West Nile Fever e Febbre Chikungunya Gli Arbovirus (ARthropod

West Nile Fever e Febbre Chikungunya
Gli Arbovirus (ARthropod BOrne VIRUSes) sono un gruppo eterogeneo di virus, che comprendo
molte famiglie e generi, con la caratteristica comune di essere trasmessi da artropodi. I principali
arbovirus appartengono alle famiglie Togaviridae, Flaviviridae, Reoviridae, Rhabdoviridae e
Bunyaviridae. La maggior parte delle infezioni sono asintomatiche, ma quando sono sintomatiche si
caratterizzano per la presenza di sindrome influenzale, febbre, esantemi, e talora meningite e
meningoecefalite o febbre emorragica. Oggi parleremo di due di queste infezioni, che sono
comparse di recente anche nel nostro paese.
Ciclo del virus West Nile
Partiamo dalla West Nile Fever o Febbre del Nilo Occidentale. Il nome deriva da un distretto
dell’Uganda, dove il virus venne isolato per la prima volta nel 1937. Si tratta di un Flavivirus
(stessa famiglia dei virus della febbre gialla e della dengue) diffuso in Africa, Medio Oriente, Asia,
Europa Meridionale, ma di recente è comparso anche negli USA e in Canada. Il ciclo naturale del
virus è legato agli uccelli, che vengono punti dalle zanzare Culex (cioè quelle comuni): l’infezione
umana è un evento accidentale, ma quando avviene provoca (dopo 1-6 giorni di incubazione) una
sindrome influenzale che nei bambini è aspecifica, mentre negli adulti si associa anche ad
un esantema maculopapulare non pruriginoso localizzato al tronco. Il quadro si risolve da solo in 35 giorni, ma negli anziani e negli immunocompromessi può comparire una meningoencefalite che
può essere letale. La diagnosi si basa sull’isolamento del virus (PCR su sangue e liquor) e sulla
sierologia. Le terapia è sintomatica.
Per approfondire:
http://it.wikipedia.org/wiki/Virus_del_Nilo_occidentale
Ascolta il Prof. Palù di Padova, il cui gruppo ha recentemente mappato il genoma del ceppo che sta
girando nel nostro Paese:
http://bluradioveneto.it/sites/bluradioveneto.it/files/audio/GIORGIO_PALU__VIRUS_DEL_NILO.mp3
La febbre Chikungunya (detta anche “malattia spaccaossa“) è provocata da un Alphavirus
(famiglia Togaviridae) diffuso in Africa e in Asia.
Virus della febbre Chikungunya (fonte: www.vapefoundation.org)
Il nome deriva da un termine africano che sta per ”ciò che curva” o “contorce” e fu coniato nel
1952, durante un’epidemia in Tanzania. Il suo ciclo biologico è legato a scimmie e zanzare e anche
in questo caso l’infezione umana è un evento accidentale. Dopo 3-5 giorni di incubazione compare
la febbre, tipicamente con andamento bifasico, associata a mialgia, ad un esantema maculopapulare
e soprattutto ad artralgie bilaterali. Anche questa febbre si risolve da sola in pochi giorni, ma le
artralgie possono residuare a lungo.
Per approfondire:
http://it.wikipedia.org/wiki/Chikungunya
La sindrome di Ramsay Hunt
Tutti conoscono il virus Varicella – Zoster (VZV) quale agente eziologico della varicella, malattia
esantematica molto caratteristica che può talora associarsi a cerebellite e ad altre rare complicanze.
Ma questo herpesvirus può provocare anche una paralisi del nervo faciale associata ad un rash
locale, che prende il nome di sindrome di Ramsay Hunt: fu infatti J. Ramsay Hunt a descriverla
per primo nel 1907 e ad interpretarla come manifestazione di una riattivazione del VZV a livello
del ganglio genicolato del settimo nervo cranico (nervo faciale).
questo interessamente dell’ottavo nervo cranico con la vicinanza del ganglio genicolato al nervo
vestibolococleare
all’interno del canale faciale osseo, ipotizzando che una infiammazione a livello di un ganglio possa
diffondersi alle
strutture vicine
Comparandola con la paralisi di Bell (paralisi faciale senza rash), i pazienti con R-H spesso hanno
già all’esordio una
paralisi più severa e più raramente vanno incontro a remissione completa e possono sviluppare delel
nevralgie croniche. Studi
suggeriscono che il trattamento con prednisone e l’acyclovir posso migliorare la prognosi,
14% dei pz sviluppano le vescicole dopo la comparsa della debolezza faciale. Cmq, la sindrome
inizialmente può essere
indistinguibile dalla paralisi di Bell (che sembra essere correlata con una infezione da herpes
simplex virus) e pertanto
sarebbe necessario trattare tutte le paralisi periferiche del faciale, considerando l’innocuità dei
trattamenti,
Talora i pazienti sviluppano la paralisi senza il rash nonostante l’elevazione degli anticorpi anti
VZV nel sangue e la
presenza del virus nella pelle dell’orecchio e nella saliva ecc…
Ciò significa che una parte dei pazienti con paralisi di Bell ha una sindrome di Ramsay Hunt senza
herpes
Inizia con debolezza, che porta a perdita totale della funzione del nervo in una settimana.
La paralisi completa era due volte + frequente della incompleta . Le forme incomplete hanno
migliore outcome.
I pz con Ramsay, specie se non trattati, hanno rischio maggiore di avere una denervazione grave e
completa con sincinesie
persistenti.
I dati oggi disponibili dimostrano un attacco diretto al nervo faciale, + che al ganglio genicolato
DIagnosi: clinica, + PCR per VZV sulle lacrime o sulle cellule mononucleate del sangue. TAle es
potrebbe permettere di diff i casi di bell d a R Hunt
VZV latente nei gangli nervosi, quindi anche nel gvenicolato.
Sindrome di Ramsay Hunt (tratta da "Ramsay Hunt syndrome" - Sweeney, 2001)
La sindrome di Ramsay Hunt è per frequenza la seconda causa atraumatica di paralisi periferica del
nervo faciale. Il VZV, dopo l’infezione primaria (varicella) si latentizza nelle cellule dei gangli
nervosi spinali e del tronco encefalico, potendo poi riattivarsi in caso di immunodepressione
(provocando il classico Herpes Zoster, o fuoco di Sant’Antonio). In alcuni soggetti la riattivazione
dell’infezione a livello del ganglio genicolato dà vita ad una paralisi periferica del faciale, che si
manifesta prima con una debolezza dei muscoli innervati (mimici facciali), poi, nel giro di qualche
giorno, con una paralisi che può essere completa o incompleta (più frequentemente completa).
Segue la comparsa di un rash vescicolare a livello dell’orecchio (Zoster otico) e del faringe, nelle
aree innervate dal nervo intermedio (ovvero della componente sensitiva del faciale, che innerva
i due terzi anteriori della lingua, il palato molle e il canale uditivo esterno). Dati recenti
suggeriscono che l’infiammazione potrebbe interessare direttamente il nervo faciale, piuttosto che il
ganglio genicolato.
Oltre ai classici segni Ramsay Hunt descrisse anche altri segni talora associati quali tinnito,
ipoacusia, nausea, vertigine e nistagmo: essi sarebbero riconducibili ad un interessamento
dell’ottavo nervo cranico dovuto alla sua vicinanza al ganglio genicolato.
Rispetto ai soggetti con paralisi di Bell (paralisi periferica idiopatica del faciale senza rash, legata
forse a un’infezione del virus Herpes Simplex), i pazienti con sindrome di Ramsay Hunt spesso
hanno già all’esordio una paralisi più severa e più raramente vanno incontro a remissione completa
sviluppando fastidiose nevralgie croniche, denervazione severa, sincinesie persistenti.
Curiosamente, in alcuni soggetti con sindrome di Bell è stata riscontrata la presenza di VZV,
suggerendo che alcuni casi di paraliasi di Bell siano in realtà forme incomplete di sindrome di
Ramsay Hunt. Considerando anche che le due sindromi sono spesso indistinguibili all’esordio,
molti studi suggeriscono di iniziare comunque subito il trattamento con prednisone e acyclovir: tale
trattamento è infatti in grado di migliorare la prognosi e di velocizzare la risoluzione della
malattia. Oltre agli steroidi e agli antivirali, è ultile somministrare vitamine del gruppo B (per
l’effetto neurotropico).
La diagnosi è clinica, ma è possibile riscontrare la presenza del VZV mediante PCR sulle lacrime o
sulle cellule mononucleate del sangue: tale esame permette di differenziare la maggior parte dei casi
di paralisi di Bell e di sindrome di Ramsay Hunt.
Per approfondire vi consiglio questa interessantissima ed approfonditissima review (free):
La Criptococcosi
Postati in Malattie Infettive con i tag criptococcoco, criptococcosi, cryptococcosis, cryptococcus, HIV su 29 marzo
2009 da atlantemedicina
Avete mai sentito parlare di Criptococcus Neoformans? Si tratta di un fungo saprofita ubiquitario
nell’ambiente. Il criptococco (lettaralmente “germe nascosto”, in quanto visibile al microscopio
solo mediante determinate colorazioni) provoca un’infezione detta Criptococcosi, solitamente rara
nel mondo occidentale, ma che è tornata “di moda” negli ultimi vent’anni a causa del diffondersi
dell’HIV. Il fungo infatti provoca normalmente infezioni asintomatiche, ma negli immunodepressi
(per un’immunodeficienza o per trattamenti immunosoppressivi) può provocare infezioni molto
serie, disseminate, talora letali.
Cryptococcus neoformans (fonte: Wikipedia)
Questo micete fu isolato per la prima volta intorno al 1895 dall’italiano Sanfelice. Oggi si sa che in
base ai determinanti antigenici di superficie si possono distinguere 4 sierotipi di Criptococco (A, B,
C, D): i tipi A e D possono essere raggruppati sotto la variante neoformans (C. Neoformans var.
neoformans), mentre i tipi B e C sotto la variante gatti (C. Neoformans var. gattii). La variante
comunemente causa delle infezioni umane è la neoformans, che si contrae per via inalatoria (il
micete prolifera nelle feci degli uccelli, soprattutto piccioni, che sono ricche di creatinina), mentre
la variante gattii è stata invece isolata nel tronco di alberi ad alto fusto quali gli eucalipti.
La via d’ingresso, come detto, è il polmone: le spore vengono inalate e raggiungono gli alveoli
dove i macrofagi le fagocitano ed eliminano. Il Criptococco però ha caratteri di virulenza tali da
permettergli spesso di resistere di fronte a questa prima linea di difesa. La sua capsula è infatti
dotata di azione antifagocitaria ed è in grado di deprimere la risposta cellulo – mediata e quella
umorale: per tali motivi al di là dell’organo interessato dall’infezione l’aspetto istologico delle
lesioni è sempre lo stesso ovvero infiltrazione cellulare con formazione di granuloma. La diagnosi
di criptococcosi polmonare si pone sulla base dell”isolamento del micete nell’espettorato, nel
broncoaspirato o nel BAL tramite microscopio ottico (vi ricordo che questo micete è capsulato, ma
la sua capsula si può evidenziare al microscopio ottico solo con la colorazione ad inchiostro di
china). La coltura del campione può essere utile per la conferma diagnostica e per effettuare
l’antimicoticogramma: le colonie del lievito in coltura si formano in 36-72 ore ed sono tipicamente
color crema. La ricerca degli antigeni nel siero, invece, non è del tutto affidabile.
Ma se nell’immunocompetente l’infezione polmonare viene arginata, nell’immunodeficiente il
lievito provoca una vera e propria polmonite e riesce a raggiunge il torrente ematico mediante il
quale può diffondersi a svariati organi, ma in particolare a Sistema Nervoso Centrale, ghiandole
surrenali e prostata. Lo spiccato tropismo per il SNC sembra essere dovuto alla abbondante
presenza in questo tessuto di catecolamine, che fungono da substrato per l’enzima fungino fenoloossidasi. A livello del SNC il criptococco causa solitamente una meningite a liquor limpido
con iperprotidorrachia, ipoglicorrachia, pleiocitosi linfomonocitica. La criptococcosi meningea
colpisce il 6-10% dei pazienti affetti da AIDS (15-30% in Africa), specie se l’AIDS è avanzata
(CD4 < 200/uL), ed è una causa comune di morte in questi soggetti: talora si manifesta con la sola
cefalea, per cui è necessario procedere con la puntura lombare nei pazienti con AIDS conclamato in
cui sia comparso questo sintomo. Il decorso senza trattamento è inevitabilemnte letale, ma anche
nei casi migliori sono frequenti le sequele quali idrocefalo, sordità, atrofia ottica, paralisi dei nervi
cranici. Più di rado l’infezione del SNC provoca encefalite, ascessi cerebrali o lesioni
granulomatose pseudoneoplastiche (per questo si parla di neoformans!).
La terapia della criptococcosi si basa sugli antimicotici (fluconazolo in prima scelta, amfotericina
nei casi gravi, eventualmente anche per via intratecale nelle infezioni del SNC) da assumere a
lungo, ma il fattore prognostico più importante in questi casi è il controllo dell’immunodeficienza.
Per approfondire l’argomento potete scaricare questa bella review free:
1995 – Mitchell TG - Cryptococcosis in the era of AIDS–100 years after the discovery of
Cryptococcus neoformans
Vermi e dintorni: gli ossiuri
Si tratta di una delle parassitosi più diffuse del mondo: detta anche Enterobiasi, l’Ossiuriasi è
provocata da un piccolo nematode parassita obbligato dell’uomo (l’Enterobius Vermicularis).
Enterobius Vermicularis (fonte Reytan - Wikipedia)
L’uomo si infesta ingerendone le uova (contaminazione oro-fecale, frequente soprattutto nelle
comunità di bambini) e il simpatico vermetto giunge all’intestino già allo stadio adulto. Gli ossiuri
(nel mondo anglosassone pinworms) vivono e si accoppiano nella parte prossimale del crasso
(appendice e cieco): le femmine gravide migrano verso l’ampolla rettale e di notte superano lo
sfintere anale e ivi depongono le uova (già infestanti). Durante la migrazione le femmine rilasciano
delle secrezioni allergizzanti, che provocano il sintomo tipico della parassitosi: il PRURITO
ANALE intenso, soprattutto notturno, che si esacerba ogni 2-4 giorni (in corrispondenza con la
migrazione
delle
femmine).
Talora sono riscontrabili lesioni eczematose e da grattamento a livello dell’ano e il paziente può
presentare anoressia e dolori addominali. Spesso l’ossiuriasi è causa di orticaria cronica. Nelle
infestazioni massive può capitare di vedere i vermi nelle feci, che assumono l’aspetto a “formaggio
grattugiato” .
Per effettuare la diagnosi è necessario eseguire lo scotch test: si pone un pezzo di scotch sull’ano
(subito dopo il risveglio, prima della pulizia del mattino) e poi lo si attacca a un vetrino, che
va visto a fresco al microscopio ottico. Non si effettua la ricerca di parassiti e uova nelle feci.
Per quanto riguarda la terapia, essa è a base di antielminti quali pirantel pamoato o mebendazolo o
albendazolo, in dose unica da ripetere dopo 15 giorni e da somministrare a tutta la famiglia.
Il giorno dopo la prima somministrazione della terapia (meglio tutti i giorni) il pigiama e gli effetti
letterecci del paziente vanno cambiati e lavati o in lavatrice a 60 gradi o con acqua bollente.
Malaria
Durante l’attività ambulatoriale da un’anamnesi può emergere anche la malaria. Ottimo spunto per
ripassare.. l’argomento è vastissimo, quindi cercherò di essere il più sintetica possibile!
La malaria, o paludismo, è una parassitosi che ogni anno colpisce circa 400 milioni di persone nel
monde e ne uccide circa 3 milioni. E’ provocata da protozoi del genere Plasmodium, trasmessi
all’uomo (ospite intermedio) da zanzare del genere Anopheles (ospite definitivo), che vivono nelle
aree tropicali. I plasmodi furono osservati per la prima volta nel 1880 dal francese Charles-Louis
Alphonse Laveran, e fu l’italiano Giovanni Battista Grassi a scoprire che vengono trasmessi
mediante le punture di zanzara
Una volta in circolo il protozoo, sotto forma di sporozoita, raggiunge il fegato (fase
esoeritrocitaria), dove, all’interno degli epatociti, si segmenta dando vita a criptozoiti (formazioni
contenenti numerosissimi merozoiti). L’epatocita disteso si rompe, liberando in circolo i merozoiti,
ognuno dei quali va a parassitare un globulo rosso, in cui penetra e cresce, trasformandosi in
trofozoite (a forma di anello con castone), che subisce numerose divisioni dando vita a uno
schizonte multinucleato. Lo schizonte si accresce e dà vita a numerosi merozoiti, che vengono
messi in circolo con la rottura del globulo rosso (fase eritrocitaria). Dopo diversi cicli schizogonici
alcuni merozoiti danno vita a gametociti che, tramite puntura, andranno ad infettare una zanzara, al
cui interno daranno vita a nuovi sporozoiti.
I Plasmodi che causano la malaria sono il Falciparum, il Vivax, l’Ovale e il Malariae.
Nella parassitosi da P. vivax e P. ovale alcuni schizonti rimangono quiescenti a livello epatico
(ipnozoiti) anche per 6-11 mesi prima di liberare i merozoiti (dando vita a recidive a distanza).
Oltre alle zanzare, la malaria può essere trasmessa per via ematica (trasfusioni, che quindi
trasmettono i merozoiti, senza dare vita a ipnozoiti) e per via transplacentare
La fase schizogonica dura 48 ore per il Plasmodium falciparum (febbre terzana maligna), per il
Plasmodium vivax (febbre terzana benigna) e per il Plasmodium ovale. Per il P. Malariae dura 72
ore (febbre quartana).
CLINICA: La sintomatologia è legata alla fase schizogonica: i globuli rossi parassitati vengono
fagocitati dai macrofagi, che provocano la cascata citochinica che porta alla febbre. Durante la fase
di prima invasione (incubazione da 6 giorni a mesi) si ha febbre preceduta da brivido, cefalea,
vomito. Inizialmente la febbre non è precisamente intermittente, ma lo sarà non appena le
replicazioni dei plasmodi si saranno sincronizzate. I frammenti di globuli rossi ed i pigmenti (tra cui
l’emozoina, presente nello schizonte maturo), finiscono negli organi ematopoietici, provocando
epatosplenomegalia e melanosi. Si ha anemia, talora ittero, deficit della coagulazioene e
piastrinopenia per coagulazione intravascolare.
Nella fase di stato gli attacchi si ripetono ciclicamente, manifestandosi prima con brividi e
sensazione di freddo per circa due ore (labbra cianotioche, orripilazione), poi con senso di calore
per 2-7 ore (paziente arrossato, cute asciutta), ed infine con sudorazione e defervescenza (il corpo si
copre di abbondantissimo sudore), fino a che la temperatura non ritorna nella norma.
Nelle forme a decorso favorevole, il paziente, dopo una serie di attacchi diventa stabilmente
apiretico, ma continua ad avere qualche attacco nei mesi successivi. Nella forma da P.Falciparum i
plasmodi spariscono nel giro di 3-4 mesi, nelle altre possono esserci recidive dopo anni. Nella
forma da P.Malariae le forme eritrocitarie persistono in circolo anche per 20 anni.
Nelle forme da P.Falciparum la prima invasione si può manifestare con particolare gravità nei
soggetti mai venuti incontro col plasmodio: si parla di malaria perniciosa o cerebrale perchè i
globuli rossi parassitati esprimono proteine che li fanno aderire ai vasi viscerali, rallentano la
circolazione e provocando ipossia tessutale, in particolare a livelo encefalico o renale. Questi
pazienti mostrano alterazioni dello stato di coscienza che arrivano al coma, segni di interessamento
meningeo, e così via. Ma anche ittero, anemia severa, ipoglicemia, alterazioni elettrolitiche. Senza
terapia questa condizione è mortale, e le cause principali di morte sono lo shock ipovolemico,
l’insufficienza renale, e l’edema polmonare. Continua a leggere…
Morbillo
Il morbillo (piccolo morbo) sta purtroppo tornando a farsi vivo, a causa della riduzione del numero
delle vaccinazioni. Si tratta di una infezione virale da Morbillivirus (virus a RNA della famiglia
Paramixoviridae) ad elevata contagiosità (per via aerea) e periodo di incubazione di circa 10-14
giorni. Ed ecco la clinica:
PERIODO CATARRALE (dura 2-4 giorni): febbre alta, triplice mucosite (congiuntivite con
fotofobia e iperemia / rinite con rinorrea / laringotracheite con tosse secca e stizzosa), enantema
del palato, segno di Koplik (macchioline rosso vivo con zona biancastra centrale sulla mucosa dele
guance, di fronte ai premolari inferiori)
PERIODO ESANTEMATICO (dura 4-5 giorni): persiste la febbre, compare l’esantema prima
retroauricolare, poi, nel giro di 3 giorni, si diffonde a volto, tronco e arti, senza interessare i palmi
delle mani e le piante dei piedi. E’ un esantema maculo papulare, con macule di color rosso scuro,
vinacee, confluenti, talora pruriginose. Può mancare nei soggetti immunodeficienti e nei soggetti
vaccinati può manifestarsi in maniera più lieve e iniziando dai palmi delle mani e dalle piante dei
piedi.
PERIODO DI RISOLUZIONE (qualche giorno): la febbre cade per lisi e inizia una
desquamazione fine, soprattutto al tronco.
La diagnosi è clinica e non si deve trattare (al limite, antipiretici per la febbre ed antibiotici in caso
di sovrinfezione batterica). L’immunità è perenne. La contagiosità inizia dalla fase catarrale e dura
fino a 4-5 gg dopo la comparsa dell’esantema. Le manifestazioni cliniche sono dovute al danno
endoteliale dovuto alla replicazione virale e, in parte, alle risposte del sistema immunitario al virus.
Si tratta di una patologia autolimitante, ma talora possono comparire delle complicazioni. In
particolare la polmonite, che può essere infraesantematica (e quindi causata dal virus e
quindi interstiziale) oppure post esanetmatica, per sovrifnezione di altro patogeno. Altra temibile
complicanza è l’encefalomieltite, che può essere infraesantematica (comincia tra 1-7 giorni dopo
la comparsa dell’esantema) ed è una encefalite demielinizzante (tipo neurite postinfettiva) a
patogenesi immunoallergica. In un terzo dei casi lascia sequele neurologiche, nel 10% è mortale.
Più grave è la panencefalite sclerosante subacuita (PESS), che si manifesta in un caso su un
milione circa 7 anni dopo l’infezione: tale patologia causa deterioramento intellettivo con ridotto
rendimento scolastico e alterazioni dell’umore prima e spasmi mioclonici, epilessia, deficit
neurologici poi. Nel giro di 1-3 anni la PESS porta a morte e non c’è terapia che possa fermarla. Si
può diagnosticare mediante TC cerebrale (che mostra aree di atrofia corticale o lesioni della
sostanza bianca), EEG (che mostra complessi periodici di onde lente a elevata ampiezza detti
complessi di Rodermacker), esame del liquor (ricco di immunoglobuline, in particolare anticorpi
antimorbillo). Si tratta probabilmente di una infezione persistente del SNC (infatti il virus è stato
isolato in campioni di tessuto cerebrale).
FORME GRAVI: morbillo emorragico (caratterizzato da emorragie cutanee e mucose, febbre
elevatissima, polmonite ed encefalite), morbillo ipertosssico (pazienti immunodeficienti).
Scabbia
Sarcoptes Scabiei
Parliamo oggi di Scabbia, fastidiosa parassitosi che sta tornando a farsi vedere nel nostro Paese: è
causata dalla femmina del simpatico acaro Sarcoptes Scabiei, la quale penetra nello strato corneo
della cute, dove scava cunicoli in cui depone le uova, da cui, nel giro di 3 giorni, originano le larve,
che si portano sulla superficie cutanea per infettare altri soggetti per contatto diretto o attraverso gli
indumenti.
L’incubazione dura dalle 4 alle 6 settimane (un giorno in caso di reinfezione, in quanto il prurito è
dovuto a ipersensibilità nei confronti degli acari) e nel punto di ingresso dell’acaro talora si può
evidenziare la presenza di una pustola o una vescicola. Il sintomo tipico della scabbia, è il
PRURITO, soprattutto NOTTURNO (le femmine scavano i tunnel di notte e depongono le uova di
giorno). Sulla cute si possono rilevare i CUNICOLI, ovvero sottili rilievi grigiastri lunghi qualche
millimetro e provvisti di una vescicola terminale che contiene le uova, e vescicole, pustole, macule
eritematose e lesioni da grattamento. Le lesioni si possono trovare in tutto il corpo, ma
prediligono le mani (spazi interdigitali e palmi), le ascelle, i polsi e le superfici estensorie degli
arti. Una forma particolarmente grave (diffusa a tutto il corpo) è la scabbia norvegese, che colpisce
gli immunodeficienti.
Scabbia (fonte McGraw Hill)
La diagnosi clinica non è sempre agevole, anche se una buona anamnesi può aiutare. L’esame
microscopico diretto di acari o di uova prelevati dai cunicoli conferma il sospetto. La scabbia
DEVE essere trattata, con particolari lozioni contenenti benzoato di benzile o permetrina (o altri
antiparassitari) per almeno una settimana. Vanno trattati anche i parenti dei soggetti affetti, mentre
tutta la biancheria va lavata accuratamente a 60°, aggiungendo eventualmente il benzoato di benzile
(utile può essere tenerla prima del lavaggio in sacchi chiusi ermeticamente per almeno una
settimana).
Ulteriori dettagli: http://it.wikipedia.org/wiki/Scabbia
Scarlattina
La scarlattina è una malattia esantematica provocata da alcuni ceppi di Streptococcus
Pyogenes (Streptococco Beta Emolitico di gruppo A o SBEGA) produttori di una particolare
esotossina pirogena in grado di danneggiare i capillari. L’infezione è solitamente localizzata (per lo
più alle prime vie aeree) e provoca l’esantema se l’esotossina viene messa in circolo in un soggetto
che non possiede gli anticorpi specifici (prima infezione): compare di solito nei bambini a partire
dai 2-3 anni. La trasmissione avviene per via aerogena e il tempo di incubazione è di 2-5 giorni: il
soggetto è contagioso per tutto il tempo di permanenza dei batteri in faringe, ovvero fino ad almeno
il secondo giorno di adeguata terapia antibiotica.
La scarlattina inizialmente si presenta con FEBBRE, FARINGODINIA (se l’infezione è a carico
delle alte vie aeree, con tonsille iperemiche e con essudato) e PUNTEGGIATURE ROSSE sulla
mucosa orofaringea. La lingua è ricoperta da una patina bianca da cui emergono le papille
ingrossate (LINGUA A FRAGOLA BIANCA), ma poi si disepitelizza alla punta e ai lati,
divenendo A FRAGOLA ROSSA o LAMPONE. Dopo 24-36 ore compare l’ESANTEMA che si
manifesta inizialmente alla radice degli arti per poi diffondersi al tronco, agli arti e infine al volto:
esso è costituito da maculo papule rilevate e di colore rosso scarlatto, non pruriginose. Se si preme
sulla cute interessata, l’eritema scompare, lasciando un’impronta giallastra/itterica (SEGNO
DELLA MANO GIALLA). L’esantema non coinvolge la regione periorale e nasale, che, indenni,
risaltano sullo sfondo dell’esantema al volto (MASCHERA DI FILATOW). Inoltre, talora si
osservano strie emorragiche alle pieghe cutanee (STRIE DI PASTIA), comparsa di
dermografismo strisciando un’unghia sulla cute del soggetto (una linea rossa + due linee bianche ai
lati: SEGNO DI BORSIERI), e, infine, la comparsa di petecchie dopo aver applicato e tolto un
laccio emostatico (SEGNO DI RUMPEL-LEEDE). Dopo qualche giorno la febbre cala; alla fine
della prima settimana l’esantema si attenua e inzia una DESQUAMAZIONE fine che parte dal
volto e dal capo, e che coinvolge anche i polpastrelli delle dita.
Lingua a fragola rossa (tratto da Wiki Commons; Foto di Martin Kronawitter, Kellberg)
La diagnosi è clinica e la terapia è antibiotica (Beta lattamine quali Cefalosporine o Penicilline
oppure Macrolidi, per almeno 10 giorni). Al di là delle eventuali complicanze a breve termine
(settiche, quali otite media, sinusite, ascessi, meningite…), è importante ricordare che a distanza di
20 giorni dall’infezione si possono manifestare due gravi complicanze di probabile origine
immunologica, ovvero la malattia reumatica e la glomerulonefrite postinfettiva (a questo
riguardo conviene fare un esame delle urine di controllo). La scarlattina può colpire più volte lo
stesso soggetto, in quanto causata da 3 diverse esotossine pirogene.