Omelia per la IIa domenica di Quaresima. Emp0421/1968 - 6 – 96. Pensiamo che sia importante riflettere insieme su un fatto molto grave accaduto questa settimana. Si tratta dell’impiccagione di tre negri in Rodesia. Altre decine di negri sono in attesa dell’esecuzione capitale. Di fronte a fatti come questo noi pensiamo che non basta una condanna generica né, tanto meno, un momentaneo moto di compassione. Occorre cercare di capire il senso, il perché di questi fatti. In essi è contenuto un messaggio, un messaggio da parte di Dio. Cerchiamo di guardare questi avvenimenti, cui la cronaca di tutti i giornali ha dedicato ampio spazio, inseriti nel contesto storico e sociale della nazione in cui sono avvenuti. La Rodesia è un paese dell’Africa sud-orientale poco più grande dell’Italia. Alla fine del secolo scorso fu occupata da una Compagnia coloniale privata. Nel 1923 ne fu ceduta l’amministrazione al governo inglese che la organizzò in colonia dotata di pieno autogoverno interno. Naturalmente, secondo il costume coloniale, il potere lo accaparrò totalmente la minoranza bianca che era andata lì proprio per sfruttare i negri. Questa minoranza bianca si dette una costituzione fortemente discriminatoria in quanto riservava il diritto di voto solo a chi possedeva una certa istruzione. Questo corrispondeva ad un piano preciso dei colonizzatori bianchi; infatti l’istruzione era praticamente inaccessibile ai negri e quindi era loro inaccessibile il diritto al voto. Con questa costituzione i bianchi si assicuravano dunque un lungo periodo di dominio assoluto e di sfruttamento. Dopo l’ultima guerra emerse il problema di trasformare la colonia rodesiana in stato indipendente. L’Inghilterra per concedere l’indipendenza chiese che fosse modificata la costituzione allargando il diritto di voto. Il governo rodesiano si è rifiutato di compiere questo allargamento ed ha proclamato, nel 1965, unilateralmente l’indipendenza, rimanendo sordo ad ogni richiamo e ad ogni provvedimento sia da parte dell’Inghilterra che da parte dell’ONU. Di fatto, attualmente, in Rodesia, vivono 250.000 bianchi e oltre 4 milioni di negri. La situazione dei negri è quella classica di tutti i paesi razzisti: segregati, sfruttati, tenuti nella ignoranza, nella miseria, nella servitù e nella più grande umiliazione. I negri hanno incominciato a prendere coscienza della profonda ingiustizia e intollerabilità di questa situazione. Il governo razzista della Rodesia è pronto però a soffocare ogni tentativo di liberazione, di protesta e di sommossa, mettendo in prigione e condannando a morte centinaia di negri, colpevoli di reclamare il diritto alla vita. Riportiamo alcune dichiarazioni di uno dei più accesi oppositori della discriminazione razziale. Si tratta del vescovo di Kimberley Eduard Crauter. Le sue dichiarazioni si riferiscono al Sud-Africa, però valgono senz’altro anche per la Rodesia. “In Sud-Africa si verificano oggi innumerevoli condizioni di guerra, causate dalla dottrina politica del razzismo. Il razzismo già di suo è guerra: guerra nell’anima di chi la impone e guerra nell’anima della vittima. E’ aggressione alla personalità umana. Ovunque sia il razzismo immediatamente è già presente la guerra dello spirito. Questa guerra dello spirito, con estrema facilità, diviene guerra fisica, con le sue conseguenze di dolore e di distruzione. Basta una piccola occasione… E la nostra società è piena di queste occasioni! Quando il razzismo o segregazione diviene una dottrina politica razionalizzata, giustificata ideologicamente, legalizzata e imposta con la forza, allora diventa impossibile la tolleranza. E quando scompaiono tutte le speranze di un cambiamento, quando fallisce ogni tentativo di mutare le cose per mezzo del dialogo e delle trattative, quando non è possibile agire attraverso la pur minima partecipazione alle responsabilità di governo, allora viene meno la capacità stessa di sperare, capacità che Dio ha posto nell’uomo come fondamento della vita. I negri del Sud-Africa si trovano in questa situazione. Essi, per poter sopravvivere, per poter continuare a sentirsi esseri umani e non solo animali, devono esplodere, devono rendere libero il loro spirito. Solo così possono ritrovare la speranza di costruire una vera vita. Talmente grande è la sofferenza del negro discriminato che una radicale trasformazione è l’unica cosa che desidera. La esplosiva turbolenza delle speranze umane dei negri è dovuta alla grande ondata di violenza razziale che incomincia a sommergere la loro speranza di pace. Questa turbolenza esplosiva dei negri inevitabile, poiché essi sono privati di ogni diritto civile a causa del colore della pelle. Molte cose in noi possono cambiare , ma non il colore della pelle. I negri non hanno via di uscita; non possono vivere con i razzisti se i razzisti li rifiutano semplicemente perché sono negri; non possono vivere in una condizione che nega loro il diritto di essere ciò che sono. I prossimi dieci anni potrebbero vedere in Sud-Africa l’esasperarsi di una situazione che potrebbe far apparire il Vietnam come un conflitto solo limitato. Ciò è tanto più terribile se si pensa che il rifiuto del razzismo da parte dei negri si lega ormai alla lotta che i poveri stanno conducendo in tutto il mondo per liberarsi da quel tipo di razzismo fondato su la discriminazione fra ricchi e poveri. Finché no sarà posto a fondamento di ogni ideologia politica il rispetto della dignità dell’uomo, la pace rischia di rimanere un sogno irrealizzabile. Il sogno della pace può attuarsi solo attraverso un radicale cambiamento di mentalità”. Questo è il pensiero del vescovo di Kimberley. Ora è evidente che tale cambiamento di mentalità deve essere operato in ciascuno di noi. Noi stessi siamo tante pedine di un sistema economico e sociale che permette tali brutalità e si regge su di esse. Scandalizzarsi di quanto avviene in Rodesia senza questa presa di coscienza, senza il minimo impegno a cambiare le ruote di un ingranaggio così disumano è semplicemente farsesco e farisaico. Dove se ne va la nostra vantata coscienza umana e cristiana?