio. Decide, infine, di prestare giuramento, nella qualità di magistrato, alla nuova corona. I suoi impegni professionali, del resto, gli consentono di non essere direttamente coinvolto nella vicenda politica e di dedicarsi allo studio di un importante problema, quello del sistema carcerario. Le prigioni francesi sono "seminari di crimine"; necessitano di un nuovo ordine, che le elevi a luogo di correzione dei detenuti. Quale modello di riferimento c'è? Quello statunitense, I due giovani magistrati ricevono dal ministero dell'Interno l'incarico di recarsi in America per studiarne il regime penitenziale, desumendo gli elementi utili ad una buona riforma per la Francia. L'occasione è ghiotta. Alexis e Gustave vedono nell'esperienza, alla quale si approssimano, l'occasione per conoscere compiutamente i caratteri civili, politici e giuridici della democrazia d'oltre oceano. Si imbarcano a Le Havre il 2 aprile 1831 su un brigantino. Il viaggio dura trentotto giorni. Nel maggio '31, sbarcano a New York e si preparano ad osservare direttamente una società ignota in Europa. Il soggiorno si protrae per quaranta settimane. I due magistrati entrano in contatto con giudici, avvocati, giuristi, che offrono loro preziosi documenti per onorare l'impegno professionale assunto e realizzare il più ambizioso disegno di un'opera sulla democrazia. 6. La preparazione della prima Democrazia Toqueville e Beaumont sono coautori del saggio "Il sistema penitenziario" per il quale ricevono il premio Montyon. Incoraggiati da ciò, si preparano ad un'opera organica sul "nuovo mondo". Il consolidato rapporto culturale si rinnova. Alexis trova un forte centro di interesse nella disamina delle regole su cui riposa il funzionamento della società americana nella sfera civile e politica; lo attraggono soprattutto le istituzioni statunitensi. Gustave considera affascinante il tema della disuguaglianza delle razze. Nel 1832, durante il rientro in patria, Tocqueville decide di soggiornare in Inghilterra per alcune settimane nella persuasione che l'Isola gli sia di notevole aiuto nel suo impegno: cogliere le prime radici della democrazia. La Francia, da quattro decenni, mostra il profilo di una nazione sulla quale grava uno status di emergenza rivoluzionaria. L'America, invece, gli offre il quadro di una società stabile, nel suo impianto democratico. L'Inghilterra, a sua volta, si configura come esempio di un repentino mutamento dal regime aristocratico a quello liberal-democratico, attraverso i cambiamenti prodotti dalla legge elettorale. Infatti, il "reform bill", approvato dal parlamento londinese nel 1832, ha accelerato il declino dell'amministrazione tory e l'affermazione dei whigs. L'esperienza d'oltre Manica si rivela feconda perché consente a Tocqueville di cogliere il divario tra la Francia e l'Inghilterra: - l'aristocrazia francese, sorda ad ogni innovazione, è tenacemente legata ai propri privilegi, la qualcosa induce la borghesia a scendere sul terreno del conflitto sociale per scardinare l'antico regime; - il popolo inglese, viceversa, si è incamminato sul sentiero dell'evoluzione politica in senso democratico rinunziando alla violenza; i lord saggiamente di adeguano alle riforme, evitando la lacerazione col ceto medio. Tocqueville torna a Parigi nel settembre del '33 e si trasferisce in una mansarda della casa paterna, per dedicarsi alla stesura della sua opera, lontano da ogni distrazione ambientale. È una scelta che potremmo definire ascetica; grazie ad essa, in meno di un anno, egli stende e corregge le bozze della Democrazia in America, dandola alle stampe nel gennaio del '35. Dalle pagine del suo epistolario emerge la figura di un giovane segretario, facente parte della legazione statunitense in Francia: è Francis Lippitt. A lui Tocqueville assegna il compito delicato di riassumere in lingua francese trattati e pubblicazioni relative alle leggi americane. La principale fonte documentale, alla quale attingono è il Federalist. È il titolo di un volume del maggio 1788, in cui sono raccolte le lettere scritte dai tre principali redattori della costituzione americana: Hamilton, Story e Madison. In questo ampio epistolario vi è il contenuto dei lavori della "Convenzione di Filadelfia". L'organismo ha redatto, dal marzo al settembre del 1787, la costituzione degli USA, il documento che dà veste giuridica alla federazione. Tocqueville studia con passione il sistema di distribuzione dei poteri fra lo Stato centrale e gli Stati membri. Tocqueville, per la sua opera, utilizza altresì gli appunti di viaggio, che ha scritto, con dovizia di particolari, durante il soggiorno nel continente americano. Il contatto diretto gli ha permesso di elaborare in prima persona un ricco quadro di notizie sui tratti distintivi della società statunitense: i suoi costumi sono lo stimolo più potente per la stesura di un'opera che vuole essere un inno al valore universale della libertà umana. 7. La "semenza" di un grande popolo È utile introdurre la disamina della Democrazia con il passaggio centrale del preambolo; l'autore si sofferma sulla configurazione del paese visitato : queste coste così ben predisposte per il commercio e l'industria, questi fiumi così profondi, questa inesauribile valle del Mississippi, questo continente intero, appaiono come la culla di una grande nazione. (Democrazia) Sono parole che lasciano emergere lo spirito provvidenzialistico che pervade Tocqueville quando descrive ciò che ha visto. Egli è persuaso che lo status ambientale e la natura dei luoghi incidono in misura significativa sui caratteri di un popolo, sull'organizzazione politica e civile che esso si dà e sui valori religiosi che lo sorreggono. C'è una forte analogia tra gli individui e le comunità. L'uomo singolo è influenzato dalle relazioni che intesse con il mondo esterno: può dirsi che egli è "tutto intero in fasce nella sua culla". Allo stesso modo, i caratteri peculiari di un popolo sono influenzati, nel loro sviluppo, dalle circostanze che ne caratterizzano la nascita. Questa verità storico-sociale trova puntuale conferma nella vicenda di quegli uomini che, nel Seicento, tagliano i ponti con la vecchia Europa e danno corpo ad un ambizioso progetto: costruire nel continente nuovo una società su fondamenta inusitate. Sono illuminanti le parole di Tocqueville laddove, riferendosi ai "padri pellegrini", in fuga dall'Europa, per motivi etico-religiosi, li definisce "la semenza di un grande popolo che Dio ha deposto con le sue mani su una terra predestinata". Nella fase d'esordio, la vita civile delle colonie è condizionata dalla prevalenza di notabili che orientano le pubbliche assemblee secondo i loro interessi di proprietari. Tuttavia, la mentalità egualitaria insita nelle coscienze di questi puritani, prende il sopravvento: gli spazi e gli istituti di partecipazione democratica si ampliano fino a diventare l'architrave della vita associata. Nasce e si afferma l'homo democraticus, categoria sociologica del tutto ignota in Europa, compresa la liberale Inghilterra, la quale pure vanta un sistema monarchico costituzionale dal 1689. Nelle aree del sud-ovest, i grandi proprietari terrieri dominano la scena: le loro fortune sono legate all'impiego della mano d'opera servile. Essi tenderebbero a trapiantare sul suolo americano le stesse strutture civili e politiche che prevalgono nelle coeve società europee. Tuttavia, il rischio di un sistema autoritario nella "Nuova Inghilterra" è scongiurato dal diritto. Le leggi di successione, approvate via via dagli istituti delle colonie, sanciscono il principio della "eguaglianza della spartizione" tra i figli, con due effetti che Tocqueville considera decisivi: - il possesso delle terre non garantisce privilegi permanenti; - si dimostrano remunerative le attività commerciali e finanziarie. Su queste basi nasce una borghesia delle mercanzie dinamica e aperta ai processi di liberalizzazione e di democratizzazione. In tal modo si consolidano i meccanismi che portano alla graduale costruzione degli istituti tipici della vita politica americana: il Comune è stato creato prima della Contea, la Contea prima del Senato, lo Stato prima dell'Unione (ibidem) 8. Il tessuto della democrazia La cellula di questo ordine è la township entità amministrativa che riposa sulla democrazia assembleare degli abitanti, dove i magistrati sono eletti in brevi periodi prefissati e danno esecuzione alle esigenze collettive. Alla township il cittadino-colono partecipa poiché il suo spirito religioso gli fa amare la libertà politica e apprezzare il valore della partecipazione alle questioni che riguardano la vita quotidiana della sua comunità cittadina. Egli sa che la garanzia del potere decisionale risiede nella conquista della prima forma di libertà, quella culturale. Perciò fugge dall'ignoranza e da essa si affranca, definendola "arma di satana". Ciò che suscita ammirato interesse in Tocqueville è il decentramento amministrativa, asse portante della democrazia americana. Il centralismo, che segna le amministrazioni europee, è un difetto grave, una remora all'evoluzione di quelle società. L'amministrazione centralizzata è una delle facce dei regimi dispotici: cosa mi importa che ci sia un'autorità sempre vigile, che veglia affinché i miei piaceri siano sempre tranquilli, che anticipa i miei passi per allontanare i pericoli, senza che neanche io abbia bisogno di pensarci, se poi quest'autorità, nel momento in cui elimina le minime spine sul mio passaggio, dispone da padrona assoluta della mia libertà e della mia vita, se monopolizza l'azione e l'esistenza al punto che intorno tutto deve languire quando lei languisce, tutto deve dormire quando lei dorme, tutto deve morire quando lei muore? (ibidem) Gli uomini delle colonie americane si collocano in un'ottica profondamente diversa. Se una strada è danneggiata, gli individui di un quartiere non attendono le lungaggini del potere pubblico: si riuniscono in assemblea per risolvere direttamente la pur modesta questione. Il pregio del decentramento, riconosce Tocqueville è quello di stabilire vari canali di comunicazione fra la liberta volontà dei cittadini e la vita pubblica: non un ostacolo ma il lievito che rende dinamico e fecondo il potere statale e quello federale. 9. La forma-partito La costituzione federale ha la sua ragion d'essere nel potere del popolo: un principio etico, politico e giuridico insieme. La sovranità popolare trova molteplici veicoli di espressione: i partiti, la stampa, le associazioni. Nella prima Democrazia, Tocqueville si occupa della forma "partito", primario strumento attraverso cui si esercita il potere popolare in America. Per qualificarlo, usa l'espressione "un male inerente ai governi liberi". Egli è influenzato dall'atmosfera che grava sulla vita politica francese. Le aspre lotte politiche e le tensioni sociali degli anni di Carlo X non si sono certo assopite con l'avvento della monarchia orleanista. Tocqueville non è ancora capace di apprezzare il valore delle associazioni partitiche, come cardine di un sistema autenticamente liberale. Tuttavia, valuta con interesse la funzione che, nella democrazia statunitense, svolgono i due grandi partiti, il federalista e il repubblicano: il primo elabora una strategia incentrata sul principio del rafforzamento del potere centrale; il secondo privilegia la tutela delle diversità locali, in seno alla federazione. I federalisti hanno avuto un ruolo decisivo nella costruzione dello Stato. I repubblicani sono stati capaci di valorizzare le notevoli risorse civili delle varie comunità, favorendo il costante progresso di una democrazia partecipata. 10. La stampa Motivo di stupore e di compiaciuta ammirazione è, per Tocqueville, constatare il posto preminente che occupa, in America, la stampa. La manifestazione aperta del pensiero è la linfa stessa della democrazia. Gli organi di informazione organizzano campagne sugli argomenti che riflettono la vita sociale della federazione; si alimentano così vasti movimenti di opinione. La Francia, dopo l'era giacobina, ha conosciuto la grigia atmosfera della restaurazione: i sovrani e i governi autoritari preferiscono reprimere la comunicazione del pensiero, considerandolo uno strumento di sovversione delle istituzioni. Il clima è moderatamente cambiato con la monarchia orleanista del 1830, ma il pluralismo delle voci è ancora un miraggio. Di qui il suo dissenso allorché il sovrano impone, nel 1835, l'approvazione di leggi repressive: all'inizio voi sottomettete gli scrittori ai giurati, ma i giurati assolvono e quanto era opinione di un solo uomo diventa opinione del paese […]. Voi consegnate gli autori a magistrati permanenti, ma i giudici sono costretti ad ascoltare prima di condannare; ciò che si è avuto paura di ammettere nel libro lo si proclama impunemente nell'arringa. Quanto si sarebbe detto oscuramente in un racconto viene così ripetuto in mille altri […]. I vostri tribunali arrestano il corpo, ma l'anima gli sfugge e gli scivola sottilmente dalle mani. (Democrazia) 11. La tirannia della maggioranza Tratto distintivo, che qualifica la vita statunitense, è altresì lo spirito di associazione. Tocqueville ne registra la presenza in forme e strumenti molteplici: la petizione collettiva, l'elezione dei delegati alle assemblee dell'Unione, la designazione dei candidati alla carica presidenziale. L'esperienza americana testimonia di una verità: che il diritto di associazione è una libertà essenziale, capace di rendere molto solida la democrazia. Essa promuove l'adesione del cittadino ai programmi di riforma politica, in ossequio alla regola della maggioranza, quale strumento di decisione nelle votazioni. La prima Democrazia si conclude con un giudizio ottimistico sull'America. Tocqueville, tuttavia, è consapevole di non potersi sottrarre ad un dovere: evidenziare i "rischi" insiti in un sistema dove fermentano gli istinti e le passioni delle masse, che hanno desideri e bisogni ora ragionevoli, ora emotivi e instabili. L'insidia più preoccupante, che si annida nel regime democratico è la tirannia della maggioranza. Un uomo di cultura, come Tocqueville, è ben consapevole del fatto che la storia dei popoli è costellata di violenze e sopraffazioni, fenomeni alimentati da un antico vizio dell'individuo, lo spirito di intolleranza. Nella democrazia, l'intolleranza insorge in tutte le circostanze in cui la maggioranza, forte del consenso dell'opinione pubblica, si rivela insensibile alle istanze delle minoranze, che pure fanno parte della società governata. Una riprova di ciò sta nella vicenda dei neri liberi, i quali vedono riconosciuto dalla legge astratta l'esercizio dei propri diritti; di fatto, il razzismo della maggioranza bianca li costringe ad una vita di emarginazione e di segregazione: quando un uomo o un partito, negli Stati Uniti, patiscono un'ingiustizia a chi volete che si rivolga? All'opinione pubblica? È essa a formare la maggioranza, e le obbedisce ciecamente; al potere esecutivo? Esso viene nominato dalla maggioranza e le serve da strumento passivo; alla forza pubblica? La forza pubblica non è altro che la maggioranza sotto le armi; alla giuria? Il tribunale è la maggioranza rivestita del diritto di pronunciare arresti; i giudici stessi, in certi Stati, vengono eletti dalla maggioranza. Per quanto iniqua o irragionevole sia la misura che vi colpisce, occorre dunque sottomettersi ad essa (Democrazia) 12. Gli antidoti: giustizia e religione La forza della democrazia americana risiede soprattutto nella capacità di creare efficaci antidoti al dispotismo della maggioranza. Tocqueville ne individua i più efficaci: il ruolo dei giudici e la religione. In una Paese in cui non c'è posto per l'aristocrazia ereditaria, né per ceti privilegiati in ragione esclusiva della ricchezza, i giuristi costituiscono un organismo autorevole, che suscita nei cittadini il senso del dovere più importante, il rispetto della tradizione. Laddove si verificano dei conflitti fra i componenti di un organismo collettivo della società e incombe il rischio che le istanze dei pochi siano mortificate falla forza dei più, subentra l'azione dei giudici: assumono il ruolo di arbitri, adottando decisioni che tutelano i valori e i bisogni delle minoranze. La religione è il "farmaco" spirituale che preserva dal pericolo della tirannia della maggioranza. I suoi valori e i suoi principi morali educano i cittadini all'esercizio del dovere, armonizzando le esigenze individuali con l'interesse generale della società. Il cristianesimo prepara gli americani ad agire coniugando la libertà e l'uguaglianza. È diffusa la coscienza delle profonde affinità tra il sistema democratico e la religione dell'amore. 13. Dell'avvenire delle razze La prima Democrazia si correda di un capitolo dal significativo titolo "Dell'avvenire delle razze negli Stati Uniti". Emerge lo spinoso problema che angustia la società anglo-americana: lo status degli indiani e dei neri trasferiti a forza dall'Africa, come schiavi, per coltivare le piantagioni. Tocqueville si sforza di comprendere la storia dei "pellerossa", si impietosisce per il loro triste destino, auspica un dignitoso inserimento dei superstiti nella vita americana, ma con realismo constata che essi sono in rapido declino e quindi decide di dedicarvi poco spazio Motivo di interesse e di inquietudine è, invece, la condizione dei negri. Il dibattito è aperto e aspra si presenta la contesa fra quanti vogliono la persistenza della schiavitù e quanti, invece, propugnano l'emancipazione delle persone provenienti dal continente africano. Tocqueville ritiene che l'uguaglianza giuridica, ancorché importante, non rappresenti di per sé la soluzione vera e compiuta del problema. I neri rimangono un popolo miserabile, disprezzato ed emarginato. L'elemento negativo resta lo spirito di razza, che rende esplosivi i rapporti dei bianchi con le masse nere. L'affrancamento è l'esito fatale di un percorso, ma l'unica risposta seria sta nella fine dell'odio come sentimento che scaturisce dal rifiuto dell'altro per il solo colore della pelle. Tocqueville non si rassegna all'idea che questa ostilità assuma toni tanto esasperati, ma non intravede in tempi brevi una stagione di rapporti pacifici e solidali tra il bianco e il nero. 14. L'esperienza fra la le due opere Tocqueville ha in animo di dedicare le sue energie ad una "seconda Democrazia" per occuparsi ancor più a fondo della vita americana, privilegiando l'esame del suo profilo sociologico. Intanto si dimostra soddisfatto di aver scritto un libro che illumina le coscienze europee (in particolare quella francese) circa l'originalità di un sistema libero e regolato. I suoi studi, tradotti nelle pagine della prima Democrazia, sono un monito per la classe aristocratica, sorda ad ogni rinnovamento politico, alimentando così tensioni gravi (in Francia e altrove) e violenze rivoluzionarie che ripugnano alla coscienza di Tocqueville. L'editore Gosselin nutre dubbi circa la forza di penetrazione del saggio, considerandolo un lavoro destinato a breve successo e capace solo di suscitare la stima per un "nobile dilettante": egli si inganna. La "Democrazia in America", edita nel gennaio del 1835, alimenta interesse negli ambienti politici e una incoraggiante accoglienza di pubblico. La stampa francese più autorevole, al di là delle matrici ideologiche, ritiene opportuno far uscire varie recensioni circa il valore di un'opera il cui autore ha il merito di sollecitare l'analisi su una società ancora poco nota nel vecchio continente. È significativo che Cavour, trovandosi a Parigi nel 1835, legga il libro e in una lettera del 20 marzo scriva: "è certamente l'opera più notevole dei tempi moderni. A mio avviso, getta più luce di qualsiasi altra sulle questioni politiche del futuro. Tocqueville è un giovane che ha davanti a sé uno splendido avvenire". Nella mente di Alexis prende corpo l'idea di un secondo libro, che allarghi e completi le sue riflessioni sul sistema americano: il mio scopo era di delineare in una seconda parte l'influenza che in America esercitano l'uguaglianza delle condizioni e il governo della democrazia sulla società civile, sulle abitudini, le idee, e i costumi. (Opera Omnia) Egli, però, intende prima ampliare e rendere più consistente il suo bagaglio di conoscenze politiche e giuridiche, per la qualcosa gli sembra decisivo un viaggio in Inghilterra, già progettato quando è stato con Beaumont negli USA. Alla sua coscienza di scrupoloso e zelante osservatore, infatti, le rapide e profonde evoluzioni del sistema inglese, a partire dai primi "anni Trenta", si configurano come un importante momento nella storia dei mutamenti istituzionali europei. Valgono per tutte, due leggi, approvate dal parlamento d'Oltre Manica: l'una limita e disciplina il tempo del lavoro dei minorenni, rendendo obbligatoria la loro istruzione; l'altra stabilisce che i municipi siano amministrati da autorità elette a largo suffragio popolare. Queste norme dicono chiaramente che l'Inghilterra sia avvia con passo spedito sulla strada della trasformazione dei suoi meccanismi civili e sociali in senso apertamente liberal-democratico. Facendosi accompagnare anche in questa occasione da Beaumont, Tocqueville si reca a Londra e ivi soggiorna fra l'aprile e il giugno del 1835. La sua fama di studioso, oltre che di membro di una nobile famiglia francese, gli agevola il compito di frequentare non solo i salotti Tory, ma anche politici e intellettuali vicini al movimento operaio londinese, meritevoli di simpatia: tutto quel che vedo dei democratici inglesi mi porta [...] a pensare che se le loro visioni spesso sono ristrette ed esclusive, per lo meno il loro scopo è il vero scopo che gli amici della democrazia devono perseguire. Il loro obiettivo finale mi sembra essere in realtà di mettere la maggioranza dei cittadini in condizioni di governare e di renderla capace di governare. Fedeli ai loro principi, non pretendono di costringere il popolo a essere felice nella maniera che essi giudicano più conveniente, ma vogliono far sì che sia in grado di individuarla e, una volta individuata, di conformarvisi. Sono io stesso un democratico in questo senso. Guidare società moderne a questo punto, per gradi, mi, sembra il solo mezzo per salvarle dalla barbarie e dalla schiavitù. (ibidem) Utili informazioni gli vengono dal filosofo Stuart Mill, il quale ha letto con entusiasmo e recensito la Democrazia, apprezzando il talento dell'autore e decidendo di offrirgli tutte le notizie utili a cogliere i tratti distintivi delle istituzioni e della società nel Regno Unito. Tocqueville si rende conto del valore di un regime in cui gli organismi locali sono a base elettiva e il potere giudiziario tutela l'equilibrio degli organismi, evitando che un potere possa dominare sugli altri. Ciò che suscita l'interesse e l'ammirazione di A. è che l'Inghilterra si configura ancora come un paese aristocratico, con un'aristocrazia non più di tipo feudale, ma di natura economica. La civiltà inglese porta con sé gli effetti, positivi e negativi, dell'industrialismo. Per un verso, le manifatture e i commerci hanno incentivato notevolmente la crescita dei beni materiali; per l'altro, l'arricchimento, quasi esclusivo, dei proprietari di fabbrica, alimenta i contrasti sociali, suscitando la reazione del ceto operaio, che considera intollerabile la sua condizione economica e civile. Tali tensioni suscitano una pensosa riflessione in Tocqueville, il quale si porrà, nella seconda Democrazia, il problema dei guasti che può arrecare alla vita di una comunità l'industrialismo governato solo dalla legge del profitto. Per il momento egli sente il fascino di un sistema che garantisce all'individuo la libera iniziativa e avanza sul terreno delle decentralizzazione 15. La seconda Democrazia Nella seconda Democrazia, l'analisi dei costumi e della mentalità degli americani risulta utile per tracciare le linee generali di una società democratica. Il volume del 1840 consta di quattro parti: influenza della democrazia sul movimento intellettuale negli USA [...] sui sentimenti degli americani [… ] sui costumi propriamente detti [….] influenza che esercitano le idee democratiche sulla società politica. (La seconda Democrazia) Tocqueville, esaminando i caratteri dell'unione americana, unica democrazia vivente, sente il dovere di distinguere al suo interno i tratti puramente democratici da quelli anglosassoni. Il suo rigore di "politologo" lo induce a confrontare la realtà statunitense con le tendenze democratiche che si fanno luce in seno ai paesi d'Europa. La seconda Democrazia è elevata alla dignità di un'opera che traccia i caratteri dell'uomo nuovo della società egualitaria, svelandone i pensieri e le motivazioni che sono alla radice dei suoi atti. Emerge così il profilo dell'homo democraticus: un uomo libero nella sua vita interiore, nella vita pubblica, capace di realizzare il progresso intellettuale e morale che caratterizza le civiltà cristiane. Tocqueville non rinunzia mai alla sua formazione spirituale, che lo porta a vedere la presenza della Provvidenza nella irreversibile inclinazione dei popoli cristiani verso l'uguaglianza delle condizioni. Le democrazie classiche (si pensi alla polis greca) lasciano emergere pur sempre il loro carattere essenzialmente aristocratico. Il movimento contemporaneo verso l'uguaglianza, di cui l'esperienza dei coloni d'oltre oceano è il paradigma, tende alla vera democrazia, che è l'uguaglianza delle condizioni. Ogni regime aristocratico è strutturalmente segnato da una ineguaglianza sancita dalla presenza di privilegi; ha un carattere gerarchico e discrimina fra i potenti e i poveri, i ricchi e i nullatenenti, gli istruiti e gli ignoranti: nelle società aristocratiche, non solo ci sono famiglie ereditarie di servitori, ma anche famiglie ereditarie di padroni; ma le stesse famiglie di servitori si stabiliscono, per molte generazioni, accanto alle stesse famiglie di padroni (sono come linee parallele che non si confondono né si separano); e ciò modifica in maniera prodigiosa i rapporti di questi due ordini di persone. Così, benché, in regime di aristocrazia, padrone e servitore non abbiano alcuna somiglianza naturale, benché la fortuna, l'educazione, le opinioni, i diritti, li pongano invece a una distanza immensa sulla scala degli esseri umani, il tempo finisce per legarli insieme. Una lunga comunanza di ricordi li tiene legati e, per quanto siano diversi, finiscono con l'assomigliarsi. (ibidem) La democrazia vanta pregi multiformi e concorrenti: rompe la catena dei vincoli gerarchici; promuove la mobilità sociale di soggetti liberi ed uguali; favorisce l'organizzazione della vita comunitaria sostanziandola della partecipazione di persone consapevoli e critiche. Il cittadino democratico è inconsapevolmente un "cartesiano": emette un giudizio e compie una scelta solo dopo che la sua ragione lo ha persuaso della bontà dell'una e dell'altra: le linee che dividono l'autorità dalla tirannia, la libertà della licenza, il diritto dal fatto, appaiono ai loro occhi imbrogliate e confuse, e nessuno sa precisamente chi é, né che cosa può o che cosa deve. Un simile stato non è democratico, ma rivoluzionario. (ibidem) Permane anche nella seconda edizione dell'opera la preoccupazione derivante dal rischio della "tirannia della maggioranza". Tocqueville ribadisce la convinzione che un antidoto valido è quello offerto dalla religione, che impone educa l'individuo al senso del "dovere verso la specie umana", esortando i membri di una collettività al rispetto della solidarietà, quale obbligo morale, sottraendoli all'egoismo: se non ha la fede, occorre che serva; se è libero, occorre che creda. (ibidem) Una dote ulteriore della società democratica consiste nel fatto che essa amplia gli orizzonti intellettuali e promuove lo sviluppo delle scienze, delle arti e delle lettere: non solo il numero di coloro che possono interessarsi alle opere dello spirito sarà più grande, ma il gusto delle gioie intellettuali si trasmetterà dall'uno all'altro […] tutto quanto serve a fortificare, ad estendere e ad arricchire l'intelligenza, acquista un grande valore. (ibidem) La Democrazia del '40, delineato il quadro sociologico di una società democratica, ne esalta altresì il profilo civile e politico. Essa favorisce relazioni dinamiche già nella famiglia, cellula della vita associata. Sul declino storico del sistema familiare incardinato sulla sacra autorevolezza del pater familias, il rispetto dogmatico e il timore lasciano il posto ad un libero rapporto tra genitori e figli. Non c'è l'anarchia ma una umana comprensione fra i membri di una famiglia nella società democratica: comunanza dei ricordi e libera simpatia delle opinioni e dei gusti Il primato del sistema democratico su quello aristocratico è indiscutibile. I rapporti non sono più determinati dalla casta sociale, ma dalle affinità che legano l'individuo al suo simile: nessuno è del tutto privo di intelligenza e di beni; essendo aboliti i privilegi e le incapacità di classe ed avendo spezzato gli uomini per sempre i legami che li tenevano immobili, l'idea del progresso si offre alla mente di ciascuno di loro; il desiderio di elevarsi nasce contemporaneamente in tutti i cuori; ciascuno vuole venire fuori dal posto che occupa[….]. La prima e più vivace passione che l'uguaglianza delle condizioni fa nascere [....] è l'amore per questa uguaglianza. Questo sentimento non è, come quello della libertà, un sentimento che si incontra negli uomini di tutti i tempi e di tutte le civiltà, ma è il marchio stesso delle società democratiche: Non domandate quale fascino singolare trovino gli uomini delle età democratiche a vivere da uguali, né le ragioni particolari che possono avere per attaccarsi con tanta ostinazione all'uguaglianza piuttosto che ad altri beni che la società presenti loro. L'uguaglianza forma il carattere distintivo dell'epoca in cui vivono e ciò solo basta a spiegare, che essi la preferiscono a tutto il resto (ibidem) La lezione, che Tocqueville ricava dalla esperienza del viaggio nel nuovo continente, si traduce nel concetto-cardine della sua opera. L'instaurazione della società liberal-democratica, in Europa, è la sola prospettiva capace di realizzare (oltre gli anacronismi dell'antico regime e senza il pericolo della violenza rivoluzionaria) la libertà nella regola.