Il trading ad alta frequenza: milioni di operazioni simultanee in 0,03

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Il trading ad alta frequenza: milioni di operazioni simultanee in 0,03 millesimi di secondo
Nel mondo globale e sempre più virtuale un operatore finanziario sofisticatissimo, lo
chiamano “high frequency trader” (Hft), trasmette sul mercato reale (?) milioni di ordini
automaticamente e a velocità da neutrini. Il suo algoritmo segreto, che “gira” sul suo
computer ultrapotente, spia le compravendite degli altri investitori, manipola il corso dei
titoli e, di fatto, diventa il vero “padrone” delle Borse, sempre più schiave della
speculazione e, di conseguenza, più lontane dai solidi valori di fatturati, investimenti e utili.
Già nel maggio scorso l’Hft fece crollare il Dow Jones a Wall Street, ma nel caos
finanziario attuale e planetario, aumentano i rischi. Dopo mesi di studio, le autorità
tecniche e politiche hanno quindi dichiarato guerra agli scambi “ad alta frequenza”. Nella
nuova direttiva sul MiFID (Markets in Financial Instruments Directive) la Commissione
europea per arginare il fenomeno ha inserito norme che introducono limiti quantitativi (oltre
un certa livello saranno vietati ordini con un’unica transazione) e limiti qualitativi (gli
operatori Hft dovranno informare le autorità di vigilanza sulle strategie di investimento dei
loro software e dovranno possedere un sistema di controllo dei relativi rischi). Tutto questo
nasce dall’’esigenza di controlli su un mercato finanziario sempre più “anarchico” o, meglio
chiamarlo col suo vero nome, speculativo. E dove il denaro in gioco è spesso fittizio
anche se poi fa accumulare ai soliti noti enormi profitti, magari e senza magari a scapito di
aziende e ora anche di Stati. Se queste iniziative servano allo scopo è difficile dirlo anche
perché l’high frequency trader è difficile da ingabbiare. Il mostro finanziario informatico
esegue, infatti, milioni di ordini al secondo: un programma “ad alta frequenza” riesce a
compiere operazioni simultanee in 0,03 millesimi di secondo e il 48,6% dei volumi di Borsa
avviene ormai con questi meccanismi di intervento.
Anche la Consob sta cercando di capire come intervenire per evitare che il mercato
continui ad essere quel Far West che è diventato: l’1% vince tutto e il 99% perde tutto,
tanto per parafrasare lo slogan caro degli indignati di Zuccotti Park. Ma al di là delle
difficoltà tecniche (ad ogni azione informatica corrisponde una reazione uguale e contraria,
se non più … contraria), bisogna realisticamente tener conto di due problemi non da poco.
Il primo, diciamo così, è tecnico. L’high frequency trading ha fatto esplodere il volume degli
scambi in tutte le Borse del mondo (più 164% solo a Wall Street dal 2005 in poi) e solo la
Goldman Sachs, con questa tecnica, genera transazioni giornaliere per centinaia di milioni
di dollari. Imbrigliare il meccanismo, dunque, limiterebbe i rischi ma ridurrebbe anche gli
scambi. E un’azione contro la quale, è facile prevederlo, si scateneranno lobbies
agguerritissime a difesa degli utili dei finanzieri e delle commissioni degli intermediari. Ma
c’è, anche, un problema “politico”: la nuova direttiva europea non vedrà la luce prima del
maggio giugno 2012. E da qui ad allora, se non basterà il fondo salva Stati, nelle praterie
dei mercati non serviranno più gli sceriffi, perché non ci saranno più neanche i cowboy, ha
scritto Massimo Giannini su Affari e Finanza, La Repubblica.
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