Don Enzo CARUSO - SOLIDARIETÀ Senso, implicazioni, sfide 1. L’AUTORE DEL LIBRO 1.1. Il Servizio di Animazione Comunitaria Un Gruppo internazionale che opera da 50 anni nella Chiesa e nel mondo con l’impegno di promuovere un “Movimento per un Mondo Migliore”, cioè: Diffondere i valori cristiani del Regno di Dio e che coincidono con i valori universali a cui aspira la coscienza collettiva dell’umanità (pace, fraternità universale, giustizia, promozione umana) Promuovere il rinnovamento e la riforma dei modelli storici della Chiesa, delle istituzioni mondiali e della società, ecc., perché siano più efficaci nel promuovere e realizzare questi valori e compiere la propria ragion d’essere. Animare la Chiesa e il mondo in ogni modo possibile e promuovere processi collettivi di coscientizzazione circa i valori di cui sopra. Fare in modo che Chiesa e mondo si sentano e vivano in stato di rinnovamento permanente in vista di un mondo migliore. In questo senso la parola “Movimento” non si riferisce a una realtà associativa ma al dinamismo storico che, come una corrente di un fiume, scorre lentamente e dentro il quale tutte le realtà storiche si muovono e alla quale possono o assecondarsi o resistere. (Pensiamo, per es. all’esplosione della coscienza dei popoli e all’aspirazione alla pace universale del secondo dopoguerra). 1.2. Padre Riccardo Lombardi sj Padre gesuita che nel periodo tra le due guerre, ad appena trent’anni, galvanizzò le masse con una predicazione che oltrepassò i confini religiosi e sfociò nella storia politica e sociale del XX secolo. L’oggetto della sua predicazione era la necessità di lasciare alle spalle le logiche fratricide che insanguinarono il mondo e assecondare/promuovere il movimento storico verso l’unità e la pace. In questi valori Lombardi individuava un disegno di Dio e proclamava che la Chiesa aveva il compito di leggerne e interpretane i segni per assumere un ruolo di promozione e di animazione. 1.3. Senso del libro Non è un lavoro scientifico. Non ha le pretesa di sostituirsi alle competenze degli esperti di economica e di politica. Non è un lavoro sulla situazione socio-economica mondiale. Non è una recensione di esperienze in atto circa la solidarietà. E’ un lavoro che mira a: 1) costruire un quadro sintetico di insieme sul problema della solidarietà (analisi della situazione); 2) individuare le sfide che l’attuale situazione mondiale pone alla Chiesa, al Servizio di Animazione Comunitaria e alla stessa società circa la solidarietà. Si tratta di individuare i nodi o punti critici in cui si gioca il futuro della Chiesa e del mondo; nodi che se non vengono sciolti possono comprometterne la vitalità e lo stesso futuro. 3) Delineare linee di azione che possono aprire percorsi futuribili da trasformare in programmi concreti. 2. L’ATTUALITÀ DEL TEMA Ecco solo alcuni elementi, a modo di indicazione, che giustificano l’attualità del tema e l’urgenza di affrontarlo. 2.1. Una situazione giunta oltre i limiti 2.2. Il paradosso della disinformazione nell’era delle comunicazioni globali 2.3. Nella cultura del capitalismo liberista vige la regola del “non possiamo farci niente”. Il XXI secolo, dopo le visioni ottimistiche del secolo precedente, secondo le quali la scienza, la tecnica e la ragione umana avrebbero generato un mondo nuovo e libero da ogni sofferenza, raccoglie la pesante eredità di un’era piena di contraddizioni. I punti nodali della situazione mondiale non risolti o perfino ignorati nel XX secolo hanno generato un tale scenario di squilibri da aver portato il mondo sull’orlo della distruzione. Il XXI sarà il secolo in cui si deciderà il futuro dell’umanità o in termini di morte o di vita. E’ un secolo “nodale”. Basta pensare, a modo di esempio, al problema ecologico, che non è più da intendersi solo un problema di buona educazione e di rispetto verso la natura ma un problema di dimensioni planetarie… una vera bomba a orologeria innescata dall’uomo. Questi da oltre un secolo e mezzo sta inesorabilmente sovvertendo il naturale equilibrio della terra col rischio di scatenare scenari apocalittici mai immaginati prima. Il riscaldamento globale, lo scioglimento dei ghiacciai, le inondazioni, i cambiamenti violenti del clima sono, solo in parte, fenomeni naturali. Accanto ad essi vi è l’azione dell’uomo, con effetti devastanti. L’inquinamento atmosferico dovuto alle emissioni di gas non è un fenomeno naturale. La terra ha raggiunto il limite entro il quale riesce a ricomporre da sola questo delicato equilibrio. A quanto detto bisogna denunciare anche il paradosso che sta caratterizzando il mondo dell’informazione. Nell’era cosiddetta delle “comunicazioni globali” l’uomo non ha mai avuto maggiore possibilità di accedere alle informazioni necessarie per organizzare la convivenza sociale. Allo stesso tempo le maggiori agenzie di informazione mondiale sono controllate da chi gestisce il potere economico. La notizia diventa come un qualunque bene di consumo confezionato secondo le esigenze di chi lo deve piazzare, vendere e ricavarne un profitto e allo stesso tempo controllare le masse. Ciò pone il singolo individuo di fronte all’impotenza effettiva di accedere alle informazioni nella loro oggettività e di dedurne le dovute conseguenze per il bene comune. La scuola non riesce a camminare realmente a passo con le esigenze dell’uomo di questo tempo e stenta a sviluppare un programma sistematico di informazione e di educazione alla conoscenza della situazione mondiale. L’accesso all’informazione e il dovere di diffonderla non è una questione secondaria. E’ un fatto di giustizia e riguarda il diritto/dovere di conseguire una conoscenza sempre più piena della verità per poter, in conseguenza, realizzare il bene dell’uomo e della famiglia umana. E’, quindi, una questione morale di capitale importanza. Quando l’occultamento o la manipolazione della verità è funzionale al profitto o ad altri interessi di parte, si compie un atto di ingiustizia su chi ne subisce le conseguenze. All’interno del pensiero che giustifica il liberismo economico vi è un certo fatalismo che conduce ad accettare gli squilibri come “fatto inevitabile” al sistema e per cui bisogna farsene una ragione. E’ un prezzo che qualcuno dovrà pagare per un sistema che è ritenuto l’unico possibile perché è l’unico che può di fatto produrre ricchezze e dare l’opportunità a molti altri di uscire da una condizione di povertà. Questa idea conduce alla diffusione, nella coscienza comune degli individui di una convinzione: nessuno può far nulla per coloro che pagano il prezzo dello sviluppo; ognuno è troppo impegnato a difendere il suo e non si può correre il rischio di perdere tutto solo per aver pensato agli altri. E’ la società dell’egoismo e dell’aggressività, della lotta per la sopravvivenza e della legge del più forte. 2.4. La percezione della solidarietà come valore è vaga e insufficiente nella società di oggi In un tale contesto socio-culturale l’individuazione di correttivi alla follia del sistema è lasciata interamente all’iniziativa privata e agli organismi internazionali non governativi. E’ in questo ambito che scatta la percezione di una “cultura della solidarietà”. L’uso del termine nel linguaggio comune. Al sistema fa bene che ci siano individui e gruppi che si occupano di solidarietà perché è un onere in meno per le spese di gestione, a patto che questi si occupino di fare “beneficenza” e non di mettere in discussione i principi dello stesso sistema. Pertanto, nella mentalità comune, quando si parla di solidarietà si intende “elemosina”, “beneficenza”, “tendere una mano”, “farsi prossimo nel bisogno altrui”, ma, in genere, è un meccanismo mentale che scatta solo di fronte alla constatazione dell’emergenza (vedi tsunami nell’oceano indiano). Non vi è una vera cultura della solidarietà. Possiamo dire che l’attuale società, fondata sul libero mercato, esprime una cultura egoista e aggressiva ma che, di fronte a tragedie di proporzioni mondiali, sa aprirsi a spazi di generosità. 3. LA SITUAZIONE MONDIALE 3.1. Alcuni elementi della situazione mondiale: 3.1.1. Elementi (dati statistici). a. Il Nord comprende circa un miliardo di persone (22% dell’umanità) ed è la parte più ricca. Il Sud comprende 4 miliardi e mezzo (78%) ed è la parte più povera. Ora, l’85% delle ricchezze dell’intero pianeta è in mano al 15% della popolazione mondiale, tutta concentrata nell’emisfero Nord e precisamente nel Nord America e in Europa. Il rimanente 85% della popolazione mondiale deve sopravvivere dividendosi il 15% delle ricchezze rimaste. E’ la cosiddetta faglia geologica, come la chiamò Robert McNamara, uomo di punta dell’amministrazione Kennedy e poi presidente della Banca Mondiale. b. Questo squilibrio non è solo tra Nord e Sud del mondo. Anche nel mondo cosiddetto sviluppato si ripropone lo stesso problema. Negli USA ben 40 milioni di cittadini vivono al di sotto della soglia della povertà. Ciò significa che: c. molti non hanno denaro sufficiente per garantirsi una alimentazione sana e regolare. d. Quelli che non hanno il problema alimentare hanno quello sanitario, nel senso che non hanno diritto all’assistenza sanitaria perché non possono pagare le compagnie assicurative (il sistema sanitario negli USA è privato, almeno per la popolazione in età lavorativa; il Medicare, cioè il sistema sanitario nazionale, copre solo una parte dei bisogni e solo ai pensionati e invalidi) 3.1.2. Limiti e contraddizioni dell’attuale sistema economico dopo il 1989 Dopo la caduta del comunismo (1989) il capitalismo si è affermato come l’unico sistema economico a livello mondiale. I suoi fautori lo ritengono l’unico possibile e la globalizzazione è usata come bandiera per la diffusione in ogni cultura e nazione dei suoi principi. I tratti salienti: a. Primato dell’individuo, delle sue aspirazioni, dei suoi bisogni, dei suoi diritti. L’individuo viene prima di ogni altra cosa e costituisce il centro attorno al quale ruota tutta la società. Qualunque cosa sfiori il suo quieto vivere e le sue aspirazioni viene vista come una minaccia. Il senso dell’alterità e dell’insieme è ridotto al minimo o azzerato. b. Primato del profitto. E’ un dogma naturale e indiscutibile. Il profitto è ciò che muove la macchina economica mondiale, scuote il torpore dell’individuo e risveglia il suo spirito primordiale di competizione e quindi di affermazione. L’uomo, la società, la cultura, tutto è sottoposto e funzionale a questa logica. La realizzazione del profitto a sua volta è funzionale a ulteriori profitti. Ciò significa che: il sistema non è interessato a soddisfare bisogni primari per lo sviluppo umano, ma solo quei bisogni o desideri il cui soddisfacimento massimizzi il profitto; il sistema non è interessato a massimizzare la produzione: oggi, a differenza di un passato anche recente, si può massimizzare il profitto anche riducendo la produzione; il sistema non è interessato al lavoro se non come puro fattore della produzione, di cui occorre massimizzare la produttività e minimizzare i costi: creare occasioni nuove di lavoro, migliorare la qualità umana del lavoro, sono cose estranee; elementi di disturbo del sistema; il sistema non è interessato a che cosa venga prodotto col capitale investito, ma solo al profitto che ci si può attendere dall'investimento: armi o droga, medicine o scuole, sono scelte che lasciano l'investitore perfettamente indifferente; il sistema non è interessato al problema ecologico: ogni impianto disinquinante alla produzione, ogni risparmio di risorse non rinnovabili, ogni fonte energetica più costosa e meno inquinante sono solo aumento del costo e quindi riduzione del profitto. c. L’omologazione delle culture ad una sola cultura dominante. E’ il principio del mondialismo, in forza del quale le diversità culturali vengono viste come una complicazione del sistema perché ne impedisce la fluidità e pertanto vanno eliminate come un problema. Al loro posto si sostituiscono i valori tipici della mentalità consumistica la quale creerebbe più facilmente un senso di appartenenza mondiale. In tal modo all’essere delle varie culture si sostituisce l’avere della cultura capitalista. d. Un mutamento antropologico. Le conseguenze antropologhe di questa visione sono devastanti perché finiscono per spostare l’asse della gerarchia dei valori dall’uomo al profitto e a trasformare l’uomo in un semplice meccanismo interno del sistema il cui obiettivo e, appunto, il profitto. In altre parole, l’attuale sistema economico sta generando una situazione tale di squilibri a livello mondiale da far rischiare l’esplosione di una catastrofe planetaria. Già si intravede il possibile scenario delle guerre future combattute non più per il petrolio ma per l’accesso elle riserve di acqua potabile, di cui già molte multinazionali americane ed europee (soprattutto francesi) si sono già impadronite. Questo scenario svela l’attuale tendenza di involuzione e di imbarbarimento a cui sta andando incontro il mondo a causa degli squilibri prodotti dall’attuale sistema economico. 3.1.3. L’inganno delle interpretazioni (PIL e Organi Mondiali) a. Il PIL (prodotto interno lordo), usato per misurare la ricchezza di una nazione, è un metro “falso”, perché non indica il benessere reale medio degli individui di una nazione. Esso indica la ricchezza di qualunque tipo, (compresi istruzione, strade, polizia ed esercito e ogni genere di servizi) prodotti in un anno ed espressi in dollari, diviso per il numero degli abitanti di un Paese. E dunque l'indicatore globale della ricchezza di un Paese, disponibile teoricamente per abitante. Come questa ricchezza venga adoperata e distribuita è un'altra questione. b. Le organizzazioni mondiali (parliamo qui del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale), creati per essere strumento dello sviluppo globale, di fatto sono organismi costretti a seguire le logiche del cosiddetto libero mercato, finendo, così, per privilegiare che detiene la gestione del potere economico mondiale in quanto i capitali che dovrebbero servire a investimenti e allo sviluppo sono in mano ai grandi padroni della finanza internazionale. 3.1.4. La solidarietà in atto oggi (vedi testo) 4. LA SOLIDARIETÀ 4.1. Definizione di solidarietà e sue dimensioni a. Radici del termine. Dal vocabolario latino della giurisprudenza, all’interno del quale “soliditas” indica e qualifica il codice legislativo come un tutto organico, compatto, intero; rimanda cioè ad una logica coerente, all’unità di un tutto che è solido per l’interdipendenza delle sue parti. Il termine “solidale”, derivato dal latino “solidus”, appare le prime volte solo nel XVII secolo; La parola “solidarietà” troverà la sua forma più compiuta proprio all’interno della terminologia giuridica, nel secolo XIX. In questo ambito indica la situazione di chi, creditore o debitore, può (o deve) sostituirsi ad altri nell’assolvimento di una obbligazione. Essere obbligati “in solido” significa appunto essere stretti ad altre persone da un legame così forte da poterne prendere il posto. In filosofia il termine appare nella metà del XIX secolo, a partire dall’uso frequente che ne fa Auguste Comte (1798-1857). Nel 1840 Pierre Leroux utilizza il termine nel suo libro “De l’Humanité” e lo propone come un termine sostitutivo a quello di “carità cristiana”. Ciò indica: che il significato della parola “solidarietà” si sia sviluppato contemporaneamente in ambiente cristiano e in contesto extra-cristiano, e che ciò sia avvenuto come reazione all’incapacità della carità cristiana ad articolare dei rapporti che rendessero efficace e effettiva la ricercata interdipendenza fra le persone. Filosoficamente la solidarietà nasce dalla considerazione del valore dell’altro: è l’etica della responsabilità, la cultura del “tu”. Essa corrisponde all’uscita da sé. E se questo non avviene, la solidarietà diventa una ideologia. b. Elementi per una definizione di “solidarietà”. L’evento della relazione umana pone in essere un legame che - prima di ogni differenziazione - unisce originariamente tutti gli uomini e le donne, membri dell’umanità passata, presente e futura, in un unico “corpo sociale”. E’ un vincolo di tipo antropologico, radicato nella struttura fondamentale dell’essere umano, che gli compete costitutivamente ed originariamente, ed è esteso alla sua intera vicenda storica. E’ un legame in forza del quale non vi è soltanto inter-relazione tra soggetti distinti, ma una vera e propria co-appartenenza, per cui ogni membro di questo “intero”, di questa “unità”, è insieme soggetto e destinatario del bene che in esso si manifesta come possibile e promettente. La solidarietà interpreta e manifesta tale vincolo, non soltanto come dato di cui prendere coscienza, ma, soprattutto, come possibilità di essere responsabilmente scelto e consapevolmente voluto in vista del bene comune. Proprio dentro a questo evento è cristianamente possibile cogliere il rimando ultimo, pieno ed eccedente, alla «fonte» singolare e perennemente nuova della solidarietà: quella vissuta e realizzata in Gesù di Nazareth, centro e culmine della rivelazione di Dio e dell'essere umano nella storia, testimoniata dalle Scritture; origine, fonte e paradigma di ogni autentica solidarietà (cfr. Eros Monti, pag. 482). Questa è la definizione proposta da Eros Monti, a conclusione dell’accurata, approfondita e ampia ricerca che egli svolge sull’evoluzione del termine nella dottrina sociale della Chiesa nel libro che abbiamo citato. c. Le dimensioni della solidarietà La suddetta definizione di solidarietà mette in evidenza tre dimensioni fondamentali: A. DIMENSIONE ANTROPOLOGICA, che constatando la natura sociale della persona umana e la sua necessità a stringere relazioni per poter conseguire alla propria realizzazione, introduce al concetto di debito di solidarietà. “Il debito da riconoscersi nei confronti della società esistente… si configura come indivisibile e inestimabile, e soprattutto come irrinunciabile e in nessun modo rimborsabile. nessun uomo può dirsi esenti da esso, fin dal loro nascere, e nessuno può semplicemente pensare di rendersi indipendente da esso, ipotizzando possibili «restituzioni» alla società. il debito è destinato a rimanere indiviso e come tale comune, così che l'umanità della presente generazione è costituita solidalmente debitrice di quanto, in molte forme, ha ricevuto dal passato. ciascuno è invitato a riconoscere il debito obiettivo di se stesso nei confronti della società tutta, costituita così da debitori solidalmente corresponsabili” (Eros Monti 459-460). B. DIMENSIONE ETICO SOCIALE Eros Monti osserva: "… Paolo VI configura spesso la solidarietà in quanto risposta cosciente e responsabile, di carattere morale e come tale incondizionata, al bene che previamente e in molti modi ha raggiunto tutti e ciascuno” (Alle Fonti della Solidarietà, Glossa, Milano 1999, pagg. 426-427). Giovanni Paolo II dice che la solidarietà è la “determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti” (Sollicitudo Rei Socialis, 38). È, questa, senza dubbio una delle più alte e complete «definizioni» di solidarietà, di cui obiettivamente il magistero sociale necessitava. C. DIMENSIONE STORICO SALVIFICA Il concetto di solidarietà è spesso usato come una idea laica e alternativa all’idea cristiana di carità. Ciò avviene come reazione all’incapacità della carità cristiana ad articolare dei rapporti che rendessero efficace e effettiva la ricercata interdipendenza fra le persone. In realtà tra carità e solidarietà vi è uno stretto legame (cfr. testo). I fondamenti di questo legame sono da individuarsi nei tre pilastri della fede giudaico-cristiana. La creazione rende tutti figli di Dio e obbliga a riconoscere la fraternità universale. La Legge (Torah) è la risposta del popolo all’Alleanza. Importanza capitale rivestivano le istituzioni del sabato, dell’anno sabbatico e dell’anno giubilare, in cui era vietato lavorare la terra e trarne profitto e in cui si imponeva l’obbligo di liberare chiunque avesse contratto lo stato di schiavitù. Si tratta di un sistema legislativo solidale primordiale. Il mistero cristiano dell’Incarnazione come fondamento teologico della solidarietà. 4.2. Relazione tra Solidarietà e alcuni altri valori La solidarietà, essendo molto più che un vago sentimento, è intimamente legata ad altri valori in un intreccio reciproco. Qui di seguito riportiamo, a titolo indicativo, alcuni esempi di questi intrecci. A. RAPPORTO TRA SOLIDARIETA’ E GIUSTIZIA Secondo S. Tommaso, nella Summa Teologica, la giustizia consiste in una “constante e perpetua volontà di dare a ciascuno il suo” (constans et perpetua voluntas ius suum unicuique tribuere). E’ in evidenza la centralità di ciò che è obiettivamente dovuto. Le relazioni che scaturiscono da questa visione sono, in sintesi, secondo quanto segue: la giustizia chiede che la solidarietà, in relazione a tutto ciò che risulta “dovuto”, si assuma l’onere di dare voce alla contestazione e alla denuncia di ciò che inquina e altera le “relazioni giuste” fra individui e fra popoli. la solidarietà è così alleata della giustizia nell’animare il proposito e il progetto di giungere a “strutture di solidarietà”, obbligando però la giustizia - ed è qui una sua originalità - ad assumere come suo spazio nuovo di espressione il considerare giuridicamente “l’umanità in solidum”. Paradossalmente, la giustizia potrebbe anche essere “legittimamente“ applicata secondo le forme di diritto limitato, ma “illegalmente” per insufficienza di attenzione al soggetto globale della contesa. B. SOLIDARIETA’ E SVILUPPO Paolo VI così definisce il concetto di sviluppo: “Sviluppo che per essere autentico deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo… Il vero sviluppo è il passaggio, per ciascuno e per tutti, da condizione meno umane a condizioni più umane e - in senso cristiano - da condizioni più umane alla fede” (PP 1, 14; 20-21). Abbiamo, così, una definizione di sviluppo che supera la concezione occidentale di sviluppo in termini di PIL. Ciò esige alla solidarietà tre cose: - primo, l’insistenza che ci sia una spinta permanente a superare ogni livello di sviluppo già raggiunto, in senso però qualitativo - secondo, l’insistenza che tale sviluppo sia caratterizzato dalla “inclusione”, a partire dalla constatazione dell’umanità come un “solidum”. - terzo, l’insistenza critica davanti alla “concezione quantitiva” dello sviluppo; la stessa origine e diffusione del concetto e della politica dello “sviluppo” si è affermato negli anni ’60 come programma materiale, in un clima culturale segnato da un ottimismo che oggi appare decisamente “ingenuo”. C. SOLIDARIETA’ E BENE COMUNE “Il bene comune della società è l’insieme di quelle condizioni di vita sociale, grazie alle quali gli uomini possono conseguire il loro perfezionamento più pienamente e con maggiore speditezza, nel rispetto dei diritti e dei doveri della persona umana” (DH 6). Se relazioniamo la solidarietà con questa concezione del bene comune possiamo ricavarne queste sottolineature: - il bene comune è il fine della solidarietà; - la solidarietà svolge un ruolo critico di continua messa in discussione del “contenuto” del bene comune stesso e della sua estensione, così come dei metodi per il suo raggiungimento. Vigila cioè perché bene “comune“ non diventi comune “a pochi”, con il furto dell’accumulazione indiscriminata. La solidarietà è l’igiene etica del bene comune, la sua voce politica. 5. SOLIDARIETÀ E SPIRITUALITÀ 5.1. Una nuova concezione di spiritualità alla base del discorso sulla solidarietà Nel linguaggio comune alla parola “spiritualità” si pensa ad una cosa propria di cristiani e ad essa si associano alcune idee come l’insieme delle pratiche di pietà compiute da un soggetto a beneficio personale (la salvezza personale) o di altri (l’intercessione) oppure si intende un discorso denso di riferimenti di tipo teologico-spirituale. E’ una visione che è ancora molto presente negli ambienti ecclesiastici (parrocchie, movimenti di spiritualità, ecc.) ed è molto riduttiva. Vi è, tuttavia, una definizione di spiritualità che affonda le sue radici nell’antropologia e che, in forza di questo, assume connotati teologici nuovi e universali. Stefano De Fiores, nel Nuovo Dizionario di Spiritualità, Ed. Paoline alla voce “Spiritualità contemporanea”, definisce la spiritualità come “appannaggio delle persone autentiche, che di fronte al reale e alla storia hanno fatto una scelta assiologica [di principio] decisiva, fondamentale e unificante, capace di dare un senso definitivo all’esistenza”. In forza di una decisione del genere possiamo parlare di una spiritualità universale, appartenente all’uomo in quanto tale e in quanto capace di decidersi di fronte a sé stesso e al mondo orientando la sua vita e le sue scelte verso l’orizzonte di un futuro più umano per il quale si adopera. Questa concezione di spiritualità, che non sostituisce quella cristiana, costituisce la base di un nuovo approccio alla solidarietà tale che cultura e fede siano considerati in stretto dialogo, evitando di sviluppare concezioni parallele o addirittura opposte, come è accaduto lungo i tre secoli che hanno visto combattersi senza soluzione fede e cultura, scienza e ragione come se fossero incompatibili tra loro. Questa interpretazione della spiritualità costituisce una delle chiavi di lettura fondamentali per la comprensione di questo testo. Le idee di interdipendenza, di co-apparteneza ad un’unica famiglia, di debito contratto per lo stesso fatto di nascere ricevono dalla spiritualità cristiana una nuova luce e un significato più profondo. Alla luce dell’icona di Cristo in croce e solidale con l’uomo fino alla morte il racconto del buon Samaritano diventa paradigmatico di una realtà esistenziale in cui la solidarietà è molto più che un mero slancio occasionale ed emotivo verso l’altro. E’ un programma di vita che scaturisce dalla natura intima dell’essere cristiano e non da un semplice imperativo morale aggiuntivo all’essere cristiano. 5.2. La Solidarietà come virtù cristiana Allo stesso tempo, la spiritualità cristiana non è estranea a questa concezione più universale. Anzi, di fatto essa la completa radicandola nel mistero del Cristo = Dio fatto uomo. In tal senso la spiritualità cristiana comprende ma allo stesso tempo trascende quella universale, completandola. Alla luce del “proprium” della spiritualità cristiana, la solidarietà è assunta come valore e considerata come virtù cristiana., come atteggiamento intrinseco alla natura cristiana, come habitus che riveste questa natura e la distingue. Giovanni Paolo II, nei documenti Laborem Exercens, Sollicitudo Rei Socialis e Centesimus Annus, considerati i tre documenti “chiave” del suo magistero sociale, mette in evidenza la virtù cristiana della solidarietà. Essa non è solo una possibilità accessoria per l’essere umano, quasi un valore opzionale, ma rappresenta l’esplicita volontà di Dio su di lui. Paolo VI, sempre ispirandosi all’icona del Buon Samaritano, considera il credente e tutta la Chiesa come samaritana del mondo. 6. LE IMPLICAZIONI DELLA SOLIDARIETÀ ALLA CHIESA E AL MONDO DI OGGI 6.1. La solidarietà “sfida” la Chiesa e la società La solidarietà è un concetto che sta entrando pian piano nella coscienza collettiva dell’umanità proprio in forza degli squilibri a cui essa deve far fronte e alla violenza con cui questi allontanano la speranza della pace. La solidarietà, quindi, non è più solo una questione di generosità occasionale ma è la vera questione del XXI secolo. O l’uomo riuscirà a creare una società globale e solidale o il futuro sarà a rischio. In tal senso la solidarietà sfida la società e la Chiesa, in quanto essa pone in modo diretto e inequivocabile la questione della sopravvivenza del genere umano del futuro. Se queste non riusciranno a cogliere la sfida in tutta la sua portata e le sue implicazioni, verrà meno la loro stessa ragion d’essere. Se la società esiste come frutto di una convenzione tra individui che attraversa lo spazio e il tempo per il bene del singolo e della stessa famiglia umana, a che serve se questa non è più in grado di garantire né l’uno né l’altro? E se la Chiesa, la cui missione è quella di annunciare il Vangelo e di compiere storicamente il Regno di Dio non riesce a rendere visibile tale Regno attraverso i suoi valori, secondo quanto dice san Paolo1, quale rimane la sua ragion d’essere nella storia? 6.1.1. Quale Chiesa La Chiesa = “Papa”? Vi è una certa tendenza a identificare la Chiesa, nelle sue istanze di solidarietà, con il Papa, proprio a causa dell’impegno straordinario che questi attua nella difesa dei diritti umani. Allo stesso tempo, influenzata dalla cultura dominante, l’individuo tende a chiudersi egoisticamente nel suo piccolo mondo trascinato dalla convinzione che non c’è nulla che si possa fare e che questo impegno spetta solo a chi si trova negli alti livelli dell’autorità mondiale. La Chiesa delle super-organizzazioni (Caritas, ecc.)? In temi di calamità la coscienza collettiva tende a far scattare meccanismi internazionali di solidarietà, coordinate in genere dagli organismi non governativi. In genere la Caritas ha sempre mostrato prontezza e capacità organizzative eccezionali accanto a numerose altre associazioni civili. Ma più che attendere le calamità, bisognerebbe trarre da questi organismi la lezione profetica che vivere in un mondo solidale rende ancora più universale il valore della fraternità di quanto non faccia l’intervento straordinario in tempi di calamità. Inoltre, questi stessi organismi si trasformerebbero da istituti di pronto soccorso ad agenzie educative generatrici di una cultura solidale dentro la società. La Chiesa di un popolo e della sua coscienza collettiva o In quanto anticipazione storica del Regno di Dio o In quanto “società alternativa”, fondata sulle beatitudini o In quanto popolo che incarna nel suo vissuto le virtù umane e cristiane Gratitudine, intesa come riconoscimento che quanto si è e si ha deriva dal sacrificio che altri hanno fatto per noi Umiltà esistenziale, intesa come atteggiamento di chi rinuncia ad individuare in sé stesso il principio della propria esistenza ed accetta il debito di solidarietà “Il regno di Dio infatti non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini.” Rm 14,17-18. 1 Compassione, che non è solo uno slancio emotivo ma l’identificazione nel dolore dell’altro… Scelta inclusiva e inglobante, ossia la proiezione dell’io verso l’alterità del singolo e della comunità umana e la disponibilità ad assumere questa alterità come parte di sé. L’essere sempre in stato di ricerca, come espressione dell’umiltà esistenziale di chi sa che la verità sulla vita è sempre un fatto da conseguire e non un fatto compiuto. Questo stato di ricerca dispone al dialogo come via privilegiata di incontro tra uomini e culture diverse. Vivere la provvisorietà del presente, spezzando il giogo della mentalità consumistica secondo cui avere di più significa essere di più e liberandosi dall’insicurezza esistenziale che conduce all’aggressività e alla lotta per la sopravvivenza. Vivere la speranza come una virtù teologale, profetica, provocatoria e sconvolgente Implicazioni concrete per la vita della Chiesa Nel suo stile di vita (dialogo, partecipazione, ecc.) Nella sua organizzazione (Piramidale e autoritaria o partecipativa? Compassionevole o centrata sulla difesa del dogma? Ecc.) Nell’azione pastorale (la Chiesa non può dire alcuna parola significativa al mondo se la sua azione pastorale quotidiana è centrata più sulla fornitura di servizi ai singoli individui mentre in realtà tutta la sua vita è chiamata ad essere provocazione…) 6.2. La solidarietà sfida la società e le sue istituzioni (alcuni criteri) Le stesse sfide che la solidarietà pone alla Chiesa sono poste anche alla società e alle sue istituzioni. Si tratta di sfide perché svelano l’urgenza di un intervento sostanziale, radicale e immediato. La risposta a queste sfide deve partire dal: a. Riconoscimento oggettivo e integrale della situazione mondiale senza riduzioni né minimazzioni di alcuna sorta. b. Conversione agli atteggiamenti richiesti nel senso di un rinnovamento culturale che reimposti la gerarchia dei valori attorno all’uomo e di una adesione profonda delle culture a questa gerarchia. c. Individuazione delle linee di azione da trasformare in programma per il rinnovamento della società in senso solidale. Qui sotto riportiamo, a titolo indicativo, alcuni criteri di alcuni ambiti Criteri nell’ambito dei Diritti Umani 1) Il riconoscimento dei diritti umani, comporta allo stesso tempo l’impegno a garantire ché siano rispettati i diritti dei propri simili e accettino questi stessi diritti come limite della propria libertà di azione [cfr. 130 e 132]. 2) Il fine ultimo di una pratica sociale non può essere quello di raggiungere maggiori livelli di consumo, ma di promuovere spazi perché il diritto nativo alla partecipazione proprio di tutti sia non solo (teoricamente) affermato, ma sia di fatto esercitato, creando le condizioni globali che lo renda possibile. 3) I diritti devono essere riconosciuti e protetti a livello mondiale per rendere possibile la creazione di un vero e nuovo ordine sociale mondiale [cfr. 130]. 4) Lo stato sociale non può essere considerato un’appendice dell’economia di mercato, subordinata e assottigliabile a piacere a seconda del profitto… 5) Gli stati di bisogno, di povertà, di ingiustizia, di sofferenza, di marginalità, di sottosviluppo devono essere riletti in termini di diritti disattesi o negati. Criteri nell’ambito dell’organizzazione politica 1) L’attuale crisi del modello occidentale di democrazia spinge a ricercare modelli di democrazia diretta e reale, basata non solo sul voto, ma su forme progressive e sempre più ampie e articolate di partecipazione, tenendo anche conto delle grandi risorse informatiche: tutto queste deve essere costantemente perseguito, giungendo anche a forme sperimentali significative, a beneficio della maturità politica dell’intera umanità. 2) Non solo la povertà, ma anche la ricchezza e la sua ridistribuzione devono essere materia di dibattito politico [cfr. 24]. 3) La partecipazione - in parte mediata in senso rappresentativo - delle cittadine e dei cittadini al regolamento di tutte le questioni che li riguardano è essenziale per la democrazia. La democrazia ha bisogno di un’opinione pubblica ampia e informata che accompagni criticamente e limiti l’influenza dei partiti e controlli l’azione di governo (cfr. 138). 4) I mezzi di comunicazione sociale devono esercitare la funzione di un vigile controllo sull’esercizio del potere. Per evitare che diventino potenti mezzi di manipolazione … 5) In base alla concezione della sussidiarietà dell’azione dello stato e stante il pericolo di sviluppo burocratico abnorme dello stato, si deve valutare criticamente l’aspettativa di una direzione generale dei processi sociali da parte dello stato [cfr. 141] 6.3. L’Utopia di un Mondo Migliore Necessità delle utopie. In un mondo privo di ideologie sananti, disilluso e disincantato, segnato dall’influenza onnipresente di una cultura individualista, fatalista, centrata sull’egoismo e sull’aggressività, le utopie fungono da motori generatori di nuovi modelli futuribili. No si tratta di usare la parola utopia nella sua accezione comune di “qualcosa di irrealizzabile” ma di cogliere la spinta interna che l’utopia, come modello desiderato, suscita e valorizzarne l’energia per uscire dall’attuale stato culturale e camminare verso il futuro. Il Movimento per un Mondo Migliore. E’ in questa ottica che si pone il Servizio di Animazione Comunitaria, impegnata da 50 anni a promuovere un Movimento per un Mondo Migliore. L’uomo ha diritto di sognare un mondo diverso e nella misura in cui quello attuale gli nega il diritto naturale a una vita dignitosa egli ha il dovere di far tutto il possibile per cambiarlo. Testo di Riccardo Lombardi sj. “A fare il bilancio delle esperienze sociali che ci hanno preceduto, dei maggiori sistemi elaborati dagli uomini emancipati da Dio in clima umanista, riesce inevitabile un duplice rilievo: la bandiera della libertà individuale ha portato in pratica a tante ingiustizie; la bandiera della giustizia collettivista strugge in pratica tutte le libertà. Evidentemente una nuova età avanza, caratterizzata da un nuovo ordine, che verrà affermandosi col ritmo stesso con cui precipiteranno le dottrine comuniste: l’età che, tornando indietro dall’eccesso collettivista sappia evitare di ricadere nell’eccesso individualista ancora più sorpassato: l’età che avrà per programma gli elementi migliori delle due età precedenti, abbandonandone le scorie. Gi uomini maturati dalla storia moderna desiderano una nuova forma di vita in comune, che armonizzi davvero insieme ciò che era legittimo nelle due esperienze precedenti, ma eviti i difetti di quegli stessi sistemi: libertà sì, ma senza arrivare all’ingiustizia e allo sfruttamento dei deboli; giustizia sì ma senza distruggere tutta la libertà. La formula che oggi è nel cuore di moltissimi, e ci fa realmente assai più vicini fra noi di quanto crediamo, è questa: vogliamo una organizzazione sociale che salvi insieme libertà e solidarietà; che salvi la libertà, ma la limiti quando distruggerebbe la solidarietà umana, salvi insieme la solidarietà, ma senza arrivare a distruggere per questo la libertà degli individui. La bandiera della nuova età può disegnarsi in precedenza, perché la linea della storia le esige in un modo solo: libertà nella solidarietà. Libertà individuale, affermazione del singolo nella vita; ma col vivissimo senso degli obblighi verso la collettività. Tanta libertà, quanta possa stare con la solidarietà; tanta solidarietà, quanto possa stare con la libertà” (Per un Mondo nuovo, capitolo III, 6, pag. 59, ed. Civiltà Cattolica, 1951; i neretti sono nostri). Don Enzo Caruso SAC Roma