vrapposti, simboleggiati rispettivamente dai climax della foresta mediterranea (sclerofille) e della foresta montana (latifoglie sciafile a riposo invernale ed aghifolie) ( i ) . Le specie di questi due piani non entrano in diretto contatto, ma interferiscono sopra una interposta area di tensione a carattere climatico misto [regime termico a tendenza continentale (Appennino), o decisamente continentale (Pianura Padana) ; precipitazioni più o meno scarse e a distribuzione irregolare], favorevole per la diffusione, sia dai piani contigui, che da territori comunicanti, di specie dotate di molta plasticità biologica. L ' A . spiega, così, la predominanza assunta, nella nostra vegetazione submontana, dalle quercie decidue e dal castagno e assimila quest'area di tensione a un orizzonte (submontano o delle latifoglie eliofile a riposo invernale), che fa rientrare nel piano basale. Per quanto riguarda la foresta mediterranea e i due tipi di foresta montana (faggeta, foresta di conifere) non pare vi sia nulla da obiettare ad ammettere che esse siano altrettanti climax, corrispondenti la prima all'orizzonte a del piano basale, le altre ai due orizzonti del piano montano di NEGRI. La vegetazione forestale dell'area interposta, per i suoi caratteri di grande variabilità e instabilità (conseguenza di accentuata disformità dell'ambiente attuale e storico ; di frequenti residui delle alterne migrazioni di specie litoranee, e montane; nonché causa ed effetto, nel tempo stesso, di azione antropica particolarmente intensa), può meno facilmente essere assunta a simbolo di unità bio-ecologica chiaramente definibile e paragonabile a quella dei piani sotto e sovrastante. Concordiamo, pertanto, con NEGRI nel disconoscere, a questa area, l'individualità di una biocora interposta fra quelle litoranea e montana. Per gli scopi della selvicoltura, e da un punto di vista puramente descrittivo del paesaggio forestale, potrebbe sembrare più pratico aggregare, come si è fatto a pag. 2 3 , in uno stesso gruppo i due orizzonti ziarvi. È vero che i nomi generici col suffisso etimi si usano oggi per indicare le associazioni e non le zone, ma perchè non simbolizzare una zona col nome della associazione in essa più frequente? Si tratta, del resto, non di una questione sostanziale, ma soltanto di accettare o meno uria convenzione ; chi teme di creare confusioni può adoperare le perifrasi corrispondenti a termini che, ripetiamo, non sono nomi delle zone, ma simboli che ne esprimono, in maniera comprensibile, il carattere (cfr. in proposito anche PAVARI, 1929). (1) I due piani corrispondono a due biocore ben distinte. Per il concetto di biocora, definito da KÒPPEN nel 1904 ed elaborato da W A H L nel 1911, vedi l'illustrazione che ne dà lo stesso NEGRI, nel capitolo di fitogeografia del recentissimo Trattato di Botanica di GOLA, N E G R I , CAPPELLETTI (1936).