GLI ARTICOLI 1°ARTICOLO Suicidio giovanile L'Organizzazione Mondiale della Sanità dedica una giornata alla prevenzione del suicidio giovanile Il 10 settembre 2006 l’organizzazione mondiale della sanità (WHO) ha celebrato la giornata mondiale della prevenzione del suicidio. Il suicidio è la forma più eclatante di aggressività verso se stessi, è un atto che comunica disperazione, incapacità di valutare obiettivamente il futuro, convinzione profonda che nulla abbia più un senso. Il suicidio è un atto che annulla l’istinto di sopravvivenza intrinseco all’essere umano; chi ha grave ideazione suicidiaria non pensa più ad altro, ha spesso uno stato di coscienza alterato, e può programmare nei dettagli l’atto suicidiario senza dare il minimo segno di debolezza o sconforto. Molti giovani suicidi non condividono con nessuno il malessere emotivo che causa poi l’atto: spesso il malessere che porta al suicidio non viene identificato come “patologia” e quindi come ferita curabile, ma inteso come un semplice dato di fatto, la prova che nulla è più possibile. Chi commette un atto suicidiario avverte soltanto la profonda sensazione di sofferenza, l’assenza di alternative e la liberazione che deriverà dal gesto: se in quel momento potesse osservare con consapevolezza e presenza mentale tutto il percorso attraverso cui è giunto all’ideazione suicidiaria, molto raramente deciderebbe di proseguire. La frequenza del suicidio giovanile è molto elevata: le stime mondiali parlano di un milione di morti per suicidio all’anno, corrispondenti a 16 casi su 100000 abitanti. Negli ultimi 50 anni l’incidenza del suicidio è aumentata del 60%, diventando la terza causa di morte per gli adolescenti ed i giovani adulti. Mentre fino a poche decine di anni fa il gruppo più a rischio era rappresentato dagli uomini anziani, oggi sono gli adolescenti e i giovani ad avere il più alto rischio di suicidio in molti paesi, sia industrializzati che sottosviluppati. Se a questi dati aggiungiamo quelli del tentato suicidio, la cui frequenza è 20 volte più alta del suicidio completo, possiamo renderci conto di quanto grave sia questo fenomeno e di quanto sarebbe opportuno lavorare sinergicamente in termini di prevenzione con i bambini e gli adolescenti. Da un lato dovremmo saper prestare attenzione alla presenza di fattori di rischio, riconoscendoli precocemente: tra questi, la presenza di un disturbo psichico riconosciuto (depressione, disturbi psicotici, disturbo da uso di sostanze, disturbi del comportamento alimentare), la presenza di sintomi psichici nuovi, non riconosciuti o trattati e la variazione nei comportamenti (ad esempio, il calo del profitto scolastico, il ritiro sociale. Bisogna considerare che sebbene molti suicidi giovanili siano correlati alla presenza di sindromi depressive o ad uso di sostanze, non sono da sottovalutare fattori socioculturali ed eventi di vita: cambiamenti economici, familiari e personali, costituiscono veri e propri fattori trigger anche in assenza di disturbi psichici documentati in precedenza. Oltre al riconoscimento precoce dei fattori di rischio, la prevenzione del suicidio adolescenziale dovrebbe prevenire i suddetti fattori di rischio attraverso: o o o informazione corretta di pediatri, medici di medicina generale, professori, insegnanti; interventi di psicoeducazione, da fare nelle scuole con i ragazzi, mirati al riconoscimento e alla gestione dei momenti di crisi, alla promozione di una maggiore autostima e all’acquisizione di buone capacità di copying; una corretta comunicazione sul suicidio, tra operatori ma anche a livello sociale; il suicidio è un atto drammatico che per essere arginato richiede formazione, informazione e apertura. Nella nostra società, dove già parlare della morte è difficile, parlare del suicidio resta un tabù, e come tutti i tabù cade vittima di generalizzazioni e giudizi che più che mai ci allontanano dalla prevenzione del problema. L’organizzazione mondiale della sanità sfata alcuni miti riguardanti il suicidio, purtroppo molto diffusi anche nella nostra cultura: o o non è vero che chi minaccia di suicidarsi poi di solito non lo fa (bisogna sempre prestare attenzione a frasi o gesti lesivi); non è vero che parlare di suicidio può indurre una persona a farlo, anzi, questo contribuisce ad alleviare le emozioni negative e può ridurre il senso di solitudine, creando una positiva alleanza. Ulteriori informazioni su suicidio sul sito della Organizzazione Mondiale della Sanità