Introduzione
Non c’è bisogno di essere navigati storici della filosofia per sapere, almeno intuitivamente, che Aristotele è
uno dei più grandi punti di riferimento della filosofia d’ogni tempo: il suo contributo è stato da più parti
definito gigantesco1, e le stesse suddivisioni interne della filosofia oggi comunemente utilizzate sono state
stabilite in origine proprio da lui2.
Quadro storico culturale
Il periodo in cui vive Aristotele è caratterizzato dalla fine traumatica dell’esperienza della pòlis e del suo
modello politico e culturale. La Grecia intera sembra definitivamente crollare sotto la pressione della potenza
macedone, che, nella metà del IV secolo a. C., aveva dato inizio ad una massiccia occupazione. È la fine della
libertà delle città-stato.
Aristotele per tradizione familiare e per scelta personale (aveva infatti accettato l’incarico di precettore del
giovane Alessandro, il futuro Alessandro Magno) è strettamente legato ai sovrani macedoni, proprio negli
anni in cui stavano schiacciando la libertà delle città greche, la cui crisi, tuttavia, era innanzitutto interna.
Cercando di dare una connotazione generale al quadro storico e culturale di questo periodo dobbiamo
senz'altro notare che il principale fattore di mutamento, rispetto all’età classica, è costituito non solo dalla
perdita dell’indipendenza, ma soprattutto alla perdita dell’identità del popolo greco: nel nuovo assetto
politico, sotto il dominio della potenza Macedone, il cittadino greco 3 non è (e non si sente più) coinvolto nella
gestione del governo e viene anzi totalmente assorbito in un più vasto organismo statale del quale altri
reggono le fila. Da ciò l'emergere di nuovi interessi rispetto alla politica, soprattutto conoscitivi ed etici, che
costituiranno una delle principali caratteristiche della nuova era che sta iniziando: l'età ellenistica.
Aristotele vive quindi pienamente inserito nell’età dell’ultima crisi della civiltà classica ed è in qualche modo
un precursore della nuova era. Tuttavia la sua figura è indissolubilmente legata alla città di Atene, in cui abita
e insegna in due distinti periodi della sua vita: ed è per questo che viene ancora considerato come l’ultimo
protagonista del pensiero dell’età classica.
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Lettura antologica consigliata: Dalla pòlis all’impero (in “Antologia critica”).
Rifletti: quali sono le principali caratteristiche socio-culturali del periodo storico in cui vive
Aristotele?
Perché alla perdita dell’indipendenza corrisponde una perdita dell’identità del popolo
greco?
Vita e opere
Aristotele nasce intorno al 384 a.C. a Stagira, (l'attuale Stavro, una città situata nel nord della Grecia, al
confine con la Macedonia). All’età di 17 anni, si reca ad Atene per frequentare l’Accademia di Platone, e qui
1 E. Severino, La filosofia antica, Rizzoli, Milano, 1990, p. 109.
2 A. Armstrong, Introduzione alla filosofia antica, Il Mulino, Bologna, 1983, p. 91.
3 Parliamo naturalmente del cittadino maschio e libero, l’unico che poteva votare nelle assemblee e partecipare alle cariche pubbliche.
svolge per circa un ventennio diverse attività di ricerca e insegnamento, sino alla morte del maestro (347-348
a.C.). In seguito si reca ad Asso, dove, con altri ex discepoli di Platone (che già si trovavano là sotto la
protezione del tiranno di Atarneo, Ermia) ricostruisce una piccola comunità filosofica, dove probabilmente
tiene per la prima volta un insegnamento del tutto autonomo. È sempre di questo periodo il matrimonio con
la figlia di Ermia, Pitia (dalla quale ha due figli, Pizia e Nicomaco). Più tardi passa a Mitilene, sull'isola di Lesbo.
In seguito entra in rapporto con Teofrasto e intraprende ricerche di carattere naturalistico; quindi si
trasferisce a Pella, dove cura l’educazione di Alessandro, figlio di Filippo il Macedone. Quando poi Alessandro,
succeduto al padre (assassinato nel 336), riguadagna il controllo delle città greche (che si erano ribellate
approfittando della morte di Filippo), Aristotele può finalmente fare ritorno ad Atene, dove fonda il Liceo e
rimane per dodici anni dedicandosi all’insegnamento, rielaborando le sue dottrine e mettendo a punto alcune
delle sue opere più importanti. L'amicizia del potente re mette a sua disposizione mezzi di studio eccezionali,
che facilitano le ricerche in tutti i campi del sapere.
Quando però Atene, alla morte di Alessandro, insorge nuovamente contro i macedoni (siamo nel 323 a.C.),
Aristotele è costretto ad abbandonare nuovamente la città e decide di trasferirsi con la famiglia a Calcide, in
Eubea, ove incontra la morte nel 322 a.C., a 63 anni.
Gli scritti
Perdute quasi interamente le opere a carattere divulgativo, ci restano di Aristotele gli scritti di scuola, cioè
quei componimenti che dovevano costituire delle «dispense» ad uso interno e didattico, quindi più o meno
rifinite, ed ordinate solo molti anni dopo nella famosa edizione di Andronico di Rodi (alla guida del Liceo dal
78 al 47 a.C.). Quelle che restano tra le opere aristoteliche possono comunque essere divise in due grandi
gruppi: gli scritti "essoterici", così denominati perché erano destinati ad un pubblico esterno alla scuola e
quelli "esoterici", in quanto erano invece diretti agli allievi del maestro:
SCRITTI ESSOTERICI: Grillo, Sofista, Eudemo, Sulla nobiltà, Il politico, Sui poeti, Sulla giustizia, Sul bene, Sulle idee.
SCRITTI ESOTERICI: Organon, Retorica, Poetica, Metafisica, Fisica, Sul cielo, Sulla generazione, Sulla corruzione,
Meteorologici, Ricerche sugli animali, Parti degli animali, Generazione degli animali, Locomozione degli
animali, Moto degli animali, Sull’anima, Etica Nicomachea, Etica Eudemia, Grande etica, Politica.
L’edizione di Andronico di Rodi
Dopo la morte degli immediati discepoli di Aristotele si era persa traccia della maggior parte dei testi di scuola
(fedelmente redatti dagli stessi allievi). I manoscritti delle principali opere del filosofo vengono ritrovati in
seguito da Apellicone, un bibliofilo e collezionista di antichi testi, in Asia Minore, tra il II e il I secolo a C.
Più avanti, e siamo così nell’86 a.C., Silla, dopo aver conquistato Atene, porta la biblioteca di Apellicone a
Roma come bottino di guerra. A Roma le opere di Aristotele vengono quindi pubblicate da un dotto greco,
Andronico di Rodi (siamo tra il 40 e 20 a C.): egli pensa per primo di dividere i testi a seconda dell’argomento,
classificandoli in raggruppamenti più ampi in base alle aree disciplinari di appartenenza.
Abbiamo così:
SCRITTI DI LOGICA: definiti “Organon”, i greco “strumento”, cioè riguardanti i procedimenti logico-linguistici
mediante i quali le diverse discipline conoscono i propri campi di oggetti. L’Organon comprende: Le categorie,
Dell’interpretazione, Analitici primi e secondi, Elenchi sofistici.
SCRITTI DI FISICA: comprendono indagini sulla natura e sul cosmo, le ricerche biologiche sui vegetali e sugli
animali (uomo compreso), le ricerche sull’anima umana e sulle facoltà conoscitive. Ricordiamo in questo
gruppo di scritti: Fisica, Sul Cielo, Sulla generazione e la corruzione, Sulla generazione degli animali, Sulle parti
degli animali, Sull’Anima.
SCRITTI DI METAFISICA: questo titolo significava in origine “scritti dopo (metà) quelli di fisica (tà physikà)”.
Andronico classifica infatti in questo modo le opere che Aristotele denomina “filosofia prima” e “scienza
dell’ente in quanto ente” (anche se non mancano opere relative ad altri argomenti fisici). Com'è noto, il titolo
“metafisica” ha poi avuto grande fortuna e, da allora, per la tradizione filosofica successiva, indica la scienza
che studia la struttura del reale che sta al di là del mondo fisico. Nei dodici libri della Metafisica sono trattate
in particolare l’ontologia (lo studio dell’essere) e la teologia.
SCRITTI DI ETICA E DI POLITICA: è un gruppo di scritti che trattano dell’agire umano, sia a livello singolo che
intersoggettivo. Abbiamo qui la famosa Etica Nicomachea, la Politica, ed altri scritti minori.
SCRITTI SULL’ARTE: studi che riguardano le tecniche di produzione, in particolare di Poetica (testi poetici) e
Retorica (discorsi retorici).
IL SISTEMA. Si deve però notare che così ordinata, l’opera di Aristotele si presenta come un "sistema".
Quest’immagine, in realtà, è propria delle filosofie ellenistiche e dello stoicismo in particolare, la cui
tripartizione del sapere in logica, fisica ed etica costituisce il modello dell’ordinamento deciso da Andronico al
Corpus aristotelicum, usato poi dagli interpreti di Aristotele fino a tempi recenti. È stato motivo di discussione
l'indagine sulle effettive intenzioni di Aristotele in merito, visto che non possediamo una sua diretta
organizzazione degli scritti, tanto è vero che più recentemente gli studiosi di Aristotele si sono orientati verso
una diversa direzione, assemblando le unità testuali originarie con una nuova prospettiva e ampliando così in
modo significativo la conoscenza dell’opera aristotelica. Abbiamo così due tendenze interpretative:
a) Uno dei massimi studiosi di Aristotele, Ingemar Dühring, afferma per esempio che gli
accenti antiplatonici sono più marcati nelle opere di gioventù, quando Aristotele è spinto dal
confronto con il maestro e si attenuano invece in quelle mature quando Aristotele è in grado
di valutare positivamente il contributo che può derivargli dalla riflessione platonica.
b) Secondo Werner Jaeger, invece, al periodo giovanile andrebbero ricondotte le opere in cui è più marcata
l’influenza del maestro Platone, mentre al periodo della maturità andrebbero riportate quelle in cui emerge
una rivalutazione dell’esperienza sensibile (diventata poi caratterizzante della filosofia aristotelica).
In ogni caso gli studiosi dello Stagirita sembrano concordi nel non escludere che la forma in cui le opere di
Aristotele ci sono state tramandate da Andronico corrisponda molto probabilmente al disegno dello stesso
filosofo e tutti riconosco infine all’opera aristotelica una propria unità e coesione interna, non essendoci di
fatto differenze essenziali tra le posizioni speculative giovanili e quelle della maturità.
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Rifletti: possiamo dire che le opere di Aristotele formano un sistema? E perché?
Qual è la differenza tra l’ordinamento delle opere pensato da Andronico da Rodi e quello
pensato dallo stagirita?
Il confronto con il maestro Platone e la questione della critica alla teoria delle Idee.
IL CONFRONTO CON PLATONE. Prima di proseguire nella presentazione del pensiero aristotelico, dobbiamo ancora
soffermarci sulla questione del confronto con Platone.
È infatti da una tradizione piuttosto consolidata che riceviamo l’immagine artificiosa di una radicale
contrapposizione tra la filosofia di Platone e quella di Aristotele. Secondo questa linea interpretativa, Platone
avrebbe impresso alla sua filosofia una forte caratterizzazione politica, alla irrequieta ricerca utopica di uno
Stato giusto (nel quale non si potesse più verificare un’ingiustizia terribile come quella che aveva portato alla
condanna di Socrate), mentre Aristotele sembrerebbe prediligere un approccio orientato all’osservazione
realistica del mondo naturale, più che di quello ideale, approdando ad argomentazioni di tipo scientifico più
che di ordine metafisico.
Come vedremo tale contrapposizione è stata amplificata in modo esagerato ed è in larga parte fittizia,
derivando da un’immagine distorta dei due pensatori e da una conoscenza non adeguata del differente
periodo storico in cui essi operano e dei conseguenti diversi motivi di ricerca. Aristotele è appunto il
protagonista di un periodo di notevoli cambiamenti nel panorama della cultura greca e, come si è visto,
l’epoca in cui vive Aristotele è segnata dalla scomparsa della pòlis intesa come realtà autonoma dal punto di
vista culturale e politico (città-stato) e dalla fine dell’indipendenza della stessa Grecia, conquistata da
Alessandro Magno. Se però da una parte la Grecia non è più indipendente, nello stesso tempo ora sta
ampliando enormemente i propri confini culturali: i commerci si estendono, la classe dei piccoli proprietari
terrieri si appresta a cedere la preminenza a quella dei mercanti; gran parte del mondo conosciuto diviene
un’unica entità politica ed economica, sotto la guida di Alessandro e successivamente dei suoi generali, i
diadochi, con i quali avrà inizio l’epoca della civiltà ellenistica. Rispetto all'età classica, come abbiamo
accennato, la partecipazione dei cittadini alla vita politica viene notevolmente ridotta, se non di fatto
annullata, dalle mutate condizioni politiche. Di conseguenza cambia radicalmente il ruolo del filosofo (e con
esso il compito della filosofia): costretto a rinunciare definitivamente al suo ruolo politico, il suo sapere viene
esaurendo la propria centralità, mentre si assiste parallelamente all’affermazione di altri saperi che
rivendicano sempre più la loro autonomia. Nel periodo ellenistico immediatamente successivo, infatti, nuove
scienze acquisiranno grande importanza. Durante il IV secolo a. C., infatti, le scienze principali (astronomia,
matematica, biologia) iniziano ad individuare con maggior precisione il loro specifico oggetto di studio e
acquisiscono principi e metodi definiti, guadagnando un proprio profilo specialistico.
Lo Stagirita non solo è il grande interprete di questa nuova impostazione di ricerca ma favorisce attivamente
lo sviluppo delle scienze, e darà spazio, all'interno del Liceo, alle ricerche specialistiche di stampo scientifico in
ogni campo del sapere.
Siamo così ormai molto distanti dalla realtà politica, sociale e culturale che muoveva gli interessi di Platone ed
anche, ovviamente, dalle possibili risposte che la filosofia sapeva dare in quel periodo.
Concludendo, se è dunque senz’altro corretto osservare che tra i due maestri della filosofia greca ci sono
delle notevoli differenze, si deve però anche sottolineare che Aristotele e Platone vivono in epoche del tutto
differenti e che tali diversità hanno delle ragioni che vanno al di là della semplice impostazione filosofica di
fondo. Proviamo a riassumerle in modo sintetico:
a) Mentre Platone sostiene che la realtà vera, oggetto della conoscenza, è qualcosa che trascende la nostra
esperienza (le idee-forme), per Aristotele tutte le cose (gli enti) del mondo hanno un’esistenza reale ed
autonoma e non sono più copie imperfette di enti ideali trascendenti.
b) Per Platone la filosofia mantiene sempre una precisa finalità politica, per Aristotele lo scopo della filosofia
è la conoscenza disinteressata della realtà.
c) Quello che viene a cambiare è dunque l’immagine del filosofo, che con Aristotele assomiglia ad uno
scienziato e ad un professore che lavora in modo distaccato ed indipendente rispetto al mondo politico (e in
ciò già si riflette la crisi della vita politica dovuta alla decadenza della città-stato e alla fine dell’indipendenza
del territorio greco). Ogni realtà, ogni regione dell’essere, è degna di essere studiata, è oggetto di una scienza
particolare, a cominciare dagli enti sensibili (che, come abbiamo detto, per lo Stagirita non sono copie
inferiori di una realtà superiore, ma realtà oggettive e sostanziali a tutti gli effetti). Infatti, nel Liceo
aristotelico, diversamente che nell’Accademia platonica, sono particolarmente coltivate proprio le ricerche
empiriche (che comprendono prime forme di raccolta e classificazione di dati) e non tanto le matematiche.
Per Aristotele è possibile, anzi necessario, uno studio scientifico della natura: il mondo naturale ha una sua
dignità. Se gli enti sono realtà autonome, ne consegue che essi possono divenire oggetti di vera conoscenza:
la possibilità di uno studio scientifico (epistème) della natura (physis), negata da Platone, rappresenta invece
uno dei capisaldi del pensiero aristotelico. La constatazione che gli enti naturali nascono, si corrompono,
mutano e si muovono, in Aristotele si traduce con la ricerca scientifica su base empirica (e non solo
metafisica) di cause e principi. Aristotele è conseguentemente attento a salvaguardare la specificità e
l’autonomia di ogni singola scienza, con un orientamento enciclopedico, mentre in Platone tutte le scienze
sono subordinate alla dialettica.
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Rifletti: quali sono le diverse condizioni politiche e culturali che segnano l’attività di ricerca
di Platone e quella di Aristotele?
Riassumi le principali analogie e differenze che si possono riscontrare tra l’impostazione
platonica e quella aristotelica.
LA CRITICA ALLA TEORIA DELLE IDEE DI PLATONE. Ci sono poi delle critiche particolari che Aristotele rivolge a Platone.
Prendiamone in esame i tratti salienti.
Anche Aristotele, come Platone, intende fornire una spiegazione complessiva della realtà ma ritiene per
questo scopo troppo astratto e separato dalla natura sensibile il mondo trascendente delle Idee. Con questo
egli non nega che la scienza sia costituita di concetti universali, posti al di là delle rappresentazioni sensibili e
particolari, ed anzi dichiara esplicitamente che si deve ricercare l'essenza delle cose; ma allo stesso tempo
non può condividere l'impostazione di fondo del maestro, secondo la quale gli enti sensibili, separati dalle
idee, in qualche modo ne vanno poi a costituirne l’essenza. Come vedremo Aristotele propone una soluzione
molto diversa: semplificando si può dire che alla trascendenza platonica lo Stagirita sostituisce l'immanenza.
Leggiamo infatti nella Metafisica: “Le Idee non possono giovare alle cose esistenti perché non sono immanenti
alle cose che partecipano di esse. Non si comprende come possa ammettersi che l'essenza esista separata da
ciò di cui è essenza. Come potrebbero le idee-forme essere essenze di oggetti dai quali poi risultassero
separate?” . Quindi, relativamente alla dottrina platonica delle idee-forme, Aristotele osserva che:
- le idee-forme non possono stare al di là degli individui sensibili, in un "altro mondo" (iperuranio), se
devono costituirne l'essenza;
- le idee-forme, che nella formulazione platonica vengono pensate come immutabili ed eterne, non
possono spiegare il generarsi degli individui né il divenire del mondo sensibile (tra "essere" e
"divenire" riemerge così quella profonda contrapposizione che Parmenide aveva indicato per primo e
che Platone aveva solo parzialmente risolto nel Sofista);
ne consegue che, secondo Aristotele, la soluzione platonica al problema del rapporto tra essere e divenire è
insufficiente e deve essere superata: "mimesi" e "metessi" sono quindi da intendersi come semplici metafore,
in quanto le idee-forme di fatto non producono gli individui sensibili (che all’osservazione risultano invece
sempre generati da altri individui sensibili): la fissità delle idee-forme impedisce di spiegare il divenire degli
enti sensibili; né sono sufficienti gli artifici che Platone ha introdotto nel suo quadro teoretico per superare le
aporie del sistema, come per esempio le forme matematiche e l'Anima del mondo (si pensi al Timeo), poste
come elementi mediatori tra le idee-forme e gli enti sensibili; dunque il mondo delle idee-forme risulta essere
una inutile copia del mondo sensibile con l'aggiunta dell'espressione «in sé»;
LA “TEORIA DEL TERZO UOMO”. Concludendo le idee-forme proposte da Platone non possono essere principio
d'intelligibilità degli enti sensibili. Infatti, se così fosse, tra l'idea-forma, ad es., di “uomo” e l’ente “uomo
sensibile”, dovrebbe esistere un terzo termine (una sorta di terzo uomo), diverso dall'idea di uomo e
dall'uomo particolare, che ponga in rapporto i primi due; e così fra questo terzo termine ed i due precedenti
occorrerebbero altri termini intermedi, all'infinito (è questa la cosiddetta teoria detta appunto "del terzo
uomo"). Aristotele perciò, in opposizione alla dottrina platonica, afferma che le idee-forme – che
costituiscono il mondo dell'universale - non possono essere separate dalle cose - il mondo del particolare ma che essenze e cose devono essere riunite insieme per costituire la realtà. Nella Metafisica Aristotele scrive
infatti: «Dobbiamo forse ammettere che ci sia una sfera fuori di questa che vediamo, o una casa fuori di
questa fatta di mattoni? Ma in questo caso essa non sarebbe mai divenuta un essere determinato, questa
sfera o questa casa. L'idea significa che la cosa è di una certa qualità, non è questo né una cosa determinata,
ma fa sì che questo sia un quale. E' chiaro, dunque, che la causalità delle idee, se esse esistessero fuori degli
esseri singoli, non servirebbe affatto a spiegare il divenire e le sostanze. Le idee non sono causa di nessun
movimento, di nessuna mutazione: un uomo, infatti, genera un uomo». E non un’idea. L’argomento dello
Stagirita è chiarissimo.
DIFFERENZE DAL PUNTO DI VISTA DELL’ETICA. Inoltre, non da ultimo, in ambito etico Aristotele supera e abbandona il
riferimento ad una superiore Idea del Bene per dedicarsi all'analisi dei beni particolari e concreti per l'uomo,
mentre in ambito politico non si mostra d'accordo con la proposta utopica di Platone e si dedica piuttosto
all'analisi delle varie forme di politica e così pure ci sono delle notevoli differenze per quanto riguarda la
concezione dell'arte (anticipiamo mentre Platone ne condanna il carattere imitativo Aristotele ne rivaluta la
funzione catartica).
DIFFERENZE SULLA CONCEZIONE GENERALE DI “FILOSOFIA” E SUL RUOLO DEL FILOSOFO. Infine, rispetto a quanto accennato
dovremo aggiungere che mentre per Platone la filosofia mantiene sempre una finalità politica (la stessa teoria
delle idee-forme ha prima di tutto una valenza etico-politica), per Aristotele lo scopo della filosofia è invece
costituito da una ricerca disinteressata del sapere, finalizzato alla conoscenza della realtà, senza
necessariamente comportare delle conseguenze dirette sul piano etico e politico. Da qui, come avevamo
detto, una differente immagine della figura e del ruolo del filosofo: mentre per Platone il filosofo ha un
compito peculiare che realizza progressivamente, mediante un consistente esercizio ed una acquisita levatura
morale - in modo da poter meglio di altri guidare la città - il filosofo aristotelico assomiglia invece ad uno
scienziato e ad un ricercatore (e in ciò - come è stato notato - già si riflette la crisi della vita politica dovuta
alla decadenza della città-stato). Confermiamo il concetto: per Aristotele ogni singola realtà - in quanto tale ogni regione dell’essere, è degna di essere studiata, è oggetto di una scienza particolare, a cominciare dagli
enti sensibili, che non sono copie inferiori di una realtà migliore, ma essere a tutti gli effetti. Anzi, nel Liceo,
diversamente che nell’Accademia, sono particolarmente coltivate le ricerche empiriche (si pensi alla
straordinaria raccolta e la classificazione di dati) e non tanto le matematiche astratte.
CONCLUSIONI. Per questi motivi Aristotele porta la sua critica nei confronti di Platone sul piano delle difficoltà
logiche e gnoseologiche della dottrina delle idee-forme: in sostanza le idee non offrono alcun vantaggio nella
comprensione della realtà. Platone infatti ricercava nelle idee-forme le cause delle cose e delle loro
trasformazioni; ma, come s’è visto, se sono separate dagli enti sensibili, le idee non servono a spiegare il
divenire. Oggetti sensibili della scienza sono anche per Aristotele nozioni o predicati universali, ma che non
esistono separatamente dagli enti sensibili. Il distacco dal linguaggio metaforico (largamente utilizzato da
Platone) e lo sforzo di mettere a punto un linguaggio tecnico per la filosofia appaiono da ultimo come
elementi distintivi dell’intero corpus aristotelico.
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Rifletti: quali sono le principali critiche che Aristotele rivolge a Platone? E quali sono i
motivi di tali divergenze?
In che cosa consiste la differenza tra la concezione platonica di “universale” e quella
aristotelica?
In che cos consiste la teoria del terzo uomo?
Quali sono, secondo Aristotele, le critiche che si possono muovere a Platone sotto il
profilo logico e sotto quello gnoseologico?
La filosofia come “scienza prima” e la classificazione delle scienze.
VISIONE ''VERTICALE'' E VISIONE ''ORIZZONTALE'' DELLA FILOSOFIA. L'ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE.
Come si è visto, se è vero che Aristotele mostra, rispetto a Platone, una diversa concezione del sapere e della
realtà, bisogna però sottolineare che questa differenza deriva in larga parte anche dal mutamento culturale
che caratterizza il passaggio dall’età classica a quella ellenistica. Platone crede nella finalità politica della
conoscenza e vede il filosofo, nella sua massima incarnazione, come un reggitore e un legislatore della città.
Aristotele fissa lo scopo della filosofia nella conoscenza disinteressata del reale e vede il filosofo, nella sua più
compiuta espressione, come un ricercatore dedito alla sperimentazione e all'insegnamento. Se in Platone
prevale quindi il momento politico-educativo, in Aristotele predomina quello conoscitivo e scientifico. Tutto
ciò si accompagna ad una distinta concezione della struttura del sapere e della realtà da conoscere: giusto per
dare un’immagine esplicativa potremmo dire che Platone guarda il mondo secondo un'ottica verticale e
gerarchica, che distingue tra realtà vere e realtà apparenti da un lato e fra conoscenze superiori, e
conoscenze inferiori, dall'altro. Nella maturità del suo pensiero, Aristotele giunge invece a guardare il mondo
secondo un'ottica tendenzialmente orizzontale ed unitaria, che considera tutte le realtà su di un piano di pari
dignità ontologica e tutte le scienze su di un piano di pari dignità gnoseologica.
Lo Stagirita pensa che la realtà, pur essendo unitaria, si divida in varie ragioni che costituiscono ciascuna
l'oggetto di studio di un gruppo di scienze basate su principi propri e formanti, nel loro insieme, una
enciclopedia del sapere, in cui si rispecchiano i multiformi aspetti dell'essere. Da qui l’idea che la filosofia,
intesa come metafisica, si differenzi dalle altre scienze solo perché essa, anziché prendere in considerazione i
vari aspetti dell’essere, si interroga sull'essere in generale, studiando non questa o quella particolare
dimensione della realtà, ma l'essere in quanto tale. Ora, così come tutte le singole dimensioni dell'essere
presuppongono l'essere in generale, analogamente tutte le scienze, studiando ognuna una parte del reale,
presuppongono la filosofia, che studia appunto la realtà in generale. In tal modo, la filosofia diviene la
"scienza prima", ossia la disciplina che studia l'oggetto comune a tutte (l'essere) e i principi comuni a tutti (i
principi dell'essere). Così concepita, la filosofia appare inoltre come la scienza unificatrice ed organizzatrice
delle altre singole scienze, in quanto studia il loro comune fondamento prospettando un quadro completo ed
esauriente di tutte le discipline, nei loro rapporti di coordinazione e subordinazione. Tant'è vero che, come ha
suggerito lo storico della filosofia C. A. Viano, “uno degli esiti più importanti della filosofia aristotelica è la
costruzione di un'enciclopedia del sapere, destinata a dirigere e organizzare la cultura occidentale per molti
secoli”.
E così la filosofia aristotelica risulta sì, in qualche modo, “regina delle scienze”, ma in un senso differente da
quello platonico e in modo tale da non pregiudicare mai l'autonomia delle singole branche del sapere.
Mentre per Platone la filosofia costituiva l’apice della conoscenza e comprendeva sotto di sé,
gerarchicamente subordinate, tutte le altre articolazioni del sapere e la vera realtà, per lui, era costituita dalle
idee (che non rappresentavano solo l’essenza delle cose reali, ma soprattutto le virtù e i valori), per Aristotele
le idee non sono forme ideali, ma sono piuttosto vanno a costituire la forma immanente delle singole cose.
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Rifletti: quali sono le principali differenze tra Platone e Aristotele in merito alla concezione
della filosofia?
SUDDIVISIONE TRA SCIENZE TEORETICHE E SCIENZE PRATICHE. Aristotele stabilisce, quindi, una divisione di fondamentale
importanza nelle scienze, che è ancora oggi quella sostanzialmente adottata: da un lato ci sono quelle
teoretiche, che hanno per oggetto il necessario, ovvero ciò che esiste indipendentemente dall’uomo;
dall’altro le scienze pratiche, relative al comportamento, che ne stabiliscono i principi (infatti è l’uomo a
fissare questi principi sulla base di ragionamenti e di scelte consapevoli). Poiché l’essenza delle cose non è più
trascendente, ma è per Aristotele nel mondo visibile, allora occorrerà prima di tutto conoscere gli enti
sensibili, per arrivare poi ad individuarne i principi.
Alle scienze pratiche lo Stagirita affianca anche quelle poietiche, orientate alla produzione di cose ed oggetti
sensibili; entrambe hanno per oggetto il possibile, ossia ciò che può essere in un modo o in un altro, a
seconda dell’azione umana. Le scienze poietiche comprendono ogni forma di arte, come la retorica, la
commedia, la poesia, la poetica. In sintesi, come vedremo meglio più avanti, Aristotele opera una vera e
propria classificazione delle scienze che inquadra in una sistemazione unitaria, con al centro la filosofia prima
o metafisica, che ne stabilisce i principi comuni, colti dall’intelletto e non ulteriormente dimostrabili.
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Rifletti: in che cosa consiste la suddivisione aristotelica tra scienze teoretiche e scienze
pratiche?
IL COMPITO DEL FILOSOFO E DELLA FILOSOFIA. Lo studio degli enti naturali, però, non può essere opera di una sola
persona; il filosofo non può essere un “tuttologo”: da Aristotele in poi, progressivamente, la filosofia rinuncia
alla pretesa di una conoscenza universale, pur rimanendo il cardine, il fondamento da cui tutte la altre scienze
traggono i principi fondamentali per i loro studi (ognuna, poi, procederà con ricerche e metodi specifici). Alla
filosofia spetta anche la definizione dei procedimenti per un ragionamento corretto, che ogni scienziato deve
applicare al proprio specifico oggetto di ricerca. E così con Aristotele nasce anche la logica, così come più o
meno la intendiamo ancora oggi: ovvero come la scienza che studia i metodi che garantiscono di sviluppare
correttamente un ragionamento, a prescindere dai contenuti, che sono propri di ogni scienza.
L’ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE. In Aristotele prende corpo l'idea di una grande enciclopedia del sapere costituita
da una disposizione parallela delle diverse scienze: ciascuna di esse, infatti, riguarda l'essere, anche se ognuna
propone un approccio di studio originale che le è proprio e che la differenzia dalle altre. L'idea di Aristotele
era probabilmente quella di ricollegare le diverse conoscenze tra loro per individuare un quadro collettivo e
pervenire così ad un sapere più comprensivo e completo: la filosofia, coadiuvata dalle scienze, può arrivare
spiegare complessivamente l’insieme della natura del mondo umano e del divino. La filosofia, da questo
punto di vista, appare quindi come la disciplina adatta per la natura della sua struttura teoretica a fungere
come da direttore d'orchestra, da raccordo delle varie scienze e quindi in grado di individuare la
configurazione e l'ordine del mondo.
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Rifletti: in che cosa consiste l’Enciclopedia delle scienze aristoteliche? E qual è la sua
novità?
Il primato della Metafisica
In particolare, è a partire dal primo capitolo del libro VI della Metafisica che Aristotele mostra la sua
classificazione delle scienze, distinguendole in “teoretiche” da una parte, “pratiche” e “poietiche” dall’altra, e
stabilisce la superiorità delle prime e, fra esse, in particolare, della metafisica. La superiorità della scienza
metafisica rispetto a tutte le altre è affermata da Aristotele in virtù del fatto che, mentre la metafisica studia
l'essere in quanto essere (cioè considerato in assoluto, nel senso più generale possibile), le altre scienze si
limitano invece all’esame di determinati settori (o meglio “generi”) dell'essere.
Emerge così lo sforzo di pervenire ad uno sguardo complessivo sulla realtà, che solo la Filosofia può
consentire: se il più alto ideale umano consiste nella vita contemplativa, che abbraccia e guarda con
attenzione e meraviglia lo spettacolo del mondo e del cosmo nel suo complesso, risulta allora perfettamente
comprensibile come mai per Aristotele la forma suprema di conoscenza è proprio quella teoretica (ricordiamo
che “theorein” significa appunto “contemplare”).
La metafisica costituisce dunque il punto di vista più universale da cui guardare la realtà.
La riflessione aristotelica è qui perfettamente conseguente a quella socratica e platonica: vera scienza si dà
solo dell'universale.
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Lettura antologica: La suddivisione delle scienze e il sapere teoretico.
RIEPILOGO. Schematizzando, la classificazione aristotelica delle scienze prevede una suddivisione in tre gruppi:
a) Scienze teoretiche, che ricercano il sapere per se stesso e mirano alla conoscenza degli oggetti che non
dipendono dall’uomo e non possono essere diversi da come sono. Esse sono: ‘filosofia prima” o metafisica,
filosofia naturale o fisica (che comprende anche ciò che oggi chiamiamo biologia e psicologia) e matematica.
b) Scienze poietiche, che ricercano il sapere in vista del fare e mirano alla modifica e alla produzione di oggetti
utili o belli, la cui esistenza o non esistenza dipende quindi dall’uomo. Sono le arti utili (le tecniche) e le arti
belle (scultura, pittura, poesia, ecc.).
c) Scienze pratiche, che ricercano il sapere come guida per l’azione e mirano alla determinazione dei rapporti
tra i soggetti. Esse sono etica e politica (più precisamente l’etica è per Aristotele una parte della politica).
LA LOGICA. Da notare che non rientra in questa classificazione la Logica che, come vedremo in seguito, non
studia propriamente oggetti, ma piuttosto prende in esame la struttura del ragionamento, ed è quindi uno
strumento indispensabile per ogni scienza.
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Rifletti: qual è il compito del filosofo, secondo Aristotele?
Perché la metafisica costituisce il punto di vista più universale da cui guardare la realtà?