riccardo villata ricorso incidentale

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RIFLESSIONI IN TEMA DI RICORSO INCIDENTALE NEL GIUDIZIO AMMINISTRATIVO DI
PRIMO GRADO (Con particolare riguardo alle impugnative delle gare contrattuali) (*)
Dir. proc. amm. 2009, 02, 285
RICCARDO VILLATA
1. Negli ultimi anni l'esplosione del contenzioso concernente le procedure di gara espletate dalle
Amministrazioni e dagli altri soggetti aggiudicatori ai sensi delle Direttive comunitarie e del Codice dei
contratti pubblici ha comportato l'utilizzo massiccio del ricorso incidentale da parte dei vincitori della
selezione quale mezzo che paralizza l'attacco mosso nei loro confronti proveniente da altri partecipanti,
insoddisfatti dell'esito del confronto concorrenziale.
A ciò si è accompagnato, quasi inevitabilmente stante la povertà del materiale normativo, il sorgere di
più questioni.
Particolarmente significativa, per i temi che ne risultano coinvolti, appare quella relativa all'ordine di
esame e alle sorti delle impugnative proposte sia dal ricorrente principale sia dal ricorrente incidentale,
ciascuno dei quali contesti all'altro la mancata esclusione delle rispettive offerte, in specie, ma non solo,
allorquando siano due soltanto i partecipanti alla procedura selettiva per l'aggiudicazione della
commessa.
Al fine di formulare qualche riflessione su tali questioni - alle quali l'Adunanza plenaria ha di recente
dato una risposta a mio avviso, occorre subito precisare, tutt'altro che soddisfacente e foriera di
ulteriori dubbi ed incertezze - appare utile brevemente accennare all'istituto suddetto (1).
2. Come noto, la disciplina legislativa del ricorso incidentale nel processo amministrativo di primo grado
è estremamente povera, giacché l'art. 22 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 si limita a prevedere la
possibilità di proporre siffatto ricorso secondo le norme degli artt. 37 T.U. Consiglio di Stato e 44 del
relativo Regolamento di procedura. A loro volta, le disposizioni richiamate stabiliscono soltanto termini
ed alcune modalità procedimentali, con l'unica precisazione che il ricorso incidentale non è efficace se
successivo alla rinuncia del ricorso principale o se quest'ultimo venga dichiarato inammissibile in quanto
tardivo.
Per parte sua la dottrina ha a lungo trascurato lo studio di tale istituto (2), tant'è che quale primo
contributo specifico di adeguato rilievo è generalmente ricordata una nota a sentenza di Enzo Capaccioli
risalente ai primi anni Cinquanta (3), alla quale seguì l'ampia analisi condotta da Aldo Piras nel primo
volume della sua fondamentale monografia (4).
Le tesi sostenute negli scritti ora citati divergono tra loro profondamente, ma sono accomunate, si
direbbe, da un non dissonante punto di partenza che, sulla base di un'attenta lettura dell'art. 37 T.U.,
privilegia i profili processuali.
E così ad avviso del primo autore tramite il ricorso incidentale viene proposta - per ragioni di ordine
cronologico e non per necessità sistematiche - una domanda di impugnazione dell'atto amministrativo
«nell'ambito del rapporto processuale già instaurato a seguito del ricorso principale a prescindere dalla
circostanza che tale domanda sia uguale, simile o contrastante o autonoma rispetto a quelle proposte
dal ricorrente principale o da altro controinteressato» (5), con un'accessorietà limitata alle due ipotesi
disciplinate dall'art. 37 cit. (6), non ricorrendo le quali il ricorso va sempre deciso: al riguardo detta
norma non lascia dubbi e del resto, diversamente dall'impugnazione incidentale civilistica, nel processo
amministrativo il simultaneus processus è tutelato solo dall'istituto della riunione dei ricorsi (7).
Ben diversa l'impostazione di Aldo Piras (8): è la logica inerente alla struttura del processo con pluralità
di parti ad imporre per un verso che il ricorso principale venga notificato anche a chi, prima della sua
costituzione in giudizio, all'apparenza ha la veste di cointeressato (9), e per altro verso che tutte le
impugnazioni successive alla prima assumano la forma incidentale e solo talvolta risultino accessorie,
dovendosi sceverare l'ipotesi a) in cui vengano proposte dopo la scadenza del termine per ricorrere in
via principale da quella b) in cui la parte, se non fosse stata pendente l'impugnazione a lui notificata,
avrebbe potuto esperire l'azione in via principale (10).
Se infatti ad una prima lettura l'art. 37 sembra non tener conto di una simile distinzione, una
ricostruzione sistematica conduce alla soluzione opposta: nell'ipotesi sub b) infatti si è al cospetto di
«un'impugnazione principale contenuta nella forma giuridicamente necessaria imposta dall'art. 37»,
sicché non si vede per quali ragioni la sorte del ricorso principale debba pregiudicare l'incidentale
qualora «questo ha tutti i requisiti per poter essere considerato alla stregua di un'impugnazione
principale» (11).
In definitiva l'accessorietà è propria delle sole impugnazioni incidentali proposte tardivamente o da chi
aveva prestato acquiescenza (12)
Non è il caso tuttavia di inoltrarsi ulteriormente nell'analisi del pensiero di Capaccioli ed Aldo Piras: e ciò
per l'assorbente rilievo che, come visto, entrambi gli autori muovono dalla premessa secondo cui l'art.
37 si riferisce pure ai cointeressati (13), ravvisando anzi nella sorte dell'impugnativa incidentale di
costoro qualora venga meno la principale uno degli aspetti problematici di maggior interesse (14).
Dunque impostazioni non in linea con i temi discussi ed i profili emergenti dalla giurisprudenza
amministrativa, viceversa incentrata sulla posizione del controinteressato e su un'attività di difesa da
parte di questi ulteriore rispetto alla confutazione dei vizi dedotti dal ricorrente principale; difesa quindi
«attiva», per utilizzare la formula di chi l'argomento studiò riportandolo nelle linee da quella
giurisprudenza tracciate (15) e pertanto limitandone l'applicazione ai controinteressati, i quali soltanto
(naturalmente, oltre all'Amministrazione) risultano destinatari della notifica del ricorso, come tali per un
verso contemplati dall'art. 37 e per altro verso necessitanti di uno strumento di tutela che vada al di là
della negazione della fondatezza dei motivi addotti a sostegno del ricorso, consistente nella denuncia di
errori commessi nei propri confronti pur nell'emanazione di un provvedimento favorevole (16); siffatta
denuncia del controinteressato richiede l'utilizzo dell'impugnazione incidentale (17), necessariamente di
carattere accessorio, atteso che - si dice - l'inammissibilità od infondatezza del ricorso principale ne
comporta automaticamente il caducarsi (18).
E la sistemazione dell'istituto è stata per molti anni merito principalmente (19) proprio degli autori che
abbinano l'esperienza concreta del giudicare allo studio teorico.
3. In particolare va ricordato il contributo fornito da Walter Catallozzi (20), che costruisce il ricorso
incidentale come un'impugnazione autonoma riconosciuta per la tutela di un interesse legittimo
contrapposto a quello che sorregge il ricorso principale; la vicenda nasce allora in presenza di un
provvedimento che attribuisce ad alcuni un vantaggio non soddisfacendo nel contempo le aspettative di
altri e la legittimazione spetta al controinteressato, il cui interesse - meramente virtuale - acquisisce il
carattere dell'attualità a seguito della messa in discussione della sorte del provvedimento; oggetto
tuttavia può essere anche un diverso provvedimento, laddove ciò consenta di confutare vittoriosamente
le doglianze avversarie; la fondatezza del ricorso incidentale comporterà, a seconda dei casi,
l'inammissibilità dell'impugnazione principale ovvero vincoli favorevoli per il controinteressato in sede di
rinnovazione dell'attività provvedimentale.
Gli esempi, scolastici (21), ma non per questo meno illuminanti, sono quelli a) del vincitore di un
concorso che impugna a sua volta gli atti relativi dolendosi della mancata illegittima attribuzione a
proprio favore di un punteggio ancor più elevato ovvero della omessa esclusione del ricorrente
principale, e b) del titolare di un permesso di costruire che deduce l'illegittimità della prescrizione di
piano regolatore la cui violazione rappresenta la censura formulata dal vicino per chiedere
l'annullamento del permesso medesimo (22).
Ferma la limitazione della spettanza del ricorso incidentale ai soli controinteressati, a difesa di un
interesse che nasce in capo ai medesimi in seguito all'iniziativa del ricorrente principale (23), in quanto
dal provvedimento gravato non subiscono alcuna lesione (ma tale lesione - ancora virtuale subirebbero laddove l'impugnazione principale venisse accolta) (24), è sorta una discussione tra chi
configura lo strumento in esame come eccezione (25) e chi invece ne rivendica la natura di domanda
riconvenzionale (26).
Le differenze sul piano applicativo non sono di poco momento: se si accoglie la tesi dell'eccezione,
poiché la fondatezza del ricorso incidentale comporta non una pronuncia costitutiva ma solo la
dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale, anche se oggetto del primo è un provvedimento
diverso, ne consegue la non perentorietà del termine e l'ammissibilità della proposizione da parte
dell'Amministrazione resistente (27).
Entrambe le conclusioni non reggono se si ragiona in termini di domanda riconvenzionale, e dunque di
azione tendente ad una pronuncia a sua volta costitutiva, con esiti differenti alla luce degli obiettivi
perseguiti dal ricorrente incidentale, se questi miri a migliorare la propria posizione o a peggiorare
quella di controparte; nella prima ipotesi la sentenza, in caso di esito favorevole, sarà di inammissibilità
del ricorso principale per carenza di interesse ovvero di vincolo in sede di riedizione del provvedimento;
nella seconda ipotesi occorre distinguere: se viene acclarata l'illegittima ammissione al concorso del
ricorrente principale la sentenza sarà di inammissibilità per difetto di legittimazione; se risulta diminuito
il punteggio erroneamente attribuito dalla Commissione (così che la posizione del ricorrente principale
nella graduatoria resterebbe sempre deteriore) verrà dichiarata la carenza di interesse; infine, la
fondatezza della doglianza rivolta avverso l'atto presupposto (nel noto esempio: il piano regolatore)
comporterà l'infondatezza dell'impugnativa principale (28).
Nell'ambito della elaborazione scientifica maturata in costanza di attività giusdicente merita di essere
segnalata, per l'anticipazione di temi che si vedranno più oltre di primario rilievo nella questione oggi
qui dibattuta, la originale prospettiva (29) secondo cui un'impugnativa incidentale può trovar luogo
unicamente in presenza di provvedimenti scindibili, dunque di atti plurimi (30); solo così infatti si
eviterebbe l'inaccettabile e contraddittoria, pur se diffusa, idea di un ricorso non sorretto all'atto della
sua proposizione da un interesse attuale (31); né varrebbe richiamare il ricorso incidentale condizionato
in Cassazione, giacché quella vicenda è collegata alla soccombenza in seguito a un contraddittorio
svoltosi in sede processuale (32). Conclusione come si vedrà non condivisibile (33), ma acutamente
consapevole della rilevanza di principi strettamente processuali.
Sensibilità che si rinviene in misura non minore allorquando (34), dopo aver sottolineato come l'art. 37
T.U. Cons. Stato ponga una regolamentazione normativa «lacunosa e disorientante» (35), inidonea di
per se stessa a giustificare la tesi dell'accessorietà piena ed assoluta del ricorso incidentale o ad
avallarne la proponibilità da parte del cointeressato che abbia lasciato decorrere il termine o prestato
acquiescenza (36), si perviene ad escludere siffatta proponibilità dopo aver indagato sulle impugnazioni
nel processo civile (37).
4. Così richiamati in estrema sintesi gli orientamenti della dottrina precedente l'«esplosione» delle
impugnative incidentali in seguito al moltiplicarsi delle controversie aventi ad oggetto le procedure di
aggiudicazione dei contratti pubblici (38), è dato ora esaminare i profili più specifici che emergono
allorquando l'istituto viene utilizzato in siffatte controversie.
A tal proposito occorre distinguere tra le diverse vicende che possono verificarsi.
La prima, che vede entrambi i ricorrenti, principale e incidentale, contestare il merito
dell'aggiudicazione, i punteggi attribuiti alle rispettive offerte, non solleva problemi particolari e va
definita secondo i canoni usuali sopra rammentati in tema di interesse al ricorso.
La seconda è caratterizzata dal fatto che l'impugnativa principale contesta nel merito l'aggiudicazione,
individuando - in estrema sintesi - una sopravvalutazione dell'offerta dichiarata vincitrice, mentre il
controinteressato reagisce deducendo l'illegittimità dell'ammissione dell'offerta di controparte; pure qui
la conclusione preferibile, anche se non incontestata in giurisprudenza (39), sembra quella della priorità
della delibazione del ricorso incidentale la cui fondatezza comporta che il soggetto allora escluso è privo
di interesse/legittimazione a contestare l'esito della gara.
La terza evenienza conduce al tema specifico oggetto negli ultimi anni di un vivo dibattito e sul quale si
è di recente pronunciata l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato: impugnazioni incrociate in punto di
illegittimità di ammissione alla procedura concorrenziale, e così di inammissibilità, di entrambe le
offerte.
Al fine di orientarsi al riguardo ritengo utile una breve ricognizione della giurisprudenza (40) che muove
dal leading case rappresentato dalla decisione del Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 gennaio 1986 n. 57,
est. Lignani (41), che non affronta direttamente il tema dei rapporti tra ricorso principale ed incidentale
(42), ma qualifica la situazione giuridica del concorrente legittimamente escluso negando che al
medesimo spetti la titolarità di un interesse protetto.
La vicenda definita dalla Sezione è esemplare: ad una gara d'appalto avevano partecipato due soli
concorrenti, uno dei quali, escluso per inadeguatezza dell'offerta tecnica, si doleva della presunta
illegittimità dell'ammissione dell'altro. Ebbene, tale censura venne dichiarata inammissibile in quanto il
vantaggio cui mirava il ricorrente, vale a dire la rinnovazione della gara, si configurava come un
interesse di fatto, «non tutelabile come interesse legittimo», e ciò perché «il concorrente
legittimamente escluso per inidoneità non ha un'aspettativa diversa e maggiormente qualificata di
quella che si può riconoscere in capo ad un qualunque altro soggetto che alla prima gara non abbia
partecipato e si ripromette di partecipare alla seconda».
La riferita conclusione - vale a dire la mancanza in capo al concorrente escluso di un interesse legittimo
avente ad oggetto la rinnovazione della gara, di guisa che non può ipotizzarsi neppure un interesse
strumentale al riguardo, che ovviamente esigerebbe la titolarità di una situazione giuridica tutelata viene ripresa dalla decisione della Sez. VI, 6 marzo 1992 n. 159, est. Severini (43), ed applicata allo
specifico problema dei rapporti tra impugnazione principale ed incidentale. Richiamando i principi
espressamente enunciati nell'art. 276 c.p.c., la sentenza conclude che in caso di ricorso incidentale
volto ad inserire nel giudizio amministrativo un thema decidendum nuovo teso a paralizzare il ricorso
principale individuando una ragione ostativa alla delibazione di questo nel merito delle censure
sollevate, il giudice è tenuto a dare la precedenza al primo in quanto solleva questioni logicamente
prioritarie: tali infatti sono quelle che, pur di merito, si riflettono sull'esistenza di una condizione
dell'azione.
L'accertamento dell'inammissibilità per difetto dei requisiti di partecipazione dell'offerta presentata dal
ricorrente principale degrada la posizione di costui a mero interesse indifferenziato, non distinguibile da
quello delle imprese che non hanno partecipato alla gara; pertanto, mancando una situazione giuridica
protetta, risulterebbe fuor di luogo invocare l'interesse strumentale alla rinnovazione della gara.
Sulla base delle due citate pronunce si consolidò pertanto l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui
laddove il controinteressato eccepisca, tramite la proposizione di un ricorso incidentale, l'illegittimità
dell'ammissione alla gara dell'offerta presentata dal ricorrente principale, il giudice deve
prioritariamente esaminare tale doglianza che, se fondata, comporta l'inammissibilità dell'impugnativa
principale per carenza di interesse/legittimazione.
5. Per completezza occorre rammentare che già a metà degli anni Novanta il Consiglio di giustizia
amministrativa per la Regione Siciliana aveva prospettato una tesi diversa (44), sostenendo che il
ricorso incidentale, stante il suo carattere accessorio e condizionato, può essere preso in esame solo nel
caso di accoglimento del ricorso principale; inoltre, poiché nella vicenda scrutinata ciascuna delle parti
aveva contestato la legittimità dell'ammissione alla gara dell'altra, il dispositivo era stato nel senso
dell'accoglimento di entrambe le impugnative, con esclusione di ambedue le parti (45).
Ma il vero punto di svolta è probabilmente rappresentato dalla sentenza «Lipari», vale a dire dalla
decisione del Consiglio di Stato, Sez. V, 8 maggio 2002, n. 2468 (46).
Questa la vicenda: l'appellante, ricorrente principale e soccombente in primo grado in virtù
dell'accoglimento dell'impugnativa incidentale che ne aveva contestato con successo l'ammissibilità
dell'offerta, sosteneva che, essendosi a propria volta doluto dell'illegittima ammissione della
controinteressata, il suo ricorso doveva essere esaminato per primo alla luce della relativa priorità
logica, in quanto mirante ad estromettere dalla gara e quindi a privare di qualsivoglia interesse,
ancorché occasionale e riflesso, il controinteressato vincitore della selezione, che avrebbe perso quindi
ogni legittimazione al ricorso incidentale.
Ma la Sezione, pur riconoscendo l'acutezza della riferita prospettazione, non la condivide osservando,
dopo un'ampia ricostruzione dell'istituto, da un lato che altrimenti la posizione del controinteressato
aggiudicatario non potrebbe mai essere tutelata mediante l'affermazione dell'illegittima ammissione del
ricorrente principale (non contestabile per carenza di interesse prima della conclusione della gara, ma
neppure allorquando si perviene a tale conclusione appunto perché il controinteressato è risultato
vincitore; in caso di infondatezza del ricorso principale, ancora una volta l'incidentale non presenterebbe
interesse, mentre nell'ipotesi di accoglimento di quel ricorso, il controinteressato perderebbe la
legittimazione), dall'altro lato che l'aggiudicazione verrebbe annullata dal giudice in accoglimento di
un'iniziativa processuale proposta da un soggetto privo dei necessari requisiti.
Tuttavia, pur confermando la priorità logica dell'esame del ricorso incidentale in presenza di
impugnazioni incrociate deducenti l'illegittima ammissione alla procedura selettiva, la Sezione accenna
al fatto che nella (sola) eventualità di gara con due soli concorrenti «potrebbe apparire più congrua una
decisione che, disponendo l'annullamento degli atti contestati, determini il rinnovo delle operazioni
concorsuali».
Da tale passaggio della motivazione, che rappresenta un mero obiter dictum(47), ha tratto spunto un
cospicuo indirizzo giurisprudenziale (48), pure presso i Giudici di primo grado, secondo cui nell'ipotesi di
gare contrattuali con partecipazione di due soli offerenti, ciascuno dei quali contesti l'ammissibilità
dell'offerta presentata dall'altro, la regola generale della priorità logica della delibazione della
fondatezza del ricorso incidentale - con conseguente inammissibilità, se tale delibazione sortisce esito
positivo, del ricorso principale - non può essere applicata, giacché il ricorrente principale conserva
l'interesse strumentale alla rinnovazione della gara che seguirebbe all'esclusione anche dell'offerta del
controinteressato, una volta accertata la fondatezza pure dell'impugnativa proposta dal primo.
Sennonché, per chiarezza sembra subito opportuno sottolinearlo, in tal modo non si supera affatto il
punto centrale della tesi che fonda la priorità del ricorso incidentale, punto centrale che consiste
nell'equiparare l'impresa esclusa in accoglimento di detto ricorso all'impresa che, non avendo
presentato domanda, è rimasta totalmente estranea alla gara: infatti quest'ultima non è titolare di
alcuna situazione giuridicamente protetta, di alcun interesse legittimo collegato alla gara; ed è evidente,
si direbbe (49), come allora si tratti di mancanza di legittimazione e non rilevi l'interesse strumentale,
che presuppone la sussistenza sul piano sostanziale di una situazione giuridica soggettiva (50).
Ma occorre procedere con ordine, muovendo dalle più recenti decisioni del Consiglio di Stato, che
segnano i termini del contrasto giurisprudenziale all'origine del recente intervento dell'Adunanza
plenaria.
6. Il richiamato contrasto può così riassumersi.
La IV Sezione si è pronunciata due volte, ribadendo la priorità dell'esame del ricorso incidentale
«escludente» anche laddove i partecipanti alla gara siano soltanto due.
Si tratta in particolare delle decisioni 30 dicembre 2006 n. 8265, est. Anastasi, e 27 giugno 2007 n.
3765, est. Aureli (51), che argomentano a) dalla circostanza che l'accoglimento di detto ricorso esclude
(non l'interesse ma) lo stesso titolo di legittimazione dell'impresa che propone l'impugnativa principale,
sicché l'interesse alla rinnovazione della procedura è di mero fatto, al pari di quello di un qualunque
terzo; b) dall'insussistenza, per di più, di una reale «parità» di posizioni delle parti in punto di interesse,
giacché la rinnovazione della gara è un esito appagante per il ricorrente principale ma non per il
controinteressato aggiudicatario.
Parimenti la VI Sezione, 11 maggio 2007 n. 2310, est. Caringella (52) - sia pure in una vicenda che ha
visto l'inammissibilità della posizione del ricorrente principale, fatta valere in sede di impugnativa
incidentale, concretarsi già nella fase della prequalificazione - ha optato per l'irrilevanza della
partecipazione di due sole imprese.
Per parte sua la V Sezione non si è espressa in maniera costante.
In particolare, le decisioni 21 giugno 2006 n. 3689, est. Branca (53), e 31 ottobre 2008 n. 5458, est.
Russo (54), hanno aderito in pieno alla tesi che la fondatezza del ricorso incidentale paralizza la
cognizione dell'impugnazione principale anche in presenza di due soli concorrenti, ma poche settimane
prima la decisione 7 aprile 2006 n. 1877, est. Bellavia (55), si era espressa in termini opposti,
concludendo per l'accoglimento di entrambe.
Sennonché con un'altra pronuncia, la n. 5811 pubblicata il 13 novembre 2007 (56), est. Russo, la
Sezione ha addirittura capovolto l'ordine di esame, affermando che lo scrutinio del ricorso incidentale
può aver luogo solo dopo che sia stata delibata la fondatezza del ricorso principale, perchè è solo tale
fondatezza (e non la mera proposizione) che fa nascere l'interesse che sorregge l'impugnativa
incidentale; d'altro canto il principio della perfetta parità delle parti non si realizza, si sottolinea, ove si
riconnetta un'efficacia paralizzante alla controimpugnazione dell'interessato; ne consegue la priorità
dell'esame del ricorso principale e l'esclusione dalla gara del controinteressato vincitore della stessa di
cui quel ricorso deduca l'inammissibilità dell'offerta.
Stando così le cose, ben si comprende l'iniziativa della Sezione V, tramite l'ordinanza 5 giugno 2008 n.
2669 (57), di rimettere la soluzione della controversa questione all'Adunanza plenaria, che si è
orientata, con decisione 10 novembre 2008 n. 11 (58), per la tesi favorevole alla delibazione, nel caso
di soli due partecipanti ciascuno dei quali contesti l'ammissione alla gara dell'altro, sia del ricorso
principale sia di quello incidentale.
Gli argomenti addotti non paiono condivisibili (59), ma prima di analizzarli può essere utile un breve
esame di alcuni studi recenti.
7. Le tesi tradizionali del Giudice amministrativo sono state infatti negli ultimi tempi oggetto di una
serrata critica (60).
Muovendo dagli esiti (almeno in apparenza) paradossali cui perviene la tesi favorevole all'effetto
paralizzante del ricorso incidentale laddove il ricorrente principale deduca una molteplicità di vizi ed il
controinteressato la sola illegittimità dell'ammissione dell'offerta di controparte (61), si sottolinea che
detto ricorso non è un mezzo di proposizione di un'eccezione ma una vera e propria impugnazione,
giacché i) il Giudice amministrativo non può disapplicare i provvedimenti della p.a.; ii) si tratta di un
rimedio esperibile solo nel rispetto di un termine perentorio; iii) la questione dedotta non può essere
rilevata d'ufficio, diversamente dalla regola generale in tema di cause di inammissibilità o
improcedibilità dell'azione; iv) l'accertamento del giudice sulla questione sollevata dal controinteressato
è pieno (62).
Ora, su ciascuno di questi argomenti sarebbe possibile discutere a lungo (63).
E così, in punto di disapplicazione si è notato (64) che in realtà il provvedimento è già oggetto di
impugnativa; quanto al termine, nulla di strano che sussistano preclusioni temporali pure per sollevare
eccezioni, mentre la necessità della notifica a maggior garanzia del contraddittorio può essere una
peculiarità del processo amministrativo, così come accade per l'appello incidentale, che nel processo
civile non richiede siffatta formalità; che poi l'eccezione sia in grado di ampliare l'oggetto
dell'accertamento giudiziale è ammesso non solo da coloro che, sulla base della distinzione tra
pregiudizialità tecnica e logica (65), hanno una posizione favorevole a siffatto ampliamento (66), ma
anche da chi si muove nell'ambito di una prospettiva più vicina alla tradizione chiovendiana (67).
D'altro canto, come taluno ha convincentemente dimostrato, scartata la tesi dell'eccezione neppure
quella della domanda riconvenzionale risulta pienamente appagante (68), sì da apparire per un verso
intrigante (pur non eliminando ogni dubbio) la proposta di ravvisare un accertamento incidentale con
efficacia meramente dichiarativa (69), per altro verso meritevole di riesame la tesi che forse si è al
cospetto di un'ipotesi in cui deve riconoscersi l'esistenza di una vera e propria eccezione riconvenzionale
(70).
Non si intende qui in ogni caso offrire una proposta di soluzione del quesito in ordine alla
categorizzazione del ricorso incidentale (71) poiché non appare affatto condivisibile il rilievo secondo cui
solo una qualificazione in termini di eccezione di detto ricorso consentirebbe di attribuirgli valenza
comunque paralizzante dell'azione principale (72), come si vedrà più avanti analizzando il ricorso
incidentale «condizionato» in Cassazione.
Acclarata dunque l'irrilevanza di siffatta qualificazione allorquando si affronti il tema dell'incrocio di
impugnazioni reciprocamente «escludenti», esaminiamo il quadro di recente proposto e le conseguenze
innovative tratte, che non si limitano alle gare alle quali abbiano partecipato due soli concorrenti (73).
Le ipotesi prospettabili (74), se non erro, muovendo dal postulato che i ricorsi reciprocamente
escludenti vanno comunque delibati entrambi per il principio di parità delle armi sono le seguenti:
a) gare con due soli concorrenti e impugnative che non sollevano ulteriori censure;
b) gare con due soli concorrenti e impugnative che prospettano ulteriori motivi di annullamento
dell'aggiudicazione;
c) gare con più di due concorrenti e impugnative che non sollevano ulteriori censure;
d) gare con più di due concorrenti e impugnative che prospettano ulteriori motivi di annullamento
dell'aggiudicazione.
Le ipotesi sub a) e sub b), atteso il postulato di partenza, comportano necessariamente, nel caso di
fondatezza di entrambi i ricorsi, l'annullamento della gara in vista della rinnovazione della procedura.
Ciè è di tutta evidenza nella prima vicenda, ma a ben vedere pure nella seconda, giacché il
controinteressato aggiudicatario conserverà sempre l'interesse alla delibazione della propria censura,
che gli garantisce in ogni caso il soddisfacimento dell'interesse strumentale alla rinnovazione della gara
anche ove la controparte deduca ulteriori vizi.
È questa la tesi, fatta propria dall'Adunanza Plenaria, che verrà commentata in occasione dell'analisi
della relativa pronuncia.
La presenza di altri concorrenti produrrebbe invece conseguenze assai diverse: se le censure reciproche
si limitassero a contestare l'ammissione della controparte, dovrebbe dichiararsi la carenza di interesse
di entrambe, restando quindi ferma l'aggiudicazione, ma nell'ipotesi sub d) il giudice sarebbe tenuto ad
esaminare le ulteriori censure, con i loro naturali effetti in ipotesi di fondatezza (75).
Si è obiettato che si tratta di una tesi di scarso impatto sistematico in quanto sottoposta al principio di
eventualità (76); d'altro canto una sentenza che si chiuda con una dichiarazione di doppia
improcedibilità, lasciando ferma l'aggiudicazione, appare evenienza mai verificatasi e costituirebbe
unicamente un appesantimento rispetto alla verifica della sola fondatezza dell'incidentale escludente
(77), in disparte l'anomalia di un giudizio che accoglie la domanda incidentale per dichiarare
inammissibile il ricorso principale per poi accogliere, dopo averlo dichiarato inammissibile, quest'ultimo
al fine di dichiarare inammissibile la domanda già accolta (78).
Tuttavia nulla nella sostanza cambia rispetto agli esiti della giurisprudenza dominante nelle gare con più
di due partecipanti nell'ipotesi sub c).
La vera novità riguarda invece la fattispecie sub d), ma al proposito sembra lecito osservare che il
profilo della carenza di interesse non può venir delibato sezionando in parti distinte i ricorsi, sibbene va
misurato sull'esito complessivo della lite.
Si vuol dire con ciò che il controinteressato conserva l'interesse all'accoglimento della censura
escludente il ricorrente principale anche se questi solleva pure una doglianza cui seguirebbe il
sovvertimento della graduatoria. E reciprocamente il ricorrente principale non perde l'interesse alla
delibazione del motivo riguardante l'inammissibilità dell'offerta vincitrice sol perché l'aggiudicatario
deduce pure una censura il cui accoglimento comporterebbe la conservazione della graduatoria.
8. Volendo ora prospettare qualche osservazione sul tema del contrasto giurisprudenziale che ha
condotto alla citata pronuncia dell'Adunanza plenaria, la questione sembra doversi impostare nei termini
seguenti: l'effetto paralizzante del ricorso incidentale «escludente» dipende dall'equiparazione,
effettuata dalla giurisprudenza sino ad oggi prevalente, tra partecipante alla gara che ha presentato
un'offerta inammissibile e soggetto che non ha neppure presentato domanda di partecipazione, con la
conseguenza che costui versa in situazione di mancanza di interesse protetto e pertanto non può
vantare neppure un interesse strumentale.
È infatti palese che, se così stanno le cose, il numero dei concorrenti risulta privo di rilievo, giacché colui
che è rimasto estraneo alla procedura non può, si deve ritenere, impugnarne l'esito, deducendo
l'illegittimità dell'ammissione dell'offerta vincitrice ed invocando l'interesse strumentale alla
rinnovazione della gara.
Occorre allora innanzitutto soffermarsi, sia pur assai brevemente, sui rapporti tra situazione giuridica
tutelata, interesse processuale, legittimazione al ricorso.
Ebbene, nel giudizio amministrativo volto all'impugnazione di provvedimenti asseritamente viziati
ritengo che le titolarità di una situazione giuridica soggettiva sostanziale protetta - vale a dire,
naturalmente, di un interesse legittimo - rappresenta fattore che determina la sussistenza della
legittimazione processuale (79), e dunque di una condizione affinché il processo possa pervenire ad una
decisione di merito. Distinta, pur se avente anch'essa natura processuale e da risolversi prima che al
giudice sia consentito esaminare la fondatezza o meno delle censure rivolte nei confronti del
provvedimento impugnato, è la questione concernente la sussistenza dell'interesse al ricorso (80),
figura di cui va ribadita l'autonomia rispetto all'interesse legittimo.
Procedendo con ordine, che il difetto di legittimazione ad agire impedisca una pronuncia nel merito della
causa è insegnamento condiviso dalla prevalente dottrina civilprocessualistica (81), alla quale in questa
sede ci si limita a far riferimento, pur segnalando una differenza: nel giudizio civile, in linea generale, il
controllo della legittimazione si ferma alla verifica se l'attore sostiene di agire a difesa di un diritto
soggettivo proprio (82), mentre l'effettiva sussistenza di tale diritto attiene al merito della controversia
(83); nel processo amministrativo di impugnazione invece l'accertamento della sussistenza
dell'interesse legittimo non comporta l'accoglimento del ricorso, ma consente al giudice di valutare se
siano fondate le censure rivolte al provvedimento, così come del resto la verifica che l'attore non rivesta
la vantata qualità di socio comporta il rigetto in limine litis dell'impugnazione di una delibera
assembleare ovvero, parrebbe, una volta acclarato il difetto della posizione di erede il giudice non
affronta il problema della validità di un testamento (84); più in generale, se l'oggetto del processo
costitutivo va individuato con riguardo alla situazione giuridica da modificare, il diritto al mutamento
giuridico deve porsi a base della legittimazione ad agire (85).
Quanto all'interesse al ricorso, la sopra delineata adesione alla tesi della sua rilevanza nel processo
amministrativo ed autonomia rispetto alla legittimazione trova solide basi nella dottrina
civilprocessualistica che ha, come noto, largamente dibattuto il ruolo da riconoscere all'interesse ad
agire (86), quale altra condizione di decidibilità della causa nel merito e di conseguenza oggetto di una
questione processuale (87).
La differenza rispetto alla legittimazione emerge da ciò, che questa «contrassegna la posizione di un
soggetto rispetto al rapporto giuridico dedotto nel processo», mentre l'interesse ad agire «contrassegna
uno stato di fatto in cui versa il diritto» per il quale viene chiesta la tutela (88); detto interesse serve ad
evitare che si scenda all'esame del merito quando la domanda può essere fondata, ma anche se lo
fosse, il suo accoglimento non produrrebbe alcun effetto utile nella sfera giuridica dell'attore, mentre la
legittimazione mira ad evitare una decisione nel merito in assenza della titolarità del diritto in capo
all'attore medesimo (89).
Viceversa è assai discusso se il requisito di cui all'art. 100 c.p.c. debba sussistere in ogni caso ovvero
rilevi soltanto nelle azioni di mero accertamento e nelle domande cautelari (90).
Ai nostri fini assume particolare rilievo la negazione dell'autonomia dell'interesse ad agire nelle azioni
costitutive: la loro tipicità impedirebbe che sia dato richiedere null'altro se non l'affermazione del diritto
alla modificazione giuridica oggetto della domanda (91).
Sennonché gli studiosi del processo civile non mancano di individuare vicende nelle quali l'ammissibilità
dell'azione costitutiva è da escludersi per la mancanza di qualsivoglia risultato utile per la parte.
Questa è la sorte ad esempio:
- dell'azione di annullamento del testamento allorquando esista altro testamento di identico contenuto,
non impugnato (92);
- dell'azione di annullamento di un testamento allorquando la delazione ereditaria ex lege coincide con
quella testamentaria (93);
- dell'azione di annullamento di delibere assembleari della società per azioni ex art. 2377 c.c. ante
riforma qualora la sentenza non sia idonea a produrre una modificazione rilevante nella sfera soggettiva
dell'attore (94).
Tanto allora appare sufficiente per giustificare i seguenti punti: nel processo civile l'interesse ad agire è
una condizione di decidibilità nel merito della causa (95) distinta dalla legittimazione e necessaria per
ogni tipo di azione (96), dovendosi disattendere le troppo generalizzanti opinioni contrarie (97).
Sulla base di quanto si è appena ritenuto di mettere in luce non sembrano sussistere oggettive difficoltà
per giungere ad analoghe conclusioni con riguardo all'interesse al ricorso nel processo amministrativo di
impugnazione (98), da intendersi (l'esistenza dello stesso) come questione di rito distinta dalla
legittimazione (99), senza confonderlo con la situazione sostanziale giuridicamente tutelata, la cui
lesione non viene elevata a regola del decidere, dovendosi in giudizio accertare la corrispondenza o
meno dell'atto impugnato alle norme e principi che lo disciplinano (100).
Per vero, contro un orientamento giurisprudenziale tanto pacifico da doversi considerare «diritto
vivente» (101), l'autonomia dell'interesse al ricorso sembra messa in discussione proprio dai due autori
che ne hanno fatto oggetto di uno specifico studio monografico, ma senza convincere.
Non sembra infatti dirimente l'osservazione secondo cui le stesse circostanze di fatto, a seconda di
come fossero riguardate, potrebbero apparire qualcosa di distinto rispetto all'interesse legittimo o
viceversa componenti dell'interesse sostanziale, vale a dire come limiti di funzionalità del processo
amministrativo o come elementi idonei a selezionare gli interessi sostanziali (102). Proprio infatti
l'esempio portato a sostegno (103) ne dimostra la debolezza: lo stabile collegamento con il territorio
può costituire l'elemento di differenziazione sufficiente per dimostrare l'esistenza di una situazione
sostanziale protetta, ma non basta a risolvere positivamente il quesito dell'idoneità della sentenza
richiesta ad assicurare il conseguimento di un'utilitas capace di riparare l'intervenuta lesione.
Assai più articolato e ricco di suggestioni è l'altro saggio monografico le cui conclusioni qui non si
condividono.
Muovendo dall'adesione alle tesi di Attardi e Garbagnati circa l'irrilevanza dell'interesse ad agire nei
processi costitutivi (104) e dal convincimento che l'art. 24 della Costituzione configuri l'azione come un
diritto inviolabile (105), si conclude che l'interesse ad agire (e così la legittimazione) risulta incorporato
nella struttura dell'azione, sicché non si potrà parlare di carenza di interesse (o di legittimazione),
dovendosi valutare la sussistenza o meno in concreto dell'azione, evenienza, la seconda, eccezionale
alla luce della garanzia costituzionale (106) e non certo all'esito di un'indagine condotta in limine
litis(107), pur restando oggetto, se negato, di una sentenza in rito di inammissibilità del ricorso (108).
Una compiuta analisi richiederebbe di eccedere oltre misura i limiti del presente scritto, coinvolgendo la
visione stessa dei rapporti, che si vuole «paritari», tra cittadini e Pubblica Amministrazione, quasi che il
potere unilaterale della seconda degradi necessariamente i primi a «sudditi».
Basterà allora qui sottolineare come l'adesione alle tesi negative della rilevanza dell'interesse ad agire,
nel processo amministrativo di impugnazione, rappresenti un passaggio essenziale della tesi esposta e
come non convinca la prospettazione di una questione in rito comportante l'inammissibilità del ricorso
che richieda, se ho ben inteso, l'esame dell'intera vicenda.
A questo punto sembra consentito ritornare ai problemi del ricorso incidentale, dopo aver
maggiormente giustificato - sulla base delle necessarie premesse in tema di situazione sostanziale
protetta, legittimazione ed interesse al ricorso (109) - l'affermazione posta all'inizio del presente
paragrafo.
Si procederà allora all'esame delle argomentazioni addotte dal Consiglio di Stato per giustificare la
scelta in favore dell'esame di entrambe le impugnative reciprocamente escludenti nell'ipotesi di due soli
partecipanti.
9. L'ordinanza di rimessione all'Adunanza Plenaria della V Sezione, all'esito di un'attenta e assai
pregevole ricostruzione delle varie soluzioni accolte dalla giurisprudenza e dopo aver richiamato la
circostanza che il ricorrente principale resterebbe sempre «titolare dell'aspettativa di aggiudicarsi [la
nuova] gara che la stazione appaltante è obbligata a celebrare, una volta dimostrato che anche
l'aggiudicatario versava in analoga situazione d'incompatibilità» (110), osserva che «se è conforme ai
principi fondamentali del diritto processuale che l'esame del ricorso incidentale si svolga
prioritariamente rispetto a quello principale, la paralisi dell'impugnazione principale che segue alla
fondatezza di quella incidentale, contrasta con il principio dell'art. 112 del Codice di procedura che il
giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa».
Sennonché appare arduo dubitare del fatto, ad esempio, che una fondata eccezione di difetto di
giurisdizione impedisca, senza alcuna violazione del cennato principio, l'esame nel merito della
domanda dell'attore, osservazione ovviamente valida con riguardo a qualsivoglia questione pregiudiziale
di rito (111).
Non convince neppure il tentativo di dimostrare che l'interesse alla decisione del ricorrente escluso dalla
gara su ricorso incidentale dell'aggiudicatario non sarebbe equiparabile all'interesse di un qualsiasi
soggetto rimasto estraneo alla procedura, rilevando come l'offerente non aggiudicatario è stato
comunque ammesso a partecipare alla gara ed alle fasi successive, sicché la sua posizione non
risulterebbe comparabile non solo a quella del non offerente ma neppure a quella dei concorrenti
legittimamente e definitivamente esclusi in sede di qualificazione; ed invero, si dice, «l'uno ha
partecipato a pieno titolo alla procedura con un'offerta ritenuta pienamente valida dall'amministrazione,
gli altri ne sono stati invece estromessi in limine e non hanno alcun interesse a dedurre vizi contro le
ulteriori fasi della gara, non potendo trarre alcun giovamento, neppure sotto l'aspetto strumentale».
In senso contrario pare consentito osservare che l'annullamento (con efficacia retroattiva)
dell'ammissione illegittima di un partecipante equivale all'estromissione legittima disposta per altro
concorrente: l'illegittimità dell'ammissione non può privilegiare il concorrente privo di requisiti,
attribuendogli una situazione giuridica protetta di cui si assume difetti il concorrente privo di requisiti
escluso d'ufficio dalla stazione appaltante.
Pertanto o si aderisce alla tesi, sostenuta da una giurisprudenza minoritaria, secondo cui pure il
concorrente legittimamente escluso può contestare l'esito della gara, mirando alla rinnovazione
integrale della stessa; ovvero, se siffatta legittimazione viene negata, deve necessariamente pervenirsi
alla medesima conclusione nei confronti del ricorrente principale in presenza di un fondato ricorso
incidentale «escludente».
L'aver inoltrato l'offerta non sembra poi sufficiente a distinguere la posizione di chi non ha neppure
partecipato alla gara da quella dell'offerente escluso in limine d'ufficio o all'esito del ricorso incidentale
promosso dall'aggiudicatario.
Ai fini del riconoscimento della titolarità di una situazione giuridica soggettiva, necessaria ai fini della
legittimazione processuale, non basta una differenziazione di fatto, occorrendo che sussista il requisito
della qualificazione normativa.
Ben si comprende allora come si finisca coerentemente per giustificare la legittimazione in virtù della
semplice qualità di imprenditore nel medesimo settore produttivo interessato dalla gara d'appalto,
indipendentemente dall'esistenza di un qualche collegamento con detta gara (112), vale a dire
utilizzando lo stesso tipo di argomentazioni che ha condotto ad ammettere il ricorso di qualsiasi
operatore contro la scelta della stazione appaltante di aggiudicare la commessa a trattativa privata
(113).
Sennonché, pur se si vuole accogliere senza riserve le conclusioni della giurisprudenza su quest'ultimo
profilo, non pare agevole trasporle automaticamente alla diversa tematica oggetto delle presenti
riflessioni.
Infatti nel caso di indizione di una trattativa privata (114), è la qualità di imprenditore ad essere lesa,
qualità oggetto di una specifica tutela normativa; ma se il bando consente la partecipazione, è la
posizione di offerente a risultare differenziata nonché qualificata dalle norme disciplinatrici della
procedura.
Né si obietti (115) che la qualificazione deve precedere l'ingresso nel procedimento: l'osservazione è
esatta in generale, ma non decisiva nel caso di specie, in quanto presuppone che la norma qualificatrice
contempli la posizione del soggetto in un momento anteriore a tale ingresso, cosa a mio avviso da
escludersi per le disposizioni regolatrici del procedimento.
Ed anche se gli inconvenienti di una tesi non costituiscono motivo sufficiente per affermarne
l'infondatezza, non può non far pensare che nella prospettiva qui non accolta si finisce, per coerenza, a
dover ammettere che qualunque impresa del settore risulterebbe legittimata ad impugnare,
indipendentemente dalla partecipazione, tutte le procedure di gara, da qualunque ente bandite in
qualunque parte del territorio nazionale.
In sintesi, gli argomenti prospettati dall'ordinanza di rimessione non paiono idonei a superare l'opinione
che, muovendo dall'analisi della legittimazione (116), considera irrilevante il numero dei partecipanti in
ordine agli effetti del ricorso incidentale escludente.
10. La decisione dell'Adunanza plenaria inizia l'indagine sul quesito che le è sottoposto individuando nel
principio di economia processuale il criterio ordinatore delle scelte del giudice nell'esercizio del potere
discrezionale che gli spetterebbe con riguardo all'ordine di esame dei ricorsi.
Ciò varrebbe, in particolare, nell'ipotesi di impugnativa incidentale «escludente» qualora vi siano
almeno tre offerte: se infatti l'accoglimento di siffatta impugnativa comporta l'improcedibilità (117) del
ricorso principale, nulla precluderebbe al giudice di esaminare con priorità quest'ultimo ove infondato e
conseguentemente di dichiarare improcedibile il ricorso incidentale. Infatti, si conclude, la soccombenza
in questo caso rimane sempre la stessa qualunque sia l'ordine di trattazione delle parti.
Sembra invece che l'esistenza di un potere discrezionale del giudice nella scelta dell'ordine di
trattazione delle questioni da affrontare, governato dal principio di economia processuale (118), vada
recisamente negata.
Come del resto molte pronunce del Consiglio di Stato rammentano, l'ordine suddetto trova una
disciplina normativa specifica (119) nel Codice di procedura civile, che all'art. 276 pone un principio
processuale generale da applicarsi a qualunque tipo di giudizio: il giudice nel decidere deve seguire
l'ordine logico in cui le questioni si presentano, esaminando per prime quelle pregiudiziali di rito (120).
Ed allora, siccome il ricorso incidentale «escludente» solleva appunto una questione di tal genere, che
investe direttamente l'ammissibilità dell'iniziativa giudiziale, esso va delibato prioritariamente senza che
al giudice competa sul punto alcuna scelta discrezionale, risultando inapplicabile il principio di economia
processuale. Pertanto non è condivisibile l'affermazione secondo cui ben potrebbe il giudice, in presenza
di almeno tre offerte, discrezionalmente dichiarare infondato il ricorso principale ovvero accogliere
l'incidentale che comporti l'inammissibilità dell'impugnativa.
Né in senso contrario varrebbe invocare l'accessorietà del ricorso incidentale, perché questa va tenuta
ben distinta dal condizionamento, come l'esperienza del ricorso incidentale c.d. condizionato in
Cassazione ben evidenzia (121), soprattutto se si prescinde da alcuni profili di tale esperienza che nel
giudizio amministrativo di impugnazione non rilevano: il rapporto tra un siffatto ricorso ed il potere di
correzione della motivazione da un lato, il rischio della c.d. vittoria dimidiata (vale a dire il rischio che
l'accoglimento di una questione pregiudiziale di natura processuale venga a sostituire la vittoria nel
merito precedentemente conseguita) dall'altro, l'incidenza delle soluzioni proposte in ordine a siffatto
istituto sullo svolgimento del successivo eventuale giudizio di rinvio dall'altro ancora, aspetto reso
ulteriormente complesso dalla riforma dell'art. 384 c.p.c., che consente alla Suprema Corte di definire
immediatamente nel merito la lite.
Ma occorre procedere con ordine.
Tema del ricorso incidentale condizionato (122) è, come noto, la disciplina della posizione di chi,
vittorioso nel giudizio di merito, è tuttavia incorso in una c.d. soccombenza teorica, vale a dire ha visto
risolvere espressamente (123) e in modo per lui negativo una questione pregiudiziale di rito o
preliminare di merito.
Rigettata la tesi della riermersione automatica (124), suggerita in base alla considerazione che sulle
singole questioni non è dato parlare di domanda e di capo di sentenza, l'attenzione di dottrina e
giurisprudenza si è focalizzata sul menzionato ricorso ma, si badi bene, non più evidentemente sulla
necessità di questo perché la questione riemerga, sibbene piuttosto sull'ammissibilità di un
condizionamento subordinato all'iniziativa della parte (125) e sui rapporti tra incidentalità ed ordine di
esame, con accenti diversi a seconda si verta in tema di questioni pregiudiziali di rito o preliminari di
merito (126).
Per meglio chiarire quanto appena osservato l'itinerario migliore sembra quello di ripercorrere
l'evoluzione della giurisprudenza della Cassazione (127), occasione del resto per alcuni dei più
significativi interventi specifici della dottrina.
Nel 1955 la Suprema Corte dichiarò inammissibile il ricorso incidentale condizionato vertente su una
questione di legittimazione processuale rispetto alla quale il resistente sia rimasto soccombente in
appello (128): affinché non si formi giudicato sulla statuizione in rito (di cui la legittimazione
processuale è una della ipotesi) l'interessato deve proporre ricorso incidentale non condizionato;
altrimenti si perverrebbe «nel caso di accoglimento del ricorso principale, alla illegittimità di una
decisione secundum eventum, ossia con riserva di accertare, successivamente alla decisione del merito,
la sussistenza di un presupposto processuale, nel caso di accoglimento del ricorso incidentale, ad
un'inutile perdita di attività giurisdizionale» (129); pertanto non solo la condizione, ma il ricorso
incidentale nella sua interezza deve ritenersi inammissibile (130).
La sentenza fu commentata negativamente da Francesco Carnelutti, non per il profilo della
subordinazione dell'esame del merito alla risoluzione delle questioni di rito, ma per la logica del giudizio
rescissorio di cassazione, nel quale la parte non chiedeva alla Suprema Corte di giudicare sulla
legittimazione dopo aver pronunciato sul merito, ma, in presenza di un accertato errore di merito, di
rilevare anche l'errore commesso in appello relativamente alla legittimazione (131).
A fronte della reazione per lo più dissonante della dottrina (132), le Sezioni unite (133) si
pronunciarono nel 1960 in senso opposto al precedente arresto, invocando innanzitutto la generale
ammissibilità dell'impugnazione incidentale condizionata, poi la circostanza che l'interesse relativo nasce
soltanto con l'accoglimento del ricorso principale, in terzo luogo l'assenza nel giudizio di cassazione di
un ordine inderogabile dell'esame delle questioni, infine il rispetto del principio dispositivo, che deve
prevalere sull'economia processuale sacrificata dall'esame, eventualmente inutile, dei motivi dedotti dal
ricorrente principale.
La sentenza incontrò il favore della dottrina maggioritaria (134), ma non certo unanime (135).
Quanto alla vicenda ivi scrutinata (136), fermo che l'impugnativa incidentale risulta necessaria per
investire il giudice della questione pregiudiziale decisa negativamente dalla parte vittoriosa (137), il
principio dispositivo, si obiettò, non può sovvertire l'ordine logico della pregiudizialità, sicché va espunto
(non il ricorso incidentale ma) il condizionamento apposto dalla parte (138).
A partire dagli anni Novanta del secolo scorso la giurisprudenza comincia a percorrere il cammino
inverso: la sentenza delle Sezioni unite 11 dicembre 1990 n. 11795 (139) enuncia due principi (140):
a) l'interesse ad impugnare la soccombenza virtuale su questione pregiudiziale nasce al momento della
proposizione del ricorso principale, e non già al momento dell'accoglimento di siffatto ricorso (141); b)
pertanto, non solo l'impugnativa incidentale è ammissibile, ma individua una questione da esaminarsi
prioritariamente secondo l'ordine logico (142).
Finalmente anche le Sezioni unite, con sentenza 23 maggio 2001 n. 212 (143), affermano che se la
parte convenuta vittoriosa nel merito propone ricorso incidentale condizionato contro una statuizione a
lei sfavorevole, relativa ad una questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito, la Corte di
Cassazione deve esaminare e decidere con priorità tale ricorso, senza tener conto della sua
subordinazione all'accoglimento del ricorso principale (144).
Ma le oscillazioni del pensiero della Suprema Corte non terminano qui: negli ultimissimi tempi si è infatti
affermato un diverso indirizzo, inaugurato dalla pronuncia delle Sezioni Unite 31 ottobre 2007 n. 23019
(145): il ricorso incidentale della parte totalmente vittoriosa che investa questioni pregiudiziali di rito e
preliminari di merito ha sempre natura condizionata, indipendentemente dalle indicazioni di parte, ma
deve essere esaminato prioritariamente solo se dette questioni non sono state esaminate nel giudizio di
merito, giacché altrimenti occorre sussista l'interesse della parte, che sorge solo nell'ipotesi della
fondatezza del ricorso principale.
All'assolutezza di simile impostazione (146) sembrano porre un temperamento le Sezioni unite 16
dicembre 2008 n. 29349, che se ne distaccano, ribadendo la priorità del ricorso incidentale che investa
una questione di giurisdizione.
Nell'ottica poi della ragionevole durata del processo e della necessità di evitare il rischio che la parte
vittoriosa nel giudizio di merito perda l'utilità conseguita, anche siffatto temperamento viene
abbandonato da Sezioni unite 6 marzo 2009 n. 5456 (147).
Vediamo ora di trarre qualche elemento utile ai fini delle impugnative incidentali nel processo
amministrativo di primo grado.
In primo luogo, in ordine al ricorso incidentale condizionato in Cassazione sembra che siano emerse tre
posizioni: a) quella della sua inammissibilità perché alla parte virtualmente soccombente su una
questione pregiudiziale è consentito solo di proporre ricorso incidentale puro (148); b) quella della
necessità del condizionamento esplicito (149); c) quella infine della irrilevanza di detto
condizionamento, che però può essere letta in modi opposti, o sottolineando come si debba seguire
comunque nell'esame delle questioni l'ordine dettato dalla priorità logica (150), ovvero negando che
esista un ordine logico nell'esame delle questioni (151), ovvero ancora ritenendo sempre condizionato,
indipendentemente dalla dichiarazione di parte, il ricorso incidentale avente ad oggetto questioni
preliminari di merito o pregiudiziali di rito rilevabili d'ufficio (152).
Vi è poi un altro aspetto che merita di essere sottolineato: alcuni opinano che l'interesse ad esperire il
ricorso incidentale condizionato nasca in presenza della mera proposizione del ricorso principale (153),
dividendosi poi tra chi tuttavia, qualora la questione pregiudiziale sia di rito, ritiene sufficiente (non la
decisione ma) la delibazione dell'impugnativa principale (154) e chi invece postula in ogni caso
l'accoglimento di siffatta impugnazione perché si proceda all'esame del ricorso incidentale (155),
assumendo così una posizione vicina, sotto questo profilo, a chi esclude l'ammissibilità di detto ricorso
prima che si verifichi sempre (156), con l'accoglimento del ricorso principale, la soccombenza pratica
(157).
Ed allora se si considera che a) ove si attribuisca alla sola proposizione dell'impugnativa principale la
nascita dell'interesse al ricorso incidentale deve darsi la prevalenza all'ordine di priorità (158), che b) in
tal caso pare artificioso esigere poi per lo scrutinio dell'incidentale l'accoglimento e non già al più la
mera delibazione del principale, quanto meno per le pregiudiziali di rito, ritenute bisognevoli di
immediata decisione anche da chi diversamente opina per le preliminari di merito (159), riterrei vi siano
elementi sufficienti per aderire alla tesi (160) secondo cui il ricorso incidentale della parte virtualmente
soccombente, ove sollevi una questione pregiudiziale processuale, introduce un tema che va comunque
esaminato in via prioritaria (161), secondo l'ordine logico contemplato dall'art. 276 c.p.c., l'accessorietà
non implicando affatto il condizionamento.
Conclusione in ogni caso convincente nel processo amministrativo di primo grado, nel quale alcuni snodi
problematici (ammissibilità e rilevanza di un condizionamento esplicito del ricorso incidentale, rapporti
tra sentenza della Cassazione e ambito di valutazione residuale per il giudizio di rinvio, Cassazione
come giudice di merito, emersione automatica delle questioni di rito pretermesse o decise
negativamente, vittoria dimidiata, ragionevole durata del processo, ecc.) appaiono, lo si è già
accennato, estranei.
11. Tornando alla decisione dell'Adunanza plenaria, il Collegio passa poi ad esaminare la vicenda,
oggetto specifico dell'ordinanza di rinvio, in cui i concorrenti sono soltanto due ciascuno dei quali nelle
rispettive impugnative, principale ed incidentale, contesti la legittimità dell'ammissione alla procedura
dell'altro.
Il dubbio viene sciolto invocando il principio di parità delle parti (162) espressamente affermato, si
osserva, sia dall'art. 111 della Costituzione, sia dall'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti
dell'uomo - alla cui stregua le scelte discrezionali del giudice circa l'ordine di trattazione dei ricorsi non
possono avere rilievo decisivo sull'esito della lite - ed aggiungendo che, essendo entrambe le imprese
titolari dell'interesse strumentale all'indizione di un'ulteriore gara, vanno esaminati sia il ricorso
principale sia il ricorso incidentale, al cui contestuale accoglimento corrisponderà l'obbligo
dell'Amministrazione di rinnovare la procedura di gara.
Ritengo di dover obiettare che la rilevanza nel caso specifico del principio di parità delle parti, che si
traduce nella garanzia di eguaglianza dei poteri all'interno del processo, e così di allegazione, istruttori,
ecc., a garanzia di un autentico e vero contraddittorio (163), non consente certo l'alterazione dell'ordine
logico delle questioni da affrontare (164).
E se per una qualsiasi ragione l'iniziativa dell'attore è inammissibile, di sicuro il rispetto del richiamato
principio non richiede l'esame della fondatezza delle tesi difensive nel merito prospettate dal convenuto.
D'altro canto la posizione di chi agisce in giudizio risulta per certi versi (fisiologicamente) più scomoda
rispetto a quella di chi si difende: l'attore, per vincere, deve provare il fatto costitutivo del diritto
vantato, se non ci riesce soccombe e nessuno ha mai pensato di invocare il principio di parità delle parti
per esigere, in tale evenienza, la verifica della esistenza del fatto modificativo, impeditivo od estintivo
addotto come eccezione dal convenuto.
Né va sottovalutato il rischio di utilizzare principi generali introdotti nella Carta fondamentale per
sbarazzarsi di puntuali disposizioni legislative, mascherando l'operazione come nuova «interpretazione
costituzionalmente orientata» (165).
Il che a molti appare accaduto con la «rilettura» effettuata dalla Cassazione (166), invocando la
ragionevole durata del processo, dell'art. 37 c.p.c., di cui in realtà si è disinvoltamente soppresso una
parte (167).
Nessuno intende naturalmente risuscitare la oggi screditata categoria delle norme costituzionali
meramente programmatiche, ma a fronte di una disposizione di legge ordinaria sospetta di non
conformità a un nuovo principio introdotto nella Carta fondamentale, il compito di intervenire spetta, è
banale ripeterlo, alla Corte costituzionale nei limiti della discrezionalità dalla medesima riconosciuta al
Parlamento (168).
Non pertinente risulta poi il riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia che ha riconosciuto
meritevolezza di tutela all'interesse dell'impresa a ricorrere contro gli atti preclusivi della partecipazione
alla gara in vista della rinnovazione della stessa. Ed invero qui non viene in rilievo, come nella vicenda
cui si riferisce la sentenza del Giudice europeo, un ostacolo frapposto dagli atti di gara alla
partecipazione (impugnativa da parte di chi non ha potuto partecipare alla procedura perché impedito
dalle prescrizioni di un bando illegittimo), ma del trattamento di una situazione da equipararsi a quella
di chi alla gara non ha voluto partecipare) (169).
Ancora, lascia perplessi l'aver richiamato a supporto dell'opinione preferita l'art. 6 della CEDU,
direttamente applicabile in virtù dell'art. 6 Trattato di Maastrich (170), giacché si tratta di un
immotivato distacco dalla posizione della dottrina e della giurisprudenza comunitaria, che si sono
espresse in modo decisamente critico rispetto alla tesi, condivisa dalla Plenaria, della c.d.
«comunitarizzazione» delle regole convenzionali: basti leggere le sentenze dalla Corte Costituzionale 24
ottobre 2007 n. 348 e n. 349 (171) nonché la precedente ordinanza di rimessione della Cassazione
(172), che siffatta comunitarizzazione esplicitamente escludono. Se d'altro canto si porta l'attenzione
sul contenuto dell'art. 6 CEDU, la Corte di Strasburgo sulla base di tale norma scrutina il rispetto
dell'imparzialità del giudice dal punto di vista della posizione della non terzietà in relazione all'attività
pregressa svolta dal magistrato, ma giammai ha ritenuto che possa venire in gioco l'ordine di decisione
delle questioni e la rispettiva priorità logica (173).
Infine, la Plenaria postula un obbligo dell'Amministrazione di ripetere il procedimento, il che ben si
spiega stante l'adesione della pronuncia alla tesi, al di là di qualche incertezza terminologica, del
permanere di un interesse strumentale. Sennonché, in disparte il dubbio se, in caso di annullamento di
entrambe le uniche offerte, non sia da applicare la disciplina delle gare deserte, sembra in ogni caso
difficile disconoscere che l'ente aggiudicatore possa legittimamente dar luogo ad una rinnovata
valutazione dell'opportunità dell'appalto, quanto meno negli stessi identici termini, ovvero bandirlo con
modalità differenti a cui seguano criteri di qualificazione più rigorosi (174).
12. La decisione della Plenaria se appare deludente perché non affronta il tema centrale, rappresentato
dal rapporto tra legittimazione (175) e interesse al ricorso (176), proponendo a sostegno della tesi
prescelta argomenti di scarso peso sistematico (177), apre scenari di problematica condivisibilità.
Ed invero, abbandonato implicitamente (senza affrontare la questione) il filtro della legittimazione, si
incrina alla radice il fondamento dell'inammissibilità del ricorso principale, in virtù dell'accoglimento
dell'impugnativa incidentale, anche in presenza di un numero maggiore di offerenti (178).
Per un verso basta infatti che detto ricorso prospetti, accanto alle presunte ragioni di inammissibilità
dell'offerta vincitrice, pure l'inammissibilità di tutte le ulteriori offerte, ovvero (179) un vizio inficiante
l'intera procedura (180), ad esempio la mancanza di pubblicità della seduta destinata alla verifica della
documentazione amministrativa (181), per altro verso, ancora una volta, non vi è ad esempio alcuna
certezza circa la convenienza economica dell'offerta presentata dal terzo graduato e dunque
sull'assegnazione a questi dell'appalto; e tanto basta per giustificare, a ben vedere, l'interesse
strumentale di chi impugna la gara ed aspira ad una (comunque ipotetica) rinnovazione della
procedura, che potrebbe pure in siffatta ipotesi seguire.
In realtà il sistema sino ad oggi costruito dalla giurisprudenza in tema di ricorso incidentale escludente
poggia(va) sull'equiparazione del soggetto in tal modo escluso con chi neppure aveva presentato
l'offerta, con conseguente irrilevanza del numero dei partecipanti al confronto comparativo.
Venuta meno l'equiparazione, da un lato viene fatalmente a cadere il discrimine basato su quel numero,
dall'altro, come detto, si aprono scenari non confortanti e assai dubbi sotto il profilo sistematico.
Ne sembra agevole la dimostrazione.
Si immagini che sia l'Amministrazione a non ammettere un'offerta all'inizio della procedura e che tale
determinazione rimanga inoppugnata ovvero confermata dal giudice: potrà l'offerente escluso
impugnare l'aggiudicazione?
Se la risposta è negativa, si contraddicono le conclusioni della Plenaria, giacché giuridicamente la
posizione dell'impresa è identica a quella prodotta dall'efficacia retroattiva dell'accoglimento di un
ricorso incidentale escludente.
Se la risposta è positiva, si assume una posizione coerente con la pronuncia in esame, pagando però un
prezzo, che è sotto gli occhi di tutti, in tema di certezza dei rapporti, attribuendo per di più all'offerente
escluso poteri processuali di cui non si riesce a individuare una posizione legittimante diversa ed
ulteriore rispetto a quella connessa allo status di impresa operante nel settore (182).
Se poi la risposta da darsi al quesito fosse la prima (vale a dire: l'offerente escluso d'ufficio nella fase
iniziale della procedura, diversamente da quello escluso in virtù dell'accoglimento del ricorso
incidentale, deve ritenersi privo di legittimazione a contestare i risultati della gara contrattuale), si
dovrebbe rivedere ab imis il tema dell'impugnabilità degli atti endoprocedimentali: sembra allora infatti
evidente l'interesse ad ottenere dal giudice la immediata esclusione di chi in tal modo verrà a perdere la
legittimazione a contestare gli esiti finali della gara stessa e dunque l'interesse, fino ad oggi
pacificamente negato dalla giurisprudenza, ad impugnare immediatamente la mera ammissione di
offerte presentate da soggetti privi della necessaria qualificazione ovvero contrastanti con il bando o la
lettera di invito.
La conclusione del presente scritto sembra allora riassumibile nei termini seguenti: la questione
escludente sollevata dal ricorso incidentale prevale sulle censure dedotte da chi ha proposto
l'impugnativa principale perché, attenendo alla legittimazione di costui, rappresenta una questione
pregiudiziale di rito che condiziona la possibilità di valutare nel merito la fondatezza dell'azione
proposta, mentre tale all'evidenza non è la questione escludente sollevata nell'impugnativa principale,
che non concerne affatto profili di ammissibilità processuale (l'aggiudicatario è indubitabilmente parte
legittimata passivamente), ma attiene alla fondatezza nel merito di quella impugnativa (la mancata
esclusione dalla gara asseritamente illegittima del controinteressato vincente comporta l'accoglimento
del ricorso principale allorquando viene riconosciuta condivisibile la relativa censura) (183).
NOTE
(*) Il presente scritto riprende, con qualche maggiore approfondimento e rettifica nei dettagli, le
osservazioni da me svolte nelle due precedenti note In tema di ricorso incidentale e di procedure di gara
cui partecipano due soli concorrenti e L'Adunanza Plenaria interviene sui rapporti tra ricorso principale e
ricorso incidentale, rispettivamente in questa Rivista, 2008, 911 ss. e 1186 ss. Esso è dedicato con
emozione al ricordo di Roberto Marrama, al quale si devono illuminanti notazioni su temi vicini a quelli
qui analizzati.
(1) L'istituto è stato di recente oggetto di due ampi studi, con prospettive e finalità diverse, l'uno
mirante ad una completa esposizione della disciplina normativa e dei relativi problemi d'ordine
ermeneutico, l'altro volto ad inquadrare il ricorso incidentale nella più ampia prospettiva della natura e
dell'oggetto del processo amministrativo. Si allude a R. GIOVAGNOLI - M. FRATTINI, Il ricorso incidentale e i
motivi aggiunti, Milano, 2008 e a G. TROPEA, Il ricorso incidentale nel processo amministrativo, Napoli,
2007, ai quali dunque si rinvia per un approfondimento della materia e per le relative indicazioni
bibliografiche. All'argomento è dedicato anche un capitolo della monografia di A. DI GIOVANNI, La
domanda riconvenzionale nel processo amministrativo, Padova, 2004. Una rapida sintesi si può leggere
ora in L. CIMELLARO, Alcune note sulla parità delle parti nell'Adunanza plenaria n. 11 del 2008, in Foro
amm.-C.d.S., 2008, 2949 ss.
(2) La manualistica della prima metà del secolo scorso (Presutti, Ranelletti, D'Alessio, Vitta, ecc.) si
limita a scarne osservazioni. Si rinvia comunque per indicazioni a G. TROPEA, op. cit., passim.
(3) Cfr. E. CAPACCIOLI, In tema di ricorso incidentale nel processo amministrativo, in Giur. compl. cass.
civ., 1951, II, 1013.
(4) A. PIRAS, Interesse legittimo e giudizio amministrativo, Milano, 1962.
Chi scrive ritenne a suo tempo di dissentire, per considerazioni di stretto diritto positivo, dalle tesi
sostenute in tale opera, ma senza affatto disconoscerne il pregio assoluto sia per finezza argomentativa
e di analisi sia per approfondimento sistematico nel quadro della teoria generale del processo.
Del resto fu quello il periodo in cui, sulla scia dei contributi di Feliciano Benvenuti, gli studi di diritto
processuale amministrativo pervennero ad un livello nei decenni successivi mai più eguagliato: oltre al
monumentale saggio di Aldo Piras alludo soprattutto alle opere di Alberto Romano, La pregiudizialità nel
processo amministrativo, Milano, 1958 e di Mario Nigro, L'appello nel processo amministrativo, Milano,
1960.
(5) Così E. CAPACCIOLI, op. cit., 1016.
(6) E. CAPACCIOLI, op. cit., 1018. Per una più ampia esposizione del pensiero dell'Autore cfr. G. TROPEA, Il
ricorso, cit., 81 ss. e ivi ulteriori indicazioni.
(7) Così ancora E. CAPACCIOLI, op. cit., 1017.
(8) Cfr. A. PIRAS, op. cit., 204 ss.
Per la compiuta esposizione del pensiero di A. PIRAS cfr. G. TROPEA, Il ricorso, cit., spec. 88 ss., ma tra i
non pochi meriti di questo studioso è di essersi, dopo molti anni che ciò non accadeva, effettivamente
misurato con la complessità delle tesi di Aldo Piras, assai spesso più citato che realmente compreso.
Questo, e altri profili della monografia, richiedono, per non essere superficiali, riferimenti alla dottrina
civilprocessualistica che non ritengo affatto sovrabbondanti (diversamente da B. MARCHETTI, Recensione,
in Riv. trim. dir. pubbl., 2009, 264 ss., spec. 266).
(9) Concordo nel rilievo che solo nel momento in cui si costituiscono le parti, prendendo posizione
intorno all'oggetto del giudizio, determinano la propria posizione di interesse, P. STELLA RICHTER,
L'inoppugnabilità, Milano, 1970, 224.
(10) A. PIRAS, op. cit., 208.
(11) In questi termini A. PIRAS, op. cit., 210-211. Cfr. pure P. STELLA RICHTER, L'inoppugnabilità, cit., 228.
(12) Così A. PIRAS, op. cit., 212. Sulla questione dell'accessorietà totale o parziale del ricorso incidentale
nel processo amministrativo cfr. A. DI GIOVANNI, La domanda riconvenzionale, cit., 111 ss.
(13) Cfr. pure sul punto lo studio di A. ALBINI, Il giudizio amministrativo con pluralità di parti, in Studi
parmensi, 1954.
(14) Fu merito di R. MARRAMA, Rinuncia all'impugnazione ed acquiescenza al provvedimento
amministrativo, Padova, 1987 (rist.), 64 di aver colto, nel non sempre immediatamente assimilabile
pensiero di questi due autori, i rispettivi punti di convergenza e dissenso: entrambi concordano
nell'accessorietà soltanto parziale del ricorso incidentale, vale a dire limitata alle due ipotesi individuate
dall'art. 37; ma se il ricorso incidentale è stato proposto da un cointeressato prima della scadenza del
termine senza aver proposto acquiescenza, Capaccioli propende che in dette ipotesi il ricorso in
questione verrebbe a cadere, mentre A. Piras ne sostiene vigorosamente la piena autonomia, stante
l'obbligatorietà della forma incidentale imposta ad un'impugnazione di per se stessa appunto autonoma.
(15) Alludo naturalmente allo studio di F. LUBRANO, L'impugnazione incidentale nel giudizio
amministrativo, in Rass. dir. pubbl., 1964, 756 ss.; l'espressione si legge a p. 772 ed è ripresa, tra gli
altri, da P. STELLA RICHTER, L'inoppugnabilità, cit., 225.
(16) F. LUBRANO, op. cit., 771.
(17) F. LUBRANO, op. cit., 774.
(18) Così F. LUBRANO, op. cit., 779, che supera l'art. 37 cit. distinguendo tra irricevibilità in senso stretto
del ricorso incidentale da detta norma dalla dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse in ordine
a siffatto ricorso in seguito alla sorte negativa incontrata, per motivi estranei a quelli contemplati dallo
stesso art. 37, dall'impugnativa principale.
(19) Non si dimentichi tuttavia l'acuto saggio di F. LA VALLE, L'impugnazione incidentale del
provvedimento amministrativo, in Riv. dir. proc., 1968, 544 ss., che condivide le conclusioni di Lubrano
in punto sia di soggetto legittimato (p. 549 ss.) sia di necessario condizionamento (p. 552), nonché gli
spunti che si leggono in A. TIGANO, L'intervento nel processo amministrativo, Milano, 1984, 134 ss. e in
P. STELLA RICHTER, L'inoppugnabilità, cit., 219 ss. L'istituto è poi naturalmente illustrato, con ampiezza
diversa, nelle trattazioni generali dalla giustizia amministrativa: cfr. A.M. SANDULLI, Il giudizio innanzi al
Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, Napoli, 1963, 276 ss.; P. VIRGA, La tutela giurisdizionale nei
confronti della pubblica amministrazione, Milano, 1971, 316 ss.; A. TRAVI, Lezioni di giustizia
amministrativa, Torino, 2008, 2336; C.E. GALLO, Manuale di giustizia amministrativa, Torino, 2007, 206
ss.; E. PICOZZA, Il processo amministrativo, Milano, 2008, 184 ss.; N. SAITTA, Sistema di giustizia
amministrativa, Milano, 2009, 80 ss.; cfr. pure D. TRAINA, Lo svolgimento del processo, in Trattato
Cassese, V, Milano, 2003, 4374 ss.; G. LEONE, Elementi di diritto processuale amministrativo, Padova,
2008, 125 ss.; E. FOLLIERI, Lo svolgimento del giudizio di primo grado, in F.G. SCOCA, (a cura di),
Giustizia amministrativa, Torino, 2006, 274 ss.; V. CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale
amministrativo, Torino, 2004, 684 ss.; F. SATTA, Giustizia amministrativa, Padova, 1997, 191 ss.
(20) Cfr. W. CATALLOZZI, Note sulle impugnazioni incidentali nel processo dinanzi ai giudici amministrativi
ordinari, in Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato, Roma, 1981, vol. III, 1759 ss. e
Ricorso incidentale (diritto amministrativo), in Enc. giur., Roma, 1991.
(21) Cfr. D. TRAINA, op. cit., 185; N. SAITTA, op. cit., 82; C.E. GALLO, op. cit., 207; G. LEONE, op. cit., 126;
V. CAIANIELLO, op. cit., 687.
(22) Se invece il contrasto fosse con una disposizione del Regolamento edilizio dovrebbe applicarsi, ad
avviso di F. LA VALLE, op. cit., 557 ss., il principio iura novit curia, sicché sarebbe sufficiente la mera
difesa del controinteressato, senza necessità di impugnazione incidentale (l'Autore riprende qui la tesi
già esposta nella nota In tema di ricorso incidentale avverso atto regolamentare presupposto, in Foro
amm., 1966, II, 65). Critica l'estensione del ricorso incidentale a provvedimenti diversi da quelli oggetto
del ricorso principale, F. SATTA, op. cit., 192.
(23) Cfr. sul punto anche l'analisi di F. LA VALLE, op. cit., 550.
(24) Cfr. R. GIOVAGNOLI, op. cit., 4 ss.
(25) G. VACIRCA, Appunti per una nuova disciplina dei ricorsi incidentali, in questa Rivista, 1986, 57 e
ss., seguito da S. SANTORO, Appunti sulle impugnazioni incidentali nel processo amministrativo, ivi,
1986, 424 ss. Conformi G. LEONE, op. cit., 127; V. CAIANIELLO, op. cit., 690; E. FOLLIERI, op. cit., 274.
(26) S. BACCARINI, L'impugnazione incidentale del provvedimento amministrativo tra tradizione e
innovazione, in questa Rivista, 1991, 639 ss.
(27) G. VACIRCA, op. cit., 59-60. Sul problema dell'ammissibilità del ricorso incidentale proposto
dall'Amministrazione cfr. in vario senso E. PICOZZA, op. cit., 186; A. DI GIOVANNI, La domanda
riconvenzionale, 115 ss.; N. SAITTA, op. cit., 82; V. CAIANIELLO, op. cit., 690; E. FOLLIERI, op. cit., 277278. Dopo aver compiutamente richiamato le varie opinioni espresse sul punto A. DI GIOVANNI, op. cit.,
128 ss. conclude per la non riconducibilità del ricorso incidentale alla domanda riconvenzionale,
soprattutto perché il primo, diversamente dalla seconda, non introduce una domanda autonoma.
(28) Così S. BACCARINI, op. cit., 654-655, ma in parte già W. CATALLOZZI, Note, cit., 1768-1769.
La giurisprudenza mantiene al riguardo una posizione sostanzialmente eclettica, apparendo consentito
affermare che, a grandi linee, la tesi dell'eccezione trova più frequente adesione allorquando oggetto
dell'impugnativa incidentale sia lo stesso provvedimento oggetto del ricorso principale, quella della
domanda riconvenzionale nell'ipotesi di doglianze rivolte, dall'impugnativa suddetta, nei confronti di un
atto diverso.
(29) Di A. PAJNO, Appunti a proposito del ricorso incidentale condizionato nel processo amministrativo, in
Giur. mer., 1975, 110 ss.
(30) A. PAJNO, op. cit., spec. 112-113.
(31) A. PAJNO, op. cit., 114.
(32) A. PAJNO, op. cit., 119 ss., spec. 124-125.
(33) Sulla quale cfr. i rilievi di G. TROPEA, Il ricorso, cit., 112 ss.
(34) Ad opera di R. MARRAMA, Rinuncia all'impugnazione, cit., 61 ss.
(35) R. MARRAMA, op. cit., 65.
(36) R. MARRAMA, op. loc. ult. cit.
(37) R. MARRAMA, op. cit., 66 ss.
Sul pensiero del compianto autore cfr. pure le osservazioni di G. TROPEA, Il ricorso, cit., 139.
(38) Una ben più completa analisi nel saggio di G. TROPEA, più volte citato, che tuttavia non ritiene di
proporre una ricostruzione complessiva dell'istituto in questa fase, dall'Autore ritenuta di transizione,
del processo amministrativo verso lidi che troppo frettolosamente vengono ravvisati con la formula
«giudizio sul rapporto», talvolta senza adeguata consapevolezza della complessità della questione. Ciò
peraltro non vuol essere una critica ad una monografia che spicca nel quadro attuale, talvolta non
esaltante dal punto di vista del metodo, degli studi sul processo amministrativo.
(39) Secondo un orientamento, seguito ad es. da Cons. Stato, Sez. V, 20 ottobre 2004 n. 6874, in Foro
amm.-C.d.S., 2004, 3587, con nota di R. MORZENTI PELLEGRINI, La sussistenza dell'interesse a ricorrere
avverso l'aggiudicazione di una gara pubblica in capo al concorrente escluso in forza di un
provvedimento non contestato, la mancata impugnazione dell'esclusione non priverebbe l'impresa
dell'interesse ad impugnare l'aggiudicazione in vista della possibile rinnovazione della procedura.
La pronuncia in esame considera decisiva la circostanza che alla gara avessero partecipato due soli
concorrenti, rilievo non condiviso dal commentatore, secondo cui in tal modo si finisce per sostituire alla
«possibilità» di partecipare alla nuova gara, una più consistente «probabilità» di diventare
aggiudicatario (così R. MORZENTI PELLEGRINI, op. cit., 3593).
Ad avviso di Cons. Stato, Sez. VI, 5 febbraio 2007 n. 463, in Foro amm.-C.d.S., 2007, 883, con nota di
E. MASTRODOMENICO, L'interesse strumentale all'impugnazione dell'aggiudicazione dei concorrenti
legittimamente esclusi, se in gara è rimasto solo l'aggiudicatario conserverebbe l'interesse al ricorso in
vista della rinnovazione della procedura pure il concorrente legittimamente escluso per mancanza dei
requisiti di partecipazione.
Le ragioni del dissenso da simili conclusioni emergeranno, si ritiene, dal prosieguo del presente scritto.
(40) Cfr. pure le attente ricostruzioni di tale giurisprudenza fornita da G(iulia) FERRARI, Il ricorso
incidentale nel processo amministrativo: principi consolidati e problematiche insorte, in questa Rivista,
2007, 1058 ss.; G. FIGUERA, Appunti in tema di interesse e legittimazione al ricorso e brevi note sul
ricorso principale e ricorso incidentale, ivi, 2008, 1066 ss.; A. SQUAZZONI, Il rebus del presunto effetto
paralizzante del ricorso incidentale nelle gare d'appalto ove anche il ricorrente principale contesti la
mancata esclusione del vincitore, ivi, 2009, 151 ss. Da ultimo L. CIMELLARO, op. cit., 2953 ss.
(41) In questa Rivista, 1987, 108 ss., con nota contraria di P.M. VIPIANA, In margine ad un orientamento
del Consiglio di Stato sul cosiddetto interesse a ricorrere.
L'autrice non coglie però il punto centrale del ragionamento svolto dalla citata decisione: il ricorrente se
non risulta titolare di una situazione soggettiva protetta non può rivolgersi al giudice amministrativo,
sicché non appare esatto il rilievo secondo cui la pronuncia colpirebbe «direttamente il cuore
dell'interesse strumentale a ricorrere e precisamente cancellerebbe la sua rilevanza a quella vasta area
di fattispecie nelle quali il ricorrente si afferma titolare di un interesse pretensivo» (op. cit., 157), ed
invero qualora il ricorrente sia titolare di un interesse legittimo di tale tipo, di certo, né la pronuncia
mette ciò in discussione, l'utilità strumentale risulta sufficiente per dimostrare l'interesse al ricorso
(42) Ed invero la ricorrente in primo grado era già stata esclusa dalla stazione appaltante, sicché per
l'impresa controinteressata vincitrice dell'appalto non si era presentata la necessità di impugnare
incidentalmente un'ammissione non avvenuta.
(43) In Cons. Stato, 1991, I, 470 ss.
(44) C.g.a.R.s. 22 dicembre 1995 n. 388, in questa Rivista, 1997, 554 ss., con nota di G. ACQUARONE, In
tema di rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale. Cfr. pure C.g.a.s.R.s. 15 maggio 2001 n.
205, in Cons. Stato, 2001, I, 1470 che dubita dell'applicabilità indiscriminata dell'orientamento che si
era venuto consolidando stante il conseguente sacrificio dell'interesse strumentale, in capo al ricorrente
principale, alla rinnovazione della gara: cfr. su tale pronuncia G. FERRARI, op. cit., 1068.
(45) Soluzione criticata da G. ACQUARONE, 563-564 sotto il profilo del non condivisibile esercizio di poteri
spettanti alla pubblica amministrazione. Cfr. pure G. TROPEA, Il ricorso, cit., 669-670.
(46) In Cons. Stato, 2002, I, 1070, sulla quale per tutti R. GIOVAGNOLI, op. cit., 53 ss. Nei medesimi
sensi Cons. Stato, Sez. V, 11 maggio 2007 n. 2356, in Giurisd. amm., 2007, I, 699 ss. Cfr. ora pure L.
CIMELLARO, op. cit., 2955 ss.
(47) Conforme G. TROPEA, La Plenaria perde posizione sui rapporti fra ricorso principale e ricorso
incidentale (nelle gare con due soli concorrenti), ma non convince, in questa Rivista 2009, 204.
(48) Che, come si vedrà subito, non direi tuttavia «largamente prevalente» come sembra ritenere G.
FERRARI, Il ricorso incidentale nel processo amministrativo, cit., spec., 1068-1069, contributo peraltro
prezioso nella ricostruzione dell'istituto.
(49) V. infra per qualche riflessione su questo specifico tema.
(50) Riconosce l'esattezza di tale rilievo anche A. REGGIO D'ACI, La IV Sezione del Consiglio di Stato
ribadisce che l'effetto paralizzante del ricorso incidentale non può subire deroghe neanche nel caso in
cui vi siano due soli concorrenti alla gara pubblica, in questa Rivista, 2008, 215 ss. spec., 223 ss., che
pure, come si vedrà, non condivide la tesi restrittiva.
Insiste invece sull'interesse ad agire in relazione al principio della libera concorrenza e della presenza
della tutela giurisdizionale G. FERRARI, op. cit., 1071 ss., ma su ciò infra.
(51) Entrambe le decisioni si possono leggere in questa Rivista, 2008, 207 ss. con la già citata nota di
A. REGGIO D'ACI, La IV Sezione, ecc.
(52) In Giurisd. amm., 2007, I, 691 ss.
(53) In Giurisd. amm., 2006, I, 944 ss.
(54) In Giurisd. amm., 2008, I, 1436.
(55) In Foro amm.-C.d.S., 2006, 1185.
(56) In Giurisd. amm., 2007, 1693.
(57) Pubblicata in questa Rivista, 2008, 919.
(58) In questa Rivista, 2009, 146 ss., con le note di A. SQUAZZONI, Il rebus, cit., 151 ss. e di G. TROPEA,
La Plenaria, cit., 201 ss.; in Foro it., 2009, III, 1 ss., con nota di G. SIGISMONDI; in Urb. e app., 2009, 48
ss., con nota di L. TARANTINO, La Plenaria chiarisce i rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale,
in Giust. amm., con nota di G. PELLEGRINO, Ricorso incidentale e parità delle parti. La Plenaria dopo la
svolta della V e della VI.
(59) L'ordinanza di rimessione aggiunge a sostegno della tesi preferita che il motivo di esclusione
dedotto dal ricorrente principale (mancata sigillatura della busta contenente l'offerta economica)
precede temporalmente il motivo fatto valere dal controinteressato (omessa presentazione della
dichiarazione della mancanza di interdizione, inabilitazione o fallimento). Il riferimento al «tempo
logico», come si è visto altrove (cfr. R. VILLATA, In tema di ricorso incidentale), può rappresentare un
temperamento (tuttavia debole sotto il profilo sistematico) della tesi più rigorosa, ma dubito che possa
applicarsi allorquando entrambi i motivi di esclusione si verifichino nella stessa fase di gara.
Più appropriata allora sembra Sez. V, 30 novembre 2007 n. 6133, est. Giordano, in Giurisd. amm.,
2007, I, 1732, poiché i motivi di esclusione si erano verificati rispettivamente nella fase di controllo
della regolarità formale dell'offerta e in quella di valutazione dell'offerta tecnica.
(60) Si allude in primo luogo ai due saggi di G.L. PELLEGRINO, Effetto paralizzante del ricorso incidentale.
Necessità di un ripensamento e Abuso di ricorso incidentale. Finalmente un segnale (ancora
insufficiente), entrambi pubblicati in Giust. amm. on line.
(61) Di guisa che verrebbe altresì irragionevolmente violata la parità delle parti. Ma di ciò più avanti.
(62) G. PELLEGRINO, Effetto paralizzante, cit., 7 solleva, nei confronti della tesi che vede nel ricorso
incidentale «escludente» un'eccezione, un'obiezione ulteriore: se l'aggiudicatario omettesse di articolare
la questione, potrebbe nuovamente dedurla avverso il provvedimento, questa volta sfavorevole, emesso
in occasione della rinnovazione della procedura; esito da un lato inaccettabile e dall'altro collidente in
modo eclatante con la principale finalità del ricorso incidentale, vale a dire la concentrazione dei giudizi.
Sennonché il quadro è assai più complesso: e così, se fosse accolto un ricorso principale di contenuto
solo escludente, il problema ovviamente nemmeno si porrebbe; lo stesso deve dirsi ove l'esito del
giudizio comportasse la rinnovazione totale della procedura. In ogni caso per sostenere che l'art. 37
T.U. Cons. Stato sia principalmente volto a garantire il simultaneus processus occorrerebbe riprendere
la tesi che detta norma si riferisce pure ai cointeressati.
(63) Basti pensare che occorrerebbe affrontare, tra l'altro, il problema dell'ammissibilità di un
accertamento incidentale con efficacia costitutiva: A. TIGANO, L'intervento, cit., 144-145.
La tesi della non riconducibilità del ricorso incidentale all'eccezione si trova ad es. già in M. DI RENZO,
L'eccezione nel processo amministrativo, Napoli, 1968, 176 ss.
(64) Da parte di G. VACIRCA, op. cit., 60.
(65) Sulla quale, per una illustrazione chiarificatrice, cfr. F.P. LUISO, Diritto processuale civile, vol. I,
Milano, 2008, 158 ss.
(66) Per tutti, sulla scia delle note puntualizzazioni al riguardo di Salvatore Satta, è d'obbligo il rinvio a
S. MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano, 1997; di tale autore un'efficace sintesi pure
nella voce Accertamenti incidentali, in Enc. giur., Roma, 1995; cfr. ora infatti G. TROPEA, Il ricorso, cit.,
232.
(67) Cfr. ad es. C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, vol. I, Torino, 2007, 136, ove sottolinea che con
le allegazioni introdotte tramite eccezioni «l'oggetto del processo si allarga rispetto a quello determinato
dalla domanda», nonché p. 158 ss. sui limiti oggettivi della cosa giudicata.
(68) È la conclusione cui giunge, dopo un'ampia quanto stimolante riflessione critica, G. TROPEA, Il
ricorso, cit., 293 ss.
(69) In tal senso sembra forse propendere con qualche cautela, G. TROPEA, Il ricorso, cit. passim e p.
286 ove prospetta il recupero di modelli fondati sulla c.d. «elisione di rilevanza». Ovviamente diverso è
il problema enunciato da E. MERLIN, Mero accertamento di una questione preliminare?, in Riv. dir. proc.,
1985, 193 ss.
(70) Di una certa affinità del ricorso incidentale all'eccezione riconvenzionale, figura, com'è noto,
prevalentemente non accolta dalla dottrina civilprocessualistica, parla F. LA VALLE, L'impugnazione
incidentale, 555. Ma cfr. G. TROPEA, op. cit., 286 ss.; A. TIGANO, L'intervento, cit., 146.
(71) R. CAPONIGRO, Il rapporto di priorità logica tra ricorso principale e ricorso incidentale nel processo
amministrativo, in Giust. amm., conclude che «può ritenersi che il rimedio incidentale abbia natura
impugnatoria ma efficacia di eccezione processuale», riprendendo quanto a suo tempo prospettato da F.
BENVENUTI, Contraddittorio (dir. amm.), in Enc. dir., vol. IX, Milano, 1961, 743. Cfr. pure M. NIGRO,
L'appello nel processo amministrativo, Milano, 1960, 359 ss.
(72) Così invece G. PELLEGRINO, Effetto paralizzante, 4.
(73) Come erroneamente, del che mi scuso con l'autore, avevo ritenuto in altra occasione e come
ritiene anche G. TROPEA, Il ricorso, cit., 711.
(74) Sulla scorta dei due studi di G. PELLEGRINO, Effetto prevalente, 10 ss. e Abuso di ricorso incidentale,
8 ss.
(75) In tal senso G. PELLEGRINO, negli scritti citati nella nota precedente.
(76) Così G. TROPEA, La Plenaria, 211.
(77) Cfr. A. SQUAZZONI, Il rebus, 195-196.
(78) In questi termini A. SQUAZZONI, op. cit., 196.
(79) Conforme R. FERRARA, Interesse e legittimazione al ricorso, in Dig. IV, Disc. pubbl., vol. VIII,
Torino, 1993, 477.
(80) Osserva S. LA CHINA, Diritto processuale civile, Milano, 1990, che solo una preesistente
qualificazione di posizioni soggettive consente di portare innanzi al giudice le volontà di farle valere.
(81) In tal senso di recente ad es. F.P. LUISO, Diritto processuale civile, cit., vol. I, 210; C. CONSOLO,
Spiegazioni di diritto processuale civile, vol. II, Padova, 2008, 223; C. MANDRIOLI, Diritto processuale
civile, vol. I, Torino, 2007, 55; G. BALENA, Elementi di diritto processuale civile, vol. I, Bari, 2007, 55.
Ma si veda pure E.T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, Milano, 2002 (rist.), 147; L.
MONTESANO - G. ARIETA, Trattato di diritto processuale civile, vol. I, Padova, 2006, 296 ss.; A. PROTO
PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2001, 311 ss.; G. VERDE, Profili del processo civile,
vol. I, Napoli, 1991, 181 ss.
Diversa naturalmente, collegata alla specifica posizione in tema di rapporti tra diritto e processo, la
posizione di S. SATTA - C. PUNZI, Diritto processuale civile, Padova, 2000, 101; cfr. pure C. PUNZI, Il
processo civile, vol. I, Torino, 2008, 303. Ad avviso di G. MONTELEONE, Diritto processuale civile, Padova,
2000, la legittimazione va qualificata come una questione preliminare di merito (posizione condivisa da
G. RUFFINI, Sulla legge regolatrice della legitimatio ad causam, in Riv. dir. proc., 2005, 1171 ss.).
Per una mirabile sintesi ed ulteriori indicazioni rinvio a A. ATTARDI, Legittimazione ad agire, in Dig. IV,
Disc. priv., Torino, 1993, 524 ss.
(82) Cfr. gli autori citati alla nota precedente, ai quali adde i fondamentali studi di E. ALLORIO, Per la
chiarezza di idee in tema di legittimazione ad agire e Diatriba breve sulla legittimazione ad agire, in
L'ordinamento giuridico nel prisma dell'accertamento giudiziale, Milano, 1957, 195 ss., il quale op. cit.,
200, sottolinea che condizione necessaria e sufficiente per la spettanza della legittimazione è la
soggettività non del rapporto ma della pretesa.
(83) Così per tutti F.P. LUISO, op. cit., 212; G. BALENA, Elementi, cit., 57. Cfr. poi L. MONTESANO, Questioni
preliminari e sentenze parziali di merito, in Riv. dir. proc., 1969, 589-590 ove il rilievo secondo cui la
sentenza sulla legittimazione è processuale o di merito a seconda della prospettiva in cui si pone. Sul
punto, con un'esemplificazione chiarificatrice, E. GARBAGNATI, In tema di legittimazione ad agire, ora in
Scritti scelti, Milano, 1984, 117 ss.; cfr. pure G.A. MICHELI, Considerazioni sulla legittimazione ad agire,
ora in Opere minori di diritto processuale civile, Milano, 1982, 341 e ss., ove altre ipotesi in cui la
questione di legittimazione non investe la questione di merito, specialmente nel giudizio con penalità di
parti (op. cit., 356).
(84) In entrambi i casi la vicenda può essere letta come rigetto nel merito per insussistenza del diritto
potestativo in capo all'attore. Ma, si tratta di un ordine concettuale che per un verso appare oggi
difficilmente trasferibile nel processo amministrativo pur avendo trovato in E. GARBAGNATI, La
giurisdizione amministrativa, Milano, 1950 un autorevolissimo sostenitore, per altro verso comunque
perviene in ogni caso a riconoscere che il giudice si ferma all'accertamento di una questione preliminare
rispetto alla legittimità del provvedimento impugnato.
(85) Lo riconosce, con la consueta lucidità, A. ATTARDI, Legittimazione, cit., 526.
(86) Oltre alla letteratura manualistica per la quale cfr. per tutti C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile,
cit., 53 ss. e ivi ulteriori indicazioni, sul tema occorre segnalare gli studi specifici di E. GRASSO, Note per
un rinnovato discorso sull'interesse ad agire, in Jus, 1968, 349 ss.; F. LANFRANCHI, Note sull'interesse ad
agire, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1972, 1093 ss.; B. SASSANI, Note sul concetto di interesse ad agire,
Rimini, 1983; M. MARINELLI, La clausola generale dell'art. 100 c.p.c. Origini, metamorfosi e nuovi ruoli,
Trento, 2005 (che contiene un'illuminante ricostruzione anche della dottrina tedesca).
Ma non posso non segnalare, in una letteratura sterminata, gli spunti che si leggono in E. MERLIN, Mero
accertamento di una questione preliminare?, cit. È nota la posizione totalmente negativa assunta al
riguardo da S. SATTA, Interesse e legittimazione, in Foro. it., 1954, IV, 160 ss. e condivisa da E. ALLORIO,
Diatriba, cit., 215 ss. e Bisogno di tutela giuridica?, ora in L'ordinamento, cit., 227 ss. in polemica con il
noto scritto di A. SCHÖNKE (si veda di recente l'analisi particolarmente acuta ed approfondita di M.
MARINELLI, op. cit., 35 ss.). Condivisione però solo parziale, rileva M. MARINELLI, op. cit., 99-100, in nota,
ove l'Autore osserva che E. ALLORIO, Bisogno, cit., 245 finisce per riconoscere che l'incertezza è richiesta
dalla legge per agire in mero accertamento.
Sulla posizione negatrice dell'interesse ad agire assunta da una parte minoritaria, ancorché
autorevolissima, della dottrina civilprocessualistica non è dato tuttavia indugiare nella presente sede.
(87) Così per tutti C. CONSOLO, Spiegazioni, cit., 255; F.P. LUISO, Diritto processuale, cit., 215; G. BALENA,
Elementi, cit., 57.
(88) Così A. ATTARDI, Legittimazione, cit., 531.
(89) Così quasi testualmente F.P. LUISO, Diritto processuale, cit., 215. Cfr. sul punto pure M. MARINELLI,
op. cit., 10-11 e 98. Già F. CARNELUTTI, Diritto e processo, Napoli, 1958, 117 scriveva che l'interesse ad
agire presuppone la legittimazione mentre questa non implica l'interesse: logicamente il problema della
legittimazione precede quello dell'interesse ad agire.
In senso contrario si pronuncia B. SASSANI, Note, cit., spec. 155 ss., che dopo un'accurata analisi così
conclude «non è l'essere creditore o l'essere avente causa che integra la situazione legittimante bensì
l'aver interesse (id est il vedere modificata in senso vantaggioso, e giuridicamente apprezzabile, la
propria posizione giuridica per effetto dell'accoglimento della domanda): l'essere creditore è piuttosto
un semplice indice del probabile riscontro del concreto interesse che configura la situazione legittimante
e che non è da questa distinguibile».
Ancora una volta non è questa la sede per ulteriori approfondimenti: ritengo sufficiente osservare che,
salvo errore, al di là di un problema di qualificazione pure Sassani non neghi che il giudice non decide il
merito della causa sia se l'attore agisce senza la titolarità del diritto al di fuori delle ipotesi tassative
previste dalla legge sia se la sentenza non è in grado di fornire alcuna utilità al postulante.
(90) La discussione è notissima, per cui basta rinviare anche per ulteriori indicazioni a A. ATTARDI,
Interesse ad agire, in Dig. IV, Disc. Priv. Vol. IX, Torino, 1993, 514 ss., oltre naturalmente alle
monografie di Marinelli e Sassani.
(91) Cfr. per tutti A. ATTARDI, Interesse, cit., 520; C. MANDRIOLI, Diritto processuale, cit., 52-53, anche in
nota.
(92) B. SASSANI, Note, cit., 65-66; C. CONSOLO, Spiegazioni, cit., 261.
(93) F.P. LUISO, Diritto processuale, cit., 218-219, il quale aggiunge l'esempio di chi contesti una
graduatoria concorsuale rivendicando la mancata attribuzione di un punteggio che lascerebbe
comunque immutata la graduatoria stessa.
(94) B. SASSANI, Note, cit., 98-99, con indicazioni specifiche di giurisprudenza. ContraM. MARINELLI, La
clausola generale, cit., 130 ss., per il quale mancherebbe nelle ipotesi indicate un elemento costitutivo
del diritto all'annullamento e pertanto la sentenza dovrebbe essere di rigetto nel merito; che se invece
l'oggetto dell'accertamento fosse individuato nella validità del testamento, la questione riguarderebbe
non l'interesse, ma la legittimazione ad agire (op. cit., 131, in nota).
(95) Dunque rappresenta una questione pregiudiziale di rito.
(96) Anche di quelle di condanna, sia pure in evenienze non frequenti (C. CONSOLO, Spiegazioni, cit.,
261-262; G. BALENA, op. cit., 58 aggiunge l'ipotesi dell'azione di condanna avente ad oggetto un obbligo
di fare infungibile), e nel processo esecutivo: F.P. LUISO, op. cit., 219 segnala l'ipotesi del creditore
privilegiato che contesti l'esistenza del credito di un debitore chirografario a lui posposto.
È consentito con F.P. LUISO, op. cit., 217 ricondurre l'interesse ad agire al principio di economia
processuale (non tuttavia nel senso che è in relazione all'assenza di altri mezzi, non processuali, di
tutela), ma non elevarlo a criterio oggettivo di meritevolezza della tutela come ritiene M.T. GHIRGA, La
meritevolezza della tutela richiesta, Milano, 2004, spec. 139 ss. (come mezzo di introduzione nel
processo del principio di buona fede o di divieto di abuso del diritto) in uno studio assai interessante ma
che a mio avviso non supera le obiezioni di M. MARINELLI, op. cit., 83 ss., in nota.
(97) Che si debba tener conto delle vicende concrete è sottolineato da C. CONSOLO, Spiegazioni, cit.,
261.
(98) Il tema è stato di recente oggetto di due studi monografici ai quali (specie al secondo) si rinvia per
il dibattito oramai secolare svoltosi in proposito. Alludo naturalmente a B. SPAMPINATO, L'interesse a
ricorrere nel processo amministrativo, Milano, 2004 e LUCA R. PERFETTI, Diritto di azione ed interesse ad
agire nel processo amministrativo, Padova, 2004. Su tali studi e in genere sull'interesse al ricorso si
veda ora anche G. TROPEA, Il ricorso incidentale, cit., 455 ss.
(99) E ad essa logicamente successiva, se si condivide, come visto, il pensiero di Francesco Carnelutti.
Riconosce l'autonomia della legittimazione rispetto all'interesse al ricorso L.P. PERFETTI, op. cit., 242.
(100) Così B. SASSANI, Note, cit., 140-141, criticato da L.P. PERFETTI, Diritto di azione, 160 ss. di cui mi
permetterei di non condividere il rilievo secondo cui una simile concezione dell'oggetto del processo
sarebbe già stata contestata da F. BENVENUTI, L'istruzione nel processo amministrativo, Padova, 1953,
51, obiezione che non mi pare corrisponda al pensiero dell'autore richiamato che, tra l'altro, alla pagina
indicata definisce l'oggetto del processo come «affermazione della sussistenza di una realtà e di una sua
qualificazione giuridica». In disparte ciò, se si leggono le voci di Feliciano Benvenuti pubblicate
nell'Enciclopedia del diritto non sembra si traggano spunti nella direzione di cui qui si dubita.
(101) Concetto peraltro ambiguo, che consente ove mal utilizzato di disfarsi disinvoltamente di precise
disposizione di legge e ancor meno mi sembra elegante ed appropriato dopo che M. MARINELLI, op. cit.,
46 ss. ce ne ha indicato la nascita, o quanto meno l'uso sistematico, in una determinata esperienza
storica nella logica del «mutamento del diritto senza il mutamento della legge» (op. cit., 54).
(102) È la tesi di B. SPAMPINATO, op. cit., 74 ss.
(103) Da B. SPAMPINATO, op. cit., 79, in nota.
(104) L.R. PERFETTI, op. cit., 168 ss., 285 ss.
(105) L.R. PERFETTI, op. cit., 242 ss.
(106) L.R. PERFETTI, op. cit., 276.
(107) L.R. PERFETTI, op. cit., 277.
(108) L.R. PERFETTI, op. cit., 323.
(109) Cfr. ancora le considerazioni sostanzialmente, se non erro, consonanti di D. VAIANO, L'onere
dell'immediata impugnazione del bando e della successiva partecipazione alla gara tra legittimazione ad
agire ed interesse a ricorrere, in questa Rivista, 2004, 703 ss., spec., 712 ss. e di R. MONTEFUSCO,
Rilevazione dei requisiti di differenziazione e qualificazione nell'individuazione delle posizioni di interesse
legittimo, ivi, 1985, 408 ss.
(110) Rilievo che per un verso omette di considerare che l'esistenza non dell'interesse, ma detta
legittimazione è il tema bisognevole di dimostrazione, per altro verso che, come si vedrà, appare dubbio
che sia consentito postulare un obbligo dell'Amministrazione di ripetere la gara.
(111) In senso conforme G. TROPEA, La Plenaria, cit., 215. Che la questione di legittimazione, se risolta
nel senso dell'inesistenza della stessa, comporti che il giudice possa respingere tutta la domanda senza
violare l'art. 112 cit. è riconosciuto espressamente da G.A. MICHELI, op. cit., 353.
(112) In tal senso ampiamente ora A. SQUAZZONI, Il rebus, cit., 189 ss.; G. FIGUERA, Appunti, cit., 1099
ss.; ma già pure G. FERRARI, op. cit., 1072 e R. CAPONIGRO, op. cit., 9 (sia pure con un iter argomentativo
che evidenzia, lo nota G. TROPEA, La Plenaria, cit., 213 come il requisito della legittimazione sia costruito
«al traino» dell'interesse strumentale.
(113) Orientamento questo da molti anni costante nella giurisprudenza amministrativa: si veda ad es.
da ultimo per tutti Cons. Stato, Sez. V, 14 novembre 2008 n. 5693, in Giurisd. amm., 2008, I, 1529.
Sottolinea comunque la necessità di delimitare con precisione il «settore economico produttivo» D.
VAIANO, L'onere dell'immediata impugnazione, cit., 710.
(114) E in quella di bando che contiene requisiti di partecipazione non posseduti dall'impresa aspirante
alla commessa.
(115) Così invece A. SQUAZZONI, op. cit., 189.
(116) Concorda che viene in gioco la legittimazione, e non l'interesse al ricorso A. REGGIO D'ACI, La IV
Sezione del Consiglio di Stato, cit., 221 che tuttavia poi conclude a favore dell'esame di entrambe le
impugnazioni qualora i partecipanti alla gara siano solo due sulla base dell'accessorietà del ricorso
incidentale. Ma, come si vedrà tra breve, accessorietà (sulla quale cfr. pure G. FERRARI, Il ricorso
incidentale, cit., 1065 ss.) non significa condizionamento. Cfr. ora pure L. CIMELLARO, op. cit., 2960 ss.
(117) La Plenaria menziona in questo passaggio la carenza di legittimazione, ma non intesa in senso
proprio, distinta dall'interesse al ricorso, come inequivocabilmente dimostra la tesi subito dopo accolta
per l'ipotesi della presenza di due soli concorrenti.
(118) Anche R. CAPONIGRO, op. cit., 10 richiama il principio di economia per giustificare la prevalenza del
ricorso incidentale «escludente» nelle gare con almeno tre partecipanti. ContraG. TROPEA, La Plenaria,
cit., 222. Aderisce invece alla Plenaria G. PELLEGRINO, Ricorso incidentale, cit., 3.
(119) Non sembra che A. SQUAZZONI, Il rebus, cit., nel suo interessante e ben documentato contributo,
tenga conto in misura adeguata dell'art. 276 c.p.c.
(120) Sul punto vi è concordia in dottrina: cfr. per tutti F.P. LUISO, Diritto processuale, cit., 166; C.
MANDRIOLI, Diritto processuale, cit., 295; G. VERDE, Profili, cit., vol. II, 143; E. FAZZALARI, Il processo
ordinario di cognizione, vol. I, Torino, 1989, 266; L. MONTESANO - G. ARIETA, op. cit., 1570; G. TARZIA,
Lineamenti del processo civile di cognizione, Milano, 2002, 231. Ulteriori indicazioni nel Codice di
procedura civile commentato a cura di C. CONSOLO e F.P. LUISO, Vicenza, 2007 e nei classici Commentari
di V. ANDRIOLI, Napoli, 1956 e di S. SATTA, Milano, 1959-60; cfr. pure, sempre sub art. 276, Codice di
procedura civile a cura di N. PICARDI, Milano, 2008.
(121) Tra i meriti della densa monografia di G. TROPEA è di aver colto questo aspetto, a mio avviso di
primario rilievo, della problematica qui esaminata: cfr. Il ricorso incidentale, cit., spec. 190 ss.; da
ultimo G. SIGISMONDI, op. cit., 5.
(122) Una recente completa disamina di dottrina e giurisprudenza sul tema del ricorso incidentale
condizionato in cassazione è effettuata da A. PANZAROLA, La Cassazione civile giudice del merito, vol. II,
Torino, 2005, 549 ss.
(123) La giurisprudenza soprattutto appare unanime nel senso della riemersione automatica delle
questioni assorbite: cfr. sul punto per tutti L. MONTESANO - G. ARIETA, Trattato, cit., vol. I, 1895; C.
MANDRIOLI, Diritto processuale, cit., 524-525.
Ma siffatta soluzione va rimeditata dopo la novellazione dell'art. 384 c.p.c.: così G. TROPEA, Lineamenti,
cit., 342-343. Sul punto da ultimo B. GAMBINERI, Giudizio di rinvio a preclusioni di questioni, Milano,
2008. 105 ss. e passim.
(124) Per la quale cfr. A. CERINO CANOVA, Le impugnazioni civili, Padova, 1973, 631-632.
(125) Per la tesi favorevole a detto condizionamento perché l'interesse all'impugnativa nasce solo se si
profila l'accoglimento del ricorso principale cfr. subito ad es. G. MONTELEONE, Diritto processuale, cit.,
677; G. VERDE, Profili del processo civile, vol. II, Processo di cognizione, Napoli, 2008, 263; A. PROTO
PISANI, Lezioni, cit., 563-564; L.P. COMOGLIO - C. FERRI - M. TARUFFO, Lezioni sul processo civile, Bologna,
1995, 724; L. MONTESANO - G. ARIETA, Trattato, cit., 1894 (non tuttavia se il ricorso incidentale solleva il
difetto di giurisdizione); cfr. sul punto pure C. MANDRIOLI, op. cit., 524, in nota). Contra v. subito E.
FAZZALARI, Il processo di cognizione, II, Impugnazioni, Torino, 1990, 227: «L'apposizione della
condizione deve fare i conti con l'ordine della pregiudizialità, per cui la cognizione delle questioni
pregiudiziali e preliminari non può essere proposta, ma deve precedere quella delle questioni
successive».
(126) Tale profilo è messo in luce particolarmente da A. PANZAROLA, op. cit., 571 ss. V. peraltro sulla
riconducibilità o meno alla stessa categoria delle questioni preliminari di merito e pregiudiziali di rito E.
GARBAGNATI, Questioni preliminari di merito e questioni pregiudiziali, in Riv. dir. proc., 1976, 274 ss.
(127) Sulla quale, oltre naturalmente a A. PANZAROLA, op. cit., 553 ss., cfr. ad es. C. MANDRIOLI, Diritto
processuale, cit., 524 ss., in nota; C. PUNZI, Il processo civile, cit., 486; S. SATTA - C. PUNZI, Diritto
processuale, cit., 514 ss., anche in nota.
(128) Cass., Sez. III, 24 maggio 1955, in Riv. dir. proc., 1956, II, 103 ss., con nota di F. CARNELUTTI, A
proposito di ricorso incidentale condizionato.
(129) Così la sentenza citata.
(130) Che è un profilo distinto dal primo, come si vedrà subito. Cfr. intanto A. PANZAROLA, La Cassazione
civile, 554, in nota.
(131) F. CARNELUTTI, op. cit., 104-105.
(132) Cfr. V. ANDRIOLI, Comment. al c.p.c., Napoli, 1956, vol. II, 586; P. D'ONOFRIO, Comment. al c.p.c.,
I, Torino, 1957, 651. V. pure E. ALLORIO, Gravame incidentale della parte totalmente vittoriosa?, in Giur.
it., 1956, I, 541 ss.; V. GUDICEANDREA, Le impugnazioni civili, vol. II, Milano, 1952, 296 ss. e ivi
indicazioni della giurisprudenza di quegli anni.
(133) Sentenza 11 aprile 1960 n. 826, in Giust. civ., 1960, 878 ss., con nota di M. CAPPELLETTI, Ricorso
incidentale condizionato su questioni pregiudiziali; in Dir. proc. civ., 1960, II, 288, con nota di V.
ANDRIOLI, A proposito di ricorso incidentale condizionato; in Foro pad., 1960, I, 1245 ss., con nota di E.
GARBAGNATI, In tema di ricorso incidentale condizionato.
(134) E così M. CAPPELLETTI, op. cit. (che tuttavia ritiene inconferente il richiamo al principio dispositivo),
nonché gli autori citati alla precedente nota 123. All'osservazione di Cappelletti aderisce S. CHIARLONI,
L'impugnazione incidentale nel processo civile, Milano, 1969, 124.
Per parte sua V. ANDRIOLI, op. ult. cit., 293-294 non manca di formulare alcune fondamentali
precisazioni: (solo) se la pregiudizialità in senso tecnico e la pronuncia d'ufficio non vengono in gioco,
l'attentato alla condizionalità dell'ordine logico della trattazione della causa determina una mera
superfluità di attività processuale; ed ancora: «il problema dei rapporti tra l'iniziativa delle parti e
l'ordine logico della cognizione si pone per ogni giudice e deve il primo termine del confronto essere
riconosciuto preminente nei limiti in cui non vengono in considerazione il potere, al giudice riconosciuto,
di pronuncia d'ufficio e la pregiudizialità in senso tecnico».
(135) Si veda per tutti il fondamentale saggio di E. FAZZALARI, Sui ricorsi incidentali condizionati, in Riv.
trim. dir. proc. civ., 1961, 99 ss.
(136) Vale a dire la soccombenza virtuale lamentata dalla parte vittoriosa.
(137) E. FAZZALARI, op. ult. cit., 113.
(138) E. FAZZALARI, op. ult. cit., 115-116.
(139) La sentenza, pubblicata in Foro it., 1991, I, 53 ss. con rilievi dissonanti di C.M. BARONE,
soprattutto sulla rilevanza dell'invocato art. 142 disp. att. c.p.c., è occasione per il lucidissimo
contributo di A. ATTARDI, Sulle impugnazioni incidentali condizionate, in Giur. it., 1991, IV, 289 ss.
(140) Di per sé tuttavia formulati per l'ipotesi di ricorso incidentale non condizionato, ma a questo poi
applicati.
(141) A tale conclusione era pervenuto già E. GRASSO, Le impugnazioni incidentali, Milano, 1973, 53-54:
«L'interesse deve considerarsi attuale già al momento in cui l'impugnazione principale minaccia di
ribaltare il risultato conseguito dall'impugnato totalmente vittorioso. Il pregiudizio resta virtuale fino a
quando non sia accolta l'impugnazione principale, Ma l'inattualità del danno non esclude l'attualità
dell'interesse», conseguenza è che il ricorso incidentale in questi casi è sempre necessariamente
condizionato, indipendentemente dall'iniziativa di parte.
Di avviso diverso, S. CHIARLONI, Le impugnazioni incidentali, cit., 123: nega, se ho ben compreso, che la
legittimazione ad impugnare preceda la soccombenza a seguito dell'accoglimento del ricorso principale,
sicchè è proprio l'ordine logico ad imporre il previo esame di quest'ultimo.
(142) A. ATTARDI, ritiene che nel caso di questione preliminare di merito il ricorso incidentale debba
essere condizionato all'accoglimento di quello principale (op. cit., 294); anche in caso di soccombenza
virtuale su questione pregiudiziale di rito il ricorso incidentale deve essere condizionato, perché se si
ammettesse la proponibilità di un ricorso incidentale puro si riconoscerebbe una legittimazione ad
impugnare in mancanza di una soccombenza pratica (op. cit., 294); ma in tal caso si avrebbe (non
l'accoglimento ma) la delibazione della fondatezza del ricorso principale (op. cit., 295; cfr. pure A.
PANZAROLA, op. cit., 585).
Analoga è l'opinione espressa all'epoca da C. CONSOLO, Il cumulo condizionale di domande, Padova,
1985, 543-544: solo la previa valutazione favorevole del principale consente l'esame dell'incidentale,
posto che a questo punto la soccombenza da eventuale diventa pratica. Sia A. ATTARDI, op. cit., 296298, sia C. CONSOLO, op. cit., 545, sottolineano l'autonomia dell'ipotesi in cui la questione pregiudiziale
sollevata con il ricorso incidentale investa la giurisdizione: se ho ben compreso, la delibazione (non
l'accoglimento) della fondatezza del ricorso principale permarrebbe necessaria, ma non il
condizionamento per iniziativa di parte del ricorso incidentale.
(143) In Giur. it., 2001, 158 ss., con nota critica di S. CHIARLONI, Una storia infinita che rischia di finir
male, il formalismo delle Sezioni unite contro il ricorso incidentale condizionato in Cassazione, che per
un verso evoca la circostanza che la messa in pericolo della vittoria della parte già sussiste per la
semplice pendenza del termine per proporre ricorso incidentale, per altro verso che solo il previo esame
del ricorso principale in realtà, costituendo il presupposto per la legittimazione del ricorrente
incidentale, rispetterebbe la priorità logica.
(144) In tal senso sembrava oramai orientata la prevalente, anche se non unanime giurisprudenza della
Cassazione: Cass., Sez. Trib., 23 aprile 2007 n. 9598, in Foro it., 2008, I, 2959 con Osservazione di
C.M. BARONE e ivi ulteriori indicazioni di giurisprudenza.
(145) In Corr. giur., 2008, 1105 ss. con nota di S. RUSCIANO, Il ricorso per Cassazione della parte
vittoriosa nel merito è sempre (anche quando ha oggetto una questione di giurisdizione?) condizionato
de jure. Un silenzioso revirement o una «deviazione temporanea»?
(146) Condivisa da Sezioni unite 30 ottobre 2008 n. 26018, in una controversia nella quale peraltro la
questione di giurisdizione era posta dal ricorso principale. Cfr. pure S. RUSCIANO, op. cit., 112-113.
(147) In Guida al dir., n. 17/2009, 35 ss.
Ad avviso di tale sentenza infatti «A fronte del ricorso di una parte che non contesta la decisione sulla
giurisdizione, ma solo sul merito (e quindi chiede esclusivamente una decisione sullo stesso) ed a fronte
della posizione del ricorrente incidentale, che chiede anzitutto che sia mantenuta ferma la decisione sul
merito e, solo in caso negativo, sia rivisitata la decisione sulla giurisdizione, il decidere preliminarmente
la questione di giurisdizione può comportare un irragionevole allungamento dei tempi processuali per
giungere ad una decisione di merito. Infatti, mentre l'infondatezza dichiarata del ricorso principale
esaminato per primo significa chiudere il processo con un definitivo provvedimento di tutela nel merito,
la fondatezza dichiarata del ricorso incidentale esaminato per primo significa obbligare la parte
interessata a ricominciare il processo da capo davanti ad altro giudice per ottenere presumibilmente il
medesimo risultato finale, che per lui era già soddisfacente».
(148) È la tesi preferita dalla Cassazione nella sentenza del 1955.
(149) Conclusione fatta propria delle Sezioni unite nell'arresto del 1960, per molti anni seguita in
giurisprudenza e condivisa da larga parte della dottrina.
(150) In tal senso come si è visto si espresse E. FAZZALARI ed appare orientata oggi la giurisprudenza
prevalente della Suprema Corte.
(151) Secondo l'opinione espressa da F. CARNELUTTI, A proposito di ricorso incidentale, cit., 104 e
condivisa da M. CAPPELLETTI, Ricorso incidentale, 879, che anzi per vero capovolge l'ordine logico da
seguirsi, anticipando, se non erro S. CHIARLONI, opp. e locc. cit.
(152) È la tesi, come visto, fatta propria dalle Sezioni unite negli ultimissini tempi.
(153) In tal senso E. GRASSO, Le impugnazioni incidentali, 54; L. SALVANESCHI, L'interesse ad impugnare,
Milano, 1990, passim e 118 ss. per le conseguenze sul ricorso incidentale condizionato. Cfr. pure A.
PANZAROLA, op. cit., 567 e ss. e ivi ulteriori indicazioni; F.P. LUISO, Diritto processuale, cit., 432.
(154) Tale è, come visto, l'opinione di A. ATTARDI.
(155) Così E. GRASSO, op. cit., 56-57.
(156) E non solo quando la questione su cui vi è stata soccombenza virtuale abbia natura di questione
preliminare di merito, secondo l'avviso di A. ATTARDI.
(157) Mi riferiscono naturalmente al pensiero di S. CHIARLONI, ribadito anche nella nota alla sentenza del
2001 delle Sezioni unite.
(158) Questa correlazione è ben evidenziata da A. PANZAROLA, op. cit., 568; ma già E. GARBAGNATI,
Questioni preliminari di merito e ricorso incidentale della parte resistente, in Jus, 1963, 292.
(159) Si rinvia ancora a A. ATTARDI, op. cit. Cfr. pure F.P. LUISO, Diritto processuale, cit., 432: «Si vuole
che la Corte effettui una delibazione del ricorso principale», secondo l'autore generalizzabile a tutte le
questioni pregiudiziali.
(160) Ora fatta propria pure da C. CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova, 2008,
251 ss., ma abbandonata, come visto, dalle Sezioni unite. Ciò tuttavia sulla base di un orientamento
che non ritengo di condividere (v. in particolare quanto rilevato alle successive note da 165 a 167).
(161) Conforme G. BALENA, Elementi, cit., 412: «si potrebbe pensare, semmai, che un'effettiva
disponibilità dell'ordine logico delle questioni sia ammissibile solamente all'interno delle questioni
(pregiudiziali o preliminari) di merito e non anche relativamente alle questioni processuali». Contra
invece E. GARBAGNATI, Questioni preliminari di merito e parte della sentenza, in Riv. dir. proc., 1977,
432-433, per il quale il condizionamento opererebbe pure in caso di pregiudiziale di rito, giacché a suo
avviso senza la cassazione del dispositivo favorevole al ricorrente non si verificherebbe neppure la
soccombenza potenziale.
(162) Concordano sul rilievo decisivo che riveste tale principio G. PELLEGRINO, Ricorso incidentale, cit., 4
(che valuta «con estremo favore» l'accento posto sulla simmetria delle parti); R. CAPONIGRO, Il rapporto
di priorità logica, 10 (muovendo dal postulato che il giudice disporrebbe di un potere discrezionale
nell'ordine di esame dei ricorsi). Assai più prudente L. CIMELLARO, op. cit., 2961.
(163) Cfr. da ultimo convincentemente G. D'ANGELO, Le prove atipiche nel processo amministrativo,
Napoli, 2008, 181: «La parità delle parti si traduce nella possibilità di eguaglianza nell'affermazione
giudiziale (c.d. parità assertoriaa) e nelle armi processuali (c.d. parità delle armii), cioè nell'uguale
opportunità di svolgere argomentazioni contrastanti; riprendendo», A. ORSI BATTAGLINI, Alla ricerca dello
Stato di diritto (per una giustizia non amministrativa), Milano, 2005, 70.
(164) Aderisce a tale rilievo G. TROPEA, op. cit., 224.
(165) Sottoscriviamo pienamente le osservazioni di R. VACCARELLA, Rilevabilità del difetto di giurisdizione
e translatio iudicii, in Giur. it., 2009, 413 circa la tendenza (da combattersi) di utilizzare «interpretazioni
costituzionalmente orientate» per surrettizie abrogazioni di disposti legislativi. L'Autore aggiunge (op.
cit., 414) con riferimento alla vicenda di cui alla nota immediatamente successiva: «È alla luce di un
interpretazione costituzionalmente orientataa (dall'art. 111, 2º comma Cost.) che la facoltà delle parti
di sollevare la questione di giurisdizione in ogni stato della causa diventa un dovere di collaborazione
per contenere i tempi processuali per cui la questione deve essere subito affrontata, imponendo alle
parti un vero e proprio obbligoo essendo esse investite di una funzione pubblica di vigilanza
processuale».
(166) Alludo naturalmente a Cass., Sez. un., 9 ottobre 2008 n. 24883, in Giur. it., 2009, 406 ss., con
note rispettivamente contraria e favorevole di R. VACCARELLA, Rilevabilità del difetto di giurisdizione e
translatio iudicii, e di A.M. SOCCI, Il difetto o conflitto di attribuzione (o di giurisdizione) del giudice
ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali non può essere eccepito o
rilevato in Cassazione per la prima volta, e in Corr. giur., 2009, 372 ss. (e ivi pure la conforme Cass.,
Sez. un., 18 dicembre 2008 n. 29253 per il processo del lavoro), con nota di R. CAPONI, Quando un
principio limita una regola (ragionevole durata del processo e rilevabilità del difetto di giurisdizione) e di
F. CUOMO ULLOA, Il principio di ragionevole durata e l'art. 37: rilettura costituzionalmente orientata o
riscrittura delle norme (e della teoria del giudicato implicito)?
(167) Quella che consentiva la rilevabilità della questione di giurisdizione in ogni grado del processo:
cfr. R. VACCARELLA, op. cit., 413 ss., fortemente critico nei confronti della sentenza delle Sezioni unite,
che accusa di invadere nuovamente, dopo la sentenza sulla translatio iudicii, campi riservati alla Corte
costituzionale e al legislatore.
Esemplare di un approccio totalmente diverso ma totalmente anche non condivisibile è l'altra nota alla
stessa sentenza pubblicata sulla medesima Rivista, nella quale si plaude al «nuovo corso della
giurisprudenza della Cassazione che passa dalla logica del sillogismo a quella più europea degli interessi
e dell'opportunità» (così testualmente A.M. SOCCI, op. cit., 419). Altre osservazioni perplesse nei
confronti della sentenza delle Sezioni unite si leggono in F. CUOMO ULLOA, Il principio, cit., spec. 395, ed
anche in R. CAPONI, Quando un principio, cit., spec. 383-384, ove un'acuta difesa delle regole rispetto ai
principi, pur riconoscendo il valore dei secondi, al punto che l'Autore, per giustificare le tesi delle Sezioni
unite, si chiede se non si sia in presenza di uno stato di necessità costituente fonte normativa di una
specie di diritto processuale nello stato di eccezione (op. cit., 385). Ma è evidente che se si invoca lo
stato di necessità come fonte normativa si è al di fuori del sistema positivo delle fonti stesse e dunque
dello stesso ordinamento costituzionale positivo che non prevede ipotesi di «temporanea disapplicazione
di una regola legislativa della cui costituzionalità si dubita» (così R. CAPONI, op. e loc. ult. cit.).
(168) Così R. VACCARELLA, op. cit., 416.
(169) Condivide questo rilievo G. TROPEA, La Plenaria, cit., 222. Cfr. pure L. CIMELLARO, op. cit., 2961.
(170) Cfr. sul punto S. VALAGUZZA, Alcune perplessità nel richiamo ai principi di diritto amministrativo
europeo e, in particolare alla CEDU, nella recente giurisprudenza amministrativa: la mancanza di
ricognizione dei significati, in questa Rivista, 2009, 552 ss.
(171) In Corr. amm., 2008, 185 ss., con nota di M. LUCIANI, Alcuni interrogativi sul nuovo corso della
giurisprudenza costituzionale in ordine ai rapporti fra diritto italiano e diritto internazionale e di R. CONTI,
La corte costituzionale viaggia verso i diritti CEDU. Prima fermata verso Strasburgo. Le sentenze in
questione sono state oggetto di un assai cospicuo numero di note di commento, per le cui indicazioni si
rinvia a S. VALAGUZZA, op. cit.
(172) Cfr. S. VALAGUZZA, op. cit.
(173) Come osserva ancora S. VALAGUZZA, op. cit.
(174) Qui si rinviene dunque il peso dell'assunto della IV Sezione del Consiglio di Stato, che sin dal
1986 ed ancora nel 2006/2007 segnalava la diversità di posizione sostanziale tra chi difende una
commessa già ottenuta e chi può vantare solo un'aspettativa alla tutt'altro che certa rinnovazione della
gara. Cfr. pure Cons. giust. amm. reg. sic. 25 luglio 2008 n. 865 nonché le osservazioni non convinte di
A. SQUAZZONI, Il rebus, cit., 175-176.
(175) A. SQUAZZONI, Il rebus, cit., 182 formula alla tesi che ritiene decisivo il profilo della legittimazione
la seguente obiezione: immaginiamo che il ricorrente faccia valere una clausola di esclusione ed un
motivo che impinge sulle offerte mentre il controinteressato si duole esclusivamente della fase di
attribuzione dei punteggi; se è fondata la doglianza relativa alla mancata esclusione, parrebbe corretto
ritenere che il ricorrente incidentale perda interesse a coltivare la sua impugnazione; qui paralizzante è
la censura del ricorrente principale, dunque la censura escludente reagisce nello stesso modo
sull'interesse delle parti a prescindere dalla posizione processuale assunta dalle medesime.
Ma l'obiezione non regge: nel caso così ipotizzato non vi è alcuna questione pregiudiziale processuale da
esaminare in via prioritaria, per la sua anteriorità logica: certa è la legittimazione del ricorrente
principale, mentre il rigetto del ricorso incidentale non dipende da un difetto di una simile legittimazione
(quella passiva dell'aggiudicatario è fuori discussione), sibbene dall'inidoneità della censura così dedotta
a superare il vizio escludente, si badi bene dalla gara, non dal processo, dedotto in sede di
impugnazione principale.
(176) Cfr. G. TROPEA, La Plenaria, cit., 207-208.
(177) Peraltro condivisi da G. PELLEGRINO, Ricorso incidentale, cit., passim.
Diverso è il ragionamento seguito da L. TARANTINO, op. cit., 52-53 per suffragare la tesi dell'Adunanza
plenaria: dopo aver identificato il «pentalogo» del controinteressato ed aver distinto il ricorso
incidentale a seconda che oggetto sia i) un'eccezione processuale, ovvero ii) un'eccezione sostanziale,
ovvero ancora iii) un provvedimento diverso da quello censurato dal ricorrente principale, afferma che è
l'impugnativa principale a dover essere esaminata per prima salvo che l'incidentale non celi
un'eccezione processuale; ma a questo punto, per aderire alla tesi della Plenaria, riconduce la
fattispecie della medesima scrutinata all'ipotesi sub iii) (op. cit., 53).
(178) Coglie esattamente tale profilo G. PELLEGRINO, Ricorso incidentale, cit., 5 (ovviamente in una
prospettiva opposta a quella qui preferita); analogamente A. SQUAZZONI, op. cit., 192.
(179) È l'ipotesi prospettata da G. PELLEGRINO, op. e loc. cit., e ripresa da A. SQUAZZONI, op. cit., 193.
(180) Cfr. pure A. SQUAZZONI, op. loc. ult. cit. È questa la conclusione cui perviene TAR Lombardia, Sez.
I, 7 aprile 2009 n. 3227 che per un verso, disattendendo gli assunti della Plenaria, ritiene doveroso ex
art. 276 c.p.c. l'esame prioritario del ricorso incidentale, ma, dopo averlo accolto, escludendo che il
ricorrente principale versi in una situazione di mero fatto stante l'interesse strumentale alla
rinnovazione della gara, accoglie pure l'impugnativa di costui, pur in presenza di tre offerte, in quanto il
medesimo solleva censure che invalidano totalmente la gara. Ma vedasi pure sul secondo profilo Cons.
Stato, Sez. V, 10 febbraio 2009 n. 743, in Urb. e app., 2009, 564 ss. con nota di L. MASI, Avvalimento il
contratto è necessario, spec. 571. Non sembra tener conto in modo adeguato dei rapporti tra
accessorietà e condizionamento TAR Piemonte, Sez. I, 11 febbraio 2009 n. 401, in Urb. e app., 2009,
765 ss. con nota adesiva di F.A. GIORDANENGO, La riaffermazione dell'accessorietà totale del ricorso
incidentale al ricorso principale, che richiama, parrebbe, solo una parte di Cons. Stato, Sez. V, 17
dicembre 2008 n. 6292, in Giurisd. amm., 2008, I, 1791.
(181) La giurisprudenza, come noto, ha assunto una posizione di estremo rigore al riguardo,
sottolineando che anche nei settori speciali se la busta contenente la documentazione relativa ai
requisiti di partecipazione viene aperta in seduta non pubblica ne viene irrimediabilmente inficiata
l'intera procedura (cfr. per tutti Cons. Stato, Sez. VI, 22 aprile 2008 n. 1856).
(182) Che è l'unico modo per giustificare quelle pronunce, minoritarie, che, come visto, ammettono
l'impugnazione della gara in vista della rinnovazione della stessa anche da parte di chi sia stato
correttamente escluso dall'ente aggiudicatore.
(183) Nel mio precedente scritto In tema di ricorso incidentale, prospettavo come possibile soluzione
«di compromesso», pur sottolinenadone la debolezza sotto il profilo sistematico, quella che ritenesse
decisivo il tempo logicoo, vale a dire il rapporto temporale tra i segmenti procedimentali oggetto delle
rispettive censure escludenti. Siffatta impostazione viene ora ripresa da L. CIMELLARO, op. cit., 2962-
2963 per saggiare anche da questo punto di vista la (scarsa) tenuta delle conclusioni dell'Adunanza
plenaria. La soluzione della priorità del ricorso incidentale escludente anche in presenza di due soli
concorrenti (per quanto risulta dalla pronuncia), e pur deducendo il ricorrente principale ulteriori motivi
in vista della rinnovazione integrale della gara, si trova in Cons. Stato, Sez. VI, 26 gennaio 2009 n. 358
(decisa in un 'udienza posteriore alla pubblicazione della sentenza della Plenaria), che si può consultare
integralmente sul sito istituzionale della giustizia amministrativa (imprecisa invece la massima in
Giurisd. amm., 2009, I, 67). Tuttavia deve darsi atto che la Sezione ritiene nel caso non consentito
l'esame di quei motivi a causa di un giudicato parziale.
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