Chiuduno 16 novembre 2008

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Omelia del Vescovo
Incontro Diocesano dei Catechisti
Chiuduno 16 novembre 2008
Carissimi,
con grande affetto saluto ciascuno di voi e coloro che
non possono essere presenti ma che con voi si
dedicano ai ragazzi dell’iniziazione Cristiana e agli
adolescenti, agli adulti, e ai genitori nella pastorale
per i bambini da 0 a 6 anni. Vi saluto con profonda
gratitudine perché consapevole dell’importanza della
vostra generosità nel vivere il vostro impegno
nonostante la fatica, le delusioni, le incomprensioni
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nella comunità, le crescenti difficoltà nel capire le
nuove generazioni e le famiglie.
Insieme a voi
ringrazio il Signore per quanto dona, alla nostra amata
Chiesa che è in Bergamo, anche mediante la vostra
opera.
1. Il Vangelo (Mt 25,14-30) ci ha raccontato come
deve essere il nostro rapporto con Dio, da Gesù
manifestato come Padre che ama incondizionatamente
ciascuno
di
noi
e
desidera
che
liberamente
collaboriamo con Lui per far crescere in noi e negli
altri il suo Regno d’amore (…Venga il tuo Regno),
cioè la condivisione in Gesù Cristo della sua capacità
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di amare gratuitamente ogni persona, il cammino
dell’umanità, della Chiesa, della nostra parrocchia.
Lasciandoci guidare dal suo amore dobbiamo
impegnarci
nell’arricchire
la
vita,
la
fede,
l’intelligenza, la sensibilità, la capacità di relazione, e
altri doni, di questa condivisione perché sempre più
manifestiamo la generosità del Signore, ne gustiamo
la sua gioia che sta nel prendersi cura di ogni persona
con amore tenero e sovrabbondante.
2. Uno di questi doni, da sviluppare con impegno
costante,
è
la
chiamata
ad
essere
catechisti,
collaborando con lo Spirito Santo nel far nascere o
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riaccendere, nel far crescere e maturare la fede nelle
persone che ci sono affidate.
La fede è un dono di Dio, ma ha bisogno della nostra
collaborazione per essere comunicata a tutti; il
compito della Chiesa sta nella comunicazione
dell’esperienza di Gesù Cristo ad ogni persona. Ed è
pure il compito di ogni credente. Il dono della fede
ricevuto nel Battesimo rende capaci di riconoscere in
Gesù il Dio con noi e in Lui riconoscere Dio come
Padre al quale affidarsi totalmente e dal quale lasciarsi
guidare nella propria vita quotidiana con la certezza
che Egli vuole donarci la pienezza della sua gioia.
Questo dono, vissuto realmente, ci rende partecipi
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dell’appassionato desiderio del Padre di offrire a tutti
la possibilità di scoprire e vivere l’amore di Gesù,
manifestazione del cuore del Padre e della vocazione
altissima di ogni persona.
Un amore che avvolge
ciascuno di noi, che si fa accoglienza misericordiosa
per
tutti,
in
economicamente,
particolare
socialmente,
dei
più
poveri
moralmente
e
spiritualmente. Un amore che nell’ultima cena si è
mostrato nel servizio proprio dello schiavo, di lavare i
piedi dei discepoli che lo stavano tradendo e
abbandonando; gesto segno del dono totale di se
stesso sulla Croce dove, con il suo sangue, continua a
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purificare l’intera umanità aprendole la strada verso la
vita e la gioia di Dio Uno e Trino.
Il compito di narrare l’amore di Gesù, verità di Dio e
dell’uomo, con la vita, con la parola e con le
celebrazioni, è affidato a tutti; al catechista si chiede
di narrarlo anche nella catechesi.
3. Per svolgere sempre meglio questo compito,
dobbiamo sentirci chiamati e inviati dal Signore a
vivere il dono del Battesimo anche nel guidare,
mediante la catechesi, gli altri all’incontro con Lui.
Inviati dal Signore nella e con la Chiesa che è in
Bergamo a sostenere il cammino di fede dei fratelli.
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Il sentirsi mandati e accompagnati dal Signore e dalla
Chiesa, infonde gioia, serenità, coraggio e fiducia nel
nostro cuore.
Gioia perché Gesù ci ricorda costantemente: “Come il
Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete
nel mio amore” (Gv 15,9). Un amore gratuito che ci
precede sempre e che ci rende suoi amici: “Non vi
chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa
il suo padrone, ma vi ho chiamato amici, perché tutto
ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a
voi” (Gv 15,15).
Serenità e coraggio perché: “Io ho scelto voi e vi ho
costituito perché andiate e portiate frutto e il vostro
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frutto rimanga” (Gv 15,16). Siamo sempre sostenuti
dalla speranza che Lui rende feconda anche la nostra
povertà e sa far fiorire la fede anche dove noi vediamo
terra arida. Perciò anche nelle situazioni più difficili e
scoraggianti continueremo a seminare la sua parola,
fiduciosi nelle sue promesse e nel suo amore per noi e
per le persone che ci chiama a servire.
Ricordiamo sempre che il Signore ci precede sempre
nel cuore di ogni persona: “E’ lo Spirito Santo che,
oggi come agli inizi della Chiesa, opera in ogni
evangelizzatore che si lasci possedere e condurre da
lui, che gli suggerisce le parole che da solo non
saprebbe trovare, predisponendo nello stesso tempo
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l’animo di chi ascolta perché sia aperto ad accogliere
la buona novella e il regno annunciato […]Si può
dire che lo Spirito Santo è l’agente principale
dell’evangelizzazione, è lui che spinge ad annunziare
il Vangelo e che nell’interno della coscienza fa
accogliere e comprendere la parola della salvezza”
(Evangelii nuntiandi, 75).
4. La consapevolezza della presenza del Signore
genera entusiasmo, gioia e tenacia, ma è pure costante
invito alla fedeltà a Colui che ci manda non a dire le
nostre parole ma la sua parola, non a legare a noi le
persone ma a guidarle a Lui, come è conosciuto e
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vissuto nella Chiesa e non presentato secondo le
nostre opinioni. Fedeltà nel rimanere nel suo amore
lasciandoci guidare e plasmare dal suo Spirito perché
pensiamo, amiamo, viviamo e guardiamo noi e gli
altri come il Signore, in modo da poter almeno
balbettare la stupenda confessione di san Paolo:
“Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io,
ma Cristo vive in me” (Gal 2,19-20).
Come catechisti si è chiamati a guidare gli altri nella
scoperta, conoscenza e imitazione di Gesù, in modo
che le persone, qualunque sia la loro età e la loro
condizione di vita, condividano sempre più l’amore e
l’agire di Gesù. Per collaborare umilmente con lo
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Spirito Santo in questo gesto di profondo amore verso
le persone, dobbiamo coltivare e sviluppare la nostra
amicizia con Gesù Cristo, nella regolare e intensa
preghiera, nell’ascolto assiduo della Parola, nella
conversione continua nel Sacramento del perdono,
nell’accogliere
la
sua
carità
nell’Eucarestia,
nell’impegno a operare delle scelte quotidiane fedeli
al Vangelo.
E tutto questo non soltanto quando
“abbiamo voglia” ma sempre, seguendo una “regola
di vita” che ciascuno di noi dovrebbe darsi. Soltanto
così si può raccontare in modo credibile l’amore del
Signore nella vita quotidiana e nella catechesi. Infatti
non si può suscitare entusiasmo per il Signore se noi
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non siamo affascinati della sua bellezza, se non siamo
convinti intimamente della sua insostituibile preziosità
per ogni vita umana.
Non è possibile spiegare il senso delle parole del
Signore per l’esistenza umana, se non le lasciamo
penetrare
nel
nostro
cuore
illuminandolo,
purificandolo e rendendolo come il cuore del
Crocifisso sempre aperto all’accoglienza e al servizio
di tutti. Non siamo inviati a dire delle verità astratte,
ma a dire una persona viva, il Crocifisso-Risorto.
Raccontarlo rispettandone la verità e rendendo
credibile il racconto mostrando quello che sta
operando nella nostra vita. Vale per tutti i catechisti
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ciò che il documento “La formazione dei catechisti
nella comunità cristiana” scrive: “Il catechista si
qualifica come testimone esemplare della fede, che
manifesta
una
ripercorrere
fede”gioiosa”;
con
i
fanciulli
disponibile
il
a
cammino
dell’Iniziazione Cristiana e a esprimere con la vita la
parola di Dio che annuncia ai fanciulli e ai ragazzi.
Amico dei fanciulli e dei ragazzi, capace di
accoglierli, di ascoltarli, di mettersi al servizio della
loro crescita umana e cristiana” (n. 25).
Così si
condivide il servizio appassionato e tenero di Gesù,
espresso
nella
lavanda
dei
piedi,
pienamente
realizzato sulla Croce e perennemente offerto a noi
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nella celebrazione eucaristica perché passi nell’intera
nostra esistenza.
5. Vivere il servizio di Gesù richiede fedeltà alla
persona
concreta.
Fedeltà nell’ascoltarla
con
attenzione e stima per conoscerla nelle sue ricchezze e
nelle sue povertà, nella luce e nelle ombre che
accompagna il suo modo di considerare la vita umana,
se stessa, gli altri e la società. Prima di insegnare
occorre, da parte di tutti, l’ascolto disponibile,
rispettoso e fiducioso, di ciò che le persone e le
famiglie stanno vivendo, delle loro ansie, speranze e
delusioni; delle loro fatiche nell’educare in una realtà
che si trasforma continuamente, dove nulla appare
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certo, e dove è reso sempre più difficile il loro
compito di introdurre i figli a comprendere e vivere la
vita come dono.
Questo ascolto ci permetterà di conoscere la storia
concreta delle singole persone, e come aiutarle a
interessarsi del Signore e a compiere i possibili passi
per ricercarlo. Amandoli, ascoltandoli, accogliendoli
così some sono, pazientemente e fiduciosamente
dialogando con loro, nella nostra povertà, si rende
presente il volto del Signore, e si offre la possibilità di
esperimentare la bellezza e la credibilità di una vita
umana illuminata e guidata dal Vangelo.
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E così si “rimane nel suo amore”, perché lo si vive
nei gesti quotidiani, nell’attività catechistica e questa
diventa uno dei luoghi dove l’amore reciproco tra
Gesù e noi si rafforza e ci rende più capaci di educare
gli altri ad una relazione stabile di amicizia con lui;
un’amicizia che non si chiude nell’intimismo ma
plasma la totalità della persona, nelle sue relazioni e
responsabilità familiari e sociali.
6. L’ascolto delle persone favorirà la conoscenza
più precisa della cultura odierna nei suoi aspetti
problematici e nelle opportunità che offre alla
trasmissione della fede in Gesù Cristo e alla
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educazione al suo amore.
Soprattutto se questo
ascolto sarà accompagnato da quello comunitario
della Parola di Dio all’interno della storia odierna. Un
ascolto vissuto insieme agli altri catechisti, nel
Consiglio Pastorale parrocchiale e vicariale, nei
Consigli d’Oratorio. I catechisti siano esemplari nel
vivere e sollecitare questo ascolto comunitario delle
parole del Signore e delle parole dell’uomo d’oggi.
Solo così s’impara a guardare e amare il mondo
d’oggi con lo sguardo e il cuore del Signore. S’impara
a scoprire nuovi aspetti dell’esperienza cristiana,
s’impara a dare il proprio contributo perché la
parrocchia diventi sempre più una comunione fondata
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e alimentata dall’ascolto comunitario della Parola di
Dio e dall’accoglienza di Gesù pane di vita eterna.
Per guidare e sostenere il cammino della persona
verso Gesù Cristo riconosciuto e incontrato nella
comunità ecclesiale che è il suo Corpo, occorre che il
catechista sia “costruttore di comunione, inserito
attivamente nella comunità ecclesiale, capace di
promuovere rapporti di amicizia tra i fanciulli e tra i
loro genitori e padrini e di educarli al senso di
appartenenza
cristiana”
(La
formazione
dei
catechisti, n. 21).
Questo senso profondo della comunità aiuterà i
catechisti e la comunità a non dimenticare che la
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responsabile
dell’Iniziazione
Cristiana,
e
della
catechesi in generale, è la comunità, e nell’educazione
alla fede incide molto la possibilità di poter incontrare
modelli concreti e vivibili di comunità secondo il
Vangelo.
7. L’amore cha sa accogliere, ascoltare e
pazientemente dialogare lo si deve testimoniare con
tutti, in particolare con le famiglie dei ragazzi che si
accompagnano nell’Iniziazione Cristiana.
La fede
non è prima di tutto dottrina ma vita, e la vita la si
comunica soprattutto attraverso i rapporti personali
carichi di affetto e di fiducia reciproca. La famiglia è
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il luogo per eccellenza nel quale sono presenti le
condizioni per poter sviluppare questi rapporti.
Anche oggi, perciò, la famiglia è di vitale importanza
per
la
comunicazione
fondamentali
che
degli
preparano
alla
atteggiamenti
fede,
come
l’esperienza di essere accolti e amati, l’apertura
fiduciosa alla vita e agli altri. E’ pure importante per
la trasmissione della fede in Gesù Cristo mediante
quella che viene chiamata “catechesi occasionale”,
perché trae occasione dai fatti della vita quotidiana
per svelare, insegnare e praticare il rapporto di
amicizia con Gesù Cristo.
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Tutti
conosciamo
le
difficoltà
di
questo
coinvolgimento delle famiglie, difficoltà da attribuire
non solo alla situazione concreta delle persone ma
anche al nostro modo di coinvolgerle.
Non consideriamo i genitori soltanto degli alunni che
devono imparare, o come destinatari di compiti da
svolgere, magari con il ricatto, ma come i soggetti
primi dell’educazione dei figli. Soggetti che possono
dirci molto sui figli; quindi da accogliere e ascoltare
con stima, per meglio capire la loro storia e quella dei
figli. Accogliamoli come depositari di risorse preziose
per l’educazione, ricordando che il sacramento del
matrimonio dona loro la grazia di comprendere,
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meglio degli altri, come generare i figli alla fede.
Quindi il cammino da percorrere, con i figli, sia
costruito insieme e sia sviluppato con il loro
contributo, e non imposto dall’esterno e da loro non
compreso.
Le modalità potranno essere diverse, i frutti desiderati
tarderanno e le difficoltà non diminuiranno. Intenso e
costante deve essere l’impegno nell’accogliere tutti,
con lo stile di Gesù Cristo, e nel tentare di essere
aiutati e di aiutare le famiglie (favorendo anche in
queste occasioni le relazioni tra le famiglie) nel
settore più importante e decisivo per l’educazione dei
loro
figli.
Ripeto:
offrendo
sempre
il
volto
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evangelicamente accogliente della comunità, una
comunità che deve molto alla famiglia e può
sostenerne adeguatamente il non facile cammino.
8. Per vivere così il dono-compito della catechesi è
necessario essere fedeli alla formazione e vivere
intensamente la celebrazione eucaristica domenicale.
Per la formazione ripeto quanto dice il Sinodo
all’articolo 327: “Questo compito delicato richiede
catechisti maturi e preparati. Pertanto la parrocchia
scelga i suoi catechisti con cura e predisponga per
essi un’adeguata formazione. Tale formazione integri
l’aspetto dottrinale, quello liturgico, quello spirituale
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e quello metodologico-didattico; sia orientata a
rendere i catechisti uomini e donne di comunione ed
esperti di relazioni, li renda attenti alla dimensione
culturale e alla testimonianza della carità.
Per
questo la cura e la formazione dei catechisti dovrà
prevedere livelli diversi, da svolgersi anche in tempi e
luoghi differenziati all’interno della parrocchia, del
vicariato e della diocesi”.
Abbiamo ricordato che il ministero della catechesi è
una forma particolare di condivisione del servizio
d’amore di Cristo per le persone. Tutti i credenti sono
chiamati
a
sviluppare
questa
condivisione;
il
catechista a viverla con particolare intensità nella
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catechesi. Il momento nel quale questo servizio di
Cristo viene offerto a noi è la celebrazione eucaristica
durante la quale Egli ci regala il suo amore di
donazione totale per riviverlo nella nostra vita e
testimoniarlo come la verità di Dio che ama
immensamente l’uomo e quello dell’uomo come
essere incondizionatamente amato e perdonato,
chiamato a condividere questo amore. Il catechista
deve parlare in modo credibile ed efficace della verità
di Dio e dell’uomo; lo potrà fare se questa verità viva
che è Gesù Cristo, presente nell’Eucarestia, sarà
amata e accolta con gratitudine, assimilata con
disponibilità sempre nuova.
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Il cammino dell’Iniziazione cristiana vuole preparare
all’incontro
con
Gesù
Risorto
presente
nell’Eucarestia; incontro nel quale accoglierlo per
vivere con e come Lui sia la vita ecclesiale, sia ogni
altro momento dell’esistenza. Incontro, fonte della
comunità dei credenti, quotidianamente necessario per
la vita del singolo credente e della parrocchia.
Occorre perciò rendere consapevoli i ragazzi e i
genitori di questi obiettivi dell’Iniziazione cristiana;
aiutarli perché imparino a partecipare, in modo
convinto,
gioioso
e
libero,
all’Eucarestia,
in
particolare all’Eucarestia nel giorno del Signore. Più
che di preparazione alla “Prima Comunione” parliamo
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di cammino, di esperienze diverse per comprendere,
amare e vivere con intensità il giorno del Signore con
al centro la celebrazione eucaristica, cioè l’incontro
con il Risorto che vuole coinvolgerci nel suo servizio
ai fratelli.
Tutti conosciamo la difficoltà e la
situazione grave su questo punto; non scoraggiamoci,
sia più lucido, creativo e tenace l’impegno dei
catechisti capaci di stimolare, con l’esempio e la
collaborazione, la parrocchia a vivere la celebrazione
eucaristica domenicale come il momento centrale
della vita parrocchiale. Momento che illumina sia il
giorno del Signore, sia l’intera settimana.
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Soltanto
celebrazioni
eucaristiche
intensamente
vissute da tutti potranno aiutare i ragazzi e gli
adolescenti a capirne il significato profondo per la
loro vita personale.
Ancora grazie per la il vostro servizio; prego il
Signore perché vi sostenga sempre e vi doni di
partecipare alla sua gioia nel servire le persone. Vi
sostenga l’esempio e l’intercessione della Madonna
che è stata sempre e fiduciosamente a servizio
dell’amore di Dio per l’intera famiglia umana e per
ciascuna persona.
Vi stimoli e vi doni perseveranza l’esempio di san
Paolo che sentendosi amato gratuitamente dal
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Crocifisso-Risorto, lo ha riamato con crescente
passione “Corro verso la meta, al premio che Dio ci
chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Fil 3,14);
ne ha condiviso il desiderio di far giungere la sua
parola ad ogni persona, ha affrontato con coraggio e
speranza ogni situazione umana anche quella che
sembrava più lontana dal Vangelo, perché certo che
Gesù amava anche quelle persone.
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