LA COSTITUZIONE CRISTIANA DEGLI STATI
E LA “LIBERTÀ RELIGIOSA”
d. CURZIO NITOGLIA
7 luglio 2011
http://www.doncurzionitoglia.com/forma_societa_stati_liberta_reli.htm
●“L’eresia da individuale, col laicismo liberale, diventa sociale e politica” (M.
Ayuso).
●“Dalla forma data alla Società, a seconda che sia in accordo o no con le Leggi
divine, dipende il bene o il male delle anime. Dinanzi a questa considerazione e
previsione, come potrebbe, essere lecito per la Chiesa […], rimanere spettatrice
indifferente davanti ai pericoli a cui vanno incontro i suoi figli, tacere o fingere di
non vedere situazioni che […], rendono difficile o praticamente impossibile una
condotta di vita cristiana?” (PIO XII, Radiomessaggio “La solennità”, Pentecoste
1941).
Prologo
MIGUEL
AYUSO,
professore
di
‘Diritto
costituzionale’ all’Università Comillas di
Madrid, ‘Presidente dell’Unione Internazionale
dei Giuristi Cattolici’, ha scritto nel 2008 un
libro molto interessante sui rapporti tra Stato
e Chiesa, tradotto in italiano dalle “Edizioni
Scientifiche Italiane” di Napoli nel 2010, con il
titolo La costituzione cristiana degli Stati. Nel
suo libro il celebre giurista prende in
considerazione anche il tema della “libertà
religiosa” così come è stato affrontato dal
Decreto Dignitatis humanae del Concilio
Vaticano II e lo confronta con l’insegnamento
del ‘Diritto Pubblico Ecclesiastico’, mettendo
in luce le diversità tra la dottrina tradizionale
e l’insegnamento pastorale del Vaticano II da
un punto di vista scientificamente giuridico.
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Breve excursus dei rapporti tra Stato e Chiesa
●NELL’ANTICHITÀ PAGANA non era neppure concepibile l’idea della separazione tra
potere temporale e spirituale. La sfera politica e quella religiosa si identificavano.
La religione era considerata una virtù sociale o politica, mentre l’empietà era,
oltre che un peccato, anche un crimine politico assai grave, poiché l’unità della
Città si basava sul principio della pietà verso la Divinità.
●IL CRISTIANESIMO ha sempre insegnato la dipendenza della Società civile da quella
religiosa e a partire da Costantino ha orientato anche in pratica il bene comune
temporale verso quello spirituale e soprannaturale. Questi due poteri sono distinti
(a differenza che nel paganesimo), ma non separati (a differenza che nel laicismo).
●A PARTIRE DALLA RIVOLUZIONE FRANCESE si giunge alla neutralità o separazione tra Stato
e Chiesa, che va dall’indifferenza alla persecuzione. È l’epoca della
secolarizzazione o del laicismo, che hanno cercato di abbattere indirettamente la
Fede cristiana attaccando direttamente la Cristianità o la costituzione cristiana
degli Stati europei. In quest’epoca si è cercato di distruggere l’ordine naturale e
divino mediante la Rivoluzione o sovvertimento dei rapporti tra temporale e
spirituale, natura e grazia, ragione e fede. In parte si è riusciti nell’intento
scristianizzando la Società civile mediante le idee e le istituzioni politiche. L’eresia
da individuale, col laicismo liberale, diventa sociale e politica. La Rivoluzione è
una dottrina sociale o politica, che vuole fondare la Società civile non su Dio, ma
sull’Uomo. La Contro-Rivoluzione è la dottrina politica che fonda lo Stato su Dio e
la sua Legge. Ora “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”.
Quindi se la Rivoluzione ha “eretizzato” socialmente, la Contro-Rivoluzione deve
porre un rimedio non solo individuale ma sociale e politico all’eresia sociale che è il
laicismo liberale. Se la Rivoluzione vuole annientare la Cristianità o lo Stato
cristiano per poi distruggere la Fede stessa, la Contro-Rivoluzione (che non è una
Rivoluzione di segno contrario, ma è il contrario per diametrum della Rivoluzione)
vuole restaurare la civiltà cristiana, ossia la morale sociale cristiana come è stata
insegnata dalla Tradizione apostolica e poi iscritta nelle costituzioni civili a partire
da Costantino.
●IL MAGISTERO della Chiesa viene citato da Ayuso per dimostrare quanto su esposto.
PIO VI nell’Allocuzione al Concistoro del 9 marzo 1789 condanna le libertà moderne
e nell’enciclica Adeo nota del 1791 condanna la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo
e del cittadino”. GREGORIO XVI nell’enciclica Mirari vos del 1832 condanna il
cattolicesimo liberale. LEONE XIII nell’enciclica Diuturnum illud del 1881, nella
Immortale Dei del 1885, nella Libertas del 1888 e infine nella Annum ingressi del
1902 espone la dottrina cattolica sui rapporti tra Stato e Chiesa e condanna ogni
dottrina separazionista dei due poteri. SAN PIO X nell’enciclica Vehementer del 1906
e nella Notre charge apostolique del 1910 condanna la separazione tra potere
temporale e spirituale e il modernismo politico o “Democrazia Cristiana”. PIO XI
nella Quas primas del 1925 parla della Regalità sociale o politica di Cristo e
condanna il laicismo. Infine PIO XII nell’enciclica Summi Pontificatus del 1939, nel
Radiomessaggio Benignitas et humanitas del 1944 e nel Discorso ai Giuristi cattolici
italiani del 1953 continua lo stesso insegnamento di unione e subordinazione tra i
due poteri e di condanna della loro separazione.
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Questione sociale, politica e morale cattolica
●La QUESTIONE SOCIALE (ossia il rapporto tra operai e datori di lavoro) non è
solamente economico-finanziaria, ma soprattutto morale e religiosa. Infatti, per
ARISTOTELE e S. TOMMASO, l’economia è la virtù di prudenza applicata alla famiglia;
(diversa dall’affaristica, crematistica o finanziaria, che è l’arte di arricchirsi) e la
politica è la virtù di prudenza applicata alla Società civile. Per risolvere il conflitto,
che è sorto nell’Ottocento tra operai e padroni - secondo il Magistero - non basta
una risposta puramente finanziaria o di salario, ma occorre risalire più a monte e
vedere la questione alla luce della Morale e della Fede. Il problema operaio secondo LEONE XIII nell’encicliche Rerum novarum del 1891, Permoti nos del 1895 e
Graves de communi re del 1901 - si risolve soprattutto con la virtù di Carità e di
Giustizia e poi con il giusto salario. LEONE XIII nell’enciclica Rerum novarum spiega
benissimo che la “brama di novità” o la “rerum novarum cupiditas” dal campo
politico
(liberalismo)
ha
tracimato
in
quello
economico-finanziario
(liberismo/socialismo). Quindi, per risolvere e confutare il problema liberista e
social-comunista (primato dell’economia o affaristica, materialismo storico),
bisogna prima rispondere all’errore liberale (primato della libertà come Fine
assoluto e non come mezzo per cogliere il Fine). Il Papa mostra il legame che c’è
tra Rivoluzione religioso-dogmatica e Rivoluzione morale, poiché la Morale è la
Fede praticata e vissuta (“agere sequitur esse”), e poi tra Rivoluzione politica, che
è l’eresia dogmatica e morale trasferita dal livello individuale al campo sociale, e
Rivoluzione economico-finanziaria. “Dopo l’eresia individuale viene la Rivoluzione
sociale o politica e dopo la Rivoluzione è il turno del boia” (DONOSO CORTÈS, Saggio
sul Cattolicesimo, il Liberalismo e il Socialismo).
●MIGUEL AYUSO ha capito perfettamente il carattere di contestazione della
modernità del Magistero ecclesiastico dell’Otto-Novecento. La Chiesa ha affrontato
i temi di carattere politico (liberalismo), culturale (tomismo/modernismo),
economico-finanziario (social-comunismo), offrendo una dottrina completa e
organica sulla Regalità sociale oltre che individuale, temporale oltre che spirituale,
di Cristo già su questa terra, oltre che in Paradiso.
La rottura o Rivoluzione del Vaticano II
●Se LA MODERNITÀ è la Rivoluzione filosofica, dogmatica, morale, politica ed
economica (modernismo, liberalismo, liberismo, socialismo), la dottrina cattolica
tradizionale è la Contro-modernità o Contro-Rivoluzione. Purtroppo con il Concilio
Vaticano II si è “dimenticato con disinvoltura questa Tradizione. […]. Oblio
accompagnato molte volte da disprezzo”. La causa di tale rottura con la Tradizione
apostolica in materia di dottrina sociale MIGUEL AYUSO la trova nella “fase di
conformismo [conciliare e postconciliare] rispetto alla modernità”. Si badi bene:
“modernità” significa pensiero filosofico moderno soggettivista e relativista, che va
da Cartesio a Hegel, e non significa “farsi capire dall’uomo di oggi”, il che è del
tutto legittimo e normale, ma totalmente differente dall’ accondiscendenza
ecclesiastico-pastorale verso la “modernità”. La Chiesa aveva contestato e
confutato la modernità con il Magistero tradizionale del secolo XIX-XX, rifacendosi
alla dottrina che inizia da papa Gelasio I. Purtroppo con la Dichiarazione su “La
Libertà religiosa” o Dignitatis humanae si è capovolta o “rivoluzionata” la dottrina
da dommatica in pastorale e si è spinto i “cattolici a conformarsi alla modernità
[…] e ad uscire dal ghetto in cui la Chiesa tradizionale li aveva rinchiusi”,
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contravvenendo il motto di S. PAOLO: “Nolite conformari huic saeculo!”.
Il Magistero tradizionale contrasta la modernità
●La conclusione che tira MIGUEL AYUSO è che, se il Magistero costante e tradizionale
della Chiesa ha contestato e confutato la modernità soggettivistica e relativistica
(liberalismo, modernismo, liberismo e social-comunismo), l’insegnamento pastorale
del Vaticano II è arrivato addirittura alla “rinuncia della tradizionale dottrina
politica – basata sulla costituzione cristiana degli Stati – […] [e si è rivelato]
incapace di delineare una nuova strategia”, ossia non solo ha abbandonato la
dottrina sociale tradizionale sui rapporti tra Stato e Chiesa, ma non è riuscito
neppure a proporre un’alternativa filosofico-politica adeguata all’insorgere del
nuovo laicismo, sempre più radicale e parossistico.
Il Vaticano II si è arreso alla modernità
●CI SI È ARRESI DI FRONTE ALLA MODERNITÀ e post-modernità, senza colpo ferire,
sperando di non essere perseguitati e lasciati in pace, non si è voluto opporre una
resistenza dottrinale (filosofica e teologica) al mondo contemporaneo e si è taciuto
e quindi fuggito davanti al lupo, venuto a sbranare il gregge, sperando di essere
risparmiati, come il mercenario e il cattivo-pastore del Vangelo, il quale “tradisce
le pecorelle non solo fuggendo, ma anche tacendo” (SAN GREGORIO MAGNO). La tattica
‘a-pastorale’ di non condannare, disapprovare e criticare l’errore, equivale
all’atteggiamento del mercenario, che tace quando vede il lupo venire invece di
gridare ed allertare il suo gregge. È per questo motivo che non solo dottrinalmente
vi è rottura tra insegnamento pastorale e non infallibile del Vaticano II e Tradizione
apostolica, ma pure pastoralmente, ossia nel calare la dottrina e i princìpi nel caso
pratico e nel modo di agire, il Vaticano II si è rivelato un immenso fallimento,
poiché invece di avvisare che un pericolo incombeva negli anni Sessanta sulla
Cristianità e la Fede cattolica (si pensi al comunismo e al Sessantotto) ha voluto
tacere per non fare “il profeta di sventura”, e, analogamente nel post-concilio più
recente (2005-2011) non si è messo in guardia il gregge contro il pericolo del teoconservatorismo, del catto-liberalismo, del giudeo-cristianesimo e dell’ateismodevoto, i quali stanno facendo oggi strage anche di quel “piccolo gregge”, che
aveva resistito al modernismo e neo-modernismo. È evidente a tutti che per
insegnare la verità (per esempio 1+1=2) non si può approvare l’errore (per es.
1+1=3) e quindi non si può non condannare.
●COMBATTERE E PROMUOVERE. Il professor Ayuso commenta: “Si tratta non solo di
combattere ciò che è socialmente nocivo in relazione all’influsso che esercita sulle
anime, ma altresì di promuovere ciò che è socialmente benefico, in virtù del suo
valore intrinseco”. Infatti non si può essere solamente “contro” o limitarsi alla pars
destruens o negativa, ma occorre anche proporre qualcosa “pro”, ossia di positivo.
Non si può tacere, altrimenti “lo grideranno le pietre”
●PIO XII aveva previsto questo pericolo e lo aveva denunciato già nel 1941: “Dalla
forma data alla Società, a seconda che sia in accordo o no con le Leggi divine,
dipende il bene o il male delle anime. Dinanzi a questa considerazione e
previsione, come potrebbe, essere lecito per la Chiesa […], rimanere spettatrice
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indifferente davanti ai pericoli a cui vanno incontro i suoi figli, tacere o fingere di
non vedere situazioni che […], rendono difficile o praticamente impossibile una
condotta di vita cristiana?” (Radiomessaggio “La solennità”, Pentecoste 1941). Non
si può tacere o far finta di non vedere il pericolo di una situazione la quale rende
difficile vivere cristianamente. Ora la “libertà delle false religioni”, l’abbandono
dell’ideale dello Stato cattolico o della Regalità sociale di Cristo, sanciti dal
Concilio Vaticano II sono esattamente una situazione o un modo di vita, che rende
praticamente impossibile la pratica cristiana. Gli uomini di Chiesa sono caduti in
una sorta di “sordo-mutismo” per cui fan finta di non aver sentito in modo di non
dover parlare. Non si può rimanere spettatori indifferenti, che guardano e non
gridano: “al lupo, aiuto, pericolo, attenzione!”. Sarebbe accettare praticamente ed
implicitamente, anche se non esplicitamente e per principio, l’errore e il male,
ossia la negazione pratica del primo principio per sé noto della morale: “malum
vitandum, bonum faciendum”. Ora chi nega i princìpi per sé noti non è scusabile
per ignoranza invincibile, poiché essi sono evidenti a tutti, si mostrano e non si
dimostrano. Siccome gli uomini di Chiesa oggi tacciono questa verità sociale, essa come ha detto Gesù - è “gridata dalle pietre”, ossia dai monumenti del passato, i
quali testimoniano una verità storica: “Vi fu un tempo in cui la filosofia del Vangelo
governava gli Stati” (LEONE XIII, Immortale Dei, 1885). Quale tremenda
responsabilità non aver voluto condannare l’errore, non aver voluto mettere in
guardia la Cristianità e i fedeli cristiani contro il pericolo. Non avendolo
“disapprovato” o condannato, implicitamente lo si è approvato. “Un Papa buono
non è un buon Papa” diceva padre Innocenzo Colosio. “Il medico pietoso fa la piaga
cancrenosa”, recita il proverbio popolare. L’eccesso di “bontà” può diventare la
massima crudeltà (“summa bonarietas, summa malvagitas”).
●PARS DESTRUENS ET CONSTRUENS. Miguel Ayuso spiega egregiamente che “la Chiesa non
opera in politica soltanto ‘negativamente’, mediante condanne […], ma interviene
altresì positivamente, dichiarando quali sono i princìpi che devono presiedere
all’organizzazione di una comunità”. La neutralità, il pluralismo o l’indifferenza
dello Stato in materia religiosa non sono princìpi conformi alla Tradizione
apostolica sui rapporti Stato-Chiesa così come è insegnata dalla S. Scrittura, dai
Padri ecclesiastici del IV secolo e dal Magistero, a partire da papa GELASIO I (496)
sino a PIO XII (1958).
La Cristianità è già esistita e non va inventata
●SAN PIO X ha insegnato formalmente - riprendendo il Magistero tradizionale di suoi
predecessori, continuato poi dai suoi successori sino a PIO XII – che “la Civiltà
cristiana non deve essere inventata, né la Città deve essere costruita sopra le
nuvole. Essa è esistita ed esiste; è la Civiltà cristiana, è la Città cattolica. Non si
tratta che di instaurarla o stabilirla, e restaurarla o ristabilirla, incessantemente,
sulle fondamenta naturali e divine, contro gli attacchi sempre nuovi dell’utopia
malsana, della rivoluzione e dell’empietà: omnia istaurare in Cristo” (Notre charge
apostolique, 1910). La soluzione del problema politico (rapporti tra Stato e Chiesa)
e sociale (rapporti tra mondo del lavoro e capitale) è semplicissima, perché non c’è
nulla da inventare, basta instaurare o fondare una Polis o Civitas cattolica, basata
sulla Legge divina e naturale nei luoghi ove non abbia ancora iniziato ad esistere e
restaurarla o ripararla là ove c’era già, ma è stata assaltata dalla Rivoluzione, che
vuol separare lo Stato dalla Chiesa, gli operai dai padroni, la giustizia dalla carità,
l’economia dalla morale, distruggendo così la Civitas christiana. Sino al Sessantotto
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c’erano ancora vestigia, tracce o “rovine” di questa Civiltà cristiana, (che era stata
solo ferita, anche se gravemente) e bastava restaurarne le “rovine” come si fa con
le opere d’arte dei secoli passati. Oggi essa è stata annichilata o colpita a morte
dall’assalto della rivoluzione giudaico-massonica, che ha invaso anche l’ambiente
ecclesiale, come ha denunciato PAOLO VI stesso: “il fumo di Satana è penetrato
nella Chiesa di Dio”. Perciò adesso anche in Europa (la culla della Cristianità)
occorre non più restaurare la Civiltà cristiana, ma addirittura instaurarla, però
sempre sugli stessi fondamenti (Legge eterna e naturale) e princìpi (cooperazione
di subordinazione o gerarchizzazione del temporale allo spirituale).
●LA NUOVA CRISTIANITÀ. Non bisogna inventare la “nuova cristianità” come hanno fatto
Maritain (Umanesimo integrale, 1936) e Dignitatis humanae (1965), costruendola
sulle “nuvole” della dottrina liberale e laicista della separazione tra Stato e Chiesa.
LEONE XIII già prima di papa Sarto aveva scritto: “Ci fu un tempo in cui la filosofia
del Vangelo governava gli Stati” (Immortale Dei, 1885). Questa è la dottrina sociale
sostanzialmente immutabile della Chiesa: lo Stato fondato sulla Legge naturale e
divina e diretto dai princìpi della retta filosofia e della Rivelazione soprannaturale,
in cooperazione di subordinazione gerarchizzata con il potere spirituale. Vi possono
essere delle sfumature accidentali in questa dottrina (plenitudo potestatis oppure
potestas indirecta in temporalibus ratione peccati), ma non essenziali (libertà
delle false religioni messe sullo stesso piano dell’unica vera Religione, e
indifferenza religiosa della Società civile o separazione tra Stato e Chiesa).
La nuova Cristianità maritainiana e conciliare
●IL CONCILIO VATICANO II. Purtroppo nella Dichiarazione Dignitatis humanae si
riscontra una frattura, una mutazione sostanziale, con la dottrina tradizionale
contenuta nella S. Scrittura e nella Tradizione apostolica (che sono le due fonti
della Rivelazione), sotto la guida del Magistero costante della Chiesa (da papa
Gelasio I a Pio XII). Papa Pacelli ha detto di questo insegnamento sui rapporti tra
Stato e Chiesa che “è definitivamente stabilito quanto ai suoi punti fondamentali,
è sufficientemente ampio per essere adattato alle molteplici vicissitudini dei
popoli, purché ciò non avvenga a scapito dei suoi princìpi immutabili e permanenti.
[…]. Esso è in ogni aspetto obbligatorio. Né ci si può allontanare da esso senza
pericolo per la Fede e l’ordine morale” (Discorso al Congresso dell’Azione Cattolica
Italiana, 29 aprile 1945).
●ROTTURA E NON CONTINUITÀ. È proprio ciò che ha fatto Dignitatis humanae. Ora, se
l’insegnamento pastorale del Vaticano II discorda da quello dogmatico costante ed
infallibile della Chiesa, deve essere cambiato e reso conforme alla Tradizione
apostolica. Specialmente oggi, di fronte all’assalto finale del laicismo aggressivo e
di quello mascherato da teo-conservatorismo, bisogna ritornare alla Tradizione
apostolica e innanzi tutto riproporre la dottrina della cooperazione subordinata tra
Stato e Chiesa per poi cercare di lavorare praticamente alla restaurazione delle
condizioni affinché possa rinascere la Civiltà cristiana, permettendo agli uomini
singoli, alle famiglie e ai corpi intermedi di realizzare facilmente le loro finalità
prossime ordinate al Fine ultimo soprannaturale. La Civiltà cristiana non deve
essere inventata ex novo, ma oramai instaurata, poiché purtroppo non c’è più nulla
da restaurare. La post-modernità e il post-concilio hanno distrutto le vestigia, le
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rovine o i ruderi della Cristianità che ancora restavano.
La Chiesa non può non fare “politica”
●L’UOMO È UN ANIMALE NATURALMENTE SOCIEVOLE. Da ciò la necessità di insegnare, oggi
più che mai, la dottrina sociale della Chiesa e di non rinchiudersi nelle sacrestie,
come volevano i cattolici liberali, mascherando tale cedimento al cattolicesimo
liberale sotto una maschera di eccessivo spiritualismo o angelismo disincarnato, il
cui motto è “non bisogna fare politica!”. Invece la realtà, e quindi la verità, è che
l’uomo è composto di anima e di corpo, che è un animale razionale e anche sociale
ossia politico, fatto per vivere in Societas o in Polis, e non è un angelo, un ente
disincarnato o un monaco, che vive isolato. I monaci sono casi “eccezionali” ed
“eroici” che confermano la regola.
●IL PERICOLO DELL’ANGELISMO O DELLO SPIRITUALISMO ESAGERATO. L’errore dei conservatori
e di alcuni “tradizionalisti” cattolici attuali è quello di eliminare l’elemento sociale
dalla natura umana, che invece è stata creata da Dio naturalmente socievole
(ARISTOTELE, Politica, VI; SAN TOMMASO D’AQUINO, De regimine principum, lib. I, cap.
14), e di voler rendere l’uomo un singolo individuo (come il liberalismo
individualista) senza spazio sociale e politico, per indirizzarlo, con una spinta
puramente naturale (anche se viene dal prete, che resta sempre un uomo anche se
consacrato e non è Dio, ma solo uno strumento di Dio per aiutare i fedeli a fare la
Volontà di Dio, che non necessariamente è quella del sacerdote) verso una vita
consacrata alla quale invece chiama solo Dio e nella quale si persevera solo con
l’aiuto di Dio. “Non siete voi che avete scelto Me, ma sono Io che ho scelto voi” ha
detto Gesù nel Vangelo ai Suoi Apostoli. La vocazione è un consiglio e non un
precetto e non si può obbligare a seguire un consiglio sotto pena di peccato.
Occorre contestare, confutare e contrastare il laicismo, in teoria e in pratica,
rovesciare tale modo di vita sovversivo e rivoluzionato, fare la storia piuttosto che
subirla passivamente e tentare di creare le condizioni di un vivere sociale, che
faciliti quello spirituale. Come “la Grazia presuppone la natura, la perfeziona, e
non la distrugge” (San Tommaso), così la Fede presuppone l’umanità civilizzata, la
perfeziona, la mantiene in vita e non la deve distruggere. Parimenti la vocazione
sacra presuppone la vita familiare, sociale e politica, la perfeziona e non la deve
annientare. Se non vi fosse una società familiare, non vi potrebbe essere un
“chiamato” e, se la Società civile invece di aiutare l’individuo e la famiglia a
cogliere il proprio Fine, li ostacolasse, i “vocati” sarebbero molto di meno. È per
questo che occorre “dare a Cesare quel che è di Cesare [obbedienza alle leggi
temporali conformi a quella naturale] e a Dio quel che è di Dio [l’adorazione]”.
È possibile uno Stato cattolico oggi?
●DOTTRINALMENTE. La questione sembrerebbe a prima vista e superficialmente un
anacronismo, come conviene anche Miguel Ayuso. Infatti storicamente non esiste
oggi nessuno Stato cattolico, ma la questione dottrinale che ci si pone è se sia
possibile farlo rivivere. In teoria o quanto al principio dottrinale la risposta è
evidente: lo Stato non può essere neutrale, data la socievolezza naturale
dell’uomo, della famiglia e della Società civile, che debbono tutte e tre dare a Dio
il culto e l’adorazione che Gli è dovuta. In pratica o nei fatti, però, ci si trova di
fronte all’enorme problema della pastorale sulla Libertà religiosa (Dignitatis
humanae) del Vaticano II, che non si è contrapposta alla modernità o alla Società
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permissivista, ma è entrata in dialogo simpatizzante con essa ed ha accelerato la
secolarizzazione o scristianizzazione della Società. Miguel Ayuso porta l’esempio
della Ley de libertad religiosa del 1967, chiesta da PAOLO VI al generale Francisco
Franco e il conseguente nuovo Concordato spagnolo del 1978, simile a quello
italiano del 1984 (che ha abrogato il Concordato del 1929), definito da GIOVANNI
PAOLO II “ideale”, in quanto si è passati (in Spagna come in Italia) dallo Stato
confessionale, che riconosceva la Religione cattolica come Religione ufficiale dello
Stato, allo Stato neutro in materia religiosa. Ayuso commenta: “Stiamo assistendo
alla separazione consapevole e voluta tra la Chiesa e la Società, dopo che è stata
consumata la separazione tra la Chiesa e lo Stato”. Oggi ci troviamo in una Società
anti-cristiana per principio e in pratica, che sarebbe meglio chiamare “Dis-società”
(MARCEL DE CORTE) o “Sinagoga di Satana” (Apoc., II, 9), che è la “contro-Chiesa” o il
“pericolo giudaico-massonico” (ERNEST JOUIN). Se la dottrina cattolica sui rapporti
tra Stato e Chiesa è immutabile, purtroppo “il linguaggio […] in seguito al Concilio
Vaticano II, si distingue nettamente dal precedente. […]. Il diritto alla libertà
religiosa solleva non poche difficoltà dal punto di vista del Magistero tradizionale”.
Vale a dire non vi è continuità reale tra Tradizione apostolica e Dignitatis humanae
(d’ora in poi ‘DH’), anche se essa viene affermata, ma non dimostrata. Ayuso
riscontra in ‘DH’ una sorta di eterodossia pubblica, vale a dire un errore in materia
di dottrina sociale e politica.
●PRUDENZIALMENTE. Ayuso si domanda se sia realistico un ritorno immediato allo Stato
cattolico. La realtà odierna, in cui o non si prende neppure in considerazione il
problema dei rapporti gerarchizzati tra potere politico e spirituale o lo si ritiene
attualmente insostenibile, “e - ciò è ancor peggio - da parte della stessa gerarchia
ecclesiastica”, non favorisce praticamente tale ritorno immediato, anzi lo rende
umanamente impossibile e solo miracolosamente attuabile. Certamente occorre
evitare i due errori opposti per eccesso (fanatismo ideologico semplicistico: tutto e
subito) e per difetto (opportunismo pragmatistico: rinunzia dei princìpi e/o
acquiescenza pratica con l’errore), ma bisogna sempre tendere all’ideale o alla
dottrina della cooperazione gerarchizzata e subordinata tra Stato e Chiesa, che è
“una morale invariabile dell’ordine politico […], non è qualcosa di meramente
facoltativo, […], ma è il costitutivo interno [o l’essenza] della Società civile”,
anche se in pratica essa oggi è difficilmente attuabile nell’immediato o nel futuro
prossimo, ma non assolutamente impossibile da realizzarsi gradualmente o nel
futuro remoto. Occorre quindi “rimettere in piedi – come scrive Ayuso – la dottrina
della Chiesa […] sulle basi della Tradizione”. Soprattutto non bisogna mai
disperare, né quanto alla salvezza eterna della propria anima e né quanto alla
salvezza temporale della Società, la quale deve e può tornare a portare a
compimento il suo dovere e cogliere il suo fine: il benessere temporale dei cittadini
subordinatamente a quello spirituale. Infatti Dio è Causa Prima dell’uomo,
“animale razionale” dotato di un’anima spirituale ed immortale, come pure
dell’uomo “animale sociale”, che vive in una società imperfetta di ordine naturale
(famiglia) e perfetta di ordine temporale (Stato) e soprannaturale (Chiesa). Per cui
lo Stato deve lavorare in cooperazione gerarchica subordinata con la Chiesa, come
il corpo con l’anima. Dio è onnipotente e provvido sia per la singola anima e la sua
salvezza eterna sia per la famiglia e la Società (civile e religiosa). Quindi si deve
sperare la salvezza eterna della propria anima come pure l’instaurazione del
Regno sociale di Cristo e lavorare per essi. Infatti “chi vuole il fine, prende i
mezzi”.
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Conclusione
●“La Chiesa non può, senza tradire la propria missione, smettere di affermare che
esiste una legge morale naturale […] alla quale devono essere sottomessi i poteri
pubblici. Questo è il nucleo dello Stato cattolico”, come ha insegnato PIO XI nella
sua prima enciclica Ubi arcano Dei del 1922, sintetizzata nel motto di papa Ratti
“Pax Christi in Regno Christi”. Il “peccato originale” della modernità è consistito
nell’aver posto nell’uomo e non in Dio il fondamento della vita sociale e dello Stato
(“eritis sicut Dii”). L’antropocentrismo sociale o politico è il ‘principio e
fondamento’ della filosofia e civiltà moderna, come l’antropocentrismo
individualistico lo è del modernismo. L’eresia dogmatica modernistica si è
trasformata in Rivoluzione sociale liberale o modernismo politico (cfr. S. PIO X,
Notre charge apostolique, 1910). Tutte o quasi tutte le Rivoluzioni sociali nascono
da errori filosofici ed eresie dogmatico-morali.
●LA VERITÀ FILOSOFICA, DOGMATICA E MORALE è stata sintetizzata teocentricamente dal
motto di SAN PAOLO: “Non est Potestas nisi a Deo”, la contro-chiesa l’ha
rivoluzionata antropocentricamente in: “Non est potestas nisi ab Homine”. Così
l’eresia dogmatica modernistica ha influito sulla Rivoluzione politica democristiana
e questa ha finito per demolire le ultime tracce o “rovine” di una civiltà, che era
ancora cristiana prima di essere demo-cristianizzata. Certamente ‘DH’ ha avuto un
ruolo filosofico, teologico e politico in questo processo di laicizzazione o
secolarizzazione. Il vescovo spagnolo mons. JOSÉ GUERRA CAMPOS aveva invitato a
“riedificare la dottrina [sociale] della Chiesa” a causa delle notevoli “incoerenze
nella predicazione attuale”. Con ‘DH’ si assiste al fenomeno di penetrazione del
laicismo in ambiente cattolico ed ecclesiale sino al punto che la separazione tra
Stato e Chiesa è predicata dagli stessi uomini di Chiesa. Il post-concilio ha
aggravato l’errore laicista di ‘DH’ sino al punto di far rivedere i Concordati con la
Spagna (1978) e l’Italia (1984) in senso separazionista, definito come “ideale” da
Giovanni Paolo II per quanto riguarda il Concordato italiano del 1984. Lo stesso
GIOVANNI PAOLO II, nella Lettre apostolique aux Eveques français dell’11 febbraio
2005 in occasione del primo centenario della legge francese del 1905 sulla
separazione tra Stato e Chiesa (condannata da SAN PIO X in Vehementer, 1906), ha
scritto: “Il principio della laicità […] appartiene alla dottrina sociale della Chiesa”.
Ossia il “libero Stato e libera Chiesa” di Cavour sono diventati dottrina sociale
cattolica!
●Solo Dio ci può far uscire da una situazione di apostasia generale, che è penetrata
sin nel Santuario e nelle menti dei gerarchi della Chiesa. Egli, infatti, ci ha
promesso: “Portae inferi non praevalebunt adversus eam”.
d. CURZIO NITOGLIA
7 luglio 2011
http://www.doncurzionitoglia.com/forma_societa_stati_liberta_reli.htm
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NOTE
[1] www.edizioniesi.it / [email protected] / 116 pagine, 12 euro.
Anche: http://www.deastore.com/libro/la-costituzione-cristiana-degli-stati-miguel-ayuso-edizioniscientifiche-italiane/9788849520774.html
[2] M. Ayuso, La costituzione cristiana degli Stati, “Edizioni Scientifiche Italiane”, Napoli, 2010, p. 13.
Cfr. J. A. Widow, El ombre, animal politico, Santiago del Cile, Editorial Universitaria, 1984.
[3] Ibidem, p. 14.
[4] Ib., p. 18. Cfr. anche Ramòn Orlandis, Pensamientos y occurrencias, Barcellona, Balmes, 2000;
Francisco Canals, Polìtica española: pasado y futuro, Barcellona, Acervo, 1977.
[5] Ib., p. 21.
[6] Ivi. Cfr. A. De Mun, Ma vocation sociale, Parigi, Lethielliieux, 1908.
[7] Ib., p. 22.
[8] Ib., pp. 24-26. Cfr. M. Ayuso, La revoluciòn liberal y sus metamorfosis ante el pensamento
catòlico, in J. M. Sànchez, Polìtica y religiòn en la crisis de la modernidad, Madrid, Fundaciòn Tomàs
Moro, 2000; A. Gambra, Los catòlicos y la democrazia. Génesis històrica de la democrazia cristiana,
Madrid, Speiro, 1982.
[9] M. Ayuso, La costituzione cristiana degli Stati, cit., p. 27.
[10] Ib., p. 28.
[11] Ivi. Cfr. F. Rodrìguez, Introduciòn a la polìtica social, Madrid, Civitas, 1979; M. Ayuso, La polìtica,
officio del alma, Buenos Aires, Nueva Hispanidad, 2007; Id., Koinòs. El pensamiento politico de Rafael
Gambra, Madrid, Speiro, 1998; D. Castellano, L’ordine della politica, Napoli, Edizioni Scientifiche
Italiane, 1996, tr. spagnola, La naturaleza de la polìtica, Barcellona, Scire, 2006; Id., De Christiana
Republica, Napoli, ESI, 2004; Id., Costituzione europea, diritti umani e libertà religiosa, Napoli, ESI,
2005; Id., L’ordine politico-giuridico, Napoli, ESI, 2007; Id., La politica tra Scilla e Cariddi, Napoli, ESI,
2010; A. d’Ors, Ensayos de téoria polìtica, Pamplona, Eunsa, 1979; F. E. de Tejada, Europa, tradizione,
libertà, Napoli, ESI, 2005; J. Ousset, Pour Qu’il Règne, Parigi, Office international, IIa ed., 1970.
[12] Ib., p. 29. Sulla Tradizione apostolica e le novità del Vaticano II cfr. Brunero Gherardini, Concilio
Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009; Id., Tradidi quod et
accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Id.,Concilio
Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011; Id., Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e
Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011.
[13] M. Ayuso, La costituzione cristiana…, cit., p. 36.
[14] La costituzione cristiana…, cit., p. 38.
[15] Cfr. A. Millàn Puelles, Sobre el hombre y la sociedad, Madrid, Rialp, 1976.
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[16] La costituzione cristiana…, cit., p. 39. Cfr. V. Rodrìguez, Temas clave del humanismo cristiano,
Madrid, Speiro, 1984.
[17] Cfr. J. Meiinvielle, Il cedimento dei cattolici al liberalismo. Critica a Maritain, Roma, Sacra
Fraternitas Aurigarum, 1991.
[18] Cfr. P. C. Landucci, La sacra vocazione, Roma, Paoline, 1956.
[19] Cfr. M. de Corte, Essai sul la fin d’une civilisation, Parigi, De Médicis, 1949.
[20] La costituzione cristiana…, cit., p. 71.
[21] J. Guerra Campos, Amor, deber y permissivismo, Madrid, Adue, 1978.
[22] M. Ayuso, Las murallas de la ciudad, Buenos Aires, Nueva Hispanidad, 2001.
[23] La costituzione cristiana…, cit., p. 75.
[24] Cfr. J. Meinvielle, Influsso dello gnosticismo ebraico in ambiente cristiano, Roma, Sacra
Fraternitas Aurigarum, 1989.
[25] Cfr. D. Castellano, L’aristotelismo cristiano di Marcel De Corte, Firenze, Pucci-Cipriani, 1975; Id.,
La razionalità della politica, Napoli, ESI, 1993; J. Orlandis, Historia y espìritu, Pamplona, Eunsa, 1975;
[26] Ib., p. 84. Cfr. L. E. Palacios, Nota critica a la declaratiòn conciliar sobre libertad religiosa, in
“Anales de la Real Academia de Ciencias Moralesy Politicas”, Madrid, n. 56, 1979, pp. 45 ss.
[27] La costituzione cristiana…, cit., p. 85.
[28] La costituzione cristiana…, cit., p. 91.
[29] La costituzione cristiana…, cit., p. 89. Cfr. J. Guerra Campos, Hacìa la estabilizatiòn polìtica,
Madrid, Uniòn Editorial, 1983; M. Ayuso, Une culture pour l’Europe de démain, Parigi, Editions
Univeristaires, 1992; D. Castellano, Razionalismo e diritti umani, Torino, Giappichelli, 2003.
[30] La costituzione cristiana…, cit., p. 91.
[31] La costituzione cristiana…, cit., p. 106.
[32] D. Composta – D. Castellano, Questione cattolica e questione democristiana, Padova, Cedam,
1987.
[33] Cfr. C. Fabro, La svolta antropocentrica di Karl Rahner, Milano, Rusconi, 1974; Id., L’avventura
della teologia progressista, Milano, Rusconi, 1974.
[34] J. Guerra Campos, La Iglesia y la comunidad polìtica, XIV centenario del III Concilio di Toledo,
1989
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