Ufficio Stampa
Accademia Europea Villa Bossi - Progetto NEUMA
Giorni Dispari Teatro - Scuola Teatro Varese
Comunicato stampa del 11/05/2017
Al Teatro Libero di Milano, RED CARPET Teatro porta in scena il Don
Giovanni di José Saramago.
Il dissoluto Don Giovanni viene assolto, da Saramago, dalla contemporaneità. Perché? Un
Don Giovanni nuovo, il cui delirio di protagonismo social lascia sullo sfondo la denuncia di
una crisi pandemica e collettiva, ma che finisce comunque col riguardare ognuno in modo
individuale.
Il testo
Il testo di Saramago (scritto nel 2005) propone una riflessione alternativa, direi rivoluzionaria,
rispetto alla figura di Don Giovanni. In tutte le opere precedenti, sia di carattere lirico che
drammatico, questo personaggio è stato rappresentato nelle azioni e delineato nella psicologia, più
o meno, seguendo la linea narrativa inaugurata dalla prima idea di Tirso de Molina.
La vicenda di Don Giovanni è, nei testi che lo raccontano da sempre, la storia di un uomo
dissoluto, dentro e fuori, e il giudizio finale degli autori, della società rappresentata (e quindi del
pubblico) sulle sue “nefandezze” prevede un’ inevitabile punizione esemplare: una sorta di
purificazione attraverso le fiamme dell’Inferno.
“Avevo sempre pensato che Don Giovanni non poteva essere tanto cattivo come nel tempo lo
avevano dipinto, né Donna Anna e Donna Elvira delle creature tanto innocenti, per non parlare
del Commendatore, puro ritratto di onore sociale offeso, né di un Don Ottavio che a stento riesce
dissimulare la vigliaccheria …” così scrive Saramago.
Ho scelto di leggere e analizzare il “perché di un uomo” secondo il punto di vista di un altro uomo,
cercando di interpretarlo attraverso la sensibilità di una donna. Tentare di comprendere le
motivazioni era indispensabile. Saramago fa dire a Don Giovanni (mentre parla con Donna Elvira
per dirle di andarsene e di lasciarlo finalmente in pace) una battuta illuminante. Riporto lo stralcio
di dialogo:
Donna Elvira: “Crudele! Ti ha partorita una fiera, non una donna tra le donne”
Don Giovanni: “Magari sarà per questo che le cerco tanto.”
Il dramma di Don Giovanni è tutto lì: nel bisogno di essere amato. Amato davvero.
Non ricercato e usato come oggetto di piacere o di evasione, cosa che le altre donne del dramma
dimostrano di aver fatto.
L’epopea di Don Giovanni non è altro che una ricerca di amore, una smania continua, ossessiva e
distruttiva. Fino alla morte. Fino all’Inferno.
Eppure l’Inferno vero, credo voglia dire Saramago, è “la consapevolezza di non essere amati nel
momento in cui non desideriamo altro che questo”.
E l’intimazione di un pentimento salvifico suona come una beffa dopo l’inganno.
Il Don Giovanni mozartiano va all’Inferno sprezzante del pericolo perché si è convinto che niente
potrà fargli più male del “non amore” sperimentato nella sua vita.
Questo nuovo punto di vista su un personaggio tanto controverso e indagato compare in un
momento nodale della storia (l’inizio di un nuovo secolo) che corrisponde spesso a un punto di
svolta della società (come peraltro accadde agli inizi del 1900 con la crisi dell’uomo moderno,
evento che portò alla necessità di ripensare l’uomo sotto tanti punti di vista).
Il periodo storico di inizio duemila ha corrisposto, e corrisponde, a un momento di blocco, di
stagnazione generale nella storia dell’umanità, soprattutto, per ciò che riguarda le relazioni
interpersonali.
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Siamo in presenza di problemi sempre più irrisolti di incomunicabilità tra le persone, e di gestione
malata di vari surrogati di comunicazione, dobbiamo fare i conti, sempre più con l’incapacità di
intraprendere percorsi relazionali sani e costruttivi.
Tutto ciò ha incrementato un disagio sociale sempre più endemico e letale.
Da qui si articolano i temi prevalenti dell’opera, in capo a tutti la solitudine esistenziale che deriva,
appunto, dalla difficoltà di entrare in relazione con gli altri; il bisogno di una giustizia vera, che
possa risanare ferite profonde e antiche come il mondo.
Saramago vede, alla base di tutto ciò, una sostanziale mancanza di amore tra le persone, di
compassione e accoglienza sincera, e il non soddisfatto bisogno di relazioni vere e profonde
genera una radicata e pandemica incapacità a comunicare l’essenza di noi stessi.
Siamo diventati a pieno titolo “la società dello spettacolo” teorizzata profeticamente da Guy Debord
nel 1967.
Negli ultimi anni, siamo stati (e ci siamo) abituati alla “superficialità”, alla “disumanità”, alla
meccanizzazione e elettronificazione della nostra esistenza, abbiamo investito questi “vizi sociali”
del ruolo di necessità imprescindibili e, nel contempo, ci siamo accontentati, “umanamente”
parlando, di dare niente e niente ricevere.
Abbiamo svuotato di senso il contatto umano, patito queste carenze di scambi energetici positivi e
siamo precipitati da un crescente disagio umano e sociale a un ossessivo bisogno di contatto
attraverso i social network.
L’imperante esposizione pubblica della propria immagine attraverso sistemi “virtuali” sembra
raccontare un incontrollato bisogno di riconoscimento di se stessi ( sia attraverso i
propri occhi che attraverso gli occhi virtuali degli altri) e il rattristante aumento di ricorso a
psicologi, psichiatri e psicofarmaci, oramai a tutte le età, sembra suggerire che forse abbiamo
semplicemente smarrito la strada.
Senza dimenticare la crisi spirituale che investe buona parte della società occidentale e la
apparente inadeguatezza dei modelli religiosi di sempre.
Saramago dice tutto ciò attraverso la storia del suo protagonista, un personaggio ormai divenuto
una figura archetipica: Don Giovanni è un vero e proprio mito nell’immaginario collettivo, secondo
l’accezione più filologica, esattamente come lo sono Medea, Antigone, Edipo , Don Chisciotte,
Romeo e Giulietta e ormai anche Marilyn Monroe.
L’idea che da’ origine al testo di Saramago è una ripresa del libretto di Da Ponte, prevede gli
stessi personaggi, le stesse situazioni iniziali.
Eppure l’autore ha voluto scrivere un finale alternativo a quello mozartiano, partendo
precisamente dal momento successivo alla visione della tomba del Commendatore, nel cimitero
dove Don Giovanni si reca, restituendoci una visione alternativa all’idea di “dannazione a tutti i
costi”.
Lo spettacolo
Giovanni ha scelto di ritirarsi dal mondo e vive un’ esistenza di solitudine e di oscurità, rintanato in
un piccolo teatro abbandonato e dismesso.
Vive da derelitto, da miserabile, in una volontaria reclusione e incuria che lo hanno portato a uno
stato di malessere fisico e psicologico irrecuperabile. Alla malattia che annuncia una morte
prossima.
Nel suo microcosmo di isolamento e silenzio sopravvive in lui un’unica certezza: essere lui Don
Giovanni.
Circondato di libri, di cd, di immagini d’arte e di sogni svaniti in niente, nella sua mente si reitera
incessantemente la vicenda del grande amatore, mentre si lascia tormentare e allietare dalla
musica di Mozart , che ascolta in continuazione attraverso un riproduttore di musica recuperato
chissà dove.
Un gruppo di amici, cerca di accompagnare (e alleviare) questa sua tormentata convinzione
prestandosi a recitare i personaggi dell’opera mozartiana.
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Il gioco teatrale permette tutto: scambi di ruoli, confusione di corpi e di generi, alterazione continua
della verità.
Le situazioni, i livelli di consapevolezza e la girandola di vicende umane e teatrali si incrociano, si
stratificano, e si confondono continuamente fino a quando il meccanismo del gioco si rompe
improvvisamente.
Perché la vita gioca con noi, ma noi non possiamo giocare con lei.
E perché, in fondo chi sia Giovanni e chi Don Giovanni nessuno lo sa.
Nemmeno lui, nemmeno gli altri personaggi della storia.
Di lui sappiamo solo che è diventato uno stereotipo, un mito, un ideale, una malattia.
Ecco perché potremmo provare a pensarlo, semplicemente, un uomo.
Una vittima di se stesso, o di chi gli ruota attorno, di chi si aspetta sempre qualcosa da lui: una
passione sfrenata, un assalto amoroso, uno stupro, un delitto, una sentenza cinica e supponente,
un pentimento.
Saramago ha dato a Don Giovanni un corpo, un cuore, una dignità umana
Allora proviamo, guidati da lui, a ripensarlo così.
A credere che dietro un falso mito, decadente e decaduto, non resti altro che un uomo desideroso
di amare e di essere amato.
In fondo non così diverso o lontano da tutti noi
L’amore negato genera i mostri dell’anima.
Don Giovanni, uomo non amato, non è in grado di amare.
Forse vorrebbe ma non può.
Non può generare l’amore di cui non è stato fecondato.
E chi può fecondare un uomo con l’amore se non una donna che ama?
E chi può dire che Don Giovanni, in realtà, non fosse una donna che, stanca del suo essere
donna, del suo sentirsi “solo” una donna, sceglie di fingersi uomo per tormentare e punire gli
uomini che non l’hanno amata?
Lo spettacolo vede in scena attori e attrici che interpretano personaggi di sesso opposto.
Nel gioco, voluto, dei ruoli e delle parti, in una caleidoscopica e stratificata confusione delle storie
che trasversalmente si attraversano,
si sfiorano e si amplificano attraverso le parole dei personaggi, tra le tante "confusioni in corso" la
più evidente è quella sessuale.
In una società in cui si stanno sgretolando i ruoli sessuali "tradizionali", in cui i tentativi di scambi,
inversioni e di sovrapposizioni in questo senso stanno aumentando a dismisura, gli attori e i
personaggi di questo Don Giovanni si mettono alla prova sul chi è maschio e chi è
femmina...dentro o fuori.
La sperimentazione "a girandola" di generi diventa la sperimentazione di una umanità che, citando
la lectio magistralis di Saramago, ha "spento la luce".
E vive una "cecità" pandemica e prolungata che porta a battere gli uni contro gli altri.
A sbattere, soprattutto contro noi stessi, in una insensata (e tragicomica) corsa verso l'
"assoluzione".
Che non diventa mai "salvezza".
Serena Nardi
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Da Lunedì 15 a Domenica 21 Maggio 2017
Teatro Libero – via Savona 10, Milano
DON GIOVANNI OVVERO IL DISSOLUTO ASSOLTO
DI JOSÈ SARAMAGO
Una produzione RED CARPET Teatro
Regia di Serena Nardi
Con Monica Faggiani, Sarah Collu, Andrea Tibaldi, Serena Nardi e Silvia De Lorenzi
Informazioni
02 8323126 - [email protected]
www.teatrolibero.it
Per ulteriori informazioni
si prega di contattare direttamente la regista dello spettacolo, Serena Nardi: 339 8870121
La stagione completa
RED CARPET Teatro ‘16-’17 è in scena al Teatro Santuccio, al Teatro Nuovo, a Villa Bossi e al Teatro
Libero di Milano.
A questo link la stagione completa: http://www.accademiavillabossi.com/it/concerti/red-carpettheatre-16-17/
RED CARPET Teatro
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Chi siamo
RED CARPET Teatro è il progetto di produzione teatrale ideato da Giorni Dispari Teatro insieme ad
Accademia Europea Villa Bossi. Dal 2014 la stagione RED CARPET produce e propone i suoi
spettacoli nell’omonima stagione che ha sede al Teatro Santuccio di Varese. Dal 2016 RED CARPET
è anche compagnia residente al Teatro Libero di Milano. La direzione di RED CARPET Teatro è
costituita da Serena Nardi, Sarah Collu e Vittorio Bizzi.
La Compagnia Giorni Dispari Teatro nasce nel 2002, è costituita dalla sua fondatrice Serena Nardi
e si avvale di volta in volta della collaborazione di attori e registi provenienti da esperienze
formative e professionali diverse.
Giorni Dispari Teatro è anche Scuola di Teatro. Con i suoi 100 allievi all’anno, tra bambini, ragazzi e
adulti, è la principale scuola di teatro di Varese. Oltre alla sede varesina, presso il Teatro Santuccio,
ha diverse sedi nel Varesotto. Giorni Dispari Teatro propone corsi differenziati con docenti
altamente specializzati, sottolineando l’importanza della “formazione” come primo e
indispensabile gradino per giungere alla “qualità” di ogni forma di prodotto artistico e creativo. E’
negli intendi della scuola che il percorso teatrale sia vissuto come un’opportunità di crescita che
ciascuno, secondo modi e tempi propri, potrà applicare in ogni ambito della vita individuale e
sociale.
www.teatrogiornidispari.it
L'Accademia Europea Villa Bossi, con sede nell’omonima dimora storica, sul lago di Varese, è
un’istituzione innovativa che si propone di completare la formazione dei giovani musicisti che
vogliono iniziare la carriera concertistica. L’Accademia offre agli studenti la possibilità di incontrare
alcuni fra i più importanti artisti e docenti del nostro tempo e di conoscere un grande numero di
strumenti storici. L’Accademia collabora con alcuni tra i maggiori conservatori d’Europa ed è
leader del progetto NEUMA, che seleziona i migliori studenti di questi importanti istituti,
perfeziona il loro livello interpretativo e li porta a suonare in una grande rete di stagioni musicali.
www.accademiavillabossi.com
Serena Nardi, drammaturga e regista oltre che attrice, ha ampliato la sua preparazione con un
master in regia lirica, ha lavorato al Teatro la Fenice di Venezia in affiancamento al direttore
artistico Bepi Morassi e partecipa come aiuto regista del maestro Zeffirelli alla messa in scena di
Turandot all'interno dell'Arena Opera Festival estate 2016. Sta inoltre lavorando alla stesura di un
testo su Frida Kahlo, che debutterà a ottobre 2016 al teatro Libero di Milano. E’, oltre che attrice,
insegnante, regista e drammaturga attiva su Varese, Milano e nella Svizzera Italiana.
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Sarah Collu, diplomata come Serena all'Accademia Filodrammatici di Milano, lavora stabilmente
come attrice e come docente per Giorni Dispari. Studia recitazione cinematografica con Stefania
De Santis e Simone Gandolfo, approfondisce la sua preparazione con lo studio del canto e
partecipando a seminari con registi e maestri del panorama italiano e internazionale, e gestisce a
sua volta corsi per amatori e professionisti. Organizza un programma di Team Building teatrali per
aziende e gruppi di lavoro. E’ attrice attiva in ambito teatrale e cinematografico, oltre che speker ,
doppiatrice e insegnante.
Vittorio Bizzi ha studiato regia teatrale con Corrado D'Elia e Serena Nardi tra gli altri, e regia
cinematografica con Marco Bellocchio. È regista teatrale, video maker (Secondo Premio Milano in
48 ore), drammaturgo e sceneggiatore. Attivo in ambito teatrale da dieci anni, nei quali ha anche
gestito per quattro anni un workshop permanente di didattica teatrale, oggi dirige l'Accademia
Europea Villa Bossi. Nel 2016 parteciperà allo spettacolo “Frida K” con un lavoro video girato in
Messico, sarà gli attori di “Don Giovanni” di J. Saramago e metterà in scena il proprio testo
"Ludovico Secondo Ludovico", ispirato a Ludovico II di Baviera.
Dall'incontro tra Serena, Sarah e Vittorio, tra la realtà formativa di Giorni Dispari Teatro e quella di
Accademia Europea Villa Bossi, è nato RED CARPET Teatro, che anno dopo anno si afferma
sempre sia a Varese (nella primo anno di attività sono stati prodotti 12 spettacoli) che fuori dal
proprio territorio di origine. I suoi spettacoli per ragazzi e adulti hanno lo scopo primario di
mettere in luce le diverse sfaccettature dell’animo umano e mostrarne la bellezza fornendo punti
di vista nuovi e inusuali. La compagnia collabora attivamente con diverse realtà teatrali varesine,
svizzere e milanesi (Sanpapiè, Andrea Tibaldi, Renato Sarti, Carrozzerie Orfeo, ATIR, MAT Lugano,
Mirko D'Urso, ATROPO produzioni) oltre che con drammaturghi e attori romani (Chiara Spoletini e
Simone Gandolfo tra gli altri).
L’apparato produttivo di RED CARPET Teatro coinvolge per vocazione, insieme ai propri attori,
artisti di diverse provenienze, con particolare attenzione ai giovani: gli allievi attori della scuola con
una più solida formazione, artisti provenienti da compagnie diverse, giovani drammaturghi e
compositori, i giovani musicisti dell’Accademia Europea Villa Bossi, artisti di grande fama.
Dall'autunno 2016 la compagnia è nella rosa delle compagnie residenti del Teatro Libero di
Milano, e partecipa alla stagione con due nuove produzioni, collaborando attivamente al progetto
TLLT.
Per offrire ai propri attori e ad artisti esterni un perfezionamento di primissimo livello, RED
CARPET Teatro ha creato, sull’esempio dell’Accademia Europea Villa Bossi, l’Accademia Red
Carpet, che organizza master class con maestri del calibro di Michele Bottini, Renato Sarti, Simone
Gandolfo, Lara Guidetti, Elisabetta Pozzi, Gabriele Di Luca.
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Deviazioni. Questa può essere la parola per definire, al volo, la poetica di questi primi anni di
lavoro: portare sul palco storie di anime allo sbando, anime che deviano in qualche modo dai
percorsi canonici, prestabiliti, da quelli considerati "normali". Anime inquiete, fragili, spesso
incomprese o fraintese, che a volte vagano senza posa alla ricerca di qualcosa che le salvi, le calmi,
le accolga. Persone, vite, portate su un palco che è luogo di infinite possibilità espressive, eco per
le voci che hanno bisogno di farsi sentire, e per la diversità, che consideriamo una splendida
ricchezza. Il teatro come punto di incontro per tante storie che, messe in scena, diventano
straordinarie casse di risonanza capaci di stimolare dialogo, il cambiamento, la crescita, il pensiero.
Un teatro che guardi dietro, di lato, non solo e semplicemente di fronte. Un teatro “da dentro”:
dentro di noi, dentro il testo e i personaggi, dentro il pubblico ci auguriamo.
Contatti
RED CARPET Teatro
[email protected]
Serena Nardi: +39 339 8870121
Sarah Collu: +39 347 7456918
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