DISPENSE DI FISICA (I PARTE) Unità 1 Cinematica Traiettoria e legge oraria La meccanica si divide in tre grandi settori: la statica che studia l'equilibrio dei corpi, la cinematica che studia il moto dei corpi senza indagarne le cause e la dinamica che studia il moto e le sue cause. In questa sezione cominceremo lo studio della cinematica, limitandoci al movimento di punti materiali. Un corpo si può considerare con buona approssimazione un punto materiale se le sue dimensioni sono piccole rispetto alle dimensioni della regione di spazio in cui avviene il moto. È importante chiarire fin dall'inizio che il moto in fisica è un concetto relativo. Supponiamo di essere su un treno in prossimità di una stazione ferroviaria. Fuori dal finestrino vediamo un altro treno e notiamo che si sta muovendo rispetto a noi. È impossibile da questa sola osservazione stabilire quale dei due treni si sta muovendo rispetto alla stazione. Voi che state leggendo queste pagine siete fermi rispetto alla stanza nella quale vi trovate ma nello stesso tempo la Terra vi sta trasportando a una velocità di oltre 100mila chilometri all'ora attorno al Sole. In genere è importante stabilire un sistema di riferimento rispetto al quale descrivere il moto: ad esempio nel caso del moto di un treno i binari costituiscono un buon sistema di riferimento e la stazione ferroviaria può essere considerata come l'origine di tale sistema di riferimento. In generale il sistema di riferimento è una retta se il moto avviene lungo una retta, è un piano cartesiano se il moto avviene su un piano, è tridimensionale se il movimento avviene nello spazio. Una volta stabilito il sistema di riferimento, per poter descrivere un moto bisogna stabilire qual è l'insieme delle posizioni che vengono assunte dal corpo in movimento. Tale insieme prende il nome di traiettoria. Ad esempio, la traiettoria di un corpo in caduta libera è una retta verticale, la traiettoria di un proiettile sparato orizzontalmente da un cannone è una curva che prende il nome di parabola. In questi esempi la traiettoria è un grafico nello spazio, che unisce fra loro tutte le posizioni occupate dal corpo, man mano che il tempo passa. La scelta del sistema di riferimento e la traiettoria non sono sufficienti per descrivere in maniera univoca il moto di un corpo. La stessa traiettoria infatti può essere percorsa in molti modi diversi, ad esempio un treno può percorrere lo stesso binario rettilineo a diverse velocità. In altre parole, la traiettoria da sola non è sufficiente per stabilire dove si trova un corpo ad un certo istante di tempo. È importante specificare anche qual è la legge oraria del moto. La legge oraria è una relazione matematica che lega tra loro il tempo t e la posizione s occupata dal corpo in quell'istante di tempo. Se il moto avviene in una sola dimensione, ad esempio lungo una retta, il grafico della legge oraria è una linea in un piano cartesiano avente lo spazio s in ordinata e il tempo t in ascissa. Come abbiamo già detto in precedenza, alla stessa traiettoria possono corrispondere leggi orarie diverse, a conferma del fatto che traiettoria e legge oraria sono due concetti totalmente indipendenti. Velocità Nella precedente sezione abbiamo detto che la stessa traiettoria può corrispondere a leggi orarie diverse, in particolare la stessa traiettoria può essere percorsa a velocità diverse. In generale la conoscenza della legge oraria consente il calcolo della velocità di un corpo. Infatti se conosciamo dove si trova il corpo ad ogni istante di tempo conosciamo anche quanto spazio ha percorso in un certo intervallo di tempo. La velocità media v di un corpo si definisce come il rapporto tra lo spazio Δs percorso in un certo intervallo di tempo e l'intervallo di tempo Δt impiegato a percorrerlo: v = Δs / Δt. Se conosciamo il punto iniziale s1 in cui si trova il corpo nell'istante iniziale t1 e il punto finale s2 in cui si trova il corpo all'istante t2 possiamo riscrivere Δs = s2 - s1 e Δt = t2 - t1, da cui la formula per la velocità media diventa v m = (s2 - s1) / (t2 - t1). L'unità di misura della velocità nel Sistema Internazionale è il metro al secondo (m / s). Nella vita di tutti i giorni è molto più frequente l'uso del kilometro orario (km / h). Vediamo qual è il fattore di conversione che ci consente di passare da un'unità di misura all'altra. Ricordiamoci che il prefisso kilo sta per 1000, pertanto 1 km = 1000 m. In un'ora invece ci sono 60 minuti e in un minuto ci sono 60 secondi, pertanto 1 h = 60 m = 3600 s. Di conseguenza 1 km / h = 1000 m / 3600 s = 1 / 3.6 m / s. Quindi se abbiamo una certa velocità espressa in kilometri orari la dobbiamo dividere per 3.6 per avere la stessa velocità espressa in metri al secondo. Viceversa, se abbiamo una velocità espressa in metri al secondo, la dobbiamo moltiplicare per 3.6 per avere la stessa velocità espressa in kilometri orari, ossia 1 m / s = 3.6 km / h. Nella seguente tabella sono riportati i tempi parziali impiegati da Usain Bolt nella finale dei 100 m ai mondiali di atletica di Berlino del 2009 che gli è valsa il nuovo record mondiale della specialità (9.58 s). Per ogni intervallo di 10 m sono anche riportate le velocità medie in m / s e in km / h: 1 Spazio percorso (m) 010 1020 2030 3040 4050 5060 6070 7080 8090 90100 Tempo impiegato (s) 1.89 0.99 0.90 0.86 0.83 0.82 0.81 0.82 0.83 0.83 Velocità (m / s) 5.29 10.1 11.1 11.6 12.0 12.2 12.3 12.2 12.0 12.0 Velocità (km / h) 19.0 36.4 40.0 41.9 43.4 43.9 44.4 43.9 43.4 43.4 La velocità media impiegata da Bolt per percorrere i 100 m è stata di v = 100 / 9.58 = 10.4 m / s ossia di v = 37.6 km / h. Come si evince dalla tabella però, la velocità massima, raggiunta nel tratto dai 60 ai 70 metri, è stata di ben 44.4 km / h. Accanto alla velocità media esiste un altro concetto importante che è quello di velocità istantanea. Se la velocità media di Usain Bolt sui 100m è stata di 37.6 km / h, questo non vuol certo dire che ad ogni istante la sua velocità è stata di 37.6 km / h. Per definire la velocità che un corpo ha ad un certo istante di tempo si usa la stessa formula della velocità media, ossia vi = (s2 - s1) / (t2 - t1) ma si vanno a considerare intervalli di tempo t 2 - t1 molto molto piccoli. Diminuendo progressivamente l'intervallo di tempo t2 - t1 la velocità media riproduce esattamente la velocità istantanea. Quesito: Supponiamo di avere un'auto di Formula Uno che percorre il primo giro a una velocità di 200 km / h e il secondo giro a una velocità di 140 km / h. Qual è la sua velocità media? Risposta: I dati del problema non sono sufficienti a dare una risposta quantitativa al quesito. L'unica cosa che possiamo dire è che la velocità media sicuramente non coincide con la media delle velocità, ossia 170 km / h. Per rendere quantitativo l'esercizio dobbiamo fissare la lunghezza del circuito. Scegliamo il circuito di Monza, lungo 5800 m. Per trovare la velocità media abbiamo bisogno di due ingredienti: la lunghezza totale percorsa, nel nostro esempio 2 giri, corrisponde a Δs = 11 600 m, e il tempo impiegato a percorrere i 2 giri. Cominciamo con il calcolare il tempo impiegato a percorrere il primo giro. Se v = Δs / Δt avremo che Δs = v · Δt, da cui Δt = Δs / v. Convertendo le due velocità nelle unità del Sistema Internazionale avremo v1 = 200 km / h = 200 / 3.6 m / s = 55.56 m / s. Analogamente avremo che v 2 = 140 km /h = 140 / 3.6 m / s = 38.89 m / s. I tempi impiegati a percorrere i due giri sono diversi: Δt1 = 5800 / 55.56 = 104 s mentre Δt2 = 5800 / 38.89 = 149 s. Il tempo totale impiegato dall'auto a percorrere i due giri è 253 s da cui la velocità media è vm = 11 600 m / 253 s = 45.85 m / s che, riconvertita in km / h, fornisce vm = 45.85 · 3.6 km / h = 165 km / h. Come si vede, la velocità media è inferiore alla media delle velocità (170 km / h). Il motivo è semplice: il corpo impiega un tempo maggiore a percorrere il secondo giro dal momento che la sua velocità è minore. Pertanto, nel calcolare la velocità media, il secondo giro ha un'importanza maggiore rispetto al primo. Accelerazione In generale la velocità di un corpo non rimane costante nel tempo ma può aumentare o diminuire. Una grandezza fisica importante per descrivere il moto di un corpo è l'accelerazione media, la quale viene definita come il rapporto tra la variazione di velocità e l'intervallo di tempo in cui tale variazione avviene: a m = (v2 - v1) / (t2 - t1). Dal momento che l'unità di misura della velocità nel Sistema Internazionale è il metro al secondo (m / s), l'unità di misura dell'accelerazione è il metro al secondo quadro (m / s 2). Come nel caso della velocità anche qui possiamo introdurre il concetto di accelerazione istantanea: l'accelerazione media diventa uguale all'accelerazione istantanea quando rendiamo molto piccolo l'intervallo di tempo t2 - t1. L'accelerazione media in un intervallo molto piccolo di tempo coincide con l'accelerazione del corpo in quell'istante di tempo. Notiamo come, dalla definizione stessa di accelerazione, si ricava che a m può essere positiva, quando la velocità finale v2 è maggiore della velocità iniziale v1, ossia quando la velocità aumenta. L'accelerazione di un corpo può essere zero quando la velocità finale v2 coincide con la velocità iniziale v1. Infine, l'accelerazione di un corpo può anche essere negativa, quando la velocità finale v2 è minore della velocità iniziale v1: in questo caso diciamo che il corpo decelera. Quesito: Supponiamo che un corpo abbia velocità pari a 10 m / s. Dopo 20 s la sua velocità è aumentata a 30 m / s. Qual è la sua accelerazione media? Risposta: Per trovare l'accelerazione media del corpo è sufficiente applicare la formula che definisce l'accelerazione media: am = (v2 - v1) / (t2 - t1) = (30 m / s - 10 m / s) / (20 s) = (20 m / s) / 20 s = 1 m / s2. Quesito: La posizione di un corpo in caduta libera viene misurata ogni secondo. Il corpo si trova alle seguenti distanze dal punto di partenza: s0 = 0, s1 = 4.9 m, s2 = 19.6 m, s3 = 44.1 m. Si calcolino le velocità medie e le accelerazioni medie nei vari intervalli di tempo. Risposta: Andiamo per prima cosa a calcolarci le velocità medie nei vari intervalli di tempo. Tra 0 e 1 s la velocità media è v1 = 4.9 m / 1 s = 4.9 m / s. Nel secondo intervallo di tempo, compreso tra 1 s e 2 s, la velocità media è v 2 = (19.6 m 4.9 m) / 1 s = 14.7 m / s. Nel terzo intervallo di tempo, compreso tra 2 s e 3 s, la velocità media è v 3 = (44.1 m - 19.6 m) / 1 s = 24.5 m / 1 s = 24.5 m / s. Come si può notare la velocità di un corpo in caduta non è costante ma aumenta al passare del tempo. L'accelerazione media nel primo intervallo di tempo è a 1 = (v2 - v1) / (1 s) = (14.7 m / s - 4.9 m / s) / (1 s) = 9.8 m / s2. Analogamente possiamo facilmente calcolare l'accelerazione media nel secondo intervallo di tempo: a2 = (v3 - v2) / (1 s) = (24.5 m / s - 14.7 m / s) / (1 s) = 9.8 m / s 2. Scopriamo che l'accelerazione media non è cambiata: come vedremo, un corpo in caduta libera, si muove con un'accelerazione costante e uguale a g = 9.8 m / s2. 2 Esempi di moto Moto rettilineo uniforme Dopo aver introdotto i concetti fondamentali che servono a studiare la cinematica, ossia traiettoria e legge oraria, velocità e accelerazione, andremo ora a studiare alcuni esempi particolari di moto. Il primo esempio di moto che consideriamo è il moto rettilineo uniforme, ossia un moto che avviene su una traiettoria rettilinea con velocità costante. Dal momento che la velocità di un corpo v è definita come v = Δs / Δt, se v è costante anche il rapporto Δs / Δt è costante. Questo vuol dire che lo spazio percorso Δs e l'intervallo di tempo impiegato a percorrerlo Δt sono direttamente proporzionali. Dalla definizione stessa di velocità possiamo ricavarci la legge oraria del moto rettilineo uniforme. Per prima cosa, invertendo la formula che definisce la velocità, otteniamo: Δs = v · Δt, con v costante. Tale relazione può essere riscritta come s - s0 = v · (t - t0), dove s0 è la posizione occupata dal corpo all'istante iniziale t0, mentre s è la posizione occupata dal corpo all'istante di tempo generico t. Come caso particolare, consideriamo il caso in cui l'istante iniziale t 0 coincide con il momento in cui facciamo partire il cronometro. Allora possiamo porre t 0 = 0 e otteniamo: s - s0 = v · t. Sommando s0 ad entrambi i membri otteniamo finalmente la legge oraria del moto rettilineo uniforme: s = v · t + s 0. Tale relazione ci dice che, per conoscere la posizione del corpo s ad ogni istante di tempo t, dobbiamo conoscere la posizione iniziale del corpo s0 e la sua velocità v. Ad esempio se all'istante iniziale il corpo si trova a s 0 = 20 m dall'origine del sistema di riferimento e mantiene una velocità costante di v = 10 m / s, avremo che dopo un tempo t = 30 s il corpo si troverà a s = 10 m / s · 30 s + 20 m = 320 m dall'origine del sistema di riferimento. Di seguito riportiamo il grafico spazio-tempo e il grafico velocità-tempo per il moto rettilineo uniforme: Per quanto riguardo il grafico spazio-tempo osserviamo come la pendenza della retta fornisca un'informazione relativa alla velocità del corpo in movimento: maggiore è la pendenza della retta, maggiore è la velocità del corpo. Molto interessante è anche l'interpretazione geometrica del grafico velocità-tempo: l'area del rettangolo in figura infatti è uguale allo spazio percorso dal corpo in un intervallo di tempo uguale alla lunghezza della base del rettangolo. Ad esempio, se un corpo si muove a una velocità di v = 2 m / s, in un intervallo di tempo pari a 20 s percorrerà uno spazio pari a s = 2 m / s · 20 s = 40 m numericamente uguale all'area del rettangolo che ha per base l'intervallo di tempo e per altezza la velocità costante. Questa proprietà del grafico velocità-tempo rimane valida anche per moti diversi dal moto rettilineo uniforme: invece di ottenere una linea parallela all'asse delle ascisse avremo una curva generica ma l'area sottesa al grafico rimarrà numericamente uguale allo spazio percorso dal corpo. Moto rettilineo uniformemente accelerato Un altro esempio molto importante di moto è il moto rettilineo uniformemente accelerato, caratterizzato da una traiettoria rettilinea e da un'accelerazione costante. Questo significa che in un moto rettilineo uniformemente accelerato l'accelerazione a non varia nel tempo. Se ora ci ricordiamo com'è definita l'accelerazione, a = (v - v0) / (t - t0), possiamo dire che in un moto rettilineo uniformemente accelerato il rapporto tra la variazione di velocità v - v0 e l'intervallo di tempo t - t0 è uguale a una costante. Questo vuol dire che la variazione di velocità e l'intervallo di tempo in cui tale variazione avviene sono direttamente proporzionali: v - v0 = a · (t - t0). Come caso particolare, supponiamo di far partire il cronometro all'istante t 0 = 0 e che in quell'istante il corpo risulti fermo v0 = 0. In questo caso la velocità del corpo v e il tempo t risultano direttamente proporzionali: v = a · t e il grafico è la retta passante per l'origine riportata in figura: Andiamo ora a ricavarci la legge oraria del moto rettilineo uniformemente accelerato. Come abbiamo detto nella precedente sezione lo spazio s percorso dal corpo è dato dall'area del triangolo che ha per base il tempo t e per altezza la velocità v raggiunta dal corpo all'istante t. Ricordandoci ora che v = a · t, la legge oraria del moto uniformemente accelerato diventa s = 1/2 · v · t = 1/2 · a · t2. Se nel moto rettilineo uniforme lo spazio percorso è direttamente proporzionale al tempo t, nel moto rettilineo uniformemente accelerato lo spazio è direttamente proporzionale al quadrato del tempo. Ad esempio, se l'accelerazione costante è uguale a 2 m / s 2 abbiamo che la legge oraria diventa s = t2, rappresentata nella seguente tabella: t (s) 0 1 2 3 4 s (m) 0 1 4 9 16 3 Caduta libera e moto nello spazio Un tipico esempio di moto uniformemente accelerato è il moto di un corpo in caduta libera. In particolare, ogni corpo in caduta libera nel vuoto e sulla superficie terrestre cade con accelerazione costante e pari a g = 9.8 m / s 2. Questo significa che la velocità di un corpo aumenta di 9.8 m / s che equivalgono a circa 35 km / h per ogni secondo di caduta libera: in 5 secondi un corpo in caduta ha raggiunto la velocità di ben 175 km / h. L'accelerazione g = 9.8 m / s2 di un corpo in caduta libera è detta accelerazione di gravità ed è indipendente dalla massa, ossia è la stessa per tutti i corpi. Come vedremo meglio nelle prossime lezioni, la situazione cambia se invece del vuoto consideriamo un fluido viscoso: in tal caso infatti dobbiamo considerare anche gli attriti, le accelerazioni diventano minori e le caratteristiche del moto vengono a dipendere dalla massa del corpo. La situazione cambia anche se consideriamo pianeti diversi dalla Terra. Infatti vedremo che l'accelerazione di gravità dipende dal raggio e dalla massa del pianeta che si prende in considerazione. Esercizi 1. Quesito: Un'auto parte da ferma e comincia a muoversi di moto rettilineo uniformemente accelerato. Dopo 10 s è arrivata a una distanza di 300 m dal punto di partenza. Si calcoli il valore dell'accelerazione e la velocità finale dell'auto. Risposta: Consideriamo la legge oraria del moto uniformemente accelerato: s = 1/2 a · t 2. Nel nostro caso lo spazio percorso è s = 300 m, il tempo è t = 10 s, pertanto 300 = 0.5 · a · 100, da cui l'accelerazione richiesta è a = 300 / 50 = 6 m / s2. Nota l'accelerazione del corpo, la velocità finale si ricava facilmente come v = a · t = 6 m / s2 · 10 s = 60 m / s. 2. Quesito: Quanto tempo impiega un corpo a cadere da un'altezza di 20 m? Risposta: Il moto di caduta libera è un moto rettilineo uniformemente accelerato con accelerazione g = 9.8 m / s2. Pertanto se la legge oraria è s = 1/2 · a · t 2 abbiamo la seguente equazione: 20 = 0.5 · 9.8 · t 2, da cui t2 = 20 / 4.9 s2 = 4.08 s2. Estraendo la radice quadrata otteniamo finalmente: t = 2.02 s. Dunque un corpo in caduta libera impiega 2.02 s per scendere da un'altezza di 20 m. 3. Quesito: Un corpo si muove, partendo da fermo, di moto rettilineo uniformemente accelerato con accelerazione a = 3 m / s2 per 20 s. Nei successivi 30 s si muove di moto rettilineo uniforme con la stessa velocità raggiunta al termine dei primi 20 s. Qual è lo spazio percorso dal corpo? Risposta: Lo spazio percorso nei primi 20 s si ricava dalla legge oraria del moto rettilineo uniformemente accelerato: s1 = 1/2 a t2 = 0.5 · 3 · 202 m = 600 m. La velocità raggiunta dal corpo dopo 20 s è v = a t = 3 · 20 m / s = 60 m / s. Nei successivi 30 s il moto del corpo è rettilineo uniforme. Pertanto lo spazio percorso è s 2 = v · t = 60 m / s · 30 s = 1800 m. Lo spazio totale percorso è s = s1 + s2 = 2400 m. 4. Quesito: Studiare in dettaglio il lancio di un oggetto verso l'alto. In particolare calcolare l'altezza massima raggiunta dal corpo se la sua velocità iniziale è 5 m / s. Risposta: Quando lanciamo un corpo verso l'alto abbiamo la composizione di due moti: un moto rettilineo uniforme dal basso verso l'alto con velocità iniziale v 0 e un moto rettilineo uniformemente accelerato con accelerazione costante e uguale a g = 9.8 m /s 2. La legge oraria è la seguente: y = v0t - 1/2 g t2, mentre la relazione che ci consente di calcolare la velocità v ad ogni istante di tempo t è v = v 0 - gt. Il segno relativo presente nelle due precedenti relazioni tiene conto del fatto che il verso del moto rettilineo uniforme e del moto rettilineo uniformemente accelerato sono opposti. Dalle precedenti relazioni possiamo ricavare il punto più alto raggiunto dal corpo. Infatti quando il corpo raggiunge il suo punto più alto si ferma, ossia v = 0. Pertanto v0 - gt = 0 da cui il tempo impiegato dal corpo a raggiungere la massima altezza è dato da t = v 0 / g. Ad esempio se il corpo viene lanciato verso l'alto con una velocità v0 = 5 m / s, impiegherà un tempo pari a t = 5 / 9.8 s = 0.51 s a raggiungere la massima altezza. Sapendo a quale istante di tempo il corpo raggiunge la sua altezza massima, possiamo usare la legge oraria per trovare qual è questa altezza massima. Infatti ricordando che t = v 0 / g avremo che l'altezza raggiunta dal corpo è: y = v0t - 1/2 g t2 = v02 / g - 1/2 v02 / g = 1/2 v02 / g. Con un solo dato, la velocità iniziale del corpo v0 = 5 m / s, riusciamo pertanto a calcolare l'altezza massima raggiunta: y = 1/2 · 25 / 9.8 m = 1.28 m. 4 Unità 2 Forze ed Equilibrio LE FORZE Definizione operativa Una forza rappresenta una grandezza fisica vettoriale, la cui intensità è misurata con uno strumento chiamato dinamometro. L’unità di misura delle forze è il Newton (N) che rappresenta una unità derivata (N = kg·(m/s 2)) La forza è un vettore perché oltre all’intensità è necessario specificare anche direzione e verso. La forza peso Sulla Terra, ogni corpo subisce una forza-peso, che è la forza di gravità con cui è attratto dalla Terra, quindi questo tipo di forza agisce a distanza. La forza-peso e la massa sono grandezze diverse: la forza-peso è un vettore, la cui intensità è misurata con il dinamometro, mentre la direzione è quella verticale e il verso rivolto in direzione del centro della Terra. la massa è uno scalare ed esprime la quantità di materia di cui è costituito un corpo, si misura con una bilancia a piatti uguali mentre la massa non cambia mai qualsiasi parte dell’universo noi andiamo, la forza-peso invece cambia. Come è facilmente dimostrabile, in un dato luogo, la forza-peso di un corpo è direttamente proporzionale alla sua massa. Il fattore di proporzionalità è chiamato accelerazione di gravità e si indica con il simbolo g , tale valore cambia da punto a punto sulla Terra, in particolare al livello del mare vale circa 9,8 N/kg FP=g·m Equilibrio per traslazioni Condizione di equilibrio In questa sezione vogliamo cominciare a studiare la statica, ossia quella parte della meccanica che si occupa dell'equilibrio dei corpi. Partiremo con lo studio dell'equilibrio dei corpi per traslazioni. Un corpo subisce una traslazione quando ogni suo punto si sposta della stessa quantità nella stessa direzione e nello stesso verso, in altre parole quando ogni suo punto è sottoposto allo stesso vettore spostamento. In fisica giocano un ruolo importante i cosiddetti corpi rigidi. Un corpo rigido è un corpo che non si può deformare, ossia un corpo in cui ogni punto mantiene nel tempo la stessa distanza da ogni altro punto del corpo. In generale studiare il moto o l'equilibrio di un corpo rigido può non essere banale se il corpo rigido non ha forma regolare. Se però il corpo rigido ha forma regolare (ad esempio sferica) si può immaginare tutta la massa del corpo concentrata in un punto che è il centro di simmetria del corpo (nell'esempio della sfera, il suo centro). Questo centro di simmetria va anche sotto il nome di baricentro. Lo studio del moto oppure dell'equilibrio del corpo rigido viene in questo modo ridotto allo studio del moto oppure dell'equilibrio di un particolare punto dotato di massa, ossia di un particolare punto materiale. In queste lezioni useremo sempre per semplicità questo modello del punto materiale, ossia immagineremo tutta la massa M del corpo rigido concentrata nel baricentro che pertanto risulterà sottoposto a una forza-peso totale pari a M · g, dove g = 9.8 N / kg. Più in generale, si può utilizzare il modello del punto materiale quando il corpo è molto più piccolo delle dimensioni fisiche che caratterizzano il problema e quando le direzioni di tutte le forze agenti sul corpo si incontrano in un unico punto. Anche nel linguaggio di tutti i giorni diciamo che un corpo è in equilibrio quando non si muove. Cerchiamo ora di tradurre questa definizione a parole di equilibrio in formule matematiche, limitandoci per il momento alle traslazioni. Abbiamo visto che le forze hanno effetti dinamici, ossia sono in grado di mettere in movimento i corpi ai quali sono applicate. Per avere equilibrio per traslazioni è perciò necessario che la somma vettoriale di tutte le forze applicate al corpo in esame sia uguale a 0: Ad esempio consideriamo due squadre che giocano a tiro alla fune: se una squadra applica una forza diretta orizzontalmente da destra a sinistra di intensità F e la squadra avversaria applica una forza di ugual intensità F, ma diretta orizzontalmente da sinistra a destra, avremo che la somma dei due vettori forza, uguali ed opposti, è uguale a zero e la fune risulta perciò in equilibrio. 5 Se ragioniamo in termini di componenti dei vettori avremo che, per avere equilibrio, la somma di tutte le componenti orizzontali dei vettori forza deve essere uguale a zero, così come deve essere uguale a zero la somma di tutte le componenti verticali dei vettori forza. Vedremo nelle prossime sezioni varie applicazioni di questo concetto. Forza equilibrante, reazione vincolare Abbiamo visto nella sezione precedente che la condizione di equilibrio per traslazioni è l'annullamento della forza totale (detta anche risultante) applicata al corpo. Vediamo quali conseguenze ha questa condizione di equilibrio. Supponiamo che ci sia una forza che agisce su un corpo. Evidentemente il corpo non è in equilibrio. Come facciamo a ripristinare la condizione di equilibrio? Possiamo aggiungere una seconda forza uguale ed opposta alla prima, ossia una forza con ugual direzione, uguale intensità ma verso opposto. Una forza con queste caratteristiche è detta forza equilibrante. Un esempio in cui entra in gioco la forza equilibrante è quello di un corpo posto su un tavolo. Sappiamo che ogni corpo dotato di massa è soggetto a una forza-peso. Perché allora il corpo risulta essere in equilibrio? Evidentemente perché esiste una forza in grado di equilibrare la forza-peso del corpo: il tavolo, con la sua presenza, esercita una forza sul corpo uguale ed opposta alla forza-peso. Questa particolare forza equilibrante prende il nome di reazione vincolare del piano: Ovviamente la forza peso di un corpo può essere equilibrata anche per mezzo di più forze, come nel caso dell'insegna in figura tenuta in equilibrio grazie alla tensione esercitata da due fili: Usando la regola del parallelogramma è facile verificare graficamente che la somma vettoriale delle due tensioni esercitate dai fili obliqui è esattamente uguale alla forza-peso dell'insegna. In questo modo la risultante di tutte le forze è uguale a zero e l'insegna risulta in equilibrio. Equilibrio per rotazioni Momento di una forza Per introdurre il concetto di momento di una forza partiamo dalla seguente domanda: perché nelle porte le maniglie sono sempre dalla parte opposta rispetto ai cardini? Supponiamo di voler aprire un vecchio portone poco oliato. Dalla nostra esperienza sappiamo che si fa meno fatica (in altre parole, è sufficiente applicare una forza minore) spingendo il portone dalla parte opposta rispetto ai cardini. Altro esempio che ci può aiutare è quello della chiave inglese e del bullone. Anche in questo caso è molto più facile ruotare il bullone applicando la forza all'estremità del manico della chiave inglese, ossia nel punto più lontano rispetto al punto attorno al quale avviene la rotazione. Da tutti questi esempi ricaviamo che, in presenza di un corpo che può ruotare, gli effetti di una forza applicata al corpo dipendono da tre fattori: 1. 2. 3. l'intensità della forza: se applichiamo una forza maggiore, la rotazione del bullone o del portone risulta essere agevolata; il punto di applicazione della forza: a parità di intensità la rotazione è notevolmente agevolata se applichiamo la forza nel punto più lontano dal centro di rotazione; la direzione della forza: se applichiamo una forza diretta lungo il manico della chiave inglese non si verifica alcuna rotazione. Nella figura riportata sopra O è il punto attorno al quale avviene la rotazione (ad esempio il centro del bullone), b è la distanza tra la retta d'azione della forza e il punto attorno al quale avviene la rotazione. Questa distanza prende anche il nome di braccio della forza. Il momento di una forza M si definisce come il prodotto dell'intensità F della forza per la lunghezza b del braccio: M = F · b. Dal momento che nel Sistema Internazionale la forza si misura in newton e il braccio 6 in metri l'unità di misura del momento della forza è il newton per metro (N · m). Ad esempio, se l'intensità della forza è F = 5 N e il braccio misura b = 6 cm avremo un momento della forza pari a M = 5 N · 0.06 m = 0.3 N · m. Come casi particolari, se la retta d'azione della forza passa per il centro di rotazione O abbiamo che b = 0. In questo caso il momento della forza si annulla e non si verifica alcuna rotazione. Il momento di una forza è la grandezza che regola i movimenti di rotazione. A questo punto è chiaro che possiamo aumentare il momento M sia aumentando l'intensità della forza F sia aumentando il braccio b: questo è il motivo per cui il portone si apre più facilmente se lo spingiamo dalla parte opposta rispetto ai cardini o per cui il bullone si allenta più facilmente spingendo una chiave inglese all'estremità del manico. Per convenzione si associa un segno alle rotazioni: il momento di una forza è un numero positivo se le rotazioni che esso provoca sono antiorarie, è invece un numero negativo se le rotazioni che esso induce sono orarie. Questa convenzione sarà di fondamentale importanza nella prossima sezione, dove andremo a stabilire quali sono le condizioni di equilibrio di un corpo che può ruotare. Condizione di equilibrio Abbiamo visto che, nel caso dei moti di traslazione, la condizione di equilibrio è data dall'annullarsi della risultante delle forze applicate al corpo. Vogliamo ora chiarire qual è la condizione di equilibrio per un corpo che è libero di ruotare. Abbiamo visto nella precedente sezione che il momento di una forza assume segni positivi o negativi a seconda del senso in cui avviene la rotazione. La condizione di equilibrio per rotazioni è data dall'annullarsi della somma di tutti i momenti che vengono applicati al corpo, ossia: Mtot = M1 + M2 + M3 + ... = 0. Se prescindiamo dai segni, possiamo anche dire che un corpo non ruota quando la somma di tutti i momenti orari applicati al corpo è uguale alla somma di tutti i momenti antiorari. Questa è la condizione di equilibrio per rotazioni. Come esempio di equilibrio per rotazioni consideriamo una bilancia a bracci diseguali, come nella seguente figura: Il peso P1 induce una rotazione antioraria di momento M1 = P1 · b1, il peso P2 induce invece una rotazione oraria di momento M2 = - P2 · b2. La bilancia sarà in equilibrio non quando i due pesi sono uguali ma quando si annulla il momento totale: Mtot = M1 + M2 = 0, ossia quando il momento antiorario P 1 · b1 è uguale al momento orario P2 · b2. Quesito: Si consideri l'asta in figura: la stessa forza-peso di intensità P = 30 N viene applicata in due punti posti rispettivamente a b 1 = 40 cm a sinistra e a b2 = 20 cm a destra del punto attorno al quale l'asta può ruotare. Si stabilisca dove deve essere posto un ulteriore peso di intensità P3 = 15 N per fare in modo che l'asta rimanga in equilibrio. Risposta: Tenendo conto che a rotazioni orarie (antiorarie) corrispondono momenti negativi (positivi) avremo che il momento antiorario è M1 = P · b1 = 30 N · 0.40 m = 12 N · m. Il momento orario è invece dato da M 2 = - P · b2 = - 30 N · 0.20 m = - 6 N · m. Il momento totale diventa: M = (12 - 6) N · m = 6 N · m. Questo vuol dire che, se non aggiungiamo contrappesi, l'asta tende a ruotare in senso antiorario. Pertanto il peso di P = 15 N dovrà essere posto alla destra del punto di rotazione in modo tale da produrre un momento orario M = - 6 N · m. Se indichiamo con b la distanza cercata, dovremo risolvere la seguente equazione di 1° grado: - 6 N · m = - (15 N) · b da cui b = 6 / 15 m = 0.4 m = 40 cm. 7 Unità 3 Leggi della dinamica Primo principio della dinamica La dinamica è una parte della meccanica che si occupa dello studio delle cause del moto. Il filosofo greco Aristotele nel IV secolo a.C. diede una prima spiegazione delle cause del moto: per mantenere una velocità costante un corpo deve essere sottoposto a una forza costante. Ad esempio, per spostare un tavolo attraverso una stanza dobbiamo applicare una forza costante al tavolo. Quindi, secondo Aristotele, una forza costante applicata a un corpo permette di mantenere costante la sua velocità. Grazie alla plausibilità di questa descrizione del moto e all'autorità degli scritti di Aristotele, questa descrizione delle cause del moto è rimasta inalterata per circa 2000 anni fino ai tempi di Galileo Galilei che non aveva certo timori nello sfidare l'ipse dixit aristotelico: Nelle questioni scientifiche l'autorità di mille non vale quanto l'umile ragionamento di un singolo uomo. Galileo partiva spesso nei suoi ragionamenti da alcuni esperimenti ideali che vogliamo andare a riproporre in questa sezione: supponiamo di considerare un corpo che si sta muovendo verso l'alto su un piano inclinato. Il corpo subisce una decelerazione, ossia la sua velocità diminuisce. Se invece il corpo scende lungo un piano inclinato subisce una accelerazione, ossia aumenta la sua velocità. Pertanto se consideriamo un corpo che si muove a una certa velocità su un piano orizzontale il ragionamento ci porta a concludere che il corpo non accelera e non decelera, ossia si muove a velocità costante, di moto rettilineo uniforme. Tramite questi esperimenti ideali Galileo arrivò ad enunciare il primo principio della dinamica: Un corpo persevera nel suo stato di quiete o moto rettilineo uniforme, a meno che non intervenga una causa esterna a modificarne lo stato. Il primo principio della dinamica è anche detto principio d'inerzia. L'inerzia è la proprietà che un corpo possiede di opporsi al cambiamento del suo stato di moto: è tanto maggiore quanto maggiore è la massa del corpo. Da quanto abbiamo appena visto, il primo principio della dinamica ci dice che, quando nessuna forza agisce su un corpo, il corpo mantiene la sua velocità: se il corpo è fermo rimane fermo, se si muove a una certa velocità continua a muoversi con la stessa velocità. Nella realtà gli esperimenti ideali di Galileo sono difficili da realizzare a causa delle forze d'attrito. Esistono però certi dispositivi, come il ghiaccio secco o la rotaia a cuscino d'aria, tramite i quali è possibile ridurre al massimo gli attriti e riprodurre con buona approssimazione gli esperimenti ideali di Galileo. Secondo principio della dinamica Nella precedente sezione abbiamo visto che, se nessuna forza agisce su un corpo, tale corpo mantiene invariata la sua velocità. Cosa succede invece quando applichiamo una forza costante ad un corpo? Una forza costante F produce un'accelerazione costante a. In particolare, forza ed accelerazione sono direttamente proporzionali e la costante di proporzionalità coincide con la massa m del corpo. Possiamo pertanto scrivere che F = m · a. Non dobbiamo però dimenticarci che sia la forza che l'accelerazione sono due grandezze vettoriali. Il secondo principio della dinamica ci dice che la forza e l'accelerazione hanno la stessa direzione e lo stesso verso. In termini vettoriali possiamo perciò scrivere il secondo principio della dinamica come: . La grandezza fisica m è detta massa inerziale ed è una misura dell'inerzia del corpo. Il secondo principio della dinamica è la legge fondamentale che regola il moto degli oggetti che ci circondano. Applicando questa legge fisica l'uomo è riuscito ad andare sulla Luna. L'importante è riuscire a identificare tutte le forze che agiscono su un corpo per poi ricavare dal secondo principio della dinamica l'accelerazione del corpo via la formula: a = F / m. Da questa relazione vediamo subito come accelera di più un corpo dotato di massa minore. Il secondo principio della dinamica è una legge di portata generale che include il primo principio della dinamica come caso particolare. Infatti se sul corpo non agisce alcuna forza abbiamo che F = 0. Il secondo principio della dinamica ci dice che anche il prodotto m · a deve essere uguale a zero. Quando il prodotto di due numeri è uguale a zero vuol dire che uno dei due fattori è uguale a zero. Siccome la massa m del corpo è un numero finito diverso da zero, possiamo concludere che deve essere a = 0, ossia si deve annullare l'accelerazione del corpo. Pertanto se la forza totale che agisce su un corpo è uguale a zero, il corpo continua a mantenere la sua velocità iniziale, che è esattamente il contenuto del primo principio della dinamica. Notiamo come la relazione tra massa e forza-peso giustifichi il perché tutti i corpi in caduta libera e in assenza di attrito, subiscono la stessa accelerazione g = 9.8 m / s 2, indipendentemente dalla loro massa. Infatti la forza-peso P di un corpo è data da P = m · g, dove g = 9.8 m / s 2. Se ora nel secondo principio della dinamica sostituiamo al posto della forza F il peso m · g otteniamo che m · g = m · a. Dividendo la precedente uguaglianza a destra e a sinistra per la massa m del corpo otteniamo che l'accelerazione del corpo in caduta libera è a = g = 9.8 m / s 2, indipendentemente dalla massa m. 8 Un discorso analogo vale per l'accelerazione di un corpo posto su un piano inclinato: se il piano ha altezza h e lunghezza l, allora la forza che agisce su un corpo di massa m posto sul piano è la componente parallela della forzapeso: F = mgh / l. Di conseguenza, applicando il secondo principio della dinamica avremo che ma = mgh / l. Anche in questo caso la massa m si può semplificare e l'accelerazione del corpo diventa a = gh / l. Il fatto che in caduta libera e su un piano inclinato senza attriti l'accelerazione sia indipendente dalla massa del corpo è una prerogativa della forza-peso e delle sue componenti, che sono direttamente proporzionali alla massa del corpo in movimento. Terzo principio della dinamica Prima di passare al terzo principio della dinamica, vogliamo fare alcune precisazioni relativamente al secondo principio. In particolare abbiamo più volte detto che l'unità di misura della forza nel Sistema Internazionale è il newton. Il secondo principio della dinamica ci consente di legare il newton alle altre unità di misura del Sistema Internazionale. Infatti, in base al secondo principio della dinamica, abbiamo che F = m · a, da cui, ricordando che l'unità di misura della massa è il kilogrammo e dell'accelerazione il metro al secondo quadro (m / s 2), avremo che 1 N = 1 kg · 1 m / s2. Il terzo principio della dinamica afferma che se un corpo A esercita su un corpo B una certa forza allora il corpo B esercita su A una forza uguale ed opposta - . Nell'esempio in figura la Terra esercita su un gesso posto sulla sua superficie una forza-peso. Come conseguenza, anche il gesso esercita sulla Terra una forza uguale ed opposta: Perché vediamo gli effetti della forza che la Terra esercita sul gesso mentre, viceversa, non vediamo alcun effetto da parte del gesso sulla Terra? La ragione risiede nel fatto che la Terra ha una massa enorme, pari a M = 6 · 1024 kg. La forza-peso su un gesso di 20 g è pari a circa P = 0.2 N. Tale forza-peso produce sulla Terra un'accelerazione a = P / m = 0.2 N / (6 · 10 24 kg) = 0.3 · 10-25 m / s2. Non esiste alcuno strumento in grado di misurare una simile accelerazione, pertanto possiamo concludere che, pur essendoci una forza che agisce sulla Terra dovuta al gesso, l'accelerazione della Terra è a tutti gli effetti uguale a zero. Molti esempi di applicazioni del terzo principio della dinamica possono essere tratti dalla nostra vita di tutti i giorni. Per citarne solo uno, quando nuotiamo a stile libero, spingiamo indietro l'acqua con le nostre mani. Come conseguenza del terzo principio della dinamica, l'acqua esercita una forza sul nostro corpo e ci consente di avanzare. Esercizi 1. Quesito: Una cassa di peso 300 N viene spinta con una forza di intensità F su un piano orizzontale privo di attrito e subisce un'accelerazione pari a 3 m / s 2. Si calcoli l'intensità della forza F. Risposta: Per poter applicare il secondo principio della dinamica dobbiamo prima calcolare la massa della cassa. Se P = 300 N, la massa della cassa si ricava dalla relazione m = P / g che permette di ottenere m = 300 N / (9.8 N / kg) = 30.6 kg. A questo punto possiamo usare il secondo principio della dinamica F = m · a = 30.6 kg · 3 m / s2 = 91.8 N. 2. Quesito: Un corpo di massa 10 kg viene sollevato verso l'alto applicando una forza costante e pari a 300 N. Si calcoli l'accelerazione del corpo. Risposta: Per prima cosa dobbiamo andare a calcolare la forza totale che agisce sul corpo. Se la massa m = 10 kg la forza-peso è P = 10 · 9.8 N = 98 N. Pertanto la forza totale applicata al corpo è FT = F - P = 300 N - 98 N = 202 N. Come al solito, il segno meno nella precedente relazione è dovuto al fatto che la forza attiva e la forza peso hanno verso opposto. L'accelerazione verso l'alto del corpo si calcola dalla formula inversa del secondo principio della dinamica: a = FT / m = 202 N / 10 kg = 20.2 m / s2. 9