Le elezioni in Tunisia Francesca Marretta En-Nahda, il partito islamista messo al bando dal deposto dittatore tunisino Ben Ali, ha vinto le prime elezioni libere tenute nel paese della rivoluzione dei gelsomini. Il voto per la formazione dell'Assemblea Costituente che redigerà la nuova Costituzione e formerà un governo, è stato libero e trasparente. Le "irregolarità minime" rilevate non hanno compromesso un processo elettorale svoltosi correttamente, dicono gli osservatori dell'Unione europea. Alcuni partiti accusano però En-nahda di non aver rispettato lo stop alla propaganda elettorale a partire dal venerdì precedente al voto di domenica. La vittoria di En-nahda appare comunque schiacciante in base a risultati parziali di cui disponiamo mentre scriviamo. La formazione islamista ha guadagnato intorno al 40 per cento dei suffragi. Il principale partito di centro sinistra, Pdp (Partito democratico progressista), guidato da Najib Chebbi non supera il 20 per cento delle preferenze. La segretaria generale del partito, Maya Jribi, ha ammesso la sconfitta, dichiarando: «Mi inchino davanti alla scelta dei tunisini». Il Pdp non entrerà in un governo di coalizione con En-Nahda. Il partito vincente, guidato da Rachid Ghannouchi, costretto all'esilio per vent'anni, ha trionfato anche nel voto dei tunisini all'estero. Le liste indipendenti sono state sostanzialmente ignorate dagli elettori. L'affluenza alle urne è stata del 90 per cento. Gli iscritti a votare erano oltre quattro milioni, su circa sette milioni di aventi diritto. La legge elettorale tunisina prevede il sistema di rappresentanza proporzionale. La Tunisia, paese da cui è partita la primavera araba, si pone come faro per gli altri Stati della regione che andranno a votare. Durante le elezioni non si sono infatti registrate violenze, né disordini. In questo paese gli osservatori internazionali sono stati accolti a braccia aperte. In Egitto, prossimo al voto, il governo transitorio retto dalla giunta militare guidato dall'ex ministro della Difesa di Mubarak, il Colonnello Tantawi, ha detto invece che non servono. La leadership di En-nahda, movimento nato negli anni '80 dalla Fratellanza Musulmana egiziana, ha reso noto che indipendentemente dal numero di seggi conquistati, si impegna a formare un governo di coalizione. Gli islamisti tunisini si sono impegnati a rispettare i diritti delle donne, così come gli accordi internazionali sottoscritti dal paese, ad esempio quello di libero scambio con l'Ue. In sostanza dicono di proporre un modello alla turca. A differenza di quanto avvenne nel 2006 nei Territori Palestinesi quando Hamas, altra formazione nata come costola dei Fratelli Musulmani vinse le elezioni, in Tunisia gli islamisti avranno la possibilità di coalizzarsi con altre forze politiche senza correre il rischio di finire vittima di un embargo internazionale. Questo probabilmente favorirà l'affermazione dell'ala moderata del partito e toglierà voce alle frange estremiste che strizzano l'occhio ai salafiti. Detto questo, va anche ricordato che Rashid Gannouchi è vicinissimo all'85enne predicatore egiziano Yusuf Qardawi, che col programma "Sharia e vita" trasmesso su al-Jazeera (in arabo), parla a sessanta milioni di musulmani. All'inizio delle sollevazioni in Libia Qardawi lanciò una fatwa contro Gheddafi. Sia Gannouchi che Qadrawi sono buoni amici dell'Emiro del Qatar, patron di al-Jazeera. E dal Qatar, come dalle monarchie sunnite del Golfo, arrivano ora nei paesi delle rivoluzioni i fondi usati dalle forze islamiste. In Tunisia i partiti laici hanno evidentemente commesso l'errore di agitare troppo lo spettro dell'applicazione della legge islamica contro gli avversari, mettendo in evidenza i rischi per i diritti delle donne tunisine, senza proposte politiche in grado di conquistare l'elettorato. En-nahda ha vinto a man bassa le elezioni e gli va riconosciuto. Un asso nella manica del partito islamico è stata Souad Abderrahim, 47 anni, sposata con due figli, di professione farmacista capolista nella circoscrizione di Tunisi 2. Souad Abderrahim, che potrebbe diventare ministro, non indossa il velo. Cosa che ha rassicurato molte donne della capitale tunisina. La principale ragione della vittoria di En-nahda affonda le radici nella strategia della prima ora della Fratellanza Musulmana: dare risposte alle masse dei diseredati. La rete dell'assistenza islamica in Tunisia, come in Egitto e nei Territori palestinesi, dove operano i movimenti nati come seguaci della dottrina di Hassan al-Banna, ha fornito al popolo quel welfare che i governi amici dell'occidente gli negavano. La Fratellanza Musulmana e i movimenti che da essa si formano hanno una matrice religiosa islamica, che è la loro forza. In Tunisia la legge vieta la poligamia e il ripudio della moglie, permette alle donne di abortire e divorziare. Diritti contrari alla legge islamica. La vittoria di En-nahda segna la prima vittoria di un partito islamista nel Maghreb, dopo quella del Fronte Islamico di Salvezza (Fis) in Algeria nel 1991, risultato che fu però annullato. Nel ventennio in cui è stato al potere Ben Ali ha usato il pugno di ferro contro gli islamisti più che con chiunque altro. Ora si sono presi la rivincita. 26/10/2011