la Liturgia di Pasqua, a Maria che si era recata di

Come in una vera e propria drammatizzazione, nella “Sequenza”, la Liturgia di Pasqua, a
Maria che si era recata di buon mattino al sepolcro dove era stato posto il corpo del Crocifisso,
chiede di raccontare la sua straordinaria esperienza: “Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?”.
“La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le
sue vesti. Cristo, mia speranza è risorto e vi precede in Galilea”. In poche parole ci viene
presentato l’intero evento pasquale, l’avvenimento e il mistero che sta alla base di tutta la fede
cristiana: la risurrezione di Gesù, il Cristo.
Ancora una volta, nel rincorrersi dei tempi e delle stagioni, in un ritorno che non è mai
scontato e che non potrà mai diventare solo abitudine, come nel loro costante ripresentarsi non sono
mai un avvenimento scontato le stagioni che ogni anno si avvicendano l’una all’altra, l’annuncio
della Pasqua ci sconvolge nella sua inaudita novità: la morte è stata sconfitta; la Vita trionfa sulla
morte e il segno inconfondibile di questa vittoria è Cristo Risorto: il Signore.
Ma, davvero la morte è stata sconfitta? E’ proprio vero che la morte non ha più potere su di
noi o si tratta soltanto di una illusione con la quale cerchiamo consolazioni a buon mercato?
Possiamo ancora proclamare al mondo la vittoria della Vita, quando quotidianamente sembra che
tutto stia sempre più sprofondando nel buio della morte?
E non occorre andare neppure troppo lontani per registrare questa continua prepotenza del
male, del dolore, della sofferenza e della morte; basta guardarci intorno, tutto sembra grondare
sangue e violenza: terrorismo internazionale e nazionale; violenze fisiche e morali; disprezzo della
dignità del prossimo; uso spregiudicato della menzogna; impunità nell’offendere gli altri;
imbarbarimento dei rapporti interpersonali sia all’interno delle famiglie che nella vita sociale e
politica. Davvero sembra che tutto stia congiurando perché alla fine, l’unica pace, debba essere la
pace dei cimiteri.
Appunto: la pace del sepolcro; la pace stabilita dalla irreversibilità della morte, sembra
l’unica pace che il mondo di oggi possa alla fine agognare.
Ancora una volta Pasqua viene a dirci che non è così. Nonostante le apparenze, la morte non
ha la parola ultima sulla vita degli uomini e sulla storia del mondo. E’ la Vita la vera trionfatrice; è
la Vita che alla fine rimane. E questo lo possiamo proclamare proprio grazie a Cristo morto e risorto
che “ora, vivo, trionfa”.
E i segni di questa vittoria sono proprio quelli descritti da Maria nella “Sequenza” della
liturgia: la tomba vuota, là, in quell’orto in cui al calar del sole di quel venerdì di violenza, di
sangue e di odio, il corpo esanime di Gesù era stato frettolosamente portato; il sudario e i lini
funebri, testimoni muti di una pietà d’amore che i più coraggiosi dei pochi intimi rimasti vicino a
Gesù agonizzante sulla croce, avevano offerto al Maestro così ferocemente ucciso; gli angeli,
annunciatori celesti di un evento che stravolgeva la storia e l’ordine stesso delle cose, testimoni di
un avvenimento che non si riuscirebbe a cogliere in tutta la sua portata senza il coraggio di lasciarsi
illuminare dall’alto.
Segni che non sono rimasti abbandonati nel giardino del Getsemani, ma che continuano ad
essere presenti anche nel nostro tempo e che sempre di nuovo ci rimandano all’annuncio strepitoso
della risurrezione di Gesù.
La tomba vuota. L’evento storico della risurrezione di Cristo non è solo un avvenimento
ormai consegnato al passato. Basta aver occhi attenti per accorgersi che la tomba vuota di Gesù, il
segno della sua vittoria, si ripropone in ogni tempo, anche nel nostro. Tomba sigillata è l’odio che
non perdona; è la violenza che risponde alla violenza; è la menzogna che risponde ad altre
menzogne; è l’uomo che si fa nuovamente Caino verso il fratello. Tomba vuota, da cui si sprigiona
sempre di nuovo la Vita, è l’amore che perdona; è l’offeso e l’angariato che riescono ad amare
nonostante tutto; è la verità che con perseverante pazienza si fa strada a braccetto della carità
attraverso il cuore e la mente degli uomini sempre e comunque fratelli.
Il sudario e i lini della pietà fraterna. Si tratta dei gesti della carità e dei segni della fraternità
che ridanno fiducia agli smarriti; forza e coraggio agli sfiduciati; respiro a chi non riesce a trovare
più risorse per continuare il proprio cammino; sostegno di carità a chi è privo di tutto; aiuto a chi è
nel bisogno; un pezzo di pane a chi non ha più niente; un bicchiere di acqua fresca a chi soffre
l’arsura della solitudine e dell’abbandono. Segni che fortunatamente, anche senza far rumore,
permettono a tante persone di non stramazzare sulle vie del mondo nella disperazione più nera.
E, infine, gli angeli. Per proclamare la Pasqua del Cristo, cielo e terra si vengono incontro.
Troppo grande è il mistero; così inaudita è la notizia lieta: davvero occorre il messo celeste perché
l’umanità intera comprenda ciò che è avvenuto di così sconvolgente. Gli angeli, i messaggeri di
Dio. La Chiesa, i credenti, chiamati ad annunciare la propria fede in una catena ininterrotta di
testimonianza di generazione in generazione.
Gli angeli, oggi, in qualche modo, siamo proprio noi, i cristiani; gli annunciatori, con la vita
più ancora che con le parole, di quanto è avvenuto ed ha cambiato la storia del mondo: Cristo è
risorto e con Lui, ed in Lui, tutti quanti siamo chiamati a risorgere a vita nuova in una splendida
primavera dello spirito.
Il mio augurio cordiale è che il mondo in cui viviamo e in cui Pasqua rischia di essere
sempre più un giorno come tutti gli altri, proprio attraverso di noi, la nostra vita, il nostro impegno
di fraternità, la nostra fede schietta e coerente, possa riconoscere i “segni” della risurrezione per
giungere a proclamare con ogni credente in Gesù: “Sì , ne siamo certi: Cristo è davvero risorto. Tu,
Re vittorioso, portaci la tua salvezza”.
+ Giovanni Paolo , Vescovo