Intervento di Savino Pezzotta al Congresso UIL TORINO - 5 marzo 2002 Care amiche, cari amici, partecipo a questo vostro congresso con simpatia, attenzione e viva amicizia. Ho seguito con partecipazione la relazione di Luigi, rilevandovi molti punti di convergenza. Non poteva che essere così. Le storie delle nostre organizzazioni si sono molte volte intrecciate trovandoci a compiere insieme scelte significative, come nel 1984, nel 1992 e, ultimamente, sui contratti a termine e sul contratto dei metalmeccanici. Pur avendo radici culturali diverse, nel corso di questi cinquant'anni abbiamo condiviso un'idea partecipativa e riformatrice dell'azione sindacale. Insieme abbiamo sempre affermato il valore del pluralismo sindacale e ricercato strade unitarie che non negassero il valore delle nostre differenze, che abbiamo sempre cercato di interpretare e fare agire come arricchimento comune. Questi elementi mi consentono di intervenire in questo congresso con piena libertà. Seguirò l'itinerario indicato dalla relazione di Angeletti. UNA PROPOSTA SINDACALE Riflettendo sugli avvenimenti che stanno accadendo, mi viene molte volte da domandarmi dove nascono le difficoltà del sindacato. Sono convinto che queste originino dalla incompiutezza della proposta sindacale rispetto ai cambiamenti che stiamo attraversando. Il più delle volte siamo adagiati sul conosciuto, sul tradizionale: su ciò che siamo. Facciamo fatica a dire ciò che vogliamo essere nel futuro. Di fronte ai cambiamenti che stanno investendo l'economia, la politica, la società e lo stesso sentire delle persone, si avverte sempre di più l'urgenza di una proposta sindacale capace di mobilitare i cuori e le menti delle persone. Le sfide che stanno di fronte al sindacalismo sono tante, consapevoli che le risposte non possono essere univoche. Ogni organizzazione risponde sulla base della propria esperienza, storia, prassi e cultura sindacale. Tutto ciò può creare tensioni, strappi, incomprensioni, ma non deve dare vita a sospetti perché ognuno di noi cerca di rispondere con onestà. FARE I CONTI CON I CAMBIAMENTI Il sindacalismo è in primo luogo chiamato a fare i conti con i cambiamenti che stanno modificando la situazione internazionale sia sul piano economico che politico. La globalizzazione e il crescere dell'interdipendenza economica ci pongono una serie di problemi, molti dei quali inediti. La scelta da compiere non è tra globalizzazione o non globalizzazione, ma prendere atto delle ricadute che questo processo determina sulla condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone, e se deve essere lasciato solo alla regolazione del mercato, oppure se non sia venuto il tempo di un ruolo forte della politica e di un maggiore impegno sindacale per una più equa distribuzione delle ricchezze, delle opportunità, del sapere e delle conoscenze. Ma ci dobbiamo anche preoccupare di come salvaguardare l'ambiente e l'insieme del creato. E' necessario, dunque: 1. Un rafforzamento della Cisl Internazionale; 2. Interventi bilaterali del sindacato italiano per rafforzare e sostenere il sindacalismo nei paesi poveri; 3. Seguire organizzativamente la delocalizzazione delle imprese italiane nel mondo; 4. Aprire una interlocuzione con il Governo sui temi della politica estera, della cooperazione, della pace, dello viluppo e dei diritti dei lavoratori nei paesi dove abbiamo relazioni commerciali. Rilanciare il tema delle clausole sociali e della lotta al lavoro minorile. EUROPA La relazione di Angeletti ha messo ben in evidenza come ormai l'Europa sia una realtà; per questo occorre: - Non sprecare i sacrifici fatti; - Riprendere sindacalmente in mano la questione. Questo significa non essere indifferenti alla convenzione che dovrà scrivere la costituzione europea, quindi: - - Il sindacato deve entrare in campo e sostenere con forza l'idea ed il progetto di un'Europa federale, sociale, solidale attenta al lavoro e alla persona. Rafforzare la Ces, trasferendo competenze. Mettere in campo una decisa azione europeista: l'Europa è una opportunità, non un rischio. 2 L'ITALIA L'attenzione alle sfide internazionali ed europee non ci deve distogliere dal valutare attentamente i cambiamenti che investono il nostro paese. Cambia il capitalismo italiano Mutano i modelli produttivi Crescono i processi di terziarizzazione Si articolano le forme del lavoro Crescono le flessibilità Si trasforma la forma stato (Federalismo) Si consolida il bipolarismo Cambiano le culture e i valori di riferimento delle persone. Con questi cambiamenti occorre fare i conti e pensare a quale futuro per il sindacalismo, per il lavoro e per il paese. Investire sul futuro più che sul presente, significa assumersi dei rischi. Non crea futuro chi non rischia e chi non si innova. Siamo ancora troppo chiusi su noi stessi , amiamo troppo le nostre nicchie, le nostre tranquillità. Difendiamo il conosciuto, osiamo poco sul nuovo. Ma così l'idea del sindacalismo rischia di piegarsi su sé stesso e di confinarsi. SERVE UNA PROPOSTA SINDACALE Oggi abbiamo bisogno di elaborare una nuova proposta sindacale capace di: Aggregare i lavoratori che stanno fuori dalla nostra rappresentanza; Assumere la sfida della modernizzazione e dell'innovazione del paese e della sua economia. La competitività è un problema anche nostro e riguarda la qualità dello sviluppo, la valorizzazione del lavoro, l'equità e la giustizia sociale. Temi per un modello di sviluppo: - Rapporto Nord/Sud - Tavolo quadrilaterale di confronto - Patto per il Mezzogiorno Fiscalità di vantaggio Infrastrutture P.A. Formazione Patti Territoriali Delocalizzazione 3 - Innovazione e ricerca Investimenti su terreni nuovi Diritto alla formazione permanente Decongestionare alcune aree del Nord Politiche per il lavoro Serve una politica economica che non si affidi solo allo spontaneismo del mercato, ma che sia capace di stimolare innovazione nei settori strategici, consapevoli che non si compete solo sui costi, ma sull'innovazione. BIPOLARISMO Quando parliamo di un nuovo modello di sviluppo, sappiamo che dobbiamo fare i conti con la politica. Oggi significa fare i conti con i cambiamenti che segnano la politica e, in particolare, con il bipolarismo. Il bipolarismo era stato voluto per garantire la stabilità (50 anni, con più di 50 governi quasi uguali), ma soprattutto l'alternanza. Oggi il bipolarismo si sta spingendo oltre e tende a semplificare tutto mettendo a rischio le autonomie sociali. Più che verso l'alternanza mi sembra stia dando spazio alla rissa, alla polemica, all'arroganza e a varie forme di radicalismo. Il rischio è che dentro questa eccessiva polarizzazione il sindacato sia schiacciato o inibito. A questo processo occorre reagire, evitando che la società e le forme dirette della sua rappresentanza siano bipolarizzate. La società ha forme di rappresentanza primaria che non possono essere assemblate o piegate agli schieramenti politici, esse devono poter esprimere compiutamente la loro naturale politicità. Dobbiamo continuare a rivendicare il valore del pluralismo sociale e la sua autonomia. Bisogna fare i conti con la nuova situazione, ma con chiarezza. Agli inizi del bipolarismo avevamo pensato, come Cisl, che sarebbe stato necessario produrre un forte processo innovativo nel sindacato dando vita a una costituente per un sindacato nuovo, pluralista e autonomo. Eravamo convinti che così il sindacato avrebbe potuto essere un vero interlocutore con qualsiasi Governo, era un contributo alla democrazia dell'alternanza. Non ce l'abbiamo fatta, questo percorso è stato negato. Un errore di cui oggi avvertiamo tutta la portata. 4 Dopo un lungo dibattito la Cisl è pervenuta alla convinzione che anche nell'era del bipolarismo l'unica strada del rapporto con la politica sia quella dell'autonomia. Schierare il sindacato sarebbe un errore. Siamo consapevoli che confrontarci con questo Governo non è facile. Ogni giorno siamo costretti a registrare delle difficoltà, ma non credo abbiamo alternative al confronto continuo e permanente. Sono d'accordo con Angeletti quando afferma che non sono le spallate o le piazze che cambiano i Governo, ma il voto. Questo non ci inibisce l'uso della mobilitazione, delle manifestazioni, dello sciopero, ma deve sempre essere chiaro il merito sindacale. Solo questo deve fare la differenza. Certo che il merito è anche politico, ma deve essere chiaro il legame alla rappresentanza. COSA FARE Dobbiamo aggiornare i nostri mezzi per confermare le politiche. Dobbiamo convincere il Governo che abbandonare la concertazione è un errore. Anche se è necessario cambiare le forme della concertazione: Le questioni generali e politica dei redditi con Palazzo Chigi; Decentrare la sfida del federalismo; Accendere momenti di bilateralità; Uso ragionato e concordato del dialogo sociale. Non si può cambiare solo la modalità della concertazione. Occorre ripensare il modello contrattuale, confermando i due livelli: Nazionale: livelli essenziali Aziendale o territoriale: incrementi di produttività/partecipazione Enti bilaterali (decentrare) Sul modello contrattuale occorre aprire una discussione serena tra noi. Sulla rappresentanza il parere della Cisl è chiaro, siamo contrari alla legge ma non ci neghiamo a una soluzione negoziata. Occorre anche affrontare il tema di come dare diritti a chi non ne ha; il tema dello Statuto dei Lavori è ineludibile. Come pure la questione del sommerso non va lasciata solo a Confindustria. Vanno riprese riflessioni adeguate sullo stato sociale e sul modello fiscale. 5 Il problema che dobbiamo risolvere è se continuiamo a giocare in difesa, oppure se costruiamo una proposta per andare all'attacco. Quello che serve è oggi una proposta fortemente innovativa capace di cogliere e saldare le esigenze nuove e vecchie del mondo del lavoro. ATTUALITA' - - - - Confronto con il Governo sulle deleghe: lavoro, previdenza. Abbiamo un giudizio articolato su diversi punti, ma comune su Art. 18, arbitrato e decontribuzione. Lotta e mobilitazione. Alcuni risultati: Accordo Pubblico Impiego Sospensione approvazione deleghe La lotta non è stata sterile, occorre capitalizzarla. Il Governo cambia opinione; non è poca cosa far cambiare opinione a un Governo che gode di una ampia maggioranza parlamentare. Vi ricordate: "confronto, ascolto delle parti poi noi decidiamo perché il Governo deve decidere". Abbiamo dimostrato che ci sono questioni sulle quali anche le maggioranze ampie fanno fatica a decidere. Il tema del consenso sociale è tornato nell'agenda politica, abbiamo dimostrato che agire contro di noi è possibile ma comporta costi politici molto alti. Non tutto è risolto, solo un primo passo da sperimentare fino in fondo. Noi come voi abbiamo accettato la sfida del negoziato - Senza equivoci - Contrari a modifiche dell'art. 18 - In caso contrario la lotta La nostra contrarietà alle modifiche prospettate non è ideologica, ma pratica e riguarda il diritto del lavoratore a essere reintegrato al suo posto, quando il giudice riconosce la violazione della giusta causa. Non possiamo monetizzare tutto. Siamo convinti che l'abolizione di questo diritto non farà crescere le aziende, non incrementerà l'occupazione, non fa emergere il sommerso. E' un'inutile azione contro un elemento di deterrenza che tutela il lavoratore. Abbiamo scelto di andare al confronto con il bagaglio delle nostre posizioni, anche perché la delega deve essere cambiata su tanti altri punti, perché bisogna aprire un discorso nuovo sugli ammortizzatori sociali, sul collocamento, sull'orario, sul part-time e sul diritto alla formazione. Bisogna andare al confronto anche per aprire e verificare la possibilità di discutere su arbitrato, decontribuzione e fisco. 6 Il Ministro Maroni ci ha comunicato ieri che a quel tavolo, vista l'indisponibilità del sindacato a concordare modifiche sull'art. 18, il tema verrà tolto e che il Governo si riserva di avanzare una sua autonoma proposta. In pratica ci dice che vuole mantenere le mani libere per agire da solo. A questo punto serve essere espliciti: se il Governo riscrive l'art. 10 della delega e pertanto quell'articolo non esiste più nella sua formulazione originaria, deve essere chiaro che non si deve fare menzione all'art. 18, perché, se così non fosse, saremmo da capo. Una cosa deve essere comunque chiara: la Cisl sarà contraria a qualsiasi riscrittura che proponga di modificare l'art. 18. Nel caso questo si riproponesse la risposta non potrà che essere quella dello sciopero generale. Noi andremo al tavolo con questi punti fermi. Questa situazione esige una accelerazione del confronto e una verifica di come intende il Governo esercitare la sua autonomia e come Confindustria intende comportarsi. Non ci sono ambiguità da parte nostra, la chiarezza della nostra posizione dovrebbe meritare rispetto, non dico condivisa, ma rispetto. Tutti abbiamo bisogno di consigli e di segnalazioni, ma non generiamo sospetti. Perché un giorno ci dovremo ancora incontrare. C'è qualche cosa che non torna in tutto quello che sta succedendo: - Siamo tutti contrari alle modifiche dell'articolo 18, all'arbitrato proposto e alla decontribuzione. MA NON SIAMO MAI STATI COSI' DIVISI! Dobbiamo chiederci il perché. Sono le forme di lotta?….. Non credo. Le scelte fatte dalla Cgil di indire una manifestazione e di proclamare in modo unilaterale lo sciopero generale, sono una ferita profonda che non sarà facile rimarginare. Di queste iniziative non comprendo le ragioni sindacali. Forse le ragioni sono altrove e sono di natura politica. Capisco che il travaglio della sinistra possa interessare in maniera diversa da noi una parte del sindacato e che questa si ponga la domanda su cosa fare, ma allora che sia chiaro … Credo però che l'aver assunto posizioni di questa natura non aiuti i rapporti tra noi, non serva al sindacato e crei difficoltà a tutte le aree del riformismo. Saremmo potuti andare al tavolo negoziale con altra e maggiore forza e alla fine avremmo potuto assumere decisioni comuni anche di lotta, decisioni che mai nessuno aveva negato, ma chiesto solo di valutarne l'opportunità. 7 So che confrontarsi con le controparti che oggi abbiamo è difficile, ma le controparti non le scegliamo noi. A meno che si pensi che quando ci sono certi Governi il sindacato debba mettersi "in sonno". Angeletti ha chiesto alla Cgil di non fare troppi danni, io credo che questi, purtroppo, siano già stati provocati, e che ora sia già il tempo di vedere se e come si possono riparare. E' un percorso difficile e lungo, al quale nessuno vorrà, passata la fase attuale, sottrarsi. 8