Rassegna Stampa 9 ottobre 2015

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I rapporti fra gli Enti Locali e le proprie Società partecipate
RASSEGNA NORME/PROVVEDIMENTI
INDICE DEGLI ARGOMENTI TRATTATI: 
la disciplina giuridica di contesto
i rapporti contabili: verifica annuale debiti/crediti – consolidamento dei conti – trasferimenti finanziari da
Enti Locali a Società
i rapporti contrattuali: elementi obbligatori dei contratti di servizio
i rapporti organizzativi: il sistema dei controlli dettato dall’art. 147 quater TUEL / il coordinamento in
materia di organi sociali e personale / la vigilanza sulla trasparenza e sull’anticorruzione
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la disciplina giuridica di contesto
- legittimità della “partecipazione azionaria” per gli Enti Locali e legittimità
dell’ “azione” degli Enti Locali tramite società partecipate -
DECRETO LEGISLATIVO 18 agosto 2000, n. 267
TESTO UNICO DELLE LEGGI SULL’ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI
a norma dell'articolo 31 della legge 3 agosto 1999, n. 265
(G.U. n. 227 del 28 settembre 2000, s.o. n. 162/L)
TITOLO VII - REVISIONE ECONOMICO-FINANZIARIA
Art. 239. Funzioni dell'organo di revisione
(…)1. L'organo dei revisione svolge le seguenti funzioni:
a) attività di collaborazione con l'organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento;
b) pareri, con le modalità stabilite dal regolamento, in materia di:
(lettera così sostituita dall'articolo 3, comma 1, lettera o), legge n. 213 del 2012)
1) strumenti di programmazione economico-finanziaria;
2) proposta di bilancio di previsione verifica degli equilibri e variazioni di bilancio escluse quelle
attribuite alla competenza della giunta, del responsabile finanziario e dei dirigenti, a meno che il parere
dei revisori sia espressamente previsto dalle norme o dai principi contabili, fermo restando la necessità
dell'organo di revisione di verificare, in sede di esame del rendiconto della gestione, dandone conto
nella propria relazione, l'esistenza dei presupposti che hanno dato luogo alle variazioni di bilancio
approvate nel corso dell'esercizio, comprese quelle approvate nel corso dell'esercizio provvisorio;
(numero così modificato dall'art. 74 del d.lgs. n. 118 del 2011, introdotto dal d.lgs. n. 126 del 2014)
3) modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni;
4) proposte di ricorso all'indebitamento;
5) proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa, nel rispetto della disciplina statale vigente in
materia;
6) proposte di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni;
7) proposte di regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei
tributi locali;
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c) vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente all'acquisizione delle entrate,
all'effettuazione delle spese, all'attività contrattuale, all'amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione,
agli adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilità; l'organo di revisione svolge tali funzioni anche con tecniche
motivate di campionamento;
d) relazione sulla proposta di deliberazione consiliare di approvazione del rendiconto della gestione e sullo schema di
rendiconto entro il termine, previsto dal regolamento di contabilità e comunque non inferiore a 20 giorni, decorrente
dalla trasmissione della stessa proposta approvata dall'organo esecutivo. La relazione dedica un'apposita sezione
all'eventuale rendiconto consolidato di cui all'articolo 11, commi 8 e 9, e contiene l'attestazione sulla corrispondenza del
rendiconto alle risultanze della gestione nonché rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza,
produttività ed economicità della gestione;
(lettera così modificata dall'art. 74 del d.lgs. n. 118 del 2011, introdotto dal d.lgs. n. 126 del 2014)
d-bis) relazione sulla proposta di deliberazione consiliare di approvazione del bilancio consolidato di cui all'articolo 233bis e sullo schema di bilancio consolidato, entro il termine previsto dal regolamento di contabilità e comunque non
inferiore a 20 giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta approvata dall'organo esecutivo;
(lettera introdotta dall'art. 74 del d.lgs. n. 118 del 2011, introdotto dal d.lgs. n. 126 del 2014)
e) referto all'organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con contestuale denuncia ai competenti organi
giurisdizionali ove si configurino ipotesi di responsabilità;
f) verifiche di cassa di cui all'articolo 223.
1-bis. Nei pareri di cui alla lettera b) del comma 1 è espresso un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di
attendibilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto dell'attestazione del
responsabile del servizio finanziario ai sensi dell'articolo 153, delle variazioni rispetto all'anno precedente,
dell'applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri sono suggerite
all'organo consiliare le misure atte ad assicurare l'attendibilità delle impostazioni. I pareri sono obbligatori. L'organo
consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle
misure proposte dall'organo di revisione.
(comma introdotto dall'articolo 3, comma 1, lettera o), legge n. 213 del 2012)
(OMISSIS)
5. I singoli componenti dell'organo di revisione collegiale hanno diritto di eseguire ispezioni e controlli individuali.
6. Lo statuto dell'ente locale può prevedere ampliamenti delle funzioni affidate ai revisori. (…)
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Legge 24 dicembre 2007, n. 244
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2008)
(G.U. n. 300 del 28 dicembre 2007)
Art. 3
Disposizioni in materia di: Fondi da ripartire; Contenimento e razionalizzazione delle spese
valide per tutte le missioni; Pubblico impiego; Norme finali
(…)27. Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di
servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere
direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. È sempre ammessa la costituzione di società che
producono servizi di interesse generale e che forniscono servizi di committenza o di centrali di committenza a livello
regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del
codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e
l'assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell'ambito dei rispettivi livelli di competenza.
(comma così modificato dall'art. 18, comma 4-octies, legge n. 2 del 2009, poi dall'art. 71, comma 1, legge n. 69 del
2009)
(OMISSIS…)29. Entro trentasei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica,
cedono a terzi le società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27. Per le società partecipate dallo Stato, restano
ferme le disposizioni di legge in materia di alienazione di partecipazioni. L’obbligo di cessione di cui al presente comma
non si applica alle aziende termali le cui partecipazioni azionarie o le attività, i beni, il personale, i patrimoni, i marchi e le
pertinenze sono state trasferite a titolo gratuito alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di
Bolzano nel cui territorio sono ubicati gli stabilimenti termali, ai sensi dell’articolo 22, commi da 1 a 3, della legge 15
marzo 1997, n. 59.(…)
(comma modificato dall'art. 71, comma 1, legge n. 69 del 2009, poi dall'art. 20-bis della legge n. 89 del 2014) (…)
Legge 27 dicembre 2013, n. 147
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge di stabilità 2014)
(G.U. n. 302 del 27 dicembre 2013)
Art. 1.
(…)569. Il termine di trentasei mesi fissato dal comma 29 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è
prorogato di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, decorsi i quali la partecipazione non alienata
mediante procedura di evidenza pubblica cessa ad ogni effetto; entro dodici mesi successivi alla cessazione la società
liquida in denaro il valore della quota del socio cessato in base ai criteri stabiliti all'articolo 2437-ter, secondo comma, del
codice civile.(…)
(comma così modificato dall'art. 2, comma 1, legge n. 68 del 2014)
569-bis. Le disposizioni di cui al comma 569, relativamente alla cessazione della partecipazione societaria
non alienata entro il termine ivi indicato, si interpretano nel senso che esse non si applicano agli enti che, ai
sensi dell’articolo 1, commi 611 e 612, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, abbiano mantenuto la propria
partecipazione, mediante approvazione di apposito piano operativo di razionalizzazione, in società ed altri
organismi aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi indispensabili al perseguimento delle
proprie finalità istituzionali, anche solo limitatamente ad alcune attività o rami d’impresa, e che la
competenza relativa all’approvazione del provvedimento di cessazione della partecipazione societaria
appartiene, in ogni caso, all’assemblea dei soci. Qualunque delibera degli organi amministrativi e di controllo
interni alle società oggetto di partecipazione che si ponga in contrasto con le determinazioni assunte e
contenute nel piano operativo di razionalizzazione è nulla ed inefficace.
(comma introdotto dall'art. 7, comma 8-bis, legge n. 125 del 2015)
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Legge 30 luglio 2010, n. 122
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge
31 maggio 2010, n. 78,
recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica
Art. 14. Patto di stabilità interno ed altre disposizioni sugli enti territoriali
….27. Ferme restando le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle
materie di cui all’articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi
dell’articolo 118 della Costituzione, sono funzioni fondamentali dei comuni, ai sensi dell’articolo 117, secondo
comma, lettera p), della Costituzione:
(comma così sostituito dall'art. 19, comma 1, lettera a), legge n. 135 del 2012)
a) organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;
b) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di
trasporto pubblico comunale;
c) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;
d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione
territoriale di livello sovracomunale;
e) attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;
f) l’organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la
riscossione dei relativi tributi;
g) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai
cittadini, secondo quanto previsto dall’articolo 118, quarto comma, della Costituzione;
h) edilizia scolastica, per la parte non attribuita alla competenza delle province, organizzazione e gestione
dei servizi scolastici;
i) polizia municipale e polizia amministrativa locale;
l) tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in
materia di servizi elettorali e statistici, nell’esercizio delle funzioni di competenza statale.
28. I comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono
appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o
di più isole e il comune di Campione d’Italia, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante
unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della
lettera l). Se l’esercizio di tali funzioni è legato alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, i
comuni le esercitano obbligatoriamente in forma associata secondo le modalità stabilite dal presente articolo,
fermo restando che tali funzioni comprendono la realizzazione e la gestione di infrastrutture tecnologiche,
rete dati, fonia, apparati, di banche dati, di applicativi software, l'approvvigionamento di licenze per il
software, la formazione informatica e la consulenza nel settore dell'informatica.
(comma così sostituito dall'art. 19, comma 1, lettera b), legge n. 135 del 2012)….
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LEGGE 23 dicembre 2014, n. 190
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
stabilità 2015)
(legge di
(G.U. n. 300 del 29 dicembre 2014 - Suppl. Ordinario n. 99)
Art. 1.
(..)611. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, commi da 27 a 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e
successive modificazioni, e dall'articolo 1, comma 569, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni,
al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, il contenimento della spesa, il buon andamento dell'azione
amministrativa e la tutela della concorrenza e del mercato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli
enti locali, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le università e gli istituti di istruzione universitaria
pubblici e le autorità portuali, a decorrere dal 1º gennaio 2015, avviano un processo di razionalizzazione delle società e
delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la riduzione delle stesse
entro il 31 dicembre 2015, anche tenendo conto dei seguenti criteri:
a) eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle proprie finalità
istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione;
b) soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a
quello dei dipendenti;
c) eliminazione delle partecipazioni detenute in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre
società partecipate o da enti pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di internalizzazione delle
funzioni;
d) aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica;
e) contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e
delle strutture aziendali, nonché attraverso la riduzione delle relative remunerazioni.
612. I presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, i presidenti delle province, i sindaci e gli
altri organi di vertice delle amministrazioni di cui al comma 611, in relazione ai rispettivi ambiti di competenza,
definiscono e approvano, entro il 31 marzo 2015, un piano operativo di razionalizzazione delle società e delle
partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, le modalità e i tempi di attuazione, nonché
l'esposizione in dettaglio dei risparmi da conseguire. Tale piano, corredato di un'apposita relazione tecnica, è trasmesso
alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e pubblicato nel sito internet istituzionale
dell'amministrazione interessata. Entro il 31 marzo 2016, gli organi di cui al primo periodo predispongono una relazione
sui risultati conseguiti, che è trasmessa alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e pubblicata
nel sito internet istituzionale dell'amministrazione interessata. La pubblicazione del piano e della relazione costituisce
obbligo di pubblicità ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.(…)
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Legge 17 dicembre 2012, n. 221
conversione, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2012,
n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese
(G.U. n. 294 del 18 dicembre 2012, s.o. n. 208)
(…)Art. 34. Misure urgenti per le attività produttive, le infrastrutture e i trasporti, i servizi pubblici locali,
la valorizzazione dei beni culturali ed i comuni
20. Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea,
la parità tra gli operatori, l'economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di
riferimento, l'affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito
internet dell'ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti
dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli
obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste.
21. Gli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto non conformi ai requisiti
previsti dalla normativa europea devono essere adeguati entro il termine del 31 dicembre 2013 pubblicando,
entro la stessa data, la relazione prevista al comma 20. Per gli affidamenti in cui non è prevista una data di
scadenza gli enti competenti provvedono contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri
atti che regolano il rapporto un termine di scadenza dell'affidamento. Il mancato adempimento degli obblighi
previsti nel presente comma determina la cessazione dell'affidamento alla data del 31 dicembre 2013.
22. Gli affidamenti diretti assentiti alla data del 31 dicembre 2004 a società a partecipazione pubblica già
quotate in mercati regolamentati a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del
codice civile alla medesima data, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che
regolano il rapporto; gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza cessano, improrogabilmente e
senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, il 31 dicembre 2020. Gli affidamenti diretti a
società poste, successivamente al 31 dicembre 2004, sotto il controllo di società quotate a seguito di
operazioni societarie effettuate in assenza di procedure conformi ai principi e alle disposizioni dell'Unione
europea applicabili allo specifico affidamento cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita
deliberazione dell'ente affidante, il 31 dicembre 2018 o alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli
altri atti che regolano il rapporto, se anteriori.
(comma così sostituito dall'art. 8, comma 1, legge n. 115 del 2015)
23. Dopo il comma 1 dell'articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive modificazioni, è inserito il seguente: «1-
bis. Le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli
appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe
all'utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo sono esercitate
unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o
designati ai sensi del comma 1 del presente articolo».
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Legge 4 agosto 2006, n. 248
Conversione del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223
Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto
all'evasione fiscale
(G.U. 11 agosto 2006, n. 186, s.o. n. 183)
(…)Art. 13. Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della
concorrenza
1. Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel
territorio nazionale, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni
pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro
attività, con esclusione dei servizi pubblici locali e dei servizi di committenza o delle centrali di committenza apprestati a
livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25,
del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,
nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza,
devono operare con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri
soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti aventi
sede nel territorio nazionale. Le società che svolgono l’attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di
cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti .
(comma così modificato dall'articolo 18, comma 4-septies, legge n. 2 del 2009, poi dall'art. 48 della legge n. 99 del
2009)
2. Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al
comma 1.
3. Al fine di assicurare l’effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui al comma 1 cessano entro quarantadue
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite. A tale fine possono cedere, nel
rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le attività non consentite a terzi ovvero scorporarle, anche costituendo
una separata società. I contratti relativi alle attività non cedute o scorporate ai sensi del periodo precedente perdono
efficacia alla scadenza del termine indicato nel primo periodo del presente comma.
(comma così modificato dall'articolo 1, comma 720, legge n. 296 del 2006, poi dall'articolo 4, comma 7, legge n. 129 del
2008, poi dall'articolo 20, comma 1-bis, legge n. 14 del 2009)
4. I contratti conclusi, dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, in violazione delle prescrizioni dei commi 1
e 2 sono nulli. Restano validi, fatte salve le prescrizioni di cui al comma 3, i contratti conclusi dopo la data di entrata in
vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima della predetta data.
(comma così modificato dall'articolo 1, comma 720, legge n. 296 del 2006) (…)
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DIRETTIVA 2014/23/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL
CONSIGLIO
del 26 febbraio 2014
sull’aggiudicazione dei contratti di concessione
Articolo 17 - Concessioni tra enti nell’ambito del settore pubblico
1. Una concessione aggiudicata da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ai sensi dell’articolo 7,
paragrafo 1, lettera a), a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell’ambito di
applicazione della presente direttiva quando siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
a) l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo
analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi;
b) oltre l’80 % delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa
affidati dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore controllante o da altre persone giuridiche
controllate dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore di cui trattasi; e
c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione di capitali privati diretti, ad eccezione di forme di
partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative
nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.
Si ritiene che un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a),
eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi ai sensi del presente
paragrafo, primo comma, lettera a), quando esercita un’influenza decisiva sugli obiettivi strategici e sulle decisioni
significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica
diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore.
2. Il paragrafo 1 si applica anche quando una persona giuridica controllata che è un’amministrazione aggiudicatrice o
un ente aggiudicatore di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), aggiudica una concessione all’amministrazione
aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore che lo controlla oppure a un’altra persona giuridica controllata dalla stessa
amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore, purché non vi sia partecipazione di capitali privati diretti nella
persona giuridica cui viene aggiudicata la concessione, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non
comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non
esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.
3. Un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), che non
eserciti su una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato un controllo ai sensi del paragrafo 1 del presente
articolo, può nondimeno aggiudicare una concessione a tale persona giuridica senza applicare la presente direttiva
qualora siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
a) l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), esercitano
congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori su detta persona giuridica un
controllo analogo a quello da essi esercitato sui propri servizi;
b) oltre l’80 % delle attività di tale persona giuridica sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle
amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori controllanti o da altre persone giuridiche controllate dalle
stesse amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori; e
c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione di capitali privati diretti, ad eccezione di forme di
partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative
nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.
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Ai fini del presente paragrafo, primo comma, lettera a), le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori di cui
all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), esercitano congiuntamente il controllo su una persona giuridica qualora siano
soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
i) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni
aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le
amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti;
ii) tali amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza
determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; e
iii) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici o degli
enti aggiudicatori controllanti.
4. Un contratto concluso esclusivamente fra due o più amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori di cui
all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), non rientra nell’ambito di applicazione della presente direttiva qualora siano
soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
a) il contratto stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori
partecipanti, finalizzata a fare in modo che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere siano prestati nell’ottica
di conseguire gli obiettivi che esse hanno in comune;
b) l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico; e
c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 % delle
attività interessate dalla cooperazione;
5. Per determinare la percentuale delle attività di cui al paragrafo 1, primo comma, lettera b), al paragrafo 3, primo
comma, lettera b), e al paragrafo 4, lettera c), si prende in considerazione il fatturato totale medio, o una idonea misura
alternativa basata sull’attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica, l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente
aggiudicatore di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), in questione nei campi dei servizi, delle forniture e dei lavori
per i tre anni precedenti l’aggiudicazione della concessione.
Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell’attività della persona giuridica, amministrazione aggiudicatrice o ente
aggiudicatore in questione, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attività, il fatturato, o la misura alternativa
basata sull’attività, quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è più pertinente, è sufficiente
dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell’attività, che la misura dell’attività è credibile.
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10
N. 02154/2015REG.PROV.COLL.
N. 07619/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
(….) DIRITTO
….(…)
A proposito nell’in house pluripartecipato, le amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza
possono esercitare il controllo analogo in modo congiunto con le altre, a condizione che siano soddisfatte tutte le
seguenti condizioni:
a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti,
ovvero, siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;
b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle
decisioni significative dell’organismo controllato;
c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti.
Principi, questi, oggi codificati all’art. 12 della direttiva appalti 2014/24/UE che, sebbene non sia stata ancora recepita
(essendo ancora in corso il termine relativo per l'incombente), appare di carattere sufficientemente dettagliato tale da
presentare pochi dubbi per la sua concreta attuazione ( cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 30/01/2015, n. 298).
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11
i rapporti contabili tra Ente Locale e
Società Partecipata
Testo del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 coordinato con
il decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 e la L 23 dicembre
2014, n. 190 (legge di stabilità 2015).
Nelle more della pubblicazione del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 coordinato con il decreto legislativo 10
agosto 2014, n. 126, il seguente testo e' reso disponibile al solo fine di consentire una prima lettura della riforma
contabile degli enti territoriali.
Trattasi di un mero documento di lavoro, privo di qualsiasi valore giuridico
Art. 11 (Schemi di bilancio)
La relazione sulla gestione allegata al rendiconto è un documento illustrativo della gestione dell’ente, nonché dei fatti di
rilievo verificatisi dopo la chiusura dell'esercizio e di ogni eventuale informazione utile ad una migliore comprensione dei
dati contabili. In particolare la relazione illustra:
…..
h) l’elenco dei propri enti e organismi strumentali, con la precisazione che i relativi rendiconti o bilanci di esercizio sono
consultabili nel proprio sito internet;
i) l’elenco delle partecipazioni dirette possedute con l’indicazione della relativa quota percentuale;
j) gli esiti della verifica dei crediti e debiti reciproci con i propri enti strumentali e le società controllate e
partecipate. La predetta informativa, asseverata dai rispettivi organi di revisione, evidenzia analiticamente
eventuali discordanze e ne fornisce la motivazione; in tal caso l’ente assume senza indugio, e comunque non
oltre il termine dell'esercizio finanziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione delle
partite debitorie e creditorie;
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12
Lombardia/156/2014/PAR
LA CORTE DEI CONTI
IN
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA
LOMBARDIA
La richiesta del Comune di Parabiago, come sopra ricordato, concerne la
corretta interpretazione del disposto dell'articolo 6, comma 4, del D.L. n. 95/2012
ed, in particolare, l’individuazione degli organi di revisione chiamati ad asseverare
la nota informativa, ivi prevista, contenente la verifica dei crediti e debiti reciproci
tra l'Ente e le società partecipate.
Giova, al riguardo, ricordare come la ratio della disposizione in esame sia
stata già evidenziata da questa Sezione (cfr.
parere n. 479/2013/PAR). In
particolare si è posto in luce come “nell’ottica di un sempre maggiore controllo
sugli strumenti societari, spesso utilizzati per scopi poco nobili (elusione dei
vincoli di finanza pubblica), la norma sopra riportata si pone l’obiettivo di
arginare il disallineamento delle poste debitorie e creditorie che spesso si
riscontra nei bilanci della partecipata e dell’ente pubblico socio. L’obiettivo,
pertanto, è quello di offrire dati certi circa i rapporti finanziari tra l’ente pubblico
e la partecipata; e di stimolare, se necessario, processi di correzione di eventuali
discordanze”. Né in un diverso dictum di questa Sezione, sempre relativo alla
norma in analisi, si è mancato di rilevare come, già dal tenore letterale della
disposizione, assuma precipua rilevanza l’assoluta indipendenza che deve
caratterizzare gli organi di revisione degli enti locali, “al fine di garantire la
veridicità delle reciproche posizioni debitorie-creditorie rappresentate”
(cfr.
parere n. 419/2012/PAR).
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A ciò deve aggiungersi, sul piano più generale, che, relativamente ai
rapporti con le società partecipate, l’utilizzo di risorse pubbliche, pur attraverso
moduli privatistici, richiede particolari cautele in capo agli enti locali che
concorrono alla loro gestione (cfr. in part. Sez. Veneto, deliberazione
n.903/2012/INPR). Con la conseguenza, per quanto qui maggiormente interessa,
che l’ente partecipante non può esimersi dal porre in essere un effettivo e
costante monitoraggio sull’andamento della società partecipata, tenuto conto non
solo della natura pubblica sia delle relative risorse che del servizio svolto, ma
anche, e soprattutto, della qualità di socio, con i correlativi compiti di vigilanza e
controllo, che da tale qualifica discendono.
Tornando all’esame della norma de qua, appare utile ricordare come,
nella Relazione illustrativa al D.L. n. 95/2012, si legge che la stessa, insieme al
successivo comma 5, sono volte «al conseguimento di positivi risultati, in termini
di trasparenza e veridicità delle spese degli enti locali per il mantenimento delle
strutture societarie, stabilendo l’obbligo per i revisori dei conti di seguire i principi
di revisione contabile relativi alla “circolarizzazione dei crediti e dei debiti”».
Com’è noto per “circolarizzazione dei crediti e dei debiti” si intende una
procedura di conferma esterna finalizzata all’ottenimento e alla successiva
valutazione di una comunicazione diretta fornita da una parte terza a fronte di
una richiesta, da parte dell’organo di revisione, di informazioni su aspetti
riguardanti una particolare voce, operazione o dato, che vengono ad incidere su
asserzioni di bilancio. A tale procedura viene riconosciuto precipuo rilievo, non
solo nei principi di revisione internazionali (Isa), ma anche dai principi di
revisione
nazionali
(PR),
emanati
dal
Consiglio
Nazionale
dei
Dottori
Commercialisti e degli Esperti Contabili (cfr. in part. Principi di Revisione 500, 505
e 530).
Gli elementi ora richiamati permettono di evidenziare come assoluta
centralità deve essere riconosciuta, senza dubbio, al ruolo svolto dall’organo di
revisione dell’Ente partecipante, che è chiamato a garantire, in concreto, il
perseguimento dell’obiettivo di arginare il disallineamento delle poste debitorie e
creditorie tra società partecipata e Ente, che è, tra l’altro, il soggetto titolare, in
quanto socio, dei poteri di stimolo per l’adozione dei necessari processi volti alla
correzione delle discordanze rilevate.
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L’effettivo conseguimento di positivi risultati in termini di trasparenza e
veridicità delle spese degli enti locali per il mantenimento delle strutture
societarie,
che,
come
visto,
connota
nell’espressa
intentio
legislatoris
l’introduzione della nota informativa in analisi, presuppone, però,
che
l’asseverazione posta in essere dai revisori degli Enti partecipanti possa fondarsi
su dati societari ugualmente certi e asseverati.
Ne deriva che, nel caso in cui nel bilancio certificato dall’organo di
revisione della società partecipata sia possibile individuare, in modo analitico, i
singoli rapporti debitori/creditori nei confronti degli Enti partecipanti, trattandosi,
dunque, di dati ex se asseverati da tale organo di revisione, possono essere presi
direttamente in considerazione dall’organo di revisione dell’Ente partecipante,
che può procedere all’asseverazione della nota in parola, senza necessità di
ottenere un’ulteriore asseverazione dei dati già certificati dall’organo di revisione
della società partecipata.
Nel caso, viceversa, il bilancio non contenga un’analitica evidenziazione
delle singole poste creditorie/debitorie nei confronti degli Enti partecipanti,
appare necessario che anche l’organo di revisione dell’organismo partecipato
asseveri la nota prevista dall’articolo 6, comma 4, del D.L. n. 95/2012. Mentre,
infatti, nel primo caso l’asseverazione sembra configurare un inutile aggravio,
considerato che si tratta di dati già certificati dall’organo di revisione
dell’organismo partecipato, ogniqualvolta, di contro, non sia riscontrabile analoga
“certezza” su ogni singola posta creditoria/debitoria, la ratio stessa della
disposizione, come sopra evidenziata, non può che imporre l’asseverazione, non
solo da parte dell’organo di revisione dell’Ente partecipante, ma anche da parte
di quello dell’organismo partecipato. La mancanza di asseverazione, che
deriverebbe da un’interpretazione del dato letterale della disposizione in esame
nel senso di imporre l’asseverazione soltanto da parte dell’organo di revisione
dell’Ente partecipante, verrebbe a frustrare irrimediabilmente le finalità di
trasparenza e veridicità, che, come ricordato, hanno connotato l’introduzione
della disposizione de qua.
L’Ente partecipante, dunque, è tenuto, preliminarmente ai seguenti
adempimenti:
- evidenziazione dal proprio conto dei residui di tutte le voci aventi ad oggetto i
debiti e i crediti nei confronti delle società partecipate ritenute rilevanti;
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- sottoposizione dei dati così raccolti al collegio dei revisori dei conti dell'ente
locale.
Nel caso l’Ente partecipante e il suo organo di revisione non rilevino nel
bilancio certificato dell’organismo partecipato la chiara evidenziazione sopra
delineata delle singole poste creditorie/debitorie, l'amministrazione partecipante
risulta tenuta a curare i seguenti ulteriori incombenti:
- asseverazione da parte del soprarichiamato collegio dei revisori dei conti dei
dati rilevati dalla contabilità dell’Ente partecipante;
- invio dei dati asseverati alle società partecipate oggetto dall'attività di
conciliazione, per il confronto con le risultanze delle contabilità societarie;
- asseverazione dei dati rilevanti da parte dell'organo di revisione della società
partecipata e successiva trasmissione della richiesta nota all'ente controllante,
nella quale venga fornito analitico riscontro dell'eventuale concordanza o
discordanza con le risultanze presenti nel bilancio dell'ente;
- nel caso di mancata concordanza, alla luce del disposto della norma in analisi,
l'Ente partecipante è tenuto ad effettuare una precipua analisi volta ad
identificare le cause determinanti la divergenza dei risultati, adottando senza
indugio, e comunque non oltre il termine dell’esercizio finanziario in corso, i
provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione delle partite debitorie e
creditorie.
Ciò non toglie, naturalmente, che andando oltre il contenuto precettivo
della norma in analisi come ora declinato, l’Ente, con propria valutazione
discrezionale e nell’esercizio delle prerogative connesse alla propria qualità di
socio, nel porre in essere il doveroso costante monitoraggio sull’andamento della
società partecipata, possa ricondurre l'asseverazione in parola, ad opera
dell'organo di revisione delle società, tra gli strumenti attraverso cui esercitare i
compiti di vigilanza e controllo, che, come visto, sono ad esso intestati.
P.Q.M.
Nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.
Depositata in Segreteria
Il 15/4/2014
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Allegato n. 4 DPCM 18/12/2011
PRINCIPIO CONTABILE APPLICATO CONCERNENTE IL BILANCIO CONSOLIDATO
1. Definizione e funzione del bilancio consolidato del gruppo amministrazione pubblica
Il bilancio consolidato di un gruppo di enti e società che fa capo ad un’amministrazione pubblica non consente contemporaneamente - di rappresentare la consistenza patrimoniale e finanziaria del gruppo e di rilevare correttamente
il fenomeno delle esternalizzazioni.
Per rappresentare la consistenza patrimoniale e finanziaria il bilancio consolidato predisposto sulla base della dimensione
del controllo esercitato nei confronti dei componenti del gruppo, utilizza il metodo di consolidamento integrale o
proporzionale. Per rappresentare le esternalizzazioni, invece, il bilancio consolidato è elaborato sulla base dell’incidenza
dei ricavi imputabili alla controllante rispetto al totale dei ricavi di ciascun componente del gruppo, comprensivi delle
entrate esternalizzate.
Pertanto, per cogliere entrambi i fenomeni risulterebbe necessario predisporre due diversi bilanci consolidati.
Gli enti che partecipano alla sperimentazione di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011 n. 118, redigono
un bilancio consolidato che rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione finanziaria e patrimoniale e il risultato
economico della complessiva attività svolta dall’ente attraverso le proprie articolazioni organizzative, i suoi enti
strumentali e le sue società controllate e partecipate.
In particolare, il bilancio consolidato deve consentire di:
a) sopperire alle carenze informative e valutative dei bilanci degli enti che perseguono le proprie funzioni anche
attraverso enti strumentali e detengono rilevanti partecipazioni in società, dando una rappresentazione, anche
di natura contabile, delle proprie scelte di indirizzo, pianificazione e controllo;
b) attribuire alla amministrazione capogruppo un nuovo strumento per programmare, gestire e controllare con
maggiore efficacia il proprio gruppo comprensivo di enti e società.
c) ottenere una visione completa delle consistenze patrimoniali e finanziarie di un gruppo di enti e società che fa
capo ad un’amministrazione pubblica, incluso il risultato economico.
Il bilancio consolidato del gruppo di un’amministrazione pubblica è:
- obbligatorio, dal 2013, per tutti gli enti in sperimentazione, esclusi i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
- predisposto in attuazione delle disposizioni di cui al titolo IV del presente decreto e del presente principio;
- composto dal conto economico, dallo stato patrimoniale e dai relativi allegati;
- riferito alla data di chiusura del 31 dicembre di ciascuno degli anni di sperimentazione;
- predisposto facendo riferimento all’area di consolidamento, individuata dall’ente capogruppo, alla data del 31 dicembre
dell’esercizio cui si riferisce;
- approvato entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento.
2. Il gruppo “amministrazione pubblica”
Il termine “gruppo amministrazione pubblica” comprende gli enti e gli organismi strumentali, le società controllate e
partecipate da un’amministrazione pubblica come definito dal titolo IV del presente decreto.
La definizione del gruppo amministrazione pubblica fa riferimento ad una nozione di controllo di “diritto”, di “fatto” e
“contrattuale”, anche nei casi in cui non è presente un legame di partecipazione, diretta o indiretta, al capitale delle
controllate ed a una nozione di partecipazione.
Costituiscono componenti del “gruppo amministrazione pubblica”:
1) gli organismi strumentali dell’amministrazione pubblica capogruppo come definiti dall’articolo 20 del presente
decreto, in quanto trattasi delle articolazioni organizzative della capogruppo stessa e, di conseguenza, già compresi
nel bilancio della capogruppo;
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2)
gli enti strumentali dell’amministrazione pubblica capogruppo, costituiti dagli enti pubblici e privati e dalle aziende nei
cui confronti la capogruppo:
a) ha il possesso, diretto o indiretto, della maggioranza dei voti esercitabili nell’ente o nell’azienda;
b) ha il potere assegnato da legge, statuto o convenzione di nominare o rimuovere la maggioranza dei
componenti degli organi decisionali, competenti a definire le scelte strategiche e le politiche di settore,
nonché a decidere in ordine all’indirizzo, alla pianificazione ed alla programmazione dell’attività di un ente o
di un’azienda;
c) esercita, direttamente o indirettamente la maggioranza dei diritti di voto nelle sedute degli organi
decisionali, competenti a definire le scelte strategiche e le politiche di settore, nonché a decidere in ordine
all’indirizzo, alla pianificazione ed alla programmazione dell’attività dell’ente o dell’azienda;
d) ha l’obbligo di ripianare i disavanzi nei casi consentiti dalla legge, per percentuali superiori alla quota di
partecipazione;
e) esercita un’influenza dominante in virtù di contratti o clausole statutarie, nei casi in cui la legge consente
tali contratti o clausole. I contratti di servizio pubblico e di concessione stipulati con enti o aziende che
svolgono prevalentemente l’attività oggetto di tali contratti presuppongono l’esercizio di influenza
dominante.
3) le società controllate dall’amministrazione pubblica capogruppo, nei cui confronti la capogruppo:
a) ha il possesso, diretto o indiretto, anche sulla scorta di patti parasociali, della maggioranza dei voti
esercitabili nell’assemblea ordinaria o dispone di voti sufficienti per esercitare una influenza dominante
sull’assemblea ordinaria;
b) ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di esercitare un’influenza dominante,
quando la legge consente tali contratti o clausole. I contratti di servizio pubblico e di concessione stipulati
con società che svolgono prevalentemente l’attività oggetto di tali contratti presuppongono l’esercizio di
influenza dominante;
4) le società partecipate dell’amministrazione pubblica capogruppo, costituite dalle società a totale partecipazione
pubblica affidatarie dirette di servizi pubblici locali della regione o dell’ente locale indipendentemente dalla quota
di partecipazione. Sulla base dei risultati della sperimentazione la definizione di società partecipata potrà essere
estesa alle società nelle quali la regione o l’ente locale, direttamente o indirettamente, dispone di una quota
significativa di voti,esercitabili in assemblea, pari o superiore al 20 per cento, o al 10 per cento se trattasi di
società quotata.
Ai fini dell’inclusione nel gruppo dell’amministrazione pubblica non rileva la
dell’attività svolta dall’ente strumentale o dalla società.
forma giuridica nè la differente natura
Il gruppo “amministrazione pubblica” può comprendere anche gruppi intermedi di amministrazioni pubbliche o di
imprese. In tal caso il bilancio consolidato è predisposto aggregando anche i bilanci consolidati dei gruppi intermedi.
3. Attività preliminari al consolidamento dei bilanci del gruppo:
3.1 Individuazione degli enti da considerare per la predisposizione del bilancio consolidato
Gli enti in sperimentazione, nell’ambito dei documenti riguardanti la programmazione della gestione degli esercizi 2012
e 2013 predispongono due distinti elenchi concernenti:
1)
2)
gli enti, le aziende e le società che compongono il gruppo amministrazione pubblica, in applicazione dei principi
indicati nel paragrafo 2, evidenziando gli enti, le aziende e le società che, a loro volta, sono a capo di un gruppo
di amministrazioni pubbliche o di imprese;
gli enti, le aziende e le società componenti del gruppo comprese nel bilancio consolidato.
Gli enti e le società del gruppo compresi nell’elenco di cui al punto 1 possono non essere inseriti nell’elenco di cui al
punto 2 nei casi di:
a) Irrilevanza, quando il bilancio di un componente del gruppo è irrilevante ai fini della rappresentazione veritiera e
corretta della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico del gruppo.
Sono considerati irrilevanti i bilanci che presentano, per ciascuno dei seguenti parametri, una incidenza
inferiore al 10 per cento per gli enti locali e al 5 per cento per le Regioni e le Province autonome rispetto alla
posizione patrimoniale, economico e finanziaria della capogruppo:
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- totale dell’attivo,
- patrimonio netto,
- totale dei ricavi caratteristici.
b) Impossibilità di reperire le informazioni necessarie al consolidamento in tempi ragionevoli e senza spese
sproporzionate. I casi di esclusione del consolidamento per detto motivo sono evidentemente estremamente
limitati e riguardano eventi di natura straordinaria (terremoti, alluvioni e altre calamità naturali) .
c) enti in contabilità finanziaria non partecipanti alla sperimentazione a meno che non abbiano già adottato una
contabilità economico-patrimoniale analoga a quella prevista dal presente decreto per gli enti in contabilità
finanziaria;
Entrambi gli elenchi sono aggiornati alla fine dell’esercizio per tenere conto di quanto avvenuto nel corso della gestione.
La versione definitiva dei due elenchi è inserita nella nota integrativa al bilancio consolidato.
Come indicato nel paragrafo 3.2 l’elenco di cui al punto 2) è trasmesso a ciascuno degli enti compresi nel bilancio di
consolidato al fine di consentire a tutti i componenti del gruppo di conoscere con esattezza l’area del consolidamento e
predisporre le informazioni richieste al punto 2) del citato paragrafo 3.2.
3.2 Comunicazioni ai componenti del gruppo
Prima dell’avvio di ciascuno degli esercizi riguardanti la sperimentazione ( 2012 e 2013) , o appena possibile,
l’amministrazione pubblica capogruppo:
a)
b)
c)
comunica agli enti, alle aziende e alle società comprese nell’elenco 2 del paragrafo precedente che saranno
comprese nel proprio bilancio consolidato del prossimo esercizio;
trasmette a ciascuno di tali enti l’elenco degli enti compresi nel consolidato (elenco di cui al punto 2 del
paragrafo precedente);
impartisce le direttive necessarie per rendere possibile la predisposizione del bilancio consolidato.
Tali direttive riguardano:
1)
2)
3)
le modalità e i tempi di trasmissione dei bilanci di esercizio, dei rendiconti o dei bilanci consolidati e delle
informazioni integrative necessarie all’elaborazione del consolidato. I bilanci di esercizio e la documentazione
integrativa sono trasmessi alla capogruppo entro 10 giorni dall’approvazione dei bilanci e, in ogni caso, entro il
20 maggio dell’anno successivo a quello di riferimento. I bilanci consolidati delle sub-holding sono trasmessi
entro il 20 maggio dell’anno successivo a quello di riferimento. L’osservanza di tali termini è particolarmente
importante, in considerazione dei tempi tecnici necessari per l’effettuazione delle operazioni di consolidamento,
per permettere il rispetto dei tempi previsti per il controllo e l’approvazione del bilancio consolidato. Se alle
scadenze previste i bilanci dei componenti del gruppo non sono ancora stati approvati, è trasmesso il preconsuntivo o il bilancio predisposto ai fini dell’approvazione.
le indicazioni di dettaglio riguardanti la documentazione e le informazioni integrative che i componenti del
gruppo devono trasmettere per rendere possibile l’elaborazione del consolidato. Di norma i documenti richiesti
comprendono lo stato patrimoniale, il conto economico e le informazioni di dettaglio riguardanti le operazioni
interne al gruppo (crediti, debiti, proventi e oneri, utili e perdite conseguenti a operazioni effettuate tra le
componenti del gruppo) e che devono essere contenute nella nota integrativa del bilancio consolidato.
le istruzioni necessarie per avviare un percorso che consenta, in tempi ragionevolmente brevi, di adeguare i
bilanci del gruppo, compresi i bilanci consolidati intermedi, ai criteri previsti nel presente principio, se non in
contrasto con la disciplina civilistica , per gli enti del gruppo in contabilità economico-patrimoniale. In
particolare, la capogruppo predispone e trasmette ai propri enti strumentali e società controllate linee guida
concernenti i criteri di valutazione di bilancio e le modalità di consolidamento (per i bilanci consolidati delle subholding del gruppo) compatibili con la disciplina civilistica.
Per gli enti in contabilità finanziaria che partecipano al bilancio consolidato, nel corso della sperimentazione, l’uniformità
dei bilanci è garantita dalle disposizioni del presente decreto.
Per i componenti del gruppo che adottano la contabilità civilistica l’uniformità dei bilanci deve essere ottenuta attraverso
l’esercizio dei poteri di controllo e di indirizzo normalmente esercitabili dai capogruppo nei confronti dei propri enti e
società.
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In particolare, la capogruppo invita i componenti del gruppo ad adottare il criterio del patrimonio netto per
contabilizzare le partecipazioni al capitale di componenti del gruppo, eccetto quando la partecipazione è acquistata e
posseduta esclusivamente in vista di una dismissione entro l’anno. In quest’ultimo caso, la partecipazione è
contabilizzata in base al criterio del costo.
Nel caso in cui, alla fine dell’esercizio di riferimento del consolidato, l’elenco degli enti compresi nel bilancio pluriennale
risulti variato rispetto alla versione elaborata all’avvio dell’esercizio, tale elenco deve essere nuovamente trasmesso ai
componenti del “gruppo amministrazione pubblica”.
4. Elaborazione del bilancio consolidato
4.1 Attività diretta a rendere uniformi i bilanci da consolidare
Nel rispetto delle istruzioni ricevute di cui al paragrafo 3.2 i componenti del gruppo trasmettono la documentazione
necessaria al bilancio consolidato alla capogruppo, costituita da:
-il bilancio consolidato (solo da parte dei componenti del gruppo che sono, a loro volta, capi gruppo di imprese o di
amministrazioni pubbliche),
- il bilancio di esercizio da parte dei componenti del gruppo che adottano la contabilità economico-patrimoniale,
- il rendiconto dell’esercizio da parte dei componenti del gruppo che adottano la contabilità finanziaria affiancata dalla
contabilità economico-patrimoniale.
Nei casi in cui i criteri di valutazione e di consolidamento adottati nell’elaborazione dei bilanci da consolidare non sono
tra loro uniformi, pur se corretti, l’uniformità è ottenuta apportando a tali bilanci opportune rettifiche in sede di
consolidamento. Ad esempio, può essere necessario procedere alla rettifica dei bilanci per rendere omogenei gli
accantonamenti ai fondi ammortamenti se effettuati con aliquote differenti per le medesime tipologie di beni o gli
accantonamenti al fondo svalutazione crediti.
Si ribadisce che è accettabile derogare all’obbligo di uniformità dei criteri di valutazione quando la conservazione di
criteri difformi sia più idonea a realizzare l’obiettivo della rappresentazione veritiera e corretta. In questi casi,
l’informativa supplementare al bilancio consolidato deve specificare la difformità dei principi contabili utilizzati e i motivi
che ne sono alla base.
La difformità nei principi contabili adottati da una o più controllate, è altresì accettabile, se essi non sono rilevanti, sia in
termini quantitativi che qualitativi, rispetto al valore consolidato della voce in questione.
4.2 Eliminazione delle operazioni infragruppo
Il bilancio consolidato deve includere soltanto le operazioni che i componenti inclusi nel consolidamento hanno effettuato
con i terzi estranei al gruppo. Il bilancio consolidato si basa infatti sul principio che esso deve riflettere la situazione
patrimoniale-finanziaria e le sue variazioni, incluso il risultato economico conseguito, di un’unica entità economica
composta da una pluralità di soggetti giuridici.
Pertanto, devono essere eliminati in sede di consolidamento le operazioni e i saldi reciproci, perché costituiscono
semplicemente il trasferimento di risorse all’interno del gruppo; infatti, qualora non fossero eliminate tali partite, i saldi
consolidati risulterebbero indebitamente accresciuti. La corretta procedura di eliminazione di tali poste presuppone
l’equivalenza delle partite reciproche e l’accertamento delle eventuali differenze. Particolare attenzione va posta sulle
partite “in transito” per evitare che la loro omessa registrazione da parte di una società da consolidare renda i saldi non
omogenei.
La redazione del bilancio consolidato richiede pertanto ulteriori interventi di rettifica dei bilanci dei componenti del
gruppo, riguardanti i saldi, le operazioni, i proventi e gli oneri riguardanti operazioni effettuate all’interno del gruppo
amministrazione pubblica.
L’identificazione delle operazioni infragruppo ai fini dell’eliminazione e dell’elisione dei dati contabili relativi è effettuata
sulla base delle informazioni trasmesse dai componenti del gruppo con il bilancio, richieste dalla capogruppo come
indicato al punto 2 del paragrafo 3.2.
La maggior parte degli interventi di rettifica non modificano l’importo del risultato economico e del patrimonio netto in
quanto effettuati eliminando per lo stesso importo poste attive e poste passive del patrimonio o singoli componenti del
conto economico (quali i crediti e i debiti, sia di funzionamento o commerciali, che di finanziamento nello stato
patrimoniale, gli oneri e i proventi per Trasferimenti o contributi o i costi ed i ricavi concernenti gli acquisti e le vendite).
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Altri interventi di rettifica hanno effetto invece sul risultato economico consolidato e sul patrimonio netto consolidato e
riguardano gli utili e le perdite infragruppo non ancora realizzati con terzi. Ad esempio, se una componente del gruppo
ha venduto ad un’altra componente del gruppo un immobile, realizzando una plusvalenza o una minusvalenza, ma
l’immobile è ancora presente all’interno del gruppo, la minusvalenza o la plusvalenza rilevata nel bilancio dell’ente o
società che ha venduto il bene deve essere eliminata. Di conseguenza diminuirà il risultato di esercizio di tale
componente del gruppo e del gruppo nel suo complesso.
Particolari interventi di elisione sono costituiti da:
- l’eliminazione del valore contabile delle partecipazioni della capogruppo in ciascuna componente del gruppo e la
corrispondente parte del patrimonio netto di ciascuna componente del gruppo;
- l’analoga eliminazione dei valori delle partecipazioni tra i componenti del gruppo e delle corrispondenti quote del
patrimonio netto;
- l’eliminazione degli utili e delle perdite derivanti da operazioni infragruppo compresi nel valore contabile di attività,
quali le rimanenze e le immobilizzazioni costituite, ad esempio, l’eliminazione delle minusvalenze e plusvalenze derivanti
dall’alienazione di immobilizzazioni che sono ancora di proprietà del gruppo.
Nel caso di operazioni tra la controllante e le sue controllate oggetto di un difforme trattamento fiscale, l’imposta non è
oggetto di elisione. Ad esempio l’imposta sul valore aggiunto pagata dalle amministrazioni pubbliche a componenti del
gruppo per le quali l’IVA è detraibile, non è oggetto di eliminazione e rientra tra i costi del conto economico consolidato.
L’eliminazione di dati contabili può essere evitata se relativa ad operazioni infragruppo di importo irrilevante, indicandone
il motivo nella nota integrativa. L’irrilevanza degli elementi patrimoniali ed economici è misurata rispettivamente con
riferimento all’ammontare complessivo degli elementi patrimoniali ed economici di cui fanno parte.
4.3 Identificazione delle quote di pertinenza di terzi
Nel conto economico e nello stato patrimoniale di ciascun ente o gruppo intermedio che compone il gruppo, rettificato
secondo le modalità indicate nel paragrafo precedente, è identificata la quota di pertinenza di terzi del risultato
economico d’esercizio, positivo o negativo, e la quota di pertinenza di terzi nel patrimonio netto, distinta da quella di
pertinenza della capogruppo.
Le quote di pertinenza di terzi nel patrimonio netto consistono nel valore, alla data di acquisto, della partecipazione e
nella quota di pertinenza di terzi delle variazioni del patrimonio netto avvenute dall’acquisizione.
Se una società del gruppo ha emesso azioni privilegiate cumulative, possedute da azionisti di minoranza e classificate
come patrimonio netto, la quota di competenza del risultato economico d’esercizio della capogruppo è determinata
tenendo conto dei dividendi spettanti agli azionisti privilegiati, anche se la loro distribuzione non è stata deliberata.
Nel caso in cui in un ente strumentale o in una società controllata le perdite riferibili a terzi eccedano la loro quota di
pertinenza del patrimonio netto, l’eccedenza – ed ogni ulteriore perdita attribuibile ai terzi – è imputata alla
capogruppo. Eccezioni sono ammesse nel caso in cui i terzi si siano obbligati, tramite un’obbligazione giuridicamente
vincolante, a coprire la perdita. Se, successivamente, la componente del gruppo realizza un utile, tale risultato è
attribuito alla compagine proprietaria della capogruppo fino a concorrenza delle perdite di pertinenza dei terzi,
proprietari di minoranza, che erano state, in precedenza, assorbite dalla capogruppo.
4.4 Consolidamento dei bilanci
I bilanci della capogruppo e dei componenti del gruppo, rettificati secondo le modalità indicate nei paragrafi precedenti
sono aggregati voce per voce, facendo riferimento ai singoli valori contabili, rettificati sommando tra loro i corrispondenti
valori dello stato patrimoniale (attivo, passivo e patrimonio netto) e del conto economico (ricavi e proventi, costi e
oneri):
- per l’intero importo delle voci contabili con riferimento ai bilanci degli enti strumentali e delle società controllate (cd.
metodo integrale);
- per un importo proporzionale alla quota di partecipazione, con riferimento ai bilanci delle società partecipate (cd.
metodo proporzionale).
Nel bilancio consolidato è rappresentata la quota di pertinenza di terzi, sia nello stato patrimoniale che nel conto
economico, distintamente da quella della capogruppo.
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5. La nota integrativa al bilancio consolidato
Al bilancio consolidato è allegata una relazione sulla gestione che comprende la nota integrativa.
La nota integrativa indica:
- i criteri di valutazione applicati;
- le ragioni delle più significative variazioni intervenute nella consistenza delle voci dell’attivo e del passivo rispetto
all’esercizio precedente (escluso il primo anno di elaborazione del bilancio consolidato);
- distintamente per ciascuna voce, l’ammontare dei crediti e dei debiti di durata residua superiore a cinque anni, e dei
debiti assistiti da garanzie reali su beni di imprese incluse nel consolidamento, con specifica indicazione della natura delle
garanzie;
- la composizione delle voci “ratei e risconti” e della voce “altri accantonamenti” dello stato patrimoniale, quando il loro
ammontare è significativo;
- la suddivisione degli interessi e degli altri oneri finanziari tra le diverse tipologie di finanziamento;
- la composizione delle voci “proventi straordinari” e “oneri straordinari”, quando il loro ammontare è significativo;
- cumulativamente per ciascuna categoria, l’ammontare dei compensi spettanti agli amministratori e ai sindaci
dell’impresa capogruppo per lo svolgimento di tali funzioni anche in altre imprese incluse nel consolidamento;
- per ciascuna categoria di strumenti finanziari derivati il loro fair value ed informazioni sulla loro entità e sulla loro
natura.
- l’elenco degli enti e delle società che compongono il gruppo con l’indicazione per ciascun componente del gruppo
amministrazione pubblica:
- della denominazione, della sede e del capitale e se trattasi di una capogruppo intermedia;
- delle quote possedute, direttamente o indirettamente, dalla capogruppo e da ciascuno dei componenti del
gruppo.;
- se diversa, la percentuale dei voti complessivamente spettanti nell’assemblea ordinaria.
- della ragione dell’inclusione nel consolidato degli enti o delle società se già non risulta dalle indicazioni
richieste dalle lettere b) e c) del comma 1.
della ragione dell’eventuale esclusione dal consolidato di enti strumentali o società controllate e partecipante
dalla capogruppo.:
qualora si sia verificata una variazione notevole nella composizione del complesso delle imprese incluse nel
consolidamento, devono essere fornite le informazioni che rendano significativo il confronto fra lo stato
patrimoniale e il conto economico dell’esercizio e quelli dell’esercizio precedente (ad esclusione del primo
esercizio di sperimentazione);
- l’elenco degli enti, le aziende e le società componenti del gruppo comprese nel bilancio consolidato con l’indicazione
per ciascun componente:
a) della percentuale utilizzata per consolidare il bilancio e, al fine di valutare l’effetto delle
esternalizzazioni, dell’incidenza dei ricavi imputabili alla controllante rispetto al totale dei ricavi propri,
compresivi delle entrate esternalizzate;
b) delle spese di personale utilizzato a qualsiasi titolo, e con qualsivoglia tipologia contrattuale;
c) delle perdite ripianate dall’ente, attraverso conferimenti o altre operazioni finanziarie, negli ultimi tre
anni
6. Principio finale Per quanto non specificatamente previsto nel presente documento si fa rinvio ai Principi contabili
generali civilistici e a quelli emanati dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC).
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Legge 27 dicembre 2013, n. 147
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge di stabilità 2014)
(G.U. n. 302 del 27 dicembre 2013)
550. Le disposizioni del presente comma e dei commi da 551 a 562 si applicano alle aziende speciali, alle
istituzioni e alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali indicate nell'elenco di cui all'articolo
1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Sono esclusi gli intermediari finanziari di cui all'articolo
106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, nonché le società emittenti
strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e le loro controllate.
551. Nel caso in cui i soggetti di cui al comma 550 presentino un risultato di esercizio o saldo finanziario
negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti accantonano nell'anno successivo in apposito fondo
vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla
quota di partecipazione. Per le società che redigono il bilancio consolidato, il risultato di esercizio è quello
relativo a tale bilancio. Limitatamente alle società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica,
compresa la gestione dei rifiuti, per risultato si intende la differenza tra valore e costi della produzione ai
sensi dell'articolo 2425 del codice civile. L'importo accantonato è reso disponibile in misura proporzionale alla
quota di partecipazione nel caso in cui l'ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la
partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Nel caso in cui i soggetti partecipati
ripianino in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti l'importo accantonato viene reso
disponibile agli enti partecipanti in misura corrispondente e proporzionale alla quota di partecipazione.
552. Gli accantonamenti di cui al comma 551 si applicano a decorrere dall'anno 2015. In sede di prima
applicazione, per gli anni 2015, 2016 e 2017:
a) l'ente partecipante di soggetti che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio negativo
accantona, in proporzione alla quota di partecipazione, una somma pari alla differenza tra il risultato
conseguito nell'esercizio precedente e il risultato medio 2011-2013 migliorato, rispettivamente, del 25 per
cento per il 2014, del 50 per cento per il 2015 e del 75 per cento per il 2016. Qualora il risultato negativo sia
peggiore di quello medio registrato nel triennio 2011-2013, l'accantonamento è operato nella misura indicata
dalla lettera b);
b) l'ente partecipante di soggetti che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio non
negativo accantona, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, una somma pari al 25 per cento
per il 2015, al 50 per cento per il 2016 e al 75 per cento per il 2017 del risultato negativo conseguito
nell'esercizio precedente.
553. A decorrere dall'esercizio 2014 i soggetti di cui al comma 550 a partecipazione di maggioranza, diretta
e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza
pubblica, perseguendo la sana gestione dei servizi secondo criteri di economicità e di efficienza. Per i servizi
pubblici locali sono individuati parametri standard dei costi e dei rendimenti costruiti nell'ambito della banca
dati delle Amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, utilizzando le
informazioni disponibili presso le Amministrazioni pubbliche. Per i servizi strumentali i parametri standard di
riferimento sono costituiti dai prezzi di mercato.
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LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE
Delibera n.
196/2014/SRCPIE/PRSE
Nell’Adunanza del 23 settembre 2014
Ritenuto
(….) 4. In merito agli organismi partecipati, è stata riepilogata la situazione sulle perdite degli organismi direttamente
partecipati dall’Ente nel 2012 e/o nel 2011, come rilevabili attraverso il sistema SIQUEL:
-
ASM SPA: partecipazione del 99% -perdita anno 2011: euro 28.879.023; perdita anno 2012: euro
76.748.726;
-
S.A.A.P.A. SPA: partecipazione del 31,48% - perdita anno 2011: euro 434.604;
-
SETA SPA: partecipazione del 12,45 %-perdita anno 2011: euro 819.595;
-
TRM SPA: partecipazione del 0.13%-perdita anno 2012: euro 1.368.952;
-
CIC SCRL: partecipazione del 2,65%-perdita anno 2012: euro 272.148;
-
CIISP-CONSORZIO SERVIZI SOCIALI, SANITA’, ASSISTENZA SOCIALE: partecipazione del 57,61 - perdita
anno 2011: euro 122.903;
-
AGENZIA PER LA MOBILITA’ METROPOLITANA: partecipazione del 0,94%-perdita anno 2012: euro
384.356.
In proposito l’Ente dopo aver ricordato i benefici ottenuti dall’impiego di liquidità ex DL 35/2013, in ordine alla gestione
degli Organismi controllati od oggetto di partecipazione di riferimento da parte della Città di Settimo Torinese, che hanno
chiuso in perdita l'esercizio 2011, ha rilevato come “gli stessi siano stati oggetto di interventi gestionali e/o
riorganizzativi; in particolare si segnala che i bilanci dell'esercizio 2012 delle società SAAPA SPA e SETA SPA hanno
chiuso in attivo.
Per quanto riguarda SETA, recentemente si è conclusa la procedura di gara, gestita dal Consorzio di Bacino 16, che ha
determinato la privatizzazione della società e il contestuale affidamento del servizio per un periodo di 15 anni.
Si segnala ancora che il CISSP, già consorzio intercomunale per la gestione dei servizi sociali, sia stato posto in
liquidazione il 31.12.2012; il liquidatore dell'Ente, con nota protocollo n. 59190 del 18.12.2013, ha preannunciato che la
liquidazione determinerà un attivo di gestione da devolversi ai Comuni soci; infine la società ASM SPA, posta in
liquidazione volontaria 1'11 maggio 2012, è stata oggetto di concordato, procedura votata dalla maggioranza
dell'assemblea dei creditori ed omologata dal Tribunale di Torino in data 27 gennaio 2014.
In merito a quanto evidenziato da codesta Corte circa i contenuti della legge di stabilità 2014 ed in particolare le misure
atte a responsabilizzare gli enti territoriali che saranno tenuti, a partire dall'esercizio 2015, ad accantonare risorse in caso
di perdite registrate negli stessi organismi partecipati (legge 147/2013 articolo 1, commi 551 e 552), questa
Amministrazione, che già ha dato dimostrazione dell'attenzione posta verso i propri organismi partecipati, in ampia
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conoscenza e coscienza dei commi 551 e 552 dell'art.1 della legge 147/2013, terrà conto di tale disposto nel bilancio
pluriennale che andrà a predisporre”.
La Sezione, riservandosi ulteriori accertamenti sul rendiconto 2013, in ogni caos segnala sin d’ora come la legge di
stabilità 2014 preveda misure atte a responsabilizzare gli enti territoriali, che saranno tenuti ad accantonare risorse in
caso di perdite registrate negli organismi partecipati (art. 1, co. 551 e 552, l. n. 147/2013); misure che si applicano con
riferimento a tutti gli organismi (aziende speciali, istituzioni e società a partecipazione di maggioranza o di minoranza,
diretta o indiretta, di una pubblica amministrazione territoriale, ex art. 1, co. 550, l. n. 147/2013), a partire dall’esercizio
2015. In particolare si è richiamato il comma 552 dell’art. 1, che recita: “Gli accantonamenti di cui al comma 551 si
applicano a decorrere dall'anno 2015. In sede di prima applicazione, per gli anni 2015, 2016 e 2017:
a) l'ente partecipante di soggetti che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio negativo accantona, in
proporzione alla quota di partecipazione, una somma pari alla differenza tra il risultato conseguito nell'esercizio
precedente e il risultato medio 2011-2013 migliorato, rispettivamente, del 25 per cento per il 2014, del 50 per cento per
il 2015 e del 75 per cento per il 2016. Qualora il risultato negativo sia peggiore di quello medio registrato nel triennio
2011-2013, l'accantonamento è operato nella misura indicata dalla lettera b);
b) l'ente partecipante di soggetti che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio non negativo
accantona, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, una somma pari al 25 per cento per il 2015, al 50 per
cento per il 2016 e al 75 per cento per il 2017 del risultato negativo conseguito nell'esercizio precedente”.
Si ricorda ancora la rilevanza dell’art. 147- quinquies del TUEL, comma 3, ai sensi del quale "Il controllo sugli equilibri
finanziari implica anche la valutazione degli effetti che si determinano per il bilancio finanziario dell'ente in relazione
all'andamento economico-finanziario degli organismi gestionali esterni", anche ai fini delle previsioni del piano
quinquennale (trasmesso a questa Sezione con nota 45621/2013 a firma del Sindaco, e del quale è stata preso atto nella
delibera consiliare n. 63 del 26/9/2013 di approvazione del bilancio preventivo 2013 e relativi allegati) nel quale
occorrerà prevedere risorse a copertura di eventuali accantonamenti.
5. Allo stato la Sezione, non essendo emersi particolari elementi di novità rispetto a quanto rilevato nelle
delibere sopra richiamate (che già avevano avuto ad oggetto i dati relativi al rendiconto 2012), risultando peraltro
confermati i rilievi ivi contenuti, fa riserva di proseguire nell’attività di monitoraggio del piano quinquennale in occasione
dei successivi controlli e ribadisce la necessità di osservare quanto già in precedenza deliberato.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Regione Piemonte,
INVITA
l’amministrazione comunale di Settimo Torinese (TO) ad ottemperare a quanto già segnalato nelle precedenti delibere
e ribadito con la presente.
DISPONE
che la presente deliberazione sia trasmessa al Presidente del Consiglio comunale, al Sindaco ed all’Organo di Revisione
dei conti del Comune di Settimo Torinese (TO).
Depositata in Segreteria 26/09/2014
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Legge 30 luglio 2010, n. 122
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31
maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di
competitività economica
(G.U. del 30 luglio 2010, n. 176)
Art. 6. Riduzione dei costi degli apparati amministrativi
(…)19. Al fine del perseguimento di una maggiore efficienza delle società pubbliche, tenuto conto dei principi nazionali e
comunitari in termini di economicità e di concorrenza, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dall'art. 2447 codice civile, effettuare aumenti di capitale,
trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che
abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il
ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti alle società di cui al primo periodo
a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse
ovvero alla realizzazione di investimenti. Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico
interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico e la sanità, su richiesta della
amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato su proposta del Ministro
dell'economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei Conti,
possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma.(…)
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PACCHETTO AIUTI DI STATO – SIEG
DOCUMENTO SCARICABILE DA:
http://ec.europa.eu/competition/state_aid/overview/new_guide_eu_rules_procurement_it.pdf
Il seguente grafico illustra le fasi dell'analisi volta a determinare quale strumento del pacchetto
SIEG può essere applicato alle compensazioni degli obblighi di servizio pubblico.
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Lombardia/96/2014/PAR
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
IN
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA
LOMBARDIA
nella camera di consiglio del 4 marzo 2014
OGGETTO DEL PARERE
Il Presidente della Provincia di Mantova ha sottoposto alla Sezione una richiesta di parere in ordine
alla possibilità per l’Ente di sottoscrivere l'aumento di capitale di una società partecipata che, pur
disponendo di un cospicuo capitale, rappresentato da circa 750.000 mq. di aree a destinazione
industriale, si trova attualmente in gravi difficoltà di cassa, causate dagli acquisti e dalle urbanizzazioni
delle aree medesime, cui non è seguita la vendita in tempi idonei, anche per la grave crisi economica
generale che, di fatto, ha provocato l'interruzione degli investimenti industriali.
Nello specifico, nella nota indicata in epigrafe, il Presidente della Provincia:

rappresenta che la società ha contratto un rilevante indebitamento - per il finanziamento
degli investimenti - con il sistema bancario, <<con conseguente aggravio d'interessi passivi, il cui peso è
diventato insostenibile sul conto economico a causa della mancata continuità nella vendite delle aree>>;

riferisce che l’organo assembleare ha deliberato l’obbligo di ricapitalizzazione della società ai
sensi dell’art. 2447 c.c. (conseguentemente si dovrà procedere prima alla riduzione del capitale per
perdite e poi <<il conferimento di nuovo capitale, attraverso un aumento di capitale>>);

afferma che nel Piano Industriale 2014 - 2018 si prospetta che la Società tornerà in utile
<<con alcune vendite di aree, con la riduzione di alcuni costi gestionali e con la rinegoziazione degli oneri
finanziari>>.
Sulla scorta di detta premessa, l’ente provinciale formula i quesiti qui di seguito testualmente
riportati.
1° Quesito: <<se sia ammissibile che i pareri di cui all'art. 49, comma 1 del d.lgs. 267/2000, così
come modificato e integrato dal Dlgs.174/2012, art. 3, sulla regolarità tecnica e contabile della
deliberazione di sottoscrizione dell'aumento di capitale possano essere espressi favorevolmente
subordinatamente all'effettiva realizzabilità, così come sostenuto dalla Società, degli obbiettivi contenuti
nel Piano industriale, ossia principalmente la vendita di aree già nel corso del 2014 e la disponibilità delle
banche a concordare la sospensione temporanea del pagamento degli interessi sul debito>>.
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2° Quesito: <<se sia possibile rilasciare pareri non favorevoli, resi ai sensi del citato art. 49, motivati
per la mancanza di elementi invece ritenuti certi dal Piano industriale, ossia la domanda di acquisto delle
aree e la disponibilità delle banche a rinegoziare gli oneri finanziari>>.
MERITO
Il Presidente della Provincia di Mantova formula un duplice quesito: con il primo chiede <<se sia
ammissibile che i pareri di cui all'art. 49, comma 1 del d.lgs. 267/2000, così come modificato e integrato
dal Dlgs. 174/2012, art. 3, sulla regolarità tecnica e contabile della deliberazione di sottoscrizione
dell'aumento di capitale possano essere espressi favorevolmente subordinatamente all'effettiva
realizzabilità, così come sostenuto dalla Società, degli obbiettivi contenuti nel Piano industriale, ossia
principalmente la vendita di aree già nel corso del 2014 e la disponibilità delle banche a concordare la
sospensione temporanea del pagamento degli interessi sul debito>>; con il secondo chiede <<se sia
possibile rilasciare pareri non favorevoli, resi ai sensi del citato art. 49, motivati per la mancanza di
elementi invece ritenuti certi dal Piano industriale, ossia la domanda di acquisto delle aree e la
disponibilità delle banche a rinegoziare gli oneri finanziari>>.
Come già anticipato in punto di ammissibilità, questa Sezione in sede consultiva non può esprimere
una valutazione sul contenuto dei pareri che devono rendere i responsabili del settore ed il responsabile
dei servizi finanziari, ai sensi dell’art. 49 TUEL, in quanto detto sindacato rappresenterebbe un anomalo
controllo preventivo di legittimità su atti di stretta competenza dell’amministrazione locale.
Chiarito che questa Sezione non esprime valutazioni sul contenuto dei pareri da rendere ai sensi
dell’art. 49 TUEL, tuttavia, è opportuno formulare alcuni principi di carattere generale ai quali
l’amministrazione locale, anche nella veste di socio, dovrà attenersi.
In primo luogo, si ribadisce che il responsabile del servizio interessato ed il responsabile del servizio
finanziario devono necessariamente rendere i pareri ex art. 49 TUEL in presenza di deliberazioni volte a
ricapitalizzare una società che ha eroso il proprio capitale sociale per perdite. In particolare, il primo
comma dell’art. 49 TUEL (così come sostituito dall'art. 3, comma 1, lettera b, legge n. 213 del 2012)
stabilisce che <<su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia mero
atto di indirizzo deve essere richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del responsabile del
servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o
sul patrimonio dell'ente, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono
inseriti nella deliberazione>>. Il terzo e il quarto comma, poi, aggiungono che <<i soggetti di cui al
comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi>> e <<ove la Giunta o il
Consiglio non intendano conformarsi ai pareri di cui al presente articolo, devono darne adeguata
motivazione nel testo della deliberazione>>.
Questa Sezione, in ordine alla portata dell’art. 49 TUEL testè richiamato, sottolinea che la delibera di
consiglio dell’ente locale con la quale si autorizza l’assemblea dei soci a ricapitalizzare la società, il cui
capitale era stato ridotto al di sotto del limite legale per perdite, rientra senz’altro tra le proposte di
deliberazione che non sono “mero atto di indirizzo” e, dunque, presuppongono necessariamente il parere
di “regolarità tecnica” del responsabile del servizio interessato nonché il parere del responsabile di
ragioneria in ordine alla “regolarità contabile” in quanto la ricapitalizzazione di una società partecipata ha
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senz’altro “riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente” che
riveste la qualifica di socio.
Chiarito questo primo punto, occorre soffermarsi sui “criteri” che devono guidare i soggetti
interessati nel rendere i pareri di competenza quando si è in presenza di una proposta di deliberazione
per autorizzare l’assemblea dei soci a ricapitalizzare la società partecipata ai sensi dell’art. 2447 c.c..
Prodromica a qualsiasi valutazione è la verifica degli effetti finanziari della deliberazione in termini di
equilibri di bilancio dell’ente locale; la valutazione degli equilibri di bilancio deve essere compiuta anche
nell’ottica di un futuro consolidamento del bilancio dell’ente locale con quello della società partecipata.
Ne consegue che devono essere valutate non solo le somme che devono essere imputate al bilancio
dell’ente locale per procedere alla ricapitalizzazione, ma anche le eventuali e future perdite che la società
potrà generare qualora il piano finanziario non dovesse realizzarsi.
Inoltre viene in rilievo il vincolo di finanza pubblica fissato dall’art. 6, comma 19, D.L. n. 78/2010 e
che la giurisprudenza contabile ha sintetizzato nel principio del “divieto di soccorso finanziario”. Il comma
19 cit. non è stato oggetto di modifiche da parte della legge di stabilità per l’anno 2014 e, pertanto, si
può richiamare quanto già affermato dalle Sezioni regionali di controllo.
La norma in esame impone l’abbandono <<della logica del “salvataggio a tutti i costi” di
strutture ed organismi partecipati o variamente collegati alla pubblica amministrazione che versano in
situazioni di irrimediabile dissesto. Non sono ammissibili “interventi tampone” con dispendio di
disponibilità finanziarie a fondo perduto, erogate senza un programma industriale o una prospettiva che
realizzi l’economicità e l’efficienza della gestione nel medio e lungo periodo (così Sezione controllo
Piemonte, delibera n. 61 del 22 ottobre 2010; Sezione Controllo Lombardia, pareri n. 1081 del 30
dicembre 2010 e n. 207 del 27 aprile 2011). Più specificamente, l’art. 6 comma 19 del D.L. n. 78/2010
(conv. dalla L. n. 122/2010, successivamente modificato e integrato) vieta alle amministrazioni
pubbliche di effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito o rilasciare
garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi
consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di
perdite anche infrannuali. Restano consentiti i trasferimenti a tali società a fronte di convenzioni,
contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla
realizzazione di investimenti. Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di
pubblico interesse, nel caso di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanità, su
richiesta dell’amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato
su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con gli altri ministri competenti e
soggetto a registrazione della Corte dei Conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al comma
19 primo periodo. La disposizione si propone, perciò, di porre un freno alla prassi, ormai consolidata,
seguita dagli enti pubblici ed in particolare dagli enti locali, di procedere a ricapitalizzazioni e ad altri
trasferimenti straordinari per coprire le perdite strutturali (tali da minacciare la continuità aziendale);
prassi che, come noto, da un lato finisce per impattare negativamente sui bilanci pubblici
compromettendone la sana gestione finanziaria; dall’altro si contrappone alle disposizioni dei trattati
(art. 106 TFUE, già art. 86 TCE), le quali vietano che soggetti che operano nel mercato comune
beneficino di diritti speciali o esclusivi, o comunque di privilegi in grado di alterare la concorrenza “nel
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mercato”, in un’ottica macroeconomica (Sez. reg. controllo per la Puglia, delibera n. 29 del 7 marzo
2012)>> (Lombardia/220/2012/PAR del 21 maggio 2012).
Chiarita la ratio del vincolo di finanza pubblica sancito dal comma 19 cit., occorre tuttavia
soffermarsi sulla portata dell’inciso “salvo quanto previsto dall'art. 2447 codice civile”, ovvero la
fattispecie prevista dal legislatore di contestuale riduzione del capitale sceso sotto il minimo legale a
causa di perdite superiori al terzo e contestuale aumento di capitale sopra il minimo legale per
scongiurare lo scioglimento della società.
In proposito la Magistratura contabile ha evidenziato che il richiamo dell’art. 2447 c.c. da parte del
comma 19 cit. rappresenta una norma di coordinamento tra la disciplina finanziaria e il diritto societario
(cfr. Lombardia/19/2012/PAR del 23 gennaio 2012 che richiama le deliberazioni Sez. reg. controllo
Piemonte n. 61/2010/PAR e Sez. reg. controllo Friuli-Venezia-Giulia n. 74/2011/PAR).
Proprio nell’ottica di coordinamento tra la disciplina di finanza pubblica e le norme sul diritto
societario contenute nel codice civile, questa Sezione ritiene doveroso puntualizzare quanto segue al fine
di evitare che l’amministrazione provinciale proceda ad una non ponderata ricapitalizzazione per perdite
ai sensi dell’art. 2447 c.c., ponendo in essere sostanzialmente un comportamento elusivo del divieto di
soccorso finanziario in favore delle società partecipate.
In maggior dettaglio, quando l’amministrazione pubblica esercita il potere discrezionale finalizzato a
mantenere in vita la società che abbia subito perdite tali da fare scendere il capitale al di sotto dei limiti
legali deve dar conto delle ragioni per le quali non si limita a prendere atto che la società è sciolta ai
sensi dell’art. 2484 cod. civ.. Si tenga a mente, in proposito, che secondo la Corte di Cassazione,
nell'ipotesi di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, prevista dall'art. 2448 n. 4 cod.
civ., <<<lo scioglimento della società si produce automaticamente ed immediatamente, salvo il verificarsi
della condizione risolutiva costituita dalla reintegrazione del capitale o dalla trasformazione della società
ai sensi dell'art. 2447 cod. civ., in quanto, con il verificarsi dell'anzidetta condizione risolutiva, viene meno
ex tunc lo scioglimento della società; ne deriva che la mancata adozione da parte dell'assemblea dei
provvedimenti di azzeramento e ripristino del capitale sociale o di trasformazione della società in altro
tipo, compatibile con la situazione determinatasi, non esonera gli amministratori dalla responsabilità
conseguente al proseguimento dell'attività d'impresa in violazione del divieto di nuove operazioni>>
(Cass. 22 aprile 2009, n. 9619).
Da quanto sin qui detto, questa Sezione ritiene di dover affermare che in sede di esercizio del potere
discrezionale l’amministrazione locale che non intende prendere atto dello scioglimento della società ai
sensi dell’art. 2484 n. 4 c.c. -ma, al contrario, decide di sobbarcarsi un ulteriore onere finanziario per
ricapitalizzare la società- deve ampiamente motivare detta scelta sia in chiave positiva sia in chiave
negativa.
Sotto il primo profilo, l’amministrazione locale deve dare conto di aver valutato attentamente i
costi di gestione mediante un piano industriale o un business plan. Quando si tratta di società di
interesse generale <<le risultanze di detta programmazione andranno poi formalizzate nel contratto di
servizio (o nella convenzione sottoscritta con il concessionario). Può accadere, difatti, che la società nel
corso della gestione realizzi delle perdite (specie nella fase iniziale, c.d. di start-up) che possono essere
connaturate all’investimento all’atto di avvio della società (in questo senso, Sezione regionale di
controllo per la Lombardia, deliberazione n. 464/2011/PRSE del 19 luglio 2011). In questa prospettiva
la perdita in sé non è un fatto negativo. Oppure tali perdite possono essere fisiologiche in caso di servizi
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poco remunerativi, che non sarebbero appetibili per il mercato (si pensi al caso del servizio di trasporto
pubblico verso un paese disagiato e con pochi abitanti/utenti, verso il quale non vi sarebbe alcun
interesse imprenditoriale). Per ovviare a questi inconvenienti, la legge prevede che le condizioni di
efficienza del servizio e le condizioni di equilibrio finanziario della gestione siano regolate nel contratto
di servizio, nel quale deve necessariamente essere inserito, come detto, proprio l'obbligo del
raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione>> (Lombardia/220/2012/PAR del 21
maggio 2012; Puglia/29/2012/PAR del 7 marzo 2012).
In quest’ottica, la fattispecie prospettata dall’amministrazione provinciale desta notevoli perplessità
visto che la ricapitalizzazione della stessa è finalizzata a liquidare le attività della società e non a
rilanciarle (in particolare, nell’istanza di parere si rappresenta che nel Piano Industriale 2014 - 2018 è
previsto che la società tornerà in utile <<con alcune vendite di aree, con la riduzione di alcuni costi
gestionali e con la rinegoziazione degli oneri finanziari>>, ma la situazione rappresentata dalla stessa
amministrazione per l’elevato indebitamento con il sistema bancario e la congiuntura economica
sfavorevole agli investimenti è alquanto critica).
Sotto il secondo profilo, inoltre, l’amministrazione locale deve dare conto delle ragioni per le quali
ritiene più efficiente ed economico ricapitalizzare la società piuttosto che prendere atto del suo
scioglimento a causa di una gestione che ha generato perdite oltre un terzo che hanno ridotto il capitale
al di sotto del limite di legge. Il rispetto del principio di “legalità finanziaria”, <<presuppone in capo
all’ente locale una prodromica valutazione in termini di efficacia ed economicità, quali corollari del buon
andamento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost.>> (Lombardia/220/2012/PAR del 21 maggio 2012,
nonchè ex multis le pronunce di questa Sezione nn. 208/2011, 283/2011 e 284/2011 sulle delibere
adottate dagli enti locali ai sensi dell’art. 3, comma 27, l. n. 244/07 in ordine alla scelta di
costituire/mantenere partecipazioni in società). Valutazione quest’ultima che deve essere ancora più
rigorosa in presenza di società strumentali, in quanto deve sempre essere evidenziata la stretta inerenza
con le finalità istituzionali dell’ente locale.
In conclusione, questa Sezione ritiene che dal principio di finanza pubblica del divieto di soccorso
finanziario  nonostante l’inciso “salvo quanto previsto dall'art. 2447 codice civile” di cui all’art. 6, comma
19, D.L. n. 78/2010  si deve desumere che l’operazione tipizzata dall’art. 2447 c.c. non costituisce un
comportamento obbligato per la pubblica amministrazione. In altri termini, la deliberazione consiliare che
autorizza la ricapitalizzazione ai sensi dell’art. 2447 c.c., nonché gli allegati pareri ai sensi dell’art. 49
TUEL, sono espressione dell’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione locale per cui in essi
devono essere evidenziate le ragioni per le quali non si prende atto dello scioglimento della società ai
sensi dell’art. 2484, n. 4 c.c., ma piuttosto si decide di ricapitalizzarla.
P.Q.M.
Nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.
Il Relatore
(Dott.ssa Laura De Rentiis)
Il Presidente
(Dott. Nicola Mastropasqua)
Depositata in Segreteria
il 5 marzo 2014
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i rapporti contrattuali
(contenuti e questioni economiche del contratto di servizio)
Legge 24 dicembre 2007, n. 244
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2008)
(G.U. n. 300 del 28 dicembre 2007)
Art. 2.
Disposizioni concernenti le seguenti Missioni: …..
(…)461. Al fine di tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali e di garantire la qualità,
l'universalità e l'economicità delle relative prestazioni, in sede di stipula dei contratti di servizio gli enti locali sono tenuti
ad applicare le seguenti disposizioni:
a) previsione dell'obbligo per il soggetto gestore di emanare una «Carta della qualità dei servizi», da redigere e
pubblicizzare in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali
interessate, recante gli standard di qualità e di quantità relativi alle prestazioni erogate così come determinati nel
contratto di servizio, nonché le modalità di accesso alle informazioni garantite, quelle per proporre reclamo e quelle per
adire le vie conciliative e giudiziarie nonché le modalità di ristoro dell'utenza, in forma specifica o mediante restituzione
totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza;
b) consultazione obbligatoria delle associazioni dei consumatori;
c) previsione che sia periodicamente verificata, con la partecipazione delle associazioni dei consumatori, l'adeguatezza
dei parametri quantitativi e qualitativi del servizio erogato fissati nel contratto di servizio alle esigenze dell'utenza cui il
servizio stesso si rivolge, ferma restando la possibilità per ogni singolo cittadino di presentare osservazioni e proposte in
merito;
d) previsione di un sistema di monitoraggio permanente del rispetto dei parametri fissati nel contratto di servizio e di
quanto stabilito nelle Carte della qualità dei servizi, svolto sotto la diretta responsabilità dell'ente locale o dell'ambito
territoriale ottimale, con la partecipazione delle associazioni dei consumatori ed aperto alla ricezione di osservazioni e
proposte da parte di ogni singolo cittadino che può rivolgersi, allo scopo, sia all'ente locale, sia ai gestori dei servizi, sia
alle associazioni dei consumatori;
e) istituzione di una sessione annuale di verifica del funzionamento dei servizi tra ente locale, gestori dei servizi ed
associazioni dei consumatori nella quale si dia conto dei reclami, nonché delle proposte ed osservazioni pervenute a
ciascuno dei soggetti partecipanti da parte dei cittadini;
f) previsione che le attività di cui alle lettere b), c) e d) siano finanziate con un prelievo a carico dei soggetti gestori del
servizio, predeterminato nel contratto di servizio per l'intera durata del contratto stesso.(…)
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Testo del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (in Supplemento ordinario n. 18/L alla
Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 19 del 24 gennaio 2012), coordinato con la legge di conversione 24 marzo 2012,
n. 27 (in questo stesso Supplemento ordinario alla pag. 1), recante: «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo
delle infrastrutture e la competitivita'.». (12A03524)
Art. 8 Contenuto delle carte di servizio
Le carte di servizio, nel definire gli obblighi cui sono tenuti i gestori dei servizi pubblici, anche locali, o di un'infrastruttura
necessaria per l'esercizio di attivita' di impresa o per l'esercizio di un diritto della persona costituzionalmente garantito,
indicano in modo specifico i diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti dei gestori del
servizio e dell'infrastruttura. 2. Al fine di tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali e di
garantire la qualita', l'universalita' e l'economicita' delle relative prestazioni, le Autorita' indipendenti di regolazione e ogni
altro ente pubblico, anche territoriale, dotato di competenze di regolazione sui servizi pubblici, anche locali, definiscono
gli specifici diritti di cui al comma 1. Sono fatte salve ulteriori garanzie che le imprese che gestiscono il servizio o
l'infrastruttura definiscono autonomamente.
ACCORDO 26 settembre 2013
Accordo, ai sensi dell'articolo 9, comma 2 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281 sulle Linee guida relative ai criteri da applicare per individuare i
principi e gli elementi minimi da inserire nei contratti di servizio e nelle carte
di qualita' dei servizi pubblici locali, con particolare riferimento al ruolo delle
Associazioni dei consumatori, ai sensi dell'articolo 2, comma 461 della legge
24 dicembre 2007, n. 244. (Rep. atti n. 94/CU). (13A08564) (GU Serie
Generale n.254 del 29-10-2013 - Suppl. Ordinario n. 72)
LA CONFERENZA UNIFICATA
Nell'odierna seduta del 26 settembre 2013; Visto l'art. 2, comma 461 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che
reca le disposizioni che gli enti locali sono tenuti ad applicare nella stipula dei contratti di servizio al fine di tutelare i
diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali e di garantire la qualita', l'universalita' e
l'economicita' delle relative prestazioni; Visto l'art. 8 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito
con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, recante disposizioni relative al contenuto delle carte di
servizio; Visto l'art. 9, comma 2, lett. c) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che prevede che la conferenza
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promuove e sancisce accordi tra governo, regioni ed enti locali, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive
competenze e svolgere in collaborazione attivita' di interesse comune; Visto lo schema di linee guida predisposto dal
Ministero dello sviluppo economico per dare attuazione a quanto indicato nell'art. 2, comma 461 della legge n.
244/2007 sopra citato, seguendo i contenuti e i criteri definiti dal Comitato permanente di coordinamento tra il
Ministero dello sviluppo economico, il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, le regioni e altri soggetti
pubblici interessati, quali l'ANCI, istituito per dare attuazione a quanto previsto nell'art. 136, comma 4, lett. f) del
decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, diramato con nota dell'8 luglio 2013, prot. CSR 3177 P-4.23.2.12;
Considerato che, secondo quanto indicato dal citato art. 136, comma 4, lettera f) del decreto legislativo n. 206/2005
il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti svolge funzioni volte a favorire ogni forma di raccordo e
coordinamento tra le politiche nazionali e regionali in materia di tutela dei consumatori e degli utenti, assumendo
anche iniziative dirette a promuovere la piu' ampia rappresentanza degli interessi dei consumatori e degli utenti
nell'ambito delle autonomie locali; Considerato che il Comitato permanente sopra indicato ha predisposto il
documento in esame, definendo alcuni obblighi che gli enti locali sono tenuti ad includere nei contratti di servizio da
essi stipulati con i gestori dei servizi pubblici, a tutela dei consumatori; Considerato che lo schema di atto,
predisposto dal Ministero dello sviluppo economico nella forma dell'intesa, fatto proprio quanto approvato dal
Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti nella riunione del 24 gennaio 2013, intende favorire su tutto il
territorio nazionale l'applicazione dei criteri volti ad individuare i principi e gli elementi minimi da inserire nei
contratti di servizio e nelle carte di qualita' dei servizi pubblici locali, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 8 del citato
decretp-legge n.1/2012 e dando attuazione alle disposizioni contenute nell'art. 2,comma 461 della legge n. 244/2007;
Visti gli esiti della riunione tecnica indetta per il giorno 23uglio 2012, nel corso della quale l'ANCI ha espresso
l'avviso favorevole al testo predisposto dal Ministero dello sviluppoeconomico, mentre il Coordinamento tecnico
interregionale in materia di infrastrutture, trasporti e mobilita' ha formulato alcune osservazioni sia di carattere
formale che di merito, discusse nel corso dell'incontro stesso, e contenute in un documento trasmesso con nota CSR
3452 P-4.23.2.12 del 24 luglio 2013; Visto il nuovo schema di atto trasmesso dal Ministero dello sviluppo
economico a seguito di quanto discusso nel corsodell'incontro, predisposto in forma di accordo, volto a definire
un indirizzo comune tra tutte le amministrazioni interessate, facendo salve le specifiche norme di settore e i
provvedimenti di regolazione emanati dalle competenti autorita' indipendenti, diramato con nota del 4 settembre 2013,
prot. n. CSR 3866 P-4.23.2.12, unitamente ad una relazione illustrativa; Vista la nota dell'ufficio legislativo del
Dipartimento della funzione pubblica con la quale si rappresenta il parere favorevole alla proposta del Ministero dello
sviluppo economico sopra indicata, volta ad adottare le linee guida in esame con un accordo in sede diConferenza
unificata invece che con una intesa, pervenuta in data 13 settembre 2013, prot. CSR 4005 A-4.23.2.12;
Visti gli esiti della riunione tecnica convocata per il giorno 17 settembre per discutere lo schema di accordo sopra
indicato, nel corso della quale il Coordinamento interregionale infrastrutture, trasporti, mobilita' e governo del
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territorio e l'ANCI, nell'esprimere avviso favorevole alla conclusione dell'accordo hanno formulato alcune ulteriori
osservazioni e richieste di modifica al testo, ritenute accoglibili dal Ministero dello sviluppo economico;
Considerato che le altre amministrazioni presenti all'incontro tecnico in esame, preso atto delle modifiche apportate
alle linee guida, hanno espresso l'avviso favorevole alla conclusione dell'accordo;
Visto il nuovo testo predisposto dal Ministero dello sviluppo economico, modificato a seguito di quanto discusso nel
corso dellariunione allo schema in esame, diramato con nota prot. CSR 4071 P-4.23.2.12 del 20 settembre 2013
che, allegato al presente atto, ne costituisce parte integrante (All. 1);
Visti gli esiti dell'odierna seduta nel corso della quale le regioni e gli enti locali hanno espresso l'avviso favorevole
alla conclusione dell'accordo;
Sancisce accordo
ai sensi dell'art. 9, comma 2 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 sulle linee guida allegate, relative ai criteri da
applicare per individuare i principi e gli elementi minimi da inserire nei contratti di servizio e nelle carte di qualita' dei
servizi pubblici locali, con particolare riferimento al ruolo delle Associazioni dei consumatori, ai sensi dell'art. 2, comma
461 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Roma, 26 settembre 2013
Il Presidente: Delrio Il Segretario: Marino
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LEGGE REGIONALE 12 dicembre 2003 , N. 26
Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei
rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche
(BURL n. 51, 1° suppl. ord. del 16 Dicembre 2003 )
Art. 6. Contratto di servizio
1. Il rapporto tra ente locale e soggetto erogatore è regolato dal contratto di servizio che è predisposto nel
rispetto dei principi stabiliti all’articolo 2 e che prevede in particolare:
a) l’individuazione puntuale delle attività oggetto dell’incarico e la durata del rapporto;
b) il divieto di clausole di rinnovo del contratto;
c) il livello e la qualità delle prestazioni;
d) le modalità di vigilanza e controllo sull’esecuzione del contratto;
e) le modalità di rilevazione del grado di soddisfazione dell’utenza;
f) l’applicazione di clausole che introducono misure correttive conseguenti e proporzionali allo scostamento
rispetto agli standard minimi garantiti e al livello di soddisfazione degli utenti, le conseguenze per gli
eventuali inadempimenti, ivi compresa la risoluzione del contratto da parte dell’ente locale, e i diritti degli
utenti;
g) gli obblighi specifici nei confronti dei soggetti e delle fasce svantaggiati;
h) la definizione dei rapporti economici che prevedano, per quanto riguarda la tariffa per la gestione dei
rifiuti urbani, modulazioni della stessa in funzione della localizzazione degli impianti;
(lettera così modificata dall'art. 1 legge reg. n. 12 del 2007)
i) l’approvazione della carta dei servizi di cui all’articolo 7, predisposta dal soggetto erogatore;
j) le condizioni di adattabilità delle prestazioni fornite dall’erogatore rispetto all’evoluzione dei bisogni
collettivi e alle mutate esigenze connesse con l’interesse generale e con la necessità di perseguire,
comunque, la soddisfazione dell’utente;
k) le garanzie fideiussorie a carico dell’erogatore;
l) l’obbligo di assicurare la continuità del servizio e di ripristinare l’erogazione nei casi di interruzione, nonché
l’obbligo di motivare i casi di interruzione o irregolarità della prestazione;
m) la regolamentazione dell’erogazione del servizio, della disponibilità delle reti e degli impianti funzionali
all’erogazione stessa.
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Legge 30 ottobre 2013, n. 125
Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101
Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche
amministrazioni
(G.U. 30 ottobre 2013, n. 255)
Art. 3-bis. Disposizioni in materia di revisione dei contratti di servizio
(…)1. Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al fine di
assicurare il contenimento della spesa, degli oneri a carico del bilancio consolidato e il migliore svolgimento delle funzioni
amministrative, possono provvedere alla revisione con riduzione del prezzo dei contratti di servizio stipulati con le
società, ad esclusione di quelle emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e delle società dalle
stesse controllate, e con gli enti direttamente o indirettamente controllati, con conseguente riduzione degli oneri
contrattuali a carico della pubblica amministrazione.
In tale ipotesi le società e gli enti controllati procedono, entro i successivi novanta giorni, alla rinegoziazione dei contratti
aziendali relativi al personale impiegato nell'attività contrattualmente affidata, finalizzata alla correlata riduzione degli
istituti di salario accessorio e dei relativi costi.(…)
DECRETO LEGISLATIVO 18 agosto 2000, n. 267
TESTO UNICO DELLE LEGGI SULL’ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI
a norma dell'articolo 31 della legge 3 agosto 1999, n. 265
(G.U. n. 227 del 28 settembre 2000, s.o. n. 162/L)
Art. 243. Controlli per gli enti locali strutturalmente deficitari, enti locali dissestati ed altri enti
(…)3-bis. I contratti di servizio, stipulati dagli enti locali con le società controllate, con esclusione di quelle quotate in
borsa, devono contenere apposite clausole volte a prevedere, ove si verifichino condizioni di deficitarietà strutturale, la
riduzione delle spese di personale delle società medesime, anche in applicazione di quanto previsto dall'articolo 18,
comma 2-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008.
(comma introdotto dall'articolo 3, comma 1, lettera q), legge n. 213 del 2012) (…)
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i rapporti organizzativi
- controllo sistematico
- coordinamento nella gestione di (i) spese per il personale (ii) organi
amministrativi (iii) trasparenza -
DECRETO LEGISLATIVO 18 agosto 2000, n. 267
TESTO UNICO DELLE LEGGI SULL’ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI
a norma dell'articolo 31 della legge 3 agosto 1999, n. 265
(G.U. n. 227 del 28 settembre 2000, s.o. n. 162/L
Art. 147-quater. Controlli sulle società partecipate non quotate
(articolo introdotto dall'articolo 3, comma 1, lettera d), legge n. 213 del 2012)
(…)1. L'ente locale definisce, secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli sulle società non
quotate, partecipate dallo stesso ente locale. Tali controlli sono esercitati dalle strutture proprie dell'ente locale, che ne
sono responsabili.
2. Per l'attuazione di quanto previsto al comma 1 del presente articolo, l'amministrazione definisce preventivamente, in
riferimento all'articolo 170, comma 6, gli obiettivi gestionali a cui deve tendere la società partecipata, secondo parametri
qualitativi e quantitativi, e organizza un idoneo sistema informativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra l'ente
proprietario e la società, la situazione contabile, gestionale e organizzativa della società, i contratti di servizio, la qualità
dei servizi, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica.
3. Sulla base delle informazioni di cui al comma 2, l'ente locale effettua il monitoraggio periodico sull'andamento delle
società non quotate partecipate, analizza gli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati e individua le opportune azioni
correttive, anche in riferimento a possibili squilibri economico-finanziari rilevanti per il bilancio dell'ente.
4. I risultati complessivi della gestione dell'ente locale e delle aziende non quotate partecipate sono rilevati mediante
bilancio consolidato, secondo la competenza economica predisposto secondo le modalità previste dal decreto legislativo
23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni.
(comma così modificato dall'art. 74 del d.lgs. n. 118 del 2011, introdotto dal d.lgs. n. 126 del 2014)
5. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli enti locali con popolazione superiore a 100.000 abitanti in fase di
prima applicazione, a 50.000 abitanti per il 2014 e a 15.000 abitanti a decorrere dal 2015. Le disposizioni del presente
articolo non si applicano alle società quotate e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. A
tal fine, per società quotate partecipate dagli enti di cui al presente articolo si intendono le società emittenti strumenti
finanziari quotati in mercati regolamentati.(…)
(comma così modificato dall'art. 9, comma 9-ter, legge n. 124 del 2013)
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Art. 147-quinquies. Controllo sugli equilibri finanziari
(articolo introdotto dall'articolo 3, comma 1, lettera d), legge n. 213 del 2012)
(…)1. Il controllo sugli equilibri finanziari è svolto sotto la direzione e il coordinamento del responsabile del servizio
finanziario e mediante la vigilanza dell'organo di revisione, prevedendo il coinvolgimento attivo degli organi di governo,
del direttore generale, ove previsto, del segretario e dei responsabili dei servizi, secondo le rispettive responsabilità.
2. Il controllo sugli equilibri finanziari è disciplinato nel regolamento di contabilità dell'ente ed è svolto nel rispetto delle
disposizioni dell'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, e delle norme che regolano il concorso degli enti
locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, nonché delle norme di attuazione dell'articolo 81 della
Costituzione.
3. Il controllo sugli equilibri finanziari implica anche la valutazione degli effetti che si determinano per il bilancio
finanziario dell'ente in relazione all'andamento economico-finanziario degli organismi gestionali esterni.(…)
Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112
"Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria "
Art. 18. Reclutamento del personale delle società pubbliche
1. A decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto-legge, le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica
adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento
degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165.
2. Le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e
modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche
di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.
2-bis. Le aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo si
attengono al principio di riduzione dei costi del personale, attraverso il contenimento degli oneri contrattuali
e delle assunzioni di personale. A tal fine l’ente controllante, con proprio atto di indirizzo, tenuto anche conto
delle disposizioni che stabiliscono, a suo carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, definisce,
per ciascuno dei soggetti di cui al precedente periodo, specifici criteri e modalità di attuazione del principio di
contenimento dei costi del personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera. Le aziende
speciali, le istituzioni e le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo adottano tali indirizzi
con propri provvedimenti e, nel caso del contenimento degli oneri contrattuali, gli stessi vengono recepiti in
sede di contrattazione di secondo livello. Le aziende speciali e le istituzioni che gestiscono servizi socioassistenziali ed educativi, scolastici e per l’infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB) e le farmacie sono
escluse dai limiti di cui al precedente periodo, fermo restando l’obbligo di mantenere un livello dei costi del
personale coerente rispetto alla quantità di servizi erogati. Per le aziende speciali cosiddette multiservizi le
disposizioni di cui al periodo precedente si applicano qualora l’incidenza del fatturato dei servizi esclusi risulti
superiore al 50 per cento del totale del valore della produzione.
(comma aggiunto dall'art. 19, comma 1, legge n. 102 del 2009, poi sostituito dall'art. 1, comma 557, n. 147
del 2013, poi dall'art. 4, comma 12-bis, legge n. 89 del 2014, poi modificato dall'art. 3, comma 5-quinquies,
legge n. 114 del 2014)
3. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle società quotate su mercati regolamentati.
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Legge 24 dicembre 2007, n. 244
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato
(legge finanziaria 2008)
Art. 3
Disposizioni in materia di: Fondi da ripartire; Contenimento e razionalizzazione delle spese
valide per tutte le missioni; Pubblico impiego; Norme finali
30. Le amministrazioni che, nel rispetto del comma 27, costituiscono società o enti, comunque denominati, o assumono
partecipazioni in società, consorzi o altri organismi, anche a seguito di processi di riorganizzazione, trasformazione o
decentramento, adottano, sentite le organizzazioni sindacali per gli effetti derivanti sul personale, provvedimenti di
trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali in misura adeguata alle funzioni esercitate mediante i
soggetti di cui al presente comma e provvedono alla corrispondente rideterminazione della propria dotazione organica.
DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165
Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche
(G.U. 9 maggio 2001, n. 106)
Art. 6-bis. Misure in materia di organizzazione e razionalizzazione della spesa per il
funzionamento delle pubbliche amministrazioni
(articolo introdotto dall'art. 22, comma 1, legge n. 69 del 2009)
(…)1. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, nonché gli enti finanziati direttamente o indirettamente
a carico del bilancio dello Stato sono autorizzati, nel rispetto dei princìpi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare
sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di
gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica.
2. Relativamente alla spesa per il personale e alle dotazioni organiche, le amministrazioni interessate dai processi di cui
al presente articolo provvedono al congelamento dei posti e alla temporanea riduzione dei fondi della contrattazione,
fermi restando i conseguenti processi di riduzione e di rideterminazione delle dotazioni organiche nel rispetto dell’articolo
6 nonché i conseguenti processi di riallocazione e di mobilità del personale.
3. I collegi dei revisori dei conti e gli organi di controllo interno delle amministrazioni che attivano i processi di cui al
comma 1 vigilano sull’applicazione del presente articolo, dando evidenza, nei propri verbali, dei risparmi derivanti
dall’adozione dei provvedimenti in materia di organizzazione e di personale, anche ai fini della valutazione del personale
con incarico dirigenziale di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 (…)
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Legge 27 dicembre 2013, n. 147
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato
(legge di stabilità 2014)
(…)563. Le società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma
2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, o dai loro enti strumentali, ad esclusione di
quelle emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e delle società dalle stesse controllate, anche al di
fuori delle ipotesi previste dall'articolo 31 del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, possono, sulla base di un
accordo tra di esse, realizzare, senza necessità del consenso del lavoratore, processi di mobilità di personale anche in
servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, in relazione al proprio fabbisogno e per le finalità dei commi
564 e 565, previa informativa alle rappresentanze sindacali operanti presso la società e alle organizzazioni sindacali
firmatarie del contratto collettivo dalla stessa applicato, in coerenza con il rispettivo ordinamento professionale e senza
oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Si applicano i commi primo e terzo dell'articolo 2112 del codice civile. La mobilità
non può comunque avvenire tra le società di cui al presente comma e le pubbliche amministrazioni.
564. Gli enti che controllano le società di cui al comma 563 adottano, in relazione ad esigenze di riorganizzazione delle
funzioni e dei servizi esternalizzati, nonché di razionalizzazione delle spese e di risanamento economico-finanziario
secondo appositi piani industriali, atti di indirizzo volti a favorire, prima di avviare nuove procedure di reclutamento di
risorse umane da parte delle medesime società, l'acquisizione di personale mediante le procedure di mobilità di cui al
medesimo comma 563.
565. Le società di cui al comma 563, che rilevino eccedenze di personale, in relazione alle esigenze funzionali o ai casi di
cui al comma 564, nonché nell'ipotesi in cui l'incidenza delle spese di personale sia pari o superiore al 50 per cento delle
spese correnti, inviano alle rappresentanze sindacali operanti presso la società e alle organizzazioni sindacali firmatarie
del contratto collettivo dalla stessa applicato un'informativa preventiva in cui sono individuati il numero, la collocazione
aziendale e i profili professionali del personale in eccedenza. Tali informazioni sono comunicate anche alla Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica. Le posizioni dichiarate eccedentarie non possono essere
ripristinate nella dotazione di personale neanche mediante nuove assunzioni. Si applicano le disposizioni dell'articolo 14,
comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
566. Entro dieci giorni dal ricevimento dell'informativa di cui al comma 565, si procede, a cura dell'ente controllante, alla
riallocazione totale o parziale del personale in eccedenza nell'ambito della stessa società mediante il ricorso a forme
flessibili di gestione del tempo di lavoro, ovvero presso altre società controllate dal medesimo ente o dai suoi enti
strumentali con le modalità previste dal comma 563. Si applica l'articolo 3, comma 19, della legge 28 giugno 2012, n. 92,
e successive modificazioni.
567. Per la gestione delle eccedenze di cui al comma 566, gli enti controllanti e le società partecipate di cui al comma
563 possono concludere accordi collettivi con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative finalizzati
alla realizzazione, ai sensi del medesimo comma 563, di forme di trasferimento in mobilità dei dipendenti in esubero
presso altre società dello stesso tipo operanti anche al di fuori del territorio della regione ove hanno sede le società
interessate da eccedenze di personale.
567-bis. Le procedure di cui ai commi 566 e 567 si concludono rispettivamente entro 60 e 90 giorni dall'avvio. Entro 15
giorni dalla conclusione delle suddette procedure il personale può presentare istanza alla società da cui è dipendente o
all'amministrazione controllante per una ricollocazione, in via subordinata, in una qualifica inferiore nella stessa società o
in altra società.
(comma introdotto dall'art. 5, comma 2, legge n. 114 del 2014)
568. Al fine di favorire le forme di mobilità, le società di cui al comma 563 possono farsi carico, per un periodo massimo
di tre anni, di una quota parte non superiore al 30 per cento del trattamento economico del personale interessato dalla
mobilità, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Le somme a tal fine corrisposte dalla società cedente alla società cessionaria non concorrono alla formazione del reddito
imponibile ai fini delle imposte sul reddito e dell'imposta regionale sulle attività produttive.(…)
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Legge 27 dicembre 2006, n. 296
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato
(finanziaria 2007)
(G.U. n. 299 del 27 dicembre 2006, s.o. n. 244)
Art 1
(…)725. Nelle società a totale partecipazione di comuni o province, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo,
attribuito al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione, non può essere superiore per il presidente
all’70 per cento e per i componenti al 60 per cento delle indennità spettanti, rispettivamente, al sindaco e al presidente
della provincia ai sensi dell’articolo 82 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Resta ferma la
possibilità di prevedere indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili e in misura comunque non superiore al
doppio del compenso onnicomprensivo di cui al primo periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano anche
alle società controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, dalle società indicate nel primo periodo del presente
comma.
(comma così modificato dall'art. 61, comma 12, legge n. 133 del 2008)
729. Il numero complessivo di componenti del consiglio di amministrazione delle società partecipate totalmente anche in
via indiretta da enti locali, non può essere superiore a tre, ovvero a cinque per le società con capitale, interamente
versato, pari o superiore all’importo che sarà determinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su
proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro
dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge. Nelle società miste il numero massimo di componenti del consiglio di amministrazione
designati dai soci pubblici locali comprendendo nel numero anche quelli eventualmente designati dalle regioni non può
essere superiore a cinque. Le società adeguano i propri statuti e gli eventuali patti parasociali entro tre mesi dall’entrata
in vigore del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
734. Non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o
parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso in
perdita tre esercizi consecutivi.
(comma dichiarato costituzionalmente illegittimo da Corte costituzionale, sent. 20 maggio 2008, n. 159, nella
parte in cui si riferisce alle Regioni e alle Province di Trento e di Bolzano) (…)
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Legge 7 agosto 2012, n. 135
Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95: Disposizioni
urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché
misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario
(Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2012) Art. 4. Riduzione di spese, messa in liquidazione e
privatizzazione di società pubbliche
1. - 2. - 3. (abrogati dall'art. 1, comma 562, legge n. 147 del 2013)
4. Fatta salva la facoltà di nomina di un amministratore unico, i consigli di amministrazione delle società
controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, che abbiano conseguito nell’anno
2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di amministrazioni pubbliche superiore al 90 per cento
dell’intero fatturato devono essere composti da non più di tre membri, ferme restando le disposizioni in
materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. A
decorrere dal 1º gennaio 2015, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali società,
ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l’80 per cento del
costo complessivamente sostenuto nell’anno 2013. In virtù del principio di onnicomprensività della
retribuzione, qualora siano nominati dipendenti dell’amministrazione titolare della partecipazione, o della
società controllante in caso di partecipazione indiretta o del titolare di poteri di indirizzo e di vigilanza, fatto
salvo il diritto alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate, nel rispetto del limite di
spesa di cui al precedente periodo, essi hanno l’obbligo di riversare i relativi compensi all’amministrazione o
alla società di appartenenza e, ove riassegnabili, in base alle vigenti disposizioni, al fondo per il
finanziamento del trattamento economico accessorio.
(comma così sostituito dall'art. 16, comma 1, legge n. 114 del 2014)
5. Fermo restando quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge e fatta salva la facoltà di
nomina di un amministratore unico, i consigli di amministrazione delle altre società a totale partecipazione
pubblica, diretta o indiretta, devono essere composti da tre o da cinque membri, tenendo conto della
rilevanza e della complessità delle attività svolte. A tali società si applica quanto previsto dal secondo e dal
terzo periodo del comma 4.
(comma così sostituito dall'art. 16, comma 1, legge n. 114 del 2014)
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Legge 24 dicembre 2007, n. 244
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2008)
(G.U. n. 300 del 28 dicembre 2007)
Art. 3
Disposizioni in materia di: Fondi da ripartire; Contenimento e razionalizzazione delle spese
valide per tutte le missioni; Pubblico impiego; Norme finali
(…) 44. Il trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle pubbliche finanze emolumenti o
retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, agenzie, enti pubblici anche economici, enti di
ricerca, università, società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica nonché le loro controllate, ovvero
sia titolare di incarichi o mandati di qualsiasi natura nel territorio metropolitano, non può superare quello del primo
presidente della Corte di cassazione. Il limite si applica anche ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, ai
presidenti e componenti di collegi e organi di governo e di controllo di società non quotate, ai dirigenti. Il limite non si
applica alle attività di natura professionale e ai contratti d'opera, che non possono in alcun caso essere stipulati con chi
ad altro titolo percepisce emolumenti o retribuzioni ai sensi dei precedenti periodi, aventi ad oggetto una prestazione
artistica o professionale che consenta di competere sul mercato in condizioni di effettiva concorrenza. Nessun atto
comportante spesa ai sensi dei precedenti periodi può ricevere attuazione, se non sia stato previamente reso noto, con
l'indicazione nominativa dei destinatari e dell'ammontare del compenso, attraverso la pubblicazione sul sito web
dell'amministrazione o del soggetto interessato, nonché comunicato al Governo e al Parlamento. In caso di violazione,
l'amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di
danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita. Le disposizioni di cui al primo
e al secondo periodo del presente comma non possono essere derogate se non per motivate esigenze di carattere
eccezionale e per un periodo di tempo non superiore a tre anni, fermo restando quanto disposto dal periodo precedente.
Le amministrazioni, gli enti e le società di cui al primo e secondo periodo del presente comma per i quali il limite trova
applicazione sono tenuti alla preventiva comunicazione dei relativi atti alla Corte dei conti. Per le amministrazioni dello
Stato possono essere autorizzate deroghe con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro
per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
nel limite massimo di 25 unità, corrispondenti alle posizioni di più elevato livello di responsabilità. Coloro che sono legati
da un rapporto di lavoro con organismi pubblici anche economici ovvero con società a partecipazione pubblica o loro
partecipate, collegate e controllate, e che sono al tempo stesso componenti degli organi di governo o di controllo
dell'organismo o società con cui è instaurato un rapporto di lavoro, sono collocati di diritto in aspettativa senza assegni e
con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza. Ai fini dell'applicazione del
presente comma sono computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato a carico del medesimo
o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi da uno stesso organismo conferiti nel corso dell'anno. Alla
Banca d'Italia e alle altre autorità indipendenti il presente comma si applica limitatamente alle previsioni di pubblicità e
trasparenza per le retribuzioni e gli emolumenti comunque superiori al limite di cui al primo periodo del presente comma.
(…)
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Legge 27 dicembre 2006, n. 296
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato
(finanziaria 2007)
Art. 1
(…)725. Nelle società a totale partecipazione di comuni o province, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo,
attribuito al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione, non può essere superiore per il presidente
all’70 per cento e per i componenti al 60 per cento delle indennità spettanti, rispettivamente, al sindaco e al presidente
della provincia ai sensi dell’articolo 82 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Resta ferma la
possibilità di prevedere indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili e in misura comunque non superiore al
doppio del compenso onnicomprensivo di cui al primo periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano anche
alle società controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, dalle società indicate nel primo periodo del presente
comma.(…)
(comma così modificato dall'art. 61, comma 12, legge n. 133 del 2008)
Legge 27 dicembre 2013, n. 147
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato
(legge di stabilità 2014)
Art. 1.
554. A decorrere dall'esercizio 2015, le aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione di maggioranza, diretta
e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una
quota superiore all'80 per cento del valore della produzione, che nei tre esercizi precedenti abbiano conseguito un
risultato economico negativo, procedono alla riduzione del 30 per cento del compenso dei componenti degli organi di
amministrazione. Il conseguimento di un risultato economico negativo per due anni consecutivi rappresenta giusta causa
ai fini della revoca degli amministratori. Quanto previsto dal presente comma non si applica ai soggetti il cui risultato
economico, benché negativo, sia coerente con un piano di risanamento preventivamente approvato dall'ente controllante
GIORNATA ODCEC VIGEVANO 9 OTTOBRE 2015
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Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33
Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di
informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni
(G.U. n. 80 del 5 aprile 2013)
(…)Art. 14. Obblighi di pubblicazione concernenti i componenti degli organi di indirizzo politico
1. Con riferimento ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di
indirizzo politico, di livello statale regionale e locale, le pubbliche amministrazioni pubblicano con riferimento
a tutti i propri componenti, i seguenti documenti ed informazioni:
a) l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo;
b) il curriculum;
c) i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e
missioni pagati con fondi pubblici;
d) i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi
titolo corrisposti;
e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti;
f) le dichiarazioni di cui all'articolo 2, della legge 5 luglio 1982, n. 441, nonché le attestazioni e dichiarazioni
di cui agli articoli 3 e 4 della medesima legge, come modificata dal presente decreto, limitatamente al
soggetto, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano. Viene in
ogni caso data evidenza al mancato consenso. Alle informazioni di cui alla presente lettera concernenti
soggetti diversi dal titolare dell'organo di indirizzo politico non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 7.
2. Le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati cui al comma 1 entro tre mesi dalla elezione o dalla nomina
e per i tre anni successivi dalla cessazione del mandato o dell'incarico dei soggetti, salve le informazioni
concernenti la situazione patrimoniale e, ove consentita, la dichiarazione del coniuge non separato e dei
parenti entro il secondo grado, che vengono pubblicate fino alla cessazione dell'incarico o del mandato.
Decorso il termine di pubblicazione ai sensi del presente comma le informazioni e i dati concernenti la
situazione patrimoniale non vengono trasferiti nelle sezioni di archivio.
Art. 15. Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi dirigenziali e di
collaborazione o consulenza
1. Fermi restando gli obblighi di comunicazione di cui all'articolo 17, comma 22, della legge 15 maggio 1997,
n. 127, le pubbliche amministrazioni pubblicano e aggiornano le seguenti informazioni relative ai titolari di
incarichi amministrativi di vertice e di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, nonché di
collaborazione o consulenza:
a) gli estremi dell'atto di conferimento dell'incarico;
b) il curriculum vitae;
GIORNATA ODCEC VIGEVANO 9 OTTOBRE 2015
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c) i dati relativi allo svolgimento di incarichi o la titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o
finanziati dalla pubblica amministrazione o lo svolgimento di attività professionali;
d) i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di lavoro, di consulenza o di collaborazione, con
specifica evidenza delle eventuali componenti variabili o legate alla valutazione del risultato.
2. La pubblicazione degli estremi degli atti di conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti estranei alla
pubblica amministrazione, di collaborazione o di consulenza a soggetti esterni a qualsiasi titolo per i quali è
previsto un compenso, completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell'incarico e
dell'ammontare erogato, nonché la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
della funzione pubblica dei relativi dati ai sensi dell'articolo 53, comma 14, secondo periodo, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, sono condizioni per l'acquisizione dell'efficacia
dell'atto e per la liquidazione dei relativi compensi. Le amministrazioni pubblicano e mantengono aggiornati
sui rispettivi siti istituzionali gli elenchi dei propri consulenti indicando l'oggetto, la durata e il compenso
dell'incarico. Il Dipartimento della funzione pubblica consente la consultazione, anche per nominativo, dei
dati di cui al presente comma.
3. In caso di omessa pubblicazione di quanto previsto al comma 2, il pagamento del corrispettivo determina
la responsabilità del dirigente che l'ha disposto, accertata all'esito del procedimento disciplinare, e comporta
il pagamento di una sanzione pari alla somma corrisposta, fatto salvo il risarcimento del danno del
destinatario ove ricorrano le condizioni di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
4. Le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati cui ai commi 1 e 2 entro tre mesi dal conferimento
dell'incarico e per i tre anni successivi alla cessazione dell'incarico.
5. Le pubbliche amministrazioni pubblicano e mantengono aggiornato l'elenco delle posizioni dirigenziali,
integrato dai relativi titoli e curricula, attribuite a persone, anche esterne alle pubbliche amministrazioni,
individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, di cui
all'articolo 1, commi 39 e 40, della legge 6 novembre 2012, n. 190.(…)
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Autorità Nazionale Anticorruzione
Determinazione n. 8 del 17 giugno 2015
«Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e
trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle
pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici»
IL CONSIGLIO DELL’AUTORITÀ NAZIONALE ANTICORRUZIONE
VISTO il decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 convertito in legge n. 114/2014, e, in particolare, l’art. 19
co. 9 che attribuisce all’A.N.AC. le funzioni in materia di prevenzione della corruzione ivi incluse quelle
relative alla predisposizione del Piano Nazionale Anticorruzione e dei suoi aggiornamenti.
VISTO l’art. 24 bis del decreto legge n. 90/2014 che modifica l’art. 11 del d.lgs. n. 33/2013 sull’ambito
soggettivo di applicazione della trasparenza, intesa quale accessibilità totale delle informazioni, e
prevede che la disciplina del d.lgs. n. 33/2013 si applichi anche agli “ enti di diritto pubblico non
territoriali, nazionali regionali o locali comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica
amministrazione” nonché, limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto
nazionale o dell’Unione europea”, agli “enti di diritto privato in controllo pubblico, ossia alle società e
agli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e
servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo
ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile da parte di pubbliche amministrazioni, oppure agli enti nei
quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione
azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi”. Il medesimo articolo prevede
anche che “alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni in caso di partecipazione non
maggioritaria, si applicano, limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto
nazionale o dell'Unione europea, le disposizioni dell’articolo 1, commi da 15 a 33, della legge 6
novembre 2012, n. 190”.
VISTA la delibera A.N.AC. n. 144 del 2014 con la quale l’Autorità ha chiarito che fra gli enti di diritto
pubblico non territoriali, nazionali regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati
dalla pubblica amministrazione sono ricompresi tutti gli enti aventi natura di diritto pubblico,
economici e non economici.
RILEVATA la necessità, dopo l’entrata in vigore del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, di dare
indicazioni sull’applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza
GIORNATA ODCEC VIGEVANO 9 OTTOBRE 2015
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agli enti e alle società predetti.
VISTA la legge 6 novembre 2012, n. 190 che disciplina i contenuti del Piano triennale di prevenzione
della corruzione.
VISTO il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 che definisce i contenuti del Programma triennale
per la trasparenza e l’integrità e individua gli obblighi di pubblicazione di dati, documenti e
informazioni ai fini dell’accessibilità totale.
VISTA la delibera n. 50/2013, con la quale sono specificati i contenuti del Programma triennale per la
trasparenza e l’integrità.
VISTO il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 recante le disposizioni in materia di inconferibilità e
incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo
pubblico, a norma dell’art. 1, commi 49 e 50, della legge n. 190 del 2012.
VISTO lo schema di delibera con il quale sono state poste in consultazione le «Linee guida per
l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle
società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli
enti pubblici economici».
Esaminate le osservazioni pervenute.
ADOTTA LA SEGUENTE DELIBERA
«Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza
da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche
amministrazioni e degli enti pubblici economici»
Premessa ............................................................................................................................................. 3
1.
Il quadro normativo ................................................................................................................. 6
2.
Le società in controllo pubblico e le società a partecipazione pubblica non di controllo . 9
2.1. Le società in controllo pubblico ............................................................................................... 10
2.1.1. Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione ..................................................... 11
2.1.2. Il Responsabile della prevenzione della corruzione ................................................................... 17
2.1.3. La trasparenza .......................................................................................................................... 19
2.2. Le società a partecipazione pubblica non di controllo............................................................... 21
2.2.1. Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione ..................................................... 22
2.2.2. La trasparenza .......................................................................................................................... 22
3.
Gli altri enti di diritto privato in controllo pubblico e gli altri enti di diritto privato
partecipati .............................................................................................................................. 24
3.1.1 Gli altri enti di diritto privato in controllo pubblico .................................................................. 24
3.1.2. Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione ..................................................... 26
3.1.3. Il Responsabile della prevenzione della corruzione ................................................................... 27
3.1.4. La trasparenza .......................................................................................................................... 27
3.2. Altri enti di diritto privato partecipati ....................................................................................... 28
3.2.1. Le misure organizzative di prevenzione della corruzione .......................................................... 28
3.2.2. La trasparenza .......................................................................................................................... 29
4.
Enti pubblici economici ....................................................................................................... 29
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50
4.1.
4.2.
5.
6.
Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione e il Responsabile della prevenzione
della corruzione ....................................................................................................................... 30
La trasparenza .......................................................................................................................... 30
Attività di vigilanza dell’A.N.AC. ......................................................................................... 30
Disciplina transitoria ............................................................................................................. 31
Premessa
Le presenti Linee guida sono volte ad orientare gli enti di diritto privato controllati e partecipati, direttamente e
indirettamente, da pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici economici
nell’applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza di cui alla legge n. 190/2012 e
definiscono altresì le implicazioni che ne derivano, anche in termini organizzativi, per detti soggetti e per le amministrazioni
di riferimento.
Già il Piano nazionale anticorruzione (PNA), approvato dall’Autorità (A.N.AC.) con delibera n. 72 del 2013, aveva previsto
l’applicazione di misure di prevenzione della corruzione negli enti di diritto privato in controllo pubblico e partecipati da
pubbliche amministrazioni, anche con veste societaria, e negli enti pubblici economici.
A seguito dell’approvazione del PNA, tuttavia, la normativa anticorruzione prevista dalla legge n. 190 del 2012 e dai decreti
delegati ha subito significative modifiche da parte del decreto legge n. 90 del 2014 convertito con modificazioni dalla legge
11 agosto 2014, n. 114. In particolare, è stato ridisegnato l’assetto istituzionale incentrando nell’A.N.AC. e nel suo
Presidente, il sistema della regolazione e della vigilanza in materia di prevenzione della corruzione ed è stato attribuito alla
sola A.N.AC. il compito di predisporre il PNA.
Tra le altre principali modifiche che interessano ai fini delle presenti Linee guida, l’art. 24 bis del d.l. del 24 giugno 2014 n.
90 è intervenuto sull’art. 11 del d.lgs. n. 33/2013 «Ambito soggettivo di applicazione» e ha esteso l’applicazione della
disciplina della trasparenza, limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione
europea, agli «enti di diritto privato in controllo pubblico, ossia alle società e agli altri enti di diritto privato che esercitano
funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di
servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile da parte di pubbliche amministrazioni,
oppure agli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria,
poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi». Nel contempo, il medesimo articolo ha previsto che alle società
partecipate dalle pubbliche amministrazioni «in caso di partecipazione non maggioritaria, si applicano, limitatamente
all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea, le disposizioni dell’articolo 1, commi
da 15 a 33, della legge 6 novembre 2012, n. 190».
Le disposizioni in questione intervengono in un quadro normativo già di per sé particolarmente complesso, il cui ambito
soggettivo di applicazione ha dato luogo a numerose incertezze interpretative, oggi solo in parte risolte a seguito della
modifica dell’art. 11 del d.lgs. n. 33 del 2013.
In particolare, per quanto riguarda l’applicabilità delle misure di prevenzione della corruzione e della trasparenza alle società
controllate, a quelle partecipate e agli altri enti di diritto privato in controllo pubblico nonché agli enti pubblici economici, le
modifiche normative sopra citate, unitamente alla disorganicità delle disposizioni della legge n. 190 del 2012 e dei decreti
delegati che si riferiscono a detti enti e società, hanno indotto l’A.N.AC. e il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF)
ad avviare una riflessione comune, con l’istituzione di un tavolo tecnico, finalizzata all’elaborazione di indicazioni condivise
sull’applicazione della normativa anticorruzione e della nuova disciplina in materia di trasparenza. 4
GIORNATA ODCEC VIGEVANO 9 OTTOBRE 2015
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Alla fine di dicembre 2014, l’A.N.AC. e il MEF hanno approvato un documento, pubblicato sui
rispettivi siti istituzionali, in cui sono stati tracciati i principali indirizzi a cui si attengono le presenti
Linee guida e la direttiva che il MEF intende adottare nei confronti delle proprie società controllate e
partecipate. Detti indirizzi sono stati anche oggetto di un seminario pubblico che si è svolto il 4 marzo
2015 presso il MEF e a cui sono stati invitati i rappresentanti degli uffici legali e i Responsabili della
prevenzione della corruzione delle società partecipate e controllate dal MEF.
Consapevole della rilevanza del fenomeno degli enti di diritto privato controllati o partecipati a livello
regionale e locale, l’A.N.AC. ha messo in consultazione pubblica le Linee guida sulle quali sono
pervenuti contributi da parte del mondo delle autonomie oltre che da parte di tutti gli altri soggetti
interessati. Le osservazioni e le proposte pervenute sono state tenute in considerazione nella stesura
del testo finale delle Linee guida.
Le presenti Linee guida incidono sulla disciplina già prevista dal PNA e ne comportano una
rivisitazione. Pertanto, vista la coincidenza delle questioni trattate, le Linee guida integrano e
sostituiscono1, laddove non compatibili, i contenuti del PNA in materia di misure di prevenzione della
corruzione e di trasparenza che devono essere adottate dagli enti pubblici economici, dagli enti di
diritto privato in controllo pubblico e dalle società a partecipazione pubblica.
Le Linee guida sono innanzitutto indirizzate alle società e agli enti di diritto privato controllati e
partecipati dalle pubbliche amministrazioni, nonché agli enti pubblici economici. L’applicazione delle
presenti Linee guida è sospesa per le società con azioni quotate e per le società con strumenti
finanziari quotati in mercati regolamentati e per le loro controllate. Ad avviso dell’Autorità e del MEF
senza dubbio anche per queste società sussiste un interesse pubblico alla prevenzione della corruzione
e alla promozione della trasparenza. Poiché, tuttavia, dette società sono sottoposte ad un particolare
regime giuridico, specie in materia di diffusione di informazioni, a tutela degli investitori e del
funzionamento delle regole del mercato concorrenziale, le indicazioni circa la disciplina ad esse
applicabile saranno oggetto di Linee guida da adottare in esito alle risultanze del tavolo di lavoro che
l’A.N.AC. e il MEF hanno avviato con la CONSOB.
Le Linee guida sono rivolte, inoltre, alle amministrazioni pubbliche che vigilano, partecipano e
controllano gli enti di diritto privato e gli enti pubblici economici. Ad avviso dell’Autorità, infatti,
spetta in primo luogo a dette amministrazioni promuovere l’applicazione della normativa in materia di
prevenzione della corruzione e di trasparenza da parte di tali enti. Ciò in ragione dei poteri che le
amministrazioni esercitano nei confronti degli stessi ovvero del legame organizzativo, funzionale o
finanziario che li correla.
1
In particolare le Linee guida intervengono sulle seguenti parti del PNA: 1.3 - Destinatari – pag. 12; 3.1.1 - I Piani Triennali
di Prevenzione della Corruzione - P.T.P.C. - e i modelli di organizzazione e gestione del d.lgs. n. 231 del 2001 – pag. 33-34; 3.1.2
Trasparenza – pag. 35; 3.1.7 - Conferimento di incarichi dirigenziali in caso di particolari attività o incarichi precedenti (pantouflage –
revolving doors) – pag. 40; 3.1.8 - Incompatibilità specifiche per posizioni dirigenziali – pag. 42; Allegato 1 A Soggetti e ruoli della
strategia di prevenzione; A.1 Soggetti e ruoli della strategia di prevenzione a livello nazionale – pag. 3; A.2 Soggetti e ruoli della strategia di
prevenzione a livello decentrato – pag. 5 e 6; B.3.1 Ambito di applicazione delle norme sulla trasparenza – pag. 34-36; B.9 Incompatibilità
specifiche per posizioni dirigenziali - pag. 50.
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L’ambito soggettivo di applicazione delle norme è particolarmente vasto ed eterogeneo. Nel solo
settore degli enti controllati e partecipati da pubbliche amministrazioni, sulla base dei dati comunicati
dalle stesse amministrazioni al MEF al 31 dicembre 2012, le amministrazioni centrali partecipano,
direttamente o in via indiretta, in 423 enti a cui si aggiungono i 17 partecipati dagli enti previdenziali.
Le amministrazioni locali hanno dichiarato di detenere, direttamente o in via indiretta, 35.311
partecipazioni che insistono su 7.726 enti. Le strutture organizzative e i modelli giuridici degli enti in
questione sono vari e diversificati2.
Data l’estensione del fenomeno e l’eterogeneità delle tipologie di enti privati in controllo pubblico e
partecipati esistenti, con il presente atto di regolazione l’Autorità intende fornire indicazioni
relativamente ai contenuti essenziali dei modelli organizzativi da adottare ai fini di prevenzione della
corruzione e di diffusione della trasparenza non potendo, invece, fare riferimento puntuale a singoli
enti o società. Le Linee guida, pertanto, mirano a orientare le società e gli enti nell’applicazione della
normativa di prevenzione della corruzione e della trasparenza con l’obiettivo primario che essa non
dia luogo ad un mero adempimento burocratico, ma che venga adattata alla realtà organizzativa dei
singoli enti per mettere a punto strumenti di prevenzione mirati e incisivi.
Infine, da un punto di vista metodologico, i contenuti delle Linee guida sono stati sviluppati avendo
ben presente l’esigenza di prevedere necessari adattamenti di una normativa emanata innanzitutto per
le pubbliche amministrazioni ed estesa anche ad enti con natura privatistica o la cui attività presenta
caratteri diversi da quella delle pubbliche amministrazioni ex art. 1, co. 2, del d.lgs. n. 165/2001.
Le presenti Linee guida si articolano in sei paragrafi.
Il primo paragrafo ricostruisce il quadro normativo e fornisce alcune indicazioni interpretative di
carattere generale.
I paragrafi successivi riguardano le società in controllo pubblico e le società a partecipazione pubblica
non di controllo (§ 2), gli altri enti di diritto privato controllati e partecipati (§ 3), gli enti pubblici
economici (§ 4). Per ciascuna macro categoria di società ed ente sono fornite indicazioni in merito
all’applicazione delle misure di prevenzione della corruzione e all’attuazione degli obblighi di
trasparenza.
Il quinto paragrafo è dedicato alle attività di vigilanza svolte dall’Autorità Nazionale Anticorruzione.
Nel sesto paragrafo si definisce il regime della disciplina transitoria.
1. Il quadro normativo
Numerose disposizioni della legge n. 190 del 2012 e dei relativi decreti attuativi individuano gli enti di
diritto privato partecipati da pubbliche amministrazioni o in controllo pubblico e gli enti pubblici
2
Ministero economia e finanza, Dipartimento del Tesoro “Patrimonio della PA. Rapporto sulle partecipazioni detenute
dalle Amministrazioni Pubbliche al 31 dicembre 2012” - Luglio 2014.
http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/programmi_cartolarizzazione/patrimonio_pa/Rapp
orto_Partecipazioni_DatiAnno2012.pdf
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economici quali destinatari di misure di prevenzione della corruzione e di promozione della
trasparenza.
Assume particolare rilievo l’art. 1, commi 60 e 61, della legge n. 190 del 2012 secondo cui in sede di
intesa in Conferenza unificata Stato, Regioni e autonomie locali sono definiti gli adempimenti per la
sollecita attuazione della legge 190 e dei relativi decreti delegati nelle regioni, nelle province autonome
e negli enti locali, nonché «negli enti pubblici e nei soggetti di diritto privato sottoposti al loro
controllo».
Inoltre, gli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico che esercitano funzioni
amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di
gestione di servizi pubblici sono esplicitamente indicati dal legislatore quali destinatari della disciplina
in materia di inconferibilità ed incompatibilità degli incarichi dirigenziali e di responsabilità
amministrativa di vertice nelle amministrazioni pubbliche ai fini della prevenzione e del contrasto della
corruzione nonché della prevenzione di conflitti d’interesse (art. 1, commi 49 e 50, legge n. 190 del
2012 e d.lgs. n. 39 del 2013). In questa ottica, nell’art. 15, co. 1, del d.lgs. n. 39 del 2013 viene affidato
al responsabile del Piano anticorruzione di ciascun ente pubblico e ente di diritto privato in controllo
pubblico il compito di curare, anche attraverso il Piano, l’attuazione delle disposizioni del decreto.
Ai sensi dell’art. 1, co. 17, della legge n. 190 del 2012, anche le società partecipate dalle
amministrazioni pubbliche e gli enti di diritto privato in controllo pubblico, in quanto stazioni
appaltanti, possono prevedere negli avvisi, nei bandi di gara o nelle lettere di invito che il mancato
rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisca causa di
esclusione dalla gara. Infine, l’art. 1, co. 20, stabilisce che le disposizioni relative al ricorso all’arbitrato
in materia di contratti pubblici (modificate dalla legge n. 190 del 2012) si applichino anche alle
controversie in cui sia parte una società a partecipazione pubblica ovvero una società controllata o
collegata a una società a partecipazione pubblica, ai sensi dell’art. 2359 del codice civile.
Per quanto riguarda la trasparenza, intesa come accessibilità totale delle informazioni pubblicate sui
siti web, da subito la legge n. 190 del 2012, all’art. 1, co. 34, ne aveva esteso l’applicazione agli enti
pubblici economici, come già indicato nella delibera A.N.AC. n. 50 del 2013 «Linee guida per
l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016», e alle società
partecipate dalle amministrazioni pubbliche e alle loro controllate, ai sensi dell’art. 2359 del codice
civile, «limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o
dell’Unione europea» e con riferimento alle informazioni contenute nei commi da 15 a 33 dell’art. 1
della stessa legge.
Successivamente, l’art. 11 del d.lgs. n. 33 del 2013, come modificato dall’art. 24-bis del d.l. n. 90 del
2014, ha esteso l’intera disciplina del decreto agli enti di diritto privato in controllo pubblico e cioè alle
«società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione
di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a
controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile da parte di pubbliche amministrazioni, oppure agli
enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione
azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi, sia pure «limitatamente all’attività
di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea». Lo stesso art. 11, al co.
3, sottopone a un diverso livello di trasparenza le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni
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in via non maggioritaria. A tali società si applicano, limitatamente all’attività di pubblico interesse
disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea, le disposizioni dell’art. 1, commi da 15 a 33,
della l. n. 190/2012.
Dal quadro normativo sinteticamente tratteggiato emerge con evidenza l’intenzione del legislatore di
includere anche le società e gli enti di diritto privato controllati e gli enti pubblici economici fra i
soggetti tenuti all’applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e di
trasparenza, intenzione ulteriormente rafforzata proprio dai recenti interventi normativi che, come
visto sopra in materia di trasparenza, sono chiaramente indirizzati agli enti e alle società in questione.
La ratio sottesa alla legge n. 190 del 2012 e ai decreti di attuazione appare, infatti, quella di estendere le
misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza, e i relativi strumenti di programmazione, a
soggetti che, indipendentemente dalla natura giuridica, sono controllati dalle amministrazioni
pubbliche, si avvalgono di risorse pubbliche, svolgono funzioni pubbliche o attività di pubblico
interesse.
Un profilo di carattere generale che l’Autorità ha inteso affrontare nelle presenti Linee guida riguarda,
come anticipato sopra, l’adeguamento dei contenuti di alcune norme che, dando per presupposti
modelli organizzativi uniformi, mal si attagliano, non solo alle diverse tipologie di pubbliche
amministrazioni, ma anche a soggetti con natura privatistica. Nel valutare gli adeguamenti, l’Autorità
ha tenuto conto della particolare struttura e della disciplina di riferimento dei soggetti che assumono
veste giuridica privata e delle esigenze di tutela della riservatezza e delle attività economiche e
commerciali da essi svolte in regime concorrenziale. Per quel che riguarda le indicazioni relative
all’individuazione e alla gestione del rischio, ad esempio, si è tenuto conto della necessità di coordinare
quanto previsto nella legge n. 190 del 2012 per i piani di prevenzione della corruzione con le
disposizioni del d.lgs. n. 231 del 2001, sia in termini di modello di organizzazione e gestione che di
controlli e di responsabilità. Esigenze di maggiori adeguamenti sono emerse per l’applicazione della
normativa sulla trasparenza alle società e agli enti controllati e partecipati ai sensi del d.lgs. n. 33/2013
di cui si dà conto nell’allegato alla presente delibera.
Conclusivamente, l’Autorità non può non rilevare - anche alla luce delle numerose richieste di
chiarimenti pervenute - che il quadro normativo che emerge dalla legge n. 190 del 2012 e dai decreti di
attuazione è particolarmente complesso, non coordinato, fonte di incertezze interpretative, non
tenendo adeguatamente conto delle esigenze di differenziazione in relazione ai soggetti, pubblici e
privati, a cui si applica. È pertanto auspicio dell’Autorità, in una revisione del quadro legislativo, quale
sembra prospettarsi nell’attuale fase di discussione del d.d.l. A.C. n. 3098 «Deleghe al Governo in
materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» già approvato dal Senato della
Repubblica il 30 aprile 2015, , che il Parlamento e il Governo intervengano per risolvere e superare
lacune, dubbi e difficoltà interpretative e favorire, così, una più efficace applicazione delle misure di
prevenzione della corruzione e di trasparenza.
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2. Le società in controllo pubblico e le società a partecipazione pubblica non di controllo
Per definire l’ambito soggettivo di applicazione della normativa in materia di prevenzione della
corruzione e di quella in materia di trasparenza alle società pubbliche, ad avviso dell’Autorità, occorre
tenere distinte le società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni pubbliche,
individuate ai sensi dell’art. 2359, co. 1, numeri 1 e 2, del codice civile, e quelle, come definite all’art.
11, comma 3, del d.l.gs. n.33/2013, a partecipazione pubblica non maggioritaria, in cui, cioè, la
partecipazione pubblica non è idonea a determinare una situazione di controllo (di seguito “società a
partecipazione pubblica non di controllo”). Dal novero delle società controllate si ritiene di escludere
in via interpretativa la fattispecie di cui al n. 3 del co. 1 dell’art. 2359 del codice civile, (c.d. controllo
contrattuale) che non presuppone alcuna partecipazione di pubbliche amministrazioni al capitale di
una società, laddove il criterio di individuazione dei soggetti sottoposti alla normativa anticorruzione
privilegiato dal legislatore, anche alla luce dell’art. 11 co. 3 del d.lgs. n. 33/2013 e dell’art. 1, comma 2,
lett. c) del d.lgs. n. 39/2013 appare connesso alla presenza di una partecipazione al capitale o
all’esercizio di poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi. In caso contrario, l’ambito
di applicazione della disciplina di prevenzione della corruzione potrebbe essere estesa a soggetti
sicuramente estranei al settore pubblico. Ciò non toglie, tuttavia, che qualora sussista un rapporto tra
pubblica amministrazione e società del genere di quello definito nel n. 3 dell’art. 2359 c.c.,
l’amministrazione sia tenuta a inserire nel proprio Piano triennale di prevenzione della corruzione
misure anche di vigilanza e trasparenza relative alle attività svolte dalla società in ragione dei vincoli
contrattuali con l’amministrazione stessa.
In considerazione della peculiare configurazione del rapporto di controllo che le amministrazioni
hanno con le società in house, queste ultime rientrano, a maggior ragione, nell’ambito delle società
controllate cui si applicano le norme di prevenzione della corruzione ai sensi della legge n. 190/2012.
La distinzione tra società in controllo pubblico e società a partecipazione pubblica non di controllo
non ha carattere meramente formale bensì conforma, in modo differenziato, l’applicazione della
normativa anticorruzione, in ragione del diverso grado di coinvolgimento delle pubbliche
amministrazioni all’interno delle due diverse tipologie di società.
Infatti, occorre muovere dallo spirito della normativa che è quello di prevenire l’insorgere di fenomeni
corruttivi nei settori più esposti ai rischi dove sono coinvolte pubbliche amministrazioni, risorse
pubbliche o la cura di interessi pubblici: poiché l’influenza che l’amministrazione esercita sulle società
in controllo pubblico è più penetrante di quello che deriva dalla mera partecipazione, ciò consente di
ritenere che le società controllate siano esposte a rischi analoghi a quelli che il legislatore ha inteso
prevenire con la normativa anticorruzione del 2012 in relazione all’amministrazione controllante.
Queste stesse esigenze si ravvisano anche quando il controllo sulla società sia esercitato
congiuntamente da una pluralità di amministrazioni, cioè in caso di partecipazione frazionata fra più
amministrazioni in grado di determinare una situazione in cui la società sia in mano pubblica.
Ciò impone che le società controllate debbano necessariamente rafforzare i presidi anticorruzione già
adottati ai sensi del d.lgs. n. 231/2001 ovvero introdurre apposite misure anticorruzione ai sensi della
legge n. 190/2012 ove assente il modello di organizzazione e gestione ex 231/2001.
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Le presenti Linee guida muovono dal presupposto fondamentale che le amministrazioni controllanti
debbano assicurare l’adozione del modello di organizzazione e gestione previsto dal d.lgs. n. 231/2001
da parte delle società controllate.
Oneri minori gravano, come si vedrà, per le società a partecipazione pubblica non di controllo, nei
confronti delle quali le amministrazioni partecipanti si attivano per promuovere l’adozione del
suddetto modello organizzativo.
Come sopra già osservato, il fenomeno delle società pubbliche è particolarmente complesso ed
eterogeneo, specie a livello territoriale. Al fine di individuare concretamente le società tenute
all’applicazione delle norme, si raccomanda alle amministrazioni controllanti o partecipanti di dare
attuazione a quanto previsto dall’art. 22, co. 1, del d.lgs. n. 33 del 2013 pubblicando sul proprio sito
istituzionale la lista delle società a cui partecipano o che controllano “con l’elencazione delle funzioni
attribuite e delle attività svolte in favore delle amministrazioni o delle attività di servizio pubblico affidate”. All’interno
di gruppi societari l’individuazione del tipo di società, se in controllo pubblico o a partecipazione
pubblica non di controllo, deve essere fatta con riguardo ad ogni singola società del gruppo,
indipendentemente dalla natura della capogruppo.
L’individuazione puntuale da parte delle amministrazioni delle società in questione, oltre che
corrispondere ad un obbligo di legge, è necessaria per consentire all’A.N.AC. di esercitare i propri
poteri di vigilanza.
2.1.
Le società in controllo pubblico
La legge n. 190 del 2012 menziona espressamente tra i soggetti tenuti all’applicazione della normativa
anticorruzione i soggetti di diritto privato sottoposti al controllo di regioni, province autonome e enti
locali (art. 1, co. 60). Analoga disposizione non si rinviene per le società controllate dallo Stato.
Tuttavia, come visto sopra, numerose disposizioni normative della stessa legge n. 190 del 2012 e dei
decreti delegati si riferiscono a questi soggetti. In considerazione di ciò e della espressa menzione dei
soggetti di diritto privato in controllo delle autonomie territoriali, ad avviso dell’Autorità, secondo
criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, la norma non può che ricevere una interpretazione
costituzionalmente orientata volta a ricomprendere nel novero dei destinatari anche gli enti di diritto
privato controllati dalle amministrazioni centrali, atteso che gli stessi sono esposti ai medesimi rischi
che il legislatore ha inteso prevenire con la normativa anticorruzione in relazione alle amministrazioni
pubbliche e agli enti di diritto privato sottoposti al controllo da parte delle amministrazioni territoriali.
Questa interpretazione sembra peraltro coerente con quanto previsto in materia di incompatibilità ed
inconferibilità degli incarichi, dall’art. 15, co. 1, del d.lgs. n. 39 del 2013 sopra richiamato, da cui si
evince che anche in ogni ente di diritto privato in controllo pubblico, nazionale o locale, debba essere
nominato un responsabile del Piano anticorruzione di ciascuna amministrazione pubblica, ente
pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico e adottato un Piano anticorruzione.
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Come detto in precedenza, per individuare le società controllate tenute all’applicazione della
normativa sulla prevenzione della corruzione e per la promozione della trasparenza occorre fare
riferimento alla nozione di controllo prevista dall’art. 2359, in particolare dal co. 1, n. 1) e 2), del
codice civile, ossia quando la pubblica amministrazione dispone della maggioranza dei voti esercitabili
nell’assemblea ordinaria (art. 2359, co. 1, n. 1), ovvero di voti sufficienti per esercitare una influenza
dominante nell’assemblea ordinaria (art. 2359, co. 1, n. 2)3.
Come sopra indicato, tra le società in controllo pubblico rientrano anche le società in house e quelle in
cui il controllo sia esercitato da una pluralità di amministrazioni congiuntamente.
2.1.1.
Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione
Nella prospettiva sopra evidenziata, le misure introdotte dalla l. n. 190 del 2012 ai fini di prevenzione
della corruzione si applicano alle società controllate, direttamente o indirettamente, dalle pubbliche
amministrazioni. Questo vale anche qualora le società abbiano già adottato il modello di
organizzazione e gestione previsto dal d.lgs. n. 231 del 2001. A tale riguardo, come sopra precisato, le
amministrazioni controllanti sono chiamate ad assicurare che dette società, laddove non abbiano
provveduto, adottino un modello di organizzazione e gestione ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001.
Depone in tal senso il tenore letterale dell’art. 1 del d.lgs. n. 231/2001 che dispone espressamente che
le sue disposizioni non si applicano solo «allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici
non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale».
Come è noto l’ambito di applicazione della legge n. 190 del 2012 e quello del d.lgs. n. 231 del 2001
non coincidono e, nonostante l’analogia di fondo dei due sistemi, finalizzati entrambi a prevenire la
commissione di reati nonché ad esonerare da responsabilità gli organi preposti qualora le misure
adottate siano adeguate, sussistono differenze significative tra i due sistemi normativi. In particolare,
quanto alla tipologia dei reati da prevenire, il d.lgs. n. 231 del 2001 ha riguardo ai reati commessi
nell’interesse o a vantaggio della società o che comunque siano stati commessi anche e nell’interesse di
questa (art. 5), diversamente dalla legge 190 che è volta a prevenire anche reati commessi in danno
della società.
In relazione ai fatti di corruzione, il decreto legislativo 231 del 2001 fa riferimento alle fattispecie
tipiche di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità e corruzione, nonché alla
corruzione tra privati, fattispecie dalle quali la società deve trarre un vantaggio perché possa
risponderne.
La legge n. 190 del 2012, ad avviso dell’Autorità, fa riferimento, invece, ad un concetto più ampio di
corruzione, in cui rilevano non solo l’intera gamma dei reati contro la p.a. disciplinati dal Titolo II del
Libro II del codice penale, ma anche le situazioni di “cattiva amministrazione”, nelle quali vanno
compresi tutti i casi di deviazione significativa, dei comportamenti e delle decisioni, dalla cura
3
Per quanto riguardo il c.d. “controllo di fatto” cfr. Tribunale di Venezia, decreto 10 febbraio 2011, ove si afferma che
«Mentre il controllo di una società su un’altra è presunto in caso di maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea
ordinaria, per dimostrare “l’influenza dominante” è indispensabile verificare in concreto l’andamento delle assemblee della
partecipata per un arco di tempo ragionevolmente significativo, al fine di valutare se vi sia stata un’effettiva capacità di
controllo da parte dell’asserita controllante».
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imparziale dell’interesse pubblico, cioè le situazioni nelle quali interessi privati condizionino
impropriamente l’azione delle amministrazioni o degli enti, sia che tale condizionamento abbia avuto
successo, sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo. Con la conseguenza che la responsabilità a
carico del Responsabile della prevenzione della corruzione (responsabilità dirigenziale, disciplinare ed
erariale, prevista dall’art. 1, comma 12, della legge n. 190/2012) si concretizza al verificarsi del genere
di delitto sopra indicato commesso anche in danno della società, se il responsabile non prova di aver
predisposto un piano di prevenzione della corruzione adeguato a prevenire i rischi e di aver
efficacemente vigilato sull’attuazione dello stesso.
Alla luce di quanto sopra e in una logica di coordinamento delle misure e di semplificazione degli
adempimenti, le società integrano il modello di organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231 del 2001 con
misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalità all’interno delle società in
coerenza con le finalità della legge n. 190 del 2012. Queste misure devono fare riferimento a tutte le
attività svolte dalla società ed è necessario siano ricondotte in un documento unitario che tiene luogo
del Piano di prevenzione della corruzione anche ai fini della valutazione dell’aggiornamento annuale e
della vigilanza dell’A.N.AC. Se riunite in un unico documento con quelle adottate in attuazione della
d.lgs. n. 231/2001, dette misure sono collocate in una sezione apposita e dunque chiaramente
identificabili tenuto conto che ad esse sono correlate forme di gestione e responsabilità differenti.
Le misure volte alla prevenzione dei fatti di corruzione ex lege n. 190/2012 sono elaborate dal
Responsabile della prevenzione della corruzione in stretto coordinamento con l’Organismo di
vigilanza e sono adottate dall’organo di indirizzo della società, individuato nel Consiglio di
amministrazione o in altro organo con funzioni equivalenti.
Al riguardo, si fa presente che l’attività di elaborazione delle misure di prevenzione della corruzione ex
lege n. 190/2012 non può essere affidata a soggetti estranei alla società (art. 1, co. 8, legge n. 190 del
2012). Una volta adottate, ad esse viene data adeguata pubblicità sia all’interno della società, con
modalità che ogni società definisce autonomamente, sia all’esterno, con la pubblicazione sul sito web
della società. Qualora la società non abbia un sito internet, sarà cura dell’amministrazione controllante
rendere disponibile una sezione del proprio sito in cui la società controllata possa pubblicare i propri
dati, ivi incluse le misure individuate per la prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012, ferme
restando le rispettive responsabilità.
In caso di società indirettamente controllate, la capogruppo assicura che le stesse adottino le misure di
prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012 in coerenza con quelle della capogruppo. Laddove
nell’ambito del gruppo vi siano società di ridotte dimensioni, in particolare che svolgono attività
strumentali, la società capogruppo con delibera motivata in base a ragioni oggettive, può introdurre le
misure di prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012 relative alle predette società nel proprio
modello ex 231/2001. In tal caso, il RPC della capogruppo è responsabile dell’attuazione delle misure
anche all’interno delle società di ridotte dimensioni. Ciascuna società deve, però, nominare all’interno
della propria organizzazione un referente del Responsabile della prevenzione della corruzione della
capogruppo.
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Nell’ ipotesi residuale in cui una società non abbia adottato un modello di organizzazione e gestione ai
sensi del d.lgs. n. 231/2001 è tenuta, a maggior ragione, a programmare e ad approvare adeguate
misure allo scopo di prevenire i fatti corruttivi in coerenza con le finalità delle legge n. 190/2012 e
secondo le modalità sopra indicate. Le misure sono contenute in un apposito atto di programmazione,
o Piano, da pubblicare sul sito istituzionale. Dette misure è opportuno siano costantemente
monitorate anche al fine di valutare, almeno annualmente, la necessità del loro aggiornamento.
Le società, che abbiano o meno adottato il modello di organizzazione e gestione ex d.lgs. 231/2001,
definiscono le misure per la prevenzione della corruzione in relazione alle funzioni svolte e alla
propria specificità organizzativa.
Di seguito si indicano i contenuti minimi delle misure.
- Individuazione e gestione dei rischi di corruzione
In coerenza con quanto previsto dall’art. 1, co. 9, della legge n. 190/2012 e dall’art. 6, co. 2, del d.lgs.
n. 231/2001, le società effettuano un’analisi del contesto e della realtà organizzativa per individuare in
quali aree o settori di attività e secondo quali modalità si potrebbero astrattamente verificare fatti
corruttivi. Tra le attività esposte al rischio di corruzione vanno considerate in prima istanza quelle
elencate dall’art. 1, co. 16, della legge n. 190 del 2012 (autorizzazioni e concessioni, appalti e contratti,
sovvenzioni e finanziamenti, selezione e gestione del personale), cui si aggiungono ulteriori aree
individuate da ciascuna società in base alle proprie caratteristiche organizzative e funzionali. Fra
queste, a titolo esemplificativo, possono rientrare l’area dei controlli, l’area economico finanziaria,
l’area delle relazioni esterne e le aree in cui vengono gestiti i rapporti fra amministratori pubblici e
soggetti privati. Nella individuazione delle aree a rischio è necessario che si tenga conto di quanto
emerso in provvedimenti giurisdizionali, anche non definitivi, allorché dagli stessi risulti l’esposizione
dell’area organizzativa o della sfera di attività a particolari rischi.
L’analisi, finalizzata a una corretta programmazione delle misure preventive, deve condurre a una
rappresentazione, il più possibile completa, di come i fatti di maladministration e le fattispecie di reato
possono essere contrastate nel contesto operativo interno ed esterno dell’ente. Ne consegue che si
dovrà riportare una «mappa» delle aree a rischio e dei connessi reati di corruzione nonché
l’individuazione delle misure di prevenzione. In merito alla gestione del rischio, rimane ferma
l’indicazione, sia pure non vincolante, contenuta nel PNA, ai principi e alle linee guida UNI ISO
31000:2010.
-
Sistema di controlli
La definizione di un sistema di gestione del rischio si completa con una valutazione del sistema di
controllo interno previsto dal modello di organizzazione e gestione del rischio sulla base del d.lgs. n.
231 del 2001, ove esistente, e con il suo adeguamento quando ciò si riveli necessario, ovvero con
l’introduzione di nuovi principi e strutture di controllo quando l’ente risulti sprovvisto di un sistema
atto a prevenire i rischi di corruzione. In ogni caso, è quanto mai opportuno, anche in una logica di
semplificazione, che sia assicurato il coordinamento tra i controlli per la prevenzione dei rischi di cui
al d.lgs. n. 231 del 2001 e quelli per la prevenzione di rischi di corruzione di cui alla l. n. 190 del 2012,
nonché quello tra le funzioni del Responsabile della prevenzione della corruzione e quelle degli altri
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organismi di controllo, con particolare riguardo al flusso di informazioni a supporto delle attività
svolte dal Responsabile.
-
Codice di comportamento
Le società integrano il codice etico o di comportamento già approvato ai sensi del d.lgs. n. 231/2001
oppure adottano un apposito codice, laddove sprovviste, avendo cura in ogni caso di attribuire
particolare importanza ai comportamenti rilevanti ai fini della prevenzione dei reati di corruzione. Il
codice o le integrazioni a quello già adottato ai sensi del d.lgs. n 231/2001 hanno rilevanza ai fini della
responsabilità disciplinare, analogamente ai codici di comportamento delle pubbliche amministrazioni:
l’inosservanza, cioè, può dare luogo a misure disciplinari, ferma restando la natura privatistica delle
stesse. Al fine di assicurare l’attuazione delle norme del codice è opportuno: a) garantire un adeguato
supporto interpretativo, ove richiesto; b) prevedere un apparato sanzionatorio e i relativi meccanismi
di attivazione auspicabilmente connessi ad un sistema per la raccolta di segnalazioni delle violazioni
del codice.
- Trasparenza
Al fine di dare attuazione agli obblighi di pubblicazione ai sensi del d.lgs. n. 33/2013 e della normativa
vigente, le società definiscono e adottano un “Programma triennale per la trasparenza e l’integrità” in
cui sono individuate le misure organizzative volte ad assicurare la regolarità e la tempestività dei flussi
delle informazioni da pubblicare, prevedendo anche uno specifico sistema delle responsabilità.
- Inconferibilità specifiche per gli incarichi di amministratore e per gli incarichi dirigenziali
Si ricorda che la materia delle incompatibilità e delle inconferibilità degli incarichi è disciplinata dal
d.lgs. n. 39/2013.
All’interno delle società è necessario sia previsto un sistema di verifica della sussistenza di eventuali
condizioni ostative in capo a coloro che rivestono incarichi di amministratore, come definiti dall’art. 1,
co. 2, lett. l), del d.lgs. n. 39/2013 - e cioè “gli incarichi di presidente con deleghe gestionali dirette,
amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo dell’attività dell’ente comunque
denominato” - e a coloro cui sono conferiti incarichi dirigenziali.
Per gli amministratori, le cause ostative in questione sono specificate, in particolare, dalle seguenti
disposizioni del d.lgs. n 39/2013:
- art. 3, co. 1, lett. d), relativamente alle inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro
la pubblica amministrazione;
- art. 6, sulle “inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello nazionale”;
- art. 7, sulla “inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale”.
Per i dirigenti, si applica l’art.3, comma 1, lett. c), relativo alle cause di inconferibilità a seguito di
condanne per reati contro la pubblica amministrazione.
Le società adottano le misure necessarie ad assicurare che: a) negli atti di attribuzione degli incarichi o
negli interpelli siano inserite espressamente le condizioni ostative al conferimento dell’incarico; b) i
soggetti interessati rendano la dichiarazione di insussistenza delle cause di inconferibilità all’atto del
conferimento dell’incarico; c) sia effettuata dal Responsabile della prevenzione della corruzione,
eventualmente in collaborazione con altre strutture di controllo interne alla società, un’attività di
vigilanza, sulla base di una programmazione che definisca le modalità e la frequenza delle verifiche
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anche su segnalazione di soggetti interni ed esterni.
Nel caso di nomina degli amministratori proposta o effettuata dalle p.a. controllanti, le verifiche sulle
inconferibilità sono svolte dalle medesime p.a..
-
Incompatibilità specifiche per gli incarichi di amministratore e per gli incarichi dirigenziali
All’interno delle società è necessario sia previsto un sistema di verifica della sussistenza di eventuali
situazioni di incompatibilità nei confronti dei titolari degli incarichi di amministratore, come definiti
dall’art. 1, co. 2, lett. l), sopra illustrato, e nei confronti di coloro che rivestono incarichi dirigenziali.
Le situazioni di incompatibilità per gli amministratori sono quelle indicate, in particolare, dalle
seguenti disposizioni del d.lgs. n. 39/2013:
- art. 9, riguardante le “incompatibilità tra incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o
finanziati, nonché tra gli stessi incarichi e le attività professionali” e, in particolare, il co. 2;
- art. 11, relativo a “incompatibilità tra incarichi amministrativi di vertice e di amministratore di ente
pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e
locali, ed in particolare i co. 2 e 3;
- art. 13, recante “incompatibilità tra incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo
pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo politico nelle amministrazioni statali,
regionali e locali”;
- art. 14, co. 1 e 2, lettere a) e c), con specifico riferimento alle nomine nel settore sanitario.
Per gli incarichi dirigenziali si applica l’art. 12 dello stesso decreto relativo alle “incompatibilità tra
incarichi dirigenziali interni ed esterni e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle
amministrazioni statali, regionali e locali”.
A tali fini, le società adottano le misure necessarie ad assicurare che: a) siano inserite espressamente le
cause di incompatibilità negli atti di attribuzione degli incarichi o negli interpelli per l’attribuzione degli
stessi; b) i soggetti interessati rendano la dichiarazione di insussistenza delle cause di incompatibilità
all’atto del conferimento dell’incarico e nel corso del rapporto; c) sia effettuata dal Responsabile della
prevenzione della corruzione un’attività di vigilanza, eventualmente anche in collaborazione con altre
strutture di controllo interne alla società, sulla base di una programmazione che definisca le modalità e
la frequenza delle verifiche, nonché su segnalazione di soggetti interni ed esterni.
- Attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici
Al fine di assicurare il rispetto di quanto previsto all’art. 53, co. 16-ter, del d.lgs. n. 165 del 2001, le
società adottano le misure necessarie a evitare l’assunzione di dipendenti pubblici che, negli ultimi tre
anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto di pubbliche
amministrazioni, nei confronti delle società stesse. Le società assumono iniziative volte a garantire
che: a) negli interpelli o comunque nelle varie forme di selezione del personale sia inserita
espressamente la condizione ostativa menzionata sopra; b) i soggetti interessati rendano la
dichiarazione di insussistenza della suddetta causa ostativa; c) sia svolta, secondo criteri
autonomamente definiti, una specifica attività di vigilanza, eventualmente anche secondo modalità
definite e su segnalazione di soggetti interni ed esterni.
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- Formazione
Le società definiscono i contenuti, i destinatari e le modalità di erogazione della formazione in materia
di prevenzione della corruzione, da integrare con eventuali preesistenti attività di formazione dedicate
al «modello di organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231/2001».
- Tutela del dipendente che segnala illeciti
In mancanza di una specifica previsione normativa relativa alla tutela dei dipendenti che segnalano
illeciti nelle società, come già rappresentato nelle Linee guida in materia emanate dall’Autorità con
determinazione n. 6 del 28 aprile 2015, le amministrazioni controllanti promuovono l’adozione da
parte delle società di misure idonee ad incoraggiare il dipendente a denunciare gli illeciti di cui viene a
conoscenza nell’ambito del rapporto di lavoro, avendo cura di garantire la riservatezza dell’identità del
segnalante dalla ricezione e in ogni contatto successivo alla segnalazione. A questo fine è utile
assicurare la trasparenza del procedimento di segnalazione, definendo e rendendo noto l’iter, con
l’indicazione di termini certi per l’avvio e la conclusione dell’istruttoria e con l’individuazione dei
soggetti che gestiscono le segnalazioni.
- Rotazione o misure alternative
Uno dei principali fattori di rischio di corruzione è costituito dalla circostanza che uno stesso soggetto
possa sfruttare un potere o una conoscenza nella gestione di processi caratterizzati da discrezionalità e
da relazioni intrattenute con gli utenti per ottenere vantaggi illeciti. Al fine di ridurre tale rischio e
avendo come riferimento la l. n. 190 del 2012 che attribuisce particolare efficacia preventiva alla
rotazione, è auspicabile che questa misura sia attuata anche all’interno delle società, compatibilmente
con le esigenze organizzative d’impresa. Essa implica una più elevata frequenza del turnover di quelle
figure preposte alla gestione di processi più esposti al rischio di corruzione. La rotazione non deve
comunque tradursi nella sottrazione di competenze professionali specialistiche ad uffici cui sono
affidate attività ad elevato contenuto tecnico. Altra misura efficace, in combinazione o alternativa alla
rotazione, potrebbe essere quella della distinzione delle competenze (cd. “segregazione delle
funzioni”) che attribuisce a soggetti diversi i compiti di: a) svolgere istruttorie e accertamenti; b)
adottare decisioni; c) attuare le decisioni prese; d) effettuare verifiche.
- Monitoraggio
Le società, in coerenza con quanto già previsto per l’attuazione delle misure previste ai sensi del d.lgs.
231/2001 individuano le modalità, le tecniche e la frequenza del monitoraggio sull’attuazione delle
misure di prevenzione della corruzione, anche ai fini del loro aggiornamento periodico, avendo cura di
specificare i ruoli e le responsabilità dei soggetti chiamati a svolgere tale attività, tra i quali rientra il
Responsabile della prevenzione della corruzione. Quest’ultimo, entro il 15 dicembre di ogni anno,
pubblica nel sito web della società una relazione recante i risultati dell’attività di prevenzione svolta
sulla base di uno schema che A.N.AC. si riserva di definire.
2.1.2. Il Responsabile della prevenzione della corruzione
Le società controllate dalle pubbliche amministrazioni sono tenute a nominare un Responsabile per la
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prevenzione della corruzione (d’ora innanzi “RPC”), secondo quanto previsto dall’art. 1, co. 7, della
legge n. 190 del 2012, a cui spetta predisporre le misure organizzative per la prevenzione della
corruzione ai sensi della legge n. 190/2012.
Al fine di rendere obbligatoria la nomina, le società adottano, preferibilmente attraverso modifiche
statutarie, ma eventualmente anche in altre forme, gli opportuni adeguamenti che, in ogni caso,
devono contenere una chiara indicazione in ordine al soggetto che dovrà svolgere le funzioni di RPC.
Al RPC devono essere riconosciuti poteri di vigilanza sull’attuazione effettiva delle misure, nonché di
proposta delle integrazioni e delle modifiche delle stesse ritenute più opportune.
Il Responsabile della prevenzione della corruzione è nominato dall’organo di indirizzo della società,
Consiglio di amministrazione o altro organo con funzioni equivalenti. I dati relativi alla nomina sono
trasmessi all’A.N.AC. con il modulo disponibile sul sito dell’Autorità nella pagina dedicata ai servizi on
line.
Gli atti di revoca dell’incarico del RPC sono motivati e comunicati all’A.N.AC. che, entro 30 giorni,
può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal
responsabile in materia di prevenzione della corruzione ai sensi dell’art. 15 del d.lgs. n. 39/2013.
Considerata l’esigenza di garantire che il sistema di prevenzione non si traduca in un mero
adempimento formale e che sia, invece, calibrato, dettagliato come un modello organizzativo vero e
proprio ed in grado di rispecchiare le specificità dell’ente di riferimento, l’Autorità ritiene che le
funzioni di RPC debbano essere affidate ad uno dei dirigenti della società. Questa opzione
interpretativa si evince anche da quanto previsto nell’art. 1, co. 8, della legge n. 190 del 2012, che vieta
che la principale tra le attività del RPC, ossia l’elaborazione del Piano, possa essere affidata a soggetti
estranei all’amministrazione. Per tali motivi, il Responsabile della prevenzione della corruzione non
può essere individuato in un soggetto esterno alla società.
Gli organi di indirizzo della società nominano, quindi, come RPC un dirigente in servizio presso la
società, attribuendogli, con lo stesso atto di conferimento dell’incarico, anche eventualmente con le
necessarie modifiche statutarie e regolamentari, funzioni e poteri idonei e congrui per lo svolgimento
dell’incarico con piena autonomia ed effettività. Nell’effettuare la scelta, la società dovrà vagliare
l’eventuale esistenza di situazioni di conflitto di interesse ed evitare, per quanto possibile, la
designazione di dirigenti responsabili di quei settori individuati all’interno della società fra quelli con
aree a maggior rischio corruttivo. La scelta dovrà ricadere su un dirigente che abbia dimostrato nel
tempo un comportamento integerrimo.
Nelle sole ipotesi in cui la società sia priva di dirigenti, o questi siano in numero così limitato da dover
essere assegnati esclusivamente allo svolgimento di compiti gestionali nelle aree a rischio corruttivo,
circostanze che potrebbero verificarsi in strutture organizzative di ridotte dimensioni, il RPC potrà
essere individuato in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le idonee competenze. In
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questo caso, il Consiglio di amministrazione o, in sua mancanza, l’amministratore sono tenuti ad
esercitare una funzione di vigilanza stringente e periodica sulle attività del soggetto incaricato. In
ultima istanza, e solo in casi eccezionali, il RPC potrà coincidere con un amministratore, purché privo
di deleghe gestionali.
Nei casi di società di ridotte dimensioni appartenenti ad un gruppo societario, in particolare quelle che
svolgono attività strumentali, qualora sia stata seguita l’opzione indicata al paragrafo 2.1.1. con la
predisposizione di un’unica programmazione delle misure ex lege n. 190/2012 da parte del RPC della
capogruppo, le società del gruppo di ridotte dimensioni sono comunque tenute a nominare almeno un
referente del RPC della capogruppo.
In ogni caso, considerata la stretta connessione tra le misure adottate ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001
e quelle previste dalla legge n. 190 del 2012, le funzioni del Responsabile della prevenzione della
corruzione, dovranno essere svolte in costante coordinamento con quelle dell’Organismo di vigilanza
nominato ai sensi del citato decreto legislativo.
In questa ottica, nelle società in cui l’Organismo di vigilanza sia collegiale e si preveda la presenza di
un componente interno, è auspicabile che tale componente svolga anche le funzioni di RPC. Questa
soluzione, rimessa all’autonomia organizzativa delle società, consentirebbe il collegamento funzionale
tra il RPC e l’Organismo di vigilanza. Solo nei casi di società di piccole dimensioni, nell’ipotesi in cui
questa si doti di un Organismo di vigilanza monocratico composto da un dipendente, la figura del
RPC può coincidere con quella dell’Organismo di vigilanza.
Dall’espletamento dell’incarico di RPC non può derivare l’attribuzione di alcun compenso aggiuntivo,
fatto salvo il solo riconoscimento, laddove sia configurabile, di eventuali retribuzioni di risultato legate
all’effettivo conseguimento di precisi obiettivi predeterminati in sede di previsioni delle misure
organizzative per la prevenzione della corruzione, fermi restando i vincoli che derivano dai tetti
retributivi normativamente previsti e dai limiti complessivi alla spesa per il personale. Ciò vale anche
nel caso in cui le funzioni di RPC siano affidate ad un componente dell’Organismo di vigilanza.
Inalterato il regime di responsabilità dei dirigenti e dei dipendenti proprio di ciascuna tipologia di
società, nel provvedimento di conferimento dell’incarico di RPC sono individuate le conseguenze
derivanti dall’inadempimento degli obblighi connessi e sono declinati gli eventuali profili di
responsabilità disciplinare e dirigenziale, quest’ultima ove applicabile. In particolare, occorre che siano
specificate le conseguenze derivanti dall’omessa vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza delle
misure organizzative per la prevenzione della corruzione, nonché dall’omesso controllo in caso di
ripetute violazioni delle misure previste, in considerazione di quanto disposto dall’art. 1, commi 12 e
14, della legge n. 190 del 2012.
In relazione agli organi di amministrazione, fatte salve le responsabilità previste dal d.lgs. n. 231 del
2001, nonché l’eventuale azione ex art. 2392 del codice civile per i danni cagionati alla società, le
amministrazioni controllanti promuovono l’inserimento, anche negli statuti societari, di meccanismi
sanzionatori a carico degli amministratori che non abbiano adottato le misure organizzative e
gestionali per la prevenzione della corruzione ex l. 190/2012 o il Programma triennale per la
trasparenza e l’integrità.
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E’ compito delle amministrazioni controllanti vigilare sull’adozione delle misure di prevenzione della
corruzione e sulla nomina del RPC da parte delle società controllate. A tal fine le amministrazioni
prevedono apposite misure, anche organizzative, all’interno dei propri piani di prevenzione della
corruzione.
2.1.3. La trasparenza
Alle società controllate, direttamente o indirettamente, dalle pubbliche amministrazioni si applica la
normativa sulla trasparenza contenuta nel d.lgs. n. 33/2013 (art. 11, co. 2, del d.lgs. n. 33/2013), oltre
a quanto già previsto dall’art. 1, co. 34, della legge n. 190 del 2012 per tutte le società a partecipazione
pubblica, anche non di controllo.
L’art. 11, co. 2, lett. b), come novellato dall’art. 24-bis del dl. n. 90 del 2014, dispone, infatti, che la
disciplina del d.lgs. n. 33 del 2013 prevista per le pubbliche amministrazioni sia applicata
«limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea»
anche agli enti di diritto privato in controllo pubblico, incluse le società in controllo pubblico che
esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle pubbliche
amministrazioni o di gestione di servizi pubblici.
La nuova disposizione introduce una netta distinzione tra le società controllate e le società a
partecipazione pubblica non di controllo. L’elemento distintivo tra le due categorie di società consiste
nel fatto che nelle società controllate deve sempre essere assicurata la trasparenza dei dati relativi
all’organizzazione. Per le società in controllo pubblico, cioè, la trasparenza deve essere garantita sia
relativamente all’organizzazione che alle attività di pubblico interesse effettivamente svolte.
Per le società a partecipazione pubblica non di controllo, invece, gli obblighi di trasparenza sono quelli
di cui ai commi da 15 a 33 della legge n. 190 del 2012 con riferimento alle attività di pubblico interesse
se effettivamente esercitate, e di cui all’art. 22, co. 3, per quanto attiene all’organizzazione, secondo
quanto indicato nel paragrafo 2.2.2.
Per quanto riguarda le «attività di pubblico interesse regolate dal diritto nazionale o dell’Unione
europea» svolte dalle società in questione, sono certamente da considerarsi tali quelle così qualificate
da una norma di legge o dagli atti costitutivi e dagli statuti degli enti e delle società e quelle previste
dall’art. 11, co. 2, del d.lgs. n. 33 del 2013, ovvero le attività di esercizio di funzioni amministrative, di
produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche, di gestione di servizi pubblici.
Come orientamento di carattere generale, è onere delle singole società, d’intesa con le amministrazioni
controllanti o, ove presenti, con quelle vigilanti, indicare chiaramente all’interno del Programma
triennale per la trasparenza e l’integrità, quali attività rientrano fra quelle di «pubblico interesse
regolate dal diritto nazionale o dell’Unione europea» e quelle che, invece non lo sono. Le
amministrazioni controllanti o quelle vigilanti – laddove dette funzioni siano in capo ad
amministrazioni diverse - sono chiamate ad una attenta verifica circa l’identificazione delle attività di
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pubblico interesse volta ad assicurare il pieno rispetto della normativa in materia di trasparenza.
Data la natura di alcune attività espressione di funzioni strumentali, ad esempio di acquisto di beni e
servizi ovvero di svolgimento di lavori e di gestione di risorse umane e finanziarie, si presume che le
stesse siano volte a soddisfare anche esigenze connesse allo svolgimento di attività di pubblico
interesse. Dette attività, pertanto, sono sottoposte alla normativa sulla trasparenza, salvo specifiche e
motivate indicazioni contrarie da parte dell’ente o della società interessata. In prospettiva sarebbe di
sicura utilità che le società distinguano più chiaramente le due tipologie di attività (di pubblico
interesse e commerciali), sotto i profili dell’organizzazione (individuando ad esempio distinti uffici),
delle modalità di gestione (individuando distinte regole applicate nello svolgimento delle attività), della
gestione contabile (dando distinta rilevanza nei bilanci alle risorse impiegate, ai costi e ai risultati).
Laddove una società controllata non svolga invece attività di pubblico interesse, è comunque tenuta a
pubblicare i dati relativi alla propria organizzazione e a rispettare gli obblighi di pubblicazione che
possono eventualmente discendere dalla normativa di settore, ad esempio in materia di appalti o di
selezione del personale.
Naturalmente, considerate le peculiarità organizzative, il tipo di attività e il regime privatistico, la
disciplina della trasparenza è applicabile con i necessari adattamenti, anche per contemperare
l’obiettivo della più ampia pubblicazione dei dati con le eventuali esigenze relative alla natura
privatistica e alle attività svolte in regime concorrenziale. L’allegato 1 alla presente delibera indica i
principali adattamenti relativi agli obblighi di trasparenza che le società controllate dalle pubbliche
amministrazioni sono tenute ad osservare.
A tal proposito si fa presente che alle società in house, che pure rientrano nell’ambito di applicazione
delle presenti Linee guida, si applicano gli obblighi di trasparenza previsti per le pubbliche
amministrazioni, senza alcun adattamento. Infatti, pur non rientrando tra le amministrazioni
pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. n. 165/2001, in quanto organizzate secondo il modello
societario, dette società, essendo affidatarie in via diretta di servizi ed essendo sottoposte ad un
controllo particolarmente significativo da parte delle amministrazioni, costituiscono nei fatti parte
integrante delle amministrazioni controllanti.
Le società controllate adottano, ai sensi del combinato disposto dell’art. 10 e dell’art. 11 del d.lgs. n.
33/2013, un “Programma triennale per la trasparenza e l’integrità” in cui viene definito il modello
organizzativo che esse intendono adottare per assicurare il raggiungimento degli obiettivi di
trasparenza. Nel Programma sono specificate le modalità, i tempi di attuazione, le risorse e gli
strumenti di verifica dell’efficacia delle iniziative e degli obblighi in materia di trasparenza. Nello stesso
Programma, come sopra anticipato, le società indicano, esplicitandone la motivazione, quali sono le
attività non qualificabili di pubblico interesse che quindi come tali, non sono sottoposte alle misure di
trasparenza previste dal d.lgs. n. 33 del 2013 e quelle che invece sono di pubblico interesse. Per gli altri
contenuti del Programma e per le indicazioni relative alla qualità dei dati da pubblicare, si rinvia alla
delibera A.N.AC. n. 50/2013. Si ricorda che, l’omessa adozione del Programma è esplicitamente
sanzionata ai sensi dell’art. 19, co. 5, del d.l. n. 90/2014.
Le società sono tenute anche a costituire sul proprio sito web una apposita Sezione, denominata
“Società trasparente”, in cui pubblicare i dati e le informazioni ai sensi del d.lgs. n. 33 del 2013. Per
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limitare gli oneri derivanti dalla disciplina della trasparenza, qualora le società controllate non abbiano
un sito web, sarà cura delle amministrazioni controllanti rendere disponibile una sezione del proprio
sito in cui le società controllate possano predisporre la sezione “Società trasparente” in cui pubblicare
i dati, ferme restando le rispettive responsabilità.
Si ricorda che, in ogni caso, le società sono tenute a comunicare le informazioni di cui all’art. 22, co. 2,
del d.lgs. n. 33 del 2013 ai soci pubblici, così come gli amministratori societari comunicano i dati
concernenti il proprio incarico, pena la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 47 del medesimo decreto.
Tenuto conto dell’esigenza di ridurre gli oneri organizzativi e di semplificare e valorizzare i sistemi di
controllo già esistenti, ciascuna società individua, all’interno degli stessi un soggetto che curi
l’attestazione dell’assolvimento degli obblighi di pubblicazione analogamente a quanto fanno gli
Organismi indipendenti di valutazione per le amministrazioni pubbliche ai sensi dell’art. 14, co. 4, lett.
g), del d.lgs. n. 150/2009. I riferimenti del soggetto così individuato sono indicati chiaramente nella
sezione del sito web “Società Trasparente” e nel Programma triennale per la trasparenza e l’integrità.
L’organo di indirizzo della società controllata provvede, inoltre, alla nomina del Responsabile della
trasparenza, le cui funzioni, secondo quanto previsto dall’art. 43, co. 1, del d.lgs. n. 33 del 2013 sono
svolte, «di norma», dal Responsabile della prevenzione della corruzione. E’ opportuno precisare che,
laddove la società abbia nominato due soggetti distinti per le funzioni in materia di trasparenza e per
quelle di prevenzione della corruzione, è necessario garantire un coordinamento tra i due soggetti.
Le società controllate sono tenute anche ad adottare autonomamente le misure organizzative
necessarie al fine di assicurare l’accesso civico (art. 5, d.lgs. n. 33 del 2013) e a pubblicare, nella sezione
“Società trasparente”, le informazioni relative alle modalità di esercizio di tale diritto e gli indirizzi di
posta elettronica cui gli interessati possano inoltrare le relative richieste.
2.2.
Le società a partecipazione pubblica non di controllo
Ai fini delle presenti Linee guida, rientrano fra le società a partecipazione pubblica non di controllo
quelle definite dall’art. 11, co. 3, del d.lgs. n. 33/2013 come a partecipazione pubblica non
maggioritaria, ossia quelle in cui le amministrazioni detengono una partecipazione non idonea a
determinare una situazione di controllo ai sensi dell’art. 2359, co. 1, numeri 1 e 2, del codice civile (v.
par. 2).
In considerazione del minor grado di controllo che l’amministrazione esercita sulle società partecipate,
trattandosi di mera partecipazione azionaria, ad avviso dell’Autorità, l’attuazione della normativa in
materia di prevenzione della corruzione comporta oneri minori rispetto a quelli imposti alle società in
controllo pubblico. Per la trasparenza, la stessa legge n. 190 del 2012 e il d.lgs. n. 33 del 2013
prevedono obblighi di pubblicazione ridotti.
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2.2.1. Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione
Le amministrazioni partecipanti promuovono l’adozione del modello di organizzazione e gestione ai
sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 nelle società a cui partecipano. Al riguardo si ricorda che l’art. 1 del
d.lgs. n. 231/2001 dispone espressamente che le sue disposizioni non si applicano solo «allo Stato, agli
enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni
di rilievo costituzionale».
E’ opportuno che il predetto modello di organizzazione e gestione sia integrato, preferibilmente in
una sezione apposita, con misure di organizzazione e gestione idonee a prevenire, nelle attività che
vengono svolte, ulteriori fatti corruttivi come sopra definiti (par. 2.1.1.) in danno alla società e alla
pubblica amministrazione, nel rispetto dei principi contemplati dalla normativa in materia di
prevenzione della corruzione. Le società in questione, in quanto rientranti fra gli enti regolati o
finanziati dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 1, co. 2, lett. d), numero 2), del d.lgs. n.
39/2013, sono tenute a rispettare le norme sulla incompatibilità previste nel medesimo decreto ed, in
particolare, dagli articoli 9 e 10.
Le società a partecipazione pubblica non di controllo restano quindi soggette al regime di
responsabilità previsto dal d.lgs. n. 231/2001 e non sono tenute a nominare il Responsabile della
prevenzione della corruzione, potendo comunque individuare tale figura, nell’ambito della propria
autonomia organizzativa, preferibilmente nel rispetto delle indicazioni fornite nelle presenti Linee
guida.
Qualora le società non abbiano adottato un modello di organizzazione e gestione ai sensi del d.lgs. n.
231/2001, resta comunque ferma la possibilità, anche su indicazione delle amministrazioni
partecipanti, di programmare misure organizzative ai fini di prevenzione della corruzione ex l.
190/2012.
2.2.2. La trasparenza
In virtù dell’art. 1, co. 34, della legge n. 190/2012 e dell’art.11, co. 3, del d.lgs. n. 33 del 2013 alle
società a partecipazione pubblica non di controllo si applicano le regole in tema di trasparenza
contenute nell’art. 1, commi da 15 a 33, della legge n. 190 del 2012, limitatamente «all’attività di
pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea».
Ne consegue che, limitatamente alle attività di pubblico interesse eventualmente svolte, le società a
partecipazione pubblica non di controllo assicurano la pubblicazione nei propri siti web delle
informazioni relative ai procedimenti amministrativi (art. 1, co. 15, l. n. 190/2012), ivi inclusi quelli
posti in essere in deroga alle procedure ordinarie (art. 1, co. 26); al monitoraggio periodico del rispetto
dei tempi procedimentali (art. 1, co. 28); ai bilanci e conti consuntivi (art. 1, co. 15); ai costi unitari di
realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini (art. 1, co. 15); alle
autorizzazioni o concessioni (art. 1, co. 16); alla scelta del contraente per l’affidamento di lavori,
forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al d.lgs. n. 163/2006 (art. 1, co. 16 e 32);
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alle concessioni ed erogazioni di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché
all’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati (art. 1,
co. 16); ai concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale (art. 1, co. 16). Esse rendono noto,
inoltre, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per
trasmettere istanze ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. n. 445/2000 e ricevere informazioni circa i
provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano (art. 1, co. 29).
I dati sono pubblicati in una apposita sezione del sito denominata “Società trasparente”.
Le società partecipate, diversamente dalle società controllate, sono sottoposte, per quanto concerne la
pubblicazione dei dati sull’organizzazione, unicamente agli obblighi di pubblicità di cui agli artt. 14 e
15 del d.lgs. n. 33/2013, in virtù del rinvio operato dall’art. 22, co. 3, del medesimo decreto.
L’interpretazione di queste disposizioni deve essere coordinata con l’art. 11 del d.lgs. n. 33/2013,
come modificato dal d.l. 90/2014 che limita gli obblighi di pubblicazione per le società a
partecipazione pubblica a quelli previsti dall’art. 1, co. da 15 a 33, della legge n. 190/2012.
Ad avviso dell’Autorità, pertanto, la pubblicazione dei dati di cui agli artt. 14 e 15 deve avvenire con
opportuni adattamenti indicati nell’allegato 1 della presente delibera
Per quanto riguarda i dati reddituali e patrimoniali previsti dall’art. 14, l’obbligo di trasparenza si
considera assolto con la pubblicazione dei dati relativi ai soli componenti degli organi di indirizzo
politico-amministrativo nominati o designati dalle amministrazioni partecipanti.
Per ciò che attiene all’art. 15, con particolare riferimento alla pubblicazione dei compensi, comunque
denominati, relativi agli incarichi dirigenziali, questa può avvenire in forma aggregata dando conto
della spesa complessiva sostenuta ciascun anno, con l’indicazione dei livelli più alti e più bassi dei
compensi corrisposti, salvo che la società non provveda ad identificare chiaramente, nell’ambito della
propria struttura, le articolazioni organizzative che svolgono attività di pubblico interesse. In tale
ultimo caso, per i dirigenti preposti alle predette articolazioni organizzative, deve essere indicato il
compenso da ciascuno di essi percepito. Analoghi accorgimenti possono essere osservati per la
pubblicazione dei compensi relativi agli incarichi di collaborazione e consulenza, come indicato
nell’allegato 1.
Inoltre le società partecipate non sono tenute a nominare il Responsabile della trasparenza né ad
adottare il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità ma possono comunque provvedere in
tal senso. E’ auspicabile, in ogni caso, che le società rendano noto, ai fini dell’accountability, come
intendono realizzare la pubblicazione dei dati e i soggetti interni coinvolti.
Poiché le società devono pubblicare i dati e le informazioni sopra elencati, l’Autorità ritiene che per
questi dati e informazioni sia applicabile la normativa sull’accesso civico (art. 5, d.lgs. n. 33 del 2013).
Al fine di assicurare detto accesso, le società partecipate adottano autonomamente le misure
necessarie e pubblicano, nella sezione “Società trasparente”, le informazioni relative alle modalità di
esercizio di tale diritto e gli indirizzi di posta elettronica cui inoltrare le relative richieste.
È opportuno, in aggiunta, che esse prevedano, al proprio interno, una funzione di controllo e di
monitoraggio degli obblighi di pubblicazione, anche al fine di attestare l’assolvimento degli stessi.
Questa funzione è affidata preferibilmente all’Organismo di vigilanza, ferme restando le scelte
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organizzative interne ritenute più idonee, tenuto conto dell’esigenza di limitare gli oneri organizzativi
e di semplificare e valorizzare i sistemi di controllo già esistenti.
Analogamente a quanto indicato per le società controllate, qualora le società a partecipazione pubblica
non di controllo non dispongano di un sito internet in cui costituire la sezione “Società trasparente”,
sarà cura delle amministrazioni partecipanti rendere disponibile una sezione del proprio sito in cui le
società partecipate possano predisporre la sezione “Società trasparente” in cui pubblicare i dati, ferme
restando le rispettive responsabilità.
3. Gli altri enti di diritto privato in controllo pubblico e gli altri enti di diritto privato
partecipati
Per delimitare l’ambito di applicazione delle norme in materia di prevenzione della corruzione agli enti
di diritto privato diversi dalle società è possibile adottare un criterio analogo a quello individuato per
l’applicazione della medesima disciplina alle società pubbliche, identificando quelli che possono
ritenersi sottoposti al controllo delle pubbliche amministrazioni e quelli meramente partecipati.
La distinzione ha effetti sull’applicazione differenziata della normativa anticorruzione in ragione del
diverso grado di coinvolgimento delle amministrazioni negli assetti degli enti come di seguito
approfondito.
3.1.1.
Gli altri enti di diritto privato in controllo pubblico
Ai sensi dell’art. 1, co. 60, della legge n. 190 del 2012, dell’art. 11 del d.lgs. n. 33 del 2013 e dell’art. 1,
co. 2, lettera c), del d.lgs. n. 39 del 2013, sono tenuti all’applicazione della normativa in materia di
prevenzione della corruzione anche gli altri enti di diritto privato in controllo pubblico diversi dalle
società, con particolare riguardo agli enti costituiti in forma di “fondazione” o di “associazione” ai
sensi del Libro I, Titolo II, capo II, del codice civile. Anche per tali enti si pone, analogamente a
quanto avviene per le società controllate, il problema dell’esposizione al rischio di corruzione che il
legislatore ha inteso prevenire con la normativa anticorruzione in relazione alle pubbliche
amministrazioni.
Per quanto concerne l’individuazione degli enti in parola, l’art. 1, co. 2, lettera c), del d.lgs. n. 39/2013
prevede che per «enti di diritto privato in controllo pubblico» si intendono «le società e gli altri enti di
diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore
delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell’art.
2359 del codice civile da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano
riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di
nomina dei vertici o dei componenti degli organi». Il medesimo testo è riproposto nell’art. 11 del d.lgs.
n. 33 del 2013, come sostituito dall’art. 24-bis, co. 1, del dl. n. 90 del 2014, in cui si precisa, tuttavia,
che l’attuazione delle disposizioni in materia di trasparenza deve avvenire da parte di questi enti solo
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limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea.
Dalla disciplina positiva e dall’analisi giurisprudenziale emerge che il fenomeno degli enti di diritto
privato in controllo pubblico è particolarmente complesso. Gli enti in questione hanno caratteristiche
e struttura eterogenee, non sono riconducibili ad una categoria unitaria e non sussiste, per la loro
individuazione, una nozione di controllo analoga a quella dettata dall’art. 2359 del codice civile per le
società.
Si deve trattare di enti, in particolare associazioni e fondazioni, che hanno natura privatistica, non
necessariamente con personalità giuridica, rispetto ai quali sono riconosciuti in capo alle
amministrazioni pubbliche poteri di controllo che complessivamente consentono di esercitare un
potere di ingerenza sull’attività con carattere di continuità ovvero un’influenza dominante sulle
decisioni dell’ente.
Fermo restando il potere di ingerenza, al fine di identificare tali enti, si può utilizzare il metodo della
individuazione di alcuni indici, la cui ricorrenza nel caso concreto può considerarsi sintomatica della
sussistenza di un controllo pubblico. Di seguito si elencano alcuni indici in via esemplificativa:
1. l’istituzione dell’ente in base alla legge o atto dell’amministrazione interessata, oppure la
predeterminazione, ad opera della legge, delle finalità istituzionali o di una disciplina speciale;
2. la nomina dei componenti degli organi di indirizzo e/o direttivi e/o di controllo da parte
dell’amministrazione;
3. il prevalente o parziale finanziamento dell’attività istituzionale con fondi pubblici o il
riconoscimento agli enti del diritto di percepire contributi pubblici. Ciò comporta che la
gestione finanziaria degli stessi sia soggetta al controllo della Corte dei conti con le modalità
previste dall’art. 2 della l. n. 259 del 1958 per la gestione finanziaria degli enti cui lo Stato
contribuisce in via ordinaria;
4. il riconoscimento in capo all’amministrazione di poteri di vigilanza, tra i quali, ad esempio:
-
l’approvazione, da parte dell’amministrazione, dello statuto, delle eventuali delibere di
trasformazione e di scioglimento;
-
l’approvazione, da parte dell’amministrazione, delle altre delibere più significative, come
quelle di programmazione e rendicontazione economico – finanziaria;
-
l’attribuzione all’amministrazione di poteri di scioglimento degli organi e di
commissariamento e/o estinzione in caso di impossibilità al raggiungimento dei fini
statutari o in caso di irregolarità o gravi violazioni di disposizioni legislative nonché in altri
casi stabiliti dallo statuto;
5. la limitazione, da parte della legge, dell’apporto di capitale privato o della partecipazione dei
privati;
6. per le associazioni, la titolarità pubblica della maggioranza delle quote.
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Perché si verifichi l’esistenza di un controllo dell’amministrazione occorre, anche in presenza dei
suddetti indici, procedere ad un’analisi in concreto del rapporto tra amministrazione ed ente. In alcuni
casi è possibile che la presenza anche di uno solo dei suddetti indici sia già idonea a determinare un
controllo vero e proprio, come avviene, ad esempio, nel caso in cui all’amministrazione competa la
nomina della maggioranza dei componenti degli organi direttivi e/o di indirizzo. Questo criterio,
anche isolatamente considerato, consente di individuare una posizione di controllo pubblico, sempre
che a tali organi siano demandate le principali scelte programmatiche. Nella maggioranza dei casi,
invece, verificata la presenza dei predetti indici, occorre procedere ad un’analisi in concreto del
rapporto tra amministrazione ed ente.
Sempre in via generale, può avere rilievo, ai fini della individuazione della categoria, il carattere delle
attività svolte, quali, come si è visto, la finalizzazione delle attività alla realizzazione di un interesse
pubblico: gli enti in questione, pur avendo natura privatistica, svolgono funzioni che rientrano
nell’ambito dei compiti tipicamente appartenenti ai pubblici poteri, ossia funzioni cui le pubbliche
amministrazioni, in loro mancanza, dovrebbero sopperire. L’assimilazione alle amministrazioni
pubbliche si deve alla pubblicità delle attività svolte dai suddetti enti, alla strumentalità degli stessi
rispetto al conseguimento di finalità di chiara impronta pubblicistica. In particolare, secondo il tenore
letterale del d.lgs. n. 33 del 2013 e del d.lgs. n. 39 del 2013, occorre ricondurre alla categoria degli enti
di diritto privato in controllo pubblico quelli che esercitano funzioni amministrative, attività di
produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche, gestiscono servizi pubblici,
ossia servizi qualificati tali perché l’attività in cui consistono si indirizza istituzionalmente al pubblico,
mirando a soddisfare esigenze della collettività in coerenza con i compiti dell’amministrazione
pubblica.
Ai fini dell’identificazione degli enti in questione, spetta, innanzitutto, alle amministrazioni specificare,
anche sulla base delle indicazioni sopra fornite, quali siano gli enti di diritto privato in loro controllo.
Detta ricognizione è resa necessaria dall’art. 22, co. 1, lett. c), del d.lgs. n. 33 del 2013, secondo cui
ciascuna amministrazione è tenuta a pubblicare l’elenco degli enti di diritto privato, comunque
denominati, controllati “con l’indicazione delle funzioni attribuite, delle attività svolte in favore
dell’amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate”.
3.1.2. Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione
Gli enti di diritto privato in controllo pubblico sono tenuti ad applicare la normativa sulla prevenzione
della corruzione. Per quanto attiene alle iniziative da porre in essere, valgono le indicazioni formulate
in relazione alle società controllate (v. par. 2.1.1.).
Le amministrazioni controllanti assicurano, quindi, l’adozione del modello previsto dal d.lgs. n.
231/2001 da integrare con le misure organizzative e di gestione per la prevenzione della corruzione ex
lege n. 190/2012. Gli enti nominano un Responsabile della prevenzione della corruzione nell’ambito
del personale in servizio. Come visto sopra, le misure previste per corrispondere alle finalità della l. n.
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190/2012 sono strettamente correlate al modello di organizzazione e gestione previsto dal d.lgs. n.
231 del 2001, anche se è opportuno che i contenuti siano chiaramente identificabili.
Nelle ipotesi residuali, in cui manchi il modello di organizzazione e gestione previsto dal d.lgs. n. 231
del 2001, gli enti sono comunque tenuti ad adottare misure organizzative di prevenzione della
corruzione in coerenza con le finalità della legge n. 190/2012, analogamente a quanto sopra indicato
per le società in controllo pubblico.
Al RPC spetta la predisposizione delle misure per la prevenzione della corruzione, nonché le proposte
di modifica e di aggiornamento. Le misure sono adottate dall’organo di indirizzo dell’ente. Per i
contenuti e l’aggiornamento delle misure si rinvia a quanto precisato nel paragrafo 2.1.1. con
riferimento alle società in controllo pubblico.
3.1.3. Il Responsabile della prevenzione della corruzione
Per quanto concerne il Responsabile della prevenzione della corruzione, valgono le stesse indicazioni
fornite con riguardo alle società controllate nel paragrafo 2.1.2., al quale dunque si rinvia.
Anche per questi enti, le amministrazioni controllanti inseriscono all’interno dei propri piani di
prevenzione della corruzione le misure, anche organizzative, utili ai fini della vigilanza sull’effettiva
nomina da parte degli enti di diritto privato in controllo pubblico del RPC e sull’adozione di misure
idonee a prevenire fenomeni corruttivi.
3.1.4. La trasparenza
L’art. 11, co. 2, lettera b), del d.lgs. n. 33 del 2013 prevede che sono soggetti a tutti gli obblighi di
trasparenza previsti dal medesimo decreto gli enti di diritto privato in controllo pubblico che
esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle
amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici o i cui vertici o componenti degli organi
siano nominati o designati dalle amministrazioni.
Anche per questi enti, così come per le società in controllo pubblico, la trasparenza deve essere
assicurata sia sull’attività, limitatamente a quella di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale
e dell’Unione europea, sia sull’organizzazione.
Ai fini dell’attuazione del d.lgs. n. 33 del 2013, gli enti di diritto privato in controllo pubblico adottano
il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, nominano il Responsabile della trasparenza, di
norma coincidente con il Responsabile della prevenzione della corruzione, assicurano l’esercizio
dell’accesso civico e istituiscono nel proprio sito web una sezione denominata “Amministrazione
trasparente”.
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Poiché la disciplina è la stessa applicabile alle società in controllo pubblico, si rinvia complessivamente
a quanto precisato nel par. 2.1.3. per dette società.
Per limitare gli oneri derivanti dalla disciplina della trasparenza, qualora gli enti di diritto privato in
controllo pubblico non dispongano di un sito web in cui inserire la sezione «Amministrazione
trasparente», sarà cura delle amministrazioni controllanti rendere disponibile una sezione del proprio
sito in cui gli enti possano pubblicare i dati, ferme restando le rispettive responsabilità.
3.2.
Altri enti di diritto privato partecipati
Sono da ricomprendere tra gli “altri enti di diritto privato partecipati” quegli enti di natura privatistica,
diversi dalle società, non sottoposti a controllo pubblico, cioè quelli le cui decisioni e la cui attività non
risultano soggette al controllo dell’amministrazione nelle forme e nei modi illustrati nel paragrafo 3.1.
Questi enti sono rilevanti ai fini della normativa in materia di prevenzione della corruzione e
trasparenza in quanto comunque partecipati da amministrazioni.
Infatti, detti enti, pur avendo natura di diritto privato, si possono configurare quali strutture
organizzative che hanno un rilievo pubblico in quanto deputate a svolgere attività amministrative
ovvero attività di interesse generale. Nonostante l’autonomia statutaria e gestionale loro riconosciuta,
all’amministrazione sono attribuiti poteri di vigilanza in ragione della natura pubblica dell’attività
svolta. Detti poteri possono sostanziarsi, ad esempio, nell’approvazione da parte dell’amministrazione
degli atti fondamentali, nella formulazione di rilievi sui bilanci, nei compiti di verifica dell’effettiva
tutela dei beneficiari secondo le forme individuate negli statuti.
Nella categoria degli enti di diritto privato solo partecipati da pubbliche amministrazioni rientrano,
anche sulla base della giurisprudenza, ordinaria e costituzionale, le fondazioni bancarie, le casse di
previdenza dei liberi professionisti, le associazioni e le fondazioni derivanti dalla trasformazione per
legge di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza, nonostante l’indubbio rilevo di interesse
generale delle funzioni ad esse attribuite.
3.2.1. Le misure organizzative di prevenzione della corruzione
In considerazione delle finalità istituzionali perseguite da questi enti non viene meno l’interesse
generale alla prevenzione della corruzione. Poiché, però, tali enti non sono considerati in controllo
pubblico essi non sono tenuti ad adottare le misure previste dalla l. n. 190/2012 né a nominare un
Responsabile della prevenzione della corruzione.
E’ compito delle pubbliche amministrazioni partecipanti promuovere, in special modo nel caso in cui
esse corrispondano all’ente forme di finanziamento a vario titolo riconosciute, l’adozione di protocolli
di legalità che disciplinino specifici obblighi di prevenzione della corruzione e di trasparenza,
diversamente calibrati e specificati in base alla tipologia di poteri, di vigilanza, di finanziamento o di
nomina, che l’amministrazione esercita. In questi casi i protocolli di legalità devono disciplinare, ad
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esempio, gli obblighi di trasparenza e di informazione sull’uso delle risorse pubbliche da parte dei
beneficiari. Nel caso di esercizio di soli poteri di vigilanza, occorre che nei protocolli siano indicate le
modalità per rendere tale attività efficace e trasparente, assicurandone la conoscibilità degli esiti.
E’ anche compito delle amministrazioni che a vario titolo vi partecipano, promuovere, da parte di
questi soggetti, l’adozione di modelli come quello previsto nel d.lgs. n. 231 del 2001, laddove ciò sia
compatibile con la dimensione organizzativa degli stessi.
3.2.2. La trasparenza
Per ragioni di coerenza complessiva nell’interpretazione sistematica delle norme, non essendo tali enti
destinatari diretti delle disposizioni contenute nell’art. 11, co. 3, del d.lgs. n. 33 del 2013, le
amministrazioni partecipanti sono tenute a promuovere, all’interno dei protocolli di legalità di cui al
precedente paragrafo, l’applicazione anche da parte di tali enti degli obblighi di trasparenza individuati
per le società a partecipazione pubblica non di controllo.
4. Enti pubblici economici
Gli enti pubblici economici, ancorché svolgano attività di impresa, sono da ritenersi tra i soggetti
destinatari della normativa in materia di anticorruzione e trasparenza in quanto enti che perseguono
finalità pubbliche. L’art. 1, commi 59 e 60, della legge n. 190 del 2012, non può che ricevere una
interpretazione costituzionalmente orientata volta a ricomprendere nel novero dei soggetti tenuti
all’applicazione delle disposizioni di prevenzione della corruzione anche gli enti pubblici economici
atteso che, anche per la natura delle funzioni svolte, essi sono esposti ai medesimi rischi che il
legislatore ha inteso prevenire per le pubbliche amministrazioni, per le società, e gli altri enti di diritto
privato controllati o partecipati. Diversamente, la normativa genererebbe un’evidente asimmetria
applicandosi a soggetti privati, quali le società, che esercitano attività d’impresa, ma non ad enti
pubblici che pure svolgono il medesimo tipo di attività.
Gli enti pubblici economici, d’altra parte, sono da subito stati inclusi dal Piano Nazionale
Anticorruzione tra i soggetti cui applicare le disposizioni in materia di prevenzione della corruzione e
trasparenza della legge n. 190 del 2012. La delibera dell’Autorità n. 50 del 2013 aveva chiarito
l’applicabilità ad essi delle misure di trasparenza, anche se, allora, limitatamente, alle previsioni dei
commi da 15 a 33 dell’art. 1 della legge n. 190. Da ultimo, a ulteriore conferma, è intervenuta la
modifica dell’art. 11 del d.lgs. n. 33 del 2013, che al co. 2, lett. a), si riferisce agli «enti di diritto
pubblico non territoriali, comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica
amministrazione, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati», tra cui rientrano gli enti
pubblici economici, come ha precisato l’Autorità con la delibera n. 144 del 2014.
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4.1.
Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione e il Responsabile della
prevenzione della corruzione
Nella prospettiva indicata, le misure introdotte dalla legge n. 190 del 2012 ai fini di prevenzione della
corruzione si applicano agli enti pubblici economici.
In particolare, considerate le attività svolte in regime di diritto privato e tenuto conto che a tali enti si
applicano le disposizioni previste dal d.lgs. n. 231/2001 appare coerente un’interpretazione delle norme
che prevede l’applicazione delle misure stabilite per le società in controllo pubblico e indicate nei
paragrafi 2.1.1. e 2.1.2. ai quali, dunque, si rinvia.
4.2.
La trasparenza
A seguito delle modifiche introdotte dal d.l. n. 90 del 2014 all’art. 11 del d.lgs. n. 33 del 2013 gli enti
pubblici economici sono tenuti ad osservare la medesima disciplina in materia di trasparenza prevista
per le pubbliche amministrazioni.
Sulla base del nuovo quadro normativo sono, pertanto, da ritenersi superate le indicazioni in materia di
trasparenza rivolte agli enti pubblici economici contenute nella delibera A.N.AC. n. 50 del 2013 e nel
PNA.
Per l’attuazione degli obblighi di trasparenza del d.lgs. n. 33 del 2013 gli enti pubblici economici
adottano il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, nominano il Responsabile della
trasparenza, di norma coincidente con il Responsabile della prevenzione della corruzione, istituiscono
sul proprio sito web una sezione denominata “Amministrazione trasparente” nella quale pubblicano i
documenti, le informazioni e i dati previsti dal d.lgs. n. 33/2013 e assicurano l’esercizio dell’accesso
civico.
5. Attività di vigilanza dell’A.N.AC.
Come sopra ricordato le pubbliche amministrazioni redigono e pubblicano sul proprio sito istituzionale,
ai sensi dell’art. 22, co. 1, del d.lgs. n. 33 del 2013, un elenco degli enti e delle società da esse partecipate
o controllate.
L’attività di vigilanza e controllo dell’A.N.AC., che può comportare anche l’adozione di sanzioni, è
svolta anche tenuto conto di tali elenchi nonché dei dati sulle società partecipate comunicati dalle
pubbliche amministrazioni al Dipartimento del Tesoro del MEF, in attuazione del decreto del
Ministero dell’Economia del 30 luglio 2010(adottato ai sensi dell’art. 2, co. 222, della l. n. 191/2009), e
dell’art. 17, co. 3 e 4, del d.l. n. 90/2014, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014.
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I documenti contenenti le misure di prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012 e i loro
aggiornamenti, ivi inclusi i Programmi triennali per la trasparenza e l’integrità, devono essere pubblicati
esclusivamente nei siti istituzionali delle società e degli enti, nella sezione “Amministrazione
trasparente”/“Società trasparente” sotto-sezione “Altri contenuti – Corruzione”. In una logica di
semplificazione degli oneri, pertanto, essi non devono essere trasmessi all’A.N.AC. né al Dipartimento
della Funzione Pubblica mediante il sistema integrato “PERLA PA”.
6. Disciplina transitoria
Considerate le modifiche apportate dalla disciplina delle presenti Linee guida rispetto ai contenuti del
PNA, le società e gli altri enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché gli enti pubblici
economici, procedono, qualora non l’abbiano già fatto, a nominare tempestivamente il Responsabile
della prevenzione della corruzione affinché predisponga entro il 15 dicembre 2015 una relazione
recante i risultati dell’attività di prevenzione svolta sulla base di quanto già previsto dal PNA e dando
conto delle misure già adottate in attuazione delle presenti Linee guida.
L’adeguamento alle presenti Linee guida, con l’adozione delle misure di organizzazione e gestione per la
prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012, dovrà comunque avvenire entro il 31 gennaio 2016.
Per quanto attiene alla trasparenza, fermo restando quanto già stabilito anche in termini di sanzioni
dall’art. 22 del d.lgs. n. 33/2013, le società e gli enti destinatari delle presenti Linee guida adeguano
tempestivamente i propri siti web con i dati e le informazioni da pubblicare, tenuto conto che le
disposizioni in materia di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33/2013 si applicano a tali soggetti già in virtù di
quanto previsto dall’art. 24 bis del d.l. n. 90/2014.
Per le misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza da introdurre nelle società e negli altri
enti di diritto privato partecipati, le amministrazioni partecipanti promuovono, tempestivamente e
comunque non oltre il 31 dicembre 2015, la stipula dei protocolli di legalità, ove è indicata la cadenza
temporale delle misure da adottare negli enti.
Le presenti Linee guida entrano in vigore dalla data di pubblicazione sul sito istituzionale dell’Autorità.
Il Consiglio ne dispone anche la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Approvato dal Consiglio nella seduta del 17 giugno 2015
Raffaele Cantone
Depositata presso la Segreteria del Consiglio il 23 giugno 2015
Il Segretario, Rosetta Greco
Allegato 1 – Principali adattamenti degli obblighi di trasparenza contenuti nel d.lgs. n. 33/2013 per le
società e gli enti di diritto privato controllati o partecipati da pubbliche amministrazioni
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Il FUTURO
LEGGE 7 agosto 2015, n. 124
Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche
(G.U. n. 187 del 13 agosto 2015)
(…)Art. 7. Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della
corruzione, pubblicità e trasparenza
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno
o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 14 marzo 2013, n.
33, in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni,
nel rispetto dei principi e criteri direttivi stabiliti dall'articolo 1, comma 35, della legge 6 novembre 2012, n.
190, nonché dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) ridefinizione e precisazione dell'ambito soggettivo di applicazione degli obblighi e delle misure in materia
di trasparenza;
b) previsione di misure organizzative, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche ai fini della
valutazione dei risultati, per la pubblicazione nel sito istituzionale dell'ente di appartenenza delle informazioni
concernenti:
1) le fasi dei procedimenti di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti pubblici;
2) il tempo medio di attesa per le prestazioni sanitarie di ciascuna struttura del Servizio sanitario nazionale;
3) il tempo medio dei pagamenti relativi agli acquisti di beni, servizi, prestazioni professionali e forniture,
l'ammontare complessivo dei debiti e il numero delle imprese creditrici, aggiornati periodicamente;
4) le determinazioni dell'organismo di valutazione;
c) riduzione e concentrazione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche, ferme restando le
previsioni in materia di verifica, controllo e sanzioni;
d) precisazione dei contenuti e del procedimento di adozione del Piano nazionale anticorruzione, dei piani di
prevenzione della corruzione e della relazione annuale del responsabile della prevenzione della corruzione,
anche attraverso la modifica della relativa disciplina legislativa, anche ai fini della maggiore efficacia dei
controlli in fase di attuazione, della differenziazione per settori e dimensioni, del coordinamento con gli
strumenti di misurazione e valutazione delle performance nonché dell'individuazione dei principali rischi e dei
relativi rimedi; conseguente ridefinizione dei ruoli, dei poteri e delle responsabilità dei soggetti interni che
intervengono nei relativi processi;
e) razionalizzazione e precisazione degli obblighi di pubblicazione nel sito istituzionale, ai fini di eliminare le
duplicazioni e di consentire che tali obblighi siano assolti attraverso la pubblicità totale o parziale di banche
dati detenute da pubbliche amministrazioni;
f) definizione, in relazione alle esigenze connesse allo svolgimento dei compiti istituzionali e fatto salvo
quanto previsto dall'articolo 31 della legge 3 agosto 2007, n. 124, e successive modificazioni, dei diritti dei
membri del Parlamento inerenti all'accesso ai documenti amministrativi e alla verifica dell'applicazione delle
norme sulla trasparenza amministrativa, nonché dei limiti derivanti dal segreto o dal divieto di divulgazione e
dei casi di esclusione a tutela di interessi pubblici e privati;
g) individuazione dei soggetti competenti all'irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di
trasparenza;
h) fermi restando gli obblighi di pubblicazione, riconoscimento della libertà di informazione attraverso il
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diritto di accesso, anche per via telematica, di chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni
giuridicamente rilevanti, ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, salvi i casi di
segreto o di divieto di divulgazione previsti dall'ordinamento e nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di
interessi pubblici e privati, al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni
istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche; semplificazione delle procedure di iscrizione negli elenchi dei
fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa istituiti ai
sensi dell'articolo 1, comma 52, della legge 6 novembre 2012, n. 190, e successive modificazioni, con
modifiche della relativa disciplina, mediante l'unificazione o l'interconnessione delle banche dati delle
amministrazioni centrali e periferiche competenti, e previsione di un sistema di monitoraggio semestrale,
finalizzato all'aggiornamento degli elenchi costituiti presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo;
previsione di sanzioni a carico delle amministrazioni che non ottemperano alle disposizioni normative in
materia di accesso, di procedure di ricorso all'Autorità nazionale anticorruzione in materia di accesso civico e
in materia di accesso ai sensi della presente lettera, nonché della tutela giurisdizionale ai sensi dell'articolo
116 del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104,
e successive modificazioni.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro delegato per la semplificazione
e la pubblica amministrazione, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e del parere del Consiglio di Stato, che sono resi nel termine
di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale
il Governo può comunque procedere. Lo schema di ciascun decreto legislativo è successivamente trasmesso
alle Camere per l'espressione dei pareri della Commissione parlamentare per la semplificazione e delle
Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di
sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque
adottato. Se il termine previsto per il parere cade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine
previsto al comma 1 o successivamente, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni. Il Governo,
qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue
osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e
motivazione. Le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo
entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono
comunque essere adottati.
3. In attesa della realizzazione del sistema unico nazionale di cui all'articolo 2, comma 82, della legge 24
dicembre 2007, n. 244, il Governo è delegato ad adottare, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, uno o più decreti legislativi per la ristrutturazione e la razionalizzazione delle spese
relative alle prestazioni di cui all'articolo 5, comma 1, lettera i-bis), del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio
2002, n. 115, anche se rese anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, secondo i
seguenti principi e criteri direttivi:
a) revisione delle voci di listino per prestazioni obbligatorie, tenendo conto dell'evoluzione dei costi e dei
servizi, in modo da conseguire un risparmio di spesa di almeno il 50 per cento rispetto alle tariffe stabilite
con il decreto del Ministro delle comunicazioni 26 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 104 del 7
maggio 2001;
b) adozione di un tariffario per le prestazioni funzionali alle operazioni di intercettazione sulla base del costo
medio per tipologia di prestazione rilevato dall'amministrazione giudiziaria nel biennio precedente, al fine di
conseguire un risparmio di spesa complessivo pari almeno al 50 per cento;
c) definizione dei criteri e delle modalità per l'adeguamento delle spettanze relative alle operazioni di
intercettazione in conseguenza delle innovazioni scientifiche, tecnologiche e organizzative;
d) armonizzazione delle disposizioni previste dal testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in
materia di liquidazione delle spese di intercettazione, anche al fine di velocizzare le operazioni di
pagamento;
e) abrogazione di ogni altra disposizione precedente incompatibile con i principi di cui al presente comma.
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4. I decreti legislativi di cui al comma 3 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, previa
acquisizione del parere del Consiglio di Stato, che è reso nel termine di quarantacinque giorni dalla data di
trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere.
Lo schema di ciascun decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione dei
pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel
termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere
comunque adottato. Se il termine previsto per il parere cade nei trenta giorni che precedono la scadenza del
termine previsto al comma 3 o successivamente, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni. Il
Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere
con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di
informazione e motivazione. Le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni
del Governo entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i
decreti possono comunque essere adottati.
5. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui ai commi 1 e 3, il
Governo può adottare, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e della procedura di cui al presente articolo,
uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.(…)
Art. 8. Riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato
(…)1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei
Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali. I decreti legislativi
sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) con riferimento all'amministrazione centrale e a quella periferica: riduzione degli uffici e del personale
anche dirigenziale destinati ad attività strumentali, fatte salve le esigenze connesse ad eventuali processi di
reinternalizzazione di servizi, e correlativo rafforzamento degli uffici che erogano prestazioni ai cittadini e alle
imprese; preferenza in ogni caso, salva la dimostrata impossibilità, per la gestione unitaria dei servizi
strumentali, attraverso la costituzione di uffici comuni e previa l'eventuale collocazione delle sedi in edifici
comuni o contigui; riordino, accorpamento o soppressione degli uffici e organismi al fine di eliminare
duplicazioni o sovrapposizioni di strutture o funzioni, adottare i provvedimenti conseguenti alla ricognizione
di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla
legge 11 agosto 2014, n. 114, e completare l'attuazione dell'articolo 20 dello stesso decreto-legge n. 90 del
2014, secondo principi di semplificazione, efficienza, contenimento della spesa e riduzione degli organi;
razionalizzazione e potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia anche in funzione di una migliore
cooperazione sul territorio al fine di evitare sovrapposizioni di competenze e di favorire la gestione associata
dei servizi strumentali; istituzione del numero unico europeo 112 su tutto il territorio nazionale con centrali
operative da realizzare in ambito regionale, secondo le modalità definite con i protocolli d'intesa adottati ai
sensi dell'articolo 75-bis, comma 3, del codice di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259; riordino
delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e
dei controlli nel settore agroalimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed
eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia, fatte salve le competenze del medesimo
Corpo forestale in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e di spegnimento con mezzi aerei degli
stessi da attribuire al Corpo nazionale dei vigili del fuoco con le connesse risorse e ferme restando la
garanzia degli attuali livelli di presidio dell'ambiente, del territorio e del mare e della sicurezza agroalimentare
e la salvaguardia delle professionalità esistenti, delle specialità e dell'unitarietà delle funzioni da attribuire,
assicurando la necessaria corrispondenza tra le funzioni trasferite e il transito del relativo personale;
conseguenti modificazioni agli ordinamenti del personale delle Forze di polizia di cui all'articolo 16 della legge
1º aprile 1981, n. 121, in aderenza al nuovo assetto funzionale e organizzativo, anche attraverso:
1) la revisione della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione in carriera,
tenendo conto del merito e delle professionalità, nell'ottica della semplificazione delle relative procedure,
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prevedendo l'eventuale unificazione, soppressione ovvero istituzione di ruoli, gradi e qualifiche e la
rideterminazione delle relative dotazioni organiche, comprese quelle complessive di ciascuna Forza di polizia,
in ragione delle esigenze di funzionalità e della consistenza effettiva alla data di entrata in vigore della
presente legge, ferme restando le facoltà assunzionali previste alla medesima data, nonché assicurando il
mantenimento della sostanziale equiordinazione del personale delle Forze di polizia e dei connessi
trattamenti economici, anche in relazione alle occorrenti disposizioni transitorie, fermi restando le peculiarità
ordinamentali e funzionali del personale di ciascuna Forza di polizia, nonché i contenuti e i principi di cui
all'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, e tenuto conto dei criteri di delega della presente legge,
in quanto compatibili;
2) in caso di assorbimento del Corpo forestale dello Stato, anche in un'ottica di razionalizzazione dei costi, il
transito del personale nella relativa Forza di polizia, nonché la facoltà di transito, in un contingente limitato,
previa determinazione delle relative modalità, nelle altre Forze di polizia, in conseguente corrispondenza
delle funzioni alle stesse attribuite e già svolte dal medesimo personale, con l'assunzione della relativa
condizione, ovvero in altre amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nell'ambito delle relative dotazioni organiche, con
trasferimento delle corrispondenti risorse finanziarie. Resta ferma la corresponsione, sotto forma di assegno
ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici, a qualsiasi titolo conseguiti, della
differenza, limitatamente alle voci fisse e continuative, fra il trattamento economico percepito e quello
corrisposto in relazione alla posizione giuridica ed economica di assegnazione;
3) l'utilizzo, previa verifica da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero
dell'economia e delle finanze, di una quota parte dei risparmi dispesa di natura permanente, non superiore al
50 per cento, derivanti alle Forze di polizia dall'attuazione della presente lettera, fermo restando quanto
previsto dall'articolo 23 della presente legge, tenuto anche conto di quanto previsto dall'articolo 3, comma
155, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350;
4) previsione che il personale tecnico del Corpo forestale dello Stato svolga altresì le funzioni di ispettore
fitosanitario di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, e successive modificazioni;
riordino dei corpi di polizia provinciale, in linea con la definizione dell'assetto delle funzioni di cui alla legge 7
aprile 2014, n. 56, escludendo in ogni caso la confluenza nelle Forze di polizia; ottimizzazione dell'efficacia
delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, mediante modifiche al decreto legislativo 8 marzo
2006, n. 139, in relazione alle funzioni e ai compiti del personale permanente e volontario del medesimo
Corpo e conseguente revisione del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, anche con soppressione e
modifica dei ruoli e delle qualifiche esistenti ed eventuale istituzione di nuovi appositi ruoli e qualifiche, con
conseguente rideterminazione delle relative dotazioni organiche e utilizzo, previa verifica da parte del
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, di una quota
parte dei risparmi di spesa di natura permanente, non superiore al 50 per cento, derivanti al Corpo nazionale
dei vigili del fuoco dall'attuazione della presente delega, fermo restando quanto previsto dall'articolo 23 della
presente legge;
b) con riferimento alle forze operanti in mare, fermi restando l'organizzazione, anche logistica, e lo
svolgimento delle funzioni e dei compiti di polizia da parte delle Forze di polizia, eliminazione delle
duplicazioni organizzative, logistiche e funzionali, nonché ottimizzazione di mezzi e infrastrutture, anche
mediante forme obbligatorie di gestione associata, con rafforzamento del coordinamento tra Corpo delle
capitanerie di porto e Marina militare, nella prospettiva di un'eventuale maggiore integrazione;
c) con riferimento alla sola amministrazione centrale, applicare i principi e criteri direttivi di cui agli articoli
11, 12 e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché, all'esclusivo fine di attuare
l'articolo 95 della Costituzione e di adeguare le statuizioni dell'articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 400,
definire:
1) le competenze regolamentari e quelle amministrative funzionali al mantenimento dell'unità dell'indirizzo e
alla promozione dell'attività dei Ministri da parte del Presidente del Consiglio dei ministri;
2) le attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri in materia di analisi, definizione e valutazione
delle politiche pubbliche;
3) i procedimenti di designazione o di nomina di competenza, diretta o indiretta, del Governo o di singoli
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Ministri, in modo da garantire che le scelte, quand'anche da formalizzarsi con provvedimenti di singoli
Ministri, siano oggetto di esame in Consiglio dei ministri;
4) la disciplina degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri, dei vice ministri e dei sottosegretari di Stato,
con determinazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri delle risorse finanziarie destinate ai
suddetti uffici, in relazione alle attribuzioni e alle dimensioni dei rispettivi Ministeri, anche al fine di garantire
un'adeguata qualificazione professionale del relativo personale, con eventuale riduzione del numero e
pubblicazione dei dati nei siti istituzionali delle relative amministrazioni;
5) le competenze in materia di vigilanza sulle agenzie governative nazionali, al fine di assicurare l'effettivo
esercizio delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, nel rispetto del principio di separazione
tra indirizzo politico e gestione;
6) razionalizzazione con eventuale soppressione degli uffici ministeriali le cui funzioni si sovrappongono a
quelle proprie delle autorità indipendenti e viceversa; individuazione di criteri omogenei per la
determinazione del trattamento economico dei componenti e del personale delle autorità indipendenti, in
modo da evitare maggiori oneri per la finanza pubblica, salvaguardandone la relativa professionalità;
individuazione di criteri omogenei di finanziamento delle medesime autorità, tali da evitare maggiori oneri
per la finanza pubblica, mediante la partecipazione, ove non attualmente prevista, delle imprese operanti nei
settori e servizi di riferimento, o comunque regolate o vigilate;
7) introduzione di maggiore flessibilità nella disciplina relativa all'organizzazione dei Ministeri, da realizzare
con la semplificazione dei procedimenti di adozione dei regolamenti di organizzazione, anche modificando la
competenza ad adottarli; introduzione di modifiche al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, per
consentire il passaggio dal modello dei dipartimenti a quello del segretario generale e viceversa in relazione
alle esigenze di coordinamento; definizione dei predetti interventi assicurando comunque la compatibilità
finanziaria degli stessi, anche attraverso l'espressa previsione della partecipazione ai relativi procedimenti dei
soggetti istituzionalmente competenti a tal fine;
d) con riferimento alle amministrazioni competenti in materia di autoveicoli: riorganizzazione, ai fini della
riduzione dei costi connessi alla gestione dei dati relativi alla proprietà e alla circolazione dei veicoli e della
realizzazione di significativi risparmi per l'utenza, anche mediante trasferimento, previa valutazione della
sostenibilità organizzativa ed economica, delle funzioni svolte dagli uffici del Pubblico registro automobilistico
al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con conseguente introduzione di un'unica modalità di
archiviazione finalizzata al rilascio di un documento unico contenente i dati di proprietà e di circolazione di
autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, da perseguire anche attraverso l'eventuale istituzione di un'agenzia o
altra struttura sottoposta alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica; svolgimento delle relative funzioni con le risorse umane, finanziarie e
strumentali disponibili a legislazione vigente;
e) con riferimento alle Prefetture-Uffici territoriali del Governo: a completamento del processo di
riorganizzazione, in combinato disposto con i criteri stabiliti dall'articolo 10 del decreto-legge 6 luglio 2012, n.
95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ed in armonia con le previsioni
contenute nella legge 7 aprile 2014, n. 56, razionalizzazione della rete organizzativa e revisione delle
competenze e delle funzioni attraverso la riduzione del numero, tenendo conto delle esigenze connesse
all'attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56, in base a criteri inerenti all'estensione territoriale, alla
popolazione residente, all'eventuale presenza della città metropolitana, alle caratteristiche del territorio, alla
criminalità, agli insediamenti produttivi, alle dinamiche socio-economiche, al fenomeno delle immigrazioni sui
territori fronte rivieraschi e alle aree confinarie con flussi migratori; trasformazione della Prefettura-Ufficio
territoriale del Governo in Ufficio territoriale dello Stato, quale punto di contatto unico tra amministrazione
periferica dello Stato e cittadini; attribuzione al prefetto della responsabilità dell'erogazione dei servizi ai
cittadini, nonché di funzioni di direzione e coordinamento dei dirigenti degli uffici facenti parte dell'Ufficio
territoriale dello Stato, eventualmente prevedendo l'attribuzione allo stesso di poteri sostitutivi, ferma
restando la separazione tra funzioni di amministrazione attiva e di controllo, e di rappresentanza
dell'amministrazione statale, anche ai fini del riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi di cui
all'articolo 2; coordinamento e armonizzazione delle disposizioni riguardanti l'Ufficio territoriale dello Stato,
con eliminazione delle sovrapposizioni e introduzione delle modifiche a tal fine necessarie; confluenza
nell'Ufficio territoriale dello Stato di tutti gli uffici periferici delle amministrazioni civili dello Stato; definizione
dei criteri per l'individuazione e l'organizzazione della sede unica dell'Ufficio territoriale dello Stato;
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individuazione delle competenze in materia di ordine e sicurezza pubblica nell'ambito dell'Ufficio territoriale
dello Stato, fermo restando quanto previsto dalla legge 1º aprile 1981, n. 121; individuazione della
dipendenza funzionale del prefetto in relazione alle competenze esercitate;
f) con riferimento a enti pubblici non economici nazionali e soggetti privati che svolgono attività omogenee:
semplificazione e coordinamento delle norme riguardanti l'ordinamento sportivo, con il mantenimento della
sua specificità; riconoscimento delle peculiarità dello sport per persone affette da disabilità e scorporo dal
Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) del Comitato italiano paralimpico con trasformazione del
medesimo in ente autonomo di diritto pubblico senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, nella
previsione che esso utilizzi parte delle risorse finanziarie attualmente in disponibilità o attribuite al CONI e si
avvalga per tutte le attività strumentali, ivi comprese le risorse umane, di CONI Servizi spa, attraverso un
apposito contratto di servizio; previsione che il personale attualmente in servizio presso il Comitato italiano
paralimpico transiti in CONI Servizi spa; riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina
concernente le autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, con particolare riferimento al
numero, all'individuazione di autorità di sistema nonché alla governance tenendo conto del ruolo delle
regioni e degli enti locali e alla semplificazione e unificazione delle procedure doganali e amministrative in
materia di porti.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore del primo dei decreti legislativi di cui al comma 1, sono definiti i criteri per la ricognizione dettagliata
ed esaustiva, da effettuare decorso un anno dall'adozione dei provvedimenti di riordino, accorpamento o
soppressione di cui al comma 1, lettera a), di tutte le funzioni e le competenze attribuite alle amministrazioni
pubbliche, statali e locali, inclusi gli uffici e gli organismi oggetto di riordino in conformità al predetto comma
1, al fine di semplificare l'esercizio delle funzioni pubbliche, secondo criteri di trasparenza, efficienza, non
duplicazione ed economicità, e di coordinare e rendere efficiente il rapporto tra amministrazione dello Stato
ed enti locali.
3. Per l'istituzione del numero unico europeo 112, di cui al comma 1, lettera a), è autorizzata la spesa di 10
milioni di euro per l'anno 2015, di 20 milioni di euro per l'anno 2016 e di 28 milioni di euro annui dal 2017 al
2024. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale
di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva
e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero
dell'interno.
4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
variazioni di bilancio. 5. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro delegato
per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze
e con i Ministri interessati, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e del parere del Consiglio di Stato, che sono resi nel termine di
quarantacinque giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il
Governo può comunque procedere. Lo schema di ciascun decreto legislativo è successivamente trasmesso
alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili
finanziari e della Commissione parlamentare per la semplificazione, che si pronunciano nel termine di
sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque
adottato. Se il termine previsto per il parere cade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine
previsto al comma 1 o successivamente, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni. Il Governo,
qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue
osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e
motivazione. Le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo
entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono
comunque essere adottati.
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6. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il
Governo può adottare, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e della procedura di cui al presente articolo,
uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.
7. Nei territori delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano restano
ferme tutte le attribuzioni spettanti ai rispettivi Corpi forestali regionali e provinciali, anche con riferimento
alle funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, secondo la disciplina vigente in materia e salve le
diverse determinazioni organizzative, da assumere con norme di attuazione degli statuti speciali, che
comunque garantiscano il coordinamento in sede nazionale delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente,
del territorio e del mare, nonché la sicurezza e i controlli nel settore agroalimentare. Restano altresì ferme le
funzioni attribuite ai presidenti delle suddette regioni e province autonome in materia di funzioni prefettizie,
in conformità a quanto disposto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.(…)
Art. 17. Riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
(…)1. I decreti legislativi per il riordino della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa sono adottati, sentite le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli di cui
all'articolo 16:
a) previsione nelle procedure concorsuali pubbliche di meccanismi di valutazione finalizzati a valorizzare
l'esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le
amministrazioni pubbliche, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta
collaborazione degli organi politici e ferma restando, comunque, la garanzia di un adeguato accesso
dall'esterno;
b) previsione di prove concorsuali che privilegino l'accertamento della capacità dei candidati di utilizzare e
applicare a problemi specifici e casi concreti nozioni teoriche, con possibilità di svolgere unitariamente la
valutazione dei titoli e le prove concorsuali relative a diversi concorsi;
c) svolgimento dei concorsi, per tutte le amministrazioni pubbliche, in forma centralizzata o aggregata, con
effettuazione delle prove in ambiti territoriali sufficientemente ampi da garantire adeguate partecipazione ed
economicità dello svolgimento della procedura concorsuale, e con applicazione di criteri di valutazione
uniformi, per assicurare omogeneità qualitativa e professionale in tutto il territorio nazionale per funzioni
equivalenti; revisione delle modalità di espletamento degli stessi, in particolare con la predisposizione di
strumenti volti a garantire l'effettiva segretezza dei temi d'esame fino allo svolgimento delle relative prove, di
misure di pubblicità sui temi di concorso e di forme di preselezione dei componenti delle commissioni;
gestione dei concorsi per il reclutamento del personale degli enti locali a livello provinciale; definizione di
limiti assoluti e percentuali, in relazione al numero dei posti banditi, per gli idonei non vincitori; riduzione dei
termini di validità delle graduatorie; per le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e aventi graduatorie in vigore alla data di approvazione dello
schema di decreto legislativo di cui al presente
comma, in attuazione dell'articolo 1, commi 424 e 425, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nel rispetto dei
limiti di finanza pubblica, l'introduzione di norme transitorie finalizzate esclusivamente
all'assunzione dei vincitori di concorsi pubblici, le cui graduatorie siano state approvate e pubblicate entro la
data di entrata in vigore della presente legge;
d) soppressione del requisito del voto minimo di laurea per la partecipazione ai concorsi per l'accesso agli
impieghi nelle pubbliche amministrazioni;
e) previsione dell'accertamento della conoscenza della lingua inglese e di altre lingue, quale requisito di
partecipazione al concorso o titolo di merito valutabile dalle commissioni giudicatrici, secondo modalità
definite dal bando anche in relazione ai posti da coprire;
f) valorizzazione del titolo di dottore di ricerca, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 7,
della legge 3 luglio 1998, n. 210, e dall'articolo 17, comma 111, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e
successive modificazioni;
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g) introduzione di un sistema informativo nazionale, finalizzato alla formulazione di indirizzi generali e di
parametri di riferimento in grado di orientare la programmazione delle assunzioni anche in relazione agli
interventi di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche; rafforzamento della funzione di coordinamento
e di controllo del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri in relazione
alle assunzioni del personale appartenente alle categorie protette;
h) attribuzione, con le risorse attualmente disponibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,
all'Agenzia di cui all'articolo 46 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, di funzioni di supporto tecnico
ai fini dell'attuazione delle lettere g) e i) del presente comma, delle funzioni di controllo sull'utilizzo delle
prerogative sindacali, nonché di funzioni di supporto tecnico alle amministrazioni rappresentate nelle funzioni
di misurazione e valutazione della performance e nelle materie inerenti alla gestione del personale, previa
stipula di apposite convenzioni, e rafforzamento della funzione di assistenza ai fini della contrattazione
integrativa; concentrazione delle sedi di contrattazione integrativa, revisione del relativo sistema dei controlli
e potenziamento degli strumenti di monitoraggio sulla stessa; definizione dei termini e delle modalità di
svolgimento della funzione di consulenza in materia di contrattazione integrativa; definizione delle materie
escluse dalla contrattazione integrativa anche al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la
valorizzazione del merito e la parità di trattamento tra categorie omogenee, nonché di accelerare le
procedure negoziali;
i) rilevazione delle competenze dei lavoratori pubblici;
l) riorganizzazione delle funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per
malattia dei dipendenti pubblici, al fine di garantire l'effettività del controllo, con attribuzione all'Istituto
nazionale della previdenza sociale della relativa competenza e delle risorse attualmente impiegate dalle
amministrazioni pubbliche per l'effettuazione degli accertamenti, previa intesa in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per la
quantificazione delle predette risorse finanziarie e per la definizione delle modalità d'impiego del personale
medico attualmente adibito alle predette funzioni, senza maggiori oneri per la finanza pubblica e con la
previsione del prioritario ricorso alle liste di cui all'articolo 4, comma 10-bis, del decreto-legge 31 agosto
2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e successive modificazioni;
m) definizione di obiettivi di contenimento delle assunzioni, differenziati in base agli effettivi fabbisogni;
n) per garantire un'efficace integrazione nell'ambiente di lavoro delle persone con disabilità di cui alla legge
12 marzo 1999, n. 68, previsione della nomina, da parte del Ministro per la semplificazione e la pubblica
amministrazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di una Consulta nazionale, composta
da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali e territoriali, sentita la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dei sindacati maggiormente rappresentativi e
delle associazioni di categoria, con il compito di:
1) elaborare piani per ottemperare agli obblighi derivanti dalla legge 12 marzo 1999, n. 68;
2) prevedere interventi straordinari per l'adozione degli accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro
previsti dall'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216;
3) monitorare e controllare l'obbligo di trasmissione annuale da parte delle pubbliche amministrazioni alla
Consulta, al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero del
lavoro e delle politiche sociali nonché al centro per l'impiego territorialmente competente della
comunicazione relativa ai posti riservati ai lavoratori disabili non coperti e di un programma relativo a tempi
e modalità di copertura della quota di riserva prevista dalla normativa vigente, nel rispetto dei vincoli
normativi in materia di assunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni;
o) disciplina delle forme di lavoro flessibile, con individuazione di limitate e tassative fattispecie,
caratterizzate dalla compatibilità con la peculiarità del rapporto di lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche e con le esigenze organizzative e funzionali di queste ultime, anche al fine di
prevenire il precariato;
p) previsione della facoltà, per le amministrazioni pubbliche, di promuovere il ricambio generazionale
mediante la riduzione su base volontaria e non revocabile dell'orario di lavoro e della retribuzione del
personale in procinto di essere collocato a riposo, garantendo, attraverso la contribuzione volontaria ad
integrazione ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, la possibilità di
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conseguire l'invarianza della contribuzione previdenziale, consentendo nel contempo, nei limiti delle risorse
effettivamente accertate a seguito della conseguente minore spesa per retribuzioni, l'assunzione anticipata di
nuovo personale, nel rispetto della normativa vigente in materia di vincoli assunzionali. Il ricambio
generazionale di cui alla presente lettera non deve comunque determinare nuovi o maggiori oneri a carico
degli enti previdenziali e delle amministrazioni pubbliche;
q) progressivo superamento della dotazione organica come limite alle assunzioni fermi restando i limiti di
spesa anche al fine di facilitare i processi di mobilità;
r) semplificazione delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici, di riconoscimento del merito
e di premialità; razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, anche al fine della migliore
valutazione delle politiche; sviluppo di sistemi distinti per la misurazione dei risultati raggiunti
dall'organizzazione e dei risultati raggiunti dai singoli dipendenti; potenziamento dei processi di valutazione
indipendente del livello di efficienza e qualità dei servizi e delle attività delle amministrazioni pubbliche e
degli impatti da queste prodotti, anche mediante il ricorso a standard di riferimento e confronti; riduzione
degli adempimenti in materia di programmazione anche attraverso una maggiore integrazione con il ciclo di
bilancio; coordinamento della disciplina in materia di valutazione e controlli interni; previsione di forme di
semplificazione specifiche per i diversi settori della pubblica amministrazione;
s) introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad
accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione
disciplinare;
t) rafforzamento del principio di separazione tra indirizzo politico-amministrativo e gestione e del
conseguente regime di responsabilità dei dirigenti, attraverso l'esclusiva imputabilità agli stessi della
responsabilità amministrativo-contabile per l'attività gestionale;
u) razionalizzazione dei flussi informativi dalle amministrazioni pubbliche alle amministrazioni centrali e
concentrazione degli stessi in ambiti temporali definiti;
v) riconoscimento alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano della
potestà legislativa in materia di lavoro del proprio personale dipendente, nel rispetto della disciplina
nazionale sull'ordinamento del personale alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, come definita
anche dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dei principi di coordinamento della finanza pubblica,
anche con riferimento alla normativa volta al contenimento del costo del personale, nonché dei rispettivi
statuti speciali e delle relative norme di attuazione. Dalle disposizioni di cui alla presente lettera non devono
derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
z) al fine di garantire un'efficace integrazione in ambiente di lavoro di persone con disabilità ai sensi
della legge 12 marzo 1999, n. 68, previsione della nomina, da parte delle amministrazioni pubbliche con più
di 200 dipendenti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con le risorse umane, finanziarie e
strumentali disponibili a legislazione vigente, di un responsabile dei processi di inserimento, definendone i
compiti con particolare riferimento alla garanzia dell'accomodamento ragionevole di cui all'articolo 3, comma
3-bis, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216; previsione dell'obbligo di trasmissione annuale da parte
delle amministrazioni pubbliche al Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al
Ministro del lavoro e delle politiche sociali oltre che al centro per l'impiego territorialmente competente, non
solo della comunicazione relativa alle scoperture di posti riservati ai lavoratori disabili, ma anche di una
successiva dichiarazione relativa a tempi e modalità di copertura della quota di riserva prevista dalla
normativa vigente, nel rispetto dei vincoli normativi assunzionali delle amministrazioni pubbliche, nonché
previsione di adeguate sanzioni per il mancato invio della suddetta dichiarazione, anche in termini di
avviamento numerico di lavoratori con disabilità da parte del centro per l'impiego territorialmente
competente.
2. Le deleghe di cui all'articolo 11 e al presente articolo possono essere esercitate congiuntamente mediante
l'adozione di uno o più decreti legislativi secondo la procedura di cui all'articolo 16, purché i decreti siano
adottati entro il termine di cui all'articolo 11, comma 1.
3. All'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7
agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, il terzo periodo è sostituito dai seguenti: «Gli incarichi, le
cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli
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incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno,
non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione.».(…)
Art. 18. Riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche
(…)1. Il decreto legislativo per il riordino della disciplina in materia di partecipazioni societarie delle
amministrazioni pubbliche è adottato al fine prioritario di assicurare la chiarezza della disciplina, la
semplificazione normativa e la tutela e promozione della concorrenza, con particolare riferimento al
superamento dei regimi transitori, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi, che si aggiungono a
quelli di cui all'articolo 16:
a) distinzione tra tipi di società in relazione alle attività svolte, agli interessi pubblici di riferimento, alla
misura e qualità della partecipazione e alla sua natura diretta o indiretta, alla modalità diretta o mediante
procedura di evidenza pubblica dell'affidamento, nonché alla quotazione in borsa o all'emissione di strumenti
finanziari quotati nei mercati regolamentati, e individuazione della relativa disciplina, anche in base al
principio di proporzionalità delle deroghe rispetto alla disciplina privatistica, ivi compresa quella in materia di
organizzazione e crisi d'impresa;
b) ai fini della razionalizzazione e riduzione delle partecipazioni pubbliche secondo criteri di efficienza,
efficacia ed economicità, ridefinizione della disciplina, delle condizioni e dei limiti per la costituzione di
società, l'assunzione e il mantenimento di partecipazioni societarie da parte di amministrazioni pubbliche
entro il perimetro dei compiti istituzionali o di ambiti strategici per la tutela di interessi pubblici rilevanti,
quale la gestione di servizi di interesse economico generale; applicazione dei principi della presente lettera
anche alle partecipazioni pubbliche già in essere;
c) precisa definizione del regime delle responsabilità degli amministratori delle amministrazioni partecipanti
nonché dei dipendenti e degli organi di gestione e di controllo delle società partecipate;
d) definizione, al fine di assicurare la tutela degli interessi pubblici, la corretta gestione delle risorse e la
salvaguardia dell'immagine del socio pubblico, dei requisiti e della garanzia di onorabilità dei candidati e dei
componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società, anche al fine di garantirne l'autonomia
rispetto agli enti proprietari;
e) razionalizzazione dei criteri pubblicistici per gli acquisti e il reclutamento del personale, per i vincoli alle
assunzioni e le politiche retributive, finalizzati al contenimento dei costi, tenendo conto delle distinzioni di cui
alla lettera a) e introducendo criteri di valutazione oggettivi, rapportati al valore anche economico dei
risultati; previsione che i risultati economici positivi o negativi ottenuti assumano rilievo ai fini del compenso
economico variabile degli amministratori in considerazione dell'obiettivo di migliorare la qualità del servizio
offerto ai cittadini e tenuto conto della congruità della tariffa e del costo del servizio;
f) promozione della trasparenza e dell'efficienza attraverso l'unificazione, la completezza e la massima
intelligibilità dei dati economico-patrimoniali e dei principali indicatori di efficienza, nonché la loro pubblicità e
accessibilità;
g) attuazione dell'articolo 151, comma 8, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,
in materia di consolidamento delle partecipazioni nei bilanci degli enti proprietari;
h) eliminazione di sovrapposizioni tra regole e istituti pubblicistici e privatistici ispirati alle medesime esigenze
di disciplina e controllo;
i) possibilità di piani di rientro per le società con bilanci in disavanzo con eventuale commissariamento;
l) regolazione dei flussi finanziari, sotto qualsiasi forma, tra amministrazione pubblica e società partecipate
secondo i criteri di parità di trattamento tra imprese pubbliche e private e operatore di mercato;
m) con riferimento alle società partecipate dagli enti locali:
1) per le società che gestiscono servizi strumentali e funzioni amministrative, definizione di criteri e
procedure per la scelta del modello societario e per l'internalizzazione nonché di procedure, limiti e condizioni
per l'assunzione, la conservazione e la razionalizzazione di partecipazioni, anche in relazione al numero dei
dipendenti, al fatturato e ai risultati di gestione;
2) per le società che gestiscono servizi pubblici di interesse economico generale, individuazione di un
numero massimo di esercizi con perdite di bilancio che comportino obblighi di liquidazione delle società,
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nonché definizione, in conformità con la disciplina dell'Unione europea, di criteri e strumenti di gestione volti
ad assicurare il perseguimento dell'interesse pubblico e ad evitare effetti distorsivi sulla concorrenza, anche
attraverso la disciplina dei contratti di servizio e delle carte dei diritti degli utenti e attraverso forme di
controllo sulla gestione e sulla qualità dei servizi;
3) rafforzamento delle misure volte a garantire il raggiungimento di obiettivi di qualità, efficienza, efficacia
ed economicità, anche attraverso la riduzione dell'entità e del numero delle partecipazioni e l'incentivazione
dei processi di aggregazione, intervenendo sulla disciplina dei rapporti finanziari tra ente locale e società
partecipate nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e al fine di una maggior trasparenza;
4) promozione della trasparenza mediante pubblicazione, nel sito internet degli enti locali e delle società
partecipate interessati, dei dati economico-patrimoniali e di indicatori di efficienza, sulla base di modelli
generali che consentano il confronto, anche ai fini del rafforzamento e della semplificazione dei processi di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche partecipanti e
delle società partecipate;
5) introduzione di un sistema sanzionatorio per la mancata attuazione dei principi di razionalizzazione e
riduzione di cui al presente articolo, basato anche sulla riduzione dei trasferimenti dello Stato alle
amministrazioni che non ottemperano alle disposizioni in materia;
6) introduzione di strumenti, anche contrattuali, volti a favorire la tutela dei livelli occupazionali nei processi
di ristrutturazione e privatizzazione relativi alle società partecipate;
7) ai fini del rafforzamento del sistema dei controlli interni previsti dal testo unico di cui al decreto legislativo
18 agosto 2000, n. 267, revisione degli obblighi di trasparenza e di rendicontazione delle società partecipate
nei confronti degli enti locali soci, attraverso specifici flussi informativi che rendano analizzabili e confrontabili
i dati economici e industriali del servizio, gli obblighi di servizio pubblico imposti e gli standard di qualità, per
ciascun servizio o attività svolta dalle società medesime nell'esecuzione dei compiti affidati, anche attraverso
l'adozione e la predisposizione di appositi schemi di contabilità separata.
Art. 19. Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale
1. Il decreto legislativo per il riordino della disciplina in materia di servizi pubblici locali di interesse
economico generale è adottato, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli di cui all'articolo 16:
a) riconoscimento, quale funzione fondamentale dei comuni e delle città metropolitane, da esercitare nel
rispetto dei principi e dei criteri dettati dalla normativa europea e dalla legge statale, dell'individuazione delle
attività di interesse generale il cui svolgimento è necessario al fine di assicurare la soddisfazione dei bisogni
degli appartenenti alle comunità locali, in condizioni di accessibilità fisica ed economica, di continuità e non
discriminazione, e ai migliori livelli di qualità e sicurezza, così da garantire l'omogeneità dello sviluppo e la
coesione sociale;
b) soppressione, previa ricognizione, dei regimi di esclusiva, comunque denominati, non conformi ai principi
generali in materia di concorrenza e comunque non indispensabili per assicurare la qualità e l'efficienza del
servizio;
c) individuazione della disciplina generale in materia di regolazione e organizzazione dei servizi di interesse
economico generale di ambito locale, compresa la definizione dei criteri per l'attribuzione di diritti speciali o
esclusivi, in base ai principi di adeguatezza, sussidiarietà e proporzionalità e in conformità alle direttive
europee; con particolare riferimento alle società in partecipazione pubblica operanti nei servizi idrici,
risoluzione delle antinomie normative in base ai principi del diritto dell'Unione europea, tenendo conto
dell'esito del referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011;
d) definizione, anche mediante rinvio alle normative di settore e armonizzazione delle stesse, dei criteri per
l'organizzazione territoriale ottimale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica;
e) individuazione, anche per tutti i casi in cui non sussistano i presupposti della concorrenza nel mercato,
delle modalità di gestione o di conferimento della gestione dei servizi nel rispetto dei principi
dell'ordinamento europeo, ivi compresi quelli in materia di auto-produzione, e dei principi generali relativi ai
contratti pubblici e, in particolare, dei principi di autonomia organizzativa, economicità, efficacia, imparzialità,
trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento,
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proporzionalità;
f) introduzione, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, di incentivi e meccanismi di
premialità o di riequilibrio economico-finanziario nei rapporti con i gestori per gli enti locali che favoriscono
l'aggregazione delle attività e delle gestioni secondo criteri di economicità ed efficienza, ovvero l'eliminazione
del controllo pubblico;
g) individuazione dei criteri per la definizione dei regimi tariffari che tengano conto degli incrementi di
produttività al fine di ridurre l'aggravio sui cittadini e sulle imprese;
h) definizione delle modalità di tutela degli utenti dei servizi pubblici locali;
i) revisione delle discipline settoriali ai fini della loro armonizzazione e coordinamento con la disciplina
generale in materia di modalità di affidamento dei servizi;
l) previsione di una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e controllo e le funzioni di gestione dei
servizi, anche attraverso la modifica della disciplina sulle incompatibilità o sull'inconferibilità di incarichi o
cariche;
m) revisione della disciplina dei regimi di proprietà e gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni,
nonché di cessione dei beni in caso di subentro, in base a principi di tutela e valorizzazione della proprietà
pubblica, di efficienza, di promozione della concorrenza, di contenimento dei costi di gestione, di
semplificazione;
n) individuazione e allocazione dei poteri di regolazione e controllo tra i diversi livelli di governo e le autorità
indipendenti, al fine di assicurare la trasparenza nella gestione e nell'erogazione dei servizi, di garantire
l'eliminazione degli sprechi, di tendere al continuo contenimento dei costi aumentando nel contempo gli
standard qualitativi dei servizi;
o) previsione di adeguati strumenti di tutela non giurisdizionale per gli utenti dei servizi;
p) introduzione e potenziamento di forme di consultazione dei cittadini e di partecipazione diretta alla
formulazione di direttive alle amministrazioni pubbliche e alle società di servizi sulla qualità e sui costi degli
stessi;
q) promozione di strumenti per supportare gli enti proprietari nelle attività previste all'articolo 18, per
favorire investimenti nel settore dei servizi pubblici locali e per agevolare i processi di razionalizzazione,
riduzione e miglioramento delle aziende che operano nel settore;
r) previsione di termini e modalità per l'adeguamento degli attuali regimi alla nuova disciplina;
s) definizione del regime delle sanzioni e degli interventi sostitutivi, in caso di violazione della disciplina in
materia;
t) armonizzazione con la disciplina generale delle disposizioni speciali vigenti nei servizi pubblici locali,
relative alla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro;
u) definizione di strumenti per la trasparenza e la pubblicizzazione dei contratti di servizio, relativi a servizi
pubblici locali di interesse economico generale, da parte degli enti affidanti anche attraverso la definizione di
contratti di servizio tipo per ciascun servizio pubblico locale di interesse economico generale;
v) definizione di strumenti di rilevazione, anche attraverso banche dati nazionali già costituite, dei dati
economici e industriali, degli obblighi di servizio pubblico imposti e degli standard di qualità, nel rispetto dei
principi dettati dalla normativa nazionale in materia di trasparenza.(…)
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