La disciplina del contratto di lavoro a termine è il bersaglio di

Dipartimento Politiche Settoriali e Contrattuali.
Segretario Confederale Giovanni Guerisoli
Settembre-ottobre 2000
Bollettino
mensile
n.8-9
Bollettino Mensile del Settore Industria, Artigianato,
Agroalimentare e Cooperazione Diretto da Alberto Cuevas
Indice
(Numero speciale a cura di Marco Cilento, ricercatore del Sindnova)
Il cammino verso la "nuova" Europa
- Art. 48 del Trattato sull’Unione europea
- Dichiarazione del Belgio, della Francia e dell’Italia relativa al protocollo sulle
istituzioni nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione europea
- Protocollo sulle istituzioni nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione
europea
Implicazioni istituzionali dell'allargamento
La riforma istituzionale al servizio dell’allargamento
Risoluzione del Parlamento europeo sulla preparazione della riforma dei trattati
e la prossima Conferenza intergovernativa
La riforma istituzionale al servizio dell'allargamento
Risoluzione del Parlamento europeo sulla convocazione della Conferenza
intergovernativa
Materiali e Cronologia
Il cammino verso la "nuova"
Europa
A cura di Marco Cilento
Nel firmare il Trattato di Amsterdam gli
Stati membri hanno accettato di procedere
ad una riforma istituzionale complessiva
finalizzata ad evitare che l’ampliamento
della Comunità induca il definitivo
irrigidimento
dei
meccanismi
di
funzionamento delle sue istituzioni. Il
cammino di riforma istituzionale dell’Unione
europea vive ora il suo momento focale: la
Conferenza
intergovernativa
sta
completando il suo percorso progettuale la
cui conclusione è prevista entro il 2000.
Lo scenario di riferimento è quello di una
Comunità europea in difficoltà nel suo
assetto istituzionale, notoriamente pensato
per un associazione di 6 Stati con obiettivi
di portata ben più modesta (e con
condivisione di competenze molto ridotte)
rispetto a quelli elaborati nel Trattato
sull’Unione europea nel 1992, prima, e nel
Trattato di Amsterdam, poi. Le urgenze
istituzionali sono rese ancora più stringenti
dagli obiettivi che l’Unione europea si è
posta in relazione all’ingresso nell’Unione
di nuovi Paesi1 i cui cittadini dovranno
godere di un diritto di cittadinanza di dignità
in tutto uguale a quello goduto dai cittadini
degli attuali Paesi membri.. E’ ormai
opinione condivisa che l’attuale assetto
I Paesi candidati ad entrare nell’Unione europea sono in
un primo momento Cipro, Estonia, Polonia, Slovenia e
Ungheria. In lista di attesa, ma con orizzonti temporali
spostati più in la nel tempo, sono la Bulgaria, la Lettonia,
Malta, la Romania, la Slovacchia e la Turchia.
1
istituzionale dell’Unione e della Comunità
europea non è in grado di garantire il
raggiungimento di questi obiettivi: lentezza
del processo decisionale in seno al
Consiglio, dibattiti estenuanti, mancanza di
coordinamento tra un numero eccessivo di
formazioni del Consiglio, troppi problemi
operativi e legislativi rinviati a una
decisione dei capi di Stato e di governo, il
cui ruolo di definire le scelte strategiche
viene in tal modo sminuito, ecc.
costituiscono i limiti più visibili dell’iter
decisionale del Consiglio; anche la
Commissione ed i Parlamento europeo
subiscono la precarietà di un equilibrio
istituzionale vacillante.
Il percorso che porterà alla modifica dei
Trattati è cominciato da circa un biennio
ma ancora non è visibile la forma che
assumerà l’ente sovranazionale alla fine di
questo cammino. In ogni caso le istituzioni
europee e gli Stati membri hanno prodotto
una serie di documenti significativi in cui
sono indicate priorità e obiettivi per la
“nuova” Unione europea. Di seguito si
cercherà di proporre, in modo sistemico, i
documenti che hanno segnato l’avvio della
Conferenza intergovernativa (da ora CIG).
Con la riproduzione dei testi originali si
vuole offrire l’opportunità di una lettura non
mediata delle ipotesi formulate.
Il cammino istituzionale verso la
convocazione della CIG
Già durante il Consiglio europeo di Colonia,
si affermava2 l’intenzione di convocare
all’inizio del 2000 una conferenza
intergovernativa dei rappresentanti dei
governi degli Stati membri per risolvere
prima dell’allargamento le questioni
istituzionali lasciate in sospeso nel Trattato
di Amsterdam. Il mandato della conferenza
intergovernativa
avrebbe
dovuto
abbracciare i temi seguenti:
- dimensioni e composizione della
Commissione europea;
- ponderazione dei voti in sede di Consiglio
(nuova ponderazione, introduzione di una
doppia maggioranza, soglia per le decisioni
a maggioranza qualificata);
- questione dell’eventuale estensione delle
votazioni a maggioranza qualificata in sede
di Consiglio
Nel successivo consiglio di Helsinki3 i
governi nazionali si impegnano a prendere
adeguate iniziative per consentire che la
Conferenza intergovernativa sia convocata
ufficialmente all’inizio di febbraio 2000. La
conferenza dovrà portare a termine i lavori
concordare le necessarie modifiche dei
trattati entro il dicembre 2000.
Il Consiglio individua inoltre i compiti e l’iter
procedurale della CIG: la conferenza
esaminerà le dimensioni e la composizione
della Commissione, la ponderazione dei
voti in sede di Consiglio e l’eventuale
estensione delle votazioni a maggioranza
qualificata in sede di Consiglio nonché le
altre modifiche del Trattato relative alle
istituzioni europee, che dovessero rivelarsi
necessarie in connessione con le questioni
summenzionate e nel corso dell’attuazione
del Trattato di Amsterdam.
Consiglio Europeo di Colonia – Conclusioni della
Presidenza, 3 e 4 giugno 1999.
3
Consiglio europeo di Helsinki - Conclusioni della
Presidenza (10 e 11 dicembre 1999)
2
La responsabilità politica della CIG è
affidata ai ministri membri del Consiglio
“affari generali” mentre il Parlamento
europeo sarà strettamente associato e
contribuirà ai lavori della conferenza.
Il parlamento interviene nei lavori della CIG
secondo la seguente procedura. Alle
riunioni del Gruppo preparatorio potranno
assistere due osservatori del Parlamento
europeo.
Ciascuna
sessione
della
Conferenza a livello ministeriale sarà
preceduta da uno scambio d vedute con il
Presidente del Parlamento europeo,
assistito da due rappresentanti di questa
istituzione. Le riunioni a livello di capi di
Stato e di governo che trattano della CIG
saranno precedute da uno scambio di
vedute con il Presidente del parlamento
europeo.
Inoltre, la Presidenza adotterà le misure
necessarie per garantire che i Paesi
candidati siano regolarmente informati,
nell’ambito degli attuali consessi, in merito
all’andamento delle discussioni ed abbiano
la possibilità di esprimere il loro punto di
vista sulle questioni dibattute. Anche le
Spazio economico europeo sarà tenuto
informato.
Basi giuridiche per la riforma
dei Trattati
Infine è bene rilevare come il Trattato di
Amsterdam contenga al suo interno il
germe
della
riforma
istituzionale
dell’Unione europea.
Innanzitutto, la CIG che ha portato alla
sigla del Trattato di Amsterdam, non
essendo stata in grado di formulare un
disegno esaustivo e condiviso di riforma
istituzionale, ha ottenuto perlomeno
l’impegno dei governi ad avviare un
cammino di riforma che consentisse nei
fatti l’allargamento dell’Unione. Tale idea è
formalizzata nel Protocollo sulle istituzioni
nella
prospettiva
dell’allargamento
dell’Unione europea che detta tempi ed
obiettivi per la revisione dei Trattati
(documento 1).
Le procedure di modifiche del Trattato
sull’Unione
europea
sono
invece
parzialmente regolate anche dall’art. 48 del
TUE (documento 1): ... il Parlamento
europeo e la Commissione devono essere
consultati circa l’opportunità di convocare
la Conferenza dei rappresentanti dei
governi degli Stati membri...
Ad oggi il cammino è stato il seguente. Nel
Consiglio di Colonia del 3-4 giugno 1999,
gli Stati membri confermano l’intenzione di
convocare all’inizio del 2000 una
conferenza dei rappresentanti dei governi
degli Stati membri, rinviando al Consiglio di
Helsinki la convocazione della Conferenza
secondo le procedure previste nei trattati.
Il Consiglio di Helsinki si tiene nel dicembre
del 1999. Nel frattempo un gruppo di saggi,
su incarico della Commissione, redige un
rapporto in cui presentano le loro opinioni
sulle
implicazioni
istituzionali
dell’allargamento, in vista della prossima
CIG (documento 2)
L’impegno assunto dagli Stati membri
durante il vertice di Helsinki conduce
all’avvio della consultazione con il
Parlamento
europeo
e
con
la
Commissione, ai sensi del citato articolo 48
del TUE. La Commissione esprime il
proprio parere il 26 gennaio 2000
(documenti 3 e 5) mentre il Parlamento si
pronuncia
il
successivo
febbraio
(documento 4). Sulla base di questi pareri,
infine, il Consiglio ha potuto esprimere il 14
febbraio il “parere favorevole alla
convocazione di una conferenza dei
rappresentanti dei governi degli Stati
membri” richiesto dall’art.48, consentendo
alla presidenza di procedere a tale
convocazione per quello stesso giorno
(documento 6).
È
possibile
seguire
costantemente
l’avanzamento
della
conferenza
intergovernativa, nonché prelevare tutti i
documenti prodotti durante i lavori, presso
il
sito
web:
http://www.europa.eu.int/comm/igc2000/ind
ex_it.htm
Documento 1
- Art. 48 del Trattato sull’Unione
europea
- Dichiarazione del Belgio, della
Francia e dell’Italia relativa al
protocollo sulle istituzioni nella
prospettiva dell'allargamento
dell'Unione europea
- Protocollo sulle istituzioni
nella prospettiva
dell'allargamento dell'Unione
europea
Articolo 48 (ex articolo N)
Il governo di qualsiasi Stato membro o la
Commissione possono sottoporre al
Consiglio progetti intesi a modificare i
trattati su cui è fondata l’Unione.
Qualora il Consiglio, dopo aver consultato il
Parlamento europeo e, se del caso, la
Commissione, esprima parere favorevole
alla convocazione di una conferenza dei
rappresentanti dei governi degli Stati
membri, questa è convocata dal presidente
del Consiglio allo scopo di stabilire di
comune accordo le modifiche da apportare
ai suddetti trattati. In caso di modifiche
istituzionali nel settore monetario viene
consultata anche la Banca centrale
europea.
Gli emendamenti entreranno in vigore dopo
essere stati ratificati da tutti gli Stati membri
conformemente alle loro rispettive norme
costituzionali.
DICHIARAZIONE DEL BELGIO, DELLA
FRANCIA E DELL’ITALIA RELATIVA
AL PROTOCOLLO SULLE ISTITUZIONI
NELLA PROSPETTIVA
DELL'ALLARGAMENTO
DELL'UNIONE EUROPEA
Il Belgio, la Francia e l'Italia osservano che,
sulla base dei risultati della Conferenza
intergovernativa, il trattato di Amsterdam
non risponde alla necessità, riaffermata al
Consiglio europeo di Madrid, di progressi
sostanziali sulla via del rafforzamento delle
istituzioni. Questi paesi considerano che un
tale rafforzamento è una condizione
indispensabile per la conclusione dei primi
negoziati
di
adesione.
Essi
sono
determinati a dare al protocollo sulla
composizione della Commissione e la
ponderazione dei voti tutto il seguito
appropriato
e
considerano
che
un'estensione significativa del ricorso al
voto a maggioranza qualificata fa parte
degli elementi pertinenti di cui occorrerà
tenere conto.
PROTOCOLLO SULLE ISTITUZIONI
NELLA PROSPETTIVA
DELL'ALLARGAMENTO DELL'UNIONE
EUROPEA
LE ALTE PARTI CONTRAENTI HANNO
CONVENUTO le seguenti disposizioni, che
sono allegate al trattato sull'Unione
europea e ai trattati che istituiscono le
Comunità europee,
ARTICOLO 1
Alla data dell'entrata in vigore del primo
allargamento
dell'Unione,
nonostante
l'articolo 157, paragrafo 1 del trattato che
istituisce la Comunità europea, l'articolo 9,
paragrafo 1 del trattato che istituisce la
Comunità europea del carbone e
dell'acciaio e l'articolo 126, paragrafo 1 del
trattato che istituisce la Comunità europea
dell'energia atomica, la Commissione sarà
composta da un cittadino di ciascuno Stato
membro, a condizione che, entro tale data,
la ponderazione dei voti in sede di
Consiglio sia stata modificata, con
l'introduzione di una nuova ponderazione
dei voti o di un sistema di doppia
maggioranza, in maniera accettabile a tutti
gli Stati membri, tenendo conto di tutti i
pertinenti
elementi,
in
particolare
prevedendo una compensazione per gli
Stati membri che rinunciano alla possibilità
di nominare un secondo membro della
Commissione.
ARTICOLO 2
Almeno un anno prima che il numero degli
Stati membri dell'Unione sia superiore a
venti, è convocata una Conferenza dei
rappresentanti dei governi degli Stati
membri allo scopo di procedere ad un
riesame globale delle disposizioni dei
trattati concernenti la composizione e il
funzionamento delle istituzioni.
Documento 2
Implicazioni istituzionali
dell'allargamento
Rapporto alla Commissione europea (10 novembre
1999)
di Richard von
WEIZSÄCKER,
Jean-Luc
DEHAENE,
Bruxelles, 18 ottobre 1999.2
Il 1° settembre 1999, il presidente
designato della Commissione europea,
Prof. Romano Prodi, ha invitato Jean-Luc
Dehaene, ex-primo ministro del Belgio,
Richard von Weizsäcker, ex-presidente
della Repubblica federale di Germania, e
Lord Simon of Highbury, ex-presidente di
British Petroleum e ex-ministro, a
presentare in tutta indipendenza, entro
metà ottobre, le loro opinioni sulle
implicazioni istituzionali dell'allargamento,
in vista della prossima Conferenza
intergovernativa.
Il gruppo ha ricevuto il mandato di
individuare i problemi istituzionali da
affrontare e di enunciare i motivi che
rendevano necessario discuterne in sede di
CIG. Non si trattava di formulare proposte
specifiche, dato che questo compito
spetterà agli Stati membri e alle istituzioni,
prima della conferenza e nel corso dei suoi
lavori.
David
SIMON
Il gruppo si è riunito più volte nei mesi di
settembre e ottobre sotto la presidenza del
Sig. Dehaene.
Esso ha presentato il proprio rapporto in
data 18 ottobre.
1. Osservazioni introduttive: la sfida che
abbiamo di fronte
1.1 Urge una riforma
La struttura istituzionale dell'Unione
europea è stata definita negli anni
Cinquanta per una Comunità di sei Stati
membri. Si trattava di una costruzione
molto originale, che ha reso ottimi servizi
all'Europa. È in gran parte merito delle
istituzioni se le relazioni sociali ed
economiche tra i paesi e le società
dell'Europa
occidentale
sono
state
trasformate profondamente, ma al tempo
stesso in modo equilibrato e pacifico. Gli
elementi basilari di questa struttura vanno
ovviamente mantenuti.
Oggi appare però chiaramente che il
sistema non funziona più a dovere in
un'Unione con quindici membri. È quindi
inevitabile chiedersi se le istituzioni,
come erano state concepite inizialmente,
saranno in grado di servire in modo
efficiente un'Unione che in un futuro
prevedibile potrebbe estendersi a 25-30 o
più partecipanti. Dagli anni Cinquanta in
poi, vari trattati successivi hanno introdotto
alcuni
adeguamenti
del
quadro
istituzionale, ma non vi è stato alcuno
sforzo per procedere a una riforma globale.
Questa è una sfida che prima o poi
occorrerà affrontare.
È un punto sul quale gli Stati membri
concordano. Nel firmare il trattato di
Amsterdam, essi hanno accettato che, a
tempo debito, sarebbe stato necessario
procedere a una riforma istituzionale
complessiva, per mettere in grado una
Comunità
ampliata
di
funzionare
efficientemente. L'accordo su questa
esigenza è sancito in un protocollo che ad
Amsterdam è stato allegato ai trattati
europei.
Questo protocollo prevede un'impostazione
in due tempi: una riforma limitata prima di
procedere al primo allargamento, una
riforma più globale prima che gli Stati
membri superino il numero di venti.
Sviluppi positivi intervenuti dopo la firma
del trattato di Amsterdam hanno svuotato
di senso questa distinzione. Si stanno
conducendo trattative con sei paesi
candidati, e probabilmente il Consiglio
europeo di Helsinki deciderà di intavolare
negoziati con un ulteriore gruppo. Ciò
significa che già il primo allargamento
potrebbe far superare all'Unione il numero
di venti membri, e in ogni caso il lasso di
tempo tra il primo allargamento e il
secondo risulterebbe più breve di quanto
previsto in un primo tempo. Tenuto conto di
questa evoluzione, che nei prossimi mesi
potrebbe registrare un'accelerazione, il
gruppo è giunto alla conclusione che lo
spirito del protocollo di Amsterdam, le
esigenze
del
sistema
istituzionale
dell'Unione e le difficoltà insite in una
frammentazione del programma di lavori
consigliassero di avviare fin d'ora uno
sforzo per procedere a una riforma
complessiva. Può darsi che in futuro non
si presenti un'occasione migliore.
1.2 L'allargamento è imperativo
Gli Stati membri concordano altresì nel
ritenere che l'allargamento costituisca un
obiettivo di tale rilevanza politica e storica,
per l'Unione non meno che per i paesi
candidati, da non permettere che esso
venga ritardato o posticipato per il fatto che
la riforma istituzionale non è completata.
L'attuale generazione di leader europei non
può non centrare l'obiettivo fondamentale
dell'allargamento, ma deve trovare nel
contempo una soluzione a uno dei suoi
presupposti, vale a dire l'esigenza di una
riforma in grado di permettere il
funzionamento efficiente di un'Unione
ampliata.
Il Consiglio europeo di Colonia ha ritenuto
che, per non ritardare l'allargamento, fosse
necessario che i lavori della futura CIG si
concludessero entro il 2000. Il gruppo è
del parere che questa scadenza sia
tassativa.
1.3 La sfida
La sfida che abbiamo di fronte consiste
pertanto
nell'individuare
le
riforme
necessarie e nell'indicare i mezzi per
realizzarle entro il 2000.
Sul primo aspetto - gli elementi della
riforma - il gruppo ha rilevato che i tre
problemi individuati a Colonia presentano
implicazioni o conseguenze che vanno ben
al di là dell'apparente semplicità della loro
formulazione. Esso è del parere che
occorra allargare la problematica, e
includervi un riassetto dei testi del trattato
per evitare continue revisioni.
Sul secondo aspetto - i mezzi per
realizzare la riforma - il gruppo ritiene che
la CIG dovrebbe accelerare la procedura di
negoziato, alla luce degli insegnamenti
ricavati dalla discussione del trattato di
Amsterdam, e che in tal modo, se vi sarà
una volontà politica sufficiente, dovrebbe
essere possibile elaborare un pacchetto di
riforme più incisive entro il termine
prescritto.
1.4 Rendere la popolazione partecipe
Nel corso del suo lavoro il gruppo ha
discusso dell'esigenza di semplificare la
gestione degli affari europei, e di rendere il
funzionamento
delle
istituzioni
più
trasparente,
più
flessibile
e
più
responsabile. Il fatto che una larghissima
parte della popolazione europea non
comprenda il funzionamento delle nostre
istituzioni è certamente un problema su cui
i governi dovrebbero riflettere.
Non si tratta di una questione connessa
direttamente con l'allargamento, ma
ovviamente per i cittadini dei nuovi Stati
membri le perplessità risulteranno ancora
maggiori che per quelli di Stati membri che
vivono ormai da mezzo secolo il processo
di integrazione europea. Dobbiamo
trovare i mezzi per rendere partecipe o
per
coinvolgere
nuovamente
la
popolazione:
bisogna
spiegare
il
funzionamento delle istituzioni e le loro
responsabilità nei confronti dell'opinione
pubblica.
La trasparenza presuppone chiarezza sui
mezzi e sugli obiettivi, nonché l'adesione
dell'opinione
pubblica.
In
questa
prospettiva la "Dichiarazione del millennio"
che
la
presidenza
finlandese
sta
preparando per il Consiglio europeo di
Helsinki assume tutto il suo significato.
Sarebbe opportuno riecheggiare lo spirito
di quella dichiarazione in un preambolo al
futuro trattato.
Analogamente, la Carta dei diritti
fondamentali
dell'Unione
europea,
caldeggiata nelle conclusioni del Consiglio
europeo di Colonia, accrescerebbe presso
l'opinione pubblica la legittimità e
l'autorevolezza delle istituzioni.
Come indicato dal Consiglio europeo,
occorrerà valutare l'opportunità di integrare
la Carta nei trattati, ed eventualmente
precisare secondo quali modalità.
La
riorganizzazione dei trattati proposta nel
presente rapporto potrebbe contribuire alla
limpidezza
e
alla
semplificazione
necessarie per rendere l'intera costruzione
più
comprensibile.
Sforzi
analoghi
andrebbero compiuti per rendere più
trasparente l'elaborazione del diritto
derivato e del bilancio.
Durante l'intero processo di riforma
istituzionale, i negoziatori non dovrebbero
mai perdere di vista gli obiettivi essenziali
della chiarezza, della semplicità e della
trasparenza.
La chiarezza e la comprensione da parte
del pubblico presuppongono anche, nel
lungo periodo, che gli Stati membri
dovranno
prendere
posizione
sull'estensione
geografica
finale
dell'Unione. Il gruppo non propone di
pronunciarsi ora su questo aspetto, ma il
problema non va perso di vista.
2. Efficienza delle istituzioni
2.1 Motivi che rendono necessario un
cambiamento
È indubbio che negli ultimi anni l'assetto
istituzionale dell'Unione ha mostrato segni
di logoramento. Chiunque si rende conto
che il funzionamento del Consiglio non è
soddisfacente: lentezza del processo
decisionale, dibattiti estenuanti, mancanza
di coordinamento tra un numero eccessivo
di formazioni del Consiglio, troppi problemi
operativi e legislativi rinviati a una
decisione dei capi di Stato e di governo, il
cui ruolo di definire le scelte strategiche
viene in tal modo sminuito.
L'efficienza del processo istituzionale è
stata ostacolata chiaramente anche dal
funzionamento
insoddisfacente
della
Commissione. Certe debolezze nella
gestione, analizzate in un rapporto
controverso da esperti indipendenti, sono
state
riconosciute
dalla
stessa
Commissione. Il Parlamento europeo, da
parte sua, si è visto conferire maggiori
poteri dai vari trattati che si sono succeduti,
ma il suo impatto sull'opinione pubblica non
è proporzionato a quello che dovrebbe
avere un'assemblea eletta dal popolo.
L'equilibrio fra le istituzioni, che costituisce
un elemento essenziale della stabilità e
dell'efficienza del sistema, è esposto a sua
volta a forti sollecitazioni.
Un incremento significativo del numero di
partecipanti automaticamente accresce i
problemi di gestione e le difficoltà del
processo
decisionale.
Gli
interessi
divergono maggiormente, i tempi di
discussione si allungano, le decisioni
risultano più problematiche, la decisione
diventa più complessa. I problemi nel
funzionamento delle istituzioni europee
sono manifesti già al
giorno d'oggi, e incidono sull'operatività del
triangolo
istituzionale
di
base:
Commissione, Consiglio e Parlamento. Si
tratta di problemi destinati ad aumentare,
per ovviare ai quali è indispensabile una
riforma istituzionale.
L'esigenza di procedere a una riforma,
sancita dal trattato di Amsterdam, ha
condotto il Consiglio europeo di Colonia a
indicare tre problemi che è indispensabile
affrontare: la dimensione e la composizione
della Commissione; la ponderazione dei
voti nel Consiglio (che richiede un riesame,
non solo della ponderazione, ma anche
della doppia maggioranza e della soglia
della maggioranza qualificata); il maggiore
ricorso alle votazioni a maggioranza. Il
gruppo è del parere che questi problemi
non
possano
essere
discussi
separatamente. In primo luogo perché
investono problematiche più ampie di
quanto non appaia a prima vista. Sul piano
democratico, ad esempio, un maggiore
ricorso alle votazioni a maggioranza
dovrebbe portare a estendere la procedura
di codecisione con il Parlamento. In
secondo luogo, questo tipo di problemi si
ripresenta anche in altri casi. Per fare un
esempio, chiaramente la Commissione non
è l'unica istituzione il cui numero di membri
va riesaminato..
Le questioni individuate dal Consiglio
europeo sono bensì di estremo rilievo, ma
vanno esaminate nel contesto di una
riforma istituzionale più ampia.
In una Unione più estesa e più
diversificata, la flessibilità del quadro
istituzionale risulterà ancora più importante
di quanto non lo sia attualmente.
L'allargamento accrescerà la diversità. Ciò
non significa che gli Stati membri debbano
avere la facoltà di non aderire all'una o
all'altra politica: l'Unione europea non
riuscirebbe
a
sopravvivere
se
si
permettesse ai paesi membri di scegliere a
quali obblighi dell'Unione siano disposti a
conformarsi. Ma sembra inevitabile che, in
un aggregato eterogeneo di Stati membri,
alcuni possano desiderare di procedere più
speditamente di altri. I primi vorranno
consolidare le politiche comuni concordate
a livello dell'Unione e i risultati raggiunti, e
perseguire obiettivi più ambiziosi. Di
conseguenza aspireranno a intensificare la
cooperazione tra loro. Si tratta di
un'evoluzione legittima e indispensabile al
tempo stesso.
In mancanza di una possibilità del genere,
gli Stati membri tenderanno a cooperare al
di fuori dell'Unione (Schengen) o al di fuori
del quadro istituzionale dell'Unione (Euro
11). Soluzioni di questo tipo incidono
sull'equilibrio istituzionale dell'Unione e
privano gli Stati membri, oltre ai loro
cittadini, delle garanzie democratiche e
giudiziarie
offerte
da
un
quadro
istituzionale.
In nessun caso la flessibilità è rivolta contro
i paesi candidati e può costituire un
ostacolo alla loro adesione. Al contrario, i
negoziati di adesione potranno procedere
più speditamente se su alcune delle
questioni
più
spinose
si
istituirà
concretamente
una
maggiore
cooperazione. Il principio secondo cui le
iniziative in materia di flessibilità sono
aperte a tutti gli Stati membri che
soddisfano i requisiti necessari è sempre
stata la norma nell'Unione europea.
Se necessario, questo principio andrà
ribadito.
Occorre vagliare la rappresentatività delle
istituzioni europee nelle relazioni esterne e
adoperarsi per migliorarla. Per vari decenni
la capacità di figurare fra i massimi
protagonisti sulla scena mondiale è stata
uno dei fattori trainanti dell'integrazione
europea. La spinta alla globalizzazione
accresce questa aspirazione. Una Unione
europea allargata avrà più di oggi la
capacità - e si spera che ne avrà anche la
volontà - di attestarsi tra i principali
protagonisti dell'economia mondializzata.
Essa dovrebbe veramente impegnarsi nel
perseguimento
di
questo
obiettivo
prioritario.
2.2 Proposte
2.2.1 La Commissione
Dalla conclusione dei negoziati per il
trattato di Amsterdam, è stato raggiunto un
consenso implicito sul fatto che il numero di
commissari europei crescerà a mano a
mano che nuovi paesi aderiranno. Per
motivi comprensibili, la massima parte degli
Stati membri non accetta l'ipotesi di una
Commissione nella quale il loro paese non
sia rappresentato. La Commissione, però,
non è e non deve diventare un'assemblea
di delegati nazionali. Si tratta di
un'istituzione europea di grande originalità,
cui spetta il compito cruciale di avviare il
processo decisionale e di gestire le
politiche adottate. Essa ha quindi bisogno
di continuare a essere efficiente, operativa
e soprattutto rispettata. Il gruppo è del
parere che per salvaguardare queste
caratteristiche in un organo numeroso, sia
fondamentale rafforzare l'autorità del
presidente e definire in modo più incisivo la
responsabilità individuale dei singoli
commissari. La CIG dovrebbe affrontare
questi due aspetti, oltre a definire le
dimensioni e la composizione della
Commissione,
conformemente
alle
richieste del Consiglio europeo.
L'autorità
del
presidente
della
Commissione è stata accresciuta dal
trattato di Amsterdam. Il gruppo ritiene che,
per permettere al presidente di dirigere
efficacemente un numero maggiore di
commissari, sarebbe opportuno estendere
ulteriormente i suoi poteri. Egli dovrebbe
avere la possibilità di incidere più
concretamente sulla nomina e sulla
selezione dei commissari.
Dovrebbe
inoltre disporre dell'autorità esplicita di
organizzare, coordinare e guidare il lavoro
dell'istituzione.
Avvenimenti recenti hanno sollevato il
problema della responsabilità individuale
dei commissari e del modo in cui questa
possa conciliarsi con la responsabilità
collettiva della Commissione. Il presidente
Prodi ha affrontato la questione in modo
informale, chiedendo in anticipo ai
commissari l'impegno a dimettersi qualora
egli lo reputi necessario. Il gruppo è del
parere che questa intesa informale
andrebbe formalizzata nel trattato, per
corroborare l'autorità del presidente, pur
nel rispetto del carattere collegiale della
Commissione. Ciò contribuirebbe a fare
chiarezza
sui
poteri
rispettivi
del
Parlamento e del presidente della
Commissione, per quel che riguarda il
modo in cui i commissari svolgono la loro
funzione e il loro mantenimento in carica.
2.2.2 Votazione a maggioranza
qualificata
Va da sé che per salvaguardare l'efficienza
del processo decisionale, la votazione a
maggioranza qualificata dovrà essere la
norma in un'Unione allargata. Se si chiede
l'unanimità, il rischio di bloccaggio aumenta
proporzionalmente al numero e alla
diversità dei partecipanti. D'altro canto, la
stessa esperienza della Comunità mostra
che la votazione a maggioranza qualificata
imprime
dinamismo
al
processo
decisionale e permette di raggiungere un
consenso, anche se solo di rado si procede
a una votazione.
Il ricorso alle votazioni a maggioranza
andrebbe naturalmente generalizzato per
le questioni comunitarie, ovvero per il primo
pilastro, ma esso è rilevante anche per gli
altri due pilastri. I tre aspetti evidenziati
nelle conclusioni del Consiglio europeo
(maggiore ricorso alle votazioni a
maggioranza,
ridefinizione
della
ponderazione dei voti, soglia della
maggioranza qualificata) sono legati tra
loro. Qualsiasi soluzione dovrà essere
calcolata e dosata opportunamente, per
migliorare
la
capacità
decisionale
dell'Unione.
Nei casi in cui si vota a maggioranza
qualificata
su
questioni
legislative
nell'ambito del primo pilastro, il gruppo è
del parere che il Parlamento dovrebbe
disporre del potere di codecisione. Il
maggiore
ricorso
alle
votazioni
a
maggioranza qualificata in questo campo
dovrebbe
quindi
comportare
contestualmente
un'estensione
della
procedura di codecisione. Si tratta di una
garanzia di democraticità, che si addice in
modo particolare a un'Unione più allargata
e quindi potenzialmente più remota. In tal
modo
si
contribuirebbe
anche
all'auspicabile
semplificazione
e
trasparenza delle procedure decisionali.
2.2.3 Ridefinizione della ponderazione
dei voti
Il gruppo riconosce che il prossimo
allargamento a un gran numero di paesi
piccoli o medi richiede che la ponderazione
dei voti degli Stati membri nel processo
decisionale venga riveduta. La questione
assume una rilevanza politica non meno
che simbolica, ma il gruppo ritiene che non
gli sia stato conferito un mandato per
formulare proposte specifiche al riguardo.
2.2.4 Il Consiglio
Il Consiglio è al centro del processo
decisionale dell'Unione. Praticamente tutti i
governi
e
gli
osservatori
esterni
riconoscono che il suo funzionamento non
è soddisfacente e che, se non
intervengono cambiamenti, l'aumento del
numero di paesi membri è destinato a
minare
ulteriormente
l'efficienza
dell'istituzione.
Sono state formulate molte proposte di
riforma,
compresa
una
importante
presentata dal segretario generale del
Consiglio (rapporto Trumpf-Piris). La
maggior parte di queste proposte, come
quella di procedere a una riduzione
significativa del numero di formazioni del
Consiglio o quella di istituire un efficace
meccanismo di coordinamento tra i vari
Consigli, non richiedono alcuna modifica
dei trattati e il gruppo è persuaso che
bisognerebbe cercare attivamente di
realizzarle
contestualmente
allo
svolgimento della CIG.
Tuttavia, col tempo potrebbe risultare
necessario modificare i trattati per ridefinire
ad esempio il ruolo della presidenza, o per
chiarire la distinzione tra le funzioni
legislative e quelle esecutive del Consiglio.
Modifiche
del
genere
potrebbero
contribuire a rendere il funzionamento del
Consiglio più efficiente e più comprensibile
per l'opinione pubblica. La possibilità di
introdurre cambiamenti di questo tipo
dovrebbe restare aperta.
2.2.5 Il Parlamento
L'articolo 189 del trattato che istituisce la
Comunità europea limita a 700 il numero di
membri del Parlamento europeo. Questa
disposizione
mette
effettivamente
il
Parlamento al riparo da un'inflazione
numerica in seguito all'allargamento.
Sarebbe però opportuno stabilire un regola
- prima che il problema diventi troppo
complesso - sul modo di ripartire i seggi tra
gli Stati membri quando il limite massimo
sarà raggiunto.
Proposte formulate in altra parte del
presente
rapporto
suggeriscono
di
potenziare la funzione legislativa del
Parlamento estendendo il ricorso alla
procedura di codecisione.
Da parte sua, al pari delle altre istituzioni, il
Parlamento dovrebbe riesaminare i propri
metodi di lavoro, per ottimizzarne la
trasparenza.
2.2.6 Altre istituzioni
Un incremento del numero di Stati membri
genera
problemi
di
dimensione,
organizzazione ed efficienza in varie
istituzioni. Ciò vale ad esempio per la Corte
di giustizia, la Corte dei conti e il Comitato
delle regioni. Il gruppo non desidera
esaminare distintamente il caso di ciascuna
istituzione, ma ritiene che gli Stati membri
dovrebbero tenere nel debito conto le
proposte
formulate
dalle
istituzioni
medesime (come nel caso della Corte di
giustizia) o da comitati indipendenti (per
esempio
dal
Comitato
di
esperti
indipendenti riguardo alla riforma della
Commissione, il quale ha proposto di
insediare un pubblico ministero europeo).
2.2.7 Relazioni esterne
Sotto il profilo giuridico, attualmente una
rappresentanza specifica degli interessi
europei in negoziati globali è garantita solo
se le trattative vertono su scambi
commerciali (come nel caso dell'Uruguay
Round). La capacità giuridica della
Comunità di agire in quanto soggetto unico
in altre discussioni economiche e
finanziarie a livello mondiale resta da
definire; si tratta di una logica conseguenza
dell'integrazione economica e finanziaria.
Pertanto, il problema della rappresentanza
esterna dell'Unione, in settori quali il
commercio di servizi o le questioni
monetarie internazionali, va riesaminata
nell'ambito della CIG, che dovrà discutere
anche
della
personalità
giuridica
dell'Unione.
2.2.8 Flessibilità
Il trattato di Amsterdam ha incorporato nel
diritto
comunitario
il
concetto
di
cooperazione rafforzata. Il gruppo è
consapevole del fatto che finora sono
mancati sia il tempo che le occasioni per
un'attuazione concreta delle disposizioni
corrispondenti, ed è probabilmente troppo
presto per formulare un giudizio sul loro
funzionamento. Il gruppo si rende però
anche conto del fatto che molti osservatori,
all'interno non meno che all'esterno delle
istituzioni, considerano che le disposizioni
del trattato siano così complesse e
soggette a tali e tanti criteri e condizioni, da
risultare inoperanti. Data la crescente
rilevanza della flessibilità istituzionale in
una Unione allargata, e dato che le
disposizioni del trattato in questo campo
possono contribuire direttamente ad
agevolare l'allargamento, il gruppo è del
parere che esse vadano riesaminate.
Dovrebbe essere possibile decidere l'avvio
di una cooperazione del genere a
maggioranza qualificata - o superqualificata
-, senza possibilità di veto da parte di
alcuno Stato membro, nel rispetto tuttavia
degli interessi dei paesi che non
partecipano. La politica estera e di
sicurezza comune dovrebbe essere inclusa
nell'ambito della cooperazione rafforzata.
Questo processo dovrebbe restare aperto
per tutti gli Stati membri che soddisfano i
requisiti necessari. Il presupposto dovrebbe
continuare a essere che la flessibilità è un
modo per consolidare e rafforzare il
patrimonio di realizzazioni dell'Unione, non
per allentare i legami che vincolano gli Stati
membri.
2.3 Attuazione
Dati i tempi ristretti a disposizione, l'Unione
dovrebbe trarre insegnamento dalle
esperienze precedenti e impegnarsi a
fondo per accelerare il processo di
negoziato. L'ultima CIG venne aperta dal
Consiglio europeo di Torino il 29 marzo
1996, il primo progetto di proposta di
modifiche del trattato è stato presentato ai
delegati nove mesi dopo (5 dicembre
1996), e sono stati necessari altri sei mesi
per raggiungere un accordo (17 giugno
1997).
Il gruppo è del parere che la CIG potrebbe
avviare i lavori con un progetto di trattato
sul tavolo. In base alle esperienze passate,
ciò permetterebbe di dimezzare la durata
della conferenza. In pratica, tutti i problemi
evocati nella presente sezione sono stati
discussi nel corso dei negoziati per il
trattato di Amsterdam e da allora hanno
continuato a suscitare numerosi contributi
di esperti. La Commissione, nella sua veste
di rappresentante dell'interesse collettivo
dell'Unione, ha sempre avuto il diritto di
presentare proposte alle conferenze
intergovernative. In passato, essa, si è
generalmente avvalsa di questa facoltà con
una certa cautela. Date però l'urgenza e la
portata delle riforme, e tenuto conto delle
ampie discussioni già intervenute, il gruppo
ritiene che la Commissione dovrebbe
presentare
proposte
complete
e
complessive, sotto forma di progetto di
trattato,
all'atto
dell'apertura
della
conferenza. Nelle circostanze attuali, la
Commissione ha l'obbligo preciso di
avvalersi interamente del suo diritto di
sottoporre proposte alla conferenza
intergovernativa. Va da sé che la
Commissione dovrebbe lavorare in stretto
contatto con le altre istituzioni dell'Unione
prima di formulare queste proposte.
Come chiarito in precedenza, il gruppo è
perfettamente consapevole del fatto che
molti problemi che le istituzioni hanno di
fronte possono essere risolti senza
modifiche del trattato. Vi sono però
problemi per i quali questa considerazione
non vale e proprio su questi, alla luce del
mandato ricevuto, il gruppo ha voluto
concentrare il proprio rapporto. Gli
adattamenti da introdurre nella prospettiva
dell'allargamento
sono
estremamente
importanti e andrebbero visti in un'ottica
unitaria, a prescindere dal fatto che esso
richieda o no modifiche del trattato. Sia
presso il Consiglio che presso la
Commissione sono in corso procedure di
riforma interna, dettate in gran parte dalla
prospettiva dell'allargamento. Il gruppo
ritiene che le discussioni della CIG e le
riforme che non richiedono modifiche del
trattato andrebbero condotte in parallelo,
quale parte di un medesimo sforzo e con le
stesse scadenze. Esso rileva che molti
cambiamenti contrastano con le pratiche
consolidate da tempo e con interessi
costituiti. Considerate queste difficoltà, il
Consiglio europeo dovrebbe conferire un
mandato esplicito e chiedere un pacchetto
di riforme significative che non necessitino
modifiche del trattato da approvare entro il
prossimo anno, unitamente ai risultati della
CIG, per rendere effettiva una riforma
generale.
3. Riorganizzazione dei testi dei trattati
3.1 Motivi che rendono necessario un
cambiamento
Il gruppo ritiene necessario cambiare in
modo fondamentale la procedura che in
futuro dovrà permettere di modificare i testi
legislativi che attualmente si presentano
sotto forma di trattato. Per permettere
questo
cambiamento
occorrerà
preventivamente distinguere la natura delle
disposizioni nei trattati attuali.
Negli ultimi dieci-quindici anni, l'Unione ha
vissuto un processo permanente di
modifica dei trattati. Non vi è stato
momento in cui non si stesse preparando,
negoziando o ratificando l'una o l'altra
modifica. Al riguardo, la situazione attuale
è emblematica: il trattato di Amsterdam è
entrato in vigore il 1° maggio, e il 4 giugno
il consiglio europeo di Colonia ha deciso la
convocazione di una nuova Conferenza
intergovernativa.
Un processo permanente di revisione dei
trattati è fonte di difficoltà politiche in molti
degli
attuali
Stati
membri.
Esso
contribuisce ad alimentare un senso di
incertezza del diritto, nonché il timore di
continui nuovi interventi e di un progressivo
accentramento - timore che, a torto o a
ragione, è diffuso in settori rilevanti della
pubblica opinione. Non è possibile
continuare su questa via in un'Unione
allargata e aspettare che ogni modifica dei
trattati passi per le procedure di ratifica di
25 o più sistemi parlamentari, con
prevedibili ritardi e frustrazioni, oltre ai
rischi di completa paralisi.
3.2 Proposte
Il gruppo suggerisce che i testi dei trattati
attuali vengano divisi in due parti distinte.
 La parte fondamentale del trattato
enuncerà solo le finalità, i principi e gli
orientamenti di politica generale, i diritti
dei cittadini e il quadro istituzionale.
Queste disposizioni, come avviene
attualmente,
potrebbero
essere
modificate solo all'unanimità, mediante
una CIG e previa ratifica da parte di
ciascuno Stato membro. È probabile che
modifiche del genere sarebbero poco
frequenti.
 In un testo distinto (o in vari testi)
figurerebbero le altre disposizioni degli
attuali trattati, comprese quelle relative a
politiche specifiche. Queste disposizioni
potrebbero essere modificate con una
decisione
del
Consiglio
(che
delibererebbe a una nuova maggioranza
superqualificata o all'unanimità, a
seconda degli argomenti) e con
l'assenso del Parlamento europeo
(eventualmente con una maggioranza
speciale).
Un cambiamento del genere presenterebbe
vari vantaggi:
 ridurrebbe
notevolmente
l'attuale
bisogno di modificare incessantemente i
trattati europei;
 renderebbe la struttura istituzionale di
base più perspicua, più comprensibile
per l'opinione pubblica;
 introdurrebbe una procedura di revisione
basata, almeno in parte, su una forma di
votazione
a
maggioranza,
con
l'intervento del Parlamento europeo.
3.3 Attuazione
Su questo argomento è già stato condotto
un lavoro preliminare rilevante, in
particolare presso l'Istituto universitario
europeo di Firenze. Esistono progetti che
mostrano come si potrebbe procedere a
una divisione del genere.
L'impostazione suggerita dal presente
rapporto non provocherebbe quindi indebiti
ritardi. La Commissione potrebbe dare
mandato all'Istituto europeo affinché ultimi
il suo lavoro, in cooperazione con i servizi
giuridici del Consiglio, della Commissione e
del Parlamento. Ciò permetterebbe di
chiarire i termini della discussione e di
dimostrare la fattibilità e l'interesse di una
riorganizzazione dei testi dei trattati. Fin
dall'inizio dei suoi lavori la CIG potrebbe
allora disporre di un progetto concreto
quale
base
di
negoziato
se,
conformemente alla proposta del gruppo,
deciderà di procedere in questo modo.
4. Difesa
Il mandato affidato al gruppo verteva
chiaramente sulla riforma istituzionale,
motivo per cui esso si è astenuto dal
formulare proposte di altra natura. È però
pacifico che la prossima CIG non opererà
in una situazione di vuoto politico.
La dichiarazione adottata dal Consiglio
europeo di Colonia sul rafforzamento della
politica comune europea in materia di
sicurezza e di difesa raccomanda che
vengano presi nuovi provvedimenti di
rilievo. Essa chiede che al Consiglio venga
conferito il potere di prendere decisioni su
tutte le misure atte a prevenire un conflitto
e a gestire una crisi. Ciò presuppone che si
sviluppi una capacità di azione autonoma,
sostenuta da una forza militare credibile. Il
Consiglio europeo vuole altresì che
nell'Unione europea vengano integrate
funzioni dell'UEO. Quest'ultima, in quanto
organizzazione, a quel punto diventerebbe
superflua. Si tratta di nuove iniziative di
grande rilievo, che denotano un alto grado
di ambizione da parte del Consiglio
europeo e che presentano inoltre una
elevata visibilità nei confronti dell'opinione
pubblica.
La data fissata per completare l'attuazione
di questa dichiarazione è la stessa
impartita come termine per la CIG, vale a
dire la fine del 2000.
Tenuto conto di questa coincidenza
temporale, del carattere di urgenza e
dell'estrema importanza di una politica di
difesa europea, il gruppo ritiene che tale
questione non possa essere ignorata nella
prossima CIG. Si tratta di una problematica
di fondamentale rilievo per il futuro
dell'Europa e per lo sviluppo dell'Unione
europea. Saranno necessarie nuove intese
istituzionali; esse dovrebbero collimare con
il quadro istituzionale unico dell'Unione e
non portare alla creazione di un quarto
pilastro. L'articolo 17 del trattato sull'Unione
europea lascia un certo margine per
integrare l'UEO nell'Unione stessa senza
dover modificare il trattato. Nondimeno è
possibile che delle modifiche siano
necessarie e in tal caso dovrebbero essere
discusse in sede di CIG.
Conclusione
La prossima conferenza intergovernativa
dovrebbe
definire
una
strategia
complessiva per la riforma istituzionale,
che comprenda una riorganizzazione degli
attuali trattati.
Innanzi tutto perché l'impostazione in due
tempi prevista dal protocollo allegato al
trattato di Amsterdam è stata superata dal
modo in cui il processo di adesione si è
ampliato e accelerato. Secondariamente,
perché le questioni individuate nelle
conclusioni
di
Colonia
presentano
implicazioni che travalicano gli aspetti
specifici enunciati. In terzo luogo, perché in
un futuro prevedibile non è dato scorgere
un momento più propizio per procedere al
tipo di riforma istituzionale che una Unione
allargata manifestamente richiede.
Questa riforma può, e deve, essere
negoziata nel corso del prossimo anno e
sfociare in un pacchetto di riforme
fondamentali e complessive da approvare
durante la presidenza francese. Può
sembrare una sfida formidabile, ma il
gruppo è del parere che sia possibile
fronteggiarla se il processo di negoziato
verrà adeguato alla luce delle esperienze
precedenti, in particolare facendo tesoro
degli insegnamenti ricavati dal negoziato
del trattato di Amsterdam.
Come indicato nel rapporto, il gruppo
ritiene che all'avvio dei negoziati sia
possibile mettere sul tavolo un progetto di
proposta di modifica dei trattati. Questo
progetto dovrebbe tener conto delle
discussioni intervenute nel corso dei
negoziati di Amsterdam e delle riflessioni
proseguite successivamente, sia all'interno
delle istituzioni che negli ambienti
accademici. Esso dovrebbe coniugare
ambizione e realismo. Su questa base, un
negoziato avviato all'inizio del 2000 e
condotto con grande determinazione
politica, potrebbe perfettamente approdare
a una riforma complessiva entro la fine
dell'anno.
Certo si tratta di un obiettivo ambizioso;
l'allargamento costituisce però una sfida di
portata storica e di fondamentale rilevanza,
ma anche irta di difficoltà, sia per l'Unione
sia per i paesi candidati. In questa fase
cruciale del proprio sviluppo,
l'Unione
europea dovrebbe mirare in alto e
mostrarsi
all'altezza
della
sfida,
formulando ambizioni di ampio respiro.
Documento 3
La riforma istituzionale al
servizio dell’allargamento
Contributo della Commissione europea alla
preparazione della conferenza intergovernativa sulle
questioni istituzionali (18 novembre 1999)
Comunicazione del Presidente e del Sig. Barnier
SOMMARIO
Introduzione
Le implicazioni della prossima
conferenza intergovernativa
I. Come funzionare bene pur essendo in
tanti
1. L’iter decisionale
2. L’evoluzione dei trattati
3. La rappresentanza degli Stati in seno al
Consiglio
4. Le altre istituzioni e gli organi consultivi
dell’Unione
5. Il funzionamento delle istituzioni
II. Prevenire la frammentazione
1. Portare avanti l’integrazione
2. Rafforzare la coesione
III. Proseguire la costruzione politica
dell’Europa
Metodo di lavoro
Preparare i negoziati
Coinvolgere il Parlamento europeo
Avviare la concertazione con i paesi
candidati
Conclusione : una vera riforma per una
nuova era.
La prossima fase della revisione dei trattati
prenderà il via agli inizi dell’anno 2000. In
quell’occasione,
la
Commissione
presenterà il parere che essa deve
emettere a norma dell’articolo 48 del
trattato sull’Unione europea. In previsione
della riunione del Consiglio europeo che si
terrà a Helsinki il 10-11 dicembre 1999, la
Commissione desidera recare il proprio
contributo alla relazione che la Presidenza
elabora in questo momento.
A questo scopo essa si fonda sull’impegno
assunto lo scorso 21 luglio, dinanzi al
Parlamento europeo, dal Presidente
designato della Commissione europea. Il
sig. Prodi si era infatti espresso a favore di
una riforma istituzionale che prepari
efficacemente
l’Unione
europea
ad
accogliere nella sua compagine un gran
numero di nuovi Stati membri ed aveva
manifestato l’intenzione di consultare in
proposito alcune personalità politiche di
spicco ; queste hanno presentato alla
Commissione, il 18 ottobre, la relazione
intitolata Le implicazioni istituzionali dell’
allargamento4 .
4
Rapporto alla Commissione europea dei sigg. Dehaene,
von Weizsäcker e Lord Simon.
Introduzione
L’adesione di nuovi Stati membri
rappresenta il grande progetto politico
dell’inizio del XXI° secolo.
Questo
progetto, la cui portata non ha precedenti,
induce a riflettere sul funzionamento delle
istituzioni europee. Come lavorare, come
decidere con una trentina di Stati membri ?
E’ una domanda che si pone per l’insieme
delle istituzioni e che richiede risposte di
vario genere.
Atto politico importante e complesso,
l’allargamento mobiliterà tutte le forze
dell’Unione europea e avrà molteplici
risvolti e conseguenze, non solo a livello
istituzionale, ma anche nella conduzione
pratica delle politiche europee e nel ruolo
che l’UE sarà chiamata a svolgere sulla
scena mondiale. L’Unione ne uscirà
trasformata e – ci auguriamo – rafforzata.
La Commissione è convinta che tutte le
risposte vadano cercate e trovate
nell’ambito
della
nuova
conferenza
intergovernativa, la quale dovrebbe
essere convocata al più presto possibile
agli inizi del 2000.
Il 13 ottobre la Commissione ha approvato
una serie di relazioni sui progressi compiuti
da
ciascuno
dei
paesi
candidati
all’adesione. Il documento di sintesi5 invita
a
confermare
risolutamente
la
prospettiva di aprire negoziati con tutti i
paesi candidati, i quali entrerebbero a
far parte dell’Unione non appena
saranno
pronti.
La
Commissione
raccomanda pertanto al Consiglio di
concludere che « il processo di riforma
istituzionale deve svolgersi in modo tale
che i sostanziali adeguamenti richiesti
come presupposto indispensabile dell’
allargamento siano attivati entro il 2002 ».
La Commissione invita inoltre il Consiglio a
« impegnarsi affinché nel 2002 l’ Unione
europea sia in grado di prendere una
decisione in merito all’ adesione dei paesi
candidati che rispondano a tutti i requisiti
necessari ».
Questa raccomandazione tiene conto dei
cambiamenti registrati in questi ultimi due
anni : la moneta unica, divenuta ormai
realtà ; i progressi di alcuni dei paesi
candidati e, per la totalità di essi, l’esigenza
di ottenere una garanzia inoppugnabile
quanto al fatto che l’Europa si dispone ad
accoglierli.
Se quest’orientamento prevarrà – come
auspica la Commissione – sarà giocoforza
constatare che il panorama politico è
mutato e trarne le debite conseguenze :
l’Unione europea deve prepararsi sin d’ora
a veder quasi raddoppiato il numero dei
suoi membri. La distinzione operata ad
Amsterdam6 tra un adeguamento
limitato ed una riforma più vasta è ormai
superata. Dal 2002 in poi, l’Europa entrerà
in un processo di allargamento che durerà
diversi anni.
Davanti
a
questa
prospettiva,
è
praticamente
impossibile
rimandare
ulteriormente le riforme necessarie.
Un’altra eventuale conferenza, sulla scia
della prima, non farebbe altro che
moltiplicare i rischi : quello di rinviare alla
seconda conferenza le difficoltà incontrate
nel corso della prima ; quello di considerare
la
seconda
come
una
premessa
supplementare all’allargamento; quello,
infine, di scontrarsi con la crescente
incomprensione da parte degli Stati membri
e dei paesi candidati nei riguardi di
un’Europa istituzionale perennemente in
cantiere.
Al termine della prossima conferenza
intergovernativa, l’Unione europea non
potrà permettersi di portare avanti
contemporaneamente l’allargamento e la
riflessione sul proprio sistema istituzionale.
Sono ormai quasi quindici anni che
l’Unione continua a ritoccare le sue
strutture interne : Atto unico, Maastricht,
6
5
COM(500) def. del 13 ottobre 1999
Protocollo sulle istituzioni nella prospettiva
dell'allargamento dell'Unione europea
Amsterdam, ed ora la preparazione della
prossima
riforma.
Quest’ultima
dev’essere una condizione preliminare
per l’allargamento, ma deve anche
stabilizzare in modo duraturo il sistema
istituzionale europeo.
E’ quindi indispensabile che la prossima
conferenza sfoci in un’autentica riforma
entro la fine del 2000, in modo da lasciare il
tempo necessario per le ratifiche prima
dell’allargamento. Altrettanto indispensabile
è realizzare le riforme istituzionali che
occorrono per far funzionare un’Unione
così
sostanzialmente
allargata.
La
Commissione
esprime
la
propria
convinzione secondo cui è possibile
attuare entro la fine del 2000 una riforma
istituzionale profonda ed efficace, se
questa poggia su una volontà politica
sufficientemente ferma.
Le implicazioni della prossima
conferenza intergovernativa
Il
mandato
della
conferenza
intergovernativa è stato così definito al
Consiglio europeo
di Colonia (3-4 giugno 1999)7:
- dimensioni e composizione della
Commissione europea;
- ponderazione dei voti in sede di Consiglio
(nuova ponderazione, introduzione
di una doppia maggioranza, soglia per le
decisioni a maggioranza qualificata);
- questione dell'eventuale estensione delle
votazioni a maggioranza qualificata
in sede di Consiglio.
Potrebbero inoltre essere discusse le altre
modifiche del trattato relative alle istituzioni
europee, che dovessero essere necessarie
in
connessione
con
le
questioni
7
Paragrafo 53 delle conclusioni della presidenza.
soprammenzionate
e
nel
corso
dell'attuazione del trattato di Amsterdam.
In questo spirito, la Commissione
raccomanda che la prossima conferenza
intergovernativa
si
focalizzi
sulle
questioni istituzionali. Per trovare
soluzioni valide e durature in questo
campo,
bisogna
concentrarsi
esclusivamente su tali questioni, lasciando
da parte le politiche comuni, che non
dovrebbero quindi essere discusse nel
merito in questa sede. Lo scopo
dell’imminente riforma non sarà quello di
modificare gli equilibri istituzionali o di
estendere la sfera di competenze, fatta
eccezione per il dibattito in corso – di
estrema importanza per il peso politico
dell’Unione – su una politica europea in
materia di sicurezza e difesa, le cui
eventuali conseguenze sulle istituzioni
dovranno, a suo tempo, tradursi in
opportune modifiche del trattato.
Inoltre, la Commissione ritiene che sia
questo il momento di effettuare le
necessarie riforme istituzionali. Come si
può pensare, infatti, di realizzare con
una trentina di Stati membri ciò che non
si è potuto ottenere in quindici ad
Amsterdam o che non si vuole
affrontare oggi ? Sarà certamente più
facile trattare gli argomenti già identificati
ad Amsterdam e a Colonia se tali
problematiche, scottanti e prioritarie per la
conferenza
intergovernativa,
saranno
inquadrate in una visuale politica più
ampia, cioè i preparativi per l’allargamento
e il necessario adeguamento delle
istituzioni europee in questa prospettiva.
La riforma appare tanto più necessaria oggi
in quanto, dopo l’allargamento, l’Unione
dovrà essere capace di approfondire il
proprio progetto e di consolidare la
costruzione europea con quelli che
saranno diventati i suoi nuovi Stati membri.
E’ dunque nell’interesse di questi ultimi,
oltre che dell’Unione, che le riforme
vengano introdotte quanto prima possibile
e in forma imparziale.
L’allargamento avrà essenzialmente due
ordini di conseguenze sul funzionamento
dell’Unione : un effetto numerico ed un
effetto di frammentazione, dal momento
che un’Europa allargata rischia di diventare
meno coerente e meno forte. Il sistema
istituzionale deve prepararsi ad affrontare
queste due conseguenze.
I. Come funzionare bene pur essendo in
tanti
Il semplice accrescimento numerico della
compagine
europea
rende
automaticamente più lento e complesso
l’iter decisionale. Una prima reazione
consiste nell’applicare scrupolosamente il
principio della sussidiarietà, iscritto nei
trattati.
Al momento di agire, l’Unione dev’essere in
grado di esplicare un’azione efficace. Con
una trentina di Stati membri, sarà sempre
più difficile raggiungere l’unanimità. Inoltre,
potremo essere certi che i trattati
seguiranno con la loro evoluzione gli
ulteriori sviluppi dell’Unione ? Come fare
perché
le
decisioni
del
Consiglio
rappresentino
meglio
gli
equilibri
demografici ? Come devono essere
composte le altre istituzioni per poter
continuare a svolgere correttamente la loro
funzione malgrado l’aumento degli Stati
membri ? E in che modo si dovranno
adattare le modalità di funzionamento delle
istituzioni in generale ?
Alcuni di questi interrogativi sono legati tra
loro : sarà più facile estendere il campo
della maggioranza qualificata se si procede
parallelamente ad una riponderazione
equilibrata dei voti degli Stati membri in
seno al Consiglio.
Non tutti questi fattori richiedono una
revisione dei trattati ; tutti, però, devono
essere esaminati come elementi di una
stessa problematica, quella del buon
funzionamento delle istituzioni in
un’Europa allargata. L’equilibrio tra gli
Stati membri è una componente essenziale
delle riforme, secondo lo spirito originario
dei trattati che prefigurava non solo
un’Unione di Stati, ma anche un’Unione di
popoli.
1. L’iter decisionale
Il Consiglio europeo di Colonia ha invitato
la futura conferenza intergovernativa a
prospettare l’eventualità di un’estensione
del voto a maggioranza qualificata in
sede di Consiglio. Il trattato di Amsterdam
ha già consentito progressi significativi, ma
il raddoppio o quasi del numero di Stati
membri esige uno sforzo molto più
sostanziale in tal senso, dato che la
diversità d’interessi assumerà ben presto
proporzioni tali da rischiare di bloccare
facilmente i meccanismi dell’Unione..Si
dovrebbe quindi riesaminare l’insieme delle
decisioni che vengono tuttora prese
all’unanimità, partendo dal principio che,
dopo l’allargamento, una decisione per la
quale fosse ancora richiesta l’unanimità
avrebbe statisticamente poche probabilità
di essere adottata. La deliberazione a
maggioranza qualificata deve quindi
diventare la regola e l’unanimità rimanere
un’eccezione, strettamente limitata a certe
questioni
realmente
fondamentali
o
politicamente molto delicate. A titolo
d’esempio
puramente
indicativo,
la
maggioranza qualificata potrebbe essere
estesa, in base a questo principio, ai
seguenti campi :
– le quattro disposizioni del trattato in cui la
procedura di codecisione coesiste con
l’unanimità8
devono
passare
alla
maggioranza qualificata, in modo da
preservare l’utilità della codecisione;
8
Trattato che istituisce la Comunità europea : articolo 18,
paragrafo 2 (facilitazione del diritto di ogni cittadino
dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente),
articolo 42 (coordinamento della sicurezza sociale dei
lavoratori), articolo 47, paragrafo 2, seconda frase
(coordinamento delle legislazioni relative all’accesso alle
attività non salariate e al loro esercizio, quando esso
comporti una modifica dei vigenti principi legislativi del
regime delle professioni, per quanto riguarda la
formazione e le condizioni di accesso delle persone
fisiche) e articolo 151 (cultura).
– in esito al Consiglio europeo di Tampere,
occorre prendere atto della volontà dei capi
di Stato e di governo di addivenire nel più
breve tempo possibile a risultati concreti in
materia di giustizia e di affari interni.
Sarebbe quindi opportuno chiedersi in che
misura le vigenti disposizioni dei trattati
rispondono a questo obiettivo politico, in
particolare per quanto concerne lo spazio
di libertà, di sicurezza e di giustizia ;
– si dovrebbe deliberare a maggioranza
qualificata nel caso previsto all’articolo 133
del TCE, cioè quando si tratta di estendere
l’applicazione dei meccanismi della politica
commerciale comune a negoziati e accordi
internazionali su servizi e proprietà
intellettuale;
– talune deliberazioni in materia fiscale,
necessarie per il buon funzionamento del
mercato interno, nonché in materia di
politica sociale (art. 137 §3, art. 144),
ambiente (art. 175 §2), politica strutturale
(art. 159) potrebbero parimenti essere
effettuate a maggioranza qualificata,
eventualmente riformulando l’enunciato dei
pertinenti articoli del trattato.
Resta inteso che, per le questioni
d’ordine legislativo di competenza
comunitaria, la maggioranza qualificata
dovrebbe essere associata ad una
procedura di codecisione con il
Parlamento europeo. Come rilevava la
Commissione europea nel suo parere sulla
precedente conferenza intergovernativa,
ciò implica una definizione più chiara della
sfera legislativa. Una simile chiarificazione
faciliterebbe l’azione esecutiva sia a livello
comunitario che negli Stati membri,
promuovendo così la sussidiarietà.
2. L’evoluzione dei trattati
Nel
suo
parere
sulla
conferenza
9
intergovernativa
del
1996
,
la
Febbraio 1996 – parere della Commissione europea
sulla riunione della conferenza intergovernativa del 1996
prevista dal trattato di Maastricht.
Commissione aveva osservato che il
trattato contiene disposizioni di rilevanza
assai variabile per effetto di successive
aggiunte. Essa riteneva necessario che
talune disposizioni del trattato possano
essere modificate secondo un sistema
meno rigido di quello attualmente in vigore.
Dal canto suo, la relazione dei sigg.
Dehaene, von Weizsäcker e Lord Simon
suggerisce che i trattati siano strutturati in
due parti : da un lato i testi di base e
dall’altro i testi applicativi. Questi ultimi,
comprendenti
le
disposizioni
meno
fondamentali, potrebbero essere modificati
dal Consiglio (a maggioranza qualificata
rafforzata o all’unanimità) previo parere
conforme del Parlamento europeo.
Va peraltro osservato che il trattato CECA
contiene già, in certi casi e per talune
disposizioni
non
fondamentali,
una
procedura di revisione semplificata10 . In
materia di politica economica e monetaria,
il trattato prevede una procedura snellita
per la modificazione del protocollo sui
disavanzi eccessivi (art. 104 TCE).
L’allargamento porta necessariamente a
prospettare l’eventualità di modificare le
politiche comuni senza ratifica da parte dei
parlamenti nazionali e, in certi casi, senza
dover
deliberare
all’unanimità.
La
Commissione non sottovaluta la difficoltà
tecnica e politica di tale atto, che
dovrebbe rispettare la parità di diritto e
non comportare variazioni delle attuali
competenze
dell’Unione
o
della
Comunità. Nondimeno, la ristrutturazione
dei trattati, con l’introduzione di procedure
di revisione confacenti alla prospettiva di
un numero di Stati membri quasi doppio,
presenterebbe ovvi vantaggi per gli ulteriori
sviluppi della costruzione europea, in
quanto :
– permetterebbe di circoscrivere il trattato
di base alle disposizioni essenziali per
9
18 aprile 1951 – trattato che istituisce la Comunità
europea del carbone e dell’acciaio (articolo 95, paragrafi
2 e 3)..
10
l’Unione europea, rendendone più chiari gli
impegni, più leggibili le finalità e, in fin dei
conti, facendo di questo testo un migliore
strumento di democrazia;
– manterrebbe il carattere evolutivo dei
trattati. L’attuale procedura di una
conferenza le cui conclusioni, approvate
all’unanimità, devono essere sottoposte ai
procedimenti nazionali di ratifica diventerà,
dopo l’allargamento, troppo pesante per
adeguare le disposizioni congiunturali e
non essenziali dei trattati al mutare delle
esigenze.
La Commissione considera quest’idea
interessante
e
meritevole
di
approfondimento, tanto che essa intende
promuovere, a titolo esplorativo, una
riflessione in proposito sulla base degli
studi teorici già intrapresi.
Il primo passo dovrebbe essere quello
d’individuare, nei trattati, le disposizioni che
si prestano ad una procedura di revisione
semplificata. Si possono già trovare alcuni
esempi nei trattati odierni (art. 67 TCE sulla
modifica delle procedure decisionali in
materia di visti, asilo e immigrazione, art.
133 TCE sull’estensione a taluni settori dei
meccanismi della politica commerciale
comune). Le stesse modalità potrebbero
essere applicate anche ad altre questioni
non fondamentali.
3. La rappresentanza degli Stati in seno
al Consiglio
Mentre il Parlamento europeo, ai termini
del trattato, rappresenta i popoli degli Stati
riuniti nella Comunità
il Consiglio
rappresenta i governi democraticamente
eletti degli Stati membri. L’attuale equilibrio
istituzionale presuppone che le decisioni
del Consiglio siano più rappresentative del
peso relativo dei vari Stati membri
dell’Unione.
Lo spirito originario dei trattati fondatori va
salvaguardato e, se necessario, ripristinato
sotto questo rispetto.
I primi trattati disponevano che una
deliberazione a maggioranza qualificata
dovesse esprimere 12 dei 17 voti allora
attribuiti agli Stati membri, ossia il 70,5%
dei voti. Gli Stati meno popolati erano, in
certa misura, sovrarappresentati. Con la
successiva adesione di altri nove Stati, la
soglia della maggioranza qualificata si è
leggermente alzata e lo squilibrio
inizialmente voluto si è accentuato a
detrimento degli Stati più popolati : la
popolazione
minima
richiesta
per
raggiungere la maggioranza qualificata è
infatti passata dal 67% (Comunità a sei) o
persino 70% (Comunità a nove e a dieci) al
58% (quindici Stati membri). In previsione
dell’allargamento, occorrerà :
–
agevolare
la
decisionalità:
la
percentuale
di
voti
richiesta
per
raggiungere la maggioranza qualificata,
attualmente dell’ordine del 71%, potrebbe
essere eventualmente stabilizzata ad un
livello inferiore;
–
rafforzare
la
rappresentatività
democratica
delle
decisioni
del
Consiglio: oggigiorno, nella peggiore delle
ipotesi, una decisione può essere bloccata
da un gruppo di Stati che rappresenti il
12% della popolazione dell’Unione, mentre
può essere adottata da un gruppo di Stati
che rappresenti appena il 58% della
popolazione dell’Unione.
Se il trattato resta invariato, in un’Unione a
27 membri una decisione potrebbe essere
bloccata da un gruppo di Stati che
rappresenti il 10% della popolazione e
adottata da un gruppo di Stati che
rappresenti
appena
il
50%
della
popolazione dell’Unione.
Il dibattito sulla ponderazione dei voti in
seno al Consiglio dovrà tenere conto di
questi due aspetti e, inoltre, perseguire
l’obiettivo della semplicità..
4. Le altre istituzioni e gli organi
consultivi dell’Unione
Le disposizioni in materia istituzionale
contenute nei trattati devono essere
adattate in previsione dell’allargamento.
– Il Parlamento europeo : nei limiti fissati
dal trattato, si dovrà determinare il numero
di deputati eletti in ciascuno Stato membro
onde
assicurare,
conformemente
all’articolo 189 del trattato che istituisce la
Comunità europea, una rappresentanza
adeguata dei popoli degli Stati riuniti nella
Comunità.
– La Commissione : l’attuale sistema di
funzionamento della Commissione, con un
nuovo potere di orientamento politico
conferito al Presidente e deliberazioni
collegiali espresse a maggioranza
semplice
dei
membri
che
la
compongono, garantisce un equilibrio
essenziale che rischia di ribaltarsi in caso
di aumento del numero dei commissari. In
previsione dell’allargamento, è quindi
indispensabile
salvaguardare,
nel
contempo, la collegialità, l’efficacia e la
decisionalità di un’istituzione la cui
vocazione è quella di rappresentare con
assoluta indipendenza l’interesse generale
e di conciliare le diverse finalità dei trattati.
Si dovranno altresì mantenere le giuste
proporzioni tra il numero di portafogli
attribuiti e i compiti che spettano
effettivamente alla Commissione. Infine, la
responsabilità politica della Commissione,
che
rappresenta
un’importante
componente della sua legittimità, dovrà
essere integrata dall’impegno formale dei
commissari a dimettersi su espressa
richiesta del Presidente.
A prescindere dal diritto esclusivo
d’iniziativa che le è attribuito, la
Commissione dovrà presentare a suo
tempo raccomandazioni sul proprio sistema
di funzionamento atte a favorire una
capacità
decisionale
e
d’intervento
essenziale per la costruzione europea.
– La giurisdizione comunitaria : per non
compromettere
l’efficacia
della
giurisdizione comunitaria nella prospettiva
di un prevedibile aumento del carico di
lavoro, la composizione e il funzionamento
della Corte di giustizia e del tribunale di
primo grado dovranno essere adattati in
previsione dell’allargamento. A questo
scopo sarà utile rifarsi al documento di
riflessione elaborato dalla Corte in data 10
maggio 1999 e alle conclusioni del gruppo
di riflessione sul futuro della giurisdizione
comunitaria, istituito per iniziativa della
Commissione, d’intesa con la Corte11 . –
La composizione de la Corte dei conti
dovrebbe essere esaminata unicamente in
base al criterio del fabbisogno e
dell’efficenza di questa istituzione dopo
l’allargamento.
La questione numerica si porrà anche per il
Comitato economico e sociale ed il
Comitato delle regioni. Sarebbe auspicabile
limitare il numero dei membri di questi due
organi in modo che resti compatibile con le
esigenze di un funzionamento efficente.
Per quanto riguarda il Comitato economico
e sociale, sarebbe opportuno riflettere sul
modo in cui esso potrebbe rappresentare
meglio la società civile.
Inoltre, sarà opportuno potenziare la tutela
degli interessi finanziari della Comunità,
per esempio mediante l’istituzione di un
procuratore europeo o di qualunque altro
dispositivo atto a conferire una dimensione
giurisdizionale
comune
all’obbligo
incombente agli Stati membri di combattere
le frodi (art. 280 TCE).
5. Il funzionamento delle istituzioni
Oltre a ciò che richiede una revisione
dei trattati, si dovranno apportare
modificazioni
sostanziali
al
funzionamento delle istituzioni. Se già
adesso sono necessarie vaste riforme,
queste diventano indispensabili nella
prospettiva dell’allargamento.
– Il Parlamento europeo : come le altre
istituzioni, il Parlamento europeo dovrebbe
portare avanti risolutamente il riesame dei
11
Il 13 ottobre 1999 il gruppo ha presentato una relazione
interinale, trasmessa al Parlamento europeo e al
Consiglio ; la relazione definitiva è attesa per la fine di
gennaio 2000..
propri metodi di lavoro. E’ necessario
tradurre in atto le disposizioni del trattato
relative allo statuto e alle condizioni
generali di esercizio delle funzioni dei
parlamentari europei (art. 190 §5 TCE).
Come osserva la relazione Dehaene - von
Weizsäcker - Lord Simon,
sarebbe
auspicabile che i metodi operativi del
Parlamento europeo siano resi il più
possibile chiari e trasparenti. Infine, c’è da
augurarsi che siano portati a termine
quanto prima i lavori sulla procedura di
elezione dei parlamentari europei (art. 190
§4 TCE).
– Il Consiglio : in considerazione della sua
natura e del suo funzionamento, il
Consiglio rischia di essere l’istituzione più
duramente colpita dalle conseguenze
dell’allargamento. E’ in corso un ampio
dibattito sulla base della relazione
presentata nel marzo scorso dal Segretario
generale del Consiglio, nella quale viene
fatto il punto delle difficoltà attuali e
vengono avanzate numerose proposte. Vi
è evidenziata, in particolare, la necessità di
riforme e di trasparenza. La Commissione,
che ovviamente è interessata al buon
funzionamento del Consiglio, auspica che
tali riforme vengano introdotte quanto
prima possibile e intende collaborare
pienamente con il Consiglio per la loro
attuazione.
Una buona parte di queste riforme
potrebbe essere realizzata sin d’ora, anche
se non è escluso che taluni cambiamenti
più radicali richiedano una revisione dei
trattati.
– La Commissione si è impegnata in un
processo di riforma delle proprie strutture
interne : razionalizzazione dei servizi,
aggiornamento dei metodi operativi,
adeguamento
alle
esigenze
di
un’amministrazione trasparente. Queste
riforme, di cui si vedono già i frutti, ma la
cui completa attuazione richiederà ancora
diversi
anni,
dovrebbero
favorire
l’integrazione dei nuovi Stati membri..
II. Prevenire la frammentazione
Se si considera che, dopo l’allargamento,
le differenze – per non dire le disparità – tra
gli Stati membri saranno più marcate di
quanto lo siano oggi, si può facilmente
prevedere che l’Unione di domani diventerà
ancora meno omogenea. Ciò non deve,
tuttavia, portare ad un rallentamento del
ritmo
d’integrazione,
né
ad
un
indebolimento della coesione interna
dell’Unione europea.
1. Portare avanti l’integrazione
Il trattato di Amsterdam ha sancito la
legittimità di certe forme di cooperazione
tra gli Stati membri, nei limiti del quadro
istituzionale vigente, per oltrepassare il
livello
d’integrazione
già
raggiunto
dall’insieme dell’Unione. La portata del
prossimo allargamento giustifica l’esigenza
di rendere operanti queste nuove
disposizioni quanto più efficacemente
possibile.
Per la Commissione, queste disposizioni
non sono affatto intese ad alleviare gli
obblighi
dei
futuri
Stati
membri.
Indubbiamente, in taluni settori, sarà
necessario un periodo di transizione per
consentire ai nuovi Stati membri di
applicare integralmente l’acquis dell’Unione
dei Quindici. Tuttavia, sul contenuto di tale
acquis non sarà possibile transigere.
L’acquis non dev’essere considerato in
nessun caso come una forma di
cooperazione potenziata tra i Quindici,
alla quale i nuovi Stati membri aderirebbero
a loro piacimento e discrezione.
Se ci si attiene alla definizione e alle
condizioni attuali della cooperazione
potenziata, si deve constatare che gli Stati
membri che intendono rafforzare la
cooperazione
reciproca
in
materia
giudiziaria o di ordine pubblico, o in settori
di competenza comunitaria, si espongono
al veto del Consiglio riunito a livello di capi
di Stato e di governo. Questa facoltà di
veto può indurre gli Stati che desiderano
cooperare tra loro in modo più stretto a
collocarsi al di fuori del quadro istituzionale
stabilito dai trattati.
Si dovrà inoltre esaminare, in materia di
politica estera e di sicurezza comune, se il
meccanismo dell’astensione costruttiva
previsto dal trattato di Amsterdam risponde
in misura sufficiente all’esigenza che talune
azioni possano essere elaborate ed
attuate, in nome dell’Unione europea,
soltanto da alcuni Stati membri.
2. Rafforzare la coesione
L'Unione non deve restringere il proprio
margine di manovra nei confronti degli
interlocutori esterni. La mondializzazione in
atto impone all’Europa di affermare
risolutamente la propria coesione, la sua
peculiare concezione dell’organizzazione
economica
e
sociale,
il
proprio
attaccamento a riferimenti culturali ed etici
comuni.
Per consolidare la presenza e il peso
dell’Unione sono necessari non pochi
adattamenti.
Far sentire una sola voce non è più una
scelta, ma una necessità. Occorre
esaminare
la
questione
della
rappresentanza esterna in tutti i settori
pertinenti, in particolare il.commercio e gli
affari economici e finanziari internazionali.
In questo contesto andrebbe esaminata
anche la questione della personalità
giuridica dell’Unione.
III. Proseguire la costruzione politica
dell’Europa
Oltre alle problematiche direttamente
collegate
alla
preparazione
dell’allargamento, la conferenza dovrà, al
momento debito, trasporre in termini
istituzionali le trattative in corso sulla
politica comune di sicurezza e difesa,
mantenendo un quadro comunitario
coerente e senza pregiudicare l’azione
della Comunità. In occasione dei vertici di
Vienna e di Colonia, i capi di Stato e di
governo hanno manifestato la volontà di
sviluppare un’autentica politica comune in
questo
campo,
completando
e
consolidando in tal modo l’acquis del
trattato di Amsterdam in materia di politica
estera e di sicurezza. La conferenza
intergovernativa
dovrà
prendere
in
considerazione l’eventualità di modificare il
trattato in tal senso, affinché possa
avanzare
la
costruzione
politica
dell’Unione.
Infine, un progetto di carta dei diritti
fondamentali dell’Unione verrà elaborato
prima della riunione del Consiglio europeo
del dicembre 2000. A quel punto si porrà la
questione del rapporto tra la carta e i
trattati, già sollevata nelle conclusioni del
Consiglio europeo di Colonia.
Metodo di lavoro
Preparare i negoziati
Gli argomenti da trattare sono già stati, per
la maggior parte, oggetto di approfondite
discussioni nel corso della precedente
conferenza intergovernativa. Per favorire
un rapido progresso dei lavori e rispettare
la scadenza di fine 2000 per la conclusione
degli stessi, la Commissione raccomanda
che
vengano
prese
le
seguenti
disposizioni:
– il Consiglio europeo potrebbe ritenere
opportuno avviare la procedura prevista dal
trattato (art. 48 TUE) al più presto
possibile dopo la riunione di Helsinki. In
tal caso, la riunione del Consiglio europeo
prevista per il mese di marzo 2000
offrirebbe l’occasione per una prima
valutazione dei lavori ;
– la Commissione e il Parlamento europeo
dovrebbero allora emettere i loro pareri
formali sin da gennaio;
–
sin
dall’inizio
della
conferenza
dovrebbero essere pronti i progetti di testi.
Coinvolgere il Parlamento europeo.
Nel suo intervento alla conferenza dei
presidenti
del
Parlamento
europeo,
pronunciato lo scorso 7 settembre, il sig.
Prodi aveva dichiarato che la Commissione
si adopererà,
« nei limiti delle sue
possibilità, affinché il Parlamento europeo
sia tenuto informato e reso pienamente
partecipe della preparazione e dello
svolgimento
della
conferenza
intergovernativa ». I negoziati che hanno
portato alla conclusione del trattato di
Amsterdam hanno dimostrato i benefici
della partecipazione del Parlamento
europeo ai lavori della conferenza. E’ da
auspicare che questa prassi venga
confermata ed anzi perfezionata.
La Commissione intende procedere, già
nella fase preparatoria, a consultazioni con
il Parlamento europeo per precisare le
rispettive posizioni al fine di ravvicinarle
quanto più possibile.
Nello stesso intento, la Commissione
parteciperà al dialogo chiarificatorio con i
parlamenti nazionali.
Avviare la concertazione con i paesi
candidati
La riforma che si profila è destinata
anzitutto a consolidare le strutture
dell’Europa allargata. Conformemente alle
conclusioni del Consiglio europeo di
Colonia, dovranno essere intraprese
regolari consultazioni con i paesi candidati
all’adesione.
Una vera riforma per una nuova era
Questa conferenza potrà raggiungere il suo
obiettivo, che è quello di ottenere un
allargamento riuscito, soltanto se l’ottica
del lungo periodo, di cui si fanno
portavoce in primo luogo i capi di Stato e di
governo, avrà il sopravvento sugli interessi
immediati.
La Commissione, in quanto custode dei
trattati, obbedisce al proprio ruolo
affermando che l’evoluzione dei trattati è
tanto più necessaria oggi se si vuole
che l’Unione allargata funzioni domani.
Essa obbedisce al proprio ruolo anche
quando chiama i cittadini alla vigilanza e fa
appello alla speranza di un’Europa più
democratica e alla portata di tutti.
L’allargamento e le sue conseguenze sul
piano istituzionale determinano il profilo
politico dell’Europa del domani. La nuova
era che si apre esige dunque un’autentica
riforma. La preparazione e lo svolgimento
della conferenza intergovernativa devono
dare adito ad un ampio dibattito pubblico,
con i cittadini e i parlamenti nazionali.
Spetta alle istituzioni europee, ma anche e
soprattutto agli Stati membri, dare il via
a.questo dialogo. La Commissione, dal
canto suo, intende contribuire attivamente
a quest’opera di chiarificazione e di
dialogo.
Documento 4
Risoluzione del Parlamento
europeo sulla preparazione della
riforma dei trattati e la prossima
Conferenza intergovernativa
(C5-0143/1999 1999/2135(COS))
Il Parlamento europeo,
- viste le conclusioni del Consiglio europeo
di Colonia,che conferma l ’intenzione di
«convocare all’inizio dell’anno 2000 una
conferenza dei rappresentanti dei governi
degli Stati membri per risolvere prima
dell’allargamento le questioni istituzionali
lasciate in sospeso nel trattato di
Amsterdam »(C5-0143/ 1999),
- vista la decisione del Consiglio europeo di
Colonia di procedere all’elaborazione di
una
Carta
dei diritti fondamentali
dell’Unione europea,
- viste le dichiarazioni del Presidente della
Commissione,Romano Prodi,dinanzi al
Parlamento
europeo
il
21
luglio
1999,secondo cui «sarebbe un errore di
dimensioni storiche organizzare ad Helsinki
una conferenza intergovernativa ridotta per
difetto,semplicemente
per
il
timore
collettivo di guardare bene in faccia le vere
sfide del futuro ampliamento »,
- viste le dichiarazioni del Commissario
Barnier dinanzi alla commissione per gli
affari costituzionali il 6 settembre 1999
sulla riforma dei trattati,in particolare sul
processo
di
costituzionalizzazione
dell’Unione e sul metodo della revisione,
- vista la relazione del gruppo di esperti
della
Commissione
presieduto
dal
sig.Dehaene,
- viste le sue risoluzioni del 19 novembre
1997 sul trattato di Amsterdam12 ,del 6
maggio 1999 sul metodo e il calendario
dell’imminente riforma istituzionale13 e del
16 settembre 1999 sull’elabora- zione della
Carta dei diritti fondamentali14,
- visto il paragrafo 15 della sua succitata
risoluzione del 19 novembre 1997,in cui
approva la dichiarazione comune di
Belgio,Francia e Italia,che raccomandano
riforme istituzionali quale condizione di
qualsiasi ampliamento,
- visti la relazione della commissione per gli
affari costituzionali e i pareri della
commissione
per
i
bilanci,della
GU 371 dell’8.12.1997,pag.99.
GU 279 dell’1.10.1999,pag.416.
14
Processo verbale della seduta in tale data,parte
II,punto 10 a).
12
13
commissione
per
il
controllo
dei
bilanci,della commissione per i problemi
economici e monetari,della commissione
giuridica e per il mercato interno e della
commissione per l ’industria,il commercio
estero,la ricerca e l ’energia (A50058/1999),
A. considerando che nel maggio 2000 l
’Europa della Comunità avrà 50 anni e
che,dalla prima Comunità del carbone e
dell’acciaio,essa
si
è
trasformata
progressivamente in un ’Unione politica
sulla base della duplice legittimità in quanto
Unione di Stati e Unione di popoli,
B. considerando che l ’instaurazione di
una democrazia rappresentativa a livello
dell’Unione si manifesta nell’esercizio dei
poteri legislativo,di bilancio e di controllo e
nell’iscrizione della cittadinanza europea
nei trattati,la qual cosa ha consentito
all’Unione di segnare un ’evoluzione di cui
si dovrà tenere conto in occasione della
sua prossima riforma,
C. considerando che l ’Unione si trova
ad affrontare sfide politiche,economiche e
sociali assolutamente nuove e di una
portata senza precedenti,sia a livello
interno che nelle sue relazioni con il resto
del mondo,e che è sempre più chiaro che il
trattato nella sua forma attuale non
consente né di risolvere questi problemi in
modo efficace né di ottenere la piena
partecipazione dei cittadini,
D. constatando la crisi con la
Commissione,che ha rivelato talune
debolezze istituzionali dell’Unione,e la crisi
dell’ex Iugoslavia che,unitamente alla
guerra nel Kosovo,ha mostrato la
debolezza dell’Unione in materia di politica
estera,di sicurezza e di difesa;
E. considerando che la riforma
dell’Unione deve costituire l ’occasione per
stabilire legami con i cittadini europei o per
rinnovare i legami esistenti,
F. considerando che,di fronte a tali
problemi,il
Consiglio
europeo
di
Colonia,pur riconoscendo la necessità di
procedere ad una revisione dei trattati,ha
deciso di convocare una CIG che resta
limitata,
per il momento,alle questioni
istituzionali lasciate in sospeso a
Amsterdam,ma
che
potrebbe
comprenderne
anche
altre
e,in
concreto,quelle previste nel protocollo sulle
istituzioni
in
vista
dell’ampliamento
dell’Unione europea e quelle che
scaturiscono dall’applicazione del trattato di
Amsterdam,
G. ricordando che questo Parlamento ha
espresso
all’indomani del Consiglio
europeo di Amsterdam e ha ribadito in
seguito la sua concezione di una riforma
più ambiziosa dell’Unione,che va ben al di
là del protocollo istituzionale del trattato di
Amsterdam,e più rispondente ai problemi
europei da risolvere,
H. considerando che non si tratta affatto
di
ritardare
il
processo
di
ampliamento,tenuto conto in parti- colare
delle privazioni sofferte dai paesi
dell’Europa centrale e orientale durante più
di quarant ’anni di dittatura,ma che la
portata di quest ’ultimo processo fa
totalmente scomparire quelli precedenti e
met- terà alla prova la solidità della
costruzione europea,
I. considerando che l ’ampliamento deve
essere l ’occasione e il catalizzatore di una
profonda riforma dell’Unione e che il rinvio
di una siffatta riforma globale ad
ampliamento avvenuto non potrebbe che
renderla più difficile e aleatoria;
Gli obiettivi della prossima riforma
dell’unione
1.afferma con forza che un ’Unione
europea che riunirà un così gran numero di
Stati deve disporre degli strumenti
necessari per realizzare i suoi obiettivi
comuni di natura politica, economica e
sociale;
2.ritiene pertanto che l ’imminente riforma
dell’Unione debba rafforzare le istituzioni
rendendole più efficaci, trasparenti e
democratiche, al fine di potenziare la
legittimità dell’Unione agli occhi dei cittadini
e
di
consentirle
di
far
fronte
all’ampliamento,di svolgere un ruolo attivo
nel mondo, di meglio servire i cittadini e di
consolidare i diritti fondamentali e la
sicurezza interna;
Il metodo da applicare alla prossima
riforma dell’Unione
3. ritiene necessario che in occasione della
prossima
riforma
dell’Unione
si
conseguano gli obiettivi seguenti:
 un dibattito pubblico ampio e una
trasparenza totale,
 un dialogo permanente con i paesi
candidati all’adesione,
 l ’instaurazione di una procedura che
consenta un più ampio controllo
democratico
sull’elaborazione
delle
modifiche dei trattati e sulla loro
adozione,
 la coerenza dei risultati;
4. ritiene che il ricorso al metodo
comunitario, secondo le indicazioni in
appresso,
possa
applicarsi
alla
preparazione e allo svolgimento della
prossima riforma dei trattati;
5. chiede che la Commissione elabori una
proposta globale sulla riforma dell’Unione e
presenti un pro- getto concreto di riforma
del trattato prima dell’avvio ufficiale della
CIG; si attende che la Conferenza accetti
tale progetto come base dei negoziati;
ritiene necessario pervenire a un consenso
politico con il Consiglio sull’ordine del
giorno e sul metodo della riforma;
6.
reputa
indispensabile,
per
la
preparazione dei lavori della CIG,
organizzare una concertazione con i
parlamenti nazionali degli Stati membri e
avviare un dialogo aperto con i parlamenti
dei paesi candidati e le organizzazioni che
rappresentano la società civile;
7. esprimerà il suo parere a norma
dell’articolo 48 del trattato UE sulla
convocazione della CIG alla luce delle
decisioni del Consiglio europeo di Helsinki
e dei risultati dell’esame congiunto di cui
sopra con riferimento all’ordine del giorno e
al metodo scelti per la CIG;
8. chiede che la CIG sia convocata il più
presto possibile dopo il Consiglio europeo
di Helsinki del dicembre 1999;
9. ritiene ovvio e legittimo di dover
partecipare pienamente in tutte le fasi e a
tutti i livelli della CIG per il tramite di due
rappresentanti eletti dall’Aula;
10. ritiene che la decisione finale degli Stati
membri gli debba essere sottoposta come
nella procedura del parere conforme;
Il contenuto delle riforme
11. dichiara che l ’ordine del giorno della
prossima riforma dell’Unione,e quindi il
mandato che sarà adottato dal Consiglio
europeo, dovrà comprendere, in previsione
dell’ampliamento, i punti indicati in
appresso;
La costituzionalizzazione dell’Unione:
avvicinare l ’Europa ai cittadini
12. si compiace della decisione di
elaborare una Carta dei diritti fondamentali;
13. ritiene che la prospettiva di un ’Unione
ampliata renda necessario il varo di un
processo costituzionale che comprenda
una semplificazione e razionalizzazione dei
trattati al fine di assicurarne la trasparenza
e l’intelligibilità per i cittadini; è del parere
che l ’elaborazione della Carta dei diritti
fondamentali sia parte integrante di tale
processo costituzionale;
14. ritiene che tale processo costituzionale
consoliderebbe i diritti degli Stati membri e
dei cittadini dell’Unione europea e
chiarirebbe le competenze delle istituzioni
comuni;
15. ritiene che la costituzionalizzazione
dell’Unione implichi, in particolare, la
fusione dei trattati in un testo unico e la
distinzione tra due parti:
a)una
parte
costituzionale
comprendente il preambolo, gli obiettivi
dell’Unione e i diritti fondamentali,
nonché le disposizioni concernenti le
istituzioni, le procedure decisionali e le
varie competenze;
b)una seconda parte che definisce gli
altri settori dell’attuale trattato;
16. ritiene che la CIG debba modificare la
futura procedura di revisione dei trattati
basandola sulla duplice legittimazione
dell’Unione, onde pervenire a una
democratizzazione
del
processo
di
revisione grazie all’introduzione di un
potere codecisionale dell’istituzione che
rappresenta gli Stati e di quella che rappresenta i cittadini dell’Unione;
17. è favorevole all’elaborazione di uno
statuto dei partiti politici a livello europeo
quale passo positivo per facilitare la
partecipazione politica dei cittadini;
Riforme istituzionali sufficientemente
ambiziose
18.chiede che la CIG affronti una riforma
istituzionale adattando la composizione, la
funzione,
la
cooperazione
e
l
’organizzazione delle istituzioni al fine di
rafforzarne il carattere democratico e, così
facendo, l’efficacia, e di far fronte
all’aumento dei membri dell’Unione;
19.ribadisce la ferma convinzione che la
votazione a maggioranza qualificata e la
codecisione devono divenire il metodo
normale per la presa di decisioni legislative
di carattere generale nella Comunità e che
l’unanimità deve essere riservata alle
questioni di carattere costituzionale e
fondamentale;
20.ritiene che si debbano ora prendere
decisioni definitive per quanto riguarda la
nuova ponderazione dei voti in seno al
Consiglio e la composizione della
Commissione;
21.ritiene che,nella prospettiva di un
’Europa ampliata,si devono e si possono
apportare
molti
miglioramenti
al
funzionamento
del
Consiglio
senza
pretendere una riforma del trattato e che
questi miglioramenti dovrebbero iscriversi
nello stesso calendario della prossima
CIG;precisa
che
il
Parlamento
si
pronuncerà sui risultati della CIG alla
luce,fra le altre cose,dei risultati che
saranno stati così ottenuti in seno al
Consiglio;
22.ritiene che l ’impatto dell’ampliamento
non si limiterà alla sola Commissione,ma
interesserà anche le altre istituzioni e
organi,in particolare il Consiglio e il
Consiglio europeo;chiede che la prossima
CIG
esamini
la
questione
della
composizione,del funzionamento e delle
competenze della Corte di giustizia, del
Tribunale di primo grado,della Corte dei
conti,del Comitato delle regioni e del
Comitato economico e sociale,come pure
le implicazioni di queste scelte per i futuri
metodi di lavoro di tali istituzioni;
23.ricorda che il numero massimo di 700
deputati previsto per il Parlamento europeo
implica che occorrerà rivedere anche il
numero di seggi per Stato membro, e
presenterà una proposta in materia;
24.chiede che le riunioni del Consiglio in
cui sono adottate decisioni legislative siano
pubbliche;
25.auspica che le attuali disposizioni del
trattato concernenti la possibilità di
dimissioni collettive della Commissione
vengano chiarite e chiede di poter
esercitare, come il Consiglio, il diritto di
presentare un’istanza alla Corte di giustizia
volta alla pronuncia delle dimissioni d
’ufficio di un membro della Commissione a
norma degli articoli 213 e 216 del trattato
CE; chiede che venga inserita nel trattato
la «procedura Prodi »,mediante la quale il
Presidente della Commissione ha la facoltà
di destituire un singolo Commissario;
chiede che venga prevista nel trattato la
possibilità
che
il
presidente
della
Commissione sottoponga al Parlamento
europeo la questione della fiducia;
26.si dichiara contrario a qualsiasi tentativo
di mettere in discussione, in occasione
della CIG, il monopolio dell’iniziativa
conferito alla Commissione nel quadro del
primo pilastro;
27.ritiene che il carattere democratico
dell’Unione debba essere ulteriormente
migliorato; in tale contesto chiede un
rafforzamento del proprio ruolo, in
particolare nel settore del bilancio e per
quanto concerne le nomine nelle istituzioni
e negli organi dell’Unione europea;
28.chiede
che
il
Parlamento
sia
competente
dell’organizzazione
della
propria attività;
29.chiede il potenziamento della tutela
degli interessi finanziari della Comunità e,in
particolare,l ’ob- bligo degli Stati membri di
combattere le frodi;
Una nuova clausola relativa a un
rafforzamento dell’integrazione
30.
ritiene
opportuno,in
dell’ampliamento,proseguire il
vista
dibattito
sulla flessibilità;le regole adot- tate
dovranno tendere,da un lato,a ridurre le
possibilità di blocco da parte di un qualsiasi
Stato membro, dall’altro,a salvaguardare il
quadro istituzionale unico dell’Unione
europea;
31. sollecita un riesame delle clausole del
trattato di Amsterdam in materia di più
stretta cooperazione per consentirne un
’efficace utilizzazione in settori nei quali un
certo numero di Stati membri abbiano la
volontà e la capacità di approfondire la loro
integrazione,senza
pregiudicare
gli
interessi di altri Stati membri o l ’integrità
dell’acquis communautaire;
Rafforzamento del ruolo esterno dell’UE
Personalità giuridica
32. ritiene che lo status, la visibilità e il
potere negoziale dell’Unione sul piano
internazionale resteranno limitati finché
essa non disporrà di una personalità
giuridica unica e che pertanto l ’Unione
debba godere, nelle relazioni internazionali,
della
capacità
giuridica
necessaria
all’esercizio delle sue funzioni e alla
realizzazione dei suoi scopi;
Sicurezza e difesa
33.condivide la necessità, a seguito della
dichiarazione degli Stati membri al
Consiglio europeo di Colonia, di rafforzare
gli strumenti della PESC, e chiede che sia
instaurata, sulla base di un calendario
preciso e vincolante e secondo procedure
che salvaguardino gli interessi nazionali dei
singoli Stati membri, una politica europea
comune in materia di sicurezza e di difesa
che garantisca le frontiere esterne degli
Stati membri quali frontiere dell’Unione
europea;
34.chiede che venga introdotta una
capacità d ’azione, basata su mezzi militari
credibili, attraverso l’integrazione dell’UEO
secondo un calendario preciso; ritiene che
si debba tenere debito conto dei problemi
istituzionali
posti
da
una
siffatta
integrazione e delle sue conseguenze e
che gli Stati membri neutrali e quelli non
allineati
debbano
poter
partecipare
pienamente e su base di parità alle
operazioni dell’UE;
Relazioni economiche esterne
35.chiede che siano rafforzate le
disposizioni in materia di relazioni
economiche
esterne,
compresa
la
partecipazione
della
Comunità
alle
organizzazioni internazionali multilaterali, e
che si ponga rimedio alla dispersione di tali
disposizioni nei trattati; sottolinea la
necessità che la competenza della
Comunità e i poteri della Commissione di
negoziare accordi esterni vengano estesi a
tutti i servizi e ai diritti di proprietà
intellettuale, con particolare riferimento ai
negoziati OMC e agli altri negoziati
multilaterali;
36.chiede il rafforzamento del ruolo del
Parlamento europeo per quanto riguarda
gli accordi internazionali e la politica
commerciale comune, in particolare per
quanto riguarda l ’autorizzazione e il
controllo dei negoziati di accordi esterni;
37.chiede che la procedura del parere
conforme divenga la regola generale per la
conclusione di tutti gli accordi internazionali
di
importanza
rilevante,
come
originariamente
indicato
nella
Dichiarazione
di
Stoccarda
del
1983,comprese
le
decisioni relative
all’applicazione
provvisoria
o
alla
sospensione degli accordi a causa di
violazioni dei diritti umani o del mancato
rispetto delle regole democratiche;
Spazio di libertà, di sicurezza e di
democrazia
38.constata che il trattato di Amsterdam
rappresenta un sostanziale passo avanti
che deve ancora tro- vare attuazione, ma
ritiene che l ’importanza della materia per i
cittadini giustifichi il fatto di iscrivere
all’ordine del giorno della CIG il
rafforzamento delle procedure riguardanti
questo settore,soprattutto al fine di
migliorare l ’accesso dei cittadini alla Corte
di giustizia delle Comunità europee;
Rafforzamento della politica economica,
sociale e occupazionale
39.chiede che sia iscritto all’ordine del
giorno della CIG l ’esame di proposte
adeguate finalizzate a potenziare il ruolo
delle istituzioni politiche dell’Unione nella
definizione degli orientamenti di politica
economica, sociale e occupazionale
dell’Unione, in vista di una migliore sinergia
e di un migliore equilibrio fra tali politiche in
seno all’UE, per dare un quadro di
riferimento alle decisioni indipendenti di
politica monetaria affidate alla Banca
centrale europea; si riserva il diritto di
formulare proposte concrete allor- quando
esprimerà il suo parere sulla convocazione
della CIG;
40.chiede di essere consultato sugli
orientamenti economici annuali, sulle
decisioni concernenti i deficit di bilancio,
nonché su qualsiasi altra decisione
importante da prendersi nell’ambito della
UEM, eccezion fatta per i casi in cui la BCE
deliberi in veste di organo indipendente;
41.sottolinea l ’importanza della natura e
del significato dell’«economia di mercato
sociale »e invita la CIG a sostituire l
’espressione «economia di mercato aperta
»con «economia di mercato sociale »nei
pertinenti articoli del trattato che istituisce
la Comunità europea (ad esempio, articolo
4,articolo 98,articolo 105,ecc.);
42.è del parere che il completamento del
mercato interno, l ’unione monetaria e l
’ampliamento avranno conseguenze sui
sistemi di sicurezza sociale dell’Unione
europea;
43. constata che il trattato di Amsterdam ha
rafforzato il quadro giuridico riguardante la
protezione
degli
interessi
finanziari
dell’Unione mediante la creazione di una
specifica base giuridica; chiede comunque
che questo sforzo sia completato da un
dispositivo normativo che attribuisca a una
Procura europea funzioni inquirenti,
secondo lo schema proposto dal «Corpus
Juris »;
44. chiede che la CIG esamini la necessità
di introdurre nel trattato disposizioni per
quanto riguarda il turismo, la politica
energetica, la creazione di un ’autorità
unica europea preposta al controllo del
traffico aereo, la pesca e lo sport;
45. incarica la sua Presidente di
trasmettere la presente risoluzione alla
Commissione, al Consiglio, ai governi e ai
parlamenti degli Stati membri, al Comitato
delle regioni e al Comitato economico e
sociale.
Documento 5
La riforma istituzionale al
servizio dell'allargamento
Parere della Commissione ai sensi dell’articolo 48 del
trattato sull’Unione europea per la riunione di una
conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati
membri per una modifica dei trattati, 26 gennaio 2000
Sommario
INTRODUZIONE GENERALE
Capitolo 1. Ruolo, funzionamento e
composizione delle istituzioni e organi
dell’Unione europea
1. INTRODUZIONE
2. IL PARLAMENTO EUROPEO
3. IL CONSIGLIO
4. LA COMMISSIONE
5. IL SISTEMA GIURISDIZIONALE
DELL’UNIONE
6. LA CORTE DEI CONTI
7. IL COMITATO ECONOMICO E
SOCIALE
8. IL COMITATO DELLE REGIONI
Capitolo 2. Un processo decisionale
efficace
9. INTRODUZIONE
10. LIMITARE IL RICORSO
ALL’UNANIMITÀ
11. PROCEDURE DECISIONALI
12. DETERMINAZIONE DELLA
MAGGIORANZA QUALIFICATA IN
CONSIGLIO
13. LE FORME DELLA COOPERAZIONE
RAFFORZATA
Conclusioni
PROGETTI DI ARTICOLI
IL PARLAMENTO EUROPEO
LA COMMISSIONE
LA CORTE DEI CONTI
IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE
IL COMITATO DELLE REGIONI
PROCEDURE DECISIONALI
COOPERAZIONE RAFFORZATA
ALLEGATO 1
ALLEGATO 2
ALLEGATO 3
Introduzione generale
L’Unione europea si allarga. Sarà
profondamente trasformata, ma non
deve indebolirsi.
In un futuro ormai prossimo il numero degli
Stati membri potrebbe quasi raddoppiare.
L’ipotesi di un primo allargamento, che
avrebbe condotto ad un’Unione di una
ventina di Stati membri e sulla quale si
basavano i risultati della precedente
conferenza intergovernativa, è ormai
superata poiché il processo d'allargamento
riguarda ormai tredici paesi candidati.
L'obiettivo di questo processo è di
estendere le condizioni di pace, di
solidarietà e di sviluppo economico di cui
beneficia oggi l'Unione ai paesi europei
limitrofi, accogliendoli in un quadro
istituzionale adeguato, chiave del successo
del progetto europeo.
Pertanto, il problema, semplice ma
fondamentale, che si pone è di sapere in
qual modo l'Unione potrà funzionare
correttamente quando conterà 20, 25 o 30
Stati membri. Come otranno le istituzioni
portare avanti i compiti affidati loro dai
trattati ? E, da un punto di ista più
essenziale, come manterrà l'Unione la
propria capacità decisionale e la propria
coesione affinché sia ancora possibile un
approfondimento
della
costruzione
europea?
Già ora il quadro istituzionale denuncia i
propri limiti e presenta talune anomalie.
È anche poco comprensibile per i
cittadini europei. Ma proprio perché
l'allargamento rischia di rendere meno
coerente e meno forte l'Unione, è
necessario
riesaminare
in
modo
approfondito la struttura delle sue
istituzioni e organi e adattarne di
conseguenza il funzionamento. La
conferenza che sta per aprirsi è per
l'Unione l'ultima possibilità di colmare le
lacune
e
preparare
le
istituzioni
all'allargamento in atto
Nella riunione del 3 e 4 giugno 1999 a
Colonia,
il
Consiglio
europeo
ha
confermato "l'intenzione di convocare
all'inizio del 2000 una conferenza dei
rappresentanti dei governi egli Stati membri
per risolvere prima dell'allargamento le
questioni istituzionali lasciate in ospeso nel
trattato di Amsterdam" ed hanno invitato la
presidenza a redigere una relazione er il
Consiglio europeo di Helsinki.
Alla luce della relazione della Presidenza
finlandese (Istituzioni efficaci per un’Unione
allargata - Proposte per la conferenza),
elaborata dopo una consultazione degli
Stati membri, del Parlamento europeo e
della Commissione15 , il Consiglio europeo
di Helsinki ha deciso, il 10 dicembre 1999,
che la conferenza intergovernativa sarà
convocata nel febbraio 2000.
La conferenza dovrà esaminare "le
dimensione e la composizione della
Commissione europea, la ponderazione dei
voti in sede di Consiglio, nonché le altre
modifiche del trattato relative alle istituzioni
europee, che dovessero essere necessarie
in
connessione
con
le
questioni
soprammenzionate
e
nel
corso
dell'attuazione del trattato di Amsterdam."
La prossima presidenza presenterà al
Consiglio
europeo i risultati della
conferenza e potrà proporre l'iscrizione di
altri punti nell'ordine del giorno".
A norma dell’articolo 48 del trattato
sull’Unione europea, il Consiglio ha
presentato il dicembre 1999 al Parlamento
europeo e alla Commissione una domanda
di parere sulla riunione di una conferenza
dei rappresentanti dei governi degli Stati
membri per una modifica dei trattati.
Il presente documento costituisce il parere
della Commissione. La Commissione si
pronuncia a favore della convocazione di
La riforma istituzionale al servizio dell’allargamento,
contributo alla preparazione della conferenza,
Comunicazione presentata il 10 novembre 1999 (COM
(99) 592)..
15
una conferenza intergovernativa per una
modifica dei trattati.
Il parere è stato elaborato secondo gli
orientamenti stabiliti dalla Commissione nel
suo contributo, approvato il 10 novembre
1999, per il Consiglio europeo di Helsinki.
Esso costituisce la base per le prese di
posizione
dei
rappresentanti
della
Commissione nel corso della conferenza.
La conferenza dovrebbe durare undici
mesi. Nel presente parere la Commissione
sottopone alla conferenza, per taluni temi e
quando le riflessioni in corso lo hanno reso
possibile, progetti di modifica degli articoli
del trattato interessati. Quando sarà il
momento, la Commissione presenterà i
contributi che consentiranno di precisare
talune proposte contenute nel presente
parere. Sperando che la conferenza
permetta una riforma approfondita delle
istituzioni europee, la Commissione
sottolinea la propria intenzione di dare
pieno appoggio alle presidenze del
Consiglio che avranno la responsabilità
della guida dei lavori.
Il Consiglio europeo di Helsinki ha chiesto
alla presidenza portoghese di riferire al
Consiglio
europeo i risultati della
conferenza; la presidenza potrà proporre
l'iscrizione di altri punti nell'ordine del
giorno della conferenza.
La Commissione ricorda che il Consiglio
europeo dovrà comunque pronunciarsi nel
corso del 2000 sull'inserimento nel trattato
di un certo numero di tematiche, in
particolare quanto segue:
– conformemente alle conclusioni del
Consiglio europeo di Colonia, è stato
costituito un organo incaricato di elaborare
una Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea. Per il momento non
si è ancora deciso se ed eventualmente
come integrare la Carta nei trattati;.
 il Consiglio europeo di Helsinki ha
adottato due relazioni della presidenza
sullo sviluppo dei mezzi dell'Unione per
la gestione militare e non militare delle
crisi nel quadro di una politica europea
comune rafforzata in materia di
sicurezza e di difesa. La presidenza
portoghese è stata incaricata di
presentare al Consiglio europeo di Feira
una relazione d'insieme, che contenga in
particolare orientamenti sull'eventuale
necessità di apportare alcune modifiche
ai trattati.
La Commissione ritiene inoltre che la
proposta16 di strutturare i trattati in due
parti (da un lato i testi di base e dall'altro i
testi
applicativi,
di
natura
meno
fondamentale)
presenta
un
grande
interesse. I testi dei trattati diventerebbero
più semplici e leggibili, come è ormai
considerato indispensabile; inoltre, tale
distinzione consentirebbe di prevedere per
la modifica dei testi d'applicazione una
procedura meno laboriosa di quella
attualmente prevista per la revisione dei
trattati e adeguata alla prospettiva di un
numero di Stati membri quasi raddoppiato.
La Commissione ha deciso di esaminare
se è possibile siffatta revisione dei trattati e
ha incaricato l'Istituto universitario europeo
di Firenze di effettuare uno studio. Sulla
base dei risultati di questo studio, la
Commissione si riserva la possibilità di
presentare alla conferenza proposte in
merito. 2
Capitolo 1. Ruolo, funzionamento e
composizione delle istituzioni e organi
dell’Unione europea
1. Introduzione
16
La Commissione aveva sottolineato, nel suo parere per
la precedente conferenza intergovernativa, la necessità di
distinguere le disposizioni del trattato che hanno carattere
fondamentale dalle altre, che così possono essere
modificate _secondo un sistema meno rigido di quello
attualmente in vigore_. Questa proposta è stata
sviluppata nella relazione Dehaene - von Weizsäcker Lord Simon ("Implicazioni istituzionali
dell'allargamento" - relazione presentata il 18 ottobre
1999 alla Commissione europea).
La composizione di un'istituzione non è, o
non dovrebbe essere, soltanto il risultato
logico di un esame del ruolo che essa
svolge nell'Unione e della necessità di
garantirne un funzionamento efficace.
Il ruolo di ciascuna istituzione è
chiaramente definito nei trattati. Non vi
sono dubbi sul fatto che l'obiettivo della
conferenza non è di modificare i compiti e
le competenze delle istituzioni; l'equilibrio
istituzionale attuale resterà immutato. La
Commissione ritiene comunque che la
conferenza dovrebbe procedere ad un
ampio esame del tema della legittimità
democratica
del
sistema
europeo,
riflettendo in particolare sulla natura
dell'esecutivo, per essere sicuri che le
modifiche che saranno apportate dalla
conferenza diano una risposta senza
ambiguità all'esigenza di una maggiore
democratizzazione del quadro istituzionale
dell'Unione. L'allargamento esige invece
un
adeguamento
dei
sistemi
di
funzionamento delle istituzioni,
per
garantirne l'efficienza in un'Unione in cui il
numero di Stati membri è destinato a
raddoppiare. I trattati disciplinano soltanto i
principi di base del funzionamento delle
istituzioni. Spetta dunque a ciascuna
istituzione procedere alle proprie riforme
interne. Alcune di esse hanno già avviato
un processo d'adattamento delle loro
strutture e dei loro metodi di lavoro. Oltre a
queste riforme, la conferenza dovrà
verificare in quale misura sarebbe
necessario modificare i trattati affinché il
processo di riforma sia completo.
La composizione delle istituzioni dovrebbe
quindi essere determinata soltanto in
funzione del loro ruolo e del loro modo di
funzionamento.
Il presente parere si pone nella prospettiva
di un allargamento dell'Unione a tutti i
paesi candidati. È possibile che non tutti i
paesi aderiscano all'Unione nello stesso
momento e la conferenza dovrà definire,
secondo il calendario delle successive
adesioni, le modalità adeguate e le
eventuali disposizioni transitorie per la
composizione delle istituzioni e organi
dell'Unione durante il periodo transitorio.
Queste fasi successive potrebbero, ad
esempio, essere oggetto di dichiarazioni
allegate al trattato che verrà elaborato dalla
conferenza.
2. Il Parlamento europeo
Il Parlamento europeo è l'istituzione nella
quale sono rappresentati i cittadini degli
Stati riuniti nella Comunità. Il ruolo del
Parlamento deriva dai compiti che gli
assegnano i trattati.
Il trattato che istituisce la Comunità
europea gli attribuisce in molti settori il
ruolo di colegislatore. In altri settori, il
Parlamento è chiamato ad emettere pareri
conformi o consultivi ed esso è, con il
Consiglio, l'autorità di bilancio. Esercita
infine
il
controllo
politico
della
Commissione.
La conferenza non si prefigge di modificare
il ruolo e le competenze delle istituzioni. Ma
la Commissione ritiene che occorra,
quando le decisioni sono di natura
legislativa, stabilire un legame tra la
maggioranza qualificata e la procedura di
codecisione. Ciò vale sia per le decisioni
legislative in settori dove attualmente si
applica la maggioranza sia per una futura
estensione del campo d'applicazione della
maggioranza qualificata. Tale approccio
servirà essenzialmente a rafforzare il ruolo
del
Parlamento
europeo
come
colegislatore.
Questo
punto
sarà
esplicitato e approfondito nel Capitolo
2, sezione 11, del presente parere.
Il funzionamento del Parlamento europeo
può invece, secondo la Commissione,
essere
adattato
alla
prospettiva
dell'allargamento senza modificare i trattati,
soltanto con adeguamenti del regolamento
interno ai quali può procedere il
Parlamento stesso. Essa ricorda tuttavia
che è urgente fissare, come prevede
l'articolo 190 paragrafo 5 del trattato CE, lo
statuto e le condizioni generali d'esercizio
delle funzioni dei membri del Parlamento
europeo.
Il trattato di Amsterdam ha già in parte
definito la questione della composizione
del Parlamento europeo, stabilendo
esplicitamente all'articolo 189 del trattato
CE che "il numero dei Membri del
Parlamento europeo non può essere
superiore a settecento".
Questo numero, proposto dal Parlamento
stesso, tiene conto di una duplice
necessità:
quella
di
garantire
la
rappresentanza dei cittadini e quella di
mantenerne le dimensioni entro limiti
compatibili con un esercizio efficace delle
sue missioni. La Commissione propone
di attenersi a questo numero.
L'articolo 190 paragrafo 2 del trattato CE
prevede il numero dei membri del
Parlamento europeo attualmente eletti in
ciascuno Stato membro. In totale si tratta di
626 deputati. È probabile che, con le prime
adesioni, la soglia di 700 eurodeputati sarà
superata qualora il numero dei deputati
eletti nei paesi aderenti fosse fissato
secondo le modalità attuali.
Affinché il limite di 700 eurodeputati sia
rispettato, è dunque inevitabile una
revisione del metodo, come era già stato
previsto dalla risoluzione del Parlamento
europeo del 10 giugno 1992.17
La Commissione ritiene che spetta al
Parlamento proporre nuove modalità
per la ripartizione dei seggi. A titolo
indicativo, la Commissione propone alla
riflessione gli elementi seguenti.
Nel rispetto del limite di 700 eurodeputati,
deve essere garantito un livello minimo di
rappresentanza della popolazione di
ciascuno Stato membro.
Si può ricordare che l'attuale composizione
del Parlamento europeo è stata decisa l'11
e il 12 dicembre 1992 dal Consiglio
europeo di Edimburgo, su una proposta del
17
Relazione De Gucht - Risoluzione A3-0186/92, GU
1992, C 176/72..
Parlamento,
tenendo
conto
dell'unificazione della Germania e nella
prospettiva dell'allargamento ad alcuni
paesi dell'EFTA. La
proposta del
Parlamento europeo si basava sul principio
della proporzionalità decrescente18 ,
secondo una formula utilizzata anche per
stabilire il numero di deputati da eleggere
in Austria, in Finlandia e in Svezia, con un
piccolo adattamento del numero ottenuto
applicando esattamente la formula.
Tale formula deve ormai essere modificata:
 si potrebbe ipotizzare una ripartizione
dei seggi tra gli Stati membri sulla base
di una rigorosa proporzionalità in
funzione della popolazione di ciascuno
Stato. La Commissione non ritiene però
quest'ipotesi realistica nella fase attuale
dell'integrazione politica dell'Unione.
 un'opzione potrebbe essere quella di
presentare una versione rivista della
formula che ha ispirato la decisione del
1992, mantenendo il principio della
proporzionalità decrescente, ma sulla
base di un numero minimo di
eurodeputati inferiore e attribuendo
meno seggi pro capite e/o adattando le
categorie. È tuttavia necessario rilevare
che questo principio di proporzionalità
decrescente diminuirebbe più che in
passato
la
rappresentanza
nel
Parlamento europeo degli Stati membri
con popolazione più elevata, poiché la
formula, anche modificata, continuerà a
favorire gli altri Stati membri, in
particolare quelli che hanno una
popolazione media.
18
La determinazione del numero di seggi per Stato
membro, proposta dal Parlamento europeo, era ispirata
alla formula seguente: attribuzione di 6 seggi ad ogni
Stato membro, indipendentemente dalla sua popolazione,
quindi assegnazione di un seggio supplementare ogni
500.000 abitanti per il numero di abitanti compreso tra 1
e 25 milioni, un seggio supplementare ogni milione di
abitanti per il numero di abitanti compreso tra 25 e 60
milioni, assegnazione infine di un seggio supplementare
ogni 2 milioni di abitanti al di sopra dei 60 milioni.
Questa formula, tuttavia, non è stata applicata in modo
matematicamente assoluto..
 un'altra opzione potrebbe essere di
procedere ad una riduzione lineare del
numero di seggi attribuiti secondo la
formula finora utilizzata. Il processo
dell'allargamento avrebbe allora lo
stesso impatto relativo sulla ripartizione
del numero di deputati. Il coefficiente di
riduzione lineare dovrebbe essere
calcolato ad ogni adesione, in funzione
della relazione tra il limite di 700 e il
numero teorico totale di eurodeputati
che risulterebbe dalla formula attuale,
sia per gli Stati membri attuali che per i
nuovi membri.
Infine, la Commissione ritiene che sarebbe
di grande interesse per l’Unione
l’elezione di un certo numero di
eurodeputati in base a liste europee,
presentate in tutta l’Unione all’insieme
degli elettori europei. Gli elettori
dovrebbero in tal caso esprimere due
suffragi: uno a titolo nazionale e l'altro per
il contingente di deputati da eleggere sulle
liste europee. Il numero di deputati da
eleggere a titolo nazionale sarebbe dunque
calcolato previa deduzione proporzionale
del numero di seggi destinati a questo
'contingente europeo'.
Questo sistema di elezioni europee
solleciterebbe lo sviluppo di partiti politici a
valenza europea e consentirebbe la
presenza nel Parlamento europeo di
deputati che possono appellarsi ad una
base politica europea e non soltanto
nazionale. Le disposizioni del trattato
relative
ai
partiti
politici
europei
troverebbero
dunque
un’applicazione
concreta.
La Commissione propone alla conferenza:
 di mantenere il numero massimo di 700
eurodeputati;
 di invitare il Parlamento europeo ad
elaborare un metodo d’attribuzione dei
deputati per Stato membro che tenga
conto di questo limite;
 di esaminare la possibilità di eleggere un
certo numero di deputati su liste
presentate in tutta l'Unione.
3. Il Consiglio
Il Consiglio è l'istituzione dell'Unione nella
quale sono rappresentati i governi degli
Stati membri che la costituiscono.
Fin dall'origine il Consiglio è il legislatore
della Comunità. Con i trattati di Maastricht
e di Amsterdam è diventato, in molti settori,
colegislatore con il Parlamento europeo. È
l'istituzione responsabile della definizione e
dell'attuazione della politica estera e di
sicurezza comune e della cooperazione
giudiziaria e di polizia in materia penale. Il
Consiglio è, con il Parlamento europeo,
l'autorità di bilancio.
Il Consiglio comprende un rappresentante
di ciascuno Stato membro. La nuova
formulazione data dal trattato di Maastricht
a detta disposizione (l'attuale articolo 203
del trattato CE), ossia che il Consiglio è
formato "da un rappresentante di ciascuno
Stato membro a livello ministeriale, abilitato
ad impegnare il governo di detto Stato
membro", consente a ciascuno Stato
membro di rispettare le esigenze del
proprio
ordinamento
costituzionale,
qualunque
ne
sia
l'organizzazione.
L'allargamento, tuttavia, creerà al Consiglio
gravi difficoltà di funzionamento e
richiederà modifiche sostanziali per il
trattamento di tutta una serie di questioni
concrete.
Il Consiglio ha proceduto ad un esame
approfondito del proprio funzionamento
nella prospettiva dell'allargamento, sulla
base della relazione presentata dal
Segretario generale del Consiglio nel
marzo 1999. Nella riunione di Helsinki (910 dicembre 1999), il Consiglio europeo ha
approvato un certo numero di queste
raccomandazioni, che non richiedono
alcuna modifica dei trattati. Non si esclude
tuttavia che la conferenza prenda in esame
talune modifiche più sostanziali, che
richiedono invece una revisione dei trattati.
4. La Commissione
a. Ruolo e funzionamento della
Commissione
Nella struttura istituzionale stabilita dai
trattati,
la
Commissione
europea
costituisce certamente l'elemento più
originale. Nessun'altra organizzazione
internazionale o sistema di cooperazione
tra paesi dispone di un'istituzione simile.
Non è né espressione di una cooperazione
intergovernativa, né risultato di una
consultazione elettorale. È stata creata per
difendere, in assoluta indipendenza,
l'interesse
europeo
e
risponde,
collegialmente, al Parlamento europeo.
Riguardo all'ultimo punto, occorre ricordare
che il trattato di Amsterdam ha attribuito
espressamente al Presidente il compito di
definire gli orientamenti politici della
Commissione; in questo contesto, i membri
della Commissione sono scelti in
collaborazione con il Presidente designato.
Queste
nuove
responsabilità
del
Presidente si sono già concretizzate
nell'impegno
politico
dei
membri
dell’attuale Commissione a dimettersi
su espressa richiesta del Presidente. La
Commissione propone che tale impegno
sia formalizzato nel trattato, affinché sia
rafforzata la responsabilità collegiale della
Commissione.
I compiti affidati alla Commissione dai
trattati sono numerosi e molteplici. La
Commissione è l’elemento motore della
costruzione europea, grazie al suo diritto
esclusivo d'iniziativa in materia di
normativa comunitaria. È la "guardiana
dei trattati ". La Commissione è
l’esecutivo comunitario, che adotta le
misure d'esecuzione, esegue il bilancio e
gestisce le politiche e i programmi
comunitari. Rappresenta la Comunità e
conduce i negoziati internazionali.
Il funzionamento della Commissione è
basato sul principio della collegialità,
vale a dire che ciascun membro della
Commissione partecipa con le stesse
prerogative e in piena indipendenza dallo
Stato membro di cui è cittadino, alla
preparazione delle proposte e al
processo decisionale. Le decisioni
impegnano collettivamente tutti i membri
del collegio.
La collegialità, in una Commissione di venti
membri, crea, dal punto di vista della
gestione, taluni limiti (dibattiti che spesso
si svolgono, come in Consiglio, mediante
giri
d'orizzonte)
e
pesantezze
amministrative. La Commissione adotta
migliaia di decisioni ogni anno al ritmo di
circa 200 alla settimana. Essa sta
procedendo a grandi riforme della propria
organizzazione, grazie alle quali, con la
modernizzazione dei metodi di lavoro e
delle procedure, potrà mantenere una
decisionalità
realmente
collegiale,
estendendo al tempo stesso il ricorso alle
abilitazioni in settori ben definiti ed alle
condizioni ed entro i limiti stabiliti dal
Collegio. Una riforma di questa portata
merita
di
essere
esaminata
indipendentemente
dalla
futura
composizione della Commissione, che
tuttavia sarà indispensabile a fortiori se
aumenta il numero dei commissari..
La collegialità è infatti per la Commissione
la base essenziale della legalità degli
atti, poiché essa, sebbene politicamente
responsabile nei confronti del Parlamento
europeo, non è espressione di una
consultazione elettorale come le altre
categorie di esecutivi.
Nell'Unione allargata, la missione di
coerenza e di unità della Commissione
sarà al tempo stesso più difficile e più
necessaria; occorre dunque preservare
la sua capacità d'azione.
b. La composizione della Commissione
La Commissione è stata concepita fin
dall'origine come l'istituzione garante
dell'interesse collettivo e come tale
continua a funzionare. A tale fine, gli autori
dei trattati non hanno voluto che i
commissari fossero "rappresentanti" dei
governi degli Stati membri, funzione già
attribuita ai membri del Consiglio. Hanno
previsto che "i membri della Commissione
esercitano le loro funzioni in piena
indipendenza nell’interesse generale della
Comunità" e che "essi non sollecitano né
accettano istruzioni da alcun governo"
(articolo 213, paragrafo 2 CE).
Il funzionamento della Commissione in
quanto collegio è direttamente condizionato
dal numero dei commissari che la
costituiscono. Ai sensi dell'articolo 213 del
trattato CE, "la Commissione deve
comprendere almeno un cittadino di
ciascuno Stato membro, senza che il
numero dei membri cittadini di uno stesso
Stato sia superiore a due." Fin dalle origini
la Commissione è stata composta da due
membri per ciascuno degli Stati membri
con popolazione più numerosa e di un
membro per ciascuno degli altri.
Una volta entrati nell'Unione i 13 paesi
attualmente candidati, con il sistema
attuale la Commissione conterebbe 35
membri, ossia quasi quattro volte quanti
ne contava in origine.
La Commissione ritiene che il problema
essenziale è decidere se la futura
Commissione dovrà essere composta da
un
cittadino
per
Stato
membro,
indipendentemente dal numero degli Stati
membri, o se occorre un'altra soluzione
giustificata da esigenze importanti.
La
Commissione
ritiene
necessario
esaminare nuovamente questo problema,
dal momento che ci si prepara non ad un
allargamento limitato a quattro o cinque
paesi, ma al raddoppio del numero degli
Stati membri. La questione deve essere
posta e risolta ora, poiché è poco probabile
che in un secondo tempo ci si scosti dalla
soluzione che verrà adottata dalla prossima
conferenza intergovernativa - anche se
questa soluzione fosse presentata come
provvisoria.
Se
la
Commissione
dovesse
comprendere un numero di commissari
inferiore a quello degli Stati membri,
occorre definire fin d'ora le modalità di
designazione dei membri del collegio.
Se la Commissione si componesse di
un cittadino per Stato membro,
indipendentemente dal numero degli Stati,
occorre fin da ora esaminare come la
Commissione
potrà
funzionare
efficacemente con 28 membri, o più se si
delineasse la prospettiva dell'adesione di
altri paesi.13 europei. Quest’opzione
impone importanti decisioni sulla struttura
dell’assemblea dei commissari ed i
poteri del Presidente.
Opzione 1. La Commissione è composta
da un numero fisso di commissari, inferiore
al futuro numero di Stati membri
Nel suo contributo del 10 novembre 1999
per il Consiglio europeo di Helsinki, la
Commissione ha sottolineato che il suo
attuale sistema di funzionamento, "con un
nuovo potere di orientamento politico
conferito al Presidente e deliberazioni
collegiali espresse a maggioranza semplice
dei membri che la compongono, garantisce
un equilibrio essenziale che rischia di
ribaltarsi in caso d'aumento del numero dei
commissari". Essa ha ribadito che in
occasione
dell'allargamento
è
indispensabile
"salvaguardare,
nel
contempo, la collegialità, l'efficacia e la
decisionalità di un'istituzione la cui
vocazione è quella di rappresentare con
assoluta indipendenza l'interesse generale
e di conciliare le diverse finalità dei
trattati.".
Questa posizione tiene conto della
profonda differenza tra il ruolo e il
funzionamento della Commissione e quelli
di un governo nazionale, la cui coesione si
basa sull'appartenenza ad una stessa
tendenza politica o su interessi di
coalizione ed è sostenuto, per la
realizzazione del suo programma politico,
da una maggioranza parlamentare. Per
questi motivi, un governo nazionale può
essere costituito da un numero elevato di
ministri senza per questo vedere indebolita
la propria capacità d'azione. Il sistema
istituzionale dell'Unione, allo stadio attuale,
esclude evidentemente una simile ipotesi.
È infatti il carattere collegiale della
Commissione che ne garantisce allo stesso
tempo la coerenza e la legittimità.
Per preservare il carattere collegiale del
funzionamento, occorrerebbe che il
futuro trattato stabilizzasse il numero
dei membri della Commissione al livello
attuale, definendo le modalità di
designazione dei commissari.
Per quest’ultimo punto sono state avanzate
numerose soluzioni, in particolare quella di
attribuire unicamente al Presidente della
Commissione la responsabilità di formare il
collegio sulla base di elementi quali le
relazioni di cooperazione che alcuni Stati
membri mantengono già con i loro vicini al
di fuori del quadro del trattato. Quest'ultima
soluzione non è soddisfacente, poiché
creerebbe tensioni tra gli Stati membri ogni
volta che viene formato un nuovo collegio.
In quest'ipotesi, l'unica soluzione equa
è quella di prevedere nel trattato un
sistema di rotazione che rispetti una
rigorosa parità tra gli Stati membri, a
partire da un ordine prestabilito.
Quest’ordine di rotazione deve garantire
alla Commissione una composizione
equilibrata dal punto di vista geografico e
da quello della dimensione relativa degli
Stati dai quali provengono i suoi membri.
In un’Unione composta da 28 membri e
con un limite di venti Commissari, nessun
paese sarebbe assente per più di due
mandati successivi poiché ogni paese
potrebbe designare un commissario in
cinque formazioni del collegio su sette.
Opzione 2. La Commissione è composta
da un commissario per Stato membro e la
sua
struttura
viene
profondamente
riformata per salvaguardarne l'efficacia.
La relazione della Presidenza del Consiglio
europeo di Helsinki afferma che una
Commissione
composta
da
un
commissario per Stato membro sarebbe "la
migliore garanzia della sua legittimità".
È infatti incontestabile che la presenza nel
collegio di personalità provenienti da
ciascuno Stato membro agevola il dialogo
con i cittadini dell'Unione e consente
indubbiamente di comprendere meglio il
ruolo della Commissione nel processo
dell'integrazione europea. Ma questa
percezione non dovrebbe far assimilare
una Commissione composta come il
Consiglio ad un altro sistema di
rappresentanza degli Stati membri.
Se la conferenza optasse per questa
formula,
occorrerebbe
procedere
simultaneamente ad una profonda
ristrutturazione della Commissione. Alla
precedente conferenza intergovernativa
sono state presentate alcune formule, che,
nonostante le numerose alternative, hanno
punti in comune e tutte rimettono
seriamente in questione il funzionamento
collegiale
della
Commissione.
In
quest'ipotesi è necessario prevedere: – un
significativo rafforzamento dei poteri del
Presidente di attribuire o non attribuire
portafogli e servizi ai membri della
Commissione.
Alcuni
commissari
potrebbero essere incaricati solo di
missioni specifiche. La scelta spetterebbe
al Presidente; – la possibilità che alcuni
commissari coordinino e dirigano l'azione
di taluni dei loro colleghi, sui quali
avrebbero autorità; la soluzione più logica
sarebbe che il trattato attribuisse poteri
specifici in questo senso ai vicepresidenti, il
cui numero potrebbe essere superiore a
quello attualmente previsto dai trattati; – un
più ampio potere di direzione politica per il
Presidente,
il
cui
voto
sarebbe
preponderante nelle deliberazioni della
Commissione e che avrebbe la facoltà di
opporsi alle iniziative che giudicasse
inadeguate; il Presidente avrebbe anche la
facoltà di revocare i membri della
Commissione; – nuove regole che
consentano ai commissari di prendere a
nome della Commissione o sotto la propria
responsabilità
decisioni
di
gestione
corrente.
Queste ristrutturazioni sono indispensabili
sotto
qualsiasi
aspetto,
sia
per
neutralizzare l'effetto dispersivo dovuto
all'aumento del numero dei commissari sia
per preservare ad una Commissione
composta in modo analogo al Consiglio un
ruolo distinto, grazie alla sua capacità di
individuare e promuovere l'interesse
generale dell'Europa allargata..
La Commissione propone alla conferenza:
 di rivedere la composizione della
Commissione fissando il numero dei
commissari
o a 20, con un sistema di rotazione
istituzionalizzato nel trattato e che rispetti
rigorosamente il principio della parità tra gli
Stati membri ,
o a un commissario per Stato
membro, definendo misure di radicale
riorganizzazione della Commissione;
 di formalizzare l'impegno già assunto da
ciascun commissario di dimettersi su
richiesta del Presidente.
5. Il sistema giurisdizionale dell’Unione
a. La Corte di giustizia e il Tribunale di
primo grado
La Corte di giustizia è un'istituzione
essenziale nell'Unione: essa assicura il
rispetto del diritto nell’interpretazione e
nell’applicazione del presente trattato
(articolo 220 del trattato CE).
Per preparare l'allargamento, ma anche
rimediare all'attuale sovraccarico di lavoro
della
giurisdizione
comunitaria,
la
Commissione ritiene necessario che la
conferenza esamini la composizione e il
funzionamento della Corte di giustizia e del
Tribunale di primo grado.
Infatti, i termini di giudizio della Corte di
giustizia e del TPG, come risultano dalle
statistiche elaborate dalla giurisdizione
comunitaria,
mostrano
che
questa,
nonostante tutti gli sforzi dell'istituzione, ha
ormai raggiunto i limiti della capacità di
giudicare. Con l'allargamento, non sarà
certamente in grado di far fronte, entro
termini soddisfacenti, all'aumento del
carico di lavoro. È una situazione
preoccupante in una Comunità di diritto, a
soli dieci anni dall'entrata in funzione del
TPG ed alla vigilia del prossimo
allargamento.
Come indica il documento di riflessione
della Corte di giustizia e del TPG sul futuro
del sistema giurisdizionale, pubblicato il 10
maggio 1999 in vista della conferenza
intergovernativa, va notato che l'abituale
sovraccarico di lavoro della giurisdizione
comunitaria ha cambiato portata con
l'entrata in vigore del trattato di
Amsterdam. La giurisdizione comunitaria
deve infatti esercitare le competenze nuove
e specializzate che già le sono o che le
saranno affidate dai trattati.
La constatazione è pertanto evidente: le
strutture che sono state in origine
concepite per sei Stati membri devono
essere modificate, se occorre a fondo, per
permettere alla giurisdizione comunitaria di
esercitare interamente i compiti affidatile.
Si dovrà tenere conto di alcuni parametri,
soprattutto della necessità di garantire una
tutela giurisdizionale efficace e di
mantenere la qualità e la coerenza della
giurisprudenza, vigilando sul suo rispetto
su tutto il territorio dell'Unione.
Per disporre di un parere specializzato e
indipendente sulla questione del futuro
della
giurisdizione
comunitaria,
la
Commissione ha affidato ad un gruppo di
riflessione, presieduto dal sig. Ole Due, ex
Presidente della Corte di giustizia, il
compito di esaminare le varie opzioni con
cui si potrebbe rispondere all'insieme di
queste sfide. La relazione del gruppo,
elaborata in stretta collaborazione con la
Corte di giustizia e il Tribunale, sarà
presentata alla Commissione a fine
gennaio.
Basandosi
su
tale
relazione
la
Commissione presenterà in seguito il suo
contributo specifico.
In taluni casi sarà necessario riesaminare
le competenze attuali della Corte, in
particolare per consentirle ad esempio di
intervenire nei casi di ricorsi in materia di
rilascio dei titoli comunitari di proprietà
intellettuale con piena giurisdizione nelle
controversie relative a tali diritti.
b. La tutela degli interessi finanziari
della Comunità
La Commissione è convinta che per la
Comunità sia estremamente urgente
dotarsi di mezzi veramente efficaci per
combattere contro le frodi e difendere gli
interessi finanziari della Comunità.
L'istituzione dell'OLAF rappresenta di fatto
un grande progresso nel settore delle
indagini sulle infrazioni. Ma, a livello
penale, è necessaria la cooperazione con
quindici
ordinamenti
giudiziari
che
applicano norme di base e di procedura
differenti. Purtroppo, per la loro stessa
natura,
le
frodi
sono
spesso
transnazionali, mentre le autorità di polizia
e giudiziarie nazionali possono agire
soltanto sul territorio nazionale. Inoltre, i
metodi classici di mutua assistenza
giudiziaria e la cooperazione tra le polizie
sono ancora onerosi e lenti e spesso poco
adatti a lottare efficacemente contro frodi
transnazionali. Infine, l'esperienza ha
dimostrato le difficoltà incontrate quando le
indagini amministrative devono, in caso di
necessità,
concretizzarsi
in
azioni
giudiziarie penali.
La Commissione suggerisce pertanto di
completare le disposizioni in vigore con
una base giuridica che consenta di stabilire
un sistema normativo riguardante:
 le infrazioni e relative azioni penali;
 le disposizioni procedurali necessarie
per perseguire tali infrazioni;
 le disposizioni concernenti le attribuzioni
e i compiti di un procuratore europeo
incaricato, per tutto il territorio europeo,
di individuare i casi di frode e di rinviarli
in giudizio dinanzi alle giurisdizioni
nazionali.
I tribunali nazionali, in quanto giudici di
diritto comunitario, dovranno applicare a
questa categoria particolare di infrazioni le
stesse regole scritte nell'ordinamento
giuridico nazionale, come già applicano le
norme del diritto comunitario in tutti i settori
coperti dal trattato CE.
La Commissione propone alla conferenza:
 di completare le disposizioni in vigore in
materia di tutela degli interessi finanziari
della Comunità stabilendo una base
giuridica che istituisca un procuratore
europeo e consenta l'adozione di norme
in materia di azioni giudiziarie penali
contro le frodi transnazionali.
6. La Corte dei conti
Istituita dal trattato del 22 luglio 1975 che
ha
modificato
alcune
disposizioni
finanziarie, la Corte dei conti controlla i
conti delle Comunità europee e di alcuni
degli organismi creati dalla Comunità.
Verifica la legittimità e la regolarità delle
entrate e delle uscite e controlla la gestione
finanziaria. Poiché il bilancio delle
Comunità è eseguito dalla Commissione
(articolo 274 CE), il ruolo principale della
Corte dei conti è il controllo delle attività
della Commissione.
I membri della Corte dei conti hanno il
compito di dirigere le attività di controllo
eseguite dagli agenti dell'istituzione,
elaborare relazioni annuali e speciali ed
emettere pareri indirizzati alle altre
istituzioni. Relazioni e pareri sono adottati a
maggioranza dei membri. I membri della
Corte dei conti devono esercitare le loro
funzioni in assoluta indipendenza e non
possono sollecitare o accettare istruzioni
da alcun governo.
La Corte dei conti comprende quindici
membri, con un mandato di sei anni che è
rinnovabile.
Anche se il trattato non impone che la
Corte dei conti sia composta da un
cittadino per ogni Stato membro, ciò si è
sempre verificato nella pratica. Pertanto, il
numero dei membri della Corte dei conti è
sempre aumentato ad ogni nuova
adesione, sebbene senza una valutazione
approfondita dei suoi compiti ed esigenze.
La
Commissione
ritiene
necessario
cessare questa pratica per preservare
l'efficienza di quest'istituzione. Anche se il
bilancio delle Comunità aumenta ad ogni
tappa dell'allargamento, i controlli da
effettuare e le relazioni da elaborare non
aumentano in misura proporzionale. La
Commissione non ritiene necessario
aumentare il numero dei membri della
Corte.
Iinfatti, la natura dei compiti dei membri
della
Corte
impone
piuttosto
la
stabilizzazione, se non addirittura una
diminuzione del loro numero, tanto più che
non esistono motivi realmente convincenti
che giustifichino la nomina di un cittadino
per ogni Stato membro.
La Commissione ritiene che il numero dei
membri della Corte dei conti potrebbe
essere fissato a dodici e propone che i
membri della Corte dei conti vengano
designati secondo un sistema di rotazione,
che può funzionare soltanto se il loro
mandato non è rinnovabile.
La Commissione propone alla conferenza :
 di fissare il numero dei membri della
Corte dei conti a dodici;
 di stabilire che il mandato di sei anni non
è rinnovabile.
7. Il Comitato economico e sociale
Il Comitato economico e sociale è stato
istituito dal trattato CEE per associare le
varie categorie di interessi economici e
sociali alla realizzazione del mercato
comune. Il Comitato economico e sociale
esprime pareri consultivi destinati alle altre
istituzioni nei casi previsti dal trattato, in
particolare in sede di procedura legislativa.
Il Comitato può pronunciarsi in altri casi su
richiesta delle altre istituzioni e di propria
iniziativa.
In origine, il Comitato economico e sociale
aveva il compito di completare la funzione
consultiva dell'assemblea parlamentare
della Comunità, composta all'epoca di
delegati dei Parlamenti nazionali. La
situazione attuale è evidentemente molto
diversa, visto che il Parlamento europeo è
eletto a suffragio universale diretto e
dispone di ampi poteri di colegislatore. In
questo
contesto
e
tenuto
conto
dell'evoluzione
dell'Unione,
la
Commissione raccomanda alla conferenza
di riesaminare le attribuzioni del Comitato,
adeguandone la composizione in funzione
delle sue missioni. Ad esempio, potrebbe
essere rafforzato il ruolo del Comitato
come sede di concertazione fra le parti
sociali ed economiche.
La Commissione ritiene che il Comitato
dovrebbe
essere
maggiormente
rappresentativo delle diverse componenti
della società civile dell'Unione europea nel
suo insieme e nelle differenti dimensioni
geografiche.
Ciò
presuppone
una
riflessione sulla rappresentanza della
società civile e sui mezzi per integrarla alla
rappresentanza settoriale prevista dal
trattato (articolo 257). Occorrerebbe
pertanto esaminare anche la questione
della designazione dei rappresentanti da
parte degli Stati membri.
Il Comitato economico e sociale così
modificato costituirebbe il collegamento tra
istituzioni e società civile. Dovrebbero
essere riconsiderate le sue competenze in
materia di pareri legislativi, adattando i testi
del trattato per lasciare al Comitato stesso
la
responsabilità
di
decidere
sull'opportunità di esprimere un parere
sulle proposte. Rimarrebbe invariata la
facoltà per le istituzioni europee di chiedere
un parere al Comitato.
Il Comitato è attualmente composto da 222
membri, con un mandato di quattro anni
rinnovabile. I seggi sono ripartiti tra gli Stati
membri (da 6 a 24 membri per Stato).
Un'estrapolazione del numero dei membri,
in base all'attribuzione attuale dei seggi,
condurrebbe, nella prospettiva di un'Unione
di 28 membri, ad un Comitato economico e
sociale composto di circa 370 membri. La
Commissione ritiene che il numero totale
dei membri del Comitato dovrebbe essere
fissato ad un livello atto a garantire a tale
istituzione un funzionamento efficiente,
vale a dire che occorrerebbe stabilizzare il
numero dei membri più o meno al livello
attuale.
La Commissione propone alla conferenza:
 di rendere il Comitato economico e
sociale maggiormente rappresentativo
della società civile dell'Unione europea;
 di riesaminare pertanto la ripartizione
esclusiva dei seggi per Stato membro e
per categorie socioeconomiche;
 di lasciare al Comitato la facoltà di
giudicare dell'opportunità di emettere
pareri sulle proposte legislative;
 di fissare stabilmente il numero dei
membri più o meno al livello attuale.
8. Il Comitato delle regioni
Il Comitato delle regioni è un comitato a
carattere
consultivo,
composto
da
rappresentanti delle collettività regionali e
locali. È stato creato dal trattato di
Maastricht e attualmente è composto da
222 membri.
Il Comitato delle regioni ha il compito di
esprimere a livello europeo gli interessi
delle collettività regionali e locali e di
promuovere l'integrazione europea a livello
regionale.
Nell'Unione allargata la
cooperazione tra regioni avrà un ruolo
sempre più importante con la valutazione
dell'impatto, a livello regionale, delle
legislazioni proposte. Il ruolo consultivo del
Comitato delle regioni mantiene dunque
tutto il suo interesse.
A differenza di quella del Comitato
economico e sociale, la ripartizione dei
seggi per Stato membro nel Comitato delle
regioni rimane valida come rappresentanza
degli enti pubblici regionali e locali degli
Stati membri e a tale scopo sarebbe
auspicabile che mantenessero i legami con
tali organismi grazie ad un mandato politico
elettivo.
Occorre invece riesaminare la ripartizione
dei seggi per Stato membro dal punto di
vista della dimensione e della popolazione
delle regioni interessate, già tuttora
inadeguata. Un'estrapolazione del sistema
attuale condurrebbe, in un'Unione di 28
membri, ad un Comitato delle regioni
composto di circa 370 membri, di cui ben
142 per i sette paesi più popolati che
rappresentano
più
del
70%
della
popolazione dell'Unione.
Sarebbe auspicabile, senza che ciò
indebolisca
l'attuale
efficienza
del
Comitato, una ripartizione per Stato
membro maggiormente rappresentativa
della
popolazione
ed
un'equilibrata
presenza delle collettività regionali e locali
degli Stati membri attuali e futuri.
La
Commissione
ritiene
che
la
composizione del Comitato delle regioni
dovrebbe seguire la stessa logica di quella
del Parlamento europeo. Nel suo parere
del 15 e 16 settembre 199919 , il Comitato
delle
regioni
delinea
la
propria
composizione in un numero di membri
uguale ad un terzo o alla metà degli
eurodeputati eletti in ciascuno Stato
membro. Tenuto conto del fatto che i
membri del Comitato delle regioni hanno
dei supplenti, la Commissione ritiene che il
numero dei membri del Comitato delle
regioni non dovrebbe superare un terzo del
numero degli eurodeputati (limite massimo
di 233 membri).
La Commissione propone alla conferenza :
 di limitare il numero dei membri del
Comitato delle regioni ad un terzo del
numero degli eurodeputati;
 di applicare un criterio di ripartizione tra
Stati membri identico a quello utilizzato
per il Parlamento.
Capitolo 2. Un processo decisionale
efficace
9. Introduzione
L'allargamento non inciderà solo sul
funzionamento e sulla composizione di
19
Parere 52/99 - parere sugli enti territoriali nel cuore
dell’Europa.
ciascuna istituzione, ma anche sul
processo decisionale dell’Unione. Già
ora il processo decisionale dell'Unione è
talvolta poco efficace. Le disposizioni in
vigore sono infatti il frutto di successive
modifiche dei trattati e non sempre sono
coerenti. È sicuramente necessaria una
razionalizzazione. Se questo intervento è
già necessario ora, lo è ancor più in
previsione dell'allargamento.
Decidere in un'Unione di 28 Stati membri
non è certamente la stessa cosa che
decidere ell'Unione a quindici. L'Unione
sarà inevitabilmente meno omogenea e le
differenze conomiche, culturali e politiche
tra gli Stati membri saranno profonde come
mai lo sono tate in tutta la storia
dell'integrazione europea.
È dunque imperativo preservare l'efficacia
di un processo decisionale che ha
permesso ll'Unione di diventare quello che
è - ossia il processo deve garantire che le
decisioni ell'Unione esprimono la volontà
politica dei rappresentanti di un'ampia
maggioranza dei ittadini dell'Unione,
evitando però, per la maggior parte dei
settori, l'obbligo dell'unanimità, vvero
combinando la legittimità con una certa
elasticità. Se in futuro l'Unione diventasse
eno efficace e meno ben armata per agire,
il processo d'integrazione si fermerà. I
nuovi tati membri entrerebbero in
un'Unione
incapace
d'azione,
che
rischierebbe di essere ostituita a termine
da altre forme d'integrazione più idonee a
superare l'inerzia di una truttura mal
preparata all'allargamento.
È quindi necessario rivedere il processo
decisionale, cioè principalmente le modalità
dell'iter decisionale del Consiglio, dal punto
di vista della legittimità delle sue decisioni e
della
capacità
d'azione
dell'Unione.
L'allargamento non dovrebbe invece avere
un impatto sul Parlamento europeo da
questo punto di vista.
Quanto precede suppone che il ricorso
all'unanimità sia limitato alle circostanze in
cui è giustificato da ragioni serie e durature
e che venga rafforzata la coerenza delle
procedure decisionali. Occorre anche
rafforzare la legittimità delle decisioni prese
a maggioranza qualificata, affinché siano
veramente rappresentative dell'equilibrio
relativo degli Stati membri. Infine, dovranno
diventare maggiormente operative le
disposizioni sulle cooperazioni rafforzate,
per permettere a taluni Stati membri di
oltrepassare,
all'interno
del
quadro
istituzionale
dell'Unione,
il
livello
d'integrazione comune a tutti.
10. Limitare il ricorso all'unanimità
Attualmente la maggior parte delle
decisioni del Consiglio richiede l’accordo di
una
maggioranza qualificata di Stati membri.
Tuttavia, nonostante le modifiche apportate
ai trattati dall’Atto unico europeo, dal
trattato di Maastricht e dal trattato di
Amsterdam, un numero relativamente
elevato di decisioni deve essere adottato
dal Consiglio all'unanimità, talvolta anche
in collegamento con una procedura di
codecisione. Tranne che per i casi in cui il
Consiglio
delibera
a
maggioranza
semplice, la Commissione propone alla
conferenza di limitare le eccezioni
all'unanimità, confermando come regola
generale per le deliberazioni del
Consiglio il principio della maggioranza
qualificata.
L'applicazione di questo principio è
essenziale.
Quando
è
necessaria
l'unanimità, il rischio di blocco aumenta
infatti in proporzione esponenziale rispetto
al numero ed alle diversità dei partecipanti.
Una decisione presa a maggioranza
qualificata suppone oggi l'accordo di
almeno 8 - 12 Stati membri.
Con i successivi allargamenti dell'Unione, il
campo d'applicazione della maggioranza
qualificata è stato gradualmente esteso.
Ma quest'evoluzione positiva non ha mai
seguito una logica prestabilita, come
invece è avvenuto quando sono stati
introdotti i trattati sull'Unione europea e di
Amsterdam. Ad Amsterdam la presidenza
olandese ha tentato di introdurre criteri
logici, ma il dibattito si è rapidamente
cristallizzato sull'approccio del caso per
caso. Il risultato non è perfettamente
coerente, soprattutto non è adeguato alle
esigenze di un'Unione efficiente.
Alla prossima conferenza sarà pertanto
necessario elaborare criteri semplici e
chiari, che permettano di ragionare per
grandi categorie di decisioni e non caso per
caso. La via in questo senso è stata aperta
dalla relazione della presidenza al
Consiglio europeo di Helsinki.
Per definire le differenti categorie, la
Commissione propone di partire dal
principio che la maggioranza qualificata,
tranne i casi in cui il Consiglio delibera a
maggioranza semplice, deve essere la
norma generale e il ricorso all'unanimità
l'eccezione 6 . Occorre dunque stabilire
le categorie di decisioni per le quali il
mantenimento
dell'unanimità
è
giustificato da ragioni serie e durature tenendo però sempre presente che il
criterio
dell'unanimità
in
un'Europa
allargata renderà estremamente difficile la
decisione e, per alcune politiche, potrà
significare la fine di qualsiasi seria
prospettiva
d'approfondimento
della
costruzione europea.
La Commissione ha identificato come
disposizioni per le quali ragioni serie e
durature giustificano l'eccezione alla norma
generale della maggioranza qualificata, le
seguenti
cinque
categorie
di
disposizioni. Nell'allegato 1 del presente
documento è riportato l'elenco delle
disposizioni del trattato CE20 alle quali,
secondo i criteri esposti, rimarrebbe
20
La Commissione non esclude però la possibilità di
ricorrere, in casi determinati e in via transitoria, ad una
forma di maggioranza qualificata rafforzata.
applicabile il21 principio dell'unanimità. A
titolo indicativo figura all'allegato 2 l'elenco
delle disposizioni deltrattato CE per le quali
è d'ora in poi previsto che il Consiglio
deliberi a maggioranza qualificata.
(i) Decisioni del Consiglio che devono
essere adottate dagli Stati membri
conformemente
alle
loro
norme
costituzionali
Un piccolo numero di disposizioni prevede
che il Consiglio deliberi all'unanimità e
raccomandi l'adozione da parte degli Stati
membri conformemente alle rispettive
norme costituzionali. Queste decisioni
entrano
in
vigore
soltanto
dopo
l'approvazione da parte dei Parlamenti
degli Stati membri. Sembra pertanto
opportuno
di
assicurarsi
a
livello
comunitario che ci sia l'accordo unanime
tra i governi degli Stati membri su questo
tipo di decisioni prima che vengano avviate
le procedure nazionali di ratifica. Un
esempio di questo tipo di disposizioni è
l'articolo 269 CE relativo al sistema di
risorse proprie.
(ii) Decisioni istituzionali essenziali e
decisioni che influiscono sull’equilibrio
istituzionale
21
La Commissione ha per ora limitato il proprio esame al
trattato CE. Gli allegati 1 e 2 del presentedocumento non
contemplano pertanto le basi giuridiche del trattato
sull'Unione, né quelle dei trattati CECA ed Euratom, né
altri atti del diritto primario (atti d'adesione, protocolli,
ecc.). La Commissione ha l’intenzione di presentare in un
secondo tempo alla conferenza talune proposte per i testi
di questi ultimi atti.
Gli allegati non comprendono nemmeno le disposizioni
del trattato CE che prevedono una decisione "di comune
accordo" dei governi degli Stati membri e che, per loro
natura, richiedono effettivamente un accordo unanime.
Sono le seguenti decisioni: nomina del consiglio direttivo
della BCE (art. 112 § 2 CE), nomina della Commissione,
(art. 214 § 2 CE ; art. 215, 2° comma CE), nomina dei
membri della Corte e del TPG (art. 223 e art. 225 § 3
CE), fissazione della sede delle istituzioni (art. 289 CE).
Alcune norme fondamentali relative
all'organizzazione e al funzionamento delle
istituzioni, in particolare quelle alla base
dell'equilibrio istituzionale, quando non
sono esplicitamente previste nei trattati,
sono decise dal Consiglio che delibera
all'unanimità. Si tratta di disposizioni per le
quali il mantenimento dell'unanimità può
essere giustificato, come ad esempio per
l'articolo 290 CE relativo al regime
linguistico delle istituzioni o anche l'articolo
202 CE relativo all'esercizio da parte della
Commissione di competenze esecutive
(comitatologia).
Inoltre una disposizione essenziale per
l'equilibrio istituzionale è l'articolo 250,
paragrafo 1del trattato CE, che prevede
che il Consiglio può emanare un atto che
costituisce un emendamento di una
proposta
della
Commissione
solo
deliberando all’unanimità22
(iii) Decisioni nei settori della fiscalità e
della sicurezza sociale, non legate al
buon
funzionamento del mercato interno.
Perché
riflettono
gli
orientamenti
fondamentali del legislatore nazionale in
materia di politica economica e sociale e di
solidarietà, la fiscalità e la sicurezza
sociale determinano fortemente le scelte
politiche nazionali dei cittadini e sono
pertanto settori per i quali è giustificato il
mantenimento
dell'unanimità
per
le
decisioni del Consiglio che li riguardano.
La Commissione non propone dunque
l’estensione
generalizzata
della
maggioranza
qualificata.
Tuttavia, alcuni aspetti di questi due
settori sono indissociabilmente legati al
buon funzionamento del mercato
interno ed all'esercizio delle quattro libertà
22
Poiché non si tratta di una base giuridica vera e
propria, l’articolo 250 CE non è ripreso nell'allegato 1
fondamentali (libera circolazione delle
merci, delle persone, dei servizi e dei
capitali). Gli scarsi progressi ottenuti
dall'acquis comunitario creano ancora gravi
ostacoli al funzionamento del mercato
interno. La Corte di giustizia, come risulta
dalla sua giurisprudenza, ha più volte
dichiarato
contrarie
al
trattato
le
disposizioni nazionali che restringono
indebitamente l'esercizio delle libertà del
mercato interno. Per i cittadini è motivo
d'insoddisfazione il fatto di dover ricorrere
alla giustizia per vedersi riconoscere i diritti
che derivano dai trattati. Per gli Stati
membri, è poco auspicabile che il diritto
comunitario in questo settore venga
sviluppato
caso
per
caso
dalla
giurisprudenza della Corte piuttosto che
attraverso un processo politico.
È necessaria un'impostazione comune
per eliminare questo tipo di ostacoli al
buon funzionamento del mercato interno, in
particolare quando i blocchi provocano
discriminazioni, doppia imposizione o
evasione fiscale. L’obiettivo dell’efficacia
impone per le questioni fiscali il voto a
maggioranza qualificata, entro i limiti che
salvaguardano il buon funzionamento del
mercato interno. Non si tratta dunque di
prevedere
un'armonizzazione
generalizzata dei sistemi, delle basi e
delle aliquote nazionali, che non sarebbe
peraltro compatibile con il principio di
sussidiarietà.
Inoltre, il voto a maggioranza qualificata
dovrebbe
essere
applicato
quando
l'armonizzazione della legislazione è stata
già
realizzata,
per
semplificare
e
aggiornare le regolamentazioni esistenti e
garantirne un'applicazione più uniforme. Si
tratta in particolare del sistema comune di
IVA o anche del sistema di circolazione e di
controllo dei prodotti sottoposti ad accise.
La Commissione propone la stessa
impostazione per il settore della sicurezza
sociale, nel quale un coordinamento delle
legislazioni nazionali esiste già da parecchi
decenni (regolamento n. 1408/71). Per
motivi di efficacia, questo regolamento
deve
poter
essere
aggiornato
a
maggioranza qualificata.
Infine, la Commissione attribuisce grande
importanza alla lotta contro le frodi,
importanza in continua crescita con la
soppressione delle frontiere fiscali per le
merci e la liberalizzazione dei movimenti di
capitali. Il voto a maggioranza qualificata
dovrebbe quindi essere anche applicato
alle misure che mirano a prevenire
l'evasione fiscale e la frode fiscale.
L'approccio proposto dalla Commissione
richiede un esame accurato delle
disposizioni del trattato interessate e una
nuova formulazione, per precisare,
all'interno degli articoli stessi,
le decisioni cui si applica la maggioranza
qualificata o l'unanimità. La Commissione
presenterà a suo tempo proposte
dettagliate.
(iv) Parallelismo tra decisioni interne ed
esterne
L’articolo 300 CE prevede un parallelismo
tra la regola di maggioranza applicabile alle
basi giuridiche interne e la procedura
decisionale per la conclusione degli accordi
internazionali.
Se la base giuridica interna prevede per
tale settore l'unanimità, il Consiglio
conclude all'unanimità anche gli accordi
che riguardano questo settore. La
Commissione ritiene motivato mantenere
quest'equilibrio. Tuttavia, non sembra
necessario
applicare
questo
rigido
parallelismo
quando
gli
accordi
internazionali richiedono l'adozione di
norme accessorie d'applicazione. Si tratta
degli accordi di cooperazione conclusi nel
quadro della convenzione ACP-CE per i
quali
sarebbe
opportuna
una
semplificazione del processo decisionale
per l'adozione delle norme di procedura
interna.
(v) Deroghe alle norme comuni del
trattato
Le norme del trattato si applicano a tutte le
istituzioni e a tutti gli Stati membri, come
l'acquis comunitario sviluppato su queste
basi. Le deroghe a quest'acquis, previste
dal trattato in alcuni casi assolutamente
eccezionali, costituiscono un passo indietro
rispetto agli obiettivi dell'Unione. La
Commissione ritiene giustificato che queste
eccezioni, come la possibilità per il
Consiglio, prevista dall'articolo 88 CE, di
decidere che un aiuto di stato,
normalmente contrario al trattato, debba
essere considerato compatibile con il
mercato interno, rimangano soggette alla
decisione unanime del Consiglio.
La Commissione propone alla conferenza:
 di
rendere
norma
generale
la
deliberazione a maggioranza qualificata;
 di definire le categorie di disposizioni per
le quali ragioni serie e durature
giustificano
il
mantenimento
dell'unanimità come eccezione alla
norma generale della maggioranza
qualificata.
11. Procedure decisionali
I cambiamenti proposti nella sezione
precedente devono essere completati da
un esame completo delle procedure
decisionali, per eliminare dal trattato talune
anomalie. È molto importante per il corretto
funzionamento
dell'Unione
allargata
garantire la coerenza tra le disposizioni che
disciplinano i diversi settori della sua
azione ed è essenziale per i cittadini
europei che le strutture decisionali
dell'Unione siano semplici e logiche,
dunque comprensibili. Dovrebbero essere
verificati il legame tra maggioranza
qualificata e comune accordo e la
soppressione
della
procedura
di
cooperazione, nonché la partecipazione del
Parlamento europeo a talune politiche
prevista dal trattato.
a. Associazione tra maggioranza
qualificata e procedura di codecisione
per le decisioni in materia legislativa
La partecipazione del Parlamento europeo
all'esercizio del potere legislativo, in
codecisione con il Consiglio, rafforza il
carattere democratico dell'azione della
Comunità23 . La codecisione in materia
legislativa appare sotto diversi aspetti
come un necessario complemento alla
deliberazione a maggioranza qualificata,
poiché questo sistema decisionale può, per
il proprio carattere, mettere in minoranza
alcuni Stati membri. È questo il motivo per
il quale, ai sensi dei trattati di Maastricht e
di Amsterdam, gran parte delle decisioni di
natura legislativa sono prese allo stesso
tempo a maggioranza qualificata e in
codecisione.
Per eliminare alcune anomalie e rendere
più coerenti le procedure decisionali, si
dovrà agire in due direzioni.
Innanzitutto, esistono nel trattato quattro
disposizioni (articoli 18, 42, 47 e 151 CE)
che prevedono contemporaneamente la
procedura di codecisione e l'unanimità.
L'applicazione
generalizzata
della
maggioranza qualificata porrà fine a questa
situazione e permetterà di ripristinare
l'effetto utile della codecisione.
In secondo luogo, le decisioni di natura
legislativa prese a maggioranza qualificata
devono essere associate alla procedura di
codecisione. Questo legame avrà per
effetto di estendere il campo della
codecisione. Sarà pertanto necessario, per
una maggiore efficienza, che il Parlamento
23
Relazione della Commissione sul campo
d’applicazione della codecisione, a norma dell’articolo
189 B,
paragrafo 8 del trattato (SEC (96)1225 del 3 luglio
1996)..28
instauri procedure interne, con termini
precisi, che consentano di adottare in
breve tempo le decisioni legislative.
Occorrerà inoltre precisare chiaramente la
nozione di atto legislativo. Sommariamente
lo si può definire come normativa di portata
generale, derivante direttamente dalle
disposizioni del trattato e che determina,
per qualsiasi azione della Comunità, i
principi fondamentali o gli orientamenti
generali, nonché gli elementi essenziali
dell'attuazione. La soluzione adottata per la
redazione dell'articolo 37 in allegato sarà
un'utile base di riflessione, alla quale la
Commissione fornirà il proprio contributo
nel corso della conferenza.
Le attuali disposizioni del trattato
dovranno
essere
esaminate
sistematicamente.
L'estensione della regola della codecisione
influirà in particolare su alcuni aspetti della
politica commerciale comune, della politica
agricola comune e della politica comune
della pesca. In quanto di natura legislativa,
le norme generali della politica
commerciale, come le normative di base
antidumping
e
antisovvenzioni,
la
regolamentazione relativa al meccanismo
di difesa contro gli ostacoli al commercio e i
regolamenti relativi ai regimi generali
all'esportazione
e
all'importazione,
dovranno essere adottati con la procedura
di codecisione. Lo stesso vale per gli
aspetti legislativi della politica agricola
comune e della politica comune della
pesca. Come già affermato in occasione
della
precedente
conferenza
intergovernativa, la Commissione ritiene
che la maggior parte delle misure adottate
in questo settore rientra nell'ambito di una
gestione rigorosa e non del settore
legislativo. La codecisione dovrebbe invece
essere utilizzata per un certo numero di atti
fondamentali per la concezione e
l'orientamento della politica agricola
comune e della politica comune della
pesca24 .
Con la futura generalizzazione della
maggioranza
qualificata,
occorrerà
dunque verificare se le disposizioni per le
quali era prevista l'unanimità sono di natura
legislativa e richiedono quindi una
procedura
di
codecisione.
La
Commissione
ha
elencato
tali
disposizioni nell’allegato 2 (rubrica A).
In questo contesto occorre segnalare
l'articolo 67, paragrafo 2 del trattato CE.
Questa disposizione particolare prevede
che il Consiglio, cinque anni dopo l'entrata
in vigore del trattato di Amsterdam (e
dunque a partire dal 1° maggio 2004), può,
deliberando all'unanimità, estendere la
procedura di codecisione a tutti o parte dei
settori contemplati dal titolo IV del trattato.
La Commissione non propone per il
momento di ridurre il periodo di cinque
anni, visto che l'applicazione generalizzata
della
maggioranza
qualificata
e
l'associazione con la codecisione per le
questioni legislative rendono automatica
l’applicazione
della
procedura
di
codecisione a tutti i settori del titolo IV.
b. Estensione dell’applicazione
dell’articolo 133 a tutti i servizi, agli
investimenti e ai diritti di proprietà
intellettuale
L’articolo 133, paragrafo 5 del trattato CE
permette, con decisione unanime del
Consiglio, di estendere i meccanismi della
politica commerciale comune ai negoziati e
accordi internazionali su servizi e diritti di
proprietà intellettuale. La Commissione
ritiene che questo dispositivo non sia
adeguato in prospettiva del raddoppio del
numero
di
Stati
membri.
La
24
Relazione della Commissione sul campo
d’applicazione della codecisione, a norma dell’articolo
189 B, paragrafo 8 del trattato (SEC (96)1225 del 3
luglio 1996), pag. 12..29
generalizzazione
della
maggioranza
qualificata determinerebbe una parziale
modifica di questa parte dell'articolo 133,
ma manterrebbe in vigore il disegno
essenziale di questa procedura decisionale
complicata e poco chiara. La Commissione
raccomanda piuttosto di apportare una
modifica
sostanziale
al
campo
d'applicazione
dell'articolo
133,
estendendolo ai servizi, agli investimenti e
ai diritti di proprietà intellettuale. L'articolo
133 CE dovrebbe dunque essere
riformulato.
c. Soppressione della procedura di
cooperazione
La Commissione ritiene che la procedura
di cooperazione (articolo 252 CE), che
prefigurava la procedura di codecisione,
dovrebbe essere eliminata. Il trattato di
Amsterdam ha sostituito in tutto il trattato
CE la procedura di cooperazione con
quella di codecisione, tranne che per
alcune disposizioni relative all’Unione
economica e monetaria (articoli 99,
paragrafo 5, 102, paragrafo 2, 103,
paragrafo 2 e 106, paragrafo 2 del trattato
CE). Questa distinzione tra le disposizioni
dell'UEM e le altre disposizioni del trattato
CE non è più necessaria e la soppressione
della procedura di cooperazione è motivata
da obiettivi di leggibilità e di semplicità dei
trattati. Le disposizioni in questione
dovrebbero
essere
sottoposte
alla
procedura
di
codecisione
quando
permettono di adottare atti di natura
legislativa. La conferenza dovrebbe
consultare la Banca centrale europea sulle
modifiche
istituzionali
nel
settore
monetario.
d. Competenze del Parlamento europeo
Per i settori diversi da quelli legislativi, la
partecipazione del Parlamento al processo
decisionale assume forme diverse, come il
parere
conforme.
Tuttavia,
alcune
disposizioni
del
trattato
relative
all’attuazione delle politiche dell’Unione
non
prevedono
l’intervento
del
Parlamento. La Commissione ritiene
necessario correggere questa situazione,
in particolare per quanto riguarda la
conclusione di accordi commerciali.
L'estensione
della
codecisione
alle
decisioni legislative in materia di politica
commerciale
comune
comporta
l'estensione
della
procedura
di
consultazione prevista all'articolo 300,
terzo comma del trattato CE agli accordi
commerciali con uno o più Stati o
organizzazioni internazionali. Si tratta infatti
dell'unica eccezione alla regola di
consultazione del Parlamento europeo
prima della conclusione di accordi
internazionali. Sarebbe pertanto necessario
garantire che gli accordi che hanno notevoli
implicazioni economiche e commerciali su
scala mondiale possano essere conclusi
soltanto previo parere conforme del
Parlamento europeo.
Per esercitare questo ruolo in piena
cognizione di causa, il Parlamento europeo
dovrebbe essere tenuto regolarmente al
corrente dello svolgimento dei negoziati
sugli accordi commerciali tra la Comunità e
uno o più Stati o organizzazioni
internazionali. Occorre pertanto adattare di
conseguenza l'articolo 133, paragrafo 3 del
trattato.
La Commissione propone alla conferenza:
 di stabilire per tutte le decisioni a
carattere legislativo un’associazione tra
la maggioranza
 qualificata e la procedura di codecisione;
 di estendere il campo d’applicazione
dell’articolo 133 a tutti i servizi, agli
investimenti e ai diritti di proprietà
intellettuale;
 di
eliminare
la
procedura
di
cooperazione;
 di
prevedere
la
consultazione
obbligatoria del Parlamento europeo
prima della conclusione di accordi
commerciali tra la Comunità e uno o più
Stati o organizzazioni internazionali e il
parere conforme prima della conclusione
di
accordi
che
hanno
notevoli
implicazioni economiche e commerciali
su scala mondiale.
12. Determinazione della maggioranza
qualificata in Consiglio
a. Il sistema attuale e la sua evoluzione
Il Consiglio rappresenta i governi degli
Stati membri, formati a seguito di elezioni
democratiche e responsabili nei confronti
dei Parlamenti nazionali.
L’articolo 205 del trattato CE prevede che,
salvo disposizioni contrarie, le deliberazioni
del Consiglio sono valide se approvate a
maggioranza
dei
membri
che
lo
compongono. Gli autori dei trattati hanno
tuttavia tenuto conto fin dall’origine del fatto
che gli Stati membri non avevano un
peso demografico comparabile. Il
sistema della maggioranza qualificata, che
si basa sulla differenziazione degli Stati
membri, è stato previsto per evitare il
rischio di paralisi inerente al sistema
dell'unanimità
e
per
rafforzare
la
rappresentatività
democratica
delle
decisioni del Consiglio.
Gli autori del trattato hanno deciso un
sistema di ponderazione dei voti sulla
base della popolazione dei diversi Stati
membri, con una significativa correzione a
favore degli Stati meno popolati per tenere
conto dell'individualità di ciascun paese. La
soglia della maggioranza qualificata, ossia
il numero minimo di voti necessario per una
decisione espresso in percentuale del
totale dei voti, è stata fissata al livello
intermedio tra la maggioranza semplice del
numero di voti e l'unanimità. È sempre
stato lievemente superiore al 70 %. Con i
successivi
allargamenti,
gli
equilibri
originari sono stati in gran parte mantenuti,
tranne che per la rappresentatività
democratica delle decisioni prese a
maggioranza qualificata.25
La maggioranza qualificata ha sempre
rappresentato un’ampia maggioranza in
termini di
popolazione degli Stati membri favorevoli
alla decisione. Con l’adesione successiva
di nove Stati, lo squilibrio voluto
inizialmente si è accentuato a scapito degli
Stati più popolati: così, la popolazione
25
Evoluzione della maggioranza qualificata in termini di
numero di voti e in termini di
rappresentatività della popolazione dal 1958 al 1995
b
c
d
e f
g h
a
17 12 (70,59 3 67,70 2 34,83
1958 6
%)
%
%
58 42 (72,41 5 70,62 2 12,31
1973 9
%)
%
%
1981 10 63 45 (71,43 5 70,13 2 13,85
%)
%
%
1986 12 76 54 (71,05 7 63,29 3 12,12
%)
%
%
1995 15 87 62 (71,26 8 58,16 3 12,05
%)
%
%
a- anno
b- numero di Stati membri della Comunità o dell'Unione
c- numero totale dei voti
d- maggioranza qualificata in voti ( e in percentuale di
voti)
e- numero minimo di Stati membri necessari per formare
una maggioranza qualificata
f- popolazione minima necessaria per raggiungere la
maggioranza qualificata
g- numero minimo di Stati membri necessari per formare
una minoranza di blocco
h- popolazione minima rappresentata dalla combinazione
di voti che costituisce la più piccola minoranza di blocco.
minima richiesta per raggiungere la
maggioranza qualificata è passata dal 67%
(sei Stati membri) o 70% (nove e dieci Stati
membri) al 58% (quindici Stati membri).
La ponderazione dei voti ha inoltre avuto
come conseguenza che la maggioranza
qualificata rappresenta sempre almeno la
metà del numero degli Stati.
Per quanto riguarda la minoranza di
blocco, si noti che una decisione del
Consiglio a maggioranza qualificata può
essere bloccata sia dall'opposizione di tre
Stati membri più popolati, sia da un gruppo
di Stati membri meno popolati che dal 1973
rappresentano dal 12 al 13% della
popolazione totale.
Da
un'estrapolazione
(cfr.
tabella
dell'allegato 3) risulta che, se si
mantenesse
il
sistema
attuale
di
ponderazione dei voti dei membri del
Consiglio, la maggior parte dei parametri
resterebbe relativamente stabile e, ad ogni
allargamento, diminuirebbe regolarmente la
rappresentatività in termini di popolazione
di una decisione presa a maggioranza
qualificata.
Infatti, quando l'Unione conterà 28 Stati
membri, con la soglia della maggioranza
qualificata fissata a 102 voti su 144
(70,83%), una decisione potrebbe essere
adottata a maggioranza qualificata, nel
caso più estremo, da una combinazione di
Stati membri che rappresenterebbe
soltanto il 51,35% della popolazione totale
dell'Unione. In un'Unione a 27 membri26 ,
con la soglia della maggioranza qualificata
fissata a 95 voti su 134 (70,90%), questa
percentuale sarebbe del 50,20%. Con una
soglia di 94 voti su 134 (70,15%), una
decisione potrebbe essere presa a
maggioranza
qualificata
da
una
combinazione di Stati membri che
rappresenterebbero soltanto il 46,41%
dell'Unione. È vero che, in questi casi
26
Ossia tutti i paesi con i quali i negoziati di adesione
sono già aperti o si apriranno all'inizio del 2000
estremi
e
probabilmente
teorici,
occorrerebbe l'accordo di 23 Stati membri
su 27 o 28. Tuttavia, questa diminuzione
della rappresentatività in termini di
popolazione traduce chiaramente l’effetto
aritmetico di un allargamento se il
sistema attuale di ponderazione e di
calcolo della maggioranza qualificata
rimane invariato. Ciò si spiega con il fatto
che soltanto tre dei tredici candidati
all'adesione sono più popolati della media
degli Stati membri attuali.
b. Mantenere la legittimità delle
decisioni del Consiglio in un'Unione
allargata
Per
compensare
gli
effetti
dell'allargamento, sarà necessario stabilire
un sistema semplice e più rappresentativo
del peso relativo degli Stati membri.
Opzione 1. Nuova ponderazione dei voti
degli Stati membri
Se rimangono invariate le ponderazioni dei
voti degli Stati membri, l’adesione di tredici
nuovi paesi, tre soltanto dei quali hanno un
numero di abitanti superiore alla media
degli Stati membri attuali, amplificherà, ad
ogni allargamento, lo squilibrio che si è
instaurato gradualmente tra gli Stati
membri più popolati e gli altri.
Il principio di una nuova ponderazione
dei voti figura espressamente nel
protocollo sulle istituzioni in previsione
dell'allargamento dell'Unione europea,
allegato al trattato di Amsterdam.
Due parametri devono essere esaminati: il
numero di voti attribuito a ogni membro
del Consiglio e la soglia, ossia il numero
minimo di voti espresso in percentuale del
totale dei voti, necessaria per una
decisione. Per definire questi parametri,
occorre porre due obiettivi: quello di non
rendere l'iter decisionale più difficile e
quello di fare in modo che la
maggioranza qualificata degli Stati
membri rappresenti una percentuale
della popolazione totale dell'Unione
simile agli equilibri d'origine.
Per non rendere la decisione più
difficile, sarà opportuno stabilizzare la
soglia in modo definitivo nel trattato, anche
ad un livello inferiore a quello attuale, al 71
%. In tal modo, l'unica decisione da
prendere in occasione di ogni nuova
adesione sarà fissare l'altro parametro,
ossia il numero di voti attribuito al paese
aderente.
Per ripristinare la rappresentatività della
maggioranza qualificata e ritrovare gli
equilibri d'origine, occorre aumentare il
peso relativo dei voti degli Stati membri
più popolati. Con la nuova ponderazione,
la
maggioranza
qualificata
dovrà
rappresentare almeno i due terzi circa della
popolazione totale dell'Unione.
Occorre notare tuttavia che questa nuova
ponderazione non garantirebbe più che
una decisione presa a maggioranza
qualificata associ almeno la metà del
numero totale degli Stati membri, come
avviene attualmente. Si potrebbe ovviare a
questa situazione esplicitando nel trattato
che una decisione può essere adottata a
maggioranza qualificata soltanto quando
questa maggioranza comprende almeno la
metà degli Stati membri. In questo caso
verrebbe codificata una prassi che è
sempre stata la conseguenza aritmetica
della ponderazione dei voti prevista dai
primi trattati.
Opzione 2. Doppia maggioranza semplice
Pur
riconoscendone
i
meriti,
la
Commissione
sottolinea
che
la
ponderazione dei voti è troppo complessa
per essere facilmente compresa dai
cittadini. Per questo motivo è preferibile
indicare direttamente nel trattato, in modo
chiaro e definitivo, le condizioni necessarie
dell'iter decisionale del Consiglio in un
contesto di leggibilità, semplicità e
decisionalità democratica. La Commissione
raccomanda di prevedere che una
decisione a maggioranza qualificata è
valida solo se contemporaneamente:
 ottiene la maggioranza semplice dei
voti degli Stati membri27;
 il voto rappresenta la maggioranza
della popolazione totale dell’Unione.
Ridefinire in questi termini la maggioranza
qualificata sarebbe una prova della volontà
di trasparenza nei confronti dei cittadini
europei.
Questo sistema di doppia maggioranza si
differenzia radicalmente dalle proposte
esaminate dalla precedente conferenza
intergovernativa, ai termini delle quali la
maggioranza
qualificata
dovrebbe
comprendere allo stesso tempo una
maggioranza qualificata della popolazione
europea e una maggioranza qualificata del
numero di voti espressi. Secondo il parere
della Commissione queste proposte sono
in
contraddizione
con
l'obiettivo
fondamentale di semplicità e di trasparenza
e renderebbero anche il processo
decisionale molto più complesso e difficile.
Con la doppia maggioranza semplice si
tiene conto direttamente del peso relativo
degli Stati membri in termini di
popolazione, avvantaggiando i paesi più
popolati, e questo peso rimarrebbe per
definizione immutato anche con ulteriori
allargamenti
dell'Unione.
Stabilendo
l'obbligo che sia rappresentata almeno la
metà degli Stati membri, il metodo
impedisce a taluni Stati membri con
popolazione particolarmente elevata di
prendere una decisione contraria ad una
maggioranza di Stati membri meno
popolati. Quest'ultima condizione stabilisce
l'uguaglianza di tutti gli Stati membri,
indipendentemente
dalla
loro
entità
demografica.
27
La Commissione ritiene tuttavia che dovrebbe essere
mantenuta la norma prevista all’articolo 205, paragrafo 2,
secondo comma CE, secondo la quale la decisione a
maggioranza qualificata deve ottenere l’accordo dei due
terzi degli Stati membri quando non è presa su proposta
della Commissione.
Le difficoltà pratiche della doppia
maggioranza
semplice
risiedono
principalmente al livello del calcolo
concreto della maggioranza qualificata.
Occorrerebbe definire i parametri numerici
relativi alla popolazione (quale anno di
riferimento, quale periodicità per la
revisione delle cifre?).
Ma la doppia maggioranza semplice ha il
vantaggio della semplicità e della
trasparenza.
Inoltre, il sistema non avrebbe bisogno di
essere modificato ad ogni nuova adesione.
La Commissione propone alla conferenza :
Pur riconoscendo i meriti di una nuova
ponderazione dei voti che garantirebbe che
la maggioranza qualificata rappresenta i
due
terzi
circa
della
popolazione
dell'Unione e il 70% del totale dei voti,
escludendo che una decisione possa
essere presa da una minoranza di Stati
membri, la Commissione raccomanda di
prevedere nel trattato che una decisione
presa a maggioranza qualificata deve
ottenere la maggioranza semplice degli
Stati membri che rappresentano la
maggioranza della popolazione totale
dell'Unione.
13. Le forme della cooperazione
rafforzata
Il trattato di Amsterdam ha introdotto nei
trattati disposizioni generali che permettono
agli Stati membri di instaurare tra di loro, a
talune condizioni, una cooperazione
rafforzata mediante il ricorso alle istituzioni,
procedure e meccanismi previsti dai trattati
(articoli da 43 a 45 e 40 del trattato
sull’Unione europea; articolo 11 del trattato
CE). La cooperazione rafforzata non esiste
nel settore della politica estera e di
sicurezza comune, nel quale è tuttavia
prevista "l'astensione costruttiva" (articolo
23, paragrafo 1, secondo comma, TUE).
Le
caratteristiche
del
prossimo
allargamento impongono la necessità di
rendere efficacemente operative queste
nuove disposizioni. La configurazione più
eterogenea dell'Unione allargata non
dovrebbe ostacolare quegli Stati membri
che intendono utilizzare il quadro
istituzionale
dell'Unione
per
una
cooperazione reciproca più stretta.
La Commissione non vorrebbe fossero
modificate le condizioni di fondo previste
dall'articolo 11, paragrafo 1 del trattato CE
e dall'articolo 43, paragrafo 1 del trattato
sull'Unione
europea.
Essa
ritiene
essenziale
preservare,
anche
nell'allargamento, l'acquis comunitario e la
base comune delle politiche comunitarie
fino ad ora sviluppate a quindici.
Le
disposizioni
sulla
cooperazione
rafforzata non dovrebbero essere utilizzate
dagli Stati membri attuali per ridurre gli
obblighi dei futuri Stati membri. Sarà
certamente necessario, in taluni settori,
prevedere periodi transitori per permettere
ai nuovi Stati membri di applicare
interamente l'acquis dell'Unione. Ma non si
può transigere sul contenuto dell'acquis né
sulla necessità di completare questa
convergenza. Si tratta della posta stessa
del processo d'allargamento.
La Commissione propone invece di
apportare due modifiche alle condizioni
formali attualmente previste dai trattati
per la cooperazione rafforzata. Con
l'allargamento, la necessità di ricorrere alle
cooperazioni
rafforzate
potrebbe
aumentare e occorre pertanto evitare che
gli Stati che desiderano cooperare tra di
loro in modo più approfondito si trovino al
di fuori del quadro istituzionale previsto dai
trattati, come lo hanno fatto ad esempio
alcuni di loro con la convenzione di
Schengen prima che il trattato offrisse altre
possibilità.
La prima modifica riguarda il numero
minimo di Stati membri richiesto per
instaurare una cooperazione rafforzata nel
quadro istituzionale dell'Unione. Il trattato
prevede oggi che una cooperazione
rafforzata
deve
riguardare
una
maggioranza di Stati membri (articolo 43,
paragrafo1), ossia attualmente almeno
otto. La Commissione ritiene che dopo
l’allargamento dovrebbe essere prevista
una soglia di un terzo degli Stati
membri. Le condizioni di base che
disciplinano il ricorso alle cooperazioni
rafforzate sono infatti sufficientemente
rigorose per evitare il moltiplicarsi di
iniziative di questo tipo e il rischio di
un'eccessiva frammentazione dell'Unione considerando anche che per instaurare
questa cooperazione rafforzata occorre
l'accordo di una maggioranza qualificata di
Stati membri.
La seconda modifica consiste nell'eliminare
la possibilità per uno Stato membro di
chiedere una decisione unanime del
Consiglio europeo quando si oppone alla
decisione presa dagli Stati membri a
maggioranza qualificata di autorizzare una
cooperazione rafforzata. In.36 un'Unione
allargata, questa possibilità di veto sarebbe
un ostacolo eccessivo al ricorso, pertanto
essenziale,
al
meccanismo
delle
cooperazioni rafforzate.
Oltre a queste due modifiche, la
Commissione propone che in futuro il
trattato
permetta
di
instaurare
la
cooperazione rafforzata anche in materia di
politica estera e di sicurezza comune. Sarà
necessario fissare sempre a un terzo del
numero totale il numero minimo di Stati
membri e definire le condizioni di base
necessarie,
in
modo
che
questa
cooperazione
venga
utilizzata
in
circostanze ben definite e non pregiudichi
l'integrazione già realizzata in questo
settore.
La Commissione propone alla conferenza :
 di eliminare la possibilità per uno Stato
membro di chiedere al Consiglio
europeo una decisione all'unanimità
sull'autorizzazione ad instaurare una
cooperazione rafforzata (soppressione
del secondo comma dell'articolo 11,
paragrafo 2, del trattato CE e
soppressione del secondo comma
dell'articolo 40, paragrafo 2 del trattato
UE);
 di fissare a un terzo degli Stati membri il
numero minimo di Stati necessario per
instaurare una cooperazione rafforzata
nel quadro del trattato;
 di prevedere la possibilità di instaurare,
a determinate condizioni, cooperazioni
rafforzate nel settore della politica estera
e di sicurezza comune.
Conclusioni
L’Unione deve migliorare i suoi metodi di
funzionamento. Deve anche armarsi per
rispondere alla sfida dell’allargamento e
deve, avviando una vera e propria riforma
radicale delle sue istituzioni, dimostrare la
volontà politica di far fronte alle
responsabilità che intende assumersi
accogliendo nuovi Stati membri.
I nuovi impegni recentemente assunti nei
confronti dei paesi candidati, impongono
una profonda e duratura ristrutturazione
istituzionale dell'Unione.
La struttura istituzionale che emergerà
dalla conferenza intergovernativa e dai
lavori
di
riesame
in
materia
di
funzionamento delle istituzioni deve essere
allo stesso tempo sufficientemente solida
per
evitare
la
paralisi
dell'azione
comunitaria e sufficientemente flessibile
per procedere senza deviazioni verso
l'obiettivo dell'integrazione europea. Il
quadro che la conferenza deciderà sarà
l'Europa politica di domani.
Credere che le grandi riforme istituzionali
possano attendere un'altra conferenza è
un'illusione
pericolosa,
che
la
Commissione intende combattere. Una
seconda conferenza rischierebbe di
ritardare l'allargamento che la riforma deve
preparare.
La conclusione della conferenza è prevista
entro la fine del 2000. Questa non può
permettersi di chiudere i lavori lasciando
questioni non risolte. Il risultato è un
obbligo, pena la credibilità dell'Unione.
Quest'obbligo
deriva
anche
dalle
aspettative dei cittadini nei confronti di uno
spazio europeo di pace e di solidarietà, che
desiderano condividere e comprendere
maggiormente. La riforma di cui deciderà
la conferenza deve quindi essere
l'occasione di un vero dialogo con i
cittadini.
Le istituzioni europee e soprattutto gli Stati
membri dovrebbero impegnarsi in tale
dialogo.
La Commissione dal canto suo attiverà i
mezzi necessari per dar vita ad un reale
dibattito
sulla riforma istituzionale e il futuro
dell'Europa.
Il Consiglio europeo di Helsinki ha definito
le modalità per l'associazione stretta e
concreta del Parlamento europeo ai lavori
della conferenza. La Commissione
auspica che, su questa base, la
concertazione con il Presidente e i
rappresentanti del Parlamento europeo
nel corso del negoziato sia quanto più
aperta e più costruttiva possibile. Essa
accoglierà in uno spirito di cooperazione e
d'ascolto le proposte presentate dal
Parlamento europeo.
Nello stesso spirito la Commissione
fornirà
le
dovute
spiegazioni
e
parteciperà al dialogo
necessario con i Parlamenti nazionali.
La riforma che si intende avviare è
soprattutto destinata a rafforzare le
strutture
dell'Europa
allargata.
Conformemente alle conclusioni del
Consiglio europeo di Helsinki, saranno
organizzati regolari scambi di opinioni
con i paesi candidati, nelle appropriate
sedi
esistenti.
Saranno
informati
dell'evoluzione dei negoziati anche i paesi
dello Spazio economico europeo.
Progetti di articoli
Articoli del trattato CE
Il Parlamento europeo 189, 190
La Commissione 215, 213, 217, 219
La Corte dei conti 247
Il Comitato economico e
sociale
257, 258, 259, 262
Il Comitato delle Regioni 263
Procedure decisionali 37, 67, 133, 300
Cooperazione rafforzata 43 TUE, 40 TUE,
11.39
IL PARLAMENTO EUROPEO
Testo attuale del trattato CE
IL PARLAMENTO EUROPEO
ARTICOLO 189
Il Parlamento europeo, composto di rappresentanti
dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità, esercita
i poteri che gli sono attribuiti dal presente trattato.
Il numero dei Membri del Parlamento europeo non
può essere superiore a settecento.
Progetto di modifica
ARTICOLO 189
Il Parlamento europeo, composto di rappresentanti
dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità, esercita
i poteri che gli sono attribuiti dal presente trattato.
Il numero dei Membri del Parlamento europeo non
può essere superiore a
Settecento.
ARTICOLO 190
1. I rappresentanti, al Parlamento europeo, dei
popoli degli Stati riuniti nella Comunità sono eletti a
suffragio universale diretto.
ARTICOLO 190
1. I rappresentanti, al Parlamento europeo, dei
popoli degli Stati riuniti
nella Comunità sono eletti a suffragio universale
diretto
2. Il numero dei rappresentanti eletti in ogni Stato 2. Il Parlamento europeo è composto di:
a) [...] rappresentanti eletti su liste presentate
membro è fissato
per l'intero territorio
come segue:
della Comunità;
Belgio 25
b) [...] rappresentanti eletti in ogni Stato
Danimarca 16
membro secondo la seguente
Germania 99
ripartizione:
Grecia 25
Belgio [...]
Spagna 64
Danimarca [...]
Francia 87
ecc..41
Irlanda 15
Italia 87
Lussemburgo 6
Paesi Bassi 31
Austria 21
Portogallo 25
Finlandia 16
Svezia 22
Regno Unito 87.
In caso di modifiche del presente paragrafo, il
numero dei rappresentanti
In caso di modifiche del presente paragrafo, il
eletti in ciascuno Stato membro deve garantire numero dei rappresentanti
un’adeguata rappresentanza
eletti in ciascuno Stato membro deve garantire
dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità.
un’adeguata rappresentanza
3. - 5. (...)
dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità
3. - 5. (...)
LA COMMISSIONE
ARTICOLO 215
A parte i rinnovamenti regolari e i decessi, le
funzioni dei membri della Commissione cessano
individualmente per dimissioni volontarie o d’ufficio.
L’interessato è sostituito per la restante durata del
suo mandato da un nuovo membro, nominato di
comune accordo dai governi degli Stati membri. Il
Consiglio, deliberando all’unanimità, può decidere
che non vi è motivo di procedere ad una
sostituzione.
In caso di dimissioni o di decesso, il presidente è
sostituito per la restante durata del suo mandato.
ARTICOLO 215
Un membro della Commissione presenta le
dimissioni al presidente quando questi le
richieda. A parte i rinnovamenti regolari e i decessi,
le funzioni dei membri della Commissione cessano
individualmente per dimissioni volontarie, a
richiesta del presidente oppure d’ufficio.
L’interessato è sostituito per la restante durata del
suo mandato da un nuovo membro. Questi,
designato di comune accordo dal presidente
della Commissione e dai governi degli Stati
membri, é nominato da questi ultimi di comune
Per la sua sostituzione si applica la procedura
prevista dall’articolo 214, paragrafo 2.
Salvo in caso di dimissioni d’ufficio, previste
dall’articolo 216, i membri della Commissione
restano in carica fino a quando non si sia
provveduto alla loro sostituzione.
accordo. Il Consiglio, deliberando all’unanimità, può
decidere che non vi è motivo di procedere ad una
sostituzione.
In caso di dimissioni o di decesso, il presidente è
sostituito per la restante durata del suo mandato.
Per la sua sostituzione si applica la procedura
prevista dall’articolo 214, paragrafo 2.
Salvo in caso di dimissioni richieste dal
presidente o di dimissioni d’ufficio, previste
dall’articolo 216, i membri della Commissione
restano in carica fino a quando non si sia
provveduto alla loro sostituzione.
Composizione della Commissione: opzione 1
ARTICOLO 213
1. La Commissione è composta di venti membri,
scelti in base alla loro competenza generale e che
offrano ogni garanzia di indipendenza.
Il numero dei membri della Commissione può
essere modificato dal Consiglio, che delibera
all’unanimità.
Soltanto cittadini degli Stati membri possono essere
membri della Commissione.
La Commissione deve comprendere almeno un
cittadino di ciascuno Stato membro, senza che il
numero dei membri cittadini di uno stesso Stato sia
superiore a due.
2. (...)
ARTICOLO 213
1. La Commissione è composta di venti membri,
scelti in base alla loro competenza generale e che
offrano ogni garanzia di indipendenza.
(comma soppresso)
(comma soppresso)
La Commissione è composta di un cittadino di
ciascuno Stato membro a turno, secondo il
seguente ordine di Stati membri: ......
(In caso di modifica di questo elenco in seguito
a future adesioni, l’ordine di successione degli
Stati membri va stabilito in modo da garantire
una composizione equilibrata sotto il profilo
della posizione geografica e delle dimensioni
degli Stati membri)
2. (...)
Composizione della Commissione: opzione 2
ARTICOLO 213
1. La Commissione è composta di venti membri,
scelti in base alla loro competenza generale e che
offrano ogni garanzia di indipendenza.
ARTICOLO 213
1. La Commissione è composta di un cittadino
di ciascuno Stato membro, scelto in base alla
sua competenza generale e che offra ogni
garanzia di indipendenza.
Il numero dei membri della Commissione può (comma soppresso)
essere modificato dal Consiglio, che delibera
all’unanimità.
Soltanto cittadini degli Stati membri possono essere (comma soppresso)
membri della Commissione.
La Commissione deve comprendere almeno un (comma soppresso)
cittadino di ciascuno Stato membro, senza che il
numero dei membri cittadini di uno stesso Stato sia
superiore a due.
2. (...)
2. (...)
ARTICOLO 217
La Commissione può nominare
vicepresidenti tra i suoi membri.
uno
o
ARTICOLO 217
due Il presidente determina gli indirizzi politici della
Commissione.
Il presidente può nominare, tra i membri della
Commissione, dei vicepresidenti incaricati di
coordinare
e
dirigere
l'azione
della
Commissione in un determinato settore.
ARTICOLO 219
La Commissione agisce nel quadro degli
orientamenti politici del suo presidente.
Le deliberazioni della Commissione sono prese a
maggioranza del numero dei suoi membri previsto
dall’articolo 213.
La Commissione può tenere una seduta valida solo
se è presente il numero dei membri stabilito nel suo
regolamento interno.
Il presidente può attribuire ai membri della
Commissione, per l'intero loro mandato o per
parte di esso, funzioni o compiti speciali, con
l'eventuale assistenza di servizi amministrativi.
ARTICOLO 219
(capoverso
soppresso
in
seguito
alla
riformulazione dell’articolo 217)
Le deliberazioni della Commissione sono prese a
maggioranza del numero dei suoi membri previsto
dall’articolo 213. A parità di voti, prevale il voto
del presidente.
La Commissione può tenere una seduta valida solo
se è presente il numero dei membri stabilito nel suo
regolamento interno.
LA CORTE DEI CONTI
ARTICOLO 247
1. La Corte dei conti è composta di quindici membri.
2. I membri della Corte dei conti sono scelti tra
personalità che fanno o hanno fatto parte, nei
rispettivi paesi, delle istituzioni di controllo esterno o
che posseggono una qualifica specifica per tale
funzione. Essi devono offrire tutte le garanzie di
indipendenza.
3. I membri della Corte dei conti sono nominati per
un periodo di sei anni dal Consiglio, che delibera
all’unanimità, previa consultazione del Parlamento
europeo.
I membri della Corte dei conti possono essere
nuovamente nominati.
I membri designano tra di loro, per tre anni, il
presidente della Corte dei conti. Il mandato del
presidente è rinnovabile.
ARTICOLO 247
1. La Corte dei conti è composta di dodici membri.
2. I membri della Corte dei conti sono scelti tra
personalità che fanno o hanno fatto parte, nei
rispettivi paesi, delle istituzioni di controllo esterno o
che posseggono una qualifica specifica per tale
funzione. Essi devono offrire tutte le garanzie di
indipendenza.
3. I membri della Corte dei conti sono nominati per
un periodo di sei anni dal Consiglio, che delibera a
maggioranza qualificata (*), previa consultazione
del Parlamento europeo.
Il mandato dei membri non è rinnovabile. Ogni
tre anni si procede a un rinnovo parziale dei
membri.
I membri designano tra di loro, per tre anni, il
presidente della Corte dei conti. Il mandato del
presidente è rinnovabile.
4. - 9. (...)
4. - 9. (...)
(*)Come conseguenza della generalizzazione del
voto a maggioranza qualificata.
IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE
ARTICOLO 257
È istituito un Comitato economico e sociale, a
carattere consultivo.
Il Comitato è composto di rappresentanti delle varie
categorie della vita economica e sociale, in
particolare dei produttori, agricoltori, vettori,
lavoratori, commercianti e artigiani, nonché delle
libere professioni e degli interessi generali.
ARTICOLO 257
È istituito un Comitato economico e sociale, a
carattere consultivo.
Il Comitato è composto di rappresentanti delle varie
componenti della società civile.
ARTICOLO 258
Il Comitato economico e sociale è composto di
ARTICOLO 258
Il numero dei membri del Comitato economico e [...] membri.
sociale è fissato come segue:
Belgio 12
Danimarca 9
Germania 24
Grecia 12
Spagna 21
Francia 24
Irlanda 9
Italia 24
Lussemburgo 6
Paesi Bassi 12
Austria 12
Portogallo 12
Finlandia 9
Svezia 12
Regno Unito 24.
I membri del Comitato sono nominati per quattro
anni dal Consiglio, che delibera all’unanimità. Il loro
mandato è rinnovabile.
I membri del Comitato non devono essere vincolati
da alcun mandato operativo. Essi esercitano le loro
funzioniin piena indipendenza, nell’interesse
generale della Comunità.
Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata,
fissa le indennità dei membri del Comitato.
ARTICOLO 259
1. Ogni Stato membro, per la nomina dei membri
del Comitato, invia al Consiglio un elenco
comprendente un numero di candidati doppio di
quello dei seggi attribuiti ai propri cittadini.
La composizione del Comitato deve tener conto
della necessità di assicurare una rappresentanza
adeguata alle diverse categorie della vita
economica e sociale.
2. Il Consiglio consulta la Commissione. Esso può
chiedere il parere delle organizzazioni europee
rappresentative dei diversi settori economici e
sociali interessati all’attività della Comunità.
I membri del Comitato sono nominati per quattro
anni dal Consiglio, che delibera a maggioranza
qualificata (*).Il loro mandato è rinnovabile.
I membri del Comitato non devono essere vincolati
da alcun mandato imperativo. Essi esercitano le
loro funzioni in piena indipendenza, nell’interesse
generale della Comunità.
Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata,
fissa le indennità dei membri del Comitato.
ARTICOLO 262
Il Consiglio o la Commissione sono tenuti a
consultare il Comitato nei casi previsti dal presente
trattato. Tali istituzioni possono consultarlo in tutti i
casi in cui lo ritengano opportuno. Il Comitato,
qualora lo ritenga opportuno, può formulare un
parere di propria iniziativa.
(le modalità
definire).
della
composizione
sono
da
I membri del Comitato sono nominati per quattro
anni dal Consiglio, che delibera a maggioranza
qualificata. Il loro mandato è rinnovabile.
I membri del Comitato non devono essere vincolati
da alcun mandato operativo. Essi esercitano le loro
funzioniin piena indipendenza, nell’interesse
generale della Comunità.
Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata,
fissa le indennità dei membri del Comitato.
* Come conseguenza della generalizzazione del
voto a maggioranza qualificata.
ARTICOLO 259
Gli Stati membri e le organizzazioni della
società civile rappresentative a livello europeo,
possono presentare candidati alla carica di
membro del Comitato. Il Consiglio, deliberando
a maggioranza qualificata, su proposta della
Commissione e previa consultazione del
Parlamento europeo, determina le modalità per
designare i membri del Comitato.
Il Consiglio, previa consultazione della
Commissione, nomina i membri del Comitato
tenendo conto della necessità di assicurare una
rappresentanza adeguata alle varie componenti
della società civile, nonché un equilibrio
geografico.
ARTICOLO 262
Il Comitato formula un parere sulle proposte
legislative della Commissione o su ogni altra
questione qualora lo ritenga opportuno (**).
Inoltre, il Comitato può essere consultato dal
Parlamento europeo, dal Consiglio o dalla
Commissione.
Qualora lo reputino necessario, il Consiglio o la
Commissione fissano al Comitato, per la
presentazione del suo parere, un termine che non
può essere inferiore ad un mese a decorrere dalla
data della comunicazione inviata a tal fine al
presidente. Allo spirare del termine fissato, si può
non tener conto dell’assenza di parere.
Il parere del Comitato e il parere della sezione
specializzata sono trasmessi al Consiglio e alla
Commissione, unitamente a un resoconto delle
deliberazioni.
Il Comitato può essere consultato dal Parlamento
europeo.
Qualora lo reputino necessario, il Parlamento
europeo, il Consiglio o la Commissione fissano al
Comitato, per la presentazione del suo parere, un
termine che non può essere inferiore ad un mese a
decorrere dalla data della comunicazione inviata a
tal fine al presidente. Allo spirare del termine
fissato, si può non tener conto dell’assenza di
parere.
Il parere del Comitato e il parere della sezione
specializzata sono trasmessi al Parlamento
europeo, al Consiglio e alla Commissione,
unitamente a un resoconto delle deliberazioni.
(comma soppresso)
(**)Si dovranno adeguare di conseguenza le
disposizioni del trattato che prevedono la
consultazione obbligatoria.49
IL COMITATO DELLE REGIONI
ARTICOLO 263
È istituito un comitato a carattere consultivo
composto di rappresentanti delle collettività
regionali e locali, in appresso designato Comitato
delle Regioni.
Il numero dei membri del Comitato delle Regioni è
fissato come segue:
Belgio 12
Danimarca 9
Germania 24
Grecia 12
Spagna 21
Francia 24
Irlanda 9
Italia 24
Lussemburgo 6
Paesi Bassi 12
Austria 12
Portogallo 12
Finlandia 9
Svezia 12
Regno Unito 24.
ARTICOLO 263
È istituito un comitato a carattere consultivo
composto di rappresentanti delle collettività
regionali e locali, in appresso designato Comitato
delle Regioni.
Il numero di membri del Comitato delle Regioni
previsti per ogni Stato membro è pari a un terzo
del numero dei rappresentanti del Parlamento
europeo eletti in ogni Stato membro,
eventualmente aumentato sino all'unità.
I membri del Comitato nonché un numero uguale di
supplenti sono nominati, su proposta dei rispettivi
Stati membri, per quattro anni dal Consiglio, che
delibera all’unanimità. Il loro mandato è rinnovabile.
I membri del Comitato non possono essere nel
contempo membri del Parlamento europeo.
I membri del Comitato non devono essere vincolati
da alcun mandato imperativo. Essi esercitano le
loro funzioni in piena indipendenza, nell’interesse
generale della Comunità.
I membri del Comitato nonché un numero uguale di
supplenti sono nominati, su proposta dei rispettivi
Stati membri (*) , per quattro anni dal Consiglio, che
delibera a maggioranza qualificata I membri del
Comitato non possono essere nel contempo
membri del Parlamento europeo.
I membri del Comitato non devono essere vincolati
da alcun mandato imperativo. Essi esercitano le
loro funzioni in piena indipendenza, nell’interesse
generale della Comunità.
(* )Come conseguenza della generalizzazione del
voto a maggioranza qualificata.51
PROCEDURE DECISIONALI
ARTICOLO 37
ARTICOLO 37
1. (...)
2. (...)
Su
proposta
della
Commissione,
previa
consultazione del Parlamento europeo, il Consiglio,
deliberando a maggioranza qualificata, stabilisce
regolamenti o direttive, oppure prende decisioni,
senza pregiudizio delle raccomandazioni che
potrebbe formulare.
3. (...)
1. (...)
2. (...)
Il Consiglio, deliberando secondo la procedura
di cui all’articolo 251, adotta le misure di
carattere fondamentale riguardanti quanto
segue:
a) le organizzazioni comuni di mercato;
b) l’applicazione delle disposizioni del capo
sulle regole di concorrenza alla produzione e al
commercio dei prodotti agricoli;
c) la costituzione di uno o più fondi di
orientamento e di garanzia;
d) i settori veterinario e fitosanitario, la tutela
del benessere degli animali, gli alimenti per
animali e le semenze;
e) lo sviluppo rurale nel settore agricolo e gli
interventi strutturali nel settore della pesca;
f) la qualità dei prodotti agricoli:
g) il regime comunitario della pesca e
dell'acquicoltura.
Sono considerate di carattere fondamentale le
misure aventi importanza politica generale per
l'elaborazione e l'indirizzo della politica agricola
comune o della politica comune della pesca,
nonché importanti implicazioni di bilancio.
Le misure di cui al presente paragrafo vengono
adottate e rivedute in una prospettiva
pluriennale.
3. (...)
4. (...)
ARTICOLO 67
1. Per un periodo transitorio di cinque anni
dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il
Consiglio delibera all’unanimità su proposta della
Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e
previa consultazione del Parlamento europeo.
2. Trascorso tale periodo di cinque anni:
– il Consiglio delibera su proposta della
Commissione; la Commissione esamina qualsiasi
richiesta formulata da uno Stato membro affinché
essa sottoponga una proposta al Consiglio;
– il Consiglio, deliberando all’unanimità previa
consultazione del Parlamento europeo, prende una
decisione al fine di assoggettare tutti o parte dei
settori contemplati dal presente titolo alla procedura
di cui all’articolo 251 e di adattare le disposizioni
relative alle competenze della Corte di giustizia.
3. In deroga ai paragrafi 1 e 2, le misure di cui
all’articolo 62, punto 2, lettera b), punti i) e iii),
successivamente all’entrata in vigore del trattato di
Amsterdam, sono adottate dal Consiglio, che
delibera a maggioranza qualificata su proposta
della Commissione e previa consultazione del
Parlamento europeo.
4. In deroga al paragrafo 2, le misure di cui
ARTICOLO 67
1. Per un periodo transitorio di cinque anni
dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il
Consiglio delibera all’unanimità su proposta della
Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e
previa consultazione del Parlamento europeo.
2. Trascorso tale periodo di cinque anni:
– il Consiglio delibera secondo la procedura di
cui all’articolo 251;
– il Consiglio, deliberando all’unanimità previa
consultazione del
Parlamento europeo, prende una decisione al fine
(...) di adattare le disposizioni relative alle
competenze della Corte di giustizia.
3. In deroga ai paragrafi 1 e 2, le misure di cui
all’articolo 62, punto 2, lettera b), punti i) e iii),
successivamente all’entrata in vigore del trattato di
Amsterdam, sono adottate dal Consiglio, che
delibera a maggioranza qualificata su proposta
della Commissione e previa consultazione del
Parlamento europeo.
(paragrafo soppresso).
all’articolo 62, punto 2, lettera b), punti ii) e iv),
trascorso un periodo di cinque anni dall’entrata in
vigore del trattato di Amsterdam, sono adottate dal
Consiglio, che delibera secondo la procedura di cui
all’articolo 251.
4. (...)
ARTICOLO 133
1. La politica commerciale comune è fondata su
principi uniformi, specialmente per quanto concerne
le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi
tariffari e commerciali, l’uniformazione delle misure
di liberalizzazione, la politica di esportazione,
nonché le misure di difesa commerciale, tra cui
quelle da adottarsi in casi di dumping e di
sovvenzioni.
2. La Commissione presenta al Consiglio proposte
per l’attuazione della politica commerciale comune.
3. Qualora si debbano negoziare accordi con uno o
più Stati o
organizzazioni internazionali, la Commissione
presenta raccomandazioni al Consiglio, che
l’autorizza ad aprire i negoziati necessari.
Tali negoziati sono condotti dalla Commissione in
consultazione con un comitato speciale designato
dal Consiglio per assisterla in questo compito e nel
quadro delle direttive che il Consiglio può impartirle.
Le pertinenti disposizioni dell’articolo 300 sono
applicabili.
4. Nell’esercizio delle competenze che gli sono
conferite dal presente articolo il Consiglio delibera a
maggioranza qualificata.
5. Il Consiglio, deliberando all’unanimità su
proposta della Commissione e previa consultazione
del
Parlamento
europeo,
può
estendere
l’applicazione dei paragrafi da 1 a 4 a negoziati e
accordi internazionali su servizi e proprietà
intellettuale nella misura in cui essi non rientrino in
detti paragrafi.
ARTICOLO 300
1. (...)
2. (...)
3. Il Consiglio conclude gli accordi previa
consultazione del Parlamento europeo, salvo per gli
accordi di cui all’articolo 133, paragrafo 3, inclusi i
casi in cui l’accordo riguarda un settore per il quale
è richiesta sul piano interno la procedura di cui
all’articolo 251 o quella di cui all’articolo 252. Il
Parlamento europeo formula il suo parere nel
termine che il Consiglio può fissare in funzione
dell’urgenza. In mancanza di parere entro detto
termine il Consiglio può deliberare.
(...)
ARTICOLO 133
1. La politica commerciale comune è fondata su
principi uniformi, specialmente per quanto concerne
le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi
tariffari e commerciali relativi agli scambi di merci
e di servizi, agli investimenti e ai diritti di
proprietà intellettuale, l’uniformazione delle
misure
di liberalizzazione,
la
politica
di
esportazione, nonché le misure di difesa
commerciale, tra cui quelle da adottarsi in casi di
dumping e di sovvenzioni.
2. La Commissione presenta al Consiglio proposte
per l’attuazione della politica commerciale comune.
3. Qualora si debbano negoziare accordi con uno o
più Stati o organizzazioni internazionali, la
Commissione
presenta
raccomandazioni
al
Consiglio, che l’autorizza ad aprire i negoziati
necessari.
Tali negoziati sono condotti dalla Commissione in
consultazione con un comitato speciale designato
dal Consiglio per assisterla in questo compito e nel
quadro delle direttive che il Consiglio può impartirle.
La Commissione informa regolarmente il
Parlamento
europeo
sull’andamento
dei
negoziati.
Le pertinenti disposizioni dell’articolo 300 sono
applicabili.
4. Nell’esercizio delle competenze che gli sono
conferite dal presente articolo il Consiglio delibera a
maggioranza qualificata. Le norme generali che
definiscono gli elementi essenziali della politica
commerciale comune da attuare, sono adottate
secondo la procedura di cui all’articolo 251.
(paragrafo soppresso).
ARTICOLO 300
1. (...)
2. (...)
3. Il Consiglio conclude gli accordi previa
consultazione del Parlamento
europeo, (...) inclusi i casi in cui l’accordo riguarda
un settore per il quale è
richiesta sul piano interno la procedura di cui
all’articolo 251 o quella di cui
all’articolo 252. Il Parlamento europeo formula il suo
parere nel termine che
il Consiglio può fissare in funzione dell’urgenza. In
mancanza di parere entro
detto termine il Consiglio può deliberare.
4. - 7. (...)
(...)
4. - 7. (...).
COOPERAZIONE RAFFORZATA
ARTICOLO 43 TUE
1. Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro
una cooperazione rafforzata possono far ricorso
alle istituzioni, alle procedure e ai meccanismi
previsti dal presente trattato e dal trattato che
istituisce la Comunità europea, a condizione che la
cooperazione:
a) sia diretta a promuovere gli obiettivi dell’Unione e
a proteggere e servire i suoi interessi;
b) rispetti i principi dei suddetti trattati e il quadro
istituzionale unico dell’Unione;
c) venga utilizzata solo in ultima istanza, qualora
non sia stato possibile raggiungere gli obiettivi dei
suddetti trattati applicando le procedure pertinenti
ivi contemplate;
d) riguardi almeno la maggioranza degli Stati
membri;
e) non pregiudichi l’acquis comunitario e le misure
adottate a norma delle altre disposizioni dei suddetti
trattati;
f) non pregiudichi le competenze, i diritti, gli obblighi
e gli interessi degli Stati membri che non vi
partecipano;
g) sia aperta a tutti gli Stati membri e consenta loro
di aderirvi in qualsiasi momento, fatto salvo il
rispetto della decisione di base e delle decisioni
adottate in tale ambito;
h) ottemperi agli ulteriori criteri specifici definiti
rispettivamente nell’articolo 11 del trattato che
istituisce la Comunità europea e nell’articolo 40 del
presente trattato, a seconda dei settori interessati, e
sia autorizzata dal Consiglio secondo le procedure
da essi previste.
ARTICOLO 43 TUE
1. Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro
una cooperazione rafforzata possono far ricorso
alle istituzioni, alle procedure e ai meccanismi
previsti dal presente trattato e dal trattato che
istituisce la Comunità europea, a condizione che la
cooperazione:
a) sia diretta a promuovere gli obiettivi dell’Unione e
a proteggere e servire i suoi interessi;
b) rispetti i principi dei suddetti trattati e il quadro
istituzionale unico dell’Unione;
c) venga utilizzata solo in ultima istanza, qualora
non sia stato possibile raggiungere gli obiettivi dei
suddetti trattati applicando le procedure pertinenti
ivi contemplate;
d) riguardi almeno un terzo degli Stati membri;
e) non pregiudichi l’acquis comunitario e le misure
adottate a norma delle altre disposizioni dei suddetti
trattati;
f) non pregiudichi le competenze, i diritti, gli obblighi
e gli interessi degli Stati membri che non vi
partecipano;
g) sia aperta a tutti gli Stati membri e consenta loro
di aderirvi in qualsiasi momento, fatto salvo il
rispetto della decisione di base e delle decisioni
adottate in tale ambito;
h) ottemperi agli ulteriori criteri specifici definiti
rispettivamente nell’articolo 11 del trattato che
istituisce la Comunità europea e nell’articolo 40 del
presente trattato, a seconda dei settori interessati, e
sia autorizzata dal Consiglio secondo le procedure
da essi previste (*).
(*)Si dovrà prevedere un nuovo articolo che
autorizzi l'instaurarsi di una cooperazione rafforzata
nel settore della politica estera e di sicurezza
comune e stabilisca le condizioni alle quali
attuarla.56
2. (...)
ARTICOLO 40 TUE
1. Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro
una cooperazione rafforzata possono essere
autorizzati, in osservanza degli articoli 43 e 44, a far
ricorso alle istituzioni, alle procedure e ai
meccanismi previsti dai trattati, a condizione che la
cooperazione proposta:
a) rispetti le competenze della Comunità europea e
gli obiettivi stabiliti dal presente titolo;
b) abbia il fine di consentire all’Unione di svilupparsi
più rapidamente come spazio di libertà, di sicurezza
e di giustizia.
2. L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 è concessa
ARTICOLO 40 TUE
1. Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro
una cooperazione
rafforzata
possono
essere
autorizzati,
in
osservanza degli articoli 43 e 44, a
far ricorso alle istituzioni, alle procedure e ai
meccanismi previsti dai trattati,
a condizione che la cooperazione proposta:
a) rispetti le competenze della Comunità europea e
gli obiettivi stabiliti
dal presente titolo;
b) abbia il fine di consentire all’Unione di svilupparsi
più rapidamente come spazio di libertà, di sicurezza
dal Consiglio, che delibera a maggioranza
qualificata su richiesta degli Stati membri interessati
e dopo aver invitato la Commissione a presentare il
suo parere; la domanda è trasmessa anche al
Parlamento europeo.
Qualora un membro del Consiglio dichiari che, per
specificati e importanti motivi di politica interna,
intende
opporsi
alla
concessione
di
un’autorizzazione a maggioranza qualificata, non si
procede alla votazione. Il Consiglio, deliberando a
maggioranza qualificata, può chiedere che della
questione sia investito il Consiglio europeo, affinché
si pronunci all’unanimità.
e di giustizia.
2. L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 è concessa
dal Consiglio, che delibera a maggioranza
qualificata su richiesta degli Stati membri
interessatie dopo aver invitato la Commissione a
presentare il suo parere; la domanda è trasmessa
anche al Parlamento europeo.
(...)
3. - 5. (...)
(...)
3. - 5. (...).57
ARTICOLO 11 CE
1. Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro
una cooperazione rafforzata possono essere
autorizzati, in osservanza degli articoli 43 e 44 del
trattato sull’Unione europea, a ricorrere alle
istituzioni, alle procedure e ai meccanismi previsti
dal presente trattato, a condizione che la
cooperazione proposta:
a) non riguardi settori che rientrano nell’ambito della
competenza esclusiva della Comunità,
b) non incida sulle politiche, sulle azioni o sui
programmi comunitari,
c) non riguardi la cittadinanza dell’Unione, né crei
discriminazioni tra cittadini degli Stati membri,
d) rimanga entro i limiti delle competenze conferite
alla Comunità dal presente trattato;
e) non costituisca una discriminazione né una
restrizione negli scambi tra Stati membri e non
produca una distorsione delle condizioni di
concorrenza tra questi ultimi.
ARTICOLO 11 CE
1. Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro
una cooperazione rafforzata possono essere
autorizzati, in osservanza degli articoli 43 e 44 del
trattato sull’Unione europea, a ricorrere alle
istituzioni, alle procedure e ai meccanismi previsti
dal presente trattato, a condizione che la
cooperazione proposta:
a) non riguardi settori che rientrano nell’ambito della
competenza esclusiva della Comunità,
b) non incida sulle politiche, sulle azioni o sui
programmi comunitari,
c) non riguardi la cittadinanza dell’Unione, né crei
discriminazioni tra cittadini degli Stati membri,
d) rimanga entro i limiti delle competenze conferite
alla Comunità dal presente trattato;
e) non costituisca una discriminazione né una
restrizione negli scambi tra Stati membri e non
produca una distorsione delle condizioni di
concorrenza tra questi ultimi.
2. L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 è concessa
dal Consiglio, che delibera a maggioranza
qualificata su proposta della Commissione, previa
consultazione del Parlamento europeo.
2. L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 è concessa
dal Consiglio, che delibera a maggioranza
qualificata su proposta della Commissione, previa
consultazione del Parlamento europeo.
(comma soppresso)
Se un membro del Consiglio dichiara che, per (comma soppresso)
importanti e specificati motivi di politica interna,
intende
opporsi
alla
concessione
di
un’autorizzazione a maggioranza qualificata, non si
procede alla votazione. Il Consiglio, deliberando a
maggioranza qualificata, può chiedere che la
questione venga sottoposta al Consiglio, riunito
nella composizione di Capi di Stato o di Governo,
per una decisione all’unanimità.
(...)
3. - 5. (...)
(...)
3. - 5. (...).
Allegato 1
Elenco delle disposizioni che, in deroga
al
principio
della
maggioranza
qualificata, continueranno ad essere
adottate all'unanimità.
1) Decisioni del Consiglio che devono
essere adottate dagli Stati membri in
conformità
delle
loro
norme
costituzionali
 Diritti complementari per i cittadini
europei (art. 22 CE)
 Procedura elettorale uniforme per il
Parlamento europeo (art. 190, par. 4
CE)
 Disposizioni relative al sistema delle
risorse proprie (art. 269 CE)
2) Decisioni istituzionali essenziali
oppure
decisioni
che
incidono
sull'equilibrio
istituzionale*
 Adattamento delle competenze della
Corte nello spazio di libertà, di sicurezza
e di
 giustizia (art. 67, par. 2 CE)
 Misure
e
assistenza
finanziaria
comunitaria in caso di gravi difficoltà
(art. 100, par. 1 e
 parzialmente par. 2)
 Disposizioni
che
sostituiscono
il
protocollo sui disavanzi eccessivi (art.
104, par. 14)
 Modifica del protocollo sugli statuti
SEBC (art. 107, par. 5 CE)
 Fissazione del tasso al quale l’euro
subentra alla moneta di uno Stato
membro (art.
123, par. 5 CE)
 Fissazione dei principi e delle norme in
materia di attribuzione delle competenze
di
 esecuzione (art. 202 CE)
 Aumento del numero dei membri della
Corte di giustizia e degli avvocati
generali (art.221 e 222 CE) **
 Composizione del Tribunale di primo
grado (art. 225, par. 2 CE) **
 Fissazione delle categorie di ricorsi al
Tribunale di primo grado (art. 225, par. 2
CE)
 Modifica del titolo III dello statuto della
Corte di giustizia (art. 245, par. 2 CE) **
 Approvazione del regolamento di
procedura della Corte e del Tribunale
(art. 245, 3°
 comma, e art. 225, par. 4 CE) **
 Regime linguistico delle istituzioni (art.
290 CE)
 Adozione delle disposizioni necessarie
per raggiungere uno degli scopi della
Comunità, senza che il trattato abbia
previsto i poteri d’azione a tal uopo
richiesti (art. 308 CE)
3) Decisioni nel settore della fiscalità e
della sicurezza sociale, non connesse al
buon funzionamento del mercato
interno
 Armonizzazione delle normative fiscali
(riformulazione degli artt. 93 e 95 CE)
 Armonizzazione delle normative in
materia
di
sicurezza
sociale
(riformulazione dell'articolo 137, par. 3,
1° trattino CE)
L’eventuale applicazione della maggioranza qualificata
alle disposizioni relative alla composizione
della Corte di giustizia (articoli 221, 222 e 225, par. 2
CE), alla modifica del titolo III dello statuto
della Corte e all’approvazione del regolamento di
procedura della Corte e del Tribunale di primo grado
(articoli 245 e 225, par. 4 CE) verrà riesaminata nel
prossimo contributo della Commissione sulla
Corte di giustizia..60
**
*
Le decisioni relative alla modifica del numero dei
membri della Commissione (art. 231, par. 1 CE) e
alla mancata sostituzione di un membro della
Commissione (art. 215, par. 2 CE) dovranno essere
riviste nel quadro delle norme relative alla composizione
della Commissione.
4) Parallelismo fra decisioni interne ed
esterne
 Accordi sui tassi euro/monete straniere
(art. 111, par. 1 CE)
 Associazione dei paesi e territori
d'oltremare (art. 187 CE)
 Conclusione degli accordi per i quali è
richiesta l’unanimità sul piano interno
(art.300, par. 2 CE)
 Accordi di associazione (art. 300, par. 2
e art. 310 CE)
5) Deroghe alle norme comuni del
trattato
 Introduzione di restrizioni per quanto
riguarda i movimenti di capitali con i
paesi terzi (art. 57, par. 2 CE)
 Deroga alla clausola di "standistill" in
materia di trasporti (art. 72 CE)
 Compatibilità di un aiuto con il mercato
comune (art. 88, par. 2 CE).61
Allegato 2
Conseguenze
dell’applicazione
del
principio della maggioranza qualificata.
Le basi giuridiche per le quali, d'ora in
poi,
il
Consiglio
delibererà
a
maggioranza qualificata







A. misure di natura legislativa (da adottare
secondo la procedura di codecisione)*
 Misure contro la discriminazione basata
sul sesso, la razza, ecc. (art. 13 CE)
 Disposizioni intese a facilitare il diritto di
circolazione e di soggiorno (art. 18 CE),
già in codecisione
 Coordinamento delle normative in
materia di sicurezza sociale dei
*
Grazie alla riformulazione degli articoli relativi alla
fiscalità, l'articolo 94 CE potrà essere soppresso in quanto
esso è ormai utilizzato solo per l'armonizzazione fiscale
(le altre due eccezioni all'applicazione dell'articolo 95 CE
di cui al paragrafo 2 dell'articolo in questione, vale a dire
la libera circolazione delle persone, e i diritti e gli
interessi dei lavoratori, sono disciplinate da altre
disposizioni del trattato).
lavoratori (art. 42 CE), già in
codecisione**
Accesso alle attività non salariate e loro
esercizio, modifica di principi legislativi
esistenti (art. 47, par. 2 CE), già in
codecisione
Misure destinate a creare uno spazio di
libertà, di sicurezza e di giustizia (art. 67
CE), riformulazione dell’articolo relativo
all’applicazione
automatica
della
procedura di codecisione alle norme
generali di natura legislativa in tutti i
settori di cui al titolo IV, dopo un periodo
di transizione di cinque anni
Principi del regime dei trasporti, la cui
applicazione potrebbe pregiudicare il
tenore di vita in talune regioni, come
pure l’uso delle attrezzature relative ai
trasporti (art. 71, par. 2 CE)
Misure nel settore della politica sociale
(art. 137, par. 3 e art. 139, par. 2 CE),
fatta salva la riformulazione delle
disposizioni relative alla sicurezza
sociale
Talune disposizioni in materia di politica
ambientale (art. 175, par. 2 CE)
Fondi strutturali e Fondo di coesione
(art. 161 CE) e altre azioni specifiche
per la coesione economica e sociale
(art. 159, par. 3 CE)
Regolamento finanziario (art. 279 CE)
B. Altre misure
 Estensione del campo della politica
commerciale comune a tutti i servizi, gli
investimenti e i diritti di proprietà
intellettuale (art. 133 CE), riformulazione
dell’articolo per applicare direttamente la
maggioranza qualificata a tali settori e
per
applicare
la
procedura
di
codecisione
alle
norme
generali
unilaterali di natura legislativa nel settore
della politica commerciale
**
Tale disposizione dovrebbe essere riformulata al fine di
coprire non solo tutti i lavoratori migranti, ma
anche tutti i cittadini europei che fanno uso del loro
diritto di circolare e soggiornare nell'Unione..63
 Cultura (art. 151 CE), già parzialmente
in codecisione
 Politica industriale (art. 157 CE)
 Armi da guerra (art. 296 CE)
C. Disposizioni istituzionali
 Diritto di voto alle elezioni per il
Parlamento europeo e alle elezioni
municipali (art. 19 CE)
 Affidamento alla BCE di compiti specifici
di vigilanza (art. 105, par. 6 CE)
 Rappresentanza esterna nel quadro
dell’UEM (art. 111, par. 4)
 Misure necessarie per l’introduzione
dell’euro (art. 123, par. 4 CE)
 Attribuzione alla Commissione di
competenze in materia di politica sociale
(art. 144 CE)
 Approvazione dello statuto dei membri
del Parlamento europeo (art. 190, par. 5
CE)
 Fissazione dell’ordine della presidenza
del Consiglio (art. 203 CE)
 Nomina del segretario generale e del
Segretario generale aggiunto del
Consiglio (art.207, par. 2 CE)
 Nomina dei membri della Corte dei conti
(art. 247, par. 3 CE)
 Nomina dei membri del Comitato
economico e sociale (art. 258 CE)
 Nomina dei membri del Comitato delle
regioni (art. 263 CE)
D. Disposizioni che richiedono una parziale
riformulazione per distinguere quelle
per cui è richiesta la maggioranza
qualificata da quelle per cui continuerà ad
essere richiesta l'unanimità
 Armonizzazione di talune normative
fiscali (riformulazione degli artt. 93 e 95
CE)
 Misure nel settore della sicurezza
sociale (riformulazione dell'art. 137, par.
3, 1° trattino CE).
Allegato 3
Estrapolazione del sistema attuale di composizione del Parlamento europeo e della
Commissione, nonché della ponderazione dei voti al Consiglio.
Stati membri
Popolazione(in
Popolazione
Seggi PE
Voti Consiglio
Commissione
milioni)
(percentuale)
Belgio
10,213
1,87%
25
5
1
Danimarca
5,313
0,97%
16
3
1
Germania
82,038
15,04%
99
10
2
Grecia
10,533
1,93%
25
5
1
Spagna
39,394
7,22%
64
8
2
Francia
58,966
10,81%
87
10
2
Irlanda
3,744
0,69%
15
3
1
Italia
57,612
10,56%
87
10
2
Lussemburgo
0,429
0,08%
6
2
1
Paesi Bassi
15,760
2,89%
31
5
1
Austria
8,082
1,48%
21
4
1
Portogallo
9,980
1,83%
25
5
1
Finlandia
5,160
0,95%
16
3
1
Svezia
8,854
1,62%
22
4
1
Regno
Unito
59,247
10,86%
87
10
TOTALE
375,325
626
87
20
Bulgaria
8,230
1,51%
21
4
1
Cipro
0,752
0,14%
6
2
1
Estonia
1,446
0,27%
7
3
1
Ungheria
10,092
1,85%
25
5
1
Lettonia
2,439
0,45%
10
3
1
Lituania
3,701
0,68%
15
3
1
Malta
0,377
0,07%
6
2
1
Polonia
38,667
7,09%
64
8
2
Repubblica ceca 10,290
1,89%
25
5
1
Romania
22,489
4,12%
44
6
1
Slovacchia
5,393
0,99%
16
3
1
Slovenia
1,978
0,36%
9
3
1
Turchia
64,385
11,80%
89
10
2
TOTALE
545,564
100%
963
144
35
Nota statistica: Dati: Eurostat 1999, tranne Malta (dati 1998) e Turchia (dati nazionali - FMI). Stime: Germania,
Regno Unito e Turchia. Provvisori: Francia e Irlanda
N.B.: 1) La presente tabella viene riportata esclusivamente a fini illustrativi e non impegna la Commissione.
2) Per una corretta interpretazione della tabella, occorre tenere conto del fatto che al momento attuale i dati relativi
alla popolazione degli Stati membri sono diversi rispetto al momento in cui sono state adottate le decisioni in merito
al numero di seggi al PE e di voti al Consiglio.
Documento 6
Risoluzione del Parlamento
europeo sulla convocazione
della Conferenza
intergovernativa (14094/1999 –
C5-0341/1999 – 1999/0825(CNS))
Il Parlamento europeo,
- consultato dal Consiglio, a norma
dell’articolo 48, paragrafo 2, del trattato
sull’Unione europea, sulla convocazione di
una Conferenza intergovernativa (CIG) per
esaminare le modifiche da apportare ai
trattati su cui è basata l’Unione europea
(C5-0341/1999),
vista
la
comunicazione
della
Commissione “La riforma istituzionale al
servizio dell’ampliamento” del 2 dicembre
1999 (COM(1999) 592),
- visto il parere della Commissione “La
riforma
istituzionale
al
servizio
dell’ampliamento” del 26 gennaio 2000
(COM(2000) 034),
- viste le conclusioni dei Consigli europei di
Colonia del 3 giugno 1999, di Tampere del
15 ottobre 1999 e di Helsinki del 10
dicembre 1999,
- viste le sue risoluzioni del 19 novembre
1997 sul trattato di Amsterdam281 , del 6
maggio 1999 sul metodo e il calendario
dell’imminente riforma istituzionale29 e del
18 novembre 1999 sulla preparazione della
riforma dei trattati e la
Conferenza intergovernativa30 ,
- vista la relazione della commissione per
gli affari costituzionali (A5-0018/2000),
A. considerando l’impulso dato al processo
di ampliamento dai Capi di Stato e di
governo a Helsinki e l’ampiezza di un
simile processo, che ora riunisce 13 paesi
candidati in un contesto unico,
B. considerando che il nuovo ritmo del
processo di ampliamento deciso a Helsinki
esige una riforma dei trattati capace di
garantire la stabilità istituzionale, di creare
metodi
democratici
di
revisione
costituzionale,
di
preservare
e
di
approfondire l’efficacia del processo
decisionale e di rafforzare la democrazia
allo scopo di continuare a compiere
progressi in materia di costruzione
europea,
C. considerando che nella prospettiva di un
ampliamento dell’Unione si impone l’avvio
di un processo costituzionale,
D.
considerando
che
l'accelerata
globalizzazione
dell'economia
e
Testi approvati in tale data, punto 4..52 /PE 284.656
\\epades\pv_seanc\provisoi\adoptes\00-0203it.doc
30
28
29
GU C 371 dell’8.12.1997, pag. 99.
GU C 279 del 1°.1.1999, pag. 416.
prossima
l'introduzione dell'euro esigono al tempo
stesso un perfezionamento dei meccanismi
decisionali dell'Unione in materia di politica
economica, per renderli più trasparenti,
efficaci e democratici, perfezionando
quanto disposto nei Trattati,
E.
considerando
la
particolare
responsabilità di questo Parlamento in
sede di decisione finale sull'adesione di
nuovi Stati membri a norma dell'articolo 49
del trattato sull'Unione europea, che
prevede il parere conforme del Parlamento
quale condizione indispensabile per
l'adesione,
F. considerando che le conclusioni del
Consiglio europeo di Helsinki non hanno
tenuto conto delle proposte contenute nella
sua precitata risoluzione del 18 novembre
1999 e nella succitata comunicazione della
Commissione,
fondamentali dei cittadini dell'Unione e
reitera la propria richiesta di incorporare la
Carta nei trattati;
4. chiede alla Presidenza portoghese di
rispettare l’impegno adottato di proporre al
Consiglio europeo di Lisbona dei temi da
iscrivere all’ordine del giorno della CIG,
considerando con la massima attenzione le
proposte contenute nella sua precitata
risoluzione del 18 novembre 1999, nonché
le proposte della Commissione e degli Stati
membri, allo scopo di permettere una
riforma ambiziosa del trattato;
5. preciserà le sue priorità alla CIG in una
successiva relazione sulla base della sua
precitata risoluzione del 18 novembre 1999
e presenterà le sue proposte concrete per il
tramite della sua Presidente e dei suoi
rappresentanti, che dovranno partecipare
pienamente a tutti i livelli della Conferenza;
G. considerando che il parere presentato
dalla Commissione il 26 gennaio 2000
sostiene chiaramente un ampliamento
dell'ordine del giorno della Conferenza
intergovernativa,
6. reputa che la decisione finale degli Stati
membri dovrà essere sottoposta al
Parlamento
H. ricordando la sua decisione di
pronunciarsi sulle conclusioni della CIG alla
luce dei risultati di quest’ultima rispetto alle
esigenze dell’ampliamento,
7. sottolinea l’esigenza che la CIG adotti
metodi di lavoro trasparenti, affinché i
cittadini dell’Unione siano informati dello
svolgimento dei lavori e delle principali
decisioni adottate dalla Conferenza;
1. ritiene che l’ordine del giorno definito nel
dicembre 1999 a Helsinki dai capi di Stato
e di governo per la CIG, il cui inizio è
previsto per il febbraio 2000, non rispetti il
protocollo di Amsterdam, in vista di una
revisione globale delle disposizioni dei
trattati relative alle Istituzioni in rapporto
alle sfide dell'ampliamento, e non risponda
alle esigenze di maggiore efficacia e
legittimità democratica dell’Unione;
2. si compiace dell'impegno della
Presidenza
portoghese
a
favore
dell'ampliamento dell'ordine del giorno
della CIG;
3. accoglie favorevolmente l’avvio dei lavori
all’elaborazione della Carta dei diritti
europeo mediante la procedura del parere
conforme;
8.
ritiene
che
una
Conferenza
intergovernativa
sia
indispensabile;
contesta l’ordine del giorno troppo limitato
stabilito a Helsinki, che rischia di rimettere
in discussione il processo di integrazione, e
chiede un atteggiamento aperto da parte
del Consiglio nei confronti delle proposte
della Presidenza portoghese relative
all'ampliamento dell'ordine del giorno della
Conferenza;
9. incarica la sua Presidente di trasmettere
la presente risoluzione ai Capi di Stato e di
governo degli Stati membri, al Consiglio,
alla Commissione e ai parlamenti nazionali.
Documento 7
Materiali e Cronologia
A. Materiali :
Articoli del Trattato (17, 48,
http://europa.eu.int/eur-lex/fr/treaties/index.html,
protocollo istituzionale, dichiarazione di tre Stati
(non disponibili sul sito internet)311

Conclusioni del Consiglio europeo
(Colonia, Tampere, Helsinki)
http://ue.eu.int/it/Info/eurocouncil/index.htm

Commissione (tutti questi documenti si trovano
su
http://europa.eu.int/igc2000/offdoc/index_it.htm.)

 « Implicazioni istituzionali dell’allargamento »
- Rapporto alla Commissione europea
(Rapporto "DEHAENE-vonWEIZSÄCKERSIMON") - 18 ottobre 1999 ;

 « La riforma istituzionale al servizio
dell’allargamento » - Contributo della
Commissione europea alla preparazione delle
Conferenza intergovernativa sulle questioni
istituzionali - 10 novembre 1999 ;

 Relazione del gruppo di riflessione, presieduto
da Ole DUE, sul « futuro del sistema
giurisdizionale delle Comunità europee » del
19 gennaio 2000
(http://europa.eu.int/en/comm/sj/homesjfr.htm)
;

 « La riforma istituzionale al servizio
dell'allargamento » - Parere della
Commissione ai sensi dell'articolo 48 del
trattato sull'Unione europea per la riunione di
una conferenza dei rappresentanti dei governi
degli Stati membri per una modifica dei trattati
- 26 gennaio 2000 ;
31

 Contributo complementare della Commissione
per la Conferenza intergovernativa sulle
riforme istituzionali – « La riforma della
giurisdizione comunitaria » - 1 marzo 2000 ;

 Contributo supplementare della Commissione
per la Conferenza intergovernativa sulle
riforme istituzionali - « Il voto a maggioranza
qualificata per gli aspetti inerenti al mercato
unico nei settori dell'imposizione fiscale e
della sicurezza sociale » - 14 marzo 2000 ;

Parlamento
 Risoluzione sul Trattato di Amsterdam A40347/97 (Resolution MENDES de
VIGO/TSATSOS),
 Risoluzione sulla preparazione della riforma
dei Trattati e la prossima Confeenza
intergovernativa, del 18 novembre 1999
(Risoluzione
DIMITRAKOPOULOS/LEINEN),
 Parere del parlamento sulla convocazione della
Conferenza intergovernativa del 3 febbraio
2000, doc A5-0018/2000 (Risoluzione
DIMITRAKOPOULOS/LEINEN)
http://www2.europarl.eu.int/omk/omnsapir.so/
calendar?APP=PV1&LANGUE=IT ,

 risoluzione sull'elaborazione di una Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, del
16 marzo 2000, doc. (relazione DUFF/
VOGGENHUBER
www2.europarl.eu.int/omk/omnsapir.so/calend
ar?APP=PV2&LANGUE=FR ; in generale,
per i documenti del Parlamento europeo v.
http://www.europarl.eu.int/igc2000/en/default.
htm

Sito del Consiglio
http://db.consilium.eu.int/cig/default.asp?lang=it

Sito del Comitato delle regioni
http://www.cor.eu.int/coratwork/Instaffair/italien/
54-1999.htm

Sito del Comitato economico e sociale
http://www.ces.eu.int/fr/docs/fr_docs_op_March.
htm.
B. Cronologia
Di seguito, troviamo le principali tappe del
processo di riforma e le scadenze future, che sono
contenute nel calendario presentato dalla
presidenza portoghese (v.
http://db.consilium.eu.int/CIG/default.asp?lang=it
).
 Conclusione del Trattato di Amsterdam 17/18
giugno 1997
 Firma del Trattato di Amsterdam 2 ottobre
1997
 Entrata in vigore del Trattato di Amsterdam 1°
maggio 1999
 Consiglio europeo di Colonia 3/4 giugno 1999
 Consiglio europeo di Tampere 15/16 ottobre
1999
 Documento di riflessione « adattare le
istituzioni per l’ampliamento » 18 ottobre
1999
 Contributo della Commissione per il CE di
Helsinki 10 novembre 1999
 Risoluzione del Parlamento europeo sulla CIG
18 novembre 1999
 Prima riunione della Convenzione per la Carta
17 dicembre 1999
 Consiglio europeo di Helsinki 10/11 dicembre
1999
 Parere della Commissione 26 gennaio 2000
 Parere del Parlamento 3 febbraio 2000
 Prima riunione della conferenza
intergovernativa 14 febbraio 2000
 Contributo della Commissione sulla riforma
della giurisdizione 2 marzo 2000
 Contributo della Commissione alla CIG sulla
maggioranza qualificata 14 marzo 2000
 Risoluzione del Parlamento europeo
sull'elaborazione di una Carta
 dei diritti fondamentali dell'Unione europea 16
marzo 2000
 Consiglio europeo di Santa Maria da Feira
19/20 giugno 2000
 Consiglio europeo di Biarritz 13 /14 ottobre
2000