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Dott.ssa Carolina Iezzi
IL MODELLO RELAZIONALE
La comunicazione è conditio sine qua non si svolge la relazione umana. L'impossibilità o il divieto di
comunicare può provocare carenze sul piano emotivo e affettivo, con relativa degenerazione delle
facoltà cognitive e di apprendimento.
Una vera e propria rivoluzione fu rappresentata dall’uscita, nell’anno 1967, del volume “Pragmatica
della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi”, che
divulgava gli studi e le teorie di un gruppo di psicologi californiani (c.d. “Scuola di Palo Alto”) tra cui
spiccava il nome di Paul Watzlawick, considerato ancora oggi il padre della moderna teoria della
comunicazione.
Egli fonda la propria analisi attorno a tre presupposti fondamentali:
- La comunicazione è influenzata dal contesto
- La comunicazione è una relazione
- La comunicazione si realizza indipendentemente dalla comprensione
Ritenendo la comunicazione umana troppo ricca di elementi soggettivi per essere interpretata come
mera trasmissione di informazioni. Si potrebbe quindi definire il contesto come la situazione fisica e
psicologica entro cui due o più soggetti interagiscono, stabilendo tra loro una relazione che a sua
volta è influenzata dal contesto o dai diversi contesti percepiti.
GLI ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE
Watzlawick postula 5 assiomi della comunicazione:
1. Non si può non comunicare. Il comportamento non ha un suo opposto, e quindi non è possibile
non avere un comportamento. Poiché ogni comportamento ha valore di messaggio, vale a dire è
comunicazione, ne consegue che, comunque ci si sforzi, non si può non comunicare.
2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto ed uno di relazione. La comunicazione
comprende messaggi espliciti ed impliciti.
3. La comunicazione è un processo circolare, e la natura di una relazione dipende dalla
punteggiatura. Le sequenze di eventi di comunicazione non si svolgono secondo segmenti
misurabili “in linea retta”, ma secondo una infinita serie di stimoli - risposte - rinforzi che si verifica
con movimento circolare al succedersi degli scambi. Dunque, non è possibile attribuire ad una
sola e ben determinata azione compresa nella serie degli eventi osservati la funzione di “start”, di
principio, di causa che ha generato effetti.
4. La comunicazione è verbale e analogica. Non solo il linguaggio è veicolo di messaggi;
moltissime informazioni vengono trasmesse tramite segnali non verbali.
5. Gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari. La comunicazione genera
(o trae origine da) relazioni basate sull’uguaglianza o sulla differenza.
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Dott.ssa Carolina Iezzi
LA COMUNICAZIONE VERBALE E NON VERBALE
Quando si parla di comunicazione può nascere la convinzione che essa sia sostanzialmente legata
all’uso del linguaggio, inteso come un insieme logico di parole, pronunciate o scritte, acquisenti
significato nell’ambito di un particolare codice idiomatico. La comunicazione verbale è in realtà
soltanto uno dei diversi e molteplici sistemi comunicativi di trasmissione dei messaggi, e, di fatto,
nemmeno il più rilevante od efficace.
Nella comunicazione umana è possibile operare una prima elementare suddivisione dei sistemi
comunicativi in relazione ai canali naturali utilizzati, ed affermare che essa si esplica ed acquista
significato mediante la completa interazione delle sue diverse componenti:
Uditiva (o Orale)
Visiva
Olfattiva
Gustativa
Tattile
COMUNICAZIONE VERBALE
E’ sostanzialmente quella realizzata attraverso il linguaggio, le parole, la loro scelta ed il loro ordine
di utilizzo. Oltre alle parole (pronunciate o scritte), sono elementi verbali significativi ai fini della
comunicazione la lunghezza ed il tono delle frasi, lo stile utilizzato, l’uso di incisi, esempi e figure
retoriche, la presenza di termini particolarmente specialistici o comuni, formali o informali, e così via.
La comunicazione verbale, inoltre, proprio perché mediata attraverso una “scelta” in merito al
linguaggio da utilizzare (a sua volta legato a regole, sintassi e strumenti logici comuni ed a priori
codificati), può definirsi come l’elemento razionale della comunicazione interpersonale, quello
certamente più attinente all’aspetto del contenuto del messaggio (dati ed informazioni).
COMUNICAZIONE NON VERBALE
Gli elementi della comunicazione non verbale sono rappresentati da tutto ciò che, potremmo dire, va
“oltre le parole”, in un sistema di trasmissione e percezione attinente il piano della relazione, e
generalmente utilizzato a livello inconscio per comunicare l’emozione suscitata da una situazione,
l’intimo atteggiamento provato nei confronti di una persona o di un ambiente.
Appartengono alla sfera della comunicazione non verbale:







Il sistema paralinguistico
Il sistema cinesico
Il sistema prossemico e il sistema aptico (orientazione e distanza)
La comunicazione visiva
La comunicazione olfattiva
La comunicazione gustativa
La comunicazione tattile
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Nella relazione interpersonale, quindi, la comunicazione non verbale è quantitativamente e
qualitativamente più presente e rilevante della comunicazione verbale, ed infinitamente più ricca di
informazioni.
IL SISTEMA PARALINGUISTICO
Si sostanzia in tutto ciò che nel messaggio, nella conversazione, non è codificato in parole, ma
ugualmente percepito attraverso il canale uditivo: il tono, il volume, il ritmo e la velocità della voce e
del parlato. Appartengono alle componenti paralinguistiche anche il riso, il sospiro, il sogghigno e
così via.
IL SISTEMA CINESICO
E’ costituito dalla mimica facciale, lo sguardo, la gestualità, la postura del corpo.
ORIENTAZIONE E DISTANZA
Differenti sono anche, a seconda delle culture contestuali e della relazione tra i soggetti, i messaggi
percepiti in relazione alla distanza interpersonale ed alla orientazione della posizione assunta dagli
interlocutori. Anche il movimento verso l’altro - o più propriamente la mistura del movimento e degli
ulteriori segnali non verbali che l’accompagnano (l’espressione del volto, la velocità, ecc.) - può
assumere significato amichevole o valenza di minaccia nella misura in cui si avvicina o addirittura
finisce col superare la soglia di tolleranza della distanza consentita.
L’ATTRIBUZIONE DEL SIGNIFICATO
L’uomo è un costruttore di realtà: produce e attribuisce significato ai fenomeni, e quindi anche ai
messaggi, generando una concatenazione di eventi. L’analisi della realtà è il processo mentale
attraverso cui cerchiamo di comprendere ciò che sta dentro e fuori di noi, attribuendo a ciò che
percepiamo significati, funzioni, logiche. Ogni essere vivente possiede un bagaglio di esperienze e
conoscenze (acquisite e sedimentate nel tempo in relazione ai diversi tipi di ambiente e di cultura nei
quali è cresciuto o con cui si è trovato in contatto) che ha costruito e fondato la propria “mappa
mentale”: un percorso, una serie organizzata di indicazioni, segnali e codici, mediante i quali
ciascuno realizza la propria rappresentazione della realtà.
La percezione non si fonda dunque mai su dati oggettivi, ma sulla complessità delle mappe mentali
soggettive, ciascuna diversa da tutte le altre, perché ciascuna disegnata su esperienze, tempi,
incontri, luoghi, sensibilità ed occasioni diverse.
Un buon principio da ricordare a questo proposito è che “la mappa non è il territorio”: a parità di
territorio (oggettività) ciascuno ha nel tempo creato e sovrapposto la propria personale mappa
(soggettività). Ne consegue che, in psicologia così come in comunicazione, il territorio tende a
perdere rilevanza rispetto alla mappa, o meglio, alle infinite mappe, che soggettivamente lo
descrivono.
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LE “TRAPPOLE” DELLA PERCEZIONE
La percezione è:
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autoconfermante e produce generalizzazioni poiché, dell’oggettività (cioè, per esempio, di un
messaggio ricevuto), tende ad isolare soltanto le parti perfettamente sovrapponibili alla mappa
mentale soggettiva, e le interpreta fino a farle diventare l’esperienza in sé
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organizzata e produce distorsioni poiché, dell’oggettività può, mediante la creazione fantastica o
il talento artistico, giungere ad organizzare i dati sensoriali in modo da farli apparire
completamente mutati.
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selettiva e produce cancellazioni poiché, dell’oggettività, estrapola le parti più congeniali o
compatibili con la mappa mentale, completamente escludendo ciò che non vi corrisponde o che
soggettivamente non ci si sente in grado di affrontare.
LA RELAZIONE EFFICACE: METACOMUNICAZIONE ED EMPATIA
Uno dei principi fondamentali per realizzare una comunicazione efficace, è ricordare che la
responsabilità della comunicazione ricade sempre sull’emittente.
Tenendo presenti le “regole” fondamentali della comunicazione, in quanti modi e con quanti diversi
mezzi - ciascuno con propria valenza ed importanza – si interpretano e sviluppano le interrelazioni
con le persone ed il mondo che circonda, in che modo i comportamenti possono produrre effetti, è
propria responsabilità promuovere relazioni efficaci con le persone con le quali si interagisce.
METACOMUNICAZIONE
La metacomunicazione è la modalità che consente di interpretare al meglio i segnali che provengono
dall’interlocutore, raccoglierne il feedback, comprenderne il contesto di riferimento ed il sistema di
attribuzione di significato. Poiché in comunicazione ciò che si dice è di gran lunga meno importante
per il ricevente rispetto a come lo si dice (o, più propriamente, a come egli percepisce, organizza ed
interpreta l’universo dei segnali trasmessi), solo la più completa coerenza tra i diversi livelli
comunicativi fornirà al ricevente tutte le informazioni necessarie alla piena comprensione del
messaggio e potrà in tal modo renderlo più facilmente condiviso o condivisibile.
EMPATIA
Un’altra modalità di interazione, certamente efficace al fine di una comunicazione soddisfacente con
l’interlocutore, è la creazione di empatia, cioè lo sviluppo della capacità di mettere in relazione la
realtà interna dell’emittente con la realtà esterna del ricevente, fino a creare una zona (detta infatti
“zona dell’empatia”) dove entrambe possano, conservando ciascuna le proprie peculiarità e
caratteristiche, incontrarsi e addirittura fondersi in una modalità percettiva comune.
L’empatia può essere definita come la capacità di riconoscere e fare proprio il punto di vista altrui
senza rinunciare alla propria soggettività, senza cioè cedere ad un più o meno rilevante
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coinvolgimento emotivo che rischierebbe di “sbilanciare” la percezione della realtà in favore di una
parte soltanto.
Mettersi con razionalità “nei panni dell’altro”, dimostrare che si comprendono appieno le sue
motivazioni, le sue intenzioni e la sua visione di un particolare argomento, consente di aprire una
sorta di “canale privilegiato” di comunicazione, utile, ad esempio, per avviare un sereno e senz’altro
proficuo confronto.
Metacomunicazione ed empatia, l’una per la sua capacità di rinforzo del messaggio e l’altra per la
forza che le deriva dal razionale coinvolgimento interrelazionale, sono dunque gli strumenti, le
tecniche, che lo studio della teoria della comunicazione consegna per creare e gestire relazioni
soddisfacenti.
CONCLUSIONI
Riepilogando le caratteristiche fondamentali della comunicazione interpersonale, si può dunque
affermare che essa è:
 Un processo interattivo, che si realizza attraverso lo scambio di contenuti e l’affermarsi di
relazioni;
 Un processo circolare, dove ogni azione è parimenti effetto e causa di altre azioni/reazioni;
 Un processo dinamico
 Un processo irreversibile
 Un processo influenzato da innumerevoli fattori
Comunicare efficacemente non è dunque un processo semplice e/o immediato. Richiede ascolto
attivo e partecipativo, attenzione all’altro ed ai suoi sistemi attribuzionali, capacità di lettura del
feedback, coerenza nella costruzione e proposizione dei messaggi, flessibilità.
La teoria della comunicazione espone una molteplicità di stimoli sui quali riflettere ed informazioni
che rappresentano utilissimi strumenti di gestione delle relazioni.
Conoscere, applicare ed usare questi strumenti, nella vita come nella professione, aiuta ad evitare
conflitti, a proporsi all’esterno nel modo più adeguato, e può offrire una buona chiave di lettura dei
comportamenti propri e degli altri.
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