Relazione

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Convegno “La Cooperazione Territoriale Europea 2007-2013”
14 e 15 maggio 2007
Relazione
“La politica di coesione economica e sociale dell’Unione Europea”
Prof.ssa Bianca Maria Farina
Per comprendere meglio il ruolo della cooperazione territoriale nel
contesto del processo di riduzione del divario di sviluppo tra le regioni europee,
è necessario soffermarsi brevemente sulle origini e sull’evoluzione della politica
di coesione economica e sociale, politica che, in occasione della conclusione del
Trattato di Roma (1957), non era stata inserita nell’ambito delle competenze
comunitarie.
Nella versione originaria il Trattato istitutivo, all’art. 2, precisava
esclusivamente che tra i compiti della Comunità rientrava la promozione –
mediante l’instaurazione di un Mercato comune – del graduale ravvicinamento
delle politiche economiche degli Stati membri, nonché il miglioramento, sempre
più rapido, del tenore di vita.
Il raggiungimento di tali obiettivi è stato reso possibile, a livello
comunitario, grazie al progressivo consolidamento di forme di “solidarietà
concreta”, consistenti in aiuti alla regioni in difficoltà, finalizzati a favorire il
graduale superamento del proprio svantaggio. Si è trattato e si tratta di aiuti, per
così dire, “visibili”, che si concretizzano in interventi realizzati in settori quali
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l’ambiente, le infrastrutture e la competitività delle imprese, che permettono ai
cittadini di vivere meglio nella regione di appartenenza.
Solo con l’Atto Unico Europeo (1986) la politica di coesione ha ottenuto
un formale riconoscimento (art. 23, Titolo V, oggi art. 158, Titolo XVII) ed è
stata prevista una radicale riforma del funzionamento dei Fondi a finalità
strutturale, diretta a razionalizzarne le missioni rispetto agli obiettivi della
coesione, oltre che a potenziarne l’impegno finanziario1.
Il riesame del sistema operativo dei Fondi strutturali esistenti – basato fino
a quel momento su meccanismi di funzionamento non sempre efficaci – è
sfociato nell’adozione del Regolamento Quadro n. 2052 del 1988, che ha posto
le basi della prima riforma dei Fondi strutturali.
Con l’adozione dell’Atto Unico Europeo si è cercato, così, di colmare
l’originaria lacuna del Trattato istitutivo, impegnando la Comunità a sostenere lo
sforzo di adeguamento delle economie regionali in ritardo strutturale, per
renderle pienamente integrate nello spazio europeo. In tal modo, sono state poste
le fondamenta di quella partnership trilaterale (Commissione – Stato membro –
Regioni), che ha rappresentato una delle sostanziali innovazioni introdotte con la
riforma del 1988 e che ha assunto rilievo non soltanto procedurale.
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Per quanto concerne i Fondi strutturali, a quelli già previsti a Roma (Fondo Sociale Europeo = FSE e
Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia = FEOGA) si era aggiunto, nel 1975, il Fondo Europeo di
Sviluppo Regionale (FESR), destinato alla correzione degli squilibri esistenti tra le regioni dell’area comunitaria,
attraverso un particolare sostegno allo sviluppo delle infrastrutture, nonché al recupero delle aree industriali in
declino e dei quartieri urbani degradati.
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Con tale riforma, infatti, sono stati specificati i principi guida della
politica di coesione: la Partnership, la Programmazione, la Concentrazione e
l’Addizionalità.
A) La Partnership consiste nel coinvolgimento, in fase di selezione ed
attuazione dei progetti, di tutte le autorità pubbliche (incluse quelle
locali), dei soggetti del settore privato ed in generale della società civile;
B) La Programmazione consiste nel processo di pianificazione delle spese
su base pluriennale, al fine di ottimizzare i risultati.
C) La Concentrazione consiste nell’orientare il sostegno finanziario verso
obiettivi prioritari.
D) L’Addizionalità consiste nella integrazione delle risorse nazionali con i
fondi richiesti a fini strutturali, che non andranno mai a sostituirsi ad
esse. Tale principio ha consentito, in particolare, il superamento
dell’assistenzialismo finanziario dei primi anni di vita della Comunità.
Malgrado le affermazioni di principio, i Fondi strutturali hanno, ben presto,
dimostrato di non riuscire ad adattarsi al sistema programmatorio previsto dalla
riforma del 1988. Tale mancato adattamento è dipeso dalle difficoltà delle
regioni, da un lato, di approntare una strategia pluriennale in tempi contenuti e
dall’altro, di individuare progetti eleggibili. A difficoltà di questo tipo si è
aggiunta l’attuazione di un sistema errato di previsione finanziaria, che ha fatto
emergere la necessità di perfezionare il meccanismo di funzionamento dei Fondi
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strutturali, al fine di consentire il consolidamento dei principi guida della
coesione.
Con il Trattato di Maastricht (1992) è stata così attuata una revisione della
riforma e si è cominciato a considerare in modo diverso la problematica dello
sviluppo delle regioni, alla luce del nuovo assetto territoriale dell’Unione
Europea.
La revisione della riforma ha preso corpo nel 1993, quando, al fine di evitare
la costruzione di un’Europa “a più velocità” e contrastare la tendenza alla
“perifericità”, che caratterizzava alcune aree meno favorite, la Commissione ha
promosso l’elaborazione dei Programmi di iniziativa comunitaria (cc.dd. PIC)2,
nei settori maggiormente innovativi per il futuro sviluppo delle politiche
comunitarie.
Nonostante i successi registrati a seguito della revisione della riforma, ha
cominciato a delinearsi in ambito comunitario una nuova emergenza, quella
legata all’allargamento.
Tale emergenza ha portato, nel 1997, all’adozione di Agenda 2000, pacchetto
di riforme destinato a preparare l’Unione Europea alla grande sfida
dell’allargamento ai Paesi dell’Europa centro-orientale (PECO). Il baricentro
della politica di coesione andava spostandosi ad est, verso i Paesi PECO, con un
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I PIC, avviati nel 1989, sono stati mantenuti in via sperimentale fino al 1993. Per il periodo 1994-1999, ne sono
stati previsti 13.
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PIL inferiore al 40% della media comunitaria, che avrebbero assorbito le risorse
finanziarie dell’Unione Europea.
Con Agenda 2000 si è rafforzata la concentrazione delle risorse finanziarie in
un numero limitato di obiettivi; è stato introdotto il phasing-out, ossia un
sostegno a carattere transitorio alle aree uscite dall’obiettivo 1; è stato limitato a
quattro il numero delle iniziative comunitarie.
Gli obiettivi prioritari sono stati ridotti a tre: 1. sostegno alle aree in ritardo di
sviluppo, nonché alle regioni ultraperiferiche e a quelle settentrionali a bassa
densità di popolazione; 2. sostegno a quelle aree in difficoltà strutturale, che
necessitano di interventi di riconversione socio-economica; 3. sostegno, per le
regioni non toccate dall’obiettivo 1, all’adeguamento e all’ammodernamento
delle politiche e dei sistemi di istruzione e formazione, in un’ottica di sviluppo
delle risorse umane.
Se con Agenda 2000 alla politica di coesione è stato affidato il compito di
preparare l’allargamento, con la nuova programmazione 2007/2013 le viene
invece assegnato il ruolo principale di sostegno alla crescita dopo
l’allargamento. Tale politica si conferma quale pilastro della costruzione
europea, assieme al Mercato Unico e all’Unione Economica e Monetaria
(UEM).
I regolamenti relativi alle disposizioni generali dei Fondi strutturali, per il
periodo 2007/2013, sono stati adottati nel luglio 2006. Da tale normativa
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emergono una serie di innovazioni: viene semplificata la struttura dei programmi
e dei relativi processi attuativi, attraverso l’eliminazione delle misure; sono
abbandonati i PIC e le azioni innovative, quali la sperimentazione di progetti
pilota elaborati dagli Stati membri, enti locali ed attori privati, a seguito di inviti
a presentare proposte della Commissione (art. 22 del Regolamento generale n.
1260/99). A tali innovazioni si aggiungono la riconferma del meccanismo del
phasing-out, il rafforzamento della governance multilivello e l’aumento della
concentrazione finanziaria, anche attraverso la riduzione del numero dei Fondi
strutturali. Sono confermati, in particolare, il FSE, il FESR, il Fondo di coesione
ed il Fondo di Solidarietà dell’Unione Europea (FSUE, istituito nel 2002),
mentre sono stralciati il FEOGA e lo Strumento Finanziario di Orientamento
della Pesca (SFOP).
La nuova programmazione prevede, inoltre, l’introduzione di ulteriori
strumenti finanziari, quali: a) il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale
(FEASR); b) il Fondo Europeo per la Pesca (FEP); c) lo Strumento di Assistenza
e Preadesione (IPA); d) lo Strumento Europeo di Vicinato e Partenariato
(EMPI).
Gli obiettivi previsti dalla programmazione 2007/2013 sono:
1. CONVERGENZA: consiste nel sostenere la crescita delle regioni meno
sviluppate, ossia di quelle regioni con un PIL inferiore al 75% della
media comunitaria. Continueranno a beneficiare degli aiuti, a titolo di
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tale obiettivo, anche le regioni dei 15, che ancora non hanno completato
il processo di convergenza, ma che avrebbero rischiato di uscire
dall’obiettivo stesso a seguito dell’allargamento. Con quest’ultimo,
infatti, si è registrata una riduzione del PIL medio pro-capite del 12,5%.
2. COMPETITIVITA’
REGIONALE
ED
OCCUPAZIONE:
intende
favorire la crescita e l’attrattività delle regioni, al di fuori di quelle in
ritardo di sviluppo, attraverso interventi rivolti alla competitività e
all’occupazione, anticipando il cambiamento socio-economico.
3. COOPERAZIONE TERRITORIALE EUROPEA: è imperniata sulla
valorizzazione dell’esperienza INTERREG, attraverso il rafforzamento
della cooperazione transfrontaliera, con iniziative congiunte locali e
regionali; transnazionale, con azioni volte allo sviluppo integrato del
territorio ed infine interregionale, con lo scambio di buone prassi.
Tale ultimo obiettivo, sebbene goda di minori risorse finanziarie, ha una
grande importanza politica, non solo per la maggiore rilevanza conferita alla
dimensione territoriale della politica di coesione, ma anche perché, per gli
interventi realizzati nel quadro dell’obiettivo stesso (sezione transfrontaliera), si
prevede una stretta integrazione con quelli finanziati nell’ambito della politica di
prossimità (o anche di vicinato). Si tratta, infatti, di un obiettivo che contiene
margini di integrazione sinergica con i nuovi strumenti IPA ed EMPI, che
coinvolgono anche i Balcani e quindi sono di grande importanza per le regioni
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adriatiche. In particolare, l’IPA è applicabile ai Paesi terzi che hanno lo status di
“candidati” (Turchia, Croazia, Repubblica Macedone) o sono “potenzialmente
candidati” (Area dei Balcani occidentali e Albania), mentre l’EMPI riguarda il
partenariato con la Russia, gli Stati dell’Area caucasica e quelli del Bacino del
Mediterraneo.
Per i programmi di cooperazione, infine, è stata istituita, nel luglio 2006
(Regolamento n. 1082), una “Struttura di gestione” (GECT) finalizzata al
rafforzamento della coesione economica e sociale.
Da quanto detto, emerge come la rinnovata programmazione risulta
perfettamente in linea con le nuove priorità assegnate alla politica di coesione
economica e sociale dal Trattato Costituzione che, all’art. 116 della Parte III,
precisa che per promuovere lo sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione
Europea è necessario rafforzare la coesione economica, sociale ma soprattutto
territoriale, che ha un ruolo chiave nel processo di riduzione del divario di
sviluppo tra le regioni europee.
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Bibliografia
 COM (2001) 24 def., Comunicazione della Commissione, Unità
dell’Europa, solidarietà dei popoli, diversità dei territori – Seconda
relazione sulla coesione economica e sociale;
 COM (2003) 34 def., Comunicazione della Commissione – Seconda
relazione sulla coesione economica e sociale;
 COM (2003) 46 def., Comunicazione della Commissione – Prima
relazione intermedia sulla coesione economica e sociale;
 COM (2003) 690 def., Comunicazione della Commissione, dell’11
novembre 2003, Un’iniziativa europea per la crescita: investire nelle reti
e nella conoscenza per la crescita e l’occupazione – relazione finale al
Consiglio europeo;
 COM (2004) 107 def., Comunicazione della Commissione – Terza
relazione sulla coesione economica e sociale;
 COM (2004) 373 def., Comunicazione della Commissione, del 12
maggio 2004, Politica europea di prossimità – Documento di strategia;
 COM (2005) 24 def., Comunicazione del presidente Barroso con
l’accordo del vicepresidente Verheugen al Consiglio europeo di
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primavera, del 2 febbraio 2005, Lavoriamo insieme per la crescita e
l’occupazione. Un nuovo slancio per la strategia di Lisbona;
 COM (2005) 299 def., Comunicazione della Commissione, del 5 luglio
2005, Una politica di coesione per sostenere la crescita e l’occupazione:
orientamenti strategici comunitari 2007/2013;
 COM (2005) 330 def., Comunicazione della Commissione, del 20 luglio
2005, Azioni comuni per la crescita e l’occupazione: il programma
comunitario di Lisbona;
 COM (2006) 30 def., Comunicazione della Commissione, del 25
gennaio 2006, al Consiglio europeo di primavera, Innestare una marcia
superiore: il nuovo partenariato per la crescita e l’occupazione:
 Regolamento 1081/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5
luglio 2006, sul Fondo Sociale Europeo e recante abrogazione del
Regolamento (CE) n. 1784/1999, in GU L del 31 luglio 2006;
 Regolamento 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5
luglio 2006, sul Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT),
in GU L del 31 luglio 2006;
 Regolamento 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, sul Fondo
Europeo di Sviluppo Regionale, sul Fondo Sociale Europeo e sul Fondo
di Coesione e recante abrogazione del Regolamento (CE) n. 1260/1999,
in GU L del 31 luglio 2006;
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 Regolamento 1085/2006 del Consiglio, del 17 luglio 2006, che istituisce
uno strumento di assistenza preadesione (IPA), in GU L 210 del 31
luglio 2006;
 Decisione 2006/702 del Consiglio, del 6 ottobre 2006, sugli
orientamenti strategici comunitari in materia di coesione, in GU L 291
del 21 ottobre 2006;
 Regolamento 1638/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24
ottobre 2006, recante disposizioni generali che istituiscono uno
strumento europeo di vicinato e partenariato;
 Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del
30 novembre 2006, sugli aiuti di preadesione (Phare, ISPA, SAPARD)
nel 2005;
 B. M. FARINA, Esclusione e coesione: strategie di politica sociale in
Europa, Napoli, La Città del Sole, 2004.
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