Quale famiglia? Invito a riflessione per camminare insieme Ogni discorso sulla famiglia suscita immediatamente una duplice serie di sentimenti: lo stupore, perché ci si trova dinanzi alla libertà, alla vita, all'amore, esperienze sempre cariche di mistero e fascinose; la preoccupazione, perché la famiglia è nodo complesso, è spazio aperto, è gioco di libertà diverse e sempre nuove. Non meraviglia, quindi, l'attenzione che alla famiglia si riserva da varie parti e da molteplici punti di vista: sociologico, politico, legislativo, teologico, pastorale… Ed è positivo che ad essa si riservino cure particolari. Ma proprio da queste attenzioni emergono alcuni elementi meritevoli di particolare sottolineature... Già in altre occasioni abbiamo riflettuto sul tema. Ora ci sta a cuore qualche breve considerazione sul senso stesso della famiglia e la sua considerazione sociale. 1. Innanzitutto è evidente per tutti che la realtà familiare è oggi soggetta a continui e profondi cambiamenti. Le ragioni sono tante. La famiglia, in realtà, è punto di confluenza di identità personali, non sempre definite, spesso incerte e problematiche. Essa è luogo di incontro di esigenze diversificate, qualche volta conflittuali. La realtà familiare è come uno snodo di attese, di timori, di speranze che ciascun membro coltiva e offre ma che con fatica vengono accolte e armonizzate. Ma in ogni caso, resta vero come ha scritto Levi Straus che “l’unione più e meno durevole, socialmente approvata, di un uomo, una donna e i loro figli, è un fenomeno universale, presente in qualunque tipo di società”. 2. E', in realtà, costatazione in sé confortante il progressivo riconoscimento del ruolo sociale della famiglia e la proclamazione delle sue alte finalità sociali: sono queste spesso ad ispirare gli interventi delle Istituzioni sia sul piano educativo che economico e in genere sociale. Si può giustamente parlare di una sempre maggiore "soggettività" riconosciuta alla famiglia sul piano civile, sia in ordine ai diritti che ai compiti. La famiglia, però, che è sempre un gruppo sociale-umano primario, non è un gruppo qualunque. La sua specificità comporta una definizione di confini socialmente vincolanti per quanto riguarda le relazioni tra membri nelle loro reciproche determinazioni. Ed è il riconoscimento dell’esistenza della reciprocità delle relazioni che socialmente la configura e distingue il semplice gruppo (fatto di relazioni intersoggettive) da una “istituzione sistematica” con relazioni di reciprocità, oltre lo stadio della semplice “convivenza”. 3. E proprio al riguardo c'è una diffusa confusione e una crescente ambiguità anche del linguaggio, relativo proprio alla famiglia. Il termine è diventato polisemico e addirittura equivoco: si dice famiglia l'unione consacrata, per i cristiani, dal sacramento; si dice famiglia l'unione sancita civilmente; e si dice famiglia anche una unione di fatto tra persone di sesso diverso e perfino tra persone dello stesso sesso. La confusione linguistica è sintomo abbastanza evidente della ambiguità delle concezioni socio-culturali. Su di esse bisogna riflettere. *** 4. La cultura e l'ethos del popolo italiano trova espressione nella Carta costituzionale che riconosce la famiglia fondata sul matrimonio. Art 29: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.E questa è una acquisizione che costituisce uno degli elementi del patrimonio etico sancito dal consenso di tradizioni diverse, sedimentate nella carta costituzionale, come codice comune degli italiani. Non è un semplice modo di dire. Meraviglia, pertanto, la leggerezza o la improntitudine di alcuni dinanzi a questo dettato costituzionale, valutato con troppa superficialità anche da coloro che su altri punti della Costituzione si attestano con protervia accanita. Ma finché la Costituzione vige, il suo dettato non può essere equivocato e ogni legislatore, ai diversi livelli (parlamentare, regionale, provinciale, comunale), non può non tenerne conto. Il sociologo Pierpaolo Donati nota con lucidità che per comprendere dove vada la famiglia ci si deve orientare lungo due grandi direttrici, mai dimenticando che 1) la famiglia rappresenta il momento del passaggio dalla natura alla cultura senza cui non si dà la società a dimensione propriamente umana; 2) la famiglia rappresenta il punto di intersezione tra pubblico e privato necessario per una differenziazione non anonima e non alienante del sociale. *** 5. Spesso, tuttavia, per motivare certe "aperture" o "aggiornamenti" vengono avanzate le "ragioni sociali": occorre - si dice- venire incontro a ogni tipo di convivenza, per non fare discriminazioni, per rimuovere gli ostacoli di tutti i cittadini. La politica - si afferma- non ha un'idea di famiglia da perseguire. Su questo punto bisogna intendersi con chiarezza estrema. 6. Innanzitutto bisogna distinguere tra persona e famiglia. La persona - che è il cardine del nostro ordinamento civile - è soggetto unico, irripetibile, connotato da uguaglianza senza eccezioni, con diritti irrinunciabili, non passibili di alcuna discriminazione. Lo Stato si deve far carico di ogni persona, deve favorirne la crescita, deve garantirne i diritti: sia essa uomo/donna; cattolica/ atea; tossicodipendente o omosessuale; celibe-nubile/ sposata... Le persone, per costituzione, hanno tutte uguali diritti e doveri.La famiglia, però, non è una semplice somma di persone: uno più uno. Essa non risulta da addizione: non è dato quantitativo.La famiglia è, certamente, realtà plurale di persone, ma è pluralità qualitativamente nuova: quello stare assieme produce un nuovo soggetto sociale, e come tale - cioè come soggetto sociale- va riconosciuta, garantita, promossa. 7. Non si può confondere o barattare il doveroso sostegno, senza discriminazioni, dovuto alle persone, a tutte le persone, con il sostegno dovuto alla famiglia. Il fatto che le persone stiano assieme (due, tre, quattro ... ) non produce di per sé una realtà qualitativamente nuova quale è la famiglia. Quelle persone “insieme” hanno i loro diritti che vanno riconosciuti e garantiti, ma non in quanto "famiglia" che è "realtà altra" socialmente rilevante. Del resto basti una semplice costatazione. Proprio le "unioni di fatto", con il loro definirsi "di fatto", intendono dire alla collettività che non sono una "qualità nuova". E se esse stesse, per libera scelta, lo attestano e lo vogliono, lo Stato non può agire nei loro confronti "come se” fossero un'altra cosa. Tra lo stare assieme comunque e lo stare assieme con vincolo matrimoniale c'è un salto di qualità, civile e sociale. Da ciò sembra ovvio concludere che è dentro questa linea del dato costituzionale che vanno collocate, e da esso normate, anche le questioni concernenti le così dette “nuove forme di convivenza”, etero o omosessuali. Solo tenendo fede ad alcune acquisizioni essenziali che la Costituzione stabilisce, potrà avere definizione la ulteriore variegata articolazione del tessuto dei rapporti interpersonali. 8. Promoviamo tutte le persone; sosteniamo le famiglie, soprattutto quelle in crisi, ma non confondiamo i linguaggi che esprimono ethos e valori della collettività: qui non si gioca con le parole, ma con le persone. Ed è interesse di tutti costruire una convivenza di libertà, di uguaglianza, di giustizia. Sempre "facendo la verità nell'amore". E in tutto ciò, non facciamo riferimento – come risulta evidente da quanto qui detto – alla esperienza di fede che i credenti sanno come vivere e testimoniare in ogni contesto. I principi qui ricordati sono unicamente civili, laici, costituzionali e, pertanto, patrimonio comune di tutti i cittadini e noi come cittadini li difendiamo. Lorenzo CHIARINELLI Vescovo di Viterbo