Migliorare la “cultura” educativa e didattica della scuola secondaria Nel precedente contributo ci siamo velocemente soffermati sulla cultura formativa della scuola secondaria ( specie di secondo grado ) mettendo in evidenza i suoi limiti più significativi. Li abbiamo indicati, fondamentalmente, nella mancanza di una riflessione approfondita sulla società contemporanea e sul – relativo - ruolo che ricopre o deve ricoprire la scuola, nella inadeguatezza della sua azione progettuale e, infine, nella scarsa disponibilità - da parte dei docenti - dei “requisiti” dell’azione educativa e didattica. Si scriveva, inoltre, che la possibilità di superare tali limiti e, quindi, di intraprendere un vero percorso di miglioramento della qualità scolastica delle scuole secondarie, doveva necessariamente passare per la promozione di un intervento formativo in grado di coinvolgere la generalità delle scuole e dei docenti e rivolto al potenziamento proprio dei requisiti nel fare scuola, È questa, quindi, l’ipotesi di lavoro. Proviamo ad argomentare tale convinzione prendendo in considerazione una delle “condizioni” essenziali dell’azione educativa e didattica, l’allestimento adeguato dei contesti educativi, nella consapevolezza che quanto si esprimerà a riguardo, può essere esteso alle altre condizioni dell’agire educativo. L’allestimento dei contesti educativi come condizione di qualità formativa È opinione diffusa che, nelle scuole secondarie di secondo grado ( sssg ), a differenza di quanto avviene in quelle dell’infanzia e in buona parte delle scuole primarie, non si dimostri la necessaria attenzione all’allestimento dei contesti educativi e di apprendimento. Questi possiamo intenderli come luoghi e ambienti fisici, cognitivi, affettivi, attrezzati strumentalmente, comunque idonei, alla promozione sia di buone e positive relazioni tra i “frequentanti”, sia di efficaci pratiche di insegnamento e di apprendimento. In assenza, nella fase di preparazione delle pratiche di insegnamento, della piena consapevolezza della loro importanza formativa e – di conseguenza – di un’attenta e funzionale predisposizione di tali ambienti, le pratiche didattiche esplicitate dai docenti sono destinate a esiti, oltre che incerti, spesso deficitari. E, questo, si verifica per una serie di ragioni tra di loro strettamente connesse. 1. - Innanzitutto, i docenti e, soprattutto, gli studenti “non riconoscono” il luogo conoscitivo globale all’interno del quale devono impegnarsi nelle attività di conoscenza, dato che, questo, “non è identificabile” per forma e struttura, oppure, attraverso gli strumenti che si adoperano e le attività che vi si svolgono. Come, invece, accade a buona parte dei luoghi dove si diffonde il sapere e ci si attrezza per conquistarlo ed esprimerlo: da quelli “naturali” ( gli ambienti fisici con le loro differenti caratteristiche ) a quelli “culturali” ( intesi in senso stretto: musei, teatri, biblioteche, cinematografi, laboratori; o considerati, in senso lato, la cucina, il ristorante, lo stadio, i negozi, le strade, i quartieri, ecc. ). Per questa ragione, inizia, ovvero continua, a prodursi nella mente dei ragazzi – e anche dei loro insegnanti - la convinzione che la “conoscenza scolastica” sia qualcosa che abiti in tutti i territori e in nessuno di loro, che non indossi vestiti riconoscibili in riferimento alle attività di studio che propone, che assuma qualsiasi forma oppure, meglio, che non ne assuma alcuna. Che sia neutra, senz’anima, artificiale, forse anche senza senso. Un’insensatezza, che, oggi, al tempo della diffusione straordinaria e incontrollata di messaggi, informazioni e conoscenze e del contemporaneo – e, forse, anche conseguente - basso livello di attenzione, concentrazione, impegno espresso dagli studenti, non possiamo permettere che si propaghi anche a scuola. Luogo, dal quale, invece, devono e possono partire azioni, modalità, stili di conoscenza, studio e ricerca che vadano, quando necessario, in controtendenza rispetto a quanto accade nella società contemporanea. E, perciò, innanzitutto, tese a restituire senso e significati al sapere che ciascuno studente deve riuscire adeguatamente a ri-costruire e ri-elaborare. 2. - L’impatto negativo, sulle pratiche e sui risultati di insegnamento e di apprendimento, dei contesti di apprendimento - non pensati come tali - delle scuole secondarie si sostanzia, poi, nelle modalità di esecuzione concreta delle attività didattiche ( effettuate dai docenti ) e di studio ( che “toccano” agli alunni ). Quindi, alla suddetta neutralizzazione degli ambienti di conoscenza corrisponde la mancanza di contestualizzazione delle attività di insegnamento e di studio. La quale, invece, dovrebbe essere realizzata riferendola, nel contempo, alle caratteristiche peculiari della specifica disciplina (oggetto di studio, linguaggio e procedure di lavoro, contenuti e concetti fondamentali, ecc. ), agli obiettivi di apprendimento da perseguire e alle attività didattiche e di studio ( praticate, rispettivamente, docenti e studenti ). Al contrario, nella sssg, si insegnano e si studiano tutte le discipline più o meno allo stesso modo e con gli stessi strumenti. In maniera, per così dire, “amministrativa”, nel senso di “routinaria”, scarsamente riflessa, giammai originale. E, cioè: si legge o si fa leggere dal libro, si spiega e si interroga dalla cattedra e, di norma, con l’ausilio di lavagna e gessetti! Qualche volta si gira tra i banchi, se c’è spazio, generalmente quando si fa compito in classe (circostanza, questa, che, finalmente, provoca delle riflessioni didattiche anche a riguardo della posizione dei banchi e degli alunni che li occupano ). È raro, persino, trovare in ciascuna aula/classe, almeno, la dotazione minima ed essenziale dei dizionari linguistici, delle cartine geografiche principali, degli stessi “classici” letterari più significativi ( in realtà, ci si accontenta della sola e più “economica” antologia ). 3. - In terzo luogo ( ma anche conseguentemente ), i contesti di apprendimento delle scuole secondarie non sono pensati dai docenti né come ambienti didattici ( o dell’insegnamento ) né come ambienti di studio. Una dimenticanza, purtroppo tipica della sssg? e che viene dimostrata già nella fase di progettazione curricolare dell’attività di insegnamento, per svilupparsi compiutamente anche nei momenti destinati alla progettazione didattica disciplinare e coordinata. Ciò che si verifica – a pensarci un po’ -, oltre che grave, è qualcosa di veramente strano: si dichiara di perseguire degli obiettivi di apprendimento, vengono individuati i contenuti e le attività essenziali, si esplorano e si scelgono i metodi di insegnamento più adeguati alla promozione di conoscenze, abilità e competenze e, poi, basta. Non soltanto, quindi, si trascura – come abbiamo già visto - di “curare” a vantaggio della diffusione della conoscenza e della promozione delle competenze degli studenti, l’identificazione fisico/culturale/disciplinare/operativa del contesto di apprendimento, ma vengono lasciati fuori dagli interessi didattici, altri aspetti effettivamente determinanti per la buona riuscita delle attività di studio. Ci riferiamo, per esempio, a: la disposizione dei banchi ( e, quindi, degli studenti ) in riferimento alla posizione/distanza delle fonti prioritarie della comunicazione educativa ( i docenti e i compagni ), agli ulteriori strumenti dell’intervento didattico ( lavagne di qualsiasi tipo, computer e proiettori, registratori acustici, carte geografiche e storiche, ecc. ), all’esecuzione delle specifiche attività di studio; l’organizzazione degli alunni nella classe per lo svolgimento più opportuno delle attività di studio e per la migliore riuscita dei processi di insegnamento/apprendimento ( se per piccoli gruppi di lavoro, se per macrogruppi di livello, se per impegno individuale ovvero collettivo); il “clima” relazionale e operativo che si vive e si respira in classe, le curiosità e gli interessi conoscitivi che devono animarlo, le vocazioni cognitive da riconoscere e sostenere, le motivazioni da stimolare, i necessari “conflitti cognitivi” da accendere e da regolare. Per allestire i contesti educativi occorre che i docenti dispongano di buoni requisiti per fare scuola Come si può facilmente comprendere, le suddette “attenzioni” sono di grande importanza per la promozione efficace dei processi di apprendimento. Generalmente, nella scuola secondaria ( ma, forse, già a partire dagli ultimi anni della scuola primaria ) non vengono prese neanche in considerazione, se non per banalizzarne la portata e il significato. E questo accade, nonostante si abbia, a scuola, la possibilità concreta di verificare direttamente quanto sia importante curare l’allestimento dei contesti di studio. Ci riferiamo, innanzitutto, ai quegli ambienti scolastici di studio che, vengono predisposti per poter sviluppare le loro potenzialità formative ( i laboratori specializzati, palestra e impianti sportivi, spazi per l’animazione teatrale e musicale, biblioteche, ecc. ). Ma prendiamo in considerazione, anche, quelle esperienze scolastiche quotidiane o di “progetto” che risultano particolarmente soddisfacenti proprio a causa dell’attenzione prestata alla opportuna sistemazione degli spazi, all’organizzazione dei gruppi di lavoro, allo sviluppo di un clima affettivo e motivazionale ( rivolto alla tessitura di buone trame relazionali come alla promozione della voglia di conoscere e di imparare ). A riguardo, una soluzione sulla quale riflettere e, poi, da progettare e praticare potrebbe essere quella di sciogliere il nodo aula-classe e di stringerne il nodo aula-attività ( disciplinare e non ). E, perciò, di sostituire, ad esempio, all’etichetta aula II C quella di aula di matematica ( o di italiano o di storia, ecc. ). All’origine, comunque, delle inadeguatezze prima segnalate, c’è la scarsa padronanza - da parte dei docenti – di alcuni dei requisiti del fare scuola velocemente elencati nel precedente articolo. Ossia, non si cura l’allestimento dei contesti di apprendimento perché, nella scuola secondaria c’è una scarsa riflessione e una debole consapevolezza circa le caratteristiche psicologiche, affettive, cognitive dei ragazzi ( e quindi, anche, circa i bisogni, le potenzialità, i limiti che li connotano), i componenti fondamentali dei saperi ( oggetto e sguardo conoscitivo, portata educativa e formativa, linguaggi e procedure di lavoro preferenziali, concetti e contenuti essenziali, ecc. ) e l’importanza medesima dell’azione didattica, della sua complessità, della necessità di metterla continuamente sotto osservazione per migliorarla e innovarla. Scarsa riflessione e debole consapevolezza che, in realtà, sono originate dalle lacune di presenti nel repertorio culturale e professionale dei docenti della sssg. Questi, infatti, nella loro generalità, non hanno quasi mai studiato argomenti inclusi nel territorio delle scienze dell’educazione – psicologia generale, evolutiva e dell’apprendimento, pedagogia e didattica, ecc.-, né si sono, giammai, occupati di questioni epistemologiche ovvero delle loro ricadute nei curricoli delle discipline scolastiche. Pertanto, da un lato, in assenza di basi comuni di conoscenza, di norma, non avvertono la necessità di riflettere e confrontarsi sui temi prima annotati e, dall’altro lato, quando lo fanno, non sono in grado di assicurare profondità e un buon livello di qualità alle loro riflessioni. Un’ulteriore e decisiva spinta a trascurare la cura dei contesti di apprendimento proviene dall’incrocio pericoloso tra la debole cultura e la scarsa pratica della progettazione ( educativa, formativa, curricolare, didattica e organizzativa ) della scuola secondaria e dei suoi docenti ( che, come sappiamo, costituisce un altro requisito mancante ) e, da una parte, la rigidità e la frammentarietà dell’impianto curricolare e, dall’altra, l’assenza di “tempi” / “momenti” istituzionali previsti per la preparazione delle attività didattiche ( tanto per dire, gli insegnanti di scuola primaria, devono destinare al lavoro di programmazione due ore del loro orario di servizio settimanale ). Da quanto esplicitato, emerge, innanzitutto, la necessità di iniziare finalmente a “curare” i contesti nei quali si attivano e si sviluppano le attività di insegnamento e di studio e le relazioni tra i soggetti compresenti. Un’intenzione che, per essere effettivamente promossa e perché fornisca buoni esiti, ha bisogno di essere sostenuta dall’attivazione e dalla diffusione – a livello nazionale e a livello di singolo istituto - di processi formativi, di pratiche di riqualificazione professionale, di momenti riflessivi, tutti rivolti prioritariamente a potenziare il repertorio dei requisiti del fare scuola dei docenti della sssg. Tabella Condizioni e Requisiti Condizioni necessarie dell’agire didattico educativo/ Requisiti del fare scuola ( inadeguati nella sssg) allestimento di un valido contesto educativo e di apprendimento elaborazione condivisa dell’offerta formativa e del curricolo per competenze azione educativa, didattica e metodologica efficace, motivante e flessibilmente adeguabile alle differenti caratteristiche degli studenti progettazione organizzativa e dell’apprendimento funzionale a quella formativa e curricolare progettazione didattica per obiettivi di apprendimento relativi alle competenze possesso di “giustificazioni” epistemologiche delle discipline scolastiche1 conoscenza di teorie di psicologia evolutiva, 2 dell’istruzione capacità di orientarsi tra le diverse ipotesi teoriche didattico-metodologiche 3. pratica e competenza progettuale individuale ( o disciplinare ) e collegiale ( POF, Curricolo di istituto e Dipartimenti, Progettazione Coordinata ) riflessione attenta e condivisa sulla società e sui relativi compiti formativi della scuola [email protected] 1 R. Maragliano, I saperi della scuola, La Nuova Italia, Firenze, 1990. Segnaliamo: J.S. Bruner, Verso una teoria dell’istruzione, Armando, Roma, 1967; J. Piaget e G. Garcia, Psicogenesi delle scienze, Garzanti, Milano, 1985; A. Boscolo, Psicologia dell’apprendimento scolastico, UTET, Torino, 1998. 3 U. Marotta ( a cura di ), Riforma del curricolo e formazione dei talenti, Armando, Roma, 1997. 2