Ludwig van Beethoven

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Sebastiano Lava
Ludwig van Beethoven
1. INTRODUZIONE
Beethoven nacque a Bonn nel 1770 da una famiglia di musicisti che aveva difficoltà economiche, giacché il
padre di Ludwig, Johann, era alcolizzato. Famiglia di musicisti, dicevo: il nonno di Ludwig van Beethoven,
Ludwig (pure lui si chiamava così), fu forse il primo musicista della famiglia. Egli lasciò la terra d’origine,
ovvero le campagne fiamminghe, per recarsi a Bonn e stabilirvisi in qualità di strumentista della cappella
arcivescovile. Il padre di Ludwig, Johann, fu stipendiato come tenore nella stessa cappella. Johann ebbe
problemi e disordini psicologici, oltre che ristrettezze economiche, e –come anticipato- finì alcolizzato,
morendo nel 1792.
Nello stesso anno 1792 Beethoven si trasferì a Vienna, dove morì nel 1827.
La biografia di Beethoven verrà riportata più tardi.
Beethoven è uno dei compositori e dei musicisti più importanti della storia della musica occidentale. Questo
poiché egli fece da tramite tra il Classicismo (circa 1750-1800) e il Romanticismo (diciannovesimo secolo)
musicali, esattamente come Josquin des Prez lo fu tra il Medioevo e l’età moderna (il Rinascimento in
musica), Monteverdi tra il Rinascimento e il Barocco, Händel tra il Barocco e il Classicismo. Con questi
compositori Beethoven condivide il fatto di avere al contempo portato all’apice, alla perfezione lo stile
precedente e dato vita e il via ad un nuovo movimento stilistico, ponendone le basi musicali (quelle teoriche
arrivano spesso dall’esterno, sovente da personaggi non musicisti, quali per esempio letterati e filosofi).
Per questo motivo conoscere almeno in parte Ludwig van Beethoven, ed in particolar modo la sua opera, è
importante per chiunque voglia avere qualche conoscenza musicale, perlomeno della musica successiva al
periodo in cui Beethoven visse, poiché tutta la musica successiva (e non solo quella “classica”, o “colta”) ne
è rimasta influenzata.
La conoscenza della biografia di un compositore, in quest’ottica, è un elemento di secondaria importanza.
Poiché però conoscere qualche aneddoto può essere divertente, riporto anche una piccola nota biografica di
Beethoven, che può però benissimo essere trascurata dal lettore.
2. BIOGRAFIA
Ludwig van Beethoven fu battezzato il 17 dicembre 1770 a Bonn. La sua famiglia era originaria del
Brabante, in Belgio. Suo padre era musicista alla Corte di Bonn e, come detto, era un beone. Sua madre è
sempre stata descritta come una donna dolce, modesta e premurosa. Beethoven diceva di lei che era " la sua
migliore amica". La famiglia Beethoven ebbe sette bambini, ma solo tre ragazzi sopravvivettero; Ludwig era
il maggiore dei fratelli.
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Molto presto, Ludwig si interessò alla musica, e suo padre Johann gli diede la prima fondamentale istruzione
musicale, quando ritornava a casa, dopo le prove o dopo essere stato alla taverna. Che il bambino
manifestasse il dono della musica non lasciava nessun dubbio, e suo padre Johann pensò di farne un bambino
prodigio, come fosse un novello Mozart.
Il 26 marzo 1778, all'età di 8 anni, Beethoven si presentò per la sua prima esibizione pubblica conosciuta, a
Colonia. Per la circostanza suo padre dicharò che il giovanetto non aveva che sei anni . A causa di ciò, lo
stesso Beethoven pensò sempre di avere due anni in meno della sua effettiva età; difatti, molti anni più tardi,
quando riceverà a Vienna una copia del suo atto di battesimo, pensò che si trattasse dell' atto di battesimo di
suo fratello Ludwig Maria, nato due anni prima di lui e deceduto in tenera età.
Ma le capacità pedagogiche e musicali del padre erano limitate. Ben presto Ludwig apprenderà la musica, in
modo particolare organo e composizione, grazie a musicisti famosi come Gottlob Neefe. Quest' ultimo,
particolarmente, si renderà conto delle capacità straordinarie di Beethoven. Facendogli conoscere, inoltre,
grandi filosofi, antichi e moderni, Neefe introdurrà il giovane Beethoven allo spirito illuministico moderno.
Solamente nel 1782, a dodici anni, Beethoven pubblicò la sua prima opera: le 9 variazioni, in do minore per
piano, su una marcia di Ernst Christoph Dressler (WoO 63). L' anno seguente, nel 1783 Neefe scrisse, nella "
Rivista della musica" a proposito del suo alunno: " Se continua così, sarà sicuramente un nuovo Mozart ".
Nel giugno 1784, grazie alle raccomandazioni di Neefe, Ludwig è chiamato in qualità di organista, alla corte
di Maximilian Franz, principe elettore di Colonia. Il compositore ha allora 14 anni.
Nella propria famiglia, Ludwig sostituisce finanziariamente suo padre che, spesso ubriaco, è sempre meno
capace di lavorare e di assumere i suoi obblighi finanziari di padre di famiglia. Il giovane Beethoven si
sentirà responsabile dei suoi due fratelli. Egli assumerà questa responsabilità per tutta la sua vita.
Cosciente egli anch' egli della predisposizione alla musica di Beethoven, Principe Maximilian Franz lo
manda a Vienna a sue spese, nel 1787, per incontrare Mozart e rifinire la sua educazione musicale. Per
quanto riguarda l' incontro tra Mozart e Beethoven, esistono solamente dei testi di veridicità incerta. Mozart
avrebbe detto " non dimenticate questo nome, ne sentirete parlare ".
Ma una lettera richiamò Beethoven a Bonn: sua madre è morente. L'unica persona della sua famiglia con la
quale era riuscito a creare dei legami affettuosi si spegne il 17 luglio 1787.
Cinque anni più tardi, nel 1792, Beethoven riparte per Vienna, Non rivedrà mai più la sua città natale.
A Vienna, il giovane musicista prende delle lezioni con Haydn, poi con Albrechtsberger e Salieri. Stupisce e
seduce Vienna per la sua virtuosità e le sue improvvisazioni al pianoforte. Nel 1794, Beethoven compone la
sua opus 1, i tre tri per Pianoforte, violino e violocello. L' anno seguente, Beethoven organizza la sua prima
rappresentazione pubblica a Vienna durante la quale dirige le sue stesse opere.
Gli incontri che Beethoven ha a Vienna sono numerosi. Tutti gli esponenti della vita musicale e
dell'aristocrazia ammirano il giovane compositore. Questi melomani saranno i più grandi mecenati e
sostenitori di Beethoven. Il "Gran Mogol" , come lo definirà Haydn, si arrabbierà regolarmente con gli uni e
gli altri, salvo fare poi autocritica e porgere le scuse a tutti. Il suo talento e la sua bontà d' animo scuseranno
il suo comportamento eccessivo ed impulsivo.
Solo nel 1801 Beethoven confessa ai suoi amici di Bonn il timore di diventare sordo. A Heiligenstadt, nel
1802, redige un testo celebre dove spiega la sua ribellione al dramma che vive: lui, un musicista, sta per
diventare sordo! Ma la musica lo richiama al lavoro, e così Beethoven si immerge nella composizione.
Nascono così alcune opere grandiose. Alcuni teorici ritengono infatti che le ultime sonate per pianoforte
siano così pianistiche (o, meglio, usano una scrittura pianistica così avanzata) proprio perché Beethoven non
sentisse più bene il suono del pianoforte e che egli si immaginasse quindi il suono dei pianoforti futuri (che
rispecchierebbero dunque i desideri beethoveniani), creando dunque delle opere più in avanti degli strumenti
allora effettivamente disponibili.
Beethoven scrive la terza sinfonia in omaggio a un grande uomo, Bonaparte, che Beethoven inizialmente
ammirava molto. Questo perché Napoleone era allora considerato come il liberatore dei popoli, generato
della Rivoluzione francese e quindi portatore di speranza. Quando il Primo Console si dichiarerà Imperatore
però, Beethoven cancellerà rabbiosamente il nome di Bonaparte dalla dedica di questa sinfonia.
La prima interpretazione pubblica della sinfonia Eroica si terrà il 7 aprile 1805, a Vienna.
In questo periodo Beethoven ha pure portato a termine la sua unica opera lirica, Leonore. In seguito la
correggerà e scriverà per essa quattro ouvertures differenti. Il nome dell'opera diventerà allora Fidelio (il
nome con cui noi oggi la conosciamo), contro la volontà del compositorei.
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Negli anni seguenti, l'attività creatrice del compositore è intensa. Compone parecchie sinfonie, fra cui la
Pastorale, la famosa bagatella “Per Elisa” WoO 59 (che Beethoven intitolò semplicemente “Foglio d’album”
e che sembra fu composta per una certa Teresa). In questi anni (primo decennio dell’Ottocento), Beethoven
ha alcuni allievi. Diventa suo allievo anche l’arciduca Rodolfo, fratello dell'imperatore, che diventerà anche
suo amico e di riflesso uno dei suoi protettori.
Nel 1809, Beethoven pensa di lasciare Vienna, seguendo l' invito di Girolamo Bonaparte. La sua amica di
sempre però, la contessa Anna Marie Erdödy, lo trattiene, con l'aiuto dei suoi più fedeli ammiratori:
l’arciduca Rodolfo, il principe Lobkowitz ed il principe Kinsky. Questi ultimi si impegnano a versare a
Beethoven una rendita annua di 4 000 fiorini, permettendogli di vivere senza alcuna costrizione finanziaria.
L'unica condizione è che il compositore non dovrà lasciare Vienna. Beethoven accetta.
È proprio questa rendita che ha fatto di Beethoven il primo compositore indipendente (cfr. pag. 4). Prima di
questo contratto musicisti e compositori erano dei servitori in seno ad una casa di un ricco aristocratico. Con
Beethoven nasce invece una nuova era per la musica: il compositore è libero di scrivere quando vuole, ciò
che vuole, su ordinazione oppure seguendo la propria ispirazione.
Purtroppo, uno dei suoi protettori, il principe Lobkowitz, ebbe verso il 1810 gravi difficoltà finanziarie da un
lato e dall’altro il principe Kinski morì a causa di una caduta da cavallo ed i discendenti tentarono di disfarsi
dell'obbligo finanziario contratto a favore di Beethoven. Egli, molto attaccato alla sua stabilità finanziariaii,
intraprenderà parecchi processi per salvaguardare la sua rendita e di riflesso la propria indipendenza
economica.
Mälzel, l’inventore del metronomo,
incontrò Beethoven e creò per lui diversi
apparecchi acustici: dai cornetti acustici,
ad un sistema di ascolto collegato al
pianoforte.
Beethoven poi annoterà scrupolosamente
il tempo metronomico sulle sue partiture
affinché le sue opere siano interpretate
secondo i suoi precisi desideri.
Nell’esecuzione della Nona sinfonia per
esempio si incontrano numerosi problemi
proprio in riferimento ai tempi
metronomici indicati da Beethoven, che
sono spesso eccessivamente veloci e
richiedono agli orchestrali una tecnica ed
uno studio enormi dando loro in cambio
un risultato musicale comunque
insoddisfacente, in quanto troppo
meccanico e troppo poco sentito, proprio a causa dell’eccessivo temperamento.
Il Congresso di Vienna che si tenne in quella città nel 1815, sarà il momento di massima gloria e
riconoscimenti per Beethoven. Mentre re ed imperatori discutevano sul destino dell' Europa, il compositore
fu invitato a suonare più volte davanti agli uomini più potenti del tempo, e di questo fu fiero per tutta la vita.
Il 15 novembre 1815 morì Kaspar Karl Beethoven, fratello di Ludwig. Lasciò una moglie che il compositore
soprannominerà “regina della notte” , parafrasando Il Flauto magico di Mozart, a causa della scarsa dirittura
morale della vedova, così come un figlio, Karl, di solo 9 anni. Da questo momento la vita di Beethoven
cambiò radicalmente, in quanto suo fratello aveva disposto che la tutela di suo figlio fosse “esercitata
congiuntamente da sua moglie e da Ludwig”. Quest' ultimo prenderà molto sul serio il suo ruolo, ma
Beethoven, celibe quarantacinquenne sordo ed ammalato, trovò problemi insormantabili a capire bene il
bambino. Questo triste periodo condizionerà gli anni seguenti della vita del compositore, sempre alle prese
con problemi giudiziari per la tutela del minore.
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È proprio nel 1815 che si è soliti far cominciare il cosiddetto terzo periodo beethoveniano. Sono anni di
scarsa ma intensa produzione. Sono del terzo periodo la Nona sinfonia, la Missa solemnis, gli ultimi quartetti
per archi e le ultime sonate per pianoforte. In questi anni Beethoven abbozza anche una decima sinfonia.
Nel 1827, ritornando a Vienna su di un carro scoperto, dopo che aveva avuto un’ennesima lite con suo
fratello, Beethoven prese un terribile raffreddore. La malattia complicherà la sua situazione di salute, già
molto precaria. Si spegnerà circondato dai suoi più cari amici il 26 marzo 1827.
La cerimonia funebre si svolse alla chiesa della Santa Trinità. Si stima che tra 10 000 a 30 000 persone si
riunirono per salutare per l’ultima volta Ludwig van Beethoven.
Franz Schubert, timido ammiratore del grande compositore che non ebbe mai il coraggio di avvicinarlo, sarà
uno dei portatori delle fiaccole funebri, assieme a numerosi altri musicisti. Schubert, che morì nel 1828, fu
seppellito vicino a Beethoven.
3. GLI
SCRITTI DI
BEETHOVEN
E LA SUA PERSONALITÀ
Propongo qui una telegrafica lista degli scritti di Beethoven, una breve descrizione del Testamento di
Heiligenstadt, per poi concentrarmi con più calma sugli aspetti della personalità, senz’altro più complessa di
quanto non possa mostrare nei limiti di questo lavoro, di Beethoven.
Abbiamo tre tipologie di documenti: le lettere, i "Quaderni di conversazione"(in cui raccolse pensieri,
appunti riflessioni, domande dei suoi interlocutori), e il "Testamento di Heiligenstadt".
Anche dagli scritti, oltre evidentemente che dalla musica, emergono le caratteristiche romantiche (o
perlomeno pre-romantiche) di Beethoven.
Cominciamo dal “Testamento di Heiligenstadt”. Esso è una sorta di testamento spirituale in cui Beethoven
comunica il suo male interiore (caratteristica questa peculiare del Romanticismo), il suo struggimento per la
sua infelice situazione personale (si pensi all’infanzia difficile, ma anche alle delusioni amorose,
all’isolamento, alla sordità via via crescente). Questo documento storico è usato da molti musicologi per
fissare l’inizio del secondo periodo compositivo del compositore di Bonn. Fra le righe del “Testamento di
Heiligenstadt” possiamo infatti leggere le intenzioni future del musicista.
È con Beethoven che nasce la nuova figura, potremmo dire il nuovo cliché, di musicista, che corrisponde
all’idea romantica che ci si farà dell’artista musico. Se fino al Settecento il musicista di successo era il
diligente dipendente della Cappella locale (cfr. Bach) o il fidato responsabile della musica presso qualche
principe (cfr. Haydn), con Beethoven il ruolo che il compositore è richiamato a coprire cambia radicalmente.
È sì vero che, per certi versi, Mozart ha aperto la strada verso questa rivoluzione, ma il primo compositore di
“nuovo stampo” è indubbiamente Beethoven. Vediamo di chiarire meglio la faccenda. Mozart fu forse il
primo compositore di rilevanza storico-musicale ad acquisire lo status di libero musicista indipendente,
ovvero di compositore-direttore-suonatore che compone opere su commissioni varie, e non più sotto il
patrocinato di un contratto esclusivo con un signore o con un’associazione, quale poteva essere l’organismo
ecclesiastico o municipale nel caso di Bach a Lipsia. Mozart però si doveva ancora preoccupare molto
affinché le sue opere riscuotessero successo e plauso negli stessi ambienti per i quali avevano lavorato (e
stavano ancora lavorando) i suoi predecessori ed i suoi colleghi compositori. Wolfgang Amadeus Mozart
infatti, ebbe frequenti incontri con l’imperatore e i suoi funzionari, e si esibì sovente in presenza
dell’imperatore stesso o di altri nobili, o di membri del cosiddetto alto clero.
Beethoven invece, anche grazie alla sempre maggior diffusione dei concerti pubbliciiii, non fu più dipendente
– a livello economico-professionale – dalla nobiltà, dalle commissioni ecclesiastiche (cattoliche e/o
protestanti) e dalle accademie di musica, ma dal pubblico pagante e dagli editori. L’editoria musicale, che
cominciò a fiorire nel Settecento, ebbe un incremento vertigionoso nel corso del diciannovesimo secolo (che
arrivò, anche grazie all’affermazione del concetto di “repertorio fisso”, a sostituire, in Italia, i teatri d’opera
nel detenere i diritti sulle opere dei musicisti; cfr. Ricordi e Sonzogno). Il fatto che Beethoven ebbe vari
scambi epistolari e “commerciali” con alcuni editori non fa altro che riportare un’ulteriore caratteristica
romantica condivisa (e per certi versi inaugurata) da Beethoven.
Ma torniamo al nostro discorso sulla figura del musicista romantico. Nel Romanticismo il musicista per
antonomasia è un genio incompreso, di incredibile e indicibile acume che nessuno però è in grado di
avvicinare. Ne derivano la delusione, la frustrazione, l’angoscia dell’isolamento e dello struggimento, il
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cosiddetto male del desiderio (Sehnsucht), le difficoltà psicologiche (cfr. certe scenate beethoveniane, o il
tentativo di suicidio di Schumann, verosimilmente da ricondurre anche alla sua malattia alla mano, forse
principale fattore all’origine della sua malattia nervosa).
Beethoven incarna per primo questo nuovo modello di musicista, come attestano alcune sue frasi, come
questa:
“Noi, esseri finiti,
personificazioni di uno spirito infinito,
siamo nati per avere insieme gioie e dolori;
e si potrebbe quasi dire che i migliori di noi raggiungono la gioia attraverso la sofferenza".iv
Il musicista romantico ha poi un nuovo rapporto con il pubblico, che è insieme causa ed effetto di quello che
ho chiamato il nuovo cliché di musicista. Il compositore romantico tende infatti a concepire la sua opera
come un messaggio rivolto a tutta l’umanità (cfr. Nona sinfonia di Beethoven), magari a quella di un lontano
futurov. Ciò favorisce, di riflesso, il sorgere di stili individuali ed azioni anticipatrici del loro tempo storico,
in nome dell’avvenire, proprio come è il caso del terzo periodo beethoveniano.
Il problema è che il musicista romantico crea la propria forma e la impone al pubblico, che a sua volta è poco
disponibile ad accettare qualsiasi cosa non corrisponda al gusto precostituito (ad eccezione dei piccoli ritrovi
di intenditori che cominceranno ad aver luogo nel corso dell’Ottocento e che hanno il loro repertorio di inizio
proprio nei Quartetti del terzo periodo di Beethoven). Da ciò direttamente deriva il fatto che il compositore
proceda in una direzione e il pubblico in un’altra. La figura di musicista incompreso e afflitto viene quindi
alimentata da questa particolare situazione. Situazione che influenza anche la programmazione: se
nell’Ottocento c’è un rinnovato interesse verso la musica del passato (sia da parte dei compositori, che si
rifaranno a determinate forme e modelli cinquecenteschi e seicenteschi, sia da parte del pubblico),
diminuisce – da parte del grande pubblico – la comprensione per la musica contemporanea, ormai apprezzata
solo dai musicisti e dalle persone di una certa cultura musicale. Di conseguenza la musica del passato viene
eseguita e pubblicata sempre più, mentre quella contemporanea fa più fatica a conquistarsi un ruolo di rilievo
nel panorama musicale.
Il compositore “moderno” non è più disposto ad assecondare il gusto dell’ascoltatore medio rinunciando ai
propri desideri e a quanto la propria arte gli suggerisce. D’altro canto il Romanticismo è la sede della grande
rivalutazione della musica in seno alle arti (e fors’anche delle arti per rapporto alla cultura, per cui la musica
ci guadagnerebbe doppiamente). E Beethoven è anticipatore anche di questo processo, come si può vedere da
questa frase (che pure denota la scarsa modestia del compositore): "La musica è una rivelazione più
profonda di ogni saggezza e filosofia...
Chi penetra il senso della mia musica potrà liberarsi dalle miserie in cui si trascinano gli altri uomini."
(Ludwig van Beethoven).
Altra caratteristica romantica di Beethoven è l’amore e l’ammirazione per la natura. L’Ottocento è infatti il
secolo dell’esaltazione delle passioni, ma anche della natura, dell’amore immerso nella natura,
dell’esperienza naturale, e perfino della natura selvaggia, talvolta mostruosa. Senza arrivare a questo
interesse per il grottesco, precipuo del romanticismo e condiviso solo da alcuni compositori ottocenteschi,
Beethoven dimostra un’inclinazione, un’attenzione tutta particolare nei confronti dell’elemento naturale.
Dagli scritti emerge infatti un immenso amore per la natura, quasi in essa trovasse conforto, potendo grazie
ad essa lenire i suoi problemi.
Scrisse alla sua amica Therese Malfatti nel maggio del 1810: "Quanto è fortunata Lei, che è potuta andare in
campagna già così presto. Io non potrò godere tale beatitudine fino al giorno 8. Non c'è nessuno che possa
amare la campagna quanto me. Dai boschi, dagli alberi, dalle rocce sorge l'eco che l'uomo desidera udire."
Nei "Quaderni di conversazione" troviamo: "Onnipotente, nella foresta! Io sono beato, felice: ogni albero
parla attraverso te-O Dio! Che splendore! In una tale regione boscosa, in ogni clima, c'è un incanto-E' come
se in campagna ogni albero mi facesse intendere la sua voce dicendomi: santo, santo!".
Quest’ultima frase attesta anche un importante tratto beethoveniano, l’ultimo che cito in questa sede. Si tratta
dell’elemento religioso, della profonda spiritualità e fede di Beethoven. Beethoven che ci ha donato una
musica di rara profondità e sensibilità, insieme seria e mistica. È possibile che questa caratteristica tipica di
Beethoven sia in parte anche determinata dal profondo senso religioso di Beethoven. Egli, per quanto ci è
dato sapere, era ammiratore di Napoleone nella sua fase umanitaria (ovvero prima del dispotismo
inauguratosi con l’autoincoronazione del 1804), era fervo sostenitore degli ideali rivoluzionari di libertà,
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fraternità e egualità; era inoltre portatore degli ideali liberali (diffusisi proprio a partire dalla fine del
Settecento); era infine animato da un profondo senso religioso, anche se non confessionale, di dedizione e
venerazione (cfr. ultimo movimento della Nona sinfonia “über Sternen muss er wohnen”).
Molto si potrebbe e si dovrebbe ancora aggiungere, ma – come già detto ormai più volte – non è questa la
sede.
4. LE
OPERE
Esistono 138 opere numerate di Beethoven. Queste composizioni possiedono un numero attribuito dal
compositore stesso, detto numero di opera (opus). Ma le composizioni che Beethoven o gli editori dell' epoca
non ritennero degne di fare parte del catalogo generale sono ancora più numerose: Queste ultime sono
identificate con un numero di WoO (Werke ohne Opuszahl ) dal catalogo Kinsky - Halm.
Beethoven scrisse:
· 9 sinfonie
· 32 sonate per pianoforte
· 10 sonate per violino e pianoforte
· 6 sonate per violoncello e pianoforte
· 1 sonata in Sib M per flauto e pianoforte
· 1 sonata in Fa m per corno e pianoforte
· Temi variati (6) op. 105 per pianoforte e flauto (o violino)
· Temi variati (10) op. 107 per pianoforte e flauto (o violino)
· Variazioni in Fa M op. 66
· 3 Trii per archi op. 9
· 1 Serenata per trio d’archi in Re M op. 8
· 7 Trii per pianoforte, violino e violoncello
· 10 Variazioni in Sol M op.121a per pianoforte, violino e violoncello
· 16 Quartetti per archi
· 1 Grande Fuga in Si b M op. 133 per quartetto d’archi
· 1 Trio in Sol M WoO 37, per flauto, fagotto, pianoforte
· 1 Trio in Sib M op. 11, per clarinetto, violoncello, pianoforte
· 1 Serenata in Re M op. 25, per flauto, violino, viola
· 1 Quartetto in Mib M op.16 bis per pianoforte e archi (vedi op.16)
· 1 Quintetto in Mib M op. 16, per pianoforte, oboe, clarinetto, fagotto, corno
· 1 Quintetto in Do M op. 29, per 2 violini, 2 viole, violoncello
· 1 Settimino in Mib M op. 20 per violino, viola, violoncello, contrabbasso, clarinetto, fagotto, corno
· 1 Ottetto in Mib M op. 103, per 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni, 2 fagotti
· 1 Lied con Variazioni in Re M WoO 74 per pianoforte a quattro mani
· 1 Sonata op. 6 per pianoforte a quattro mani
· 1 Variazioni (8) su un tema del conte Waldstein per pianoforte a quattro mani
(Una lista completa delle opere di Beethoven con la loro data e il loro numero di opera è facilmente
consultabile al sito http://www.karadar.com/Cataloghi/beethoven.html.)
5. TRE
PERIODI
Si è soliti dividere la produzione musicale di Beethoven in tre periodi. È evidente che questa è una
classificazione a posteriori, una sorta di grammatica che cerca di mettere ordine e logica nel lavoro di un
genio. Come tale non è, né potrà mai essere, una classificazione ordinata e sistematica, precisa, puntigliosa e
accurata: ogni lavoro va conosciuto a sé e per rapporto al resto della produzione e non può essere ricondotto
a caratteristiche di uno stile che sono state definite dai musicologi e non certo da Beethoven (che pure, nel
cosiddetto “Testamento di Heiligenstadt”, diede qualche indicazione anche sotto questo aspetto). Questo
discorso è importante che si faccia per far notare come ogni classificazione che si opera nella storia della
musica sia di per sé qualcosa di arbitrario, aggiunto in seguito per sintetizzare la produzione di un
compositore. È dunque probabile, oltre che possibile, che un brano che –per definizione– si vuole appartenga
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al primo periodo beethoveniano presenti già svariate caratteristiche del secondo periodo (o, meglio,
caratteristiche ricondotte al modello di “secondo periodo” che ci siamo creati).
Non è questa la sede per approfondire questo discorso, né tantomeno di analizzare per filo e per segno quali
opere vadano inserite in una lista piuttosto che nell’altra, né – a maggior ragione – di procedere a
un’indagine di quali caratteristiche ci potrebbero portare in una direzione o nell’altra. Questo lavoro è lungo
e fors’anche noioso. È generalmente svolto dai musicologi (e da qualche filologo) e non dai musicisti.
Anche i musicisti però necessitano di alcune conoscenze in questo campo, poiché essi devono saper
riconoscere gli stili e interpretare i brani di conseguenza. Si tratta però qui di un tipo diverso di abilità e
nozioni, più pratico, più volto al far musica che non allo studio di come gli altri l’hanno praticata. Sono due
discipline diverse.
Trattandosi qui di una breve presentazione a livello di liceo non è mia intenzione addentrarmi in particolari
stilistici eccessivamente tecnici e complicati. Cercherò di fornire una sintesi e una semplificazione al
contempo chiare, facili ed esaustive, pur nei limiti di questo lavoro.
5.1
IL
PRIMO PERIODO
Si può far cominciare il primo periodo dalla nascita di Beethoven (che è forse la cosa più giusta da farsi,
considerato che un compositore comincia a formare se stesso e la sua produzione fin dall’educazione
musicale, ma anche umana, di base), oppure dalla prima opera composta (ma sarebbe qui difficile stabilire
con esattezza quali siano i primi abbozzi beethoveniani di un’opera sua: già gli esercizi di contrappunto o di
armonizzazione sono composizioni, ma non certo esemplificanti dello stile di Beethoven, né tantomeno delle
sue intenzioni, siano esse presenti o future), oppure ancora dalla prima opera che Beethoven stesso ha
considerato tale, dandole il nome di opera 1, ovvero i 3 Trii per pianoforte, violino e violoncello op.1,
pubblicati nel 1792.
Questo primo periodo compositivo si spinge fino alla nascita del secondo, che viene fissata
convenzionalmente alla data del già più volte citato Testamento di Heiligenstadt, datato del 1802.
Il primo periodo è ancora essenzialmente classico: mostra l’influenza dei suoi studi e dei suoi maestri, in
particolare i 3 Trii dell’op.1 attestano l’influsso di Haydn, che fu maestro di Beethoven. Ciononostante
Beethoven mostra fin da questi trii una certa indipendenza compositiva: questi brani non sono di Haydn, ma
di Beethoven. Ciò si vede per esempio dal respiro largo tipicamente beethoveniano (anche se non si arriva,
certamente, al respiro amplissimo del Romanticismo, che dovrà ancora attendere alcuni decenni), dalla
scrittura indipendente ed elaborata del violoncello, prima effettuata solo da Mozart nei suoi trii.
Il primo periodo mostra già, tuttavia, molte caratteristiche passibili di importanti quanto interessanti sviluppi
dei periodi successivi. Per esempio già i trii dell’op.1 mostrano 4 movimenti più lunghi di quelli di Haydn e,
soprattutto, code lunghe. Vedremo infatti meglio in seguito che una delle peculiarità più rilevanti del secondo
Beethoven (e, di riflesso, anche del terzo Beethoven) è proprio l’attenzione maggiore, sia in termini di
qualità e intensità motivica e inventiva che in termini di quantità e durata, che Beethoven rivolge in modo
particolare alla sezione dello sviluppo nei movimenti in forma sonata e alle code.
Nel primo periodo Beethoven comincia già a muoversi verso quest’ampliamento delle forme espandendo le
strutture formali ereditate, attraverso l’introduzione di effetti e procedimenti nuovi o fino ad allora trascurati.
Nelle sonate per violino e pianoforte si vede come Beethoven abbia una notevole padronanza della scrittura
violinistica. È infatti bene sapere che Beethoven, oltre al pianoforte, suonava anche il violino e ne prese
lezioni anche a Vienna (da Wenzel Krumpholz e da Ignaz Schupanzigh, del quale divenne anche amico).
Ciononostante è il pianoforte lo strumento più legato alla carriera di Beethoven e che fu per lui la maggiore
fonte di ispirazione. Beethoven curò infatti con molta attenzione le trenatadue Sonate per pianoforte, che
compose lungo l’arco di quasi tutta la propria carriera: dal 1795 al 1822. Venti delle trentadue sonate sono
appartenenti al primo periodo, in quanto vennero composte prima del 1803 (e il primo periodo termina
approssimativamente nel 1802). Interessante è notare che tutte le sonate furono pubblicate entro un anno
dalla composizione.
Per il pianoforte Beethoven ebbe un’attenzione particolare anche a proposito del timbro e delle possibilità
sonore e tecniche. Come farà poi anche con gli strumenti a fiato, Beethoven si interessò molto di questi
aspetti. Nel caso del pianoforte, Beethoven mostrò interesse per le tecniche costruttive e per tutta la vita
chiese pianoforti più simili a quelli a noi contemporanei, ovvero con maggiore estensione e potenza sonora
rispetto a quelli di allora, con pedali più versatili e meccanica più pesante (più vicina, quindi, ad un nuovo
pianoforte a coda che non a un clavicembalo o a una spinetta). Beethoven, nelle sue sonate, portò talvolta il
pianoforte ai limiti estremi delle sue potenzialità tecniche, nell’intento di raggiungere e sostenere sonorità
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orchestrali. Il pianoforte contemporaneo
(quello a 88 tasti per intenderci) infatti ha la
stessa estensione di un’orchestra sinfonicavi.
Se Beethoven influenzò l’evoluzione tecnica
del pianofortevii, anche il progresso tecnico
dello strumento ebbe influenza sulla
produzione del compositore. Se infatti le prime
sonate di Beethoven sono ristrette nelle cinque
ottave dei pianoforti del Settecento, Beethoven
aumenta progressivamente l’estensione delle
sue sonate, dapprima verso gli acuti e poi verso
il registro grave. L’arricchimento della scrittura
pianistica avvenne poi quando i fabbricanti
tedeschi e viennesi (in anticipo rispetto a quelli
inglesi e francesi) perfezionarono la meccanica
ed estero la tastiera.
Già le prime quattro sonate per pianoforte (le
tre dell’op. 2 e l’op. 7) sono ben più lunghe di
quelle dei suoi predecessori, circa una volta e
mezzo. Sono inoltre in quattro movimenti,
come la sinfonia e il quartetto, e non in tre
come le sonate classiche.
Altre opere rilevanti del primo periodo furono i quartetti per archi op. 18 (composti nel 1798-1800 e
pubblicati nel 1801). Se le sonate per pianoforte possono venire considerate per certi aspetti sperimentali,
non è questo il caso per i quartetti op. 18, in cui è evidente l’influsso di Haydn nello sviluppo dei motivi e
nella scrittura ricca di elementei contrapppuntistici. Si presti attenzione al fatto che nel terzo periodo
Beethoven mostrerà una particolare attenzione verso il contrappunto e le tecniche contrappuntistiche del
Barocco, di J. S. Bach in particolare.
In questi quartetti la disposizione formale è classica, in quattro tempi secondo lo schema allegro – adagio –
minuetto -. veloce (spesso una danza, piuttosto deciso), ma le forme interne ai tempi possono cambiare:
troviamo per esempio movimenti finali in forma sonata, o in una forma intermedia tra quella bitematica
tripartita e quella di rondò.
Nel primo periodo Beethoven compose anche la prima sifonia in Do Maggiore op.21 (completata nel 1800).
Fu una delle sinfonie più eseguite, durante la vita di Beethoven. L’organico è identico a quello di Haydn e
Mozart. L’aspetto nuovo dell’orchestrazione beethoveniana consiste quindi non già nel numero degli
strumenti, quanto piuttosto nello sfruttamento delle risorse tecniche ed espressive di tutti gli strumenti, dei
legni in particolare. Ogni strumento partecipa in ugual misura allo sviluppo del discorso musicale.
Alcune opere beethoveniane del primo periodo sono:
Per pianoforte:
· Prime tre sonate (op. 2, Vienna 1796) (nn.1,2,3)
· Sonata in mib M op.7, pubblicata nel 1797
· Sonata op.10 n.1 (1798) (n.5)
· Sonata op.13 (n.8)
· Sonata op. 81a “degli addii” (“Les adieux”)
Per quartetto d’archi:
· Quartetti op 18 (1798 – 1800)
· Quartetto in sol M (op.18 n. 2)
Per violino, violoncello e pianoforte:
· 3 trii op. 1
Per violino:
· 3 sonate op. 12
· Sonata per violino e pianoforte op.24 (6)
Sebastiano Lava, maggio 2004
pagina 8
Sebastiano Lava
· Sonata per violino e pianoforte op.30 n.2 (7)
Per violoncello:
· 2 sonate op. 5
Per archi e fiati:
· Settimino op. 20 (eseguito per la prima volta nel 1800)
Per orchestra:
· Sinfonia no. 1 in Do M (1799)
· Sinfonia no. 2 in Re M (1802)
5.2
IL
SECONDO PERIODO
Punto di riferimento per l’inizio del secondo periodo beethoveniano è generalmente considerato, dal profilo
teorico, il più volte citato Testamento di Heiligenstadt, che riporto integralmente di seguito:
Heiligenstadt, 6 ottobre 1802
Per i miei Fratelli Cari e [Johann] Reethoven.
O voi uomini che mi reputate o definite
astioso, scontroso o addirittura misantropo,
come mi fate torto! Voi non conoscete la
causa segreta di ciò che mi fa apparire a voi
cos. Il mio cuore e il mio animo fin
dall'infanzia erano inclini al delicato
sentimento della benevolenza e sono stato
sempre disposto a compiere azioni generose.
Considerate, però, che da sei anni mi ha
colpito un grave malanno peggiorato per
colpa di medici incompetenti. Di anno in anno
le mie speranze di guarire sono state
gradualmente frustrate, ed alla fine sono stato
costretto ad accettare la prospettiva di una
malattìa cronica (la cui guarigione richiederà
forse degli anni o sarà del tutto impossibile).
Pur essendo dotato di un temperamento
ardente, vivace, e anzi sensibile alle attrattive
della società, sono stato presto obbligato ad
appartarmi, a trascorrere la mia vita in
solitudine. E se talvolta ho deciso di non dare
peso alla mia infermità, ahimè, con quanta
crudeltà sono stato allora ricacciato indietro
dalla triste, rinnovata esperienza della
debolezza del mio udito. Tuttavia non mi
riusciva di dire alla gente: "Parlate più forte,
gridate: perché sono sordo". Come potevo,
ahimè, confessare la debolezza di un senso, che
in me dovrebbe essere più raffinato che negli
altri uomini e che in me un tempo
raggiungeva un grado di perfezione massima,
un grado tale di perfezione quale pochi nella
mia professione sicuramente posseggono, o
hanno mai posseduto - No, non posso farlo;
perdonatemi perciò se talora mi vedrete stare
in disparte dalla vostra compagnia, che un
tempo invece mi era caro ricercare. La mia
sventura mi fa doppiamente soffrire perché mi
porta ad essere frainteso. Per me non può
esservi sollievo nella compagnia degli uomini,
non possono esservi conversazioni elevate, né
confidenze reciproche. Costretto a vivere
completamente
solo,
posso
entrare
furtivamente in società solo quando lo
richiedono le necessità più impellenti; debbo
vivere come un proscritto. Se sto in
Sebastiano Lava, maggio 2004
compagnia vengo sopraffatto dp un'ansietà
cocente, dalla paura di correre il rischio che
si noti il mio stato - E così è stato anche in
questi sei mesi che ho trascorso m campagna,
invitandomi a risparmiare il più possibile il mio
udito, quell'assennata persona del mio medico
ha più o men incoraggiato la mia attuale
disposizione naturale, sebbene talvolta, sedotto
dal desiderio di compagnia, mi sia lasciato
tentare a ricercarla. Ma quale umiliazione ho
provato quando qualcuno, vicino a me, udiva
il suono di un flauto in lontananza e io non
udivo niente, o udiva il canto di un pastore e
ancora io nulla udivo - Tali esperienze mi
hanno portato sull'orlo della disperazione e
poco è mancato che non ponessi fine alla mia
vita - La mia arte, soltanto essa mi ha
trattenuto. Ah, mi sembrava impossibile
abbandonare questo mondo, prima di aver
creato tutte quelle opere che sentivo
l'imperioso bisogno di comporre; e così ho
trascinato avanti questa misera esistenza davvero misera, dal momento che il mio fisico
tanto sensibile può, da un istante all'altro,
precipitarmi dalle migliori condizioni di spirito
nella più angosciosa disperazione
- Pazienza - mi dicono che questa è la virtù
che adesso debbo scegliermi come guida; e
adesso io la posseggo - Duratura deve essere,
io spero, la mia risoluzione di resistere sino
alla fine, finché alle Parche inesorabili piacerà
spezzare il filo; forse il mio stato migliorerà,
forse no, ad ogni modo io, ora, sono
rassegnato - Essere costretti e diventare
filosofi ad appena 28 anni non è davvero una
cosa facile e per l'artista è più difficile che per
chiunque altro - Dio Onnipotente, che mi
guardi fino in fondo all'anima, che vedi nel
mio cuore e sai che esso è colmo di amore per
l'umanità e del desiderio di bene operare. O
uomini, se un giorno leggerete queste mie
parole, ricordate che mi avete fatto torto; e
l'infelice tragga conforto dal pensiero di aver
trovato un altro infelice che, nonostante tutti gli
ostacoli imposti dalla natura, ha fatto quanto
era in suo potere per elevarsi al rango degli
pagina 9
Sebastiano Lava
artisti nobili e degli uomini degni - E voi
fratelli miei, Cari e [Johann], dopo la mia
morte, se il professor Schmidt sarà ancora in
vita, pregatelo a mio nome di fare una
descrizione della mia infermità e allegate al
mio documento questo mio scritto, in modo
che, almeno dopo la mia morte, il mondo e io
possiamo riconciliarci, per quanto è possibile
-[...] Il mio augurio è che la vostra vita sia più
serena e più scevra da preoccupazioni della
mia. Raccomandate ai vostri figli di essere
virtuosi; perché soltanto la virtù può rendere
felici, non certo il denaro. Parlo per
esperienza. E stata la virtù che mi ha
sostenuto nella sofferenza. Io debbo ad essa,
oltre che alla mia arte, se non ho messo fine
alla mia vita col suicidio.
- State bene e amatevi - [...] Ebbene, questo
è tutto - Con gioia vado incontro alla Morte se essa venisse prima che io abbia avuto la
possibilità di sviluppare tutte le mie qualità
artistiche, allora, malgrado la durezza del
mio destino, giungerebbe troppo presto; e
indubbiamente mi piacerebbe ritardarne la
venuta - Sarei però contento anche così; non
mi libererebbe essa forse da uno stato di
sofferenze senza fine? Vieni dunque, Morte,
quando tu vuoi, io ti verrò incontro
coraggiosamente - Addio, non dimenticatemi
del tutto, dopo la mia morte. Io merito di
essere ricordato da voi, perché nella mia
vita ho spesso pensato a voi, e ho cercato di
rendervi felici - Siate 'felici Ludwig van
Beethoven
Il vero punto di riferimento che getta le basi per un cambiamento dello stile è però un altro scritto di
Beethoven, una lettera all’editore Breitkopf di Lipsia del 18 ottobre 1802 in cui egli dichiara di aver creato
una struttura più complessa e fantasiosa nelle variazioni. E sono infatti le variazioni op. 34 e op. 35 che
aprono il secondo periodo beethoveniano. Esse sono innovative, in quanto – per esempio – si diversificano
non solo in qualche ornamento, ma anche rispetto al metro (che può cambiare da una variazione all’altra) e
alla tonalità (che pure può variare). Nelle variazioni op. 35 alla base del tema ci sono tre elementi fondanti
indipendenti fra loro, che poi vengono combinati a formare il tema del brano: un basso, una melodia ed
un’impalcatura melodico-metrica comune al basso e alla melodia.
Queste ed altre caratteristiche, unite alle volontà espresse nel Testamento di Heiligenstadt, attestano la
volontà di Beethoven di pervenire ad uno stile più personale e individuale, avvicinandosi dunque a quelli che
saranno poi gli ideali musicali del Romanticismo, che anche sotto questo aspetto Beethoven anticipa.
Come già nel primo periodo gli schemi compositivi tradizionali non vengono ripudiati, ma non vengono
nemmeno accolti completamente tali e quali: essi vengono adoperati come materiale da manipolare in forma
sempre diverse e diversificate a seconda del contesto del loro impiego.
Nei lavori del secondo periodo Beethoven prende dei motivi elementari per poi arricchirli di elaborazioni e
sviluppi, che creano poi entusiasmanti relazioni che si e li connettono. Per permettere grandi e complessi
sviluppi occorrono dei temi più semplici (e più brevi). Si veda come esempio il motivo ritmico iniziale del
primo movimento della celebre Quinta sinfonia in do minore degli anni 1807-1808.
Nel secondo periodo Beethoven attua alcuni interessanti interventi per quanto riguarda la forma sonata.
Per prima cosa aumenta la lunghezza di ciascuna sezione in forma sonata. Si allunga l’esposizione
(attraverso la ripetizione – solitamente variata – del primo tema e l’andamento lento del ritmo armonico; cfr.
Sonata per pf. in Do M op.53).
Fino al 1802 circa poi il secondo tema è nella dominante (tradizionalmente), in seguito invece Beethoven
sperimenta altre soluzioni (per esempio pone il secondo tema sul terzo o sul sesto grado).
Beethoven dà poi grande attenzione allo sviluppo, che spesso diviene anche piuttosto lungo (cfr. Terza
sinfonia: lo sviluppo è 100 battute più lungo dell’esposizione). Ciò rende importante il fatto che si dia rilievo
alla ripresa, che viene dunque anticipata, preparata da un momento di drammatica tensione, preparato per
attirare l’attenzione dell’ascoltatore, spesso con ritmi travolgenti. La tensione che nasce nello sviluppo si
risolve quindi nella ripresa. A volte abbiamo per esempio l’entrata del tema (ovvero l’inizio della ripresa) in
pianissimmo dopo un forte o un fortissimo nello sviluppo (cfr. Sonata per pf. in Do M op.53 “Waldstein” e
Terza sinfonia). Questo contrasto (altra caratteristica di alcune opere del Romanticismo) genera un effetto
sorpresa.
Inoltre spesso la ripresa non è solo una ripetizione dell’esposizione, ma una sua ripresentazione in forma
nuova e rielaborata (nelle sinfonie ci sono cambiamenti nell’orchestrazione). Infine aumenta l’estensione
della Codaviii, sia per durata che per contenuto (spesso ci sono modulazioni e sviluppi che ne fanno una sorta
di secondo sviluppo).
Un'altra caratteristica fondante del secondo periodo è la spinta verso il grandioso ed il monumentale derivata
dal cosiddetto stile eroico. Questo, tipico della musica francese della fine del 1700, si estinse nel 1813-1814,
le cui caratteristiche si possono cosìo riassumere:
Sebastiano Lava, maggio 2004
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Sebastiano Lava
-
dilatazione delle strutture compositive (v. sopra: Beethoven la operò nella forma sonata)
allungamento del ritmo armonico (ovvero cambiamenti di armonia più distanti gli uni dagli altri)
motivi semplici ed elementari (spesso su triadi e/o sui gradi fondamentali di scale maggiori o minori)
ripetizione di intere frasi o di singoli accordi, talvolta messa in rilievo con contrasti dinamici
vaste zone di tensione drammatica (con accelerazioni e distensioni dal profilo ritmico, che generano un
senso di alternanza tra impeto e spossatezza)
modulazioni a tonalità lontane,
dissonanze non preparate,
uso enfatico e prolungato dell’accordo di settima diminuitaix (cfr. finale sonata per pf. in fa m op.57
“Appassionata”)
Del secondo periodo è la Terza sinfonia in Mib M, op.55 (1803-1804) “Eroica, composta per il sovvenire di
un grand’Uomo”, che fornisce un esempio dello stile eroico in Beethoven. Inizialmente, come già detto, fu
composta per Napoleone, ma a Beethoven non piacque per nulla l’autoproclamazione a imperatore di
Bonaparte avvenuta nel maggio del 1804 e tantomeno lo scoppio della guerra franco-austriaca (1805). In fin
dei conti è questa una dimostrazione della resistenza del compositore di Bonn alla tirannide e dei suoi ideali
liberali.
Sempre di questo secondo periodo è pure la celeberrima Quinta sinfonia. Essa pure mostra i tratti distintivi
dello stile monumentale, che sono presenti in maniera ancor più accentuata che nell’Eroica. Per il carattere
eroico di questa sinfonia (addirittura militare, tranne che nello Scherzo), la Quinta sinfonia diventò la
“sinfonia beethoveniana per eccellenza” e fu una delle opere di cui si nutrì l’estetica musicale romantica.
Particolarità stilistica della V sinfonia è l’economia del materiale tematico e l’unità di concezione, che
coinvolge tutti i movimenti. Beethoven dimostra la sua abilità di sfruttare al massimo le potenzialità di
sviluppo di un motivo. È questo per esempio il caso del ruolo fondamentale che viene a ricoprire la figura
ritmica iniziale del primo movimento (elemento questo poi ripreso anche in altri movimenti).
È del secondo periodo pure la Sesta sinfonia in Fa M op. 68 “Pastorale”, che ha uno stile più introspettivo
che non la Quinta e che è un’opera di importanza elevatissima in quanto funse da base per il movimento
romantico della musica a programma, sebbene Beethoven non intese comporre un brano a programma nel
senso stretto del termine (vedremo meglio fra poco cosa intendo).
La Pastorale ha una concezione unitaria per quanto concerne il contenuto espressivo (come già la Quinta
sinfonia) ed è un proseguimento della tradizione settecentesca di lavori strumentali che ritraggono scene
pastorali e/o che suggeriscono sentimenti nati dal simbolico idillio con la natura (cfr. anche in Vivaldi e negli
oratori di Haydn). L’idillio della natura è però anche un elemento romantico: si ricordi infatti che il
Romanticismo vede la nascita di un rinnovato interesse verso la musica rinascimentale e barocca, oltre che la
nascita della disciplina della musicologia. Va però detto che nell’Ottocento è celebrata molto anche e forse
soprattutto la natura selvaggia e rude, piuttosto che quella elegiaca e quasi mistica avvicinata da Beethoven
nella Pastorale.
Come si diceva, Beethoven appose ai movimenti dei titoli descrittivi. Nonostante ciò però, Beethoven volle
sottrarre la Sesta sinfonia al campo della musica puramente descrittiva. E infatti fa coincidere questi titoli
programmatici con i movimenti tradizionali della forma sinfonica classica. Nella parte autografa scrisse poi
“più un’espressione di sentimento che una rappresentazione pittorica”. Tuttavia non si può misconoscere che
effettivamente ci sono vari elementi descrittivi (cfr. imitazione di uccelli, del temporale). D’altro lato la
scommessa della musica a programma ottocentesca sarà proprio quella di dimostrare che non si tratta di una
musica di tipo imitativo, ma di un’arte poetica e ammirevole (cfr. per esempio Liszt).
Lo stile della “maniera grandiosa” che plasmò le opere orchestrali beethoveniane viene esteso anche ai
generi cameristici composti nel secondo periodo. (cfr. Sonata per vl. e pf. in la m op.47 e Quartetti per archi
op.59 “Razumovsky”).
Per esempio, nella Sonata per vl. e pf. in la m op.47 Beethoven vuole inserire contrasti dinamici e tratti
virtuosistico-concertanti in un genere “da salotto” (tant’è vero che il titolo della prima edizione, Bonn 1805,
era “Sonata scritta in uno stilo molto concertante quasi come d’un Concerto”).
Oppure, altro esempio, nei Quartetti per archi op.59 “Razumovsky” si può chiaramente vedere un’espansione
delle strutture compositive (cfr. forma sonata), con lunghi ed intensi sviluppi tematici. Questi brani sono poi
ricchi di effetti e procedimenti inediti, fra cui la brillante scrittura per archi (molto sfruttati i registri estremi)
densamente polifonica, il ricco tessuto armonico, il propulsivo assetto ritmico.
Sebastiano Lava, maggio 2004
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Sebastiano Lava
Questi quartetti però, sfortunatamente, non piacquero ai contemporanei: erano “di difficile comprensione”. A
causa delle difficoltà tecniche si posero inoltre al di sopra delle difficoltà tecniche degli esecutori dilettanti,
per quanto talvolta fossero relativamente di alto livello.
Il quartetto per archi diventò così un genere per sala da concerto, con musicisti professionisti come interpreti
e con un pubblico di intenditori. Sui quartetti di Beethoven (soprattutto op.59 e op.18) si orientò il primo
quartetto stabile di Vienna, il cui fondatore e primo violino era Ignaz Schuppanzigh, maestro e amico del
compositore. Questi quartetti non furono compresi e apprezzati nemmeno dagli intenditori e dai musicisti,
tanto è vero che Clementi, riferenfosi ad essi, disse a Beethoven “Non crederete che questi lavori siano
musica” (cfr. nota v). Beethoven era ormai già troppo avanti nella sua maturazione musicale, perché i suoi
contemporanei – per quanto bravi musicisti fossero – potessero capirne l’arte.
Opere rilevanti dal profilo storico, appartenenti al secondo periodo di Beethoven sono:
· variazioni op.34 e op.35
· Quartetti op.18
· Quinta sinfonia in do m op.67 (1807-1808)
· Sonata per pf. in Do M op.53 “Waldstein”
· Terza sinfonia in Mib M, op.55 (1803-1804) “Eroica, composta per il sovvenire di un grand’Uomo”
· Sonata per pf. in fa m op.57 “Appassionata”
· Sesta sinfonia in Fa M op. 68 “Pastorale o Ricordi della vita campestre” (1808): “Sentimenti piacevoli
evocati dall’arrivo in campagna”, “Scena presso il ruscello”, “Allegra riunione di contadini”,
“Temporale”, “Canto pastorale: rendimento di grazie all’Onnipotente dopo la tempesta”
· Sonata per vl. e pf. in la m op.47 (1802-1803), dedicata a Rodolphe Kreutzer (violinista parigino)
· Quartetti per archi op.59 “Razumovsky” (finiti nel 1806)
5.3
IL
TERZO PERIODO
È proprio con la caratteristica dell’incomprensione da parte dei contemporanei che si deve collegare il terzo
periodo compositivo di Beethoven. Le opere composte approssimativamente dopo il 1815 non ebbero infatti
influenze di rilievo nei compositori contemporanei e nemmeno in quelli della generazione immediatamente
successiva a Beethoven. E questo avvenne proprio in quanto la genialità del compositore ormai sordo era
giunta a livelli così alti da risultare inafferrabili dai contemporanei.
Ma proseguiamo con ordine.
Gli ultimi 10 anni di vita di Beethoven furono segnate dal raggiungimento di un’indipendenza economica e
di una fama internazionale, ma furono anni di isolamento, cagionato in primo luogo dal notevole
peggioramento dell’udito (stava diventando clinicamente sordo).
Trovandosi quindi a vivere una crisi personale che minacciava di sopraffare la sua personalità, Beethoven
cercò di raggiungere un nuovo equilibrio psicologico e creativo.Cercò quindi nuovi modi espressivi e nuove
soluzioni formali ai modelli della tradizione, modelli che lui stesso aveva contribuito a portare alla
perfezione.
Come detto in apertura di questo capitoletto, molte caratteristiche della produzione beethoveniana del terzo
periodo non sono identificabili nella musica dei contemporanei di Beethoven e nemmeno nei suoi immediati
successori. Sono opere che si sottraggono alla loro epoca, e che non hanno influenze sull’immediato futuro,
influenzato semmai dalla produzione del secondo periodo.
Le ultime sonate per pf. e gli ultimi quartetti per archi, composti senza la prospettiva di un’esecuzione
immediata ma scritti con riferimento ad un pubblico, presentano difficoltà tecniche importanti ed un
carattere sperimentale. Con queste opere Beethoven dimostra di essere l’iniziatore dell’avanguardia artistica
nella storia della musica, ossia di un’arte difficilmente decifrabile dai contemporanei ma che sarebbe stata
capita pienamente solo dai posteri.
Sono dedicati ad un pubblico particolare, formato da musicisti e musicofili, ammiratori di Beethoven e della
sua musica. Gli ultimi quartetti vennero provati assiduamente, prima di essere eseguiti in ristrette riunioni
private nelle case di costruttori di pianoforti e di editori (Streicher ed Artaria in particolare).
Con il completamento della Settimax e dell’Ottava sinfonia nel 1812-1813 lo stile eroico si era praticamente
dissolto.
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Sebastiano Lava
La nascita del nuovo stile avvenne lentamente e gradualmente, attraverso un processo laborioso. La
produttività di Beethoven diminuì molto (in particolare tra il 1816 ed il 1819)xi
Nei quartetti, Beethoven dà luogo a un’esplorazione intensa della scrittura contrappuntistica e particolare
attenzione ai procedimenti della variazione.
L’ incremento delle tecniche compositive del passato, che conferisce un carattere “arcaicizzante” ma nello
stesso tempo proiettato verso il futuro (cfr. interesse romantico alla musica rinascimentale e barocca) alle
ultime opere beethoveniane, è dovuto all’interesse di Beethoven per J.S. Bach, G.F. Händel e G.P. da
Palestrina, manifestatosi specialmente dal 1816-1817.
Beethoven mostra inoltre una interessante attenzione verso la polifonia, utilizzando largamente fughe, fugati,
canoni e altri artifici contrappuntistici. Tale attenzione esprime il bisogno di Beethoven di infondere nei
modelli formali tradizionali (soprattutto della forma sonata e del tema con variazioni) un carattere
complesso, una qualità meditativa, con una logica rigorosa, quale è quella della scrittura contrappuntistica.
Nel terzo periodo quindi, Beethoven fonde la fuga, la forma sonata e la forma variazione: è questo un tratto
tipico e saliente dell’ultimo Beethoven.
La tecnica dell’elaborazione tematica che aveva già caratterizzato il secondo periodo ora viene portata ai
limiti estremi (per esempio nelle 33 Variazioni su un valzer di Diabelli op. 120; nelle variazioni ci sono non
solo delle alterazioni nella fisionomia, ma anche dei cambiamenti di carattere).
Punto rilevante è poi il discorso riguardo al temaxii. In alcune delle ultime opere infatti, il concetto di “tema”
diventa ambiguo, diventa una formula astratta, costituita da un raggruppamento di intervalli che permea il
tessuto motivico della composizione (o di una sua parte). Si tratta di un’idea fondamentale, di una struttura di
fondoxiii.
L’idea di fondo è l’elemento che fa raccordare fra loro motivi divergenti ed è il punto di partenza per
elaborazioni e sviluppi tematici.
Beethoven attua poi un vasto ricorso alle tecniche della variazione, anche nelle opere in forma sonata, al
punto da far divenire tenue la distinzione tra esposizione e sviluppo. Lo sviluppo è talvolta brevissimo, in
quanto le potenzialità dei temi sono già state sfruttate nell’esposizione (cfr. I mov. di Sonata per pf. in do m
op. 111 e del Quartetto per archi in la m op. 132). Rispetto al secondo periodo vi è dunque un’anticipazione
del momento dell’elaborazione, che quindi coincide con un allungamento impressionante dell’esposizione a
scapito di un accorciamento quasi altrettanto grande dello sviluppo.
Beethoven si preoccupò, in questo ultimo periodo, di concepire i lavori unitariamente, e non come
movimenti indipendenti. Come già detto, si tratta di una caratteristica avveniristica ed anticipatrice delle
tendenze romantiche.
Tratti salienti del terzo periodo possono essere questi:
- carattere lirico, anche nei tempi veloci, già nel I tema (v. I tema I mov. Sonata per pianoforte in La M op.
101)
- Apice dei tempi sul finale e non già sull’inizio (v. ultime sonate per pianoforte e IX sinfonia: i tempi
conclusivi
- sono i più importanti per ampiezza e complessità)
- trilli ed altri abbellimenti a fini espressivi e non ornamentali (v. VI variazione nel finale della Sonata per
pianoforte in Mi M op.109)
- Uso di sincopi ed anticipazioni a fini espressivi
- Mutamenti drammatici di stati d’animo all’interno di un singolo movimento (da febbrile tensione a
calma e serenità) (v. I mov. Sonata per pf. op. 109 e VI mov. Quartetto per archi op. 131)
- I tempi lenti mostrano spessore espressivo, atmosfera di densa emozionexiv, di estasi contemplativa, di
lirismo patetico e delicato, di mistico abbandono (v. “Cavatina” Quartetto per archi op. 130)
- Indicazioni di andamento particolareggiate (v. Sonata per pf. op.101). Molti e accurati segni di dinamica
e di espressione (come sarà poi il caso dei romantici, in particolare per la musica sinfonica, cfr. Mahler,
ma anche Wagner).
- Uso frequente dei registri estremi del pianoforte, senza suoni intermedi, con sbalzi per creare tensione (v.
I mov. Sonata per pf. op 111)
- Frequenti modulazioni a tonalità distanti, attraverso progressioni cromatiche. Ampio uso della settima
diminuita (v. Introduzione della Sonata per pianoforte op.111). Specialmente nelle sonate per pianoforte,
modulazioni audaci generate da “slittamenti” dati da un semplice spostamento della mano (v. Sonate per
pf. op.109 e 110)
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-
Tendenza a far eseguire senza interruzione i movimenti, per garantire un senso di maggiore continuità
alla composizione (v. i 7 tempi del Quartetto per archi op. 131, da eseguirsi senza nessuna pausa).
Opera impressionante per maestosità, sontuosità, profondità e bellezza (e anche difficoltà tecnica per
strumentisti e cantanti) del terzo periodo è la Nona sinfonia, che ha un carattere lirico di profonda spiritualità
che la pervade dall’inizio dell’Allegro iniziale alla fine dell’ultimo movimento, con un picco di sensuale e
idilliaca “vocalità strumentale” nello splendido terzo movimento, che è forse l’Adagio più bello e più intenso
che Beethoven abbia mai scritto.
Altre opere rilevanti del terzo periodo sono:
· ultime sonate per pianoforte
· ultimi quartetti per archi
· Quartetto per archi in do# m op.131, presentato in pubblico a Vienna solo nel 1835
· Quartetto per archi op. 127 in Mib M (febbraio 1825)
· Quartetto per archi op. 132 in la m (luglio 1825)
· Quartetto per archi op. 130 in Sib M (7-8/11.1825) [con la Grosse Fuge op.133]
· Quartetto per archi op. 131 in do# m (1825-1826)
· Quartetto per archi op. 135 in Fa M (1826)
· Arrangiamento per quartetto d’archi della fuga in si m BWV 869 dal primo libro del Clavicembalo ben
temperato di J. S. Bach
· Quartetto per archi op. 133
· 33 Variazioni su un valzer di Diabelli op. 120
· Sonata per pf. in Sib M op. 106 “Hammerklavier” (es. di concezione unitaria fra i movimenti: c’è
un’unica idea fondamentale)
· Sonata per pf. in La M op. 101
· Sonata per pf. op. 109
· Sonata per pf. op. 110
· Sonata per pf. in do m op. 111
6. DOMANDE
Allego, a titolo quasi ludico e di svago, due serie di domande sul secondo e sul terzo periodo beethoveniani
che ho preparato quando, studiando storia della musica, mi sono occupato di Beethoven. È possibile che,
sulla sola base di questa presentazione, non si riesca a rispondere a tutte le domande, ma buona parte di esse
trova sicura risposta nell’esposizione che ho qui sopra riportato e che avete probabilmente appena letto.
Le domande sono divise in due serie. Una prima prevede trenta domande a scelta multipla (una sola risposta
è corretta) e una seconda è composta da sedici domande che richiedono una risposta un po’ più articolata.
Buon divertimento!
6.1
DOMANDE
A SCELTA MULTIPLA
(MULTIPLE
CHOICE)
1. Quando comincia il secondo periodo di Beethoven?
a)
1800
b)
1802
c)
1804
d)
1808
2.
Quale opera è la prima opera del secondo periodo di Beethoven?
a)
Sonata per violino e pianoforte Fa M op.24 “La Primavera”
b)
Quartetti per archi op.18
c)
Variazioni op.34 e op.35
d)
Nona Sinfonia
3.
Nelle opere beethoveniane del secondo periodo si notano
a) caratteri tipici di una corrente di pensiero
b) caratteri tipici del folclore tedesco
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c) caratteri individuali e personali
d) caratteri tipici viennesi
4.
Gli schemi compositivi tradizionali, nel secondo periodo beethoveniano, vengono
a) accolti ed adoperati come da manuale in tutte le opere
b) completamente rivisti
c) ripudiati
d) utilizzati come base sulla quale costruire delle innovazioni
5.
Tipico del secondo periodo beethoveniano è l’utilizzo di motivi
a) ritmicamente elaborati
b) armonicamento complessi
c) semplici
d) atonali
6.
Beethoven
a) utilizza la forma sonata senza apportare modifiche
b) espande le varie sezioni della foma sonata, sia per durata che per contenuto
c) riduce l’esposizione ad una introduzione e fa diventare la coda una sorta di secondo sviluppo
d) partendo dalla forma sonata bitematica tripartita, ne inventa una tritematica
7.
Nella forma sonata Beethoven considera la ripresa
a) una rielaborazione dell’esposizione in forma nuova
b) una ripetizione dell’esposizione
c) un’eleborazione dello sviluppo
d) un ponte tra sviluppo e coda
8.
Lo stile eroico si estinse nel
a) 1791
b) 1914
c) 1804
d) 1813-1814
9.
Lo stile eroico fu
a) utilizzato da Beethoven
b) ritenuto brutto da Beethoven
c) stigmatizzato da Beethoven
d) ignorato da Beethoven
10. Lo stile eroico è tipico
a) del canto gregoriano
b) della musica francese di fine 1700
c) della musica inglese degli inizi del 1800
d) della musica tedesca del 1750-1800
11. Lo stile eroico prevede
a) l’allungamento del ritmo armonico
b) il divieto di ripetere frasi
c) l’utilizzo il più limitato possibile di zone di tensione
d) modulazioni a tonalità vicine
12. La Terza sinfonia fu inizialmente composta e dedicata
a) al principe Lobkowitz
b) a Giuseppina Beauharnais
c) a Napoleone Bonaparte
d) a Mozart
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13. Nella Terza sinfonia
a) sono presenti vari elementi derivanti dalla tradizione popolare austriaca
b) sono presenti imitazioni di uccelli
c) sono presenti elementi derivanti dal repertorio della Rivoluzione francese
d) sono presenti elementi che anticipano il tardo romanticismo
14. La Quinta sinfonia è composta
a) nello stile classico più puro
b) nello stile eroico
c) nello stile concertante
d) nello stile pastorale
15. Nella Quinta sinfonia i movimenti
a) sono concepiti indipendentemente
b) sono concepiti a due a due
c) sono concepiti in uno spirito unitario
d) sono concepiti come un tema e variazioni
16. Nella Sesta sinfonia “Pastorale”, Beethoven vuole
a) fare un quadro in musica
b) evocare sensazioni e sentimenti tipici di un ambiente rappresentabile in un dipinto
c) dimostrare di essere in grado di comporre della musica prettamente descrittiva
d) fare un omaggio ai pastori
17. Beethoven utilizza lo stile eroico
a) solo nelle opere sinfoniche
b) nelle opere sinfoniche ed in quelle per complessi d’archi
c) nelle opere sinfoniche e nei generi cameristici
d) solo nei generi cameristici
18. I quartetti op.59 “Razumovsky” furono
a) composti a scopo didattico, con poche difficoltà tecniche
b) accolti con gran successo dal pubblico
c) quell’opera che fece diventare il quartetto per archi un genere per sala da concerto, con interpreti
professionisti e pubblico di intenditori
d) quell’opera che permise a Vienna di attirare turisti grazie alle esibizioni del primo quartetto
stabile di Vienna nei parchi e nei “Caffè concerto”
19. Gli ultimi 10 anni di vita di Beethoven sono caratterizzati
a) da una grande serenità
b) dall’isolamento e dall’avanzare della sordità
c) dall’euforia data dall’indipendenza economica e dalla fama e prestigio internazionali
d) da precarie situazioni di salute dovute all’esagerato onere lavorativo
20. Le caratteristiche della musica di Beethoven del terzo periodo
a) sono rilevabili in composizioni dei contemporanei di Beethoven
b) sono rilevabili in opere dei compositori immediatamente successivi a Beethoven
c) sono rilevabili solo in opere più tarde di compositori di alcuni decenni successivi a Beethoven
d) non hanno lasciato nessuna eredità musicale
21. Le ultime sonate per pianoforte e gli ultimi quartetti per archi di Beethoven sono
a) rivolti al grande pubblico
b) composti per far piacere i nobili di allora
c) ispirati dall’amore di Beethoven per una donna che voleva conquistare attraverso composizioni
di forma nuova ed innovatrice
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d) rivolti ad un pubblico di musicisti e musicofili amici di Beethoven
22. Lo stile eroico presente in Beethoven nel II periodo si dissolve
a) con la Quinta sinfonia nel 1807-1808
b) con i Quartetti per archi op. 59 “Razumovsky”
c) con la settima e l’ottava sinfonia nel 1812-1813
d) con la Sonata per pianoforte in do M op.53 “Waldstein”
23. La nascita del nuovo stile beethoveniano (del terzo periodo)
a) fu repentina e veloce
b) avrebbe voluto essere rapida e drastica, ma la salute cagionevole di Beethoven fece sì che
impiegasse circa dieci anni a compiersi
c) avvenne in maniera graduale, attraverso un lento processo laborioso
d) non riuscì a compiersi a causa della prematura scomparsa del grande compositore
24. Negli anni successivi al 1809, la produttività di Beethoven
a) conobbe ritmi frenetici, tanto da avere il suo picco nel 1818 con la composizione di ben 4
sinfonie e 3 concerti per pianoforte e orchestra
b) si ridusse a zero, in quanto Beethoven si concesse una pausa di riflessione per cercare un nuovo
stile
c) crebbe in maniera incalcolabile fino al 1814, ma poi diventò scarsissima
d) fu piuttosto esigua
25. Beethoven esplorò
a) la tecnica contrappuntistica, ammirando J.S. Bach, Händel e Palestrina e le tecniche di
variazione
b) nuovi metodi di scrittura per il valzer
c) la forma del notturno
d) la musica rinascimentale, con particolare riguardo al madrigale di Monteverdi
26. Questo interesse di Beethoven verso ………….. (vedi domanda 25), si manifestò specialmente nel
a) 1802
b) 1808-1809
c) 1816-1817
d) 1826
27. Beethoven, nel terzo periodo,
a) fonde la fuga, la variazione e la forma sonata
b) non utilizza più né la fuga, né la variazione né la forma sonata, in quanto il suo genio non riesce
a limitarsi a questi schemi e strutture
c) utilizza varie forme e generi, ma in maniera sempre ben distinta fra loro (una fuga si troverà
solo in composizioni tipo “Toccata e fuga” o simili, variazioni in un “tema e variazioni” e così
via)
d) inventa nuove strutture formali articolate e, concentrandosi sul loro sviluppo, trascura le
strutture adottate nel primo e secondo periodo
28. Nel terzo periodo Beethoven
a) chiarisce il concetto di “tema”, utilizzandolo più volte in maniera esplicita
b) utilizza nello stesso brano molti temi complessi cercando di nascondere ogni relazione fra essi
c) coltiva una cellula motivica sulla quale basa poi tutto il movimento (o l’intero brano), facendo
in parte perdere significato al concetto di “tema”. Questo nucleo costituisce anche il
collegamento, apparentemente inesistente, fra i vari (altri) temi comparsi
d) compone un tema piuttosto lungo e complesso, a partire dal quale sviluppa delle elaborazioni
entusiasmanti e sorprendenti
29. Nelle opere del terzo periodo composte in forma sonata, lo sviluppo tende ad essere
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a)
b)
c)
d)
di durata decisamente superiore a quella dell’esposizione e delle altre sezioni
di durata simile a quella delle altre sezioni ma di contenuti molto più salienti ed interessanti
molto breve, in quanto quasi tutte le potenzialità di sviluppo sono già state sfruttate
nell’esposizione
inesistente: siccome Beethoven vuole eliminare la ripresa si vede costretto a togliere anche lo
sviluppo.
30. Tratti importanti del terzo periodo beethoveniano sono
a) un’espressività ed un lirismo eccezionali
b) trilli ed ornamenti utilizzati largamente a fini ornamentali
c) ampio utilizzo di sincopi per dare contrasto e forza ritmici
d) uso molto parsimonioso dei registri estremi
6.2
DOMANDE
ESTESE
(ESSAY
QUESTIONS)
1. Nel secondo periodo, che rapporto ha Beethoven con gli schemi compositivi classici?
2. In particolare come si comporta Beethoven con la forma sonata?
3. Qual è la particolarità dello stile eroico? Dove e quando lo possiamo trovare in Beethoven?
4. Beethoven tende ad inserire le innovazioni del secondo periodo in composizioni per orchestra o anche in
altri generi? Quali in particolare ci forniscono degli esempi utili?
5. Beethoven nel secondo e nel terzo periodo tende a scrivere della musica di facile o difficile esecuzione (e
comprensione da parte del pubblico)?
6. A cosa è probabilmente dovuto il passaggio dal secondo al terzo periodo?
7. Che influenza ebbero questi due ultimi periodi beethoveniani sui compositori immediatamente successivi
a Beethoven?
8. Nel terzo periodo Beethoven fa degli esperimenti musicali. In quali generi soprattutto? Per quali
strumenti? Compone in grandi o in piccole quantità?
9. Nel terzo periodo Beethoven esplorò una tipo di scrittura del passato. Di che tecnica si tratta? Quali
autori attirarono l’attenzione di Beethoven? In che senso Beethoven ha rivisitato queste forme?
10. Come ridefinisce il concetto di tema, nel terzo periodo, Beethoven?
11. Nelle ultime sonate e quartetti Beethoven tende ad inserire tecniche compositive anche diverse da quelle
della forma sonata. Quali sono? In che senso si può dire che Beethoven le inserì in composizioni in
forma sonata?
12. Come tendeva a concepire le opere in forma sonata Beethoven nel secondo ed ancor più nel terzo
periodo?
13. Nel terzo periodo Beethoven tende a collocare l’apice dell’opera in un movimento ben preciso. Quale?
14. Nel terzo periodo Beethoven utilizza abbellimenti, sincopi, tempi lenti. Con che scopo li intende?
15. All’interno di uno stesso movimento Beethoven, nel terzo periodo, tende ad una situazione statica od a
mutamenti drammatici? Utilizza largamente salti tra i registri estremi o evita accuratamente di farlo? Dà
indicazioni di andamento limitate alla velocità o vi aggiunge particolari sul modo in cui vuole che siano
intese? Cosa vuole che rappresentino i tempi lenti? Tra un movimento e l’altro cosa desidera Beethoven
(pausa lunga, breve, inesistente, …)?
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16. Sempre nel terzo periodo, Beethoven utilizza varie modulazioni. Sono vicine o lontane? Come ci arriva
(progressioni di settime, progressioni cromatiche, …)?
7. BIBLIOGRAFIA
 ELVIDIO SURIAN, Manuale di storia della musica, vol. III, L’Ottocento: la musica strumentale e il teatro
d’opera; Rugginenti editore, Milano, 1999
 DONALD JAY GROUT, Storia della musica in occidente, Feltrinelli, 2002
 Enciclopedia Le Garzantine, Musica, Garzanti, 1999
 LUDWIG VAN BEETHOVEN, Testamento di Heiligenstadt
 HARVEY SACHS, Direttori d’orchestra storici commentano la Nona sinfonia di Beethoven, Ricerca per il
Conservatorio della Svizzera Italiana, 2003
 RICHARD WAGNER, L’interpretazione della musica (Über das Dirigieren), Pagano
 SEBASTIANO LAVA, La Nona di Beethoven dagli occhi di Wagner, ricerca di storia della musica presso il
Conservatorio della Svizzera Italiana, A. A. 2003/2004
 http://www.homolaicus.com/arte/beethoven/beet.htm
 http://www.karadar.com/Dizionario/beethoven.html
 http://www.lvbeethoven.com/index_It.html
NOTE
i
La trasformazione di Leonora in Fidelio, con le correzioni del caso, è del 1814.
Nell’organizzare la prima della Nona sinfonia Beethoven fu molto agitato per la questione finanziaria,
quasi di più che non per quella musicale (forse perché, praticamente sordo, non sentiva i problemi di
esecuzione che l’orchestra aveva). Egli era infatti molto preoccupato di non ricavare dai biglietti soldi a
sufficienza per pagare gli orchestrali, e lo fece notare più volte a chi parlò con lui nei giorni precedenti la
prima della Nona, che avvenne a Vienna il 7 maggio 1824 e che, malgrado le difficoltà di esecuzione, sarà
un successo, purtroppo però senza ricadute finanziarie.
I problemi finanziari continueranno a tormentare il compositore fino agli ultimi giorni della sua vita. In realtà
però Beethoven non stava così male e infatti, dopo la sua morte, furono trovati alcuni titoli di credito che
Ludwig aveva custodito per il nipote.
ii
iii
La tradizione dei concerti pubblici, ovvero dei concerti in cui il pubblico è costituito da persone paganti il
biglietto, e non più di nobili invitati, si inaugura nel Settecento, nel Classicismo musicale. Ma la frequenza di
questi concerti cresce linearmente lungo tutto l’arco della seconda metà del diciottesimo secolo, per
raggiungere negli anni di vita di Beethoven una cifra mai avvicinata in precedenza. Nel Settecento i concerti
privati e le accademie cominciarono infatti a sentire la concorrenza dei concerti pubblici. A Parigi nel 1725
si aprì un ciclo di concerti pubblici. Seguirono Lipsia nel 1763, Vienna nel 1771, Berlino nel 1790, Londra
nel 1762 società di concerti prosperarono sporadicamente, nel 1765 avviarono una serie di concerti popolari.
(date tratte da: DONALD JAY GROUT, Storia della musica in occidente, Biblioteca di musica Feltrinelli, 2002)
iv
LUDWIG VAN BEETHOVEN alla contessa Erdödy, 1815.
Sembra che Clementi, riferendosi ai quartetti op.18 e op.59, disse a Beethoven: “Sicuramente non crederete
che questi lavori siano musica”. E Beethoven, senza stupore né offesa, rispose: “Oh, questi lavori non sono
per voi, ma per un’età più avanzata”.
v
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vi
I pianoforti dell’inizio della carriera di Beethoven avevano invece cinque, forse sei ottave, non di più.
vii
Beethoven chiese infatti, esplicitamente, miglioramenti ai fabbricanti di pianoforti, in particolare ai pianai
Matthäus Andreas Stein e Johann Andreas Streicher (cfr. lettera sui pianoforti Streicher di Johann Friedrich
Reichardt del 1806: ELVIDIO SURIAN, Manuale di storia della musica, vol. III, Rugginenti editore, pag. 25).
viii
cfr. le sinfonie; per es. nel I mov. della V sinfonia la rpresa ha importanza e numero di battute pressoché
uguale alle altre sezioni
ix
Interessante è però notare che l’accordo di settima diminuita è usato da Beethoven già nel primo periodo.
Per esempio il primo movimento della sonata per pianoforte op. 13 “Patetica”, nella sua introduzione
“Grave”, inizia proprio con un motivo che termina su un accordo di settima diminuita che risolve poi su un
accordo maggiore. Ciò prova quanto si diceva dell’unità stilistica che Beethoven mantiene, pur evolvendo il
suo stile in tre tappe relativamente distinte, benché – appunto – sfumate l’una nell’altra.
Altra prova di ciò può essere trovata proprio nella stessa sonata op. 13 in do minore di Beethoven. Il secondo
tema del primo movimento infatti è lo stesso tema che viene utilizzato, trasportato in do minore, nel terzo
movimento. Questo è un primo inizio dell’unità tra i movimenti introdotta da Beethoven e poi evolutasi nella
Sonata ciclica e nel Poema sinfonico romantici.
La Settima sinfonia è soprannominata “l’apoteosi della danza”, ma non si tratta di un titolo, a differenza
dell’Eroica e della Pastorale, voluto dallo stesso Beethoven. Fu Wagner che le diede questo soprannome.
x
xi
Non scrisse nessuna sinfonia fino al 1824, nessun concerto dopo il 1809, nessuna serie di variazioni per
pianoforte dal 1809 al 1822. Le ultime 5 sonate per pianoforte (op. 101, 106, 109, 110, 111) furono composte
tra il 1809 ed il 1822, quindi Beethoven compose 5 sonate in tredici anni. Tra il 1812 ed il 1824 abbandonò il
genere del quartetto per archi, che diventò poi il genere sperimentale principale negli ultimi anni di vita.
L’op. 127 venne pubblicata nel 1826, gli altri postumi nel 1827.
xii
Tema o motivo: struttura concreta ritmico-melodica in cui si sono amalgamati una serie di intervalli, una
precisa successione di durate e un ordinamento di accenti.
cfr. Quartetto per archi in la minore op. 132: 4 note rappresentano l’idea di fondo dell’introduzione; due
intervalli di semitono (con un intervallo intermedio variabile) sono invece ricorrenti nell’”Allegro”.
Oppure cfr. op.130, op. 131 e op. 133: anche qui vengono usate 4 note ed intervalli per delineare un’idea
fondante.
xiv
Come disse Wagner, “Beethoven ha fornito il modello immortale di quella che potrei definire musica
emotiva, sentimentale.” (RICHARD WAGNER, L’interpretazione della musica (Über das Dirigieren), Pagano,
pag. 37)
xiii
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