Dipartimento Politiche Settoriali e Contrattuali. Segretario Confederale Giovanni Guerisoli Settembre-ottobre 2000 Bollettino mensile n.8-9 Bollettino Mensile del Settore Industria, Artigianato, Agroalimentare e Cooperazione Diretto da Alberto Cuevas Indice (Numero speciale a cura di Marco Cilento, ricercatore del Sindnova) Il cammino verso la "nuova" Europa - Art. 48 del Trattato sull’Unione europea - Dichiarazione del Belgio, della Francia e dell’Italia relativa al protocollo sulle istituzioni nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione europea - Protocollo sulle istituzioni nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione europea Implicazioni istituzionali dell'allargamento La riforma istituzionale al servizio dell’allargamento Risoluzione del Parlamento europeo sulla preparazione della riforma dei trattati e la prossima Conferenza intergovernativa La riforma istituzionale al servizio dell'allargamento Risoluzione del Parlamento europeo sulla convocazione della Conferenza intergovernativa Materiali e Cronologia Il cammino verso la "nuova" Europa A cura di Marco Cilento Nel firmare il Trattato di Amsterdam gli Stati membri hanno accettato di procedere ad una riforma istituzionale complessiva finalizzata ad evitare che l’ampliamento della Comunità induca il definitivo irrigidimento dei meccanismi di funzionamento delle sue istituzioni. Il cammino di riforma istituzionale dell’Unione europea vive ora il suo momento focale: la Conferenza intergovernativa sta completando il suo percorso progettuale la cui conclusione è prevista entro il 2000. Lo scenario di riferimento è quello di una Comunità europea in difficoltà nel suo assetto istituzionale, notoriamente pensato per un associazione di 6 Stati con obiettivi di portata ben più modesta (e con condivisione di competenze molto ridotte) rispetto a quelli elaborati nel Trattato sull’Unione europea nel 1992, prima, e nel Trattato di Amsterdam, poi. Le urgenze istituzionali sono rese ancora più stringenti dagli obiettivi che l’Unione europea si è posta in relazione all’ingresso nell’Unione di nuovi Paesi1 i cui cittadini dovranno godere di un diritto di cittadinanza di dignità in tutto uguale a quello goduto dai cittadini degli attuali Paesi membri.. E’ ormai opinione condivisa che l’attuale assetto I Paesi candidati ad entrare nell’Unione europea sono in un primo momento Cipro, Estonia, Polonia, Slovenia e Ungheria. In lista di attesa, ma con orizzonti temporali spostati più in la nel tempo, sono la Bulgaria, la Lettonia, Malta, la Romania, la Slovacchia e la Turchia. 1 istituzionale dell’Unione e della Comunità europea non è in grado di garantire il raggiungimento di questi obiettivi: lentezza del processo decisionale in seno al Consiglio, dibattiti estenuanti, mancanza di coordinamento tra un numero eccessivo di formazioni del Consiglio, troppi problemi operativi e legislativi rinviati a una decisione dei capi di Stato e di governo, il cui ruolo di definire le scelte strategiche viene in tal modo sminuito, ecc. costituiscono i limiti più visibili dell’iter decisionale del Consiglio; anche la Commissione ed i Parlamento europeo subiscono la precarietà di un equilibrio istituzionale vacillante. Il percorso che porterà alla modifica dei Trattati è cominciato da circa un biennio ma ancora non è visibile la forma che assumerà l’ente sovranazionale alla fine di questo cammino. In ogni caso le istituzioni europee e gli Stati membri hanno prodotto una serie di documenti significativi in cui sono indicate priorità e obiettivi per la “nuova” Unione europea. Di seguito si cercherà di proporre, in modo sistemico, i documenti che hanno segnato l’avvio della Conferenza intergovernativa (da ora CIG). Con la riproduzione dei testi originali si vuole offrire l’opportunità di una lettura non mediata delle ipotesi formulate. Il cammino istituzionale verso la convocazione della CIG Già durante il Consiglio europeo di Colonia, si affermava2 l’intenzione di convocare all’inizio del 2000 una conferenza intergovernativa dei rappresentanti dei governi degli Stati membri per risolvere prima dell’allargamento le questioni istituzionali lasciate in sospeso nel Trattato di Amsterdam. Il mandato della conferenza intergovernativa avrebbe dovuto abbracciare i temi seguenti: - dimensioni e composizione della Commissione europea; - ponderazione dei voti in sede di Consiglio (nuova ponderazione, introduzione di una doppia maggioranza, soglia per le decisioni a maggioranza qualificata); - questione dell’eventuale estensione delle votazioni a maggioranza qualificata in sede di Consiglio Nel successivo consiglio di Helsinki3 i governi nazionali si impegnano a prendere adeguate iniziative per consentire che la Conferenza intergovernativa sia convocata ufficialmente all’inizio di febbraio 2000. La conferenza dovrà portare a termine i lavori concordare le necessarie modifiche dei trattati entro il dicembre 2000. Il Consiglio individua inoltre i compiti e l’iter procedurale della CIG: la conferenza esaminerà le dimensioni e la composizione della Commissione, la ponderazione dei voti in sede di Consiglio e l’eventuale estensione delle votazioni a maggioranza qualificata in sede di Consiglio nonché le altre modifiche del Trattato relative alle istituzioni europee, che dovessero rivelarsi necessarie in connessione con le questioni summenzionate e nel corso dell’attuazione del Trattato di Amsterdam. Consiglio Europeo di Colonia – Conclusioni della Presidenza, 3 e 4 giugno 1999. 3 Consiglio europeo di Helsinki - Conclusioni della Presidenza (10 e 11 dicembre 1999) 2 La responsabilità politica della CIG è affidata ai ministri membri del Consiglio “affari generali” mentre il Parlamento europeo sarà strettamente associato e contribuirà ai lavori della conferenza. Il parlamento interviene nei lavori della CIG secondo la seguente procedura. Alle riunioni del Gruppo preparatorio potranno assistere due osservatori del Parlamento europeo. Ciascuna sessione della Conferenza a livello ministeriale sarà preceduta da uno scambio d vedute con il Presidente del Parlamento europeo, assistito da due rappresentanti di questa istituzione. Le riunioni a livello di capi di Stato e di governo che trattano della CIG saranno precedute da uno scambio di vedute con il Presidente del parlamento europeo. Inoltre, la Presidenza adotterà le misure necessarie per garantire che i Paesi candidati siano regolarmente informati, nell’ambito degli attuali consessi, in merito all’andamento delle discussioni ed abbiano la possibilità di esprimere il loro punto di vista sulle questioni dibattute. Anche le Spazio economico europeo sarà tenuto informato. Basi giuridiche per la riforma dei Trattati Infine è bene rilevare come il Trattato di Amsterdam contenga al suo interno il germe della riforma istituzionale dell’Unione europea. Innanzitutto, la CIG che ha portato alla sigla del Trattato di Amsterdam, non essendo stata in grado di formulare un disegno esaustivo e condiviso di riforma istituzionale, ha ottenuto perlomeno l’impegno dei governi ad avviare un cammino di riforma che consentisse nei fatti l’allargamento dell’Unione. Tale idea è formalizzata nel Protocollo sulle istituzioni nella prospettiva dell’allargamento dell’Unione europea che detta tempi ed obiettivi per la revisione dei Trattati (documento 1). Le procedure di modifiche del Trattato sull’Unione europea sono invece parzialmente regolate anche dall’art. 48 del TUE (documento 1): ... il Parlamento europeo e la Commissione devono essere consultati circa l’opportunità di convocare la Conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri... Ad oggi il cammino è stato il seguente. Nel Consiglio di Colonia del 3-4 giugno 1999, gli Stati membri confermano l’intenzione di convocare all’inizio del 2000 una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, rinviando al Consiglio di Helsinki la convocazione della Conferenza secondo le procedure previste nei trattati. Il Consiglio di Helsinki si tiene nel dicembre del 1999. Nel frattempo un gruppo di saggi, su incarico della Commissione, redige un rapporto in cui presentano le loro opinioni sulle implicazioni istituzionali dell’allargamento, in vista della prossima CIG (documento 2) L’impegno assunto dagli Stati membri durante il vertice di Helsinki conduce all’avvio della consultazione con il Parlamento europeo e con la Commissione, ai sensi del citato articolo 48 del TUE. La Commissione esprime il proprio parere il 26 gennaio 2000 (documenti 3 e 5) mentre il Parlamento si pronuncia il successivo febbraio (documento 4). Sulla base di questi pareri, infine, il Consiglio ha potuto esprimere il 14 febbraio il “parere favorevole alla convocazione di una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri” richiesto dall’art.48, consentendo alla presidenza di procedere a tale convocazione per quello stesso giorno (documento 6). È possibile seguire costantemente l’avanzamento della conferenza intergovernativa, nonché prelevare tutti i documenti prodotti durante i lavori, presso il sito web: http://www.europa.eu.int/comm/igc2000/ind ex_it.htm Documento 1 - Art. 48 del Trattato sull’Unione europea - Dichiarazione del Belgio, della Francia e dell’Italia relativa al protocollo sulle istituzioni nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione europea - Protocollo sulle istituzioni nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione europea Articolo 48 (ex articolo N) Il governo di qualsiasi Stato membro o la Commissione possono sottoporre al Consiglio progetti intesi a modificare i trattati su cui è fondata l’Unione. Qualora il Consiglio, dopo aver consultato il Parlamento europeo e, se del caso, la Commissione, esprima parere favorevole alla convocazione di una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, questa è convocata dal presidente del Consiglio allo scopo di stabilire di comune accordo le modifiche da apportare ai suddetti trattati. In caso di modifiche istituzionali nel settore monetario viene consultata anche la Banca centrale europea. Gli emendamenti entreranno in vigore dopo essere stati ratificati da tutti gli Stati membri conformemente alle loro rispettive norme costituzionali. DICHIARAZIONE DEL BELGIO, DELLA FRANCIA E DELL’ITALIA RELATIVA AL PROTOCOLLO SULLE ISTITUZIONI NELLA PROSPETTIVA DELL'ALLARGAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA Il Belgio, la Francia e l'Italia osservano che, sulla base dei risultati della Conferenza intergovernativa, il trattato di Amsterdam non risponde alla necessità, riaffermata al Consiglio europeo di Madrid, di progressi sostanziali sulla via del rafforzamento delle istituzioni. Questi paesi considerano che un tale rafforzamento è una condizione indispensabile per la conclusione dei primi negoziati di adesione. Essi sono determinati a dare al protocollo sulla composizione della Commissione e la ponderazione dei voti tutto il seguito appropriato e considerano che un'estensione significativa del ricorso al voto a maggioranza qualificata fa parte degli elementi pertinenti di cui occorrerà tenere conto. PROTOCOLLO SULLE ISTITUZIONI NELLA PROSPETTIVA DELL'ALLARGAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA LE ALTE PARTI CONTRAENTI HANNO CONVENUTO le seguenti disposizioni, che sono allegate al trattato sull'Unione europea e ai trattati che istituiscono le Comunità europee, ARTICOLO 1 Alla data dell'entrata in vigore del primo allargamento dell'Unione, nonostante l'articolo 157, paragrafo 1 del trattato che istituisce la Comunità europea, l'articolo 9, paragrafo 1 del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio e l'articolo 126, paragrafo 1 del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, la Commissione sarà composta da un cittadino di ciascuno Stato membro, a condizione che, entro tale data, la ponderazione dei voti in sede di Consiglio sia stata modificata, con l'introduzione di una nuova ponderazione dei voti o di un sistema di doppia maggioranza, in maniera accettabile a tutti gli Stati membri, tenendo conto di tutti i pertinenti elementi, in particolare prevedendo una compensazione per gli Stati membri che rinunciano alla possibilità di nominare un secondo membro della Commissione. ARTICOLO 2 Almeno un anno prima che il numero degli Stati membri dell'Unione sia superiore a venti, è convocata una Conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri allo scopo di procedere ad un riesame globale delle disposizioni dei trattati concernenti la composizione e il funzionamento delle istituzioni. Documento 2 Implicazioni istituzionali dell'allargamento Rapporto alla Commissione europea (10 novembre 1999) di Richard von WEIZSÄCKER, Jean-Luc DEHAENE, Bruxelles, 18 ottobre 1999.2 Il 1° settembre 1999, il presidente designato della Commissione europea, Prof. Romano Prodi, ha invitato Jean-Luc Dehaene, ex-primo ministro del Belgio, Richard von Weizsäcker, ex-presidente della Repubblica federale di Germania, e Lord Simon of Highbury, ex-presidente di British Petroleum e ex-ministro, a presentare in tutta indipendenza, entro metà ottobre, le loro opinioni sulle implicazioni istituzionali dell'allargamento, in vista della prossima Conferenza intergovernativa. Il gruppo ha ricevuto il mandato di individuare i problemi istituzionali da affrontare e di enunciare i motivi che rendevano necessario discuterne in sede di CIG. Non si trattava di formulare proposte specifiche, dato che questo compito spetterà agli Stati membri e alle istituzioni, prima della conferenza e nel corso dei suoi lavori. David SIMON Il gruppo si è riunito più volte nei mesi di settembre e ottobre sotto la presidenza del Sig. Dehaene. Esso ha presentato il proprio rapporto in data 18 ottobre. 1. Osservazioni introduttive: la sfida che abbiamo di fronte 1.1 Urge una riforma La struttura istituzionale dell'Unione europea è stata definita negli anni Cinquanta per una Comunità di sei Stati membri. Si trattava di una costruzione molto originale, che ha reso ottimi servizi all'Europa. È in gran parte merito delle istituzioni se le relazioni sociali ed economiche tra i paesi e le società dell'Europa occidentale sono state trasformate profondamente, ma al tempo stesso in modo equilibrato e pacifico. Gli elementi basilari di questa struttura vanno ovviamente mantenuti. Oggi appare però chiaramente che il sistema non funziona più a dovere in un'Unione con quindici membri. È quindi inevitabile chiedersi se le istituzioni, come erano state concepite inizialmente, saranno in grado di servire in modo efficiente un'Unione che in un futuro prevedibile potrebbe estendersi a 25-30 o più partecipanti. Dagli anni Cinquanta in poi, vari trattati successivi hanno introdotto alcuni adeguamenti del quadro istituzionale, ma non vi è stato alcuno sforzo per procedere a una riforma globale. Questa è una sfida che prima o poi occorrerà affrontare. È un punto sul quale gli Stati membri concordano. Nel firmare il trattato di Amsterdam, essi hanno accettato che, a tempo debito, sarebbe stato necessario procedere a una riforma istituzionale complessiva, per mettere in grado una Comunità ampliata di funzionare efficientemente. L'accordo su questa esigenza è sancito in un protocollo che ad Amsterdam è stato allegato ai trattati europei. Questo protocollo prevede un'impostazione in due tempi: una riforma limitata prima di procedere al primo allargamento, una riforma più globale prima che gli Stati membri superino il numero di venti. Sviluppi positivi intervenuti dopo la firma del trattato di Amsterdam hanno svuotato di senso questa distinzione. Si stanno conducendo trattative con sei paesi candidati, e probabilmente il Consiglio europeo di Helsinki deciderà di intavolare negoziati con un ulteriore gruppo. Ciò significa che già il primo allargamento potrebbe far superare all'Unione il numero di venti membri, e in ogni caso il lasso di tempo tra il primo allargamento e il secondo risulterebbe più breve di quanto previsto in un primo tempo. Tenuto conto di questa evoluzione, che nei prossimi mesi potrebbe registrare un'accelerazione, il gruppo è giunto alla conclusione che lo spirito del protocollo di Amsterdam, le esigenze del sistema istituzionale dell'Unione e le difficoltà insite in una frammentazione del programma di lavori consigliassero di avviare fin d'ora uno sforzo per procedere a una riforma complessiva. Può darsi che in futuro non si presenti un'occasione migliore. 1.2 L'allargamento è imperativo Gli Stati membri concordano altresì nel ritenere che l'allargamento costituisca un obiettivo di tale rilevanza politica e storica, per l'Unione non meno che per i paesi candidati, da non permettere che esso venga ritardato o posticipato per il fatto che la riforma istituzionale non è completata. L'attuale generazione di leader europei non può non centrare l'obiettivo fondamentale dell'allargamento, ma deve trovare nel contempo una soluzione a uno dei suoi presupposti, vale a dire l'esigenza di una riforma in grado di permettere il funzionamento efficiente di un'Unione ampliata. Il Consiglio europeo di Colonia ha ritenuto che, per non ritardare l'allargamento, fosse necessario che i lavori della futura CIG si concludessero entro il 2000. Il gruppo è del parere che questa scadenza sia tassativa. 1.3 La sfida La sfida che abbiamo di fronte consiste pertanto nell'individuare le riforme necessarie e nell'indicare i mezzi per realizzarle entro il 2000. Sul primo aspetto - gli elementi della riforma - il gruppo ha rilevato che i tre problemi individuati a Colonia presentano implicazioni o conseguenze che vanno ben al di là dell'apparente semplicità della loro formulazione. Esso è del parere che occorra allargare la problematica, e includervi un riassetto dei testi del trattato per evitare continue revisioni. Sul secondo aspetto - i mezzi per realizzare la riforma - il gruppo ritiene che la CIG dovrebbe accelerare la procedura di negoziato, alla luce degli insegnamenti ricavati dalla discussione del trattato di Amsterdam, e che in tal modo, se vi sarà una volontà politica sufficiente, dovrebbe essere possibile elaborare un pacchetto di riforme più incisive entro il termine prescritto. 1.4 Rendere la popolazione partecipe Nel corso del suo lavoro il gruppo ha discusso dell'esigenza di semplificare la gestione degli affari europei, e di rendere il funzionamento delle istituzioni più trasparente, più flessibile e più responsabile. Il fatto che una larghissima parte della popolazione europea non comprenda il funzionamento delle nostre istituzioni è certamente un problema su cui i governi dovrebbero riflettere. Non si tratta di una questione connessa direttamente con l'allargamento, ma ovviamente per i cittadini dei nuovi Stati membri le perplessità risulteranno ancora maggiori che per quelli di Stati membri che vivono ormai da mezzo secolo il processo di integrazione europea. Dobbiamo trovare i mezzi per rendere partecipe o per coinvolgere nuovamente la popolazione: bisogna spiegare il funzionamento delle istituzioni e le loro responsabilità nei confronti dell'opinione pubblica. La trasparenza presuppone chiarezza sui mezzi e sugli obiettivi, nonché l'adesione dell'opinione pubblica. In questa prospettiva la "Dichiarazione del millennio" che la presidenza finlandese sta preparando per il Consiglio europeo di Helsinki assume tutto il suo significato. Sarebbe opportuno riecheggiare lo spirito di quella dichiarazione in un preambolo al futuro trattato. Analogamente, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, caldeggiata nelle conclusioni del Consiglio europeo di Colonia, accrescerebbe presso l'opinione pubblica la legittimità e l'autorevolezza delle istituzioni. Come indicato dal Consiglio europeo, occorrerà valutare l'opportunità di integrare la Carta nei trattati, ed eventualmente precisare secondo quali modalità. La riorganizzazione dei trattati proposta nel presente rapporto potrebbe contribuire alla limpidezza e alla semplificazione necessarie per rendere l'intera costruzione più comprensibile. Sforzi analoghi andrebbero compiuti per rendere più trasparente l'elaborazione del diritto derivato e del bilancio. Durante l'intero processo di riforma istituzionale, i negoziatori non dovrebbero mai perdere di vista gli obiettivi essenziali della chiarezza, della semplicità e della trasparenza. La chiarezza e la comprensione da parte del pubblico presuppongono anche, nel lungo periodo, che gli Stati membri dovranno prendere posizione sull'estensione geografica finale dell'Unione. Il gruppo non propone di pronunciarsi ora su questo aspetto, ma il problema non va perso di vista. 2. Efficienza delle istituzioni 2.1 Motivi che rendono necessario un cambiamento È indubbio che negli ultimi anni l'assetto istituzionale dell'Unione ha mostrato segni di logoramento. Chiunque si rende conto che il funzionamento del Consiglio non è soddisfacente: lentezza del processo decisionale, dibattiti estenuanti, mancanza di coordinamento tra un numero eccessivo di formazioni del Consiglio, troppi problemi operativi e legislativi rinviati a una decisione dei capi di Stato e di governo, il cui ruolo di definire le scelte strategiche viene in tal modo sminuito. L'efficienza del processo istituzionale è stata ostacolata chiaramente anche dal funzionamento insoddisfacente della Commissione. Certe debolezze nella gestione, analizzate in un rapporto controverso da esperti indipendenti, sono state riconosciute dalla stessa Commissione. Il Parlamento europeo, da parte sua, si è visto conferire maggiori poteri dai vari trattati che si sono succeduti, ma il suo impatto sull'opinione pubblica non è proporzionato a quello che dovrebbe avere un'assemblea eletta dal popolo. L'equilibrio fra le istituzioni, che costituisce un elemento essenziale della stabilità e dell'efficienza del sistema, è esposto a sua volta a forti sollecitazioni. Un incremento significativo del numero di partecipanti automaticamente accresce i problemi di gestione e le difficoltà del processo decisionale. Gli interessi divergono maggiormente, i tempi di discussione si allungano, le decisioni risultano più problematiche, la decisione diventa più complessa. I problemi nel funzionamento delle istituzioni europee sono manifesti già al giorno d'oggi, e incidono sull'operatività del triangolo istituzionale di base: Commissione, Consiglio e Parlamento. Si tratta di problemi destinati ad aumentare, per ovviare ai quali è indispensabile una riforma istituzionale. L'esigenza di procedere a una riforma, sancita dal trattato di Amsterdam, ha condotto il Consiglio europeo di Colonia a indicare tre problemi che è indispensabile affrontare: la dimensione e la composizione della Commissione; la ponderazione dei voti nel Consiglio (che richiede un riesame, non solo della ponderazione, ma anche della doppia maggioranza e della soglia della maggioranza qualificata); il maggiore ricorso alle votazioni a maggioranza. Il gruppo è del parere che questi problemi non possano essere discussi separatamente. In primo luogo perché investono problematiche più ampie di quanto non appaia a prima vista. Sul piano democratico, ad esempio, un maggiore ricorso alle votazioni a maggioranza dovrebbe portare a estendere la procedura di codecisione con il Parlamento. In secondo luogo, questo tipo di problemi si ripresenta anche in altri casi. Per fare un esempio, chiaramente la Commissione non è l'unica istituzione il cui numero di membri va riesaminato.. Le questioni individuate dal Consiglio europeo sono bensì di estremo rilievo, ma vanno esaminate nel contesto di una riforma istituzionale più ampia. In una Unione più estesa e più diversificata, la flessibilità del quadro istituzionale risulterà ancora più importante di quanto non lo sia attualmente. L'allargamento accrescerà la diversità. Ciò non significa che gli Stati membri debbano avere la facoltà di non aderire all'una o all'altra politica: l'Unione europea non riuscirebbe a sopravvivere se si permettesse ai paesi membri di scegliere a quali obblighi dell'Unione siano disposti a conformarsi. Ma sembra inevitabile che, in un aggregato eterogeneo di Stati membri, alcuni possano desiderare di procedere più speditamente di altri. I primi vorranno consolidare le politiche comuni concordate a livello dell'Unione e i risultati raggiunti, e perseguire obiettivi più ambiziosi. Di conseguenza aspireranno a intensificare la cooperazione tra loro. Si tratta di un'evoluzione legittima e indispensabile al tempo stesso. In mancanza di una possibilità del genere, gli Stati membri tenderanno a cooperare al di fuori dell'Unione (Schengen) o al di fuori del quadro istituzionale dell'Unione (Euro 11). Soluzioni di questo tipo incidono sull'equilibrio istituzionale dell'Unione e privano gli Stati membri, oltre ai loro cittadini, delle garanzie democratiche e giudiziarie offerte da un quadro istituzionale. In nessun caso la flessibilità è rivolta contro i paesi candidati e può costituire un ostacolo alla loro adesione. Al contrario, i negoziati di adesione potranno procedere più speditamente se su alcune delle questioni più spinose si istituirà concretamente una maggiore cooperazione. Il principio secondo cui le iniziative in materia di flessibilità sono aperte a tutti gli Stati membri che soddisfano i requisiti necessari è sempre stata la norma nell'Unione europea. Se necessario, questo principio andrà ribadito. Occorre vagliare la rappresentatività delle istituzioni europee nelle relazioni esterne e adoperarsi per migliorarla. Per vari decenni la capacità di figurare fra i massimi protagonisti sulla scena mondiale è stata uno dei fattori trainanti dell'integrazione europea. La spinta alla globalizzazione accresce questa aspirazione. Una Unione europea allargata avrà più di oggi la capacità - e si spera che ne avrà anche la volontà - di attestarsi tra i principali protagonisti dell'economia mondializzata. Essa dovrebbe veramente impegnarsi nel perseguimento di questo obiettivo prioritario. 2.2 Proposte 2.2.1 La Commissione Dalla conclusione dei negoziati per il trattato di Amsterdam, è stato raggiunto un consenso implicito sul fatto che il numero di commissari europei crescerà a mano a mano che nuovi paesi aderiranno. Per motivi comprensibili, la massima parte degli Stati membri non accetta l'ipotesi di una Commissione nella quale il loro paese non sia rappresentato. La Commissione, però, non è e non deve diventare un'assemblea di delegati nazionali. Si tratta di un'istituzione europea di grande originalità, cui spetta il compito cruciale di avviare il processo decisionale e di gestire le politiche adottate. Essa ha quindi bisogno di continuare a essere efficiente, operativa e soprattutto rispettata. Il gruppo è del parere che per salvaguardare queste caratteristiche in un organo numeroso, sia fondamentale rafforzare l'autorità del presidente e definire in modo più incisivo la responsabilità individuale dei singoli commissari. La CIG dovrebbe affrontare questi due aspetti, oltre a definire le dimensioni e la composizione della Commissione, conformemente alle richieste del Consiglio europeo. L'autorità del presidente della Commissione è stata accresciuta dal trattato di Amsterdam. Il gruppo ritiene che, per permettere al presidente di dirigere efficacemente un numero maggiore di commissari, sarebbe opportuno estendere ulteriormente i suoi poteri. Egli dovrebbe avere la possibilità di incidere più concretamente sulla nomina e sulla selezione dei commissari. Dovrebbe inoltre disporre dell'autorità esplicita di organizzare, coordinare e guidare il lavoro dell'istituzione. Avvenimenti recenti hanno sollevato il problema della responsabilità individuale dei commissari e del modo in cui questa possa conciliarsi con la responsabilità collettiva della Commissione. Il presidente Prodi ha affrontato la questione in modo informale, chiedendo in anticipo ai commissari l'impegno a dimettersi qualora egli lo reputi necessario. Il gruppo è del parere che questa intesa informale andrebbe formalizzata nel trattato, per corroborare l'autorità del presidente, pur nel rispetto del carattere collegiale della Commissione. Ciò contribuirebbe a fare chiarezza sui poteri rispettivi del Parlamento e del presidente della Commissione, per quel che riguarda il modo in cui i commissari svolgono la loro funzione e il loro mantenimento in carica. 2.2.2 Votazione a maggioranza qualificata Va da sé che per salvaguardare l'efficienza del processo decisionale, la votazione a maggioranza qualificata dovrà essere la norma in un'Unione allargata. Se si chiede l'unanimità, il rischio di bloccaggio aumenta proporzionalmente al numero e alla diversità dei partecipanti. D'altro canto, la stessa esperienza della Comunità mostra che la votazione a maggioranza qualificata imprime dinamismo al processo decisionale e permette di raggiungere un consenso, anche se solo di rado si procede a una votazione. Il ricorso alle votazioni a maggioranza andrebbe naturalmente generalizzato per le questioni comunitarie, ovvero per il primo pilastro, ma esso è rilevante anche per gli altri due pilastri. I tre aspetti evidenziati nelle conclusioni del Consiglio europeo (maggiore ricorso alle votazioni a maggioranza, ridefinizione della ponderazione dei voti, soglia della maggioranza qualificata) sono legati tra loro. Qualsiasi soluzione dovrà essere calcolata e dosata opportunamente, per migliorare la capacità decisionale dell'Unione. Nei casi in cui si vota a maggioranza qualificata su questioni legislative nell'ambito del primo pilastro, il gruppo è del parere che il Parlamento dovrebbe disporre del potere di codecisione. Il maggiore ricorso alle votazioni a maggioranza qualificata in questo campo dovrebbe quindi comportare contestualmente un'estensione della procedura di codecisione. Si tratta di una garanzia di democraticità, che si addice in modo particolare a un'Unione più allargata e quindi potenzialmente più remota. In tal modo si contribuirebbe anche all'auspicabile semplificazione e trasparenza delle procedure decisionali. 2.2.3 Ridefinizione della ponderazione dei voti Il gruppo riconosce che il prossimo allargamento a un gran numero di paesi piccoli o medi richiede che la ponderazione dei voti degli Stati membri nel processo decisionale venga riveduta. La questione assume una rilevanza politica non meno che simbolica, ma il gruppo ritiene che non gli sia stato conferito un mandato per formulare proposte specifiche al riguardo. 2.2.4 Il Consiglio Il Consiglio è al centro del processo decisionale dell'Unione. Praticamente tutti i governi e gli osservatori esterni riconoscono che il suo funzionamento non è soddisfacente e che, se non intervengono cambiamenti, l'aumento del numero di paesi membri è destinato a minare ulteriormente l'efficienza dell'istituzione. Sono state formulate molte proposte di riforma, compresa una importante presentata dal segretario generale del Consiglio (rapporto Trumpf-Piris). La maggior parte di queste proposte, come quella di procedere a una riduzione significativa del numero di formazioni del Consiglio o quella di istituire un efficace meccanismo di coordinamento tra i vari Consigli, non richiedono alcuna modifica dei trattati e il gruppo è persuaso che bisognerebbe cercare attivamente di realizzarle contestualmente allo svolgimento della CIG. Tuttavia, col tempo potrebbe risultare necessario modificare i trattati per ridefinire ad esempio il ruolo della presidenza, o per chiarire la distinzione tra le funzioni legislative e quelle esecutive del Consiglio. Modifiche del genere potrebbero contribuire a rendere il funzionamento del Consiglio più efficiente e più comprensibile per l'opinione pubblica. La possibilità di introdurre cambiamenti di questo tipo dovrebbe restare aperta. 2.2.5 Il Parlamento L'articolo 189 del trattato che istituisce la Comunità europea limita a 700 il numero di membri del Parlamento europeo. Questa disposizione mette effettivamente il Parlamento al riparo da un'inflazione numerica in seguito all'allargamento. Sarebbe però opportuno stabilire un regola - prima che il problema diventi troppo complesso - sul modo di ripartire i seggi tra gli Stati membri quando il limite massimo sarà raggiunto. Proposte formulate in altra parte del presente rapporto suggeriscono di potenziare la funzione legislativa del Parlamento estendendo il ricorso alla procedura di codecisione. Da parte sua, al pari delle altre istituzioni, il Parlamento dovrebbe riesaminare i propri metodi di lavoro, per ottimizzarne la trasparenza. 2.2.6 Altre istituzioni Un incremento del numero di Stati membri genera problemi di dimensione, organizzazione ed efficienza in varie istituzioni. Ciò vale ad esempio per la Corte di giustizia, la Corte dei conti e il Comitato delle regioni. Il gruppo non desidera esaminare distintamente il caso di ciascuna istituzione, ma ritiene che gli Stati membri dovrebbero tenere nel debito conto le proposte formulate dalle istituzioni medesime (come nel caso della Corte di giustizia) o da comitati indipendenti (per esempio dal Comitato di esperti indipendenti riguardo alla riforma della Commissione, il quale ha proposto di insediare un pubblico ministero europeo). 2.2.7 Relazioni esterne Sotto il profilo giuridico, attualmente una rappresentanza specifica degli interessi europei in negoziati globali è garantita solo se le trattative vertono su scambi commerciali (come nel caso dell'Uruguay Round). La capacità giuridica della Comunità di agire in quanto soggetto unico in altre discussioni economiche e finanziarie a livello mondiale resta da definire; si tratta di una logica conseguenza dell'integrazione economica e finanziaria. Pertanto, il problema della rappresentanza esterna dell'Unione, in settori quali il commercio di servizi o le questioni monetarie internazionali, va riesaminata nell'ambito della CIG, che dovrà discutere anche della personalità giuridica dell'Unione. 2.2.8 Flessibilità Il trattato di Amsterdam ha incorporato nel diritto comunitario il concetto di cooperazione rafforzata. Il gruppo è consapevole del fatto che finora sono mancati sia il tempo che le occasioni per un'attuazione concreta delle disposizioni corrispondenti, ed è probabilmente troppo presto per formulare un giudizio sul loro funzionamento. Il gruppo si rende però anche conto del fatto che molti osservatori, all'interno non meno che all'esterno delle istituzioni, considerano che le disposizioni del trattato siano così complesse e soggette a tali e tanti criteri e condizioni, da risultare inoperanti. Data la crescente rilevanza della flessibilità istituzionale in una Unione allargata, e dato che le disposizioni del trattato in questo campo possono contribuire direttamente ad agevolare l'allargamento, il gruppo è del parere che esse vadano riesaminate. Dovrebbe essere possibile decidere l'avvio di una cooperazione del genere a maggioranza qualificata - o superqualificata -, senza possibilità di veto da parte di alcuno Stato membro, nel rispetto tuttavia degli interessi dei paesi che non partecipano. La politica estera e di sicurezza comune dovrebbe essere inclusa nell'ambito della cooperazione rafforzata. Questo processo dovrebbe restare aperto per tutti gli Stati membri che soddisfano i requisiti necessari. Il presupposto dovrebbe continuare a essere che la flessibilità è un modo per consolidare e rafforzare il patrimonio di realizzazioni dell'Unione, non per allentare i legami che vincolano gli Stati membri. 2.3 Attuazione Dati i tempi ristretti a disposizione, l'Unione dovrebbe trarre insegnamento dalle esperienze precedenti e impegnarsi a fondo per accelerare il processo di negoziato. L'ultima CIG venne aperta dal Consiglio europeo di Torino il 29 marzo 1996, il primo progetto di proposta di modifiche del trattato è stato presentato ai delegati nove mesi dopo (5 dicembre 1996), e sono stati necessari altri sei mesi per raggiungere un accordo (17 giugno 1997). Il gruppo è del parere che la CIG potrebbe avviare i lavori con un progetto di trattato sul tavolo. In base alle esperienze passate, ciò permetterebbe di dimezzare la durata della conferenza. In pratica, tutti i problemi evocati nella presente sezione sono stati discussi nel corso dei negoziati per il trattato di Amsterdam e da allora hanno continuato a suscitare numerosi contributi di esperti. La Commissione, nella sua veste di rappresentante dell'interesse collettivo dell'Unione, ha sempre avuto il diritto di presentare proposte alle conferenze intergovernative. In passato, essa, si è generalmente avvalsa di questa facoltà con una certa cautela. Date però l'urgenza e la portata delle riforme, e tenuto conto delle ampie discussioni già intervenute, il gruppo ritiene che la Commissione dovrebbe presentare proposte complete e complessive, sotto forma di progetto di trattato, all'atto dell'apertura della conferenza. Nelle circostanze attuali, la Commissione ha l'obbligo preciso di avvalersi interamente del suo diritto di sottoporre proposte alla conferenza intergovernativa. Va da sé che la Commissione dovrebbe lavorare in stretto contatto con le altre istituzioni dell'Unione prima di formulare queste proposte. Come chiarito in precedenza, il gruppo è perfettamente consapevole del fatto che molti problemi che le istituzioni hanno di fronte possono essere risolti senza modifiche del trattato. Vi sono però problemi per i quali questa considerazione non vale e proprio su questi, alla luce del mandato ricevuto, il gruppo ha voluto concentrare il proprio rapporto. Gli adattamenti da introdurre nella prospettiva dell'allargamento sono estremamente importanti e andrebbero visti in un'ottica unitaria, a prescindere dal fatto che esso richieda o no modifiche del trattato. Sia presso il Consiglio che presso la Commissione sono in corso procedure di riforma interna, dettate in gran parte dalla prospettiva dell'allargamento. Il gruppo ritiene che le discussioni della CIG e le riforme che non richiedono modifiche del trattato andrebbero condotte in parallelo, quale parte di un medesimo sforzo e con le stesse scadenze. Esso rileva che molti cambiamenti contrastano con le pratiche consolidate da tempo e con interessi costituiti. Considerate queste difficoltà, il Consiglio europeo dovrebbe conferire un mandato esplicito e chiedere un pacchetto di riforme significative che non necessitino modifiche del trattato da approvare entro il prossimo anno, unitamente ai risultati della CIG, per rendere effettiva una riforma generale. 3. Riorganizzazione dei testi dei trattati 3.1 Motivi che rendono necessario un cambiamento Il gruppo ritiene necessario cambiare in modo fondamentale la procedura che in futuro dovrà permettere di modificare i testi legislativi che attualmente si presentano sotto forma di trattato. Per permettere questo cambiamento occorrerà preventivamente distinguere la natura delle disposizioni nei trattati attuali. Negli ultimi dieci-quindici anni, l'Unione ha vissuto un processo permanente di modifica dei trattati. Non vi è stato momento in cui non si stesse preparando, negoziando o ratificando l'una o l'altra modifica. Al riguardo, la situazione attuale è emblematica: il trattato di Amsterdam è entrato in vigore il 1° maggio, e il 4 giugno il consiglio europeo di Colonia ha deciso la convocazione di una nuova Conferenza intergovernativa. Un processo permanente di revisione dei trattati è fonte di difficoltà politiche in molti degli attuali Stati membri. Esso contribuisce ad alimentare un senso di incertezza del diritto, nonché il timore di continui nuovi interventi e di un progressivo accentramento - timore che, a torto o a ragione, è diffuso in settori rilevanti della pubblica opinione. Non è possibile continuare su questa via in un'Unione allargata e aspettare che ogni modifica dei trattati passi per le procedure di ratifica di 25 o più sistemi parlamentari, con prevedibili ritardi e frustrazioni, oltre ai rischi di completa paralisi. 3.2 Proposte Il gruppo suggerisce che i testi dei trattati attuali vengano divisi in due parti distinte. La parte fondamentale del trattato enuncerà solo le finalità, i principi e gli orientamenti di politica generale, i diritti dei cittadini e il quadro istituzionale. Queste disposizioni, come avviene attualmente, potrebbero essere modificate solo all'unanimità, mediante una CIG e previa ratifica da parte di ciascuno Stato membro. È probabile che modifiche del genere sarebbero poco frequenti. In un testo distinto (o in vari testi) figurerebbero le altre disposizioni degli attuali trattati, comprese quelle relative a politiche specifiche. Queste disposizioni potrebbero essere modificate con una decisione del Consiglio (che delibererebbe a una nuova maggioranza superqualificata o all'unanimità, a seconda degli argomenti) e con l'assenso del Parlamento europeo (eventualmente con una maggioranza speciale). Un cambiamento del genere presenterebbe vari vantaggi: ridurrebbe notevolmente l'attuale bisogno di modificare incessantemente i trattati europei; renderebbe la struttura istituzionale di base più perspicua, più comprensibile per l'opinione pubblica; introdurrebbe una procedura di revisione basata, almeno in parte, su una forma di votazione a maggioranza, con l'intervento del Parlamento europeo. 3.3 Attuazione Su questo argomento è già stato condotto un lavoro preliminare rilevante, in particolare presso l'Istituto universitario europeo di Firenze. Esistono progetti che mostrano come si potrebbe procedere a una divisione del genere. L'impostazione suggerita dal presente rapporto non provocherebbe quindi indebiti ritardi. La Commissione potrebbe dare mandato all'Istituto europeo affinché ultimi il suo lavoro, in cooperazione con i servizi giuridici del Consiglio, della Commissione e del Parlamento. Ciò permetterebbe di chiarire i termini della discussione e di dimostrare la fattibilità e l'interesse di una riorganizzazione dei testi dei trattati. Fin dall'inizio dei suoi lavori la CIG potrebbe allora disporre di un progetto concreto quale base di negoziato se, conformemente alla proposta del gruppo, deciderà di procedere in questo modo. 4. Difesa Il mandato affidato al gruppo verteva chiaramente sulla riforma istituzionale, motivo per cui esso si è astenuto dal formulare proposte di altra natura. È però pacifico che la prossima CIG non opererà in una situazione di vuoto politico. La dichiarazione adottata dal Consiglio europeo di Colonia sul rafforzamento della politica comune europea in materia di sicurezza e di difesa raccomanda che vengano presi nuovi provvedimenti di rilievo. Essa chiede che al Consiglio venga conferito il potere di prendere decisioni su tutte le misure atte a prevenire un conflitto e a gestire una crisi. Ciò presuppone che si sviluppi una capacità di azione autonoma, sostenuta da una forza militare credibile. Il Consiglio europeo vuole altresì che nell'Unione europea vengano integrate funzioni dell'UEO. Quest'ultima, in quanto organizzazione, a quel punto diventerebbe superflua. Si tratta di nuove iniziative di grande rilievo, che denotano un alto grado di ambizione da parte del Consiglio europeo e che presentano inoltre una elevata visibilità nei confronti dell'opinione pubblica. La data fissata per completare l'attuazione di questa dichiarazione è la stessa impartita come termine per la CIG, vale a dire la fine del 2000. Tenuto conto di questa coincidenza temporale, del carattere di urgenza e dell'estrema importanza di una politica di difesa europea, il gruppo ritiene che tale questione non possa essere ignorata nella prossima CIG. Si tratta di una problematica di fondamentale rilievo per il futuro dell'Europa e per lo sviluppo dell'Unione europea. Saranno necessarie nuove intese istituzionali; esse dovrebbero collimare con il quadro istituzionale unico dell'Unione e non portare alla creazione di un quarto pilastro. L'articolo 17 del trattato sull'Unione europea lascia un certo margine per integrare l'UEO nell'Unione stessa senza dover modificare il trattato. Nondimeno è possibile che delle modifiche siano necessarie e in tal caso dovrebbero essere discusse in sede di CIG. Conclusione La prossima conferenza intergovernativa dovrebbe definire una strategia complessiva per la riforma istituzionale, che comprenda una riorganizzazione degli attuali trattati. Innanzi tutto perché l'impostazione in due tempi prevista dal protocollo allegato al trattato di Amsterdam è stata superata dal modo in cui il processo di adesione si è ampliato e accelerato. Secondariamente, perché le questioni individuate nelle conclusioni di Colonia presentano implicazioni che travalicano gli aspetti specifici enunciati. In terzo luogo, perché in un futuro prevedibile non è dato scorgere un momento più propizio per procedere al tipo di riforma istituzionale che una Unione allargata manifestamente richiede. Questa riforma può, e deve, essere negoziata nel corso del prossimo anno e sfociare in un pacchetto di riforme fondamentali e complessive da approvare durante la presidenza francese. Può sembrare una sfida formidabile, ma il gruppo è del parere che sia possibile fronteggiarla se il processo di negoziato verrà adeguato alla luce delle esperienze precedenti, in particolare facendo tesoro degli insegnamenti ricavati dal negoziato del trattato di Amsterdam. Come indicato nel rapporto, il gruppo ritiene che all'avvio dei negoziati sia possibile mettere sul tavolo un progetto di proposta di modifica dei trattati. Questo progetto dovrebbe tener conto delle discussioni intervenute nel corso dei negoziati di Amsterdam e delle riflessioni proseguite successivamente, sia all'interno delle istituzioni che negli ambienti accademici. Esso dovrebbe coniugare ambizione e realismo. Su questa base, un negoziato avviato all'inizio del 2000 e condotto con grande determinazione politica, potrebbe perfettamente approdare a una riforma complessiva entro la fine dell'anno. Certo si tratta di un obiettivo ambizioso; l'allargamento costituisce però una sfida di portata storica e di fondamentale rilevanza, ma anche irta di difficoltà, sia per l'Unione sia per i paesi candidati. In questa fase cruciale del proprio sviluppo, l'Unione europea dovrebbe mirare in alto e mostrarsi all'altezza della sfida, formulando ambizioni di ampio respiro. Documento 3 La riforma istituzionale al servizio dell’allargamento Contributo della Commissione europea alla preparazione della conferenza intergovernativa sulle questioni istituzionali (18 novembre 1999) Comunicazione del Presidente e del Sig. Barnier SOMMARIO Introduzione Le implicazioni della prossima conferenza intergovernativa I. Come funzionare bene pur essendo in tanti 1. L’iter decisionale 2. L’evoluzione dei trattati 3. La rappresentanza degli Stati in seno al Consiglio 4. Le altre istituzioni e gli organi consultivi dell’Unione 5. Il funzionamento delle istituzioni II. Prevenire la frammentazione 1. Portare avanti l’integrazione 2. Rafforzare la coesione III. Proseguire la costruzione politica dell’Europa Metodo di lavoro Preparare i negoziati Coinvolgere il Parlamento europeo Avviare la concertazione con i paesi candidati Conclusione : una vera riforma per una nuova era. La prossima fase della revisione dei trattati prenderà il via agli inizi dell’anno 2000. In quell’occasione, la Commissione presenterà il parere che essa deve emettere a norma dell’articolo 48 del trattato sull’Unione europea. In previsione della riunione del Consiglio europeo che si terrà a Helsinki il 10-11 dicembre 1999, la Commissione desidera recare il proprio contributo alla relazione che la Presidenza elabora in questo momento. A questo scopo essa si fonda sull’impegno assunto lo scorso 21 luglio, dinanzi al Parlamento europeo, dal Presidente designato della Commissione europea. Il sig. Prodi si era infatti espresso a favore di una riforma istituzionale che prepari efficacemente l’Unione europea ad accogliere nella sua compagine un gran numero di nuovi Stati membri ed aveva manifestato l’intenzione di consultare in proposito alcune personalità politiche di spicco ; queste hanno presentato alla Commissione, il 18 ottobre, la relazione intitolata Le implicazioni istituzionali dell’ allargamento4 . 4 Rapporto alla Commissione europea dei sigg. Dehaene, von Weizsäcker e Lord Simon. Introduzione L’adesione di nuovi Stati membri rappresenta il grande progetto politico dell’inizio del XXI° secolo. Questo progetto, la cui portata non ha precedenti, induce a riflettere sul funzionamento delle istituzioni europee. Come lavorare, come decidere con una trentina di Stati membri ? E’ una domanda che si pone per l’insieme delle istituzioni e che richiede risposte di vario genere. Atto politico importante e complesso, l’allargamento mobiliterà tutte le forze dell’Unione europea e avrà molteplici risvolti e conseguenze, non solo a livello istituzionale, ma anche nella conduzione pratica delle politiche europee e nel ruolo che l’UE sarà chiamata a svolgere sulla scena mondiale. L’Unione ne uscirà trasformata e – ci auguriamo – rafforzata. La Commissione è convinta che tutte le risposte vadano cercate e trovate nell’ambito della nuova conferenza intergovernativa, la quale dovrebbe essere convocata al più presto possibile agli inizi del 2000. Il 13 ottobre la Commissione ha approvato una serie di relazioni sui progressi compiuti da ciascuno dei paesi candidati all’adesione. Il documento di sintesi5 invita a confermare risolutamente la prospettiva di aprire negoziati con tutti i paesi candidati, i quali entrerebbero a far parte dell’Unione non appena saranno pronti. La Commissione raccomanda pertanto al Consiglio di concludere che « il processo di riforma istituzionale deve svolgersi in modo tale che i sostanziali adeguamenti richiesti come presupposto indispensabile dell’ allargamento siano attivati entro il 2002 ». La Commissione invita inoltre il Consiglio a « impegnarsi affinché nel 2002 l’ Unione europea sia in grado di prendere una decisione in merito all’ adesione dei paesi candidati che rispondano a tutti i requisiti necessari ». Questa raccomandazione tiene conto dei cambiamenti registrati in questi ultimi due anni : la moneta unica, divenuta ormai realtà ; i progressi di alcuni dei paesi candidati e, per la totalità di essi, l’esigenza di ottenere una garanzia inoppugnabile quanto al fatto che l’Europa si dispone ad accoglierli. Se quest’orientamento prevarrà – come auspica la Commissione – sarà giocoforza constatare che il panorama politico è mutato e trarne le debite conseguenze : l’Unione europea deve prepararsi sin d’ora a veder quasi raddoppiato il numero dei suoi membri. La distinzione operata ad Amsterdam6 tra un adeguamento limitato ed una riforma più vasta è ormai superata. Dal 2002 in poi, l’Europa entrerà in un processo di allargamento che durerà diversi anni. Davanti a questa prospettiva, è praticamente impossibile rimandare ulteriormente le riforme necessarie. Un’altra eventuale conferenza, sulla scia della prima, non farebbe altro che moltiplicare i rischi : quello di rinviare alla seconda conferenza le difficoltà incontrate nel corso della prima ; quello di considerare la seconda come una premessa supplementare all’allargamento; quello, infine, di scontrarsi con la crescente incomprensione da parte degli Stati membri e dei paesi candidati nei riguardi di un’Europa istituzionale perennemente in cantiere. Al termine della prossima conferenza intergovernativa, l’Unione europea non potrà permettersi di portare avanti contemporaneamente l’allargamento e la riflessione sul proprio sistema istituzionale. Sono ormai quasi quindici anni che l’Unione continua a ritoccare le sue strutture interne : Atto unico, Maastricht, 6 5 COM(500) def. del 13 ottobre 1999 Protocollo sulle istituzioni nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione europea Amsterdam, ed ora la preparazione della prossima riforma. Quest’ultima dev’essere una condizione preliminare per l’allargamento, ma deve anche stabilizzare in modo duraturo il sistema istituzionale europeo. E’ quindi indispensabile che la prossima conferenza sfoci in un’autentica riforma entro la fine del 2000, in modo da lasciare il tempo necessario per le ratifiche prima dell’allargamento. Altrettanto indispensabile è realizzare le riforme istituzionali che occorrono per far funzionare un’Unione così sostanzialmente allargata. La Commissione esprime la propria convinzione secondo cui è possibile attuare entro la fine del 2000 una riforma istituzionale profonda ed efficace, se questa poggia su una volontà politica sufficientemente ferma. Le implicazioni della prossima conferenza intergovernativa Il mandato della conferenza intergovernativa è stato così definito al Consiglio europeo di Colonia (3-4 giugno 1999)7: - dimensioni e composizione della Commissione europea; - ponderazione dei voti in sede di Consiglio (nuova ponderazione, introduzione di una doppia maggioranza, soglia per le decisioni a maggioranza qualificata); - questione dell'eventuale estensione delle votazioni a maggioranza qualificata in sede di Consiglio. Potrebbero inoltre essere discusse le altre modifiche del trattato relative alle istituzioni europee, che dovessero essere necessarie in connessione con le questioni 7 Paragrafo 53 delle conclusioni della presidenza. soprammenzionate e nel corso dell'attuazione del trattato di Amsterdam. In questo spirito, la Commissione raccomanda che la prossima conferenza intergovernativa si focalizzi sulle questioni istituzionali. Per trovare soluzioni valide e durature in questo campo, bisogna concentrarsi esclusivamente su tali questioni, lasciando da parte le politiche comuni, che non dovrebbero quindi essere discusse nel merito in questa sede. Lo scopo dell’imminente riforma non sarà quello di modificare gli equilibri istituzionali o di estendere la sfera di competenze, fatta eccezione per il dibattito in corso – di estrema importanza per il peso politico dell’Unione – su una politica europea in materia di sicurezza e difesa, le cui eventuali conseguenze sulle istituzioni dovranno, a suo tempo, tradursi in opportune modifiche del trattato. Inoltre, la Commissione ritiene che sia questo il momento di effettuare le necessarie riforme istituzionali. Come si può pensare, infatti, di realizzare con una trentina di Stati membri ciò che non si è potuto ottenere in quindici ad Amsterdam o che non si vuole affrontare oggi ? Sarà certamente più facile trattare gli argomenti già identificati ad Amsterdam e a Colonia se tali problematiche, scottanti e prioritarie per la conferenza intergovernativa, saranno inquadrate in una visuale politica più ampia, cioè i preparativi per l’allargamento e il necessario adeguamento delle istituzioni europee in questa prospettiva. La riforma appare tanto più necessaria oggi in quanto, dopo l’allargamento, l’Unione dovrà essere capace di approfondire il proprio progetto e di consolidare la costruzione europea con quelli che saranno diventati i suoi nuovi Stati membri. E’ dunque nell’interesse di questi ultimi, oltre che dell’Unione, che le riforme vengano introdotte quanto prima possibile e in forma imparziale. L’allargamento avrà essenzialmente due ordini di conseguenze sul funzionamento dell’Unione : un effetto numerico ed un effetto di frammentazione, dal momento che un’Europa allargata rischia di diventare meno coerente e meno forte. Il sistema istituzionale deve prepararsi ad affrontare queste due conseguenze. I. Come funzionare bene pur essendo in tanti Il semplice accrescimento numerico della compagine europea rende automaticamente più lento e complesso l’iter decisionale. Una prima reazione consiste nell’applicare scrupolosamente il principio della sussidiarietà, iscritto nei trattati. Al momento di agire, l’Unione dev’essere in grado di esplicare un’azione efficace. Con una trentina di Stati membri, sarà sempre più difficile raggiungere l’unanimità. Inoltre, potremo essere certi che i trattati seguiranno con la loro evoluzione gli ulteriori sviluppi dell’Unione ? Come fare perché le decisioni del Consiglio rappresentino meglio gli equilibri demografici ? Come devono essere composte le altre istituzioni per poter continuare a svolgere correttamente la loro funzione malgrado l’aumento degli Stati membri ? E in che modo si dovranno adattare le modalità di funzionamento delle istituzioni in generale ? Alcuni di questi interrogativi sono legati tra loro : sarà più facile estendere il campo della maggioranza qualificata se si procede parallelamente ad una riponderazione equilibrata dei voti degli Stati membri in seno al Consiglio. Non tutti questi fattori richiedono una revisione dei trattati ; tutti, però, devono essere esaminati come elementi di una stessa problematica, quella del buon funzionamento delle istituzioni in un’Europa allargata. L’equilibrio tra gli Stati membri è una componente essenziale delle riforme, secondo lo spirito originario dei trattati che prefigurava non solo un’Unione di Stati, ma anche un’Unione di popoli. 1. L’iter decisionale Il Consiglio europeo di Colonia ha invitato la futura conferenza intergovernativa a prospettare l’eventualità di un’estensione del voto a maggioranza qualificata in sede di Consiglio. Il trattato di Amsterdam ha già consentito progressi significativi, ma il raddoppio o quasi del numero di Stati membri esige uno sforzo molto più sostanziale in tal senso, dato che la diversità d’interessi assumerà ben presto proporzioni tali da rischiare di bloccare facilmente i meccanismi dell’Unione..Si dovrebbe quindi riesaminare l’insieme delle decisioni che vengono tuttora prese all’unanimità, partendo dal principio che, dopo l’allargamento, una decisione per la quale fosse ancora richiesta l’unanimità avrebbe statisticamente poche probabilità di essere adottata. La deliberazione a maggioranza qualificata deve quindi diventare la regola e l’unanimità rimanere un’eccezione, strettamente limitata a certe questioni realmente fondamentali o politicamente molto delicate. A titolo d’esempio puramente indicativo, la maggioranza qualificata potrebbe essere estesa, in base a questo principio, ai seguenti campi : – le quattro disposizioni del trattato in cui la procedura di codecisione coesiste con l’unanimità8 devono passare alla maggioranza qualificata, in modo da preservare l’utilità della codecisione; 8 Trattato che istituisce la Comunità europea : articolo 18, paragrafo 2 (facilitazione del diritto di ogni cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente), articolo 42 (coordinamento della sicurezza sociale dei lavoratori), articolo 47, paragrafo 2, seconda frase (coordinamento delle legislazioni relative all’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, quando esso comporti una modifica dei vigenti principi legislativi del regime delle professioni, per quanto riguarda la formazione e le condizioni di accesso delle persone fisiche) e articolo 151 (cultura). – in esito al Consiglio europeo di Tampere, occorre prendere atto della volontà dei capi di Stato e di governo di addivenire nel più breve tempo possibile a risultati concreti in materia di giustizia e di affari interni. Sarebbe quindi opportuno chiedersi in che misura le vigenti disposizioni dei trattati rispondono a questo obiettivo politico, in particolare per quanto concerne lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia ; – si dovrebbe deliberare a maggioranza qualificata nel caso previsto all’articolo 133 del TCE, cioè quando si tratta di estendere l’applicazione dei meccanismi della politica commerciale comune a negoziati e accordi internazionali su servizi e proprietà intellettuale; – talune deliberazioni in materia fiscale, necessarie per il buon funzionamento del mercato interno, nonché in materia di politica sociale (art. 137 §3, art. 144), ambiente (art. 175 §2), politica strutturale (art. 159) potrebbero parimenti essere effettuate a maggioranza qualificata, eventualmente riformulando l’enunciato dei pertinenti articoli del trattato. Resta inteso che, per le questioni d’ordine legislativo di competenza comunitaria, la maggioranza qualificata dovrebbe essere associata ad una procedura di codecisione con il Parlamento europeo. Come rilevava la Commissione europea nel suo parere sulla precedente conferenza intergovernativa, ciò implica una definizione più chiara della sfera legislativa. Una simile chiarificazione faciliterebbe l’azione esecutiva sia a livello comunitario che negli Stati membri, promuovendo così la sussidiarietà. 2. L’evoluzione dei trattati Nel suo parere sulla conferenza 9 intergovernativa del 1996 , la Febbraio 1996 – parere della Commissione europea sulla riunione della conferenza intergovernativa del 1996 prevista dal trattato di Maastricht. Commissione aveva osservato che il trattato contiene disposizioni di rilevanza assai variabile per effetto di successive aggiunte. Essa riteneva necessario che talune disposizioni del trattato possano essere modificate secondo un sistema meno rigido di quello attualmente in vigore. Dal canto suo, la relazione dei sigg. Dehaene, von Weizsäcker e Lord Simon suggerisce che i trattati siano strutturati in due parti : da un lato i testi di base e dall’altro i testi applicativi. Questi ultimi, comprendenti le disposizioni meno fondamentali, potrebbero essere modificati dal Consiglio (a maggioranza qualificata rafforzata o all’unanimità) previo parere conforme del Parlamento europeo. Va peraltro osservato che il trattato CECA contiene già, in certi casi e per talune disposizioni non fondamentali, una procedura di revisione semplificata10 . In materia di politica economica e monetaria, il trattato prevede una procedura snellita per la modificazione del protocollo sui disavanzi eccessivi (art. 104 TCE). L’allargamento porta necessariamente a prospettare l’eventualità di modificare le politiche comuni senza ratifica da parte dei parlamenti nazionali e, in certi casi, senza dover deliberare all’unanimità. La Commissione non sottovaluta la difficoltà tecnica e politica di tale atto, che dovrebbe rispettare la parità di diritto e non comportare variazioni delle attuali competenze dell’Unione o della Comunità. Nondimeno, la ristrutturazione dei trattati, con l’introduzione di procedure di revisione confacenti alla prospettiva di un numero di Stati membri quasi doppio, presenterebbe ovvi vantaggi per gli ulteriori sviluppi della costruzione europea, in quanto : – permetterebbe di circoscrivere il trattato di base alle disposizioni essenziali per 9 18 aprile 1951 – trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (articolo 95, paragrafi 2 e 3).. 10 l’Unione europea, rendendone più chiari gli impegni, più leggibili le finalità e, in fin dei conti, facendo di questo testo un migliore strumento di democrazia; – manterrebbe il carattere evolutivo dei trattati. L’attuale procedura di una conferenza le cui conclusioni, approvate all’unanimità, devono essere sottoposte ai procedimenti nazionali di ratifica diventerà, dopo l’allargamento, troppo pesante per adeguare le disposizioni congiunturali e non essenziali dei trattati al mutare delle esigenze. La Commissione considera quest’idea interessante e meritevole di approfondimento, tanto che essa intende promuovere, a titolo esplorativo, una riflessione in proposito sulla base degli studi teorici già intrapresi. Il primo passo dovrebbe essere quello d’individuare, nei trattati, le disposizioni che si prestano ad una procedura di revisione semplificata. Si possono già trovare alcuni esempi nei trattati odierni (art. 67 TCE sulla modifica delle procedure decisionali in materia di visti, asilo e immigrazione, art. 133 TCE sull’estensione a taluni settori dei meccanismi della politica commerciale comune). Le stesse modalità potrebbero essere applicate anche ad altre questioni non fondamentali. 3. La rappresentanza degli Stati in seno al Consiglio Mentre il Parlamento europeo, ai termini del trattato, rappresenta i popoli degli Stati riuniti nella Comunità il Consiglio rappresenta i governi democraticamente eletti degli Stati membri. L’attuale equilibrio istituzionale presuppone che le decisioni del Consiglio siano più rappresentative del peso relativo dei vari Stati membri dell’Unione. Lo spirito originario dei trattati fondatori va salvaguardato e, se necessario, ripristinato sotto questo rispetto. I primi trattati disponevano che una deliberazione a maggioranza qualificata dovesse esprimere 12 dei 17 voti allora attribuiti agli Stati membri, ossia il 70,5% dei voti. Gli Stati meno popolati erano, in certa misura, sovrarappresentati. Con la successiva adesione di altri nove Stati, la soglia della maggioranza qualificata si è leggermente alzata e lo squilibrio inizialmente voluto si è accentuato a detrimento degli Stati più popolati : la popolazione minima richiesta per raggiungere la maggioranza qualificata è infatti passata dal 67% (Comunità a sei) o persino 70% (Comunità a nove e a dieci) al 58% (quindici Stati membri). In previsione dell’allargamento, occorrerà : – agevolare la decisionalità: la percentuale di voti richiesta per raggiungere la maggioranza qualificata, attualmente dell’ordine del 71%, potrebbe essere eventualmente stabilizzata ad un livello inferiore; – rafforzare la rappresentatività democratica delle decisioni del Consiglio: oggigiorno, nella peggiore delle ipotesi, una decisione può essere bloccata da un gruppo di Stati che rappresenti il 12% della popolazione dell’Unione, mentre può essere adottata da un gruppo di Stati che rappresenti appena il 58% della popolazione dell’Unione. Se il trattato resta invariato, in un’Unione a 27 membri una decisione potrebbe essere bloccata da un gruppo di Stati che rappresenti il 10% della popolazione e adottata da un gruppo di Stati che rappresenti appena il 50% della popolazione dell’Unione. Il dibattito sulla ponderazione dei voti in seno al Consiglio dovrà tenere conto di questi due aspetti e, inoltre, perseguire l’obiettivo della semplicità.. 4. Le altre istituzioni e gli organi consultivi dell’Unione Le disposizioni in materia istituzionale contenute nei trattati devono essere adattate in previsione dell’allargamento. – Il Parlamento europeo : nei limiti fissati dal trattato, si dovrà determinare il numero di deputati eletti in ciascuno Stato membro onde assicurare, conformemente all’articolo 189 del trattato che istituisce la Comunità europea, una rappresentanza adeguata dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità. – La Commissione : l’attuale sistema di funzionamento della Commissione, con un nuovo potere di orientamento politico conferito al Presidente e deliberazioni collegiali espresse a maggioranza semplice dei membri che la compongono, garantisce un equilibrio essenziale che rischia di ribaltarsi in caso di aumento del numero dei commissari. In previsione dell’allargamento, è quindi indispensabile salvaguardare, nel contempo, la collegialità, l’efficacia e la decisionalità di un’istituzione la cui vocazione è quella di rappresentare con assoluta indipendenza l’interesse generale e di conciliare le diverse finalità dei trattati. Si dovranno altresì mantenere le giuste proporzioni tra il numero di portafogli attribuiti e i compiti che spettano effettivamente alla Commissione. Infine, la responsabilità politica della Commissione, che rappresenta un’importante componente della sua legittimità, dovrà essere integrata dall’impegno formale dei commissari a dimettersi su espressa richiesta del Presidente. A prescindere dal diritto esclusivo d’iniziativa che le è attribuito, la Commissione dovrà presentare a suo tempo raccomandazioni sul proprio sistema di funzionamento atte a favorire una capacità decisionale e d’intervento essenziale per la costruzione europea. – La giurisdizione comunitaria : per non compromettere l’efficacia della giurisdizione comunitaria nella prospettiva di un prevedibile aumento del carico di lavoro, la composizione e il funzionamento della Corte di giustizia e del tribunale di primo grado dovranno essere adattati in previsione dell’allargamento. A questo scopo sarà utile rifarsi al documento di riflessione elaborato dalla Corte in data 10 maggio 1999 e alle conclusioni del gruppo di riflessione sul futuro della giurisdizione comunitaria, istituito per iniziativa della Commissione, d’intesa con la Corte11 . – La composizione de la Corte dei conti dovrebbe essere esaminata unicamente in base al criterio del fabbisogno e dell’efficenza di questa istituzione dopo l’allargamento. La questione numerica si porrà anche per il Comitato economico e sociale ed il Comitato delle regioni. Sarebbe auspicabile limitare il numero dei membri di questi due organi in modo che resti compatibile con le esigenze di un funzionamento efficente. Per quanto riguarda il Comitato economico e sociale, sarebbe opportuno riflettere sul modo in cui esso potrebbe rappresentare meglio la società civile. Inoltre, sarà opportuno potenziare la tutela degli interessi finanziari della Comunità, per esempio mediante l’istituzione di un procuratore europeo o di qualunque altro dispositivo atto a conferire una dimensione giurisdizionale comune all’obbligo incombente agli Stati membri di combattere le frodi (art. 280 TCE). 5. Il funzionamento delle istituzioni Oltre a ciò che richiede una revisione dei trattati, si dovranno apportare modificazioni sostanziali al funzionamento delle istituzioni. Se già adesso sono necessarie vaste riforme, queste diventano indispensabili nella prospettiva dell’allargamento. – Il Parlamento europeo : come le altre istituzioni, il Parlamento europeo dovrebbe portare avanti risolutamente il riesame dei 11 Il 13 ottobre 1999 il gruppo ha presentato una relazione interinale, trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio ; la relazione definitiva è attesa per la fine di gennaio 2000.. propri metodi di lavoro. E’ necessario tradurre in atto le disposizioni del trattato relative allo statuto e alle condizioni generali di esercizio delle funzioni dei parlamentari europei (art. 190 §5 TCE). Come osserva la relazione Dehaene - von Weizsäcker - Lord Simon, sarebbe auspicabile che i metodi operativi del Parlamento europeo siano resi il più possibile chiari e trasparenti. Infine, c’è da augurarsi che siano portati a termine quanto prima i lavori sulla procedura di elezione dei parlamentari europei (art. 190 §4 TCE). – Il Consiglio : in considerazione della sua natura e del suo funzionamento, il Consiglio rischia di essere l’istituzione più duramente colpita dalle conseguenze dell’allargamento. E’ in corso un ampio dibattito sulla base della relazione presentata nel marzo scorso dal Segretario generale del Consiglio, nella quale viene fatto il punto delle difficoltà attuali e vengono avanzate numerose proposte. Vi è evidenziata, in particolare, la necessità di riforme e di trasparenza. La Commissione, che ovviamente è interessata al buon funzionamento del Consiglio, auspica che tali riforme vengano introdotte quanto prima possibile e intende collaborare pienamente con il Consiglio per la loro attuazione. Una buona parte di queste riforme potrebbe essere realizzata sin d’ora, anche se non è escluso che taluni cambiamenti più radicali richiedano una revisione dei trattati. – La Commissione si è impegnata in un processo di riforma delle proprie strutture interne : razionalizzazione dei servizi, aggiornamento dei metodi operativi, adeguamento alle esigenze di un’amministrazione trasparente. Queste riforme, di cui si vedono già i frutti, ma la cui completa attuazione richiederà ancora diversi anni, dovrebbero favorire l’integrazione dei nuovi Stati membri.. II. Prevenire la frammentazione Se si considera che, dopo l’allargamento, le differenze – per non dire le disparità – tra gli Stati membri saranno più marcate di quanto lo siano oggi, si può facilmente prevedere che l’Unione di domani diventerà ancora meno omogenea. Ciò non deve, tuttavia, portare ad un rallentamento del ritmo d’integrazione, né ad un indebolimento della coesione interna dell’Unione europea. 1. Portare avanti l’integrazione Il trattato di Amsterdam ha sancito la legittimità di certe forme di cooperazione tra gli Stati membri, nei limiti del quadro istituzionale vigente, per oltrepassare il livello d’integrazione già raggiunto dall’insieme dell’Unione. La portata del prossimo allargamento giustifica l’esigenza di rendere operanti queste nuove disposizioni quanto più efficacemente possibile. Per la Commissione, queste disposizioni non sono affatto intese ad alleviare gli obblighi dei futuri Stati membri. Indubbiamente, in taluni settori, sarà necessario un periodo di transizione per consentire ai nuovi Stati membri di applicare integralmente l’acquis dell’Unione dei Quindici. Tuttavia, sul contenuto di tale acquis non sarà possibile transigere. L’acquis non dev’essere considerato in nessun caso come una forma di cooperazione potenziata tra i Quindici, alla quale i nuovi Stati membri aderirebbero a loro piacimento e discrezione. Se ci si attiene alla definizione e alle condizioni attuali della cooperazione potenziata, si deve constatare che gli Stati membri che intendono rafforzare la cooperazione reciproca in materia giudiziaria o di ordine pubblico, o in settori di competenza comunitaria, si espongono al veto del Consiglio riunito a livello di capi di Stato e di governo. Questa facoltà di veto può indurre gli Stati che desiderano cooperare tra loro in modo più stretto a collocarsi al di fuori del quadro istituzionale stabilito dai trattati. Si dovrà inoltre esaminare, in materia di politica estera e di sicurezza comune, se il meccanismo dell’astensione costruttiva previsto dal trattato di Amsterdam risponde in misura sufficiente all’esigenza che talune azioni possano essere elaborate ed attuate, in nome dell’Unione europea, soltanto da alcuni Stati membri. 2. Rafforzare la coesione L'Unione non deve restringere il proprio margine di manovra nei confronti degli interlocutori esterni. La mondializzazione in atto impone all’Europa di affermare risolutamente la propria coesione, la sua peculiare concezione dell’organizzazione economica e sociale, il proprio attaccamento a riferimenti culturali ed etici comuni. Per consolidare la presenza e il peso dell’Unione sono necessari non pochi adattamenti. Far sentire una sola voce non è più una scelta, ma una necessità. Occorre esaminare la questione della rappresentanza esterna in tutti i settori pertinenti, in particolare il.commercio e gli affari economici e finanziari internazionali. In questo contesto andrebbe esaminata anche la questione della personalità giuridica dell’Unione. III. Proseguire la costruzione politica dell’Europa Oltre alle problematiche direttamente collegate alla preparazione dell’allargamento, la conferenza dovrà, al momento debito, trasporre in termini istituzionali le trattative in corso sulla politica comune di sicurezza e difesa, mantenendo un quadro comunitario coerente e senza pregiudicare l’azione della Comunità. In occasione dei vertici di Vienna e di Colonia, i capi di Stato e di governo hanno manifestato la volontà di sviluppare un’autentica politica comune in questo campo, completando e consolidando in tal modo l’acquis del trattato di Amsterdam in materia di politica estera e di sicurezza. La conferenza intergovernativa dovrà prendere in considerazione l’eventualità di modificare il trattato in tal senso, affinché possa avanzare la costruzione politica dell’Unione. Infine, un progetto di carta dei diritti fondamentali dell’Unione verrà elaborato prima della riunione del Consiglio europeo del dicembre 2000. A quel punto si porrà la questione del rapporto tra la carta e i trattati, già sollevata nelle conclusioni del Consiglio europeo di Colonia. Metodo di lavoro Preparare i negoziati Gli argomenti da trattare sono già stati, per la maggior parte, oggetto di approfondite discussioni nel corso della precedente conferenza intergovernativa. Per favorire un rapido progresso dei lavori e rispettare la scadenza di fine 2000 per la conclusione degli stessi, la Commissione raccomanda che vengano prese le seguenti disposizioni: – il Consiglio europeo potrebbe ritenere opportuno avviare la procedura prevista dal trattato (art. 48 TUE) al più presto possibile dopo la riunione di Helsinki. In tal caso, la riunione del Consiglio europeo prevista per il mese di marzo 2000 offrirebbe l’occasione per una prima valutazione dei lavori ; – la Commissione e il Parlamento europeo dovrebbero allora emettere i loro pareri formali sin da gennaio; – sin dall’inizio della conferenza dovrebbero essere pronti i progetti di testi. Coinvolgere il Parlamento europeo. Nel suo intervento alla conferenza dei presidenti del Parlamento europeo, pronunciato lo scorso 7 settembre, il sig. Prodi aveva dichiarato che la Commissione si adopererà, « nei limiti delle sue possibilità, affinché il Parlamento europeo sia tenuto informato e reso pienamente partecipe della preparazione e dello svolgimento della conferenza intergovernativa ». I negoziati che hanno portato alla conclusione del trattato di Amsterdam hanno dimostrato i benefici della partecipazione del Parlamento europeo ai lavori della conferenza. E’ da auspicare che questa prassi venga confermata ed anzi perfezionata. La Commissione intende procedere, già nella fase preparatoria, a consultazioni con il Parlamento europeo per precisare le rispettive posizioni al fine di ravvicinarle quanto più possibile. Nello stesso intento, la Commissione parteciperà al dialogo chiarificatorio con i parlamenti nazionali. Avviare la concertazione con i paesi candidati La riforma che si profila è destinata anzitutto a consolidare le strutture dell’Europa allargata. Conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Colonia, dovranno essere intraprese regolari consultazioni con i paesi candidati all’adesione. Una vera riforma per una nuova era Questa conferenza potrà raggiungere il suo obiettivo, che è quello di ottenere un allargamento riuscito, soltanto se l’ottica del lungo periodo, di cui si fanno portavoce in primo luogo i capi di Stato e di governo, avrà il sopravvento sugli interessi immediati. La Commissione, in quanto custode dei trattati, obbedisce al proprio ruolo affermando che l’evoluzione dei trattati è tanto più necessaria oggi se si vuole che l’Unione allargata funzioni domani. Essa obbedisce al proprio ruolo anche quando chiama i cittadini alla vigilanza e fa appello alla speranza di un’Europa più democratica e alla portata di tutti. L’allargamento e le sue conseguenze sul piano istituzionale determinano il profilo politico dell’Europa del domani. La nuova era che si apre esige dunque un’autentica riforma. La preparazione e lo svolgimento della conferenza intergovernativa devono dare adito ad un ampio dibattito pubblico, con i cittadini e i parlamenti nazionali. Spetta alle istituzioni europee, ma anche e soprattutto agli Stati membri, dare il via a.questo dialogo. La Commissione, dal canto suo, intende contribuire attivamente a quest’opera di chiarificazione e di dialogo. Documento 4 Risoluzione del Parlamento europeo sulla preparazione della riforma dei trattati e la prossima Conferenza intergovernativa (C5-0143/1999 1999/2135(COS)) Il Parlamento europeo, - viste le conclusioni del Consiglio europeo di Colonia,che conferma l ’intenzione di «convocare all’inizio dell’anno 2000 una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri per risolvere prima dell’allargamento le questioni istituzionali lasciate in sospeso nel trattato di Amsterdam »(C5-0143/ 1999), - vista la decisione del Consiglio europeo di Colonia di procedere all’elaborazione di una Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, - viste le dichiarazioni del Presidente della Commissione,Romano Prodi,dinanzi al Parlamento europeo il 21 luglio 1999,secondo cui «sarebbe un errore di dimensioni storiche organizzare ad Helsinki una conferenza intergovernativa ridotta per difetto,semplicemente per il timore collettivo di guardare bene in faccia le vere sfide del futuro ampliamento », - viste le dichiarazioni del Commissario Barnier dinanzi alla commissione per gli affari costituzionali il 6 settembre 1999 sulla riforma dei trattati,in particolare sul processo di costituzionalizzazione dell’Unione e sul metodo della revisione, - vista la relazione del gruppo di esperti della Commissione presieduto dal sig.Dehaene, - viste le sue risoluzioni del 19 novembre 1997 sul trattato di Amsterdam12 ,del 6 maggio 1999 sul metodo e il calendario dell’imminente riforma istituzionale13 e del 16 settembre 1999 sull’elabora- zione della Carta dei diritti fondamentali14, - visto il paragrafo 15 della sua succitata risoluzione del 19 novembre 1997,in cui approva la dichiarazione comune di Belgio,Francia e Italia,che raccomandano riforme istituzionali quale condizione di qualsiasi ampliamento, - visti la relazione della commissione per gli affari costituzionali e i pareri della commissione per i bilanci,della GU 371 dell’8.12.1997,pag.99. GU 279 dell’1.10.1999,pag.416. 14 Processo verbale della seduta in tale data,parte II,punto 10 a). 12 13 commissione per il controllo dei bilanci,della commissione per i problemi economici e monetari,della commissione giuridica e per il mercato interno e della commissione per l ’industria,il commercio estero,la ricerca e l ’energia (A50058/1999), A. considerando che nel maggio 2000 l ’Europa della Comunità avrà 50 anni e che,dalla prima Comunità del carbone e dell’acciaio,essa si è trasformata progressivamente in un ’Unione politica sulla base della duplice legittimità in quanto Unione di Stati e Unione di popoli, B. considerando che l ’instaurazione di una democrazia rappresentativa a livello dell’Unione si manifesta nell’esercizio dei poteri legislativo,di bilancio e di controllo e nell’iscrizione della cittadinanza europea nei trattati,la qual cosa ha consentito all’Unione di segnare un ’evoluzione di cui si dovrà tenere conto in occasione della sua prossima riforma, C. considerando che l ’Unione si trova ad affrontare sfide politiche,economiche e sociali assolutamente nuove e di una portata senza precedenti,sia a livello interno che nelle sue relazioni con il resto del mondo,e che è sempre più chiaro che il trattato nella sua forma attuale non consente né di risolvere questi problemi in modo efficace né di ottenere la piena partecipazione dei cittadini, D. constatando la crisi con la Commissione,che ha rivelato talune debolezze istituzionali dell’Unione,e la crisi dell’ex Iugoslavia che,unitamente alla guerra nel Kosovo,ha mostrato la debolezza dell’Unione in materia di politica estera,di sicurezza e di difesa; E. considerando che la riforma dell’Unione deve costituire l ’occasione per stabilire legami con i cittadini europei o per rinnovare i legami esistenti, F. considerando che,di fronte a tali problemi,il Consiglio europeo di Colonia,pur riconoscendo la necessità di procedere ad una revisione dei trattati,ha deciso di convocare una CIG che resta limitata, per il momento,alle questioni istituzionali lasciate in sospeso a Amsterdam,ma che potrebbe comprenderne anche altre e,in concreto,quelle previste nel protocollo sulle istituzioni in vista dell’ampliamento dell’Unione europea e quelle che scaturiscono dall’applicazione del trattato di Amsterdam, G. ricordando che questo Parlamento ha espresso all’indomani del Consiglio europeo di Amsterdam e ha ribadito in seguito la sua concezione di una riforma più ambiziosa dell’Unione,che va ben al di là del protocollo istituzionale del trattato di Amsterdam,e più rispondente ai problemi europei da risolvere, H. considerando che non si tratta affatto di ritardare il processo di ampliamento,tenuto conto in parti- colare delle privazioni sofferte dai paesi dell’Europa centrale e orientale durante più di quarant ’anni di dittatura,ma che la portata di quest ’ultimo processo fa totalmente scomparire quelli precedenti e met- terà alla prova la solidità della costruzione europea, I. considerando che l ’ampliamento deve essere l ’occasione e il catalizzatore di una profonda riforma dell’Unione e che il rinvio di una siffatta riforma globale ad ampliamento avvenuto non potrebbe che renderla più difficile e aleatoria; Gli obiettivi della prossima riforma dell’unione 1.afferma con forza che un ’Unione europea che riunirà un così gran numero di Stati deve disporre degli strumenti necessari per realizzare i suoi obiettivi comuni di natura politica, economica e sociale; 2.ritiene pertanto che l ’imminente riforma dell’Unione debba rafforzare le istituzioni rendendole più efficaci, trasparenti e democratiche, al fine di potenziare la legittimità dell’Unione agli occhi dei cittadini e di consentirle di far fronte all’ampliamento,di svolgere un ruolo attivo nel mondo, di meglio servire i cittadini e di consolidare i diritti fondamentali e la sicurezza interna; Il metodo da applicare alla prossima riforma dell’Unione 3. ritiene necessario che in occasione della prossima riforma dell’Unione si conseguano gli obiettivi seguenti: un dibattito pubblico ampio e una trasparenza totale, un dialogo permanente con i paesi candidati all’adesione, l ’instaurazione di una procedura che consenta un più ampio controllo democratico sull’elaborazione delle modifiche dei trattati e sulla loro adozione, la coerenza dei risultati; 4. ritiene che il ricorso al metodo comunitario, secondo le indicazioni in appresso, possa applicarsi alla preparazione e allo svolgimento della prossima riforma dei trattati; 5. chiede che la Commissione elabori una proposta globale sulla riforma dell’Unione e presenti un pro- getto concreto di riforma del trattato prima dell’avvio ufficiale della CIG; si attende che la Conferenza accetti tale progetto come base dei negoziati; ritiene necessario pervenire a un consenso politico con il Consiglio sull’ordine del giorno e sul metodo della riforma; 6. reputa indispensabile, per la preparazione dei lavori della CIG, organizzare una concertazione con i parlamenti nazionali degli Stati membri e avviare un dialogo aperto con i parlamenti dei paesi candidati e le organizzazioni che rappresentano la società civile; 7. esprimerà il suo parere a norma dell’articolo 48 del trattato UE sulla convocazione della CIG alla luce delle decisioni del Consiglio europeo di Helsinki e dei risultati dell’esame congiunto di cui sopra con riferimento all’ordine del giorno e al metodo scelti per la CIG; 8. chiede che la CIG sia convocata il più presto possibile dopo il Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999; 9. ritiene ovvio e legittimo di dover partecipare pienamente in tutte le fasi e a tutti i livelli della CIG per il tramite di due rappresentanti eletti dall’Aula; 10. ritiene che la decisione finale degli Stati membri gli debba essere sottoposta come nella procedura del parere conforme; Il contenuto delle riforme 11. dichiara che l ’ordine del giorno della prossima riforma dell’Unione,e quindi il mandato che sarà adottato dal Consiglio europeo, dovrà comprendere, in previsione dell’ampliamento, i punti indicati in appresso; La costituzionalizzazione dell’Unione: avvicinare l ’Europa ai cittadini 12. si compiace della decisione di elaborare una Carta dei diritti fondamentali; 13. ritiene che la prospettiva di un ’Unione ampliata renda necessario il varo di un processo costituzionale che comprenda una semplificazione e razionalizzazione dei trattati al fine di assicurarne la trasparenza e l’intelligibilità per i cittadini; è del parere che l ’elaborazione della Carta dei diritti fondamentali sia parte integrante di tale processo costituzionale; 14. ritiene che tale processo costituzionale consoliderebbe i diritti degli Stati membri e dei cittadini dell’Unione europea e chiarirebbe le competenze delle istituzioni comuni; 15. ritiene che la costituzionalizzazione dell’Unione implichi, in particolare, la fusione dei trattati in un testo unico e la distinzione tra due parti: a)una parte costituzionale comprendente il preambolo, gli obiettivi dell’Unione e i diritti fondamentali, nonché le disposizioni concernenti le istituzioni, le procedure decisionali e le varie competenze; b)una seconda parte che definisce gli altri settori dell’attuale trattato; 16. ritiene che la CIG debba modificare la futura procedura di revisione dei trattati basandola sulla duplice legittimazione dell’Unione, onde pervenire a una democratizzazione del processo di revisione grazie all’introduzione di un potere codecisionale dell’istituzione che rappresenta gli Stati e di quella che rappresenta i cittadini dell’Unione; 17. è favorevole all’elaborazione di uno statuto dei partiti politici a livello europeo quale passo positivo per facilitare la partecipazione politica dei cittadini; Riforme istituzionali sufficientemente ambiziose 18.chiede che la CIG affronti una riforma istituzionale adattando la composizione, la funzione, la cooperazione e l ’organizzazione delle istituzioni al fine di rafforzarne il carattere democratico e, così facendo, l’efficacia, e di far fronte all’aumento dei membri dell’Unione; 19.ribadisce la ferma convinzione che la votazione a maggioranza qualificata e la codecisione devono divenire il metodo normale per la presa di decisioni legislative di carattere generale nella Comunità e che l’unanimità deve essere riservata alle questioni di carattere costituzionale e fondamentale; 20.ritiene che si debbano ora prendere decisioni definitive per quanto riguarda la nuova ponderazione dei voti in seno al Consiglio e la composizione della Commissione; 21.ritiene che,nella prospettiva di un ’Europa ampliata,si devono e si possono apportare molti miglioramenti al funzionamento del Consiglio senza pretendere una riforma del trattato e che questi miglioramenti dovrebbero iscriversi nello stesso calendario della prossima CIG;precisa che il Parlamento si pronuncerà sui risultati della CIG alla luce,fra le altre cose,dei risultati che saranno stati così ottenuti in seno al Consiglio; 22.ritiene che l ’impatto dell’ampliamento non si limiterà alla sola Commissione,ma interesserà anche le altre istituzioni e organi,in particolare il Consiglio e il Consiglio europeo;chiede che la prossima CIG esamini la questione della composizione,del funzionamento e delle competenze della Corte di giustizia, del Tribunale di primo grado,della Corte dei conti,del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale,come pure le implicazioni di queste scelte per i futuri metodi di lavoro di tali istituzioni; 23.ricorda che il numero massimo di 700 deputati previsto per il Parlamento europeo implica che occorrerà rivedere anche il numero di seggi per Stato membro, e presenterà una proposta in materia; 24.chiede che le riunioni del Consiglio in cui sono adottate decisioni legislative siano pubbliche; 25.auspica che le attuali disposizioni del trattato concernenti la possibilità di dimissioni collettive della Commissione vengano chiarite e chiede di poter esercitare, come il Consiglio, il diritto di presentare un’istanza alla Corte di giustizia volta alla pronuncia delle dimissioni d ’ufficio di un membro della Commissione a norma degli articoli 213 e 216 del trattato CE; chiede che venga inserita nel trattato la «procedura Prodi »,mediante la quale il Presidente della Commissione ha la facoltà di destituire un singolo Commissario; chiede che venga prevista nel trattato la possibilità che il presidente della Commissione sottoponga al Parlamento europeo la questione della fiducia; 26.si dichiara contrario a qualsiasi tentativo di mettere in discussione, in occasione della CIG, il monopolio dell’iniziativa conferito alla Commissione nel quadro del primo pilastro; 27.ritiene che il carattere democratico dell’Unione debba essere ulteriormente migliorato; in tale contesto chiede un rafforzamento del proprio ruolo, in particolare nel settore del bilancio e per quanto concerne le nomine nelle istituzioni e negli organi dell’Unione europea; 28.chiede che il Parlamento sia competente dell’organizzazione della propria attività; 29.chiede il potenziamento della tutela degli interessi finanziari della Comunità e,in particolare,l ’ob- bligo degli Stati membri di combattere le frodi; Una nuova clausola relativa a un rafforzamento dell’integrazione 30. ritiene opportuno,in dell’ampliamento,proseguire il vista dibattito sulla flessibilità;le regole adot- tate dovranno tendere,da un lato,a ridurre le possibilità di blocco da parte di un qualsiasi Stato membro, dall’altro,a salvaguardare il quadro istituzionale unico dell’Unione europea; 31. sollecita un riesame delle clausole del trattato di Amsterdam in materia di più stretta cooperazione per consentirne un ’efficace utilizzazione in settori nei quali un certo numero di Stati membri abbiano la volontà e la capacità di approfondire la loro integrazione,senza pregiudicare gli interessi di altri Stati membri o l ’integrità dell’acquis communautaire; Rafforzamento del ruolo esterno dell’UE Personalità giuridica 32. ritiene che lo status, la visibilità e il potere negoziale dell’Unione sul piano internazionale resteranno limitati finché essa non disporrà di una personalità giuridica unica e che pertanto l ’Unione debba godere, nelle relazioni internazionali, della capacità giuridica necessaria all’esercizio delle sue funzioni e alla realizzazione dei suoi scopi; Sicurezza e difesa 33.condivide la necessità, a seguito della dichiarazione degli Stati membri al Consiglio europeo di Colonia, di rafforzare gli strumenti della PESC, e chiede che sia instaurata, sulla base di un calendario preciso e vincolante e secondo procedure che salvaguardino gli interessi nazionali dei singoli Stati membri, una politica europea comune in materia di sicurezza e di difesa che garantisca le frontiere esterne degli Stati membri quali frontiere dell’Unione europea; 34.chiede che venga introdotta una capacità d ’azione, basata su mezzi militari credibili, attraverso l’integrazione dell’UEO secondo un calendario preciso; ritiene che si debba tenere debito conto dei problemi istituzionali posti da una siffatta integrazione e delle sue conseguenze e che gli Stati membri neutrali e quelli non allineati debbano poter partecipare pienamente e su base di parità alle operazioni dell’UE; Relazioni economiche esterne 35.chiede che siano rafforzate le disposizioni in materia di relazioni economiche esterne, compresa la partecipazione della Comunità alle organizzazioni internazionali multilaterali, e che si ponga rimedio alla dispersione di tali disposizioni nei trattati; sottolinea la necessità che la competenza della Comunità e i poteri della Commissione di negoziare accordi esterni vengano estesi a tutti i servizi e ai diritti di proprietà intellettuale, con particolare riferimento ai negoziati OMC e agli altri negoziati multilaterali; 36.chiede il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo per quanto riguarda gli accordi internazionali e la politica commerciale comune, in particolare per quanto riguarda l ’autorizzazione e il controllo dei negoziati di accordi esterni; 37.chiede che la procedura del parere conforme divenga la regola generale per la conclusione di tutti gli accordi internazionali di importanza rilevante, come originariamente indicato nella Dichiarazione di Stoccarda del 1983,comprese le decisioni relative all’applicazione provvisoria o alla sospensione degli accordi a causa di violazioni dei diritti umani o del mancato rispetto delle regole democratiche; Spazio di libertà, di sicurezza e di democrazia 38.constata che il trattato di Amsterdam rappresenta un sostanziale passo avanti che deve ancora tro- vare attuazione, ma ritiene che l ’importanza della materia per i cittadini giustifichi il fatto di iscrivere all’ordine del giorno della CIG il rafforzamento delle procedure riguardanti questo settore,soprattutto al fine di migliorare l ’accesso dei cittadini alla Corte di giustizia delle Comunità europee; Rafforzamento della politica economica, sociale e occupazionale 39.chiede che sia iscritto all’ordine del giorno della CIG l ’esame di proposte adeguate finalizzate a potenziare il ruolo delle istituzioni politiche dell’Unione nella definizione degli orientamenti di politica economica, sociale e occupazionale dell’Unione, in vista di una migliore sinergia e di un migliore equilibrio fra tali politiche in seno all’UE, per dare un quadro di riferimento alle decisioni indipendenti di politica monetaria affidate alla Banca centrale europea; si riserva il diritto di formulare proposte concrete allor- quando esprimerà il suo parere sulla convocazione della CIG; 40.chiede di essere consultato sugli orientamenti economici annuali, sulle decisioni concernenti i deficit di bilancio, nonché su qualsiasi altra decisione importante da prendersi nell’ambito della UEM, eccezion fatta per i casi in cui la BCE deliberi in veste di organo indipendente; 41.sottolinea l ’importanza della natura e del significato dell’«economia di mercato sociale »e invita la CIG a sostituire l ’espressione «economia di mercato aperta »con «economia di mercato sociale »nei pertinenti articoli del trattato che istituisce la Comunità europea (ad esempio, articolo 4,articolo 98,articolo 105,ecc.); 42.è del parere che il completamento del mercato interno, l ’unione monetaria e l ’ampliamento avranno conseguenze sui sistemi di sicurezza sociale dell’Unione europea; 43. constata che il trattato di Amsterdam ha rafforzato il quadro giuridico riguardante la protezione degli interessi finanziari dell’Unione mediante la creazione di una specifica base giuridica; chiede comunque che questo sforzo sia completato da un dispositivo normativo che attribuisca a una Procura europea funzioni inquirenti, secondo lo schema proposto dal «Corpus Juris »; 44. chiede che la CIG esamini la necessità di introdurre nel trattato disposizioni per quanto riguarda il turismo, la politica energetica, la creazione di un ’autorità unica europea preposta al controllo del traffico aereo, la pesca e lo sport; 45. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Comitato delle regioni e al Comitato economico e sociale. Documento 5 La riforma istituzionale al servizio dell'allargamento Parere della Commissione ai sensi dell’articolo 48 del trattato sull’Unione europea per la riunione di una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri per una modifica dei trattati, 26 gennaio 2000 Sommario INTRODUZIONE GENERALE Capitolo 1. Ruolo, funzionamento e composizione delle istituzioni e organi dell’Unione europea 1. INTRODUZIONE 2. IL PARLAMENTO EUROPEO 3. IL CONSIGLIO 4. LA COMMISSIONE 5. IL SISTEMA GIURISDIZIONALE DELL’UNIONE 6. LA CORTE DEI CONTI 7. IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE 8. IL COMITATO DELLE REGIONI Capitolo 2. Un processo decisionale efficace 9. INTRODUZIONE 10. LIMITARE IL RICORSO ALL’UNANIMITÀ 11. PROCEDURE DECISIONALI 12. DETERMINAZIONE DELLA MAGGIORANZA QUALIFICATA IN CONSIGLIO 13. LE FORME DELLA COOPERAZIONE RAFFORZATA Conclusioni PROGETTI DI ARTICOLI IL PARLAMENTO EUROPEO LA COMMISSIONE LA CORTE DEI CONTI IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE IL COMITATO DELLE REGIONI PROCEDURE DECISIONALI COOPERAZIONE RAFFORZATA ALLEGATO 1 ALLEGATO 2 ALLEGATO 3 Introduzione generale L’Unione europea si allarga. Sarà profondamente trasformata, ma non deve indebolirsi. In un futuro ormai prossimo il numero degli Stati membri potrebbe quasi raddoppiare. L’ipotesi di un primo allargamento, che avrebbe condotto ad un’Unione di una ventina di Stati membri e sulla quale si basavano i risultati della precedente conferenza intergovernativa, è ormai superata poiché il processo d'allargamento riguarda ormai tredici paesi candidati. L'obiettivo di questo processo è di estendere le condizioni di pace, di solidarietà e di sviluppo economico di cui beneficia oggi l'Unione ai paesi europei limitrofi, accogliendoli in un quadro istituzionale adeguato, chiave del successo del progetto europeo. Pertanto, il problema, semplice ma fondamentale, che si pone è di sapere in qual modo l'Unione potrà funzionare correttamente quando conterà 20, 25 o 30 Stati membri. Come otranno le istituzioni portare avanti i compiti affidati loro dai trattati ? E, da un punto di ista più essenziale, come manterrà l'Unione la propria capacità decisionale e la propria coesione affinché sia ancora possibile un approfondimento della costruzione europea? Già ora il quadro istituzionale denuncia i propri limiti e presenta talune anomalie. È anche poco comprensibile per i cittadini europei. Ma proprio perché l'allargamento rischia di rendere meno coerente e meno forte l'Unione, è necessario riesaminare in modo approfondito la struttura delle sue istituzioni e organi e adattarne di conseguenza il funzionamento. La conferenza che sta per aprirsi è per l'Unione l'ultima possibilità di colmare le lacune e preparare le istituzioni all'allargamento in atto Nella riunione del 3 e 4 giugno 1999 a Colonia, il Consiglio europeo ha confermato "l'intenzione di convocare all'inizio del 2000 una conferenza dei rappresentanti dei governi egli Stati membri per risolvere prima dell'allargamento le questioni istituzionali lasciate in ospeso nel trattato di Amsterdam" ed hanno invitato la presidenza a redigere una relazione er il Consiglio europeo di Helsinki. Alla luce della relazione della Presidenza finlandese (Istituzioni efficaci per un’Unione allargata - Proposte per la conferenza), elaborata dopo una consultazione degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione15 , il Consiglio europeo di Helsinki ha deciso, il 10 dicembre 1999, che la conferenza intergovernativa sarà convocata nel febbraio 2000. La conferenza dovrà esaminare "le dimensione e la composizione della Commissione europea, la ponderazione dei voti in sede di Consiglio, nonché le altre modifiche del trattato relative alle istituzioni europee, che dovessero essere necessarie in connessione con le questioni soprammenzionate e nel corso dell'attuazione del trattato di Amsterdam." La prossima presidenza presenterà al Consiglio europeo i risultati della conferenza e potrà proporre l'iscrizione di altri punti nell'ordine del giorno". A norma dell’articolo 48 del trattato sull’Unione europea, il Consiglio ha presentato il dicembre 1999 al Parlamento europeo e alla Commissione una domanda di parere sulla riunione di una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri per una modifica dei trattati. Il presente documento costituisce il parere della Commissione. La Commissione si pronuncia a favore della convocazione di La riforma istituzionale al servizio dell’allargamento, contributo alla preparazione della conferenza, Comunicazione presentata il 10 novembre 1999 (COM (99) 592).. 15 una conferenza intergovernativa per una modifica dei trattati. Il parere è stato elaborato secondo gli orientamenti stabiliti dalla Commissione nel suo contributo, approvato il 10 novembre 1999, per il Consiglio europeo di Helsinki. Esso costituisce la base per le prese di posizione dei rappresentanti della Commissione nel corso della conferenza. La conferenza dovrebbe durare undici mesi. Nel presente parere la Commissione sottopone alla conferenza, per taluni temi e quando le riflessioni in corso lo hanno reso possibile, progetti di modifica degli articoli del trattato interessati. Quando sarà il momento, la Commissione presenterà i contributi che consentiranno di precisare talune proposte contenute nel presente parere. Sperando che la conferenza permetta una riforma approfondita delle istituzioni europee, la Commissione sottolinea la propria intenzione di dare pieno appoggio alle presidenze del Consiglio che avranno la responsabilità della guida dei lavori. Il Consiglio europeo di Helsinki ha chiesto alla presidenza portoghese di riferire al Consiglio europeo i risultati della conferenza; la presidenza potrà proporre l'iscrizione di altri punti nell'ordine del giorno della conferenza. La Commissione ricorda che il Consiglio europeo dovrà comunque pronunciarsi nel corso del 2000 sull'inserimento nel trattato di un certo numero di tematiche, in particolare quanto segue: – conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Colonia, è stato costituito un organo incaricato di elaborare una Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Per il momento non si è ancora deciso se ed eventualmente come integrare la Carta nei trattati;. il Consiglio europeo di Helsinki ha adottato due relazioni della presidenza sullo sviluppo dei mezzi dell'Unione per la gestione militare e non militare delle crisi nel quadro di una politica europea comune rafforzata in materia di sicurezza e di difesa. La presidenza portoghese è stata incaricata di presentare al Consiglio europeo di Feira una relazione d'insieme, che contenga in particolare orientamenti sull'eventuale necessità di apportare alcune modifiche ai trattati. La Commissione ritiene inoltre che la proposta16 di strutturare i trattati in due parti (da un lato i testi di base e dall'altro i testi applicativi, di natura meno fondamentale) presenta un grande interesse. I testi dei trattati diventerebbero più semplici e leggibili, come è ormai considerato indispensabile; inoltre, tale distinzione consentirebbe di prevedere per la modifica dei testi d'applicazione una procedura meno laboriosa di quella attualmente prevista per la revisione dei trattati e adeguata alla prospettiva di un numero di Stati membri quasi raddoppiato. La Commissione ha deciso di esaminare se è possibile siffatta revisione dei trattati e ha incaricato l'Istituto universitario europeo di Firenze di effettuare uno studio. Sulla base dei risultati di questo studio, la Commissione si riserva la possibilità di presentare alla conferenza proposte in merito. 2 Capitolo 1. Ruolo, funzionamento e composizione delle istituzioni e organi dell’Unione europea 1. Introduzione 16 La Commissione aveva sottolineato, nel suo parere per la precedente conferenza intergovernativa, la necessità di distinguere le disposizioni del trattato che hanno carattere fondamentale dalle altre, che così possono essere modificate _secondo un sistema meno rigido di quello attualmente in vigore_. Questa proposta è stata sviluppata nella relazione Dehaene - von Weizsäcker Lord Simon ("Implicazioni istituzionali dell'allargamento" - relazione presentata il 18 ottobre 1999 alla Commissione europea). La composizione di un'istituzione non è, o non dovrebbe essere, soltanto il risultato logico di un esame del ruolo che essa svolge nell'Unione e della necessità di garantirne un funzionamento efficace. Il ruolo di ciascuna istituzione è chiaramente definito nei trattati. Non vi sono dubbi sul fatto che l'obiettivo della conferenza non è di modificare i compiti e le competenze delle istituzioni; l'equilibrio istituzionale attuale resterà immutato. La Commissione ritiene comunque che la conferenza dovrebbe procedere ad un ampio esame del tema della legittimità democratica del sistema europeo, riflettendo in particolare sulla natura dell'esecutivo, per essere sicuri che le modifiche che saranno apportate dalla conferenza diano una risposta senza ambiguità all'esigenza di una maggiore democratizzazione del quadro istituzionale dell'Unione. L'allargamento esige invece un adeguamento dei sistemi di funzionamento delle istituzioni, per garantirne l'efficienza in un'Unione in cui il numero di Stati membri è destinato a raddoppiare. I trattati disciplinano soltanto i principi di base del funzionamento delle istituzioni. Spetta dunque a ciascuna istituzione procedere alle proprie riforme interne. Alcune di esse hanno già avviato un processo d'adattamento delle loro strutture e dei loro metodi di lavoro. Oltre a queste riforme, la conferenza dovrà verificare in quale misura sarebbe necessario modificare i trattati affinché il processo di riforma sia completo. La composizione delle istituzioni dovrebbe quindi essere determinata soltanto in funzione del loro ruolo e del loro modo di funzionamento. Il presente parere si pone nella prospettiva di un allargamento dell'Unione a tutti i paesi candidati. È possibile che non tutti i paesi aderiscano all'Unione nello stesso momento e la conferenza dovrà definire, secondo il calendario delle successive adesioni, le modalità adeguate e le eventuali disposizioni transitorie per la composizione delle istituzioni e organi dell'Unione durante il periodo transitorio. Queste fasi successive potrebbero, ad esempio, essere oggetto di dichiarazioni allegate al trattato che verrà elaborato dalla conferenza. 2. Il Parlamento europeo Il Parlamento europeo è l'istituzione nella quale sono rappresentati i cittadini degli Stati riuniti nella Comunità. Il ruolo del Parlamento deriva dai compiti che gli assegnano i trattati. Il trattato che istituisce la Comunità europea gli attribuisce in molti settori il ruolo di colegislatore. In altri settori, il Parlamento è chiamato ad emettere pareri conformi o consultivi ed esso è, con il Consiglio, l'autorità di bilancio. Esercita infine il controllo politico della Commissione. La conferenza non si prefigge di modificare il ruolo e le competenze delle istituzioni. Ma la Commissione ritiene che occorra, quando le decisioni sono di natura legislativa, stabilire un legame tra la maggioranza qualificata e la procedura di codecisione. Ciò vale sia per le decisioni legislative in settori dove attualmente si applica la maggioranza sia per una futura estensione del campo d'applicazione della maggioranza qualificata. Tale approccio servirà essenzialmente a rafforzare il ruolo del Parlamento europeo come colegislatore. Questo punto sarà esplicitato e approfondito nel Capitolo 2, sezione 11, del presente parere. Il funzionamento del Parlamento europeo può invece, secondo la Commissione, essere adattato alla prospettiva dell'allargamento senza modificare i trattati, soltanto con adeguamenti del regolamento interno ai quali può procedere il Parlamento stesso. Essa ricorda tuttavia che è urgente fissare, come prevede l'articolo 190 paragrafo 5 del trattato CE, lo statuto e le condizioni generali d'esercizio delle funzioni dei membri del Parlamento europeo. Il trattato di Amsterdam ha già in parte definito la questione della composizione del Parlamento europeo, stabilendo esplicitamente all'articolo 189 del trattato CE che "il numero dei Membri del Parlamento europeo non può essere superiore a settecento". Questo numero, proposto dal Parlamento stesso, tiene conto di una duplice necessità: quella di garantire la rappresentanza dei cittadini e quella di mantenerne le dimensioni entro limiti compatibili con un esercizio efficace delle sue missioni. La Commissione propone di attenersi a questo numero. L'articolo 190 paragrafo 2 del trattato CE prevede il numero dei membri del Parlamento europeo attualmente eletti in ciascuno Stato membro. In totale si tratta di 626 deputati. È probabile che, con le prime adesioni, la soglia di 700 eurodeputati sarà superata qualora il numero dei deputati eletti nei paesi aderenti fosse fissato secondo le modalità attuali. Affinché il limite di 700 eurodeputati sia rispettato, è dunque inevitabile una revisione del metodo, come era già stato previsto dalla risoluzione del Parlamento europeo del 10 giugno 1992.17 La Commissione ritiene che spetta al Parlamento proporre nuove modalità per la ripartizione dei seggi. A titolo indicativo, la Commissione propone alla riflessione gli elementi seguenti. Nel rispetto del limite di 700 eurodeputati, deve essere garantito un livello minimo di rappresentanza della popolazione di ciascuno Stato membro. Si può ricordare che l'attuale composizione del Parlamento europeo è stata decisa l'11 e il 12 dicembre 1992 dal Consiglio europeo di Edimburgo, su una proposta del 17 Relazione De Gucht - Risoluzione A3-0186/92, GU 1992, C 176/72.. Parlamento, tenendo conto dell'unificazione della Germania e nella prospettiva dell'allargamento ad alcuni paesi dell'EFTA. La proposta del Parlamento europeo si basava sul principio della proporzionalità decrescente18 , secondo una formula utilizzata anche per stabilire il numero di deputati da eleggere in Austria, in Finlandia e in Svezia, con un piccolo adattamento del numero ottenuto applicando esattamente la formula. Tale formula deve ormai essere modificata: si potrebbe ipotizzare una ripartizione dei seggi tra gli Stati membri sulla base di una rigorosa proporzionalità in funzione della popolazione di ciascuno Stato. La Commissione non ritiene però quest'ipotesi realistica nella fase attuale dell'integrazione politica dell'Unione. un'opzione potrebbe essere quella di presentare una versione rivista della formula che ha ispirato la decisione del 1992, mantenendo il principio della proporzionalità decrescente, ma sulla base di un numero minimo di eurodeputati inferiore e attribuendo meno seggi pro capite e/o adattando le categorie. È tuttavia necessario rilevare che questo principio di proporzionalità decrescente diminuirebbe più che in passato la rappresentanza nel Parlamento europeo degli Stati membri con popolazione più elevata, poiché la formula, anche modificata, continuerà a favorire gli altri Stati membri, in particolare quelli che hanno una popolazione media. 18 La determinazione del numero di seggi per Stato membro, proposta dal Parlamento europeo, era ispirata alla formula seguente: attribuzione di 6 seggi ad ogni Stato membro, indipendentemente dalla sua popolazione, quindi assegnazione di un seggio supplementare ogni 500.000 abitanti per il numero di abitanti compreso tra 1 e 25 milioni, un seggio supplementare ogni milione di abitanti per il numero di abitanti compreso tra 25 e 60 milioni, assegnazione infine di un seggio supplementare ogni 2 milioni di abitanti al di sopra dei 60 milioni. Questa formula, tuttavia, non è stata applicata in modo matematicamente assoluto.. un'altra opzione potrebbe essere di procedere ad una riduzione lineare del numero di seggi attribuiti secondo la formula finora utilizzata. Il processo dell'allargamento avrebbe allora lo stesso impatto relativo sulla ripartizione del numero di deputati. Il coefficiente di riduzione lineare dovrebbe essere calcolato ad ogni adesione, in funzione della relazione tra il limite di 700 e il numero teorico totale di eurodeputati che risulterebbe dalla formula attuale, sia per gli Stati membri attuali che per i nuovi membri. Infine, la Commissione ritiene che sarebbe di grande interesse per l’Unione l’elezione di un certo numero di eurodeputati in base a liste europee, presentate in tutta l’Unione all’insieme degli elettori europei. Gli elettori dovrebbero in tal caso esprimere due suffragi: uno a titolo nazionale e l'altro per il contingente di deputati da eleggere sulle liste europee. Il numero di deputati da eleggere a titolo nazionale sarebbe dunque calcolato previa deduzione proporzionale del numero di seggi destinati a questo 'contingente europeo'. Questo sistema di elezioni europee solleciterebbe lo sviluppo di partiti politici a valenza europea e consentirebbe la presenza nel Parlamento europeo di deputati che possono appellarsi ad una base politica europea e non soltanto nazionale. Le disposizioni del trattato relative ai partiti politici europei troverebbero dunque un’applicazione concreta. La Commissione propone alla conferenza: di mantenere il numero massimo di 700 eurodeputati; di invitare il Parlamento europeo ad elaborare un metodo d’attribuzione dei deputati per Stato membro che tenga conto di questo limite; di esaminare la possibilità di eleggere un certo numero di deputati su liste presentate in tutta l'Unione. 3. Il Consiglio Il Consiglio è l'istituzione dell'Unione nella quale sono rappresentati i governi degli Stati membri che la costituiscono. Fin dall'origine il Consiglio è il legislatore della Comunità. Con i trattati di Maastricht e di Amsterdam è diventato, in molti settori, colegislatore con il Parlamento europeo. È l'istituzione responsabile della definizione e dell'attuazione della politica estera e di sicurezza comune e della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. Il Consiglio è, con il Parlamento europeo, l'autorità di bilancio. Il Consiglio comprende un rappresentante di ciascuno Stato membro. La nuova formulazione data dal trattato di Maastricht a detta disposizione (l'attuale articolo 203 del trattato CE), ossia che il Consiglio è formato "da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale, abilitato ad impegnare il governo di detto Stato membro", consente a ciascuno Stato membro di rispettare le esigenze del proprio ordinamento costituzionale, qualunque ne sia l'organizzazione. L'allargamento, tuttavia, creerà al Consiglio gravi difficoltà di funzionamento e richiederà modifiche sostanziali per il trattamento di tutta una serie di questioni concrete. Il Consiglio ha proceduto ad un esame approfondito del proprio funzionamento nella prospettiva dell'allargamento, sulla base della relazione presentata dal Segretario generale del Consiglio nel marzo 1999. Nella riunione di Helsinki (910 dicembre 1999), il Consiglio europeo ha approvato un certo numero di queste raccomandazioni, che non richiedono alcuna modifica dei trattati. Non si esclude tuttavia che la conferenza prenda in esame talune modifiche più sostanziali, che richiedono invece una revisione dei trattati. 4. La Commissione a. Ruolo e funzionamento della Commissione Nella struttura istituzionale stabilita dai trattati, la Commissione europea costituisce certamente l'elemento più originale. Nessun'altra organizzazione internazionale o sistema di cooperazione tra paesi dispone di un'istituzione simile. Non è né espressione di una cooperazione intergovernativa, né risultato di una consultazione elettorale. È stata creata per difendere, in assoluta indipendenza, l'interesse europeo e risponde, collegialmente, al Parlamento europeo. Riguardo all'ultimo punto, occorre ricordare che il trattato di Amsterdam ha attribuito espressamente al Presidente il compito di definire gli orientamenti politici della Commissione; in questo contesto, i membri della Commissione sono scelti in collaborazione con il Presidente designato. Queste nuove responsabilità del Presidente si sono già concretizzate nell'impegno politico dei membri dell’attuale Commissione a dimettersi su espressa richiesta del Presidente. La Commissione propone che tale impegno sia formalizzato nel trattato, affinché sia rafforzata la responsabilità collegiale della Commissione. I compiti affidati alla Commissione dai trattati sono numerosi e molteplici. La Commissione è l’elemento motore della costruzione europea, grazie al suo diritto esclusivo d'iniziativa in materia di normativa comunitaria. È la "guardiana dei trattati ". La Commissione è l’esecutivo comunitario, che adotta le misure d'esecuzione, esegue il bilancio e gestisce le politiche e i programmi comunitari. Rappresenta la Comunità e conduce i negoziati internazionali. Il funzionamento della Commissione è basato sul principio della collegialità, vale a dire che ciascun membro della Commissione partecipa con le stesse prerogative e in piena indipendenza dallo Stato membro di cui è cittadino, alla preparazione delle proposte e al processo decisionale. Le decisioni impegnano collettivamente tutti i membri del collegio. La collegialità, in una Commissione di venti membri, crea, dal punto di vista della gestione, taluni limiti (dibattiti che spesso si svolgono, come in Consiglio, mediante giri d'orizzonte) e pesantezze amministrative. La Commissione adotta migliaia di decisioni ogni anno al ritmo di circa 200 alla settimana. Essa sta procedendo a grandi riforme della propria organizzazione, grazie alle quali, con la modernizzazione dei metodi di lavoro e delle procedure, potrà mantenere una decisionalità realmente collegiale, estendendo al tempo stesso il ricorso alle abilitazioni in settori ben definiti ed alle condizioni ed entro i limiti stabiliti dal Collegio. Una riforma di questa portata merita di essere esaminata indipendentemente dalla futura composizione della Commissione, che tuttavia sarà indispensabile a fortiori se aumenta il numero dei commissari.. La collegialità è infatti per la Commissione la base essenziale della legalità degli atti, poiché essa, sebbene politicamente responsabile nei confronti del Parlamento europeo, non è espressione di una consultazione elettorale come le altre categorie di esecutivi. Nell'Unione allargata, la missione di coerenza e di unità della Commissione sarà al tempo stesso più difficile e più necessaria; occorre dunque preservare la sua capacità d'azione. b. La composizione della Commissione La Commissione è stata concepita fin dall'origine come l'istituzione garante dell'interesse collettivo e come tale continua a funzionare. A tale fine, gli autori dei trattati non hanno voluto che i commissari fossero "rappresentanti" dei governi degli Stati membri, funzione già attribuita ai membri del Consiglio. Hanno previsto che "i membri della Commissione esercitano le loro funzioni in piena indipendenza nell’interesse generale della Comunità" e che "essi non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo" (articolo 213, paragrafo 2 CE). Il funzionamento della Commissione in quanto collegio è direttamente condizionato dal numero dei commissari che la costituiscono. Ai sensi dell'articolo 213 del trattato CE, "la Commissione deve comprendere almeno un cittadino di ciascuno Stato membro, senza che il numero dei membri cittadini di uno stesso Stato sia superiore a due." Fin dalle origini la Commissione è stata composta da due membri per ciascuno degli Stati membri con popolazione più numerosa e di un membro per ciascuno degli altri. Una volta entrati nell'Unione i 13 paesi attualmente candidati, con il sistema attuale la Commissione conterebbe 35 membri, ossia quasi quattro volte quanti ne contava in origine. La Commissione ritiene che il problema essenziale è decidere se la futura Commissione dovrà essere composta da un cittadino per Stato membro, indipendentemente dal numero degli Stati membri, o se occorre un'altra soluzione giustificata da esigenze importanti. La Commissione ritiene necessario esaminare nuovamente questo problema, dal momento che ci si prepara non ad un allargamento limitato a quattro o cinque paesi, ma al raddoppio del numero degli Stati membri. La questione deve essere posta e risolta ora, poiché è poco probabile che in un secondo tempo ci si scosti dalla soluzione che verrà adottata dalla prossima conferenza intergovernativa - anche se questa soluzione fosse presentata come provvisoria. Se la Commissione dovesse comprendere un numero di commissari inferiore a quello degli Stati membri, occorre definire fin d'ora le modalità di designazione dei membri del collegio. Se la Commissione si componesse di un cittadino per Stato membro, indipendentemente dal numero degli Stati, occorre fin da ora esaminare come la Commissione potrà funzionare efficacemente con 28 membri, o più se si delineasse la prospettiva dell'adesione di altri paesi.13 europei. Quest’opzione impone importanti decisioni sulla struttura dell’assemblea dei commissari ed i poteri del Presidente. Opzione 1. La Commissione è composta da un numero fisso di commissari, inferiore al futuro numero di Stati membri Nel suo contributo del 10 novembre 1999 per il Consiglio europeo di Helsinki, la Commissione ha sottolineato che il suo attuale sistema di funzionamento, "con un nuovo potere di orientamento politico conferito al Presidente e deliberazioni collegiali espresse a maggioranza semplice dei membri che la compongono, garantisce un equilibrio essenziale che rischia di ribaltarsi in caso d'aumento del numero dei commissari". Essa ha ribadito che in occasione dell'allargamento è indispensabile "salvaguardare, nel contempo, la collegialità, l'efficacia e la decisionalità di un'istituzione la cui vocazione è quella di rappresentare con assoluta indipendenza l'interesse generale e di conciliare le diverse finalità dei trattati.". Questa posizione tiene conto della profonda differenza tra il ruolo e il funzionamento della Commissione e quelli di un governo nazionale, la cui coesione si basa sull'appartenenza ad una stessa tendenza politica o su interessi di coalizione ed è sostenuto, per la realizzazione del suo programma politico, da una maggioranza parlamentare. Per questi motivi, un governo nazionale può essere costituito da un numero elevato di ministri senza per questo vedere indebolita la propria capacità d'azione. Il sistema istituzionale dell'Unione, allo stadio attuale, esclude evidentemente una simile ipotesi. È infatti il carattere collegiale della Commissione che ne garantisce allo stesso tempo la coerenza e la legittimità. Per preservare il carattere collegiale del funzionamento, occorrerebbe che il futuro trattato stabilizzasse il numero dei membri della Commissione al livello attuale, definendo le modalità di designazione dei commissari. Per quest’ultimo punto sono state avanzate numerose soluzioni, in particolare quella di attribuire unicamente al Presidente della Commissione la responsabilità di formare il collegio sulla base di elementi quali le relazioni di cooperazione che alcuni Stati membri mantengono già con i loro vicini al di fuori del quadro del trattato. Quest'ultima soluzione non è soddisfacente, poiché creerebbe tensioni tra gli Stati membri ogni volta che viene formato un nuovo collegio. In quest'ipotesi, l'unica soluzione equa è quella di prevedere nel trattato un sistema di rotazione che rispetti una rigorosa parità tra gli Stati membri, a partire da un ordine prestabilito. Quest’ordine di rotazione deve garantire alla Commissione una composizione equilibrata dal punto di vista geografico e da quello della dimensione relativa degli Stati dai quali provengono i suoi membri. In un’Unione composta da 28 membri e con un limite di venti Commissari, nessun paese sarebbe assente per più di due mandati successivi poiché ogni paese potrebbe designare un commissario in cinque formazioni del collegio su sette. Opzione 2. La Commissione è composta da un commissario per Stato membro e la sua struttura viene profondamente riformata per salvaguardarne l'efficacia. La relazione della Presidenza del Consiglio europeo di Helsinki afferma che una Commissione composta da un commissario per Stato membro sarebbe "la migliore garanzia della sua legittimità". È infatti incontestabile che la presenza nel collegio di personalità provenienti da ciascuno Stato membro agevola il dialogo con i cittadini dell'Unione e consente indubbiamente di comprendere meglio il ruolo della Commissione nel processo dell'integrazione europea. Ma questa percezione non dovrebbe far assimilare una Commissione composta come il Consiglio ad un altro sistema di rappresentanza degli Stati membri. Se la conferenza optasse per questa formula, occorrerebbe procedere simultaneamente ad una profonda ristrutturazione della Commissione. Alla precedente conferenza intergovernativa sono state presentate alcune formule, che, nonostante le numerose alternative, hanno punti in comune e tutte rimettono seriamente in questione il funzionamento collegiale della Commissione. In quest'ipotesi è necessario prevedere: – un significativo rafforzamento dei poteri del Presidente di attribuire o non attribuire portafogli e servizi ai membri della Commissione. Alcuni commissari potrebbero essere incaricati solo di missioni specifiche. La scelta spetterebbe al Presidente; – la possibilità che alcuni commissari coordinino e dirigano l'azione di taluni dei loro colleghi, sui quali avrebbero autorità; la soluzione più logica sarebbe che il trattato attribuisse poteri specifici in questo senso ai vicepresidenti, il cui numero potrebbe essere superiore a quello attualmente previsto dai trattati; – un più ampio potere di direzione politica per il Presidente, il cui voto sarebbe preponderante nelle deliberazioni della Commissione e che avrebbe la facoltà di opporsi alle iniziative che giudicasse inadeguate; il Presidente avrebbe anche la facoltà di revocare i membri della Commissione; – nuove regole che consentano ai commissari di prendere a nome della Commissione o sotto la propria responsabilità decisioni di gestione corrente. Queste ristrutturazioni sono indispensabili sotto qualsiasi aspetto, sia per neutralizzare l'effetto dispersivo dovuto all'aumento del numero dei commissari sia per preservare ad una Commissione composta in modo analogo al Consiglio un ruolo distinto, grazie alla sua capacità di individuare e promuovere l'interesse generale dell'Europa allargata.. La Commissione propone alla conferenza: di rivedere la composizione della Commissione fissando il numero dei commissari o a 20, con un sistema di rotazione istituzionalizzato nel trattato e che rispetti rigorosamente il principio della parità tra gli Stati membri , o a un commissario per Stato membro, definendo misure di radicale riorganizzazione della Commissione; di formalizzare l'impegno già assunto da ciascun commissario di dimettersi su richiesta del Presidente. 5. Il sistema giurisdizionale dell’Unione a. La Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado La Corte di giustizia è un'istituzione essenziale nell'Unione: essa assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del presente trattato (articolo 220 del trattato CE). Per preparare l'allargamento, ma anche rimediare all'attuale sovraccarico di lavoro della giurisdizione comunitaria, la Commissione ritiene necessario che la conferenza esamini la composizione e il funzionamento della Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado. Infatti, i termini di giudizio della Corte di giustizia e del TPG, come risultano dalle statistiche elaborate dalla giurisdizione comunitaria, mostrano che questa, nonostante tutti gli sforzi dell'istituzione, ha ormai raggiunto i limiti della capacità di giudicare. Con l'allargamento, non sarà certamente in grado di far fronte, entro termini soddisfacenti, all'aumento del carico di lavoro. È una situazione preoccupante in una Comunità di diritto, a soli dieci anni dall'entrata in funzione del TPG ed alla vigilia del prossimo allargamento. Come indica il documento di riflessione della Corte di giustizia e del TPG sul futuro del sistema giurisdizionale, pubblicato il 10 maggio 1999 in vista della conferenza intergovernativa, va notato che l'abituale sovraccarico di lavoro della giurisdizione comunitaria ha cambiato portata con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam. La giurisdizione comunitaria deve infatti esercitare le competenze nuove e specializzate che già le sono o che le saranno affidate dai trattati. La constatazione è pertanto evidente: le strutture che sono state in origine concepite per sei Stati membri devono essere modificate, se occorre a fondo, per permettere alla giurisdizione comunitaria di esercitare interamente i compiti affidatile. Si dovrà tenere conto di alcuni parametri, soprattutto della necessità di garantire una tutela giurisdizionale efficace e di mantenere la qualità e la coerenza della giurisprudenza, vigilando sul suo rispetto su tutto il territorio dell'Unione. Per disporre di un parere specializzato e indipendente sulla questione del futuro della giurisdizione comunitaria, la Commissione ha affidato ad un gruppo di riflessione, presieduto dal sig. Ole Due, ex Presidente della Corte di giustizia, il compito di esaminare le varie opzioni con cui si potrebbe rispondere all'insieme di queste sfide. La relazione del gruppo, elaborata in stretta collaborazione con la Corte di giustizia e il Tribunale, sarà presentata alla Commissione a fine gennaio. Basandosi su tale relazione la Commissione presenterà in seguito il suo contributo specifico. In taluni casi sarà necessario riesaminare le competenze attuali della Corte, in particolare per consentirle ad esempio di intervenire nei casi di ricorsi in materia di rilascio dei titoli comunitari di proprietà intellettuale con piena giurisdizione nelle controversie relative a tali diritti. b. La tutela degli interessi finanziari della Comunità La Commissione è convinta che per la Comunità sia estremamente urgente dotarsi di mezzi veramente efficaci per combattere contro le frodi e difendere gli interessi finanziari della Comunità. L'istituzione dell'OLAF rappresenta di fatto un grande progresso nel settore delle indagini sulle infrazioni. Ma, a livello penale, è necessaria la cooperazione con quindici ordinamenti giudiziari che applicano norme di base e di procedura differenti. Purtroppo, per la loro stessa natura, le frodi sono spesso transnazionali, mentre le autorità di polizia e giudiziarie nazionali possono agire soltanto sul territorio nazionale. Inoltre, i metodi classici di mutua assistenza giudiziaria e la cooperazione tra le polizie sono ancora onerosi e lenti e spesso poco adatti a lottare efficacemente contro frodi transnazionali. Infine, l'esperienza ha dimostrato le difficoltà incontrate quando le indagini amministrative devono, in caso di necessità, concretizzarsi in azioni giudiziarie penali. La Commissione suggerisce pertanto di completare le disposizioni in vigore con una base giuridica che consenta di stabilire un sistema normativo riguardante: le infrazioni e relative azioni penali; le disposizioni procedurali necessarie per perseguire tali infrazioni; le disposizioni concernenti le attribuzioni e i compiti di un procuratore europeo incaricato, per tutto il territorio europeo, di individuare i casi di frode e di rinviarli in giudizio dinanzi alle giurisdizioni nazionali. I tribunali nazionali, in quanto giudici di diritto comunitario, dovranno applicare a questa categoria particolare di infrazioni le stesse regole scritte nell'ordinamento giuridico nazionale, come già applicano le norme del diritto comunitario in tutti i settori coperti dal trattato CE. La Commissione propone alla conferenza: di completare le disposizioni in vigore in materia di tutela degli interessi finanziari della Comunità stabilendo una base giuridica che istituisca un procuratore europeo e consenta l'adozione di norme in materia di azioni giudiziarie penali contro le frodi transnazionali. 6. La Corte dei conti Istituita dal trattato del 22 luglio 1975 che ha modificato alcune disposizioni finanziarie, la Corte dei conti controlla i conti delle Comunità europee e di alcuni degli organismi creati dalla Comunità. Verifica la legittimità e la regolarità delle entrate e delle uscite e controlla la gestione finanziaria. Poiché il bilancio delle Comunità è eseguito dalla Commissione (articolo 274 CE), il ruolo principale della Corte dei conti è il controllo delle attività della Commissione. I membri della Corte dei conti hanno il compito di dirigere le attività di controllo eseguite dagli agenti dell'istituzione, elaborare relazioni annuali e speciali ed emettere pareri indirizzati alle altre istituzioni. Relazioni e pareri sono adottati a maggioranza dei membri. I membri della Corte dei conti devono esercitare le loro funzioni in assoluta indipendenza e non possono sollecitare o accettare istruzioni da alcun governo. La Corte dei conti comprende quindici membri, con un mandato di sei anni che è rinnovabile. Anche se il trattato non impone che la Corte dei conti sia composta da un cittadino per ogni Stato membro, ciò si è sempre verificato nella pratica. Pertanto, il numero dei membri della Corte dei conti è sempre aumentato ad ogni nuova adesione, sebbene senza una valutazione approfondita dei suoi compiti ed esigenze. La Commissione ritiene necessario cessare questa pratica per preservare l'efficienza di quest'istituzione. Anche se il bilancio delle Comunità aumenta ad ogni tappa dell'allargamento, i controlli da effettuare e le relazioni da elaborare non aumentano in misura proporzionale. La Commissione non ritiene necessario aumentare il numero dei membri della Corte. Iinfatti, la natura dei compiti dei membri della Corte impone piuttosto la stabilizzazione, se non addirittura una diminuzione del loro numero, tanto più che non esistono motivi realmente convincenti che giustifichino la nomina di un cittadino per ogni Stato membro. La Commissione ritiene che il numero dei membri della Corte dei conti potrebbe essere fissato a dodici e propone che i membri della Corte dei conti vengano designati secondo un sistema di rotazione, che può funzionare soltanto se il loro mandato non è rinnovabile. La Commissione propone alla conferenza : di fissare il numero dei membri della Corte dei conti a dodici; di stabilire che il mandato di sei anni non è rinnovabile. 7. Il Comitato economico e sociale Il Comitato economico e sociale è stato istituito dal trattato CEE per associare le varie categorie di interessi economici e sociali alla realizzazione del mercato comune. Il Comitato economico e sociale esprime pareri consultivi destinati alle altre istituzioni nei casi previsti dal trattato, in particolare in sede di procedura legislativa. Il Comitato può pronunciarsi in altri casi su richiesta delle altre istituzioni e di propria iniziativa. In origine, il Comitato economico e sociale aveva il compito di completare la funzione consultiva dell'assemblea parlamentare della Comunità, composta all'epoca di delegati dei Parlamenti nazionali. La situazione attuale è evidentemente molto diversa, visto che il Parlamento europeo è eletto a suffragio universale diretto e dispone di ampi poteri di colegislatore. In questo contesto e tenuto conto dell'evoluzione dell'Unione, la Commissione raccomanda alla conferenza di riesaminare le attribuzioni del Comitato, adeguandone la composizione in funzione delle sue missioni. Ad esempio, potrebbe essere rafforzato il ruolo del Comitato come sede di concertazione fra le parti sociali ed economiche. La Commissione ritiene che il Comitato dovrebbe essere maggiormente rappresentativo delle diverse componenti della società civile dell'Unione europea nel suo insieme e nelle differenti dimensioni geografiche. Ciò presuppone una riflessione sulla rappresentanza della società civile e sui mezzi per integrarla alla rappresentanza settoriale prevista dal trattato (articolo 257). Occorrerebbe pertanto esaminare anche la questione della designazione dei rappresentanti da parte degli Stati membri. Il Comitato economico e sociale così modificato costituirebbe il collegamento tra istituzioni e società civile. Dovrebbero essere riconsiderate le sue competenze in materia di pareri legislativi, adattando i testi del trattato per lasciare al Comitato stesso la responsabilità di decidere sull'opportunità di esprimere un parere sulle proposte. Rimarrebbe invariata la facoltà per le istituzioni europee di chiedere un parere al Comitato. Il Comitato è attualmente composto da 222 membri, con un mandato di quattro anni rinnovabile. I seggi sono ripartiti tra gli Stati membri (da 6 a 24 membri per Stato). Un'estrapolazione del numero dei membri, in base all'attribuzione attuale dei seggi, condurrebbe, nella prospettiva di un'Unione di 28 membri, ad un Comitato economico e sociale composto di circa 370 membri. La Commissione ritiene che il numero totale dei membri del Comitato dovrebbe essere fissato ad un livello atto a garantire a tale istituzione un funzionamento efficiente, vale a dire che occorrerebbe stabilizzare il numero dei membri più o meno al livello attuale. La Commissione propone alla conferenza: di rendere il Comitato economico e sociale maggiormente rappresentativo della società civile dell'Unione europea; di riesaminare pertanto la ripartizione esclusiva dei seggi per Stato membro e per categorie socioeconomiche; di lasciare al Comitato la facoltà di giudicare dell'opportunità di emettere pareri sulle proposte legislative; di fissare stabilmente il numero dei membri più o meno al livello attuale. 8. Il Comitato delle regioni Il Comitato delle regioni è un comitato a carattere consultivo, composto da rappresentanti delle collettività regionali e locali. È stato creato dal trattato di Maastricht e attualmente è composto da 222 membri. Il Comitato delle regioni ha il compito di esprimere a livello europeo gli interessi delle collettività regionali e locali e di promuovere l'integrazione europea a livello regionale. Nell'Unione allargata la cooperazione tra regioni avrà un ruolo sempre più importante con la valutazione dell'impatto, a livello regionale, delle legislazioni proposte. Il ruolo consultivo del Comitato delle regioni mantiene dunque tutto il suo interesse. A differenza di quella del Comitato economico e sociale, la ripartizione dei seggi per Stato membro nel Comitato delle regioni rimane valida come rappresentanza degli enti pubblici regionali e locali degli Stati membri e a tale scopo sarebbe auspicabile che mantenessero i legami con tali organismi grazie ad un mandato politico elettivo. Occorre invece riesaminare la ripartizione dei seggi per Stato membro dal punto di vista della dimensione e della popolazione delle regioni interessate, già tuttora inadeguata. Un'estrapolazione del sistema attuale condurrebbe, in un'Unione di 28 membri, ad un Comitato delle regioni composto di circa 370 membri, di cui ben 142 per i sette paesi più popolati che rappresentano più del 70% della popolazione dell'Unione. Sarebbe auspicabile, senza che ciò indebolisca l'attuale efficienza del Comitato, una ripartizione per Stato membro maggiormente rappresentativa della popolazione ed un'equilibrata presenza delle collettività regionali e locali degli Stati membri attuali e futuri. La Commissione ritiene che la composizione del Comitato delle regioni dovrebbe seguire la stessa logica di quella del Parlamento europeo. Nel suo parere del 15 e 16 settembre 199919 , il Comitato delle regioni delinea la propria composizione in un numero di membri uguale ad un terzo o alla metà degli eurodeputati eletti in ciascuno Stato membro. Tenuto conto del fatto che i membri del Comitato delle regioni hanno dei supplenti, la Commissione ritiene che il numero dei membri del Comitato delle regioni non dovrebbe superare un terzo del numero degli eurodeputati (limite massimo di 233 membri). La Commissione propone alla conferenza : di limitare il numero dei membri del Comitato delle regioni ad un terzo del numero degli eurodeputati; di applicare un criterio di ripartizione tra Stati membri identico a quello utilizzato per il Parlamento. Capitolo 2. Un processo decisionale efficace 9. Introduzione L'allargamento non inciderà solo sul funzionamento e sulla composizione di 19 Parere 52/99 - parere sugli enti territoriali nel cuore dell’Europa. ciascuna istituzione, ma anche sul processo decisionale dell’Unione. Già ora il processo decisionale dell'Unione è talvolta poco efficace. Le disposizioni in vigore sono infatti il frutto di successive modifiche dei trattati e non sempre sono coerenti. È sicuramente necessaria una razionalizzazione. Se questo intervento è già necessario ora, lo è ancor più in previsione dell'allargamento. Decidere in un'Unione di 28 Stati membri non è certamente la stessa cosa che decidere ell'Unione a quindici. L'Unione sarà inevitabilmente meno omogenea e le differenze conomiche, culturali e politiche tra gli Stati membri saranno profonde come mai lo sono tate in tutta la storia dell'integrazione europea. È dunque imperativo preservare l'efficacia di un processo decisionale che ha permesso ll'Unione di diventare quello che è - ossia il processo deve garantire che le decisioni ell'Unione esprimono la volontà politica dei rappresentanti di un'ampia maggioranza dei ittadini dell'Unione, evitando però, per la maggior parte dei settori, l'obbligo dell'unanimità, vvero combinando la legittimità con una certa elasticità. Se in futuro l'Unione diventasse eno efficace e meno ben armata per agire, il processo d'integrazione si fermerà. I nuovi tati membri entrerebbero in un'Unione incapace d'azione, che rischierebbe di essere ostituita a termine da altre forme d'integrazione più idonee a superare l'inerzia di una truttura mal preparata all'allargamento. È quindi necessario rivedere il processo decisionale, cioè principalmente le modalità dell'iter decisionale del Consiglio, dal punto di vista della legittimità delle sue decisioni e della capacità d'azione dell'Unione. L'allargamento non dovrebbe invece avere un impatto sul Parlamento europeo da questo punto di vista. Quanto precede suppone che il ricorso all'unanimità sia limitato alle circostanze in cui è giustificato da ragioni serie e durature e che venga rafforzata la coerenza delle procedure decisionali. Occorre anche rafforzare la legittimità delle decisioni prese a maggioranza qualificata, affinché siano veramente rappresentative dell'equilibrio relativo degli Stati membri. Infine, dovranno diventare maggiormente operative le disposizioni sulle cooperazioni rafforzate, per permettere a taluni Stati membri di oltrepassare, all'interno del quadro istituzionale dell'Unione, il livello d'integrazione comune a tutti. 10. Limitare il ricorso all'unanimità Attualmente la maggior parte delle decisioni del Consiglio richiede l’accordo di una maggioranza qualificata di Stati membri. Tuttavia, nonostante le modifiche apportate ai trattati dall’Atto unico europeo, dal trattato di Maastricht e dal trattato di Amsterdam, un numero relativamente elevato di decisioni deve essere adottato dal Consiglio all'unanimità, talvolta anche in collegamento con una procedura di codecisione. Tranne che per i casi in cui il Consiglio delibera a maggioranza semplice, la Commissione propone alla conferenza di limitare le eccezioni all'unanimità, confermando come regola generale per le deliberazioni del Consiglio il principio della maggioranza qualificata. L'applicazione di questo principio è essenziale. Quando è necessaria l'unanimità, il rischio di blocco aumenta infatti in proporzione esponenziale rispetto al numero ed alle diversità dei partecipanti. Una decisione presa a maggioranza qualificata suppone oggi l'accordo di almeno 8 - 12 Stati membri. Con i successivi allargamenti dell'Unione, il campo d'applicazione della maggioranza qualificata è stato gradualmente esteso. Ma quest'evoluzione positiva non ha mai seguito una logica prestabilita, come invece è avvenuto quando sono stati introdotti i trattati sull'Unione europea e di Amsterdam. Ad Amsterdam la presidenza olandese ha tentato di introdurre criteri logici, ma il dibattito si è rapidamente cristallizzato sull'approccio del caso per caso. Il risultato non è perfettamente coerente, soprattutto non è adeguato alle esigenze di un'Unione efficiente. Alla prossima conferenza sarà pertanto necessario elaborare criteri semplici e chiari, che permettano di ragionare per grandi categorie di decisioni e non caso per caso. La via in questo senso è stata aperta dalla relazione della presidenza al Consiglio europeo di Helsinki. Per definire le differenti categorie, la Commissione propone di partire dal principio che la maggioranza qualificata, tranne i casi in cui il Consiglio delibera a maggioranza semplice, deve essere la norma generale e il ricorso all'unanimità l'eccezione 6 . Occorre dunque stabilire le categorie di decisioni per le quali il mantenimento dell'unanimità è giustificato da ragioni serie e durature tenendo però sempre presente che il criterio dell'unanimità in un'Europa allargata renderà estremamente difficile la decisione e, per alcune politiche, potrà significare la fine di qualsiasi seria prospettiva d'approfondimento della costruzione europea. La Commissione ha identificato come disposizioni per le quali ragioni serie e durature giustificano l'eccezione alla norma generale della maggioranza qualificata, le seguenti cinque categorie di disposizioni. Nell'allegato 1 del presente documento è riportato l'elenco delle disposizioni del trattato CE20 alle quali, secondo i criteri esposti, rimarrebbe 20 La Commissione non esclude però la possibilità di ricorrere, in casi determinati e in via transitoria, ad una forma di maggioranza qualificata rafforzata. applicabile il21 principio dell'unanimità. A titolo indicativo figura all'allegato 2 l'elenco delle disposizioni deltrattato CE per le quali è d'ora in poi previsto che il Consiglio deliberi a maggioranza qualificata. (i) Decisioni del Consiglio che devono essere adottate dagli Stati membri conformemente alle loro norme costituzionali Un piccolo numero di disposizioni prevede che il Consiglio deliberi all'unanimità e raccomandi l'adozione da parte degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali. Queste decisioni entrano in vigore soltanto dopo l'approvazione da parte dei Parlamenti degli Stati membri. Sembra pertanto opportuno di assicurarsi a livello comunitario che ci sia l'accordo unanime tra i governi degli Stati membri su questo tipo di decisioni prima che vengano avviate le procedure nazionali di ratifica. Un esempio di questo tipo di disposizioni è l'articolo 269 CE relativo al sistema di risorse proprie. (ii) Decisioni istituzionali essenziali e decisioni che influiscono sull’equilibrio istituzionale 21 La Commissione ha per ora limitato il proprio esame al trattato CE. Gli allegati 1 e 2 del presentedocumento non contemplano pertanto le basi giuridiche del trattato sull'Unione, né quelle dei trattati CECA ed Euratom, né altri atti del diritto primario (atti d'adesione, protocolli, ecc.). La Commissione ha l’intenzione di presentare in un secondo tempo alla conferenza talune proposte per i testi di questi ultimi atti. Gli allegati non comprendono nemmeno le disposizioni del trattato CE che prevedono una decisione "di comune accordo" dei governi degli Stati membri e che, per loro natura, richiedono effettivamente un accordo unanime. Sono le seguenti decisioni: nomina del consiglio direttivo della BCE (art. 112 § 2 CE), nomina della Commissione, (art. 214 § 2 CE ; art. 215, 2° comma CE), nomina dei membri della Corte e del TPG (art. 223 e art. 225 § 3 CE), fissazione della sede delle istituzioni (art. 289 CE). Alcune norme fondamentali relative all'organizzazione e al funzionamento delle istituzioni, in particolare quelle alla base dell'equilibrio istituzionale, quando non sono esplicitamente previste nei trattati, sono decise dal Consiglio che delibera all'unanimità. Si tratta di disposizioni per le quali il mantenimento dell'unanimità può essere giustificato, come ad esempio per l'articolo 290 CE relativo al regime linguistico delle istituzioni o anche l'articolo 202 CE relativo all'esercizio da parte della Commissione di competenze esecutive (comitatologia). Inoltre una disposizione essenziale per l'equilibrio istituzionale è l'articolo 250, paragrafo 1del trattato CE, che prevede che il Consiglio può emanare un atto che costituisce un emendamento di una proposta della Commissione solo deliberando all’unanimità22 (iii) Decisioni nei settori della fiscalità e della sicurezza sociale, non legate al buon funzionamento del mercato interno. Perché riflettono gli orientamenti fondamentali del legislatore nazionale in materia di politica economica e sociale e di solidarietà, la fiscalità e la sicurezza sociale determinano fortemente le scelte politiche nazionali dei cittadini e sono pertanto settori per i quali è giustificato il mantenimento dell'unanimità per le decisioni del Consiglio che li riguardano. La Commissione non propone dunque l’estensione generalizzata della maggioranza qualificata. Tuttavia, alcuni aspetti di questi due settori sono indissociabilmente legati al buon funzionamento del mercato interno ed all'esercizio delle quattro libertà 22 Poiché non si tratta di una base giuridica vera e propria, l’articolo 250 CE non è ripreso nell'allegato 1 fondamentali (libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali). Gli scarsi progressi ottenuti dall'acquis comunitario creano ancora gravi ostacoli al funzionamento del mercato interno. La Corte di giustizia, come risulta dalla sua giurisprudenza, ha più volte dichiarato contrarie al trattato le disposizioni nazionali che restringono indebitamente l'esercizio delle libertà del mercato interno. Per i cittadini è motivo d'insoddisfazione il fatto di dover ricorrere alla giustizia per vedersi riconoscere i diritti che derivano dai trattati. Per gli Stati membri, è poco auspicabile che il diritto comunitario in questo settore venga sviluppato caso per caso dalla giurisprudenza della Corte piuttosto che attraverso un processo politico. È necessaria un'impostazione comune per eliminare questo tipo di ostacoli al buon funzionamento del mercato interno, in particolare quando i blocchi provocano discriminazioni, doppia imposizione o evasione fiscale. L’obiettivo dell’efficacia impone per le questioni fiscali il voto a maggioranza qualificata, entro i limiti che salvaguardano il buon funzionamento del mercato interno. Non si tratta dunque di prevedere un'armonizzazione generalizzata dei sistemi, delle basi e delle aliquote nazionali, che non sarebbe peraltro compatibile con il principio di sussidiarietà. Inoltre, il voto a maggioranza qualificata dovrebbe essere applicato quando l'armonizzazione della legislazione è stata già realizzata, per semplificare e aggiornare le regolamentazioni esistenti e garantirne un'applicazione più uniforme. Si tratta in particolare del sistema comune di IVA o anche del sistema di circolazione e di controllo dei prodotti sottoposti ad accise. La Commissione propone la stessa impostazione per il settore della sicurezza sociale, nel quale un coordinamento delle legislazioni nazionali esiste già da parecchi decenni (regolamento n. 1408/71). Per motivi di efficacia, questo regolamento deve poter essere aggiornato a maggioranza qualificata. Infine, la Commissione attribuisce grande importanza alla lotta contro le frodi, importanza in continua crescita con la soppressione delle frontiere fiscali per le merci e la liberalizzazione dei movimenti di capitali. Il voto a maggioranza qualificata dovrebbe quindi essere anche applicato alle misure che mirano a prevenire l'evasione fiscale e la frode fiscale. L'approccio proposto dalla Commissione richiede un esame accurato delle disposizioni del trattato interessate e una nuova formulazione, per precisare, all'interno degli articoli stessi, le decisioni cui si applica la maggioranza qualificata o l'unanimità. La Commissione presenterà a suo tempo proposte dettagliate. (iv) Parallelismo tra decisioni interne ed esterne L’articolo 300 CE prevede un parallelismo tra la regola di maggioranza applicabile alle basi giuridiche interne e la procedura decisionale per la conclusione degli accordi internazionali. Se la base giuridica interna prevede per tale settore l'unanimità, il Consiglio conclude all'unanimità anche gli accordi che riguardano questo settore. La Commissione ritiene motivato mantenere quest'equilibrio. Tuttavia, non sembra necessario applicare questo rigido parallelismo quando gli accordi internazionali richiedono l'adozione di norme accessorie d'applicazione. Si tratta degli accordi di cooperazione conclusi nel quadro della convenzione ACP-CE per i quali sarebbe opportuna una semplificazione del processo decisionale per l'adozione delle norme di procedura interna. (v) Deroghe alle norme comuni del trattato Le norme del trattato si applicano a tutte le istituzioni e a tutti gli Stati membri, come l'acquis comunitario sviluppato su queste basi. Le deroghe a quest'acquis, previste dal trattato in alcuni casi assolutamente eccezionali, costituiscono un passo indietro rispetto agli obiettivi dell'Unione. La Commissione ritiene giustificato che queste eccezioni, come la possibilità per il Consiglio, prevista dall'articolo 88 CE, di decidere che un aiuto di stato, normalmente contrario al trattato, debba essere considerato compatibile con il mercato interno, rimangano soggette alla decisione unanime del Consiglio. La Commissione propone alla conferenza: di rendere norma generale la deliberazione a maggioranza qualificata; di definire le categorie di disposizioni per le quali ragioni serie e durature giustificano il mantenimento dell'unanimità come eccezione alla norma generale della maggioranza qualificata. 11. Procedure decisionali I cambiamenti proposti nella sezione precedente devono essere completati da un esame completo delle procedure decisionali, per eliminare dal trattato talune anomalie. È molto importante per il corretto funzionamento dell'Unione allargata garantire la coerenza tra le disposizioni che disciplinano i diversi settori della sua azione ed è essenziale per i cittadini europei che le strutture decisionali dell'Unione siano semplici e logiche, dunque comprensibili. Dovrebbero essere verificati il legame tra maggioranza qualificata e comune accordo e la soppressione della procedura di cooperazione, nonché la partecipazione del Parlamento europeo a talune politiche prevista dal trattato. a. Associazione tra maggioranza qualificata e procedura di codecisione per le decisioni in materia legislativa La partecipazione del Parlamento europeo all'esercizio del potere legislativo, in codecisione con il Consiglio, rafforza il carattere democratico dell'azione della Comunità23 . La codecisione in materia legislativa appare sotto diversi aspetti come un necessario complemento alla deliberazione a maggioranza qualificata, poiché questo sistema decisionale può, per il proprio carattere, mettere in minoranza alcuni Stati membri. È questo il motivo per il quale, ai sensi dei trattati di Maastricht e di Amsterdam, gran parte delle decisioni di natura legislativa sono prese allo stesso tempo a maggioranza qualificata e in codecisione. Per eliminare alcune anomalie e rendere più coerenti le procedure decisionali, si dovrà agire in due direzioni. Innanzitutto, esistono nel trattato quattro disposizioni (articoli 18, 42, 47 e 151 CE) che prevedono contemporaneamente la procedura di codecisione e l'unanimità. L'applicazione generalizzata della maggioranza qualificata porrà fine a questa situazione e permetterà di ripristinare l'effetto utile della codecisione. In secondo luogo, le decisioni di natura legislativa prese a maggioranza qualificata devono essere associate alla procedura di codecisione. Questo legame avrà per effetto di estendere il campo della codecisione. Sarà pertanto necessario, per una maggiore efficienza, che il Parlamento 23 Relazione della Commissione sul campo d’applicazione della codecisione, a norma dell’articolo 189 B, paragrafo 8 del trattato (SEC (96)1225 del 3 luglio 1996)..28 instauri procedure interne, con termini precisi, che consentano di adottare in breve tempo le decisioni legislative. Occorrerà inoltre precisare chiaramente la nozione di atto legislativo. Sommariamente lo si può definire come normativa di portata generale, derivante direttamente dalle disposizioni del trattato e che determina, per qualsiasi azione della Comunità, i principi fondamentali o gli orientamenti generali, nonché gli elementi essenziali dell'attuazione. La soluzione adottata per la redazione dell'articolo 37 in allegato sarà un'utile base di riflessione, alla quale la Commissione fornirà il proprio contributo nel corso della conferenza. Le attuali disposizioni del trattato dovranno essere esaminate sistematicamente. L'estensione della regola della codecisione influirà in particolare su alcuni aspetti della politica commerciale comune, della politica agricola comune e della politica comune della pesca. In quanto di natura legislativa, le norme generali della politica commerciale, come le normative di base antidumping e antisovvenzioni, la regolamentazione relativa al meccanismo di difesa contro gli ostacoli al commercio e i regolamenti relativi ai regimi generali all'esportazione e all'importazione, dovranno essere adottati con la procedura di codecisione. Lo stesso vale per gli aspetti legislativi della politica agricola comune e della politica comune della pesca. Come già affermato in occasione della precedente conferenza intergovernativa, la Commissione ritiene che la maggior parte delle misure adottate in questo settore rientra nell'ambito di una gestione rigorosa e non del settore legislativo. La codecisione dovrebbe invece essere utilizzata per un certo numero di atti fondamentali per la concezione e l'orientamento della politica agricola comune e della politica comune della pesca24 . Con la futura generalizzazione della maggioranza qualificata, occorrerà dunque verificare se le disposizioni per le quali era prevista l'unanimità sono di natura legislativa e richiedono quindi una procedura di codecisione. La Commissione ha elencato tali disposizioni nell’allegato 2 (rubrica A). In questo contesto occorre segnalare l'articolo 67, paragrafo 2 del trattato CE. Questa disposizione particolare prevede che il Consiglio, cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam (e dunque a partire dal 1° maggio 2004), può, deliberando all'unanimità, estendere la procedura di codecisione a tutti o parte dei settori contemplati dal titolo IV del trattato. La Commissione non propone per il momento di ridurre il periodo di cinque anni, visto che l'applicazione generalizzata della maggioranza qualificata e l'associazione con la codecisione per le questioni legislative rendono automatica l’applicazione della procedura di codecisione a tutti i settori del titolo IV. b. Estensione dell’applicazione dell’articolo 133 a tutti i servizi, agli investimenti e ai diritti di proprietà intellettuale L’articolo 133, paragrafo 5 del trattato CE permette, con decisione unanime del Consiglio, di estendere i meccanismi della politica commerciale comune ai negoziati e accordi internazionali su servizi e diritti di proprietà intellettuale. La Commissione ritiene che questo dispositivo non sia adeguato in prospettiva del raddoppio del numero di Stati membri. La 24 Relazione della Commissione sul campo d’applicazione della codecisione, a norma dell’articolo 189 B, paragrafo 8 del trattato (SEC (96)1225 del 3 luglio 1996), pag. 12..29 generalizzazione della maggioranza qualificata determinerebbe una parziale modifica di questa parte dell'articolo 133, ma manterrebbe in vigore il disegno essenziale di questa procedura decisionale complicata e poco chiara. La Commissione raccomanda piuttosto di apportare una modifica sostanziale al campo d'applicazione dell'articolo 133, estendendolo ai servizi, agli investimenti e ai diritti di proprietà intellettuale. L'articolo 133 CE dovrebbe dunque essere riformulato. c. Soppressione della procedura di cooperazione La Commissione ritiene che la procedura di cooperazione (articolo 252 CE), che prefigurava la procedura di codecisione, dovrebbe essere eliminata. Il trattato di Amsterdam ha sostituito in tutto il trattato CE la procedura di cooperazione con quella di codecisione, tranne che per alcune disposizioni relative all’Unione economica e monetaria (articoli 99, paragrafo 5, 102, paragrafo 2, 103, paragrafo 2 e 106, paragrafo 2 del trattato CE). Questa distinzione tra le disposizioni dell'UEM e le altre disposizioni del trattato CE non è più necessaria e la soppressione della procedura di cooperazione è motivata da obiettivi di leggibilità e di semplicità dei trattati. Le disposizioni in questione dovrebbero essere sottoposte alla procedura di codecisione quando permettono di adottare atti di natura legislativa. La conferenza dovrebbe consultare la Banca centrale europea sulle modifiche istituzionali nel settore monetario. d. Competenze del Parlamento europeo Per i settori diversi da quelli legislativi, la partecipazione del Parlamento al processo decisionale assume forme diverse, come il parere conforme. Tuttavia, alcune disposizioni del trattato relative all’attuazione delle politiche dell’Unione non prevedono l’intervento del Parlamento. La Commissione ritiene necessario correggere questa situazione, in particolare per quanto riguarda la conclusione di accordi commerciali. L'estensione della codecisione alle decisioni legislative in materia di politica commerciale comune comporta l'estensione della procedura di consultazione prevista all'articolo 300, terzo comma del trattato CE agli accordi commerciali con uno o più Stati o organizzazioni internazionali. Si tratta infatti dell'unica eccezione alla regola di consultazione del Parlamento europeo prima della conclusione di accordi internazionali. Sarebbe pertanto necessario garantire che gli accordi che hanno notevoli implicazioni economiche e commerciali su scala mondiale possano essere conclusi soltanto previo parere conforme del Parlamento europeo. Per esercitare questo ruolo in piena cognizione di causa, il Parlamento europeo dovrebbe essere tenuto regolarmente al corrente dello svolgimento dei negoziati sugli accordi commerciali tra la Comunità e uno o più Stati o organizzazioni internazionali. Occorre pertanto adattare di conseguenza l'articolo 133, paragrafo 3 del trattato. La Commissione propone alla conferenza: di stabilire per tutte le decisioni a carattere legislativo un’associazione tra la maggioranza qualificata e la procedura di codecisione; di estendere il campo d’applicazione dell’articolo 133 a tutti i servizi, agli investimenti e ai diritti di proprietà intellettuale; di eliminare la procedura di cooperazione; di prevedere la consultazione obbligatoria del Parlamento europeo prima della conclusione di accordi commerciali tra la Comunità e uno o più Stati o organizzazioni internazionali e il parere conforme prima della conclusione di accordi che hanno notevoli implicazioni economiche e commerciali su scala mondiale. 12. Determinazione della maggioranza qualificata in Consiglio a. Il sistema attuale e la sua evoluzione Il Consiglio rappresenta i governi degli Stati membri, formati a seguito di elezioni democratiche e responsabili nei confronti dei Parlamenti nazionali. L’articolo 205 del trattato CE prevede che, salvo disposizioni contrarie, le deliberazioni del Consiglio sono valide se approvate a maggioranza dei membri che lo compongono. Gli autori dei trattati hanno tuttavia tenuto conto fin dall’origine del fatto che gli Stati membri non avevano un peso demografico comparabile. Il sistema della maggioranza qualificata, che si basa sulla differenziazione degli Stati membri, è stato previsto per evitare il rischio di paralisi inerente al sistema dell'unanimità e per rafforzare la rappresentatività democratica delle decisioni del Consiglio. Gli autori del trattato hanno deciso un sistema di ponderazione dei voti sulla base della popolazione dei diversi Stati membri, con una significativa correzione a favore degli Stati meno popolati per tenere conto dell'individualità di ciascun paese. La soglia della maggioranza qualificata, ossia il numero minimo di voti necessario per una decisione espresso in percentuale del totale dei voti, è stata fissata al livello intermedio tra la maggioranza semplice del numero di voti e l'unanimità. È sempre stato lievemente superiore al 70 %. Con i successivi allargamenti, gli equilibri originari sono stati in gran parte mantenuti, tranne che per la rappresentatività democratica delle decisioni prese a maggioranza qualificata.25 La maggioranza qualificata ha sempre rappresentato un’ampia maggioranza in termini di popolazione degli Stati membri favorevoli alla decisione. Con l’adesione successiva di nove Stati, lo squilibrio voluto inizialmente si è accentuato a scapito degli Stati più popolati: così, la popolazione 25 Evoluzione della maggioranza qualificata in termini di numero di voti e in termini di rappresentatività della popolazione dal 1958 al 1995 b c d e f g h a 17 12 (70,59 3 67,70 2 34,83 1958 6 %) % % 58 42 (72,41 5 70,62 2 12,31 1973 9 %) % % 1981 10 63 45 (71,43 5 70,13 2 13,85 %) % % 1986 12 76 54 (71,05 7 63,29 3 12,12 %) % % 1995 15 87 62 (71,26 8 58,16 3 12,05 %) % % a- anno b- numero di Stati membri della Comunità o dell'Unione c- numero totale dei voti d- maggioranza qualificata in voti ( e in percentuale di voti) e- numero minimo di Stati membri necessari per formare una maggioranza qualificata f- popolazione minima necessaria per raggiungere la maggioranza qualificata g- numero minimo di Stati membri necessari per formare una minoranza di blocco h- popolazione minima rappresentata dalla combinazione di voti che costituisce la più piccola minoranza di blocco. minima richiesta per raggiungere la maggioranza qualificata è passata dal 67% (sei Stati membri) o 70% (nove e dieci Stati membri) al 58% (quindici Stati membri). La ponderazione dei voti ha inoltre avuto come conseguenza che la maggioranza qualificata rappresenta sempre almeno la metà del numero degli Stati. Per quanto riguarda la minoranza di blocco, si noti che una decisione del Consiglio a maggioranza qualificata può essere bloccata sia dall'opposizione di tre Stati membri più popolati, sia da un gruppo di Stati membri meno popolati che dal 1973 rappresentano dal 12 al 13% della popolazione totale. Da un'estrapolazione (cfr. tabella dell'allegato 3) risulta che, se si mantenesse il sistema attuale di ponderazione dei voti dei membri del Consiglio, la maggior parte dei parametri resterebbe relativamente stabile e, ad ogni allargamento, diminuirebbe regolarmente la rappresentatività in termini di popolazione di una decisione presa a maggioranza qualificata. Infatti, quando l'Unione conterà 28 Stati membri, con la soglia della maggioranza qualificata fissata a 102 voti su 144 (70,83%), una decisione potrebbe essere adottata a maggioranza qualificata, nel caso più estremo, da una combinazione di Stati membri che rappresenterebbe soltanto il 51,35% della popolazione totale dell'Unione. In un'Unione a 27 membri26 , con la soglia della maggioranza qualificata fissata a 95 voti su 134 (70,90%), questa percentuale sarebbe del 50,20%. Con una soglia di 94 voti su 134 (70,15%), una decisione potrebbe essere presa a maggioranza qualificata da una combinazione di Stati membri che rappresenterebbero soltanto il 46,41% dell'Unione. È vero che, in questi casi 26 Ossia tutti i paesi con i quali i negoziati di adesione sono già aperti o si apriranno all'inizio del 2000 estremi e probabilmente teorici, occorrerebbe l'accordo di 23 Stati membri su 27 o 28. Tuttavia, questa diminuzione della rappresentatività in termini di popolazione traduce chiaramente l’effetto aritmetico di un allargamento se il sistema attuale di ponderazione e di calcolo della maggioranza qualificata rimane invariato. Ciò si spiega con il fatto che soltanto tre dei tredici candidati all'adesione sono più popolati della media degli Stati membri attuali. b. Mantenere la legittimità delle decisioni del Consiglio in un'Unione allargata Per compensare gli effetti dell'allargamento, sarà necessario stabilire un sistema semplice e più rappresentativo del peso relativo degli Stati membri. Opzione 1. Nuova ponderazione dei voti degli Stati membri Se rimangono invariate le ponderazioni dei voti degli Stati membri, l’adesione di tredici nuovi paesi, tre soltanto dei quali hanno un numero di abitanti superiore alla media degli Stati membri attuali, amplificherà, ad ogni allargamento, lo squilibrio che si è instaurato gradualmente tra gli Stati membri più popolati e gli altri. Il principio di una nuova ponderazione dei voti figura espressamente nel protocollo sulle istituzioni in previsione dell'allargamento dell'Unione europea, allegato al trattato di Amsterdam. Due parametri devono essere esaminati: il numero di voti attribuito a ogni membro del Consiglio e la soglia, ossia il numero minimo di voti espresso in percentuale del totale dei voti, necessaria per una decisione. Per definire questi parametri, occorre porre due obiettivi: quello di non rendere l'iter decisionale più difficile e quello di fare in modo che la maggioranza qualificata degli Stati membri rappresenti una percentuale della popolazione totale dell'Unione simile agli equilibri d'origine. Per non rendere la decisione più difficile, sarà opportuno stabilizzare la soglia in modo definitivo nel trattato, anche ad un livello inferiore a quello attuale, al 71 %. In tal modo, l'unica decisione da prendere in occasione di ogni nuova adesione sarà fissare l'altro parametro, ossia il numero di voti attribuito al paese aderente. Per ripristinare la rappresentatività della maggioranza qualificata e ritrovare gli equilibri d'origine, occorre aumentare il peso relativo dei voti degli Stati membri più popolati. Con la nuova ponderazione, la maggioranza qualificata dovrà rappresentare almeno i due terzi circa della popolazione totale dell'Unione. Occorre notare tuttavia che questa nuova ponderazione non garantirebbe più che una decisione presa a maggioranza qualificata associ almeno la metà del numero totale degli Stati membri, come avviene attualmente. Si potrebbe ovviare a questa situazione esplicitando nel trattato che una decisione può essere adottata a maggioranza qualificata soltanto quando questa maggioranza comprende almeno la metà degli Stati membri. In questo caso verrebbe codificata una prassi che è sempre stata la conseguenza aritmetica della ponderazione dei voti prevista dai primi trattati. Opzione 2. Doppia maggioranza semplice Pur riconoscendone i meriti, la Commissione sottolinea che la ponderazione dei voti è troppo complessa per essere facilmente compresa dai cittadini. Per questo motivo è preferibile indicare direttamente nel trattato, in modo chiaro e definitivo, le condizioni necessarie dell'iter decisionale del Consiglio in un contesto di leggibilità, semplicità e decisionalità democratica. La Commissione raccomanda di prevedere che una decisione a maggioranza qualificata è valida solo se contemporaneamente: ottiene la maggioranza semplice dei voti degli Stati membri27; il voto rappresenta la maggioranza della popolazione totale dell’Unione. Ridefinire in questi termini la maggioranza qualificata sarebbe una prova della volontà di trasparenza nei confronti dei cittadini europei. Questo sistema di doppia maggioranza si differenzia radicalmente dalle proposte esaminate dalla precedente conferenza intergovernativa, ai termini delle quali la maggioranza qualificata dovrebbe comprendere allo stesso tempo una maggioranza qualificata della popolazione europea e una maggioranza qualificata del numero di voti espressi. Secondo il parere della Commissione queste proposte sono in contraddizione con l'obiettivo fondamentale di semplicità e di trasparenza e renderebbero anche il processo decisionale molto più complesso e difficile. Con la doppia maggioranza semplice si tiene conto direttamente del peso relativo degli Stati membri in termini di popolazione, avvantaggiando i paesi più popolati, e questo peso rimarrebbe per definizione immutato anche con ulteriori allargamenti dell'Unione. Stabilendo l'obbligo che sia rappresentata almeno la metà degli Stati membri, il metodo impedisce a taluni Stati membri con popolazione particolarmente elevata di prendere una decisione contraria ad una maggioranza di Stati membri meno popolati. Quest'ultima condizione stabilisce l'uguaglianza di tutti gli Stati membri, indipendentemente dalla loro entità demografica. 27 La Commissione ritiene tuttavia che dovrebbe essere mantenuta la norma prevista all’articolo 205, paragrafo 2, secondo comma CE, secondo la quale la decisione a maggioranza qualificata deve ottenere l’accordo dei due terzi degli Stati membri quando non è presa su proposta della Commissione. Le difficoltà pratiche della doppia maggioranza semplice risiedono principalmente al livello del calcolo concreto della maggioranza qualificata. Occorrerebbe definire i parametri numerici relativi alla popolazione (quale anno di riferimento, quale periodicità per la revisione delle cifre?). Ma la doppia maggioranza semplice ha il vantaggio della semplicità e della trasparenza. Inoltre, il sistema non avrebbe bisogno di essere modificato ad ogni nuova adesione. La Commissione propone alla conferenza : Pur riconoscendo i meriti di una nuova ponderazione dei voti che garantirebbe che la maggioranza qualificata rappresenta i due terzi circa della popolazione dell'Unione e il 70% del totale dei voti, escludendo che una decisione possa essere presa da una minoranza di Stati membri, la Commissione raccomanda di prevedere nel trattato che una decisione presa a maggioranza qualificata deve ottenere la maggioranza semplice degli Stati membri che rappresentano la maggioranza della popolazione totale dell'Unione. 13. Le forme della cooperazione rafforzata Il trattato di Amsterdam ha introdotto nei trattati disposizioni generali che permettono agli Stati membri di instaurare tra di loro, a talune condizioni, una cooperazione rafforzata mediante il ricorso alle istituzioni, procedure e meccanismi previsti dai trattati (articoli da 43 a 45 e 40 del trattato sull’Unione europea; articolo 11 del trattato CE). La cooperazione rafforzata non esiste nel settore della politica estera e di sicurezza comune, nel quale è tuttavia prevista "l'astensione costruttiva" (articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, TUE). Le caratteristiche del prossimo allargamento impongono la necessità di rendere efficacemente operative queste nuove disposizioni. La configurazione più eterogenea dell'Unione allargata non dovrebbe ostacolare quegli Stati membri che intendono utilizzare il quadro istituzionale dell'Unione per una cooperazione reciproca più stretta. La Commissione non vorrebbe fossero modificate le condizioni di fondo previste dall'articolo 11, paragrafo 1 del trattato CE e dall'articolo 43, paragrafo 1 del trattato sull'Unione europea. Essa ritiene essenziale preservare, anche nell'allargamento, l'acquis comunitario e la base comune delle politiche comunitarie fino ad ora sviluppate a quindici. Le disposizioni sulla cooperazione rafforzata non dovrebbero essere utilizzate dagli Stati membri attuali per ridurre gli obblighi dei futuri Stati membri. Sarà certamente necessario, in taluni settori, prevedere periodi transitori per permettere ai nuovi Stati membri di applicare interamente l'acquis dell'Unione. Ma non si può transigere sul contenuto dell'acquis né sulla necessità di completare questa convergenza. Si tratta della posta stessa del processo d'allargamento. La Commissione propone invece di apportare due modifiche alle condizioni formali attualmente previste dai trattati per la cooperazione rafforzata. Con l'allargamento, la necessità di ricorrere alle cooperazioni rafforzate potrebbe aumentare e occorre pertanto evitare che gli Stati che desiderano cooperare tra di loro in modo più approfondito si trovino al di fuori del quadro istituzionale previsto dai trattati, come lo hanno fatto ad esempio alcuni di loro con la convenzione di Schengen prima che il trattato offrisse altre possibilità. La prima modifica riguarda il numero minimo di Stati membri richiesto per instaurare una cooperazione rafforzata nel quadro istituzionale dell'Unione. Il trattato prevede oggi che una cooperazione rafforzata deve riguardare una maggioranza di Stati membri (articolo 43, paragrafo1), ossia attualmente almeno otto. La Commissione ritiene che dopo l’allargamento dovrebbe essere prevista una soglia di un terzo degli Stati membri. Le condizioni di base che disciplinano il ricorso alle cooperazioni rafforzate sono infatti sufficientemente rigorose per evitare il moltiplicarsi di iniziative di questo tipo e il rischio di un'eccessiva frammentazione dell'Unione considerando anche che per instaurare questa cooperazione rafforzata occorre l'accordo di una maggioranza qualificata di Stati membri. La seconda modifica consiste nell'eliminare la possibilità per uno Stato membro di chiedere una decisione unanime del Consiglio europeo quando si oppone alla decisione presa dagli Stati membri a maggioranza qualificata di autorizzare una cooperazione rafforzata. In.36 un'Unione allargata, questa possibilità di veto sarebbe un ostacolo eccessivo al ricorso, pertanto essenziale, al meccanismo delle cooperazioni rafforzate. Oltre a queste due modifiche, la Commissione propone che in futuro il trattato permetta di instaurare la cooperazione rafforzata anche in materia di politica estera e di sicurezza comune. Sarà necessario fissare sempre a un terzo del numero totale il numero minimo di Stati membri e definire le condizioni di base necessarie, in modo che questa cooperazione venga utilizzata in circostanze ben definite e non pregiudichi l'integrazione già realizzata in questo settore. La Commissione propone alla conferenza : di eliminare la possibilità per uno Stato membro di chiedere al Consiglio europeo una decisione all'unanimità sull'autorizzazione ad instaurare una cooperazione rafforzata (soppressione del secondo comma dell'articolo 11, paragrafo 2, del trattato CE e soppressione del secondo comma dell'articolo 40, paragrafo 2 del trattato UE); di fissare a un terzo degli Stati membri il numero minimo di Stati necessario per instaurare una cooperazione rafforzata nel quadro del trattato; di prevedere la possibilità di instaurare, a determinate condizioni, cooperazioni rafforzate nel settore della politica estera e di sicurezza comune. Conclusioni L’Unione deve migliorare i suoi metodi di funzionamento. Deve anche armarsi per rispondere alla sfida dell’allargamento e deve, avviando una vera e propria riforma radicale delle sue istituzioni, dimostrare la volontà politica di far fronte alle responsabilità che intende assumersi accogliendo nuovi Stati membri. I nuovi impegni recentemente assunti nei confronti dei paesi candidati, impongono una profonda e duratura ristrutturazione istituzionale dell'Unione. La struttura istituzionale che emergerà dalla conferenza intergovernativa e dai lavori di riesame in materia di funzionamento delle istituzioni deve essere allo stesso tempo sufficientemente solida per evitare la paralisi dell'azione comunitaria e sufficientemente flessibile per procedere senza deviazioni verso l'obiettivo dell'integrazione europea. Il quadro che la conferenza deciderà sarà l'Europa politica di domani. Credere che le grandi riforme istituzionali possano attendere un'altra conferenza è un'illusione pericolosa, che la Commissione intende combattere. Una seconda conferenza rischierebbe di ritardare l'allargamento che la riforma deve preparare. La conclusione della conferenza è prevista entro la fine del 2000. Questa non può permettersi di chiudere i lavori lasciando questioni non risolte. Il risultato è un obbligo, pena la credibilità dell'Unione. Quest'obbligo deriva anche dalle aspettative dei cittadini nei confronti di uno spazio europeo di pace e di solidarietà, che desiderano condividere e comprendere maggiormente. La riforma di cui deciderà la conferenza deve quindi essere l'occasione di un vero dialogo con i cittadini. Le istituzioni europee e soprattutto gli Stati membri dovrebbero impegnarsi in tale dialogo. La Commissione dal canto suo attiverà i mezzi necessari per dar vita ad un reale dibattito sulla riforma istituzionale e il futuro dell'Europa. Il Consiglio europeo di Helsinki ha definito le modalità per l'associazione stretta e concreta del Parlamento europeo ai lavori della conferenza. La Commissione auspica che, su questa base, la concertazione con il Presidente e i rappresentanti del Parlamento europeo nel corso del negoziato sia quanto più aperta e più costruttiva possibile. Essa accoglierà in uno spirito di cooperazione e d'ascolto le proposte presentate dal Parlamento europeo. Nello stesso spirito la Commissione fornirà le dovute spiegazioni e parteciperà al dialogo necessario con i Parlamenti nazionali. La riforma che si intende avviare è soprattutto destinata a rafforzare le strutture dell'Europa allargata. Conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Helsinki, saranno organizzati regolari scambi di opinioni con i paesi candidati, nelle appropriate sedi esistenti. Saranno informati dell'evoluzione dei negoziati anche i paesi dello Spazio economico europeo. Progetti di articoli Articoli del trattato CE Il Parlamento europeo 189, 190 La Commissione 215, 213, 217, 219 La Corte dei conti 247 Il Comitato economico e sociale 257, 258, 259, 262 Il Comitato delle Regioni 263 Procedure decisionali 37, 67, 133, 300 Cooperazione rafforzata 43 TUE, 40 TUE, 11.39 IL PARLAMENTO EUROPEO Testo attuale del trattato CE IL PARLAMENTO EUROPEO ARTICOLO 189 Il Parlamento europeo, composto di rappresentanti dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità, esercita i poteri che gli sono attribuiti dal presente trattato. Il numero dei Membri del Parlamento europeo non può essere superiore a settecento. Progetto di modifica ARTICOLO 189 Il Parlamento europeo, composto di rappresentanti dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità, esercita i poteri che gli sono attribuiti dal presente trattato. Il numero dei Membri del Parlamento europeo non può essere superiore a Settecento. ARTICOLO 190 1. I rappresentanti, al Parlamento europeo, dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità sono eletti a suffragio universale diretto. ARTICOLO 190 1. I rappresentanti, al Parlamento europeo, dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità sono eletti a suffragio universale diretto 2. Il numero dei rappresentanti eletti in ogni Stato 2. Il Parlamento europeo è composto di: a) [...] rappresentanti eletti su liste presentate membro è fissato per l'intero territorio come segue: della Comunità; Belgio 25 b) [...] rappresentanti eletti in ogni Stato Danimarca 16 membro secondo la seguente Germania 99 ripartizione: Grecia 25 Belgio [...] Spagna 64 Danimarca [...] Francia 87 ecc..41 Irlanda 15 Italia 87 Lussemburgo 6 Paesi Bassi 31 Austria 21 Portogallo 25 Finlandia 16 Svezia 22 Regno Unito 87. In caso di modifiche del presente paragrafo, il numero dei rappresentanti In caso di modifiche del presente paragrafo, il eletti in ciascuno Stato membro deve garantire numero dei rappresentanti un’adeguata rappresentanza eletti in ciascuno Stato membro deve garantire dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità. un’adeguata rappresentanza 3. - 5. (...) dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità 3. - 5. (...) LA COMMISSIONE ARTICOLO 215 A parte i rinnovamenti regolari e i decessi, le funzioni dei membri della Commissione cessano individualmente per dimissioni volontarie o d’ufficio. L’interessato è sostituito per la restante durata del suo mandato da un nuovo membro, nominato di comune accordo dai governi degli Stati membri. Il Consiglio, deliberando all’unanimità, può decidere che non vi è motivo di procedere ad una sostituzione. In caso di dimissioni o di decesso, il presidente è sostituito per la restante durata del suo mandato. ARTICOLO 215 Un membro della Commissione presenta le dimissioni al presidente quando questi le richieda. A parte i rinnovamenti regolari e i decessi, le funzioni dei membri della Commissione cessano individualmente per dimissioni volontarie, a richiesta del presidente oppure d’ufficio. L’interessato è sostituito per la restante durata del suo mandato da un nuovo membro. Questi, designato di comune accordo dal presidente della Commissione e dai governi degli Stati membri, é nominato da questi ultimi di comune Per la sua sostituzione si applica la procedura prevista dall’articolo 214, paragrafo 2. Salvo in caso di dimissioni d’ufficio, previste dall’articolo 216, i membri della Commissione restano in carica fino a quando non si sia provveduto alla loro sostituzione. accordo. Il Consiglio, deliberando all’unanimità, può decidere che non vi è motivo di procedere ad una sostituzione. In caso di dimissioni o di decesso, il presidente è sostituito per la restante durata del suo mandato. Per la sua sostituzione si applica la procedura prevista dall’articolo 214, paragrafo 2. Salvo in caso di dimissioni richieste dal presidente o di dimissioni d’ufficio, previste dall’articolo 216, i membri della Commissione restano in carica fino a quando non si sia provveduto alla loro sostituzione. Composizione della Commissione: opzione 1 ARTICOLO 213 1. La Commissione è composta di venti membri, scelti in base alla loro competenza generale e che offrano ogni garanzia di indipendenza. Il numero dei membri della Commissione può essere modificato dal Consiglio, che delibera all’unanimità. Soltanto cittadini degli Stati membri possono essere membri della Commissione. La Commissione deve comprendere almeno un cittadino di ciascuno Stato membro, senza che il numero dei membri cittadini di uno stesso Stato sia superiore a due. 2. (...) ARTICOLO 213 1. La Commissione è composta di venti membri, scelti in base alla loro competenza generale e che offrano ogni garanzia di indipendenza. (comma soppresso) (comma soppresso) La Commissione è composta di un cittadino di ciascuno Stato membro a turno, secondo il seguente ordine di Stati membri: ...... (In caso di modifica di questo elenco in seguito a future adesioni, l’ordine di successione degli Stati membri va stabilito in modo da garantire una composizione equilibrata sotto il profilo della posizione geografica e delle dimensioni degli Stati membri) 2. (...) Composizione della Commissione: opzione 2 ARTICOLO 213 1. La Commissione è composta di venti membri, scelti in base alla loro competenza generale e che offrano ogni garanzia di indipendenza. ARTICOLO 213 1. La Commissione è composta di un cittadino di ciascuno Stato membro, scelto in base alla sua competenza generale e che offra ogni garanzia di indipendenza. Il numero dei membri della Commissione può (comma soppresso) essere modificato dal Consiglio, che delibera all’unanimità. Soltanto cittadini degli Stati membri possono essere (comma soppresso) membri della Commissione. La Commissione deve comprendere almeno un (comma soppresso) cittadino di ciascuno Stato membro, senza che il numero dei membri cittadini di uno stesso Stato sia superiore a due. 2. (...) 2. (...) ARTICOLO 217 La Commissione può nominare vicepresidenti tra i suoi membri. uno o ARTICOLO 217 due Il presidente determina gli indirizzi politici della Commissione. Il presidente può nominare, tra i membri della Commissione, dei vicepresidenti incaricati di coordinare e dirigere l'azione della Commissione in un determinato settore. ARTICOLO 219 La Commissione agisce nel quadro degli orientamenti politici del suo presidente. Le deliberazioni della Commissione sono prese a maggioranza del numero dei suoi membri previsto dall’articolo 213. La Commissione può tenere una seduta valida solo se è presente il numero dei membri stabilito nel suo regolamento interno. Il presidente può attribuire ai membri della Commissione, per l'intero loro mandato o per parte di esso, funzioni o compiti speciali, con l'eventuale assistenza di servizi amministrativi. ARTICOLO 219 (capoverso soppresso in seguito alla riformulazione dell’articolo 217) Le deliberazioni della Commissione sono prese a maggioranza del numero dei suoi membri previsto dall’articolo 213. A parità di voti, prevale il voto del presidente. La Commissione può tenere una seduta valida solo se è presente il numero dei membri stabilito nel suo regolamento interno. LA CORTE DEI CONTI ARTICOLO 247 1. La Corte dei conti è composta di quindici membri. 2. I membri della Corte dei conti sono scelti tra personalità che fanno o hanno fatto parte, nei rispettivi paesi, delle istituzioni di controllo esterno o che posseggono una qualifica specifica per tale funzione. Essi devono offrire tutte le garanzie di indipendenza. 3. I membri della Corte dei conti sono nominati per un periodo di sei anni dal Consiglio, che delibera all’unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo. I membri della Corte dei conti possono essere nuovamente nominati. I membri designano tra di loro, per tre anni, il presidente della Corte dei conti. Il mandato del presidente è rinnovabile. ARTICOLO 247 1. La Corte dei conti è composta di dodici membri. 2. I membri della Corte dei conti sono scelti tra personalità che fanno o hanno fatto parte, nei rispettivi paesi, delle istituzioni di controllo esterno o che posseggono una qualifica specifica per tale funzione. Essi devono offrire tutte le garanzie di indipendenza. 3. I membri della Corte dei conti sono nominati per un periodo di sei anni dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata (*), previa consultazione del Parlamento europeo. Il mandato dei membri non è rinnovabile. Ogni tre anni si procede a un rinnovo parziale dei membri. I membri designano tra di loro, per tre anni, il presidente della Corte dei conti. Il mandato del presidente è rinnovabile. 4. - 9. (...) 4. - 9. (...) (*)Come conseguenza della generalizzazione del voto a maggioranza qualificata. IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE ARTICOLO 257 È istituito un Comitato economico e sociale, a carattere consultivo. Il Comitato è composto di rappresentanti delle varie categorie della vita economica e sociale, in particolare dei produttori, agricoltori, vettori, lavoratori, commercianti e artigiani, nonché delle libere professioni e degli interessi generali. ARTICOLO 257 È istituito un Comitato economico e sociale, a carattere consultivo. Il Comitato è composto di rappresentanti delle varie componenti della società civile. ARTICOLO 258 Il Comitato economico e sociale è composto di ARTICOLO 258 Il numero dei membri del Comitato economico e [...] membri. sociale è fissato come segue: Belgio 12 Danimarca 9 Germania 24 Grecia 12 Spagna 21 Francia 24 Irlanda 9 Italia 24 Lussemburgo 6 Paesi Bassi 12 Austria 12 Portogallo 12 Finlandia 9 Svezia 12 Regno Unito 24. I membri del Comitato sono nominati per quattro anni dal Consiglio, che delibera all’unanimità. Il loro mandato è rinnovabile. I membri del Comitato non devono essere vincolati da alcun mandato operativo. Essi esercitano le loro funzioniin piena indipendenza, nell’interesse generale della Comunità. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, fissa le indennità dei membri del Comitato. ARTICOLO 259 1. Ogni Stato membro, per la nomina dei membri del Comitato, invia al Consiglio un elenco comprendente un numero di candidati doppio di quello dei seggi attribuiti ai propri cittadini. La composizione del Comitato deve tener conto della necessità di assicurare una rappresentanza adeguata alle diverse categorie della vita economica e sociale. 2. Il Consiglio consulta la Commissione. Esso può chiedere il parere delle organizzazioni europee rappresentative dei diversi settori economici e sociali interessati all’attività della Comunità. I membri del Comitato sono nominati per quattro anni dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata (*).Il loro mandato è rinnovabile. I membri del Comitato non devono essere vincolati da alcun mandato imperativo. Essi esercitano le loro funzioni in piena indipendenza, nell’interesse generale della Comunità. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, fissa le indennità dei membri del Comitato. ARTICOLO 262 Il Consiglio o la Commissione sono tenuti a consultare il Comitato nei casi previsti dal presente trattato. Tali istituzioni possono consultarlo in tutti i casi in cui lo ritengano opportuno. Il Comitato, qualora lo ritenga opportuno, può formulare un parere di propria iniziativa. (le modalità definire). della composizione sono da I membri del Comitato sono nominati per quattro anni dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata. Il loro mandato è rinnovabile. I membri del Comitato non devono essere vincolati da alcun mandato operativo. Essi esercitano le loro funzioniin piena indipendenza, nell’interesse generale della Comunità. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, fissa le indennità dei membri del Comitato. * Come conseguenza della generalizzazione del voto a maggioranza qualificata. ARTICOLO 259 Gli Stati membri e le organizzazioni della società civile rappresentative a livello europeo, possono presentare candidati alla carica di membro del Comitato. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, determina le modalità per designare i membri del Comitato. Il Consiglio, previa consultazione della Commissione, nomina i membri del Comitato tenendo conto della necessità di assicurare una rappresentanza adeguata alle varie componenti della società civile, nonché un equilibrio geografico. ARTICOLO 262 Il Comitato formula un parere sulle proposte legislative della Commissione o su ogni altra questione qualora lo ritenga opportuno (**). Inoltre, il Comitato può essere consultato dal Parlamento europeo, dal Consiglio o dalla Commissione. Qualora lo reputino necessario, il Consiglio o la Commissione fissano al Comitato, per la presentazione del suo parere, un termine che non può essere inferiore ad un mese a decorrere dalla data della comunicazione inviata a tal fine al presidente. Allo spirare del termine fissato, si può non tener conto dell’assenza di parere. Il parere del Comitato e il parere della sezione specializzata sono trasmessi al Consiglio e alla Commissione, unitamente a un resoconto delle deliberazioni. Il Comitato può essere consultato dal Parlamento europeo. Qualora lo reputino necessario, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione fissano al Comitato, per la presentazione del suo parere, un termine che non può essere inferiore ad un mese a decorrere dalla data della comunicazione inviata a tal fine al presidente. Allo spirare del termine fissato, si può non tener conto dell’assenza di parere. Il parere del Comitato e il parere della sezione specializzata sono trasmessi al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione, unitamente a un resoconto delle deliberazioni. (comma soppresso) (**)Si dovranno adeguare di conseguenza le disposizioni del trattato che prevedono la consultazione obbligatoria.49 IL COMITATO DELLE REGIONI ARTICOLO 263 È istituito un comitato a carattere consultivo composto di rappresentanti delle collettività regionali e locali, in appresso designato Comitato delle Regioni. Il numero dei membri del Comitato delle Regioni è fissato come segue: Belgio 12 Danimarca 9 Germania 24 Grecia 12 Spagna 21 Francia 24 Irlanda 9 Italia 24 Lussemburgo 6 Paesi Bassi 12 Austria 12 Portogallo 12 Finlandia 9 Svezia 12 Regno Unito 24. ARTICOLO 263 È istituito un comitato a carattere consultivo composto di rappresentanti delle collettività regionali e locali, in appresso designato Comitato delle Regioni. Il numero di membri del Comitato delle Regioni previsti per ogni Stato membro è pari a un terzo del numero dei rappresentanti del Parlamento europeo eletti in ogni Stato membro, eventualmente aumentato sino all'unità. I membri del Comitato nonché un numero uguale di supplenti sono nominati, su proposta dei rispettivi Stati membri, per quattro anni dal Consiglio, che delibera all’unanimità. Il loro mandato è rinnovabile. I membri del Comitato non possono essere nel contempo membri del Parlamento europeo. I membri del Comitato non devono essere vincolati da alcun mandato imperativo. Essi esercitano le loro funzioni in piena indipendenza, nell’interesse generale della Comunità. I membri del Comitato nonché un numero uguale di supplenti sono nominati, su proposta dei rispettivi Stati membri (*) , per quattro anni dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata I membri del Comitato non possono essere nel contempo membri del Parlamento europeo. I membri del Comitato non devono essere vincolati da alcun mandato imperativo. Essi esercitano le loro funzioni in piena indipendenza, nell’interesse generale della Comunità. (* )Come conseguenza della generalizzazione del voto a maggioranza qualificata.51 PROCEDURE DECISIONALI ARTICOLO 37 ARTICOLO 37 1. (...) 2. (...) Su proposta della Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, stabilisce regolamenti o direttive, oppure prende decisioni, senza pregiudizio delle raccomandazioni che potrebbe formulare. 3. (...) 1. (...) 2. (...) Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251, adotta le misure di carattere fondamentale riguardanti quanto segue: a) le organizzazioni comuni di mercato; b) l’applicazione delle disposizioni del capo sulle regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli; c) la costituzione di uno o più fondi di orientamento e di garanzia; d) i settori veterinario e fitosanitario, la tutela del benessere degli animali, gli alimenti per animali e le semenze; e) lo sviluppo rurale nel settore agricolo e gli interventi strutturali nel settore della pesca; f) la qualità dei prodotti agricoli: g) il regime comunitario della pesca e dell'acquicoltura. Sono considerate di carattere fondamentale le misure aventi importanza politica generale per l'elaborazione e l'indirizzo della politica agricola comune o della politica comune della pesca, nonché importanti implicazioni di bilancio. Le misure di cui al presente paragrafo vengono adottate e rivedute in una prospettiva pluriennale. 3. (...) 4. (...) ARTICOLO 67 1. Per un periodo transitorio di cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il Consiglio delibera all’unanimità su proposta della Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento europeo. 2. Trascorso tale periodo di cinque anni: – il Consiglio delibera su proposta della Commissione; la Commissione esamina qualsiasi richiesta formulata da uno Stato membro affinché essa sottoponga una proposta al Consiglio; – il Consiglio, deliberando all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo, prende una decisione al fine di assoggettare tutti o parte dei settori contemplati dal presente titolo alla procedura di cui all’articolo 251 e di adattare le disposizioni relative alle competenze della Corte di giustizia. 3. In deroga ai paragrafi 1 e 2, le misure di cui all’articolo 62, punto 2, lettera b), punti i) e iii), successivamente all’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, sono adottate dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo. 4. In deroga al paragrafo 2, le misure di cui ARTICOLO 67 1. Per un periodo transitorio di cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il Consiglio delibera all’unanimità su proposta della Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento europeo. 2. Trascorso tale periodo di cinque anni: – il Consiglio delibera secondo la procedura di cui all’articolo 251; – il Consiglio, deliberando all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo, prende una decisione al fine (...) di adattare le disposizioni relative alle competenze della Corte di giustizia. 3. In deroga ai paragrafi 1 e 2, le misure di cui all’articolo 62, punto 2, lettera b), punti i) e iii), successivamente all’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, sono adottate dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo. (paragrafo soppresso). all’articolo 62, punto 2, lettera b), punti ii) e iv), trascorso un periodo di cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, sono adottate dal Consiglio, che delibera secondo la procedura di cui all’articolo 251. 4. (...) ARTICOLO 133 1. La politica commerciale comune è fondata su principi uniformi, specialmente per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione, nonché le misure di difesa commerciale, tra cui quelle da adottarsi in casi di dumping e di sovvenzioni. 2. La Commissione presenta al Consiglio proposte per l’attuazione della politica commerciale comune. 3. Qualora si debbano negoziare accordi con uno o più Stati o organizzazioni internazionali, la Commissione presenta raccomandazioni al Consiglio, che l’autorizza ad aprire i negoziati necessari. Tali negoziati sono condotti dalla Commissione in consultazione con un comitato speciale designato dal Consiglio per assisterla in questo compito e nel quadro delle direttive che il Consiglio può impartirle. Le pertinenti disposizioni dell’articolo 300 sono applicabili. 4. Nell’esercizio delle competenze che gli sono conferite dal presente articolo il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. 5. Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può estendere l’applicazione dei paragrafi da 1 a 4 a negoziati e accordi internazionali su servizi e proprietà intellettuale nella misura in cui essi non rientrino in detti paragrafi. ARTICOLO 300 1. (...) 2. (...) 3. Il Consiglio conclude gli accordi previa consultazione del Parlamento europeo, salvo per gli accordi di cui all’articolo 133, paragrafo 3, inclusi i casi in cui l’accordo riguarda un settore per il quale è richiesta sul piano interno la procedura di cui all’articolo 251 o quella di cui all’articolo 252. Il Parlamento europeo formula il suo parere nel termine che il Consiglio può fissare in funzione dell’urgenza. In mancanza di parere entro detto termine il Consiglio può deliberare. (...) ARTICOLO 133 1. La politica commerciale comune è fondata su principi uniformi, specialmente per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali relativi agli scambi di merci e di servizi, agli investimenti e ai diritti di proprietà intellettuale, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione, nonché le misure di difesa commerciale, tra cui quelle da adottarsi in casi di dumping e di sovvenzioni. 2. La Commissione presenta al Consiglio proposte per l’attuazione della politica commerciale comune. 3. Qualora si debbano negoziare accordi con uno o più Stati o organizzazioni internazionali, la Commissione presenta raccomandazioni al Consiglio, che l’autorizza ad aprire i negoziati necessari. Tali negoziati sono condotti dalla Commissione in consultazione con un comitato speciale designato dal Consiglio per assisterla in questo compito e nel quadro delle direttive che il Consiglio può impartirle. La Commissione informa regolarmente il Parlamento europeo sull’andamento dei negoziati. Le pertinenti disposizioni dell’articolo 300 sono applicabili. 4. Nell’esercizio delle competenze che gli sono conferite dal presente articolo il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. Le norme generali che definiscono gli elementi essenziali della politica commerciale comune da attuare, sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 251. (paragrafo soppresso). ARTICOLO 300 1. (...) 2. (...) 3. Il Consiglio conclude gli accordi previa consultazione del Parlamento europeo, (...) inclusi i casi in cui l’accordo riguarda un settore per il quale è richiesta sul piano interno la procedura di cui all’articolo 251 o quella di cui all’articolo 252. Il Parlamento europeo formula il suo parere nel termine che il Consiglio può fissare in funzione dell’urgenza. In mancanza di parere entro detto termine il Consiglio può deliberare. 4. - 7. (...) (...) 4. - 7. (...). COOPERAZIONE RAFFORZATA ARTICOLO 43 TUE 1. Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro una cooperazione rafforzata possono far ricorso alle istituzioni, alle procedure e ai meccanismi previsti dal presente trattato e dal trattato che istituisce la Comunità europea, a condizione che la cooperazione: a) sia diretta a promuovere gli obiettivi dell’Unione e a proteggere e servire i suoi interessi; b) rispetti i principi dei suddetti trattati e il quadro istituzionale unico dell’Unione; c) venga utilizzata solo in ultima istanza, qualora non sia stato possibile raggiungere gli obiettivi dei suddetti trattati applicando le procedure pertinenti ivi contemplate; d) riguardi almeno la maggioranza degli Stati membri; e) non pregiudichi l’acquis comunitario e le misure adottate a norma delle altre disposizioni dei suddetti trattati; f) non pregiudichi le competenze, i diritti, gli obblighi e gli interessi degli Stati membri che non vi partecipano; g) sia aperta a tutti gli Stati membri e consenta loro di aderirvi in qualsiasi momento, fatto salvo il rispetto della decisione di base e delle decisioni adottate in tale ambito; h) ottemperi agli ulteriori criteri specifici definiti rispettivamente nell’articolo 11 del trattato che istituisce la Comunità europea e nell’articolo 40 del presente trattato, a seconda dei settori interessati, e sia autorizzata dal Consiglio secondo le procedure da essi previste. ARTICOLO 43 TUE 1. Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro una cooperazione rafforzata possono far ricorso alle istituzioni, alle procedure e ai meccanismi previsti dal presente trattato e dal trattato che istituisce la Comunità europea, a condizione che la cooperazione: a) sia diretta a promuovere gli obiettivi dell’Unione e a proteggere e servire i suoi interessi; b) rispetti i principi dei suddetti trattati e il quadro istituzionale unico dell’Unione; c) venga utilizzata solo in ultima istanza, qualora non sia stato possibile raggiungere gli obiettivi dei suddetti trattati applicando le procedure pertinenti ivi contemplate; d) riguardi almeno un terzo degli Stati membri; e) non pregiudichi l’acquis comunitario e le misure adottate a norma delle altre disposizioni dei suddetti trattati; f) non pregiudichi le competenze, i diritti, gli obblighi e gli interessi degli Stati membri che non vi partecipano; g) sia aperta a tutti gli Stati membri e consenta loro di aderirvi in qualsiasi momento, fatto salvo il rispetto della decisione di base e delle decisioni adottate in tale ambito; h) ottemperi agli ulteriori criteri specifici definiti rispettivamente nell’articolo 11 del trattato che istituisce la Comunità europea e nell’articolo 40 del presente trattato, a seconda dei settori interessati, e sia autorizzata dal Consiglio secondo le procedure da essi previste (*). (*)Si dovrà prevedere un nuovo articolo che autorizzi l'instaurarsi di una cooperazione rafforzata nel settore della politica estera e di sicurezza comune e stabilisca le condizioni alle quali attuarla.56 2. (...) ARTICOLO 40 TUE 1. Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro una cooperazione rafforzata possono essere autorizzati, in osservanza degli articoli 43 e 44, a far ricorso alle istituzioni, alle procedure e ai meccanismi previsti dai trattati, a condizione che la cooperazione proposta: a) rispetti le competenze della Comunità europea e gli obiettivi stabiliti dal presente titolo; b) abbia il fine di consentire all’Unione di svilupparsi più rapidamente come spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. 2. L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 è concessa ARTICOLO 40 TUE 1. Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro una cooperazione rafforzata possono essere autorizzati, in osservanza degli articoli 43 e 44, a far ricorso alle istituzioni, alle procedure e ai meccanismi previsti dai trattati, a condizione che la cooperazione proposta: a) rispetti le competenze della Comunità europea e gli obiettivi stabiliti dal presente titolo; b) abbia il fine di consentire all’Unione di svilupparsi più rapidamente come spazio di libertà, di sicurezza dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su richiesta degli Stati membri interessati e dopo aver invitato la Commissione a presentare il suo parere; la domanda è trasmessa anche al Parlamento europeo. Qualora un membro del Consiglio dichiari che, per specificati e importanti motivi di politica interna, intende opporsi alla concessione di un’autorizzazione a maggioranza qualificata, non si procede alla votazione. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può chiedere che della questione sia investito il Consiglio europeo, affinché si pronunci all’unanimità. e di giustizia. 2. L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 è concessa dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su richiesta degli Stati membri interessatie dopo aver invitato la Commissione a presentare il suo parere; la domanda è trasmessa anche al Parlamento europeo. (...) 3. - 5. (...) (...) 3. - 5. (...).57 ARTICOLO 11 CE 1. Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro una cooperazione rafforzata possono essere autorizzati, in osservanza degli articoli 43 e 44 del trattato sull’Unione europea, a ricorrere alle istituzioni, alle procedure e ai meccanismi previsti dal presente trattato, a condizione che la cooperazione proposta: a) non riguardi settori che rientrano nell’ambito della competenza esclusiva della Comunità, b) non incida sulle politiche, sulle azioni o sui programmi comunitari, c) non riguardi la cittadinanza dell’Unione, né crei discriminazioni tra cittadini degli Stati membri, d) rimanga entro i limiti delle competenze conferite alla Comunità dal presente trattato; e) non costituisca una discriminazione né una restrizione negli scambi tra Stati membri e non produca una distorsione delle condizioni di concorrenza tra questi ultimi. ARTICOLO 11 CE 1. Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro una cooperazione rafforzata possono essere autorizzati, in osservanza degli articoli 43 e 44 del trattato sull’Unione europea, a ricorrere alle istituzioni, alle procedure e ai meccanismi previsti dal presente trattato, a condizione che la cooperazione proposta: a) non riguardi settori che rientrano nell’ambito della competenza esclusiva della Comunità, b) non incida sulle politiche, sulle azioni o sui programmi comunitari, c) non riguardi la cittadinanza dell’Unione, né crei discriminazioni tra cittadini degli Stati membri, d) rimanga entro i limiti delle competenze conferite alla Comunità dal presente trattato; e) non costituisca una discriminazione né una restrizione negli scambi tra Stati membri e non produca una distorsione delle condizioni di concorrenza tra questi ultimi. 2. L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 è concessa dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo. 2. L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 è concessa dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo. (comma soppresso) Se un membro del Consiglio dichiara che, per (comma soppresso) importanti e specificati motivi di politica interna, intende opporsi alla concessione di un’autorizzazione a maggioranza qualificata, non si procede alla votazione. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può chiedere che la questione venga sottoposta al Consiglio, riunito nella composizione di Capi di Stato o di Governo, per una decisione all’unanimità. (...) 3. - 5. (...) (...) 3. - 5. (...). Allegato 1 Elenco delle disposizioni che, in deroga al principio della maggioranza qualificata, continueranno ad essere adottate all'unanimità. 1) Decisioni del Consiglio che devono essere adottate dagli Stati membri in conformità delle loro norme costituzionali Diritti complementari per i cittadini europei (art. 22 CE) Procedura elettorale uniforme per il Parlamento europeo (art. 190, par. 4 CE) Disposizioni relative al sistema delle risorse proprie (art. 269 CE) 2) Decisioni istituzionali essenziali oppure decisioni che incidono sull'equilibrio istituzionale* Adattamento delle competenze della Corte nello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia (art. 67, par. 2 CE) Misure e assistenza finanziaria comunitaria in caso di gravi difficoltà (art. 100, par. 1 e parzialmente par. 2) Disposizioni che sostituiscono il protocollo sui disavanzi eccessivi (art. 104, par. 14) Modifica del protocollo sugli statuti SEBC (art. 107, par. 5 CE) Fissazione del tasso al quale l’euro subentra alla moneta di uno Stato membro (art. 123, par. 5 CE) Fissazione dei principi e delle norme in materia di attribuzione delle competenze di esecuzione (art. 202 CE) Aumento del numero dei membri della Corte di giustizia e degli avvocati generali (art.221 e 222 CE) ** Composizione del Tribunale di primo grado (art. 225, par. 2 CE) ** Fissazione delle categorie di ricorsi al Tribunale di primo grado (art. 225, par. 2 CE) Modifica del titolo III dello statuto della Corte di giustizia (art. 245, par. 2 CE) ** Approvazione del regolamento di procedura della Corte e del Tribunale (art. 245, 3° comma, e art. 225, par. 4 CE) ** Regime linguistico delle istituzioni (art. 290 CE) Adozione delle disposizioni necessarie per raggiungere uno degli scopi della Comunità, senza che il trattato abbia previsto i poteri d’azione a tal uopo richiesti (art. 308 CE) 3) Decisioni nel settore della fiscalità e della sicurezza sociale, non connesse al buon funzionamento del mercato interno Armonizzazione delle normative fiscali (riformulazione degli artt. 93 e 95 CE) Armonizzazione delle normative in materia di sicurezza sociale (riformulazione dell'articolo 137, par. 3, 1° trattino CE) L’eventuale applicazione della maggioranza qualificata alle disposizioni relative alla composizione della Corte di giustizia (articoli 221, 222 e 225, par. 2 CE), alla modifica del titolo III dello statuto della Corte e all’approvazione del regolamento di procedura della Corte e del Tribunale di primo grado (articoli 245 e 225, par. 4 CE) verrà riesaminata nel prossimo contributo della Commissione sulla Corte di giustizia..60 ** * Le decisioni relative alla modifica del numero dei membri della Commissione (art. 231, par. 1 CE) e alla mancata sostituzione di un membro della Commissione (art. 215, par. 2 CE) dovranno essere riviste nel quadro delle norme relative alla composizione della Commissione. 4) Parallelismo fra decisioni interne ed esterne Accordi sui tassi euro/monete straniere (art. 111, par. 1 CE) Associazione dei paesi e territori d'oltremare (art. 187 CE) Conclusione degli accordi per i quali è richiesta l’unanimità sul piano interno (art.300, par. 2 CE) Accordi di associazione (art. 300, par. 2 e art. 310 CE) 5) Deroghe alle norme comuni del trattato Introduzione di restrizioni per quanto riguarda i movimenti di capitali con i paesi terzi (art. 57, par. 2 CE) Deroga alla clausola di "standistill" in materia di trasporti (art. 72 CE) Compatibilità di un aiuto con il mercato comune (art. 88, par. 2 CE).61 Allegato 2 Conseguenze dell’applicazione del principio della maggioranza qualificata. Le basi giuridiche per le quali, d'ora in poi, il Consiglio delibererà a maggioranza qualificata A. misure di natura legislativa (da adottare secondo la procedura di codecisione)* Misure contro la discriminazione basata sul sesso, la razza, ecc. (art. 13 CE) Disposizioni intese a facilitare il diritto di circolazione e di soggiorno (art. 18 CE), già in codecisione Coordinamento delle normative in materia di sicurezza sociale dei * Grazie alla riformulazione degli articoli relativi alla fiscalità, l'articolo 94 CE potrà essere soppresso in quanto esso è ormai utilizzato solo per l'armonizzazione fiscale (le altre due eccezioni all'applicazione dell'articolo 95 CE di cui al paragrafo 2 dell'articolo in questione, vale a dire la libera circolazione delle persone, e i diritti e gli interessi dei lavoratori, sono disciplinate da altre disposizioni del trattato). lavoratori (art. 42 CE), già in codecisione** Accesso alle attività non salariate e loro esercizio, modifica di principi legislativi esistenti (art. 47, par. 2 CE), già in codecisione Misure destinate a creare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia (art. 67 CE), riformulazione dell’articolo relativo all’applicazione automatica della procedura di codecisione alle norme generali di natura legislativa in tutti i settori di cui al titolo IV, dopo un periodo di transizione di cinque anni Principi del regime dei trasporti, la cui applicazione potrebbe pregiudicare il tenore di vita in talune regioni, come pure l’uso delle attrezzature relative ai trasporti (art. 71, par. 2 CE) Misure nel settore della politica sociale (art. 137, par. 3 e art. 139, par. 2 CE), fatta salva la riformulazione delle disposizioni relative alla sicurezza sociale Talune disposizioni in materia di politica ambientale (art. 175, par. 2 CE) Fondi strutturali e Fondo di coesione (art. 161 CE) e altre azioni specifiche per la coesione economica e sociale (art. 159, par. 3 CE) Regolamento finanziario (art. 279 CE) B. Altre misure Estensione del campo della politica commerciale comune a tutti i servizi, gli investimenti e i diritti di proprietà intellettuale (art. 133 CE), riformulazione dell’articolo per applicare direttamente la maggioranza qualificata a tali settori e per applicare la procedura di codecisione alle norme generali unilaterali di natura legislativa nel settore della politica commerciale ** Tale disposizione dovrebbe essere riformulata al fine di coprire non solo tutti i lavoratori migranti, ma anche tutti i cittadini europei che fanno uso del loro diritto di circolare e soggiornare nell'Unione..63 Cultura (art. 151 CE), già parzialmente in codecisione Politica industriale (art. 157 CE) Armi da guerra (art. 296 CE) C. Disposizioni istituzionali Diritto di voto alle elezioni per il Parlamento europeo e alle elezioni municipali (art. 19 CE) Affidamento alla BCE di compiti specifici di vigilanza (art. 105, par. 6 CE) Rappresentanza esterna nel quadro dell’UEM (art. 111, par. 4) Misure necessarie per l’introduzione dell’euro (art. 123, par. 4 CE) Attribuzione alla Commissione di competenze in materia di politica sociale (art. 144 CE) Approvazione dello statuto dei membri del Parlamento europeo (art. 190, par. 5 CE) Fissazione dell’ordine della presidenza del Consiglio (art. 203 CE) Nomina del segretario generale e del Segretario generale aggiunto del Consiglio (art.207, par. 2 CE) Nomina dei membri della Corte dei conti (art. 247, par. 3 CE) Nomina dei membri del Comitato economico e sociale (art. 258 CE) Nomina dei membri del Comitato delle regioni (art. 263 CE) D. Disposizioni che richiedono una parziale riformulazione per distinguere quelle per cui è richiesta la maggioranza qualificata da quelle per cui continuerà ad essere richiesta l'unanimità Armonizzazione di talune normative fiscali (riformulazione degli artt. 93 e 95 CE) Misure nel settore della sicurezza sociale (riformulazione dell'art. 137, par. 3, 1° trattino CE). Allegato 3 Estrapolazione del sistema attuale di composizione del Parlamento europeo e della Commissione, nonché della ponderazione dei voti al Consiglio. Stati membri Popolazione(in Popolazione Seggi PE Voti Consiglio Commissione milioni) (percentuale) Belgio 10,213 1,87% 25 5 1 Danimarca 5,313 0,97% 16 3 1 Germania 82,038 15,04% 99 10 2 Grecia 10,533 1,93% 25 5 1 Spagna 39,394 7,22% 64 8 2 Francia 58,966 10,81% 87 10 2 Irlanda 3,744 0,69% 15 3 1 Italia 57,612 10,56% 87 10 2 Lussemburgo 0,429 0,08% 6 2 1 Paesi Bassi 15,760 2,89% 31 5 1 Austria 8,082 1,48% 21 4 1 Portogallo 9,980 1,83% 25 5 1 Finlandia 5,160 0,95% 16 3 1 Svezia 8,854 1,62% 22 4 1 Regno Unito 59,247 10,86% 87 10 TOTALE 375,325 626 87 20 Bulgaria 8,230 1,51% 21 4 1 Cipro 0,752 0,14% 6 2 1 Estonia 1,446 0,27% 7 3 1 Ungheria 10,092 1,85% 25 5 1 Lettonia 2,439 0,45% 10 3 1 Lituania 3,701 0,68% 15 3 1 Malta 0,377 0,07% 6 2 1 Polonia 38,667 7,09% 64 8 2 Repubblica ceca 10,290 1,89% 25 5 1 Romania 22,489 4,12% 44 6 1 Slovacchia 5,393 0,99% 16 3 1 Slovenia 1,978 0,36% 9 3 1 Turchia 64,385 11,80% 89 10 2 TOTALE 545,564 100% 963 144 35 Nota statistica: Dati: Eurostat 1999, tranne Malta (dati 1998) e Turchia (dati nazionali - FMI). Stime: Germania, Regno Unito e Turchia. Provvisori: Francia e Irlanda N.B.: 1) La presente tabella viene riportata esclusivamente a fini illustrativi e non impegna la Commissione. 2) Per una corretta interpretazione della tabella, occorre tenere conto del fatto che al momento attuale i dati relativi alla popolazione degli Stati membri sono diversi rispetto al momento in cui sono state adottate le decisioni in merito al numero di seggi al PE e di voti al Consiglio. Documento 6 Risoluzione del Parlamento europeo sulla convocazione della Conferenza intergovernativa (14094/1999 – C5-0341/1999 – 1999/0825(CNS)) Il Parlamento europeo, - consultato dal Consiglio, a norma dell’articolo 48, paragrafo 2, del trattato sull’Unione europea, sulla convocazione di una Conferenza intergovernativa (CIG) per esaminare le modifiche da apportare ai trattati su cui è basata l’Unione europea (C5-0341/1999), vista la comunicazione della Commissione “La riforma istituzionale al servizio dell’ampliamento” del 2 dicembre 1999 (COM(1999) 592), - visto il parere della Commissione “La riforma istituzionale al servizio dell’ampliamento” del 26 gennaio 2000 (COM(2000) 034), - viste le conclusioni dei Consigli europei di Colonia del 3 giugno 1999, di Tampere del 15 ottobre 1999 e di Helsinki del 10 dicembre 1999, - viste le sue risoluzioni del 19 novembre 1997 sul trattato di Amsterdam281 , del 6 maggio 1999 sul metodo e il calendario dell’imminente riforma istituzionale29 e del 18 novembre 1999 sulla preparazione della riforma dei trattati e la Conferenza intergovernativa30 , - vista la relazione della commissione per gli affari costituzionali (A5-0018/2000), A. considerando l’impulso dato al processo di ampliamento dai Capi di Stato e di governo a Helsinki e l’ampiezza di un simile processo, che ora riunisce 13 paesi candidati in un contesto unico, B. considerando che il nuovo ritmo del processo di ampliamento deciso a Helsinki esige una riforma dei trattati capace di garantire la stabilità istituzionale, di creare metodi democratici di revisione costituzionale, di preservare e di approfondire l’efficacia del processo decisionale e di rafforzare la democrazia allo scopo di continuare a compiere progressi in materia di costruzione europea, C. considerando che nella prospettiva di un ampliamento dell’Unione si impone l’avvio di un processo costituzionale, D. considerando che l'accelerata globalizzazione dell'economia e Testi approvati in tale data, punto 4..52 /PE 284.656 \\epades\pv_seanc\provisoi\adoptes\00-0203it.doc 30 28 29 GU C 371 dell’8.12.1997, pag. 99. GU C 279 del 1°.1.1999, pag. 416. prossima l'introduzione dell'euro esigono al tempo stesso un perfezionamento dei meccanismi decisionali dell'Unione in materia di politica economica, per renderli più trasparenti, efficaci e democratici, perfezionando quanto disposto nei Trattati, E. considerando la particolare responsabilità di questo Parlamento in sede di decisione finale sull'adesione di nuovi Stati membri a norma dell'articolo 49 del trattato sull'Unione europea, che prevede il parere conforme del Parlamento quale condizione indispensabile per l'adesione, F. considerando che le conclusioni del Consiglio europeo di Helsinki non hanno tenuto conto delle proposte contenute nella sua precitata risoluzione del 18 novembre 1999 e nella succitata comunicazione della Commissione, fondamentali dei cittadini dell'Unione e reitera la propria richiesta di incorporare la Carta nei trattati; 4. chiede alla Presidenza portoghese di rispettare l’impegno adottato di proporre al Consiglio europeo di Lisbona dei temi da iscrivere all’ordine del giorno della CIG, considerando con la massima attenzione le proposte contenute nella sua precitata risoluzione del 18 novembre 1999, nonché le proposte della Commissione e degli Stati membri, allo scopo di permettere una riforma ambiziosa del trattato; 5. preciserà le sue priorità alla CIG in una successiva relazione sulla base della sua precitata risoluzione del 18 novembre 1999 e presenterà le sue proposte concrete per il tramite della sua Presidente e dei suoi rappresentanti, che dovranno partecipare pienamente a tutti i livelli della Conferenza; G. considerando che il parere presentato dalla Commissione il 26 gennaio 2000 sostiene chiaramente un ampliamento dell'ordine del giorno della Conferenza intergovernativa, 6. reputa che la decisione finale degli Stati membri dovrà essere sottoposta al Parlamento H. ricordando la sua decisione di pronunciarsi sulle conclusioni della CIG alla luce dei risultati di quest’ultima rispetto alle esigenze dell’ampliamento, 7. sottolinea l’esigenza che la CIG adotti metodi di lavoro trasparenti, affinché i cittadini dell’Unione siano informati dello svolgimento dei lavori e delle principali decisioni adottate dalla Conferenza; 1. ritiene che l’ordine del giorno definito nel dicembre 1999 a Helsinki dai capi di Stato e di governo per la CIG, il cui inizio è previsto per il febbraio 2000, non rispetti il protocollo di Amsterdam, in vista di una revisione globale delle disposizioni dei trattati relative alle Istituzioni in rapporto alle sfide dell'ampliamento, e non risponda alle esigenze di maggiore efficacia e legittimità democratica dell’Unione; 2. si compiace dell'impegno della Presidenza portoghese a favore dell'ampliamento dell'ordine del giorno della CIG; 3. accoglie favorevolmente l’avvio dei lavori all’elaborazione della Carta dei diritti europeo mediante la procedura del parere conforme; 8. ritiene che una Conferenza intergovernativa sia indispensabile; contesta l’ordine del giorno troppo limitato stabilito a Helsinki, che rischia di rimettere in discussione il processo di integrazione, e chiede un atteggiamento aperto da parte del Consiglio nei confronti delle proposte della Presidenza portoghese relative all'ampliamento dell'ordine del giorno della Conferenza; 9. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione ai Capi di Stato e di governo degli Stati membri, al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti nazionali. Documento 7 Materiali e Cronologia A. Materiali : Articoli del Trattato (17, 48, http://europa.eu.int/eur-lex/fr/treaties/index.html, protocollo istituzionale, dichiarazione di tre Stati (non disponibili sul sito internet)311 Conclusioni del Consiglio europeo (Colonia, Tampere, Helsinki) http://ue.eu.int/it/Info/eurocouncil/index.htm Commissione (tutti questi documenti si trovano su http://europa.eu.int/igc2000/offdoc/index_it.htm.) « Implicazioni istituzionali dell’allargamento » - Rapporto alla Commissione europea (Rapporto "DEHAENE-vonWEIZSÄCKERSIMON") - 18 ottobre 1999 ; « La riforma istituzionale al servizio dell’allargamento » - Contributo della Commissione europea alla preparazione delle Conferenza intergovernativa sulle questioni istituzionali - 10 novembre 1999 ; Relazione del gruppo di riflessione, presieduto da Ole DUE, sul « futuro del sistema giurisdizionale delle Comunità europee » del 19 gennaio 2000 (http://europa.eu.int/en/comm/sj/homesjfr.htm) ; « La riforma istituzionale al servizio dell'allargamento » - Parere della Commissione ai sensi dell'articolo 48 del trattato sull'Unione europea per la riunione di una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri per una modifica dei trattati - 26 gennaio 2000 ; 31 Contributo complementare della Commissione per la Conferenza intergovernativa sulle riforme istituzionali – « La riforma della giurisdizione comunitaria » - 1 marzo 2000 ; Contributo supplementare della Commissione per la Conferenza intergovernativa sulle riforme istituzionali - « Il voto a maggioranza qualificata per gli aspetti inerenti al mercato unico nei settori dell'imposizione fiscale e della sicurezza sociale » - 14 marzo 2000 ; Parlamento Risoluzione sul Trattato di Amsterdam A40347/97 (Resolution MENDES de VIGO/TSATSOS), Risoluzione sulla preparazione della riforma dei Trattati e la prossima Confeenza intergovernativa, del 18 novembre 1999 (Risoluzione DIMITRAKOPOULOS/LEINEN), Parere del parlamento sulla convocazione della Conferenza intergovernativa del 3 febbraio 2000, doc A5-0018/2000 (Risoluzione DIMITRAKOPOULOS/LEINEN) http://www2.europarl.eu.int/omk/omnsapir.so/ calendar?APP=PV1&LANGUE=IT , risoluzione sull'elaborazione di una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, del 16 marzo 2000, doc. (relazione DUFF/ VOGGENHUBER www2.europarl.eu.int/omk/omnsapir.so/calend ar?APP=PV2&LANGUE=FR ; in generale, per i documenti del Parlamento europeo v. http://www.europarl.eu.int/igc2000/en/default. htm Sito del Consiglio http://db.consilium.eu.int/cig/default.asp?lang=it Sito del Comitato delle regioni http://www.cor.eu.int/coratwork/Instaffair/italien/ 54-1999.htm Sito del Comitato economico e sociale http://www.ces.eu.int/fr/docs/fr_docs_op_March. htm. B. Cronologia Di seguito, troviamo le principali tappe del processo di riforma e le scadenze future, che sono contenute nel calendario presentato dalla presidenza portoghese (v. http://db.consilium.eu.int/CIG/default.asp?lang=it ). Conclusione del Trattato di Amsterdam 17/18 giugno 1997 Firma del Trattato di Amsterdam 2 ottobre 1997 Entrata in vigore del Trattato di Amsterdam 1° maggio 1999 Consiglio europeo di Colonia 3/4 giugno 1999 Consiglio europeo di Tampere 15/16 ottobre 1999 Documento di riflessione « adattare le istituzioni per l’ampliamento » 18 ottobre 1999 Contributo della Commissione per il CE di Helsinki 10 novembre 1999 Risoluzione del Parlamento europeo sulla CIG 18 novembre 1999 Prima riunione della Convenzione per la Carta 17 dicembre 1999 Consiglio europeo di Helsinki 10/11 dicembre 1999 Parere della Commissione 26 gennaio 2000 Parere del Parlamento 3 febbraio 2000 Prima riunione della conferenza intergovernativa 14 febbraio 2000 Contributo della Commissione sulla riforma della giurisdizione 2 marzo 2000 Contributo della Commissione alla CIG sulla maggioranza qualificata 14 marzo 2000 Risoluzione del Parlamento europeo sull'elaborazione di una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea 16 marzo 2000 Consiglio europeo di Santa Maria da Feira 19/20 giugno 2000 Consiglio europeo di Biarritz 13 /14 ottobre 2000