FRAULINI ELEONORA CLASSE 5° A Roccati - Rovigo L’ETICA DELLA RESPONSABILITÀ Quante volte parliamo di responsabilità o sentiamo dire che dobbiamo essere responsabili di qualcosa o di qualcuno . Capiamo noi però il vero significato della parola responsabilità? O pronunciamo questa parola perché rientra nel nostro vocabolario? Quando parliamo innanzitutto siamo responsabili di quello che diciamo ? Alla base di queste domande,di queste provocazioni ci sono delle riflessioni che ci fanno pensare all’importanza che oggi noi diamo alla parola responsabilità. Filosofi, sociologi,psicologi hanno riflettuto sui diversi significati della responsabilità e della mancata responsabilità. Uno dei più importanti sociologi M.Weber in “La politica come professione “parla di etica come responsabilità all’interno di una comunità civile.La trattazione di Weber assegna un ruolo importante al singolo ossia a colui che è parte attiva di una comunità : il cittadino. Egli ritiene che l’individuo che appartiene alla comunità debba sviluppare un’etica della responsabilità e quindi attuare delle scelte orientate al bene dell’intera comunità . E’ opportuno sottolineare che egli parla di comunità e non di società proprio perche questi due termini hanno accezioni diverse. La comunità si riferisce a qualcosa di numericamente inferiore ,ma comprende il valore della condivisione; quindi nella comunità il singolo mette in comune le proprie risorse ,i propri beni per arrivare al benessere collettivo.La società invece assume un significato prettamente individualistico,dove il suo abitatore mette a frutto le sue risorse per “acquistarne” altre a scopo individuale . K.Apel individua meglio nell’etica della co-responsabilità l’impegno che il singolo deve avere nei confronti degli altri .Egli nel suo pensiero esplicita chiaramente quella che che deve essere la responsabilità verso l’altro ,chiunque esso sia .Questo tipo di responsabilità si può sviluppare solo attraverso un’ottica di apertura fondata sul dialogo e aggiungo sul rispetto . Molto spesso non ci accorgiamo che alcune nostre azioni hanno delle ricadute sugli altri e quindi vanno a coinvolgere la persona che abbiamo di fronte .Essere responsabili verso gli altri non chiama in causa solo due o più individui ,ma richiede una crescita condivisa . Alcuni pensatori sostengono che non basta ritenersi responsabili solo nei confronti degli altri,ma è opportuno essere responsabili ed occuparsi anche dell’ambiente in cui viviamo. Questo contributo lo offre H.Jonas che riflette su come l’individuo deve prendersi cura dell’ambiente in cui vive. Il suo pensiero si collega a quello di Bronfenbrenner che sostiene la stretta relazione che intercorre tra l’individuo e l’ambiente in quanto una forma l’altro vicendevolmente . L’uomo è infatti influenzato dall’ambiente che però è modificato e costruito da lui stesso .Quindi se l’uomo ha cura nel costruire un ambiente adeguato non potrà che trarne benefici..Ecco perché Jonas parla di responsabilità ecologica fondata su un ambiente sano : un ambiente sano è utile a formare un uomo sano . Ma se come ho detto in precedenza l’uomo deve assumersi la responsabilità nei confronti di se stesso,degli altri,dell’ambiente non sempre ciò accade . Come l’uomo può essere responsabile può anche non esserlo. L’uomo è infatti dotato di un enorme potere : quello di scegliere. Kierkeagard sosteneva proprio che la forma più autentica di libertà è per l’uomo la scelta consapevole e comunque qualunque cosa l’uomo faccia ciò è sostenuto da una scelta . Anche una mancata scelta può rappresentare una e anche determinante scelta . H.Arendt ,un importante filosofa del ‘900 sosteneva che l’uomo è determinato dalla responsabilità e non può fare a meno di esercitarla .L’esempio più significativo che essa ne dà è quello dei totalitarismi . E’una delle espressioni più gravi di mancata responsabilità. Ella pone alla base dei totalitarismi la de-responasibilizzazione burocratica.Sicuramente questa è stata determinata dall’avvento della società di massa caratterizzata da conformismo e da una forte tendenza ad accettare passivamente le regole e le ideologie che si manifestavano in quel tempo . D’altro canto per realizzare ciò il sistema politico doveva mantenere alto il livello di ignoranza e diminuire quello della consapevolezza tra i membri stessi della società . Per questo motivo nessuno sapeva quello che veramente accadeva nei campi di concentramento e in quelli di sterminio ,tranne coloro che li organizzavano .A volte accadeva che gli esecutori dei crimini non venissero neppure informati di quello che avrebbero dovuto fare per impedire che qualcuno potesse ribellarsi . Oggi a distanza di anni è impossibile non parlare di responsabilità di fronte a ciò e soprattutto è improbabile assolvere qualcuno dall’essere responsabile . Per il regime nazista ,come nel caso di un’altra tragedia come quella delle foibe è opportuno parlare di responsabilità universale.In entrambi i casi tutte le persone coinvolte,(anche chi vedeva ,ma non parlava ) sono da ritenersi responsabili in quanto hanno permesso che avvenissero questi crimini . A questo riflessione ci accompagna il pensiero del filosofo tedeso K. Jaspers. Egli parla della colpa ,quella colpa commessa, ma spesso non riconosciuta da coloro che non pensavano inebriati dal potere ,dalla fama ,dalla sete di gloria e che sicuramente non potevano avvertire il senso della colpa . Jaspers parla invece di quattro tipi di colpa : giuridica, politica morale e metafisica . Le prime due riguardavano le azioni e i crimini ,le ultime due la persona . La persona che commetteva e la persona che riceveva .. Nessuno aveva veramente coscienza e consapevolezza di quello che faceva ,nessuno era in grado di risvegliare in sé il senso profondo della propria umanità e di ritrovare un senso di solidarietà . Chi è stato il colpevole allora ? Il colpevole è colui che ha permesso tutto questo,colui che ha progettato quelle torture , colui che le ha eseguite , colui che ha visto e ha taciuto e colui che non le ricorda .