Altre informazioni - Giovanni Fioriti Editore

Giovanni Fioriti Editore s.r.l.
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res ipsa loquitur
Cognitivismo Clinico: diretta da Francesco Mancini
IL BAMBINO ABBANDONATO
Guida al trattamento dei disturbi dell’attaccamento
Le capacità sociali ed emotive di un bambino si costruiscono sin
dai primi anni dell’attaccamento.
Tuttavia per il 3-5% di alcuni bambini questo processo è disturbato
da carenze precoci, assenza di cure, genitori che soffrono di
patologie psichiatriche.
I problemi dei giovani che soffrono di disturbi gravi
dell’attaccamento sono numerosi: assenza di adattamento sociale,
relazioni brevi e superficiali, comportamenti aggressivi, violenti e
criminali, maltrattamenti verso gli altri, litigi che turbano la vita
familiare.
Niels Peter Rygaard, autore di questa guida alla terapia, lavora da
25 anni con giovani che soffrono di disturbi gravi
dell’attaccamento, così come con le loro famiglie. Egli esamina lo
sviluppo del bambino – dal suo concepimento all’adolescenza – sia
sul piano teorico che su quello pratico. Propone liste di sintomi per
i differenti stadi di sviluppo, profili testologici comprensibili e
consigli utili alla pianificazione del trattamento.
L’Autore
Presentazione dell’edizione italiana
II
Niels Peter Rygaard
È psicologo, specializzato nel trattamento dei disturbi
dell’attaccamento; lavora in Danimarca da numerosi anni con i
bambini affetti da disturbi dell’attaccamento e le loro famiglie,
oltre che con famiglie adottive.
Le sue attuali ricerche sono finalizzate alla pianificazione di
programmi educativi e di trattamenti da realizzare con il personale
incaricato della sistemazione dei giovani in un ambiente stabile.
È noto come il disturbo dell’attaccamento preceda la psicopatia e
per questo è importante conoscerne l’etiologia. Io credo che questo
libro sarà di grande aiuto per tutti coloro che lavorano con
bambini deprivati e che sono interessati allo sviluppo precoce della
psicopatia.
Erik Simonsen
Past President
International Society on the Study of Personality Disorders
**************
TARGET Questo libro si rivolge principalmente agli psicologi, ai
neuropsichiatri infantili e agli psicoterapeuti. In ogni caso, esso può
essere considerato guida utile per gli educatori e gli operatori
sociali, per i genitori, gli insegnanti e le famiglie di bambini in
affido.
€ 19,00
[email protected]
ISBN978-88-87319-81-2
www.fioriti.it
pp. 225, formato 16x24
Presentazione dell’edizione italiana
III
INDICE
PRESENTAZIONE DELL’EDIZIONE ITALIANA di Lorenza
Isola
XI
PRESENTAZIONE di Rémy Puyuelo
XIV
PREFAZIONE di Luc Fouarge
XXI
Benvenuti!
INTRODUZIONE
Che cosa sono i disturbi dell’attaccamento?
L’attaccamento precoce: una sfida mondiale
Cosa succede quando questi bambini crescono?
Questo non è solo un vostro problema - ma anche il nostro
Le nostre teorie inconsce dei bambini e dell’infanzia
Le mie opinioni
Realismo: questo è un deficit come un altro
In merito alla terminologia
Quali conoscenze può fornirvi questo libro?
XXIV
1
2
5
10
10
11
14
15
16
17
PRIMA PARTE
SVILUPPO DEI DISTURBI DELL’ATTACCAMENTO
DAL CONCEPIMENTO ALL’ADOLESCENZA
Capitolo I
Cause e sintomi
21
Il comportamento sociale disorganizzato: due cause generali
Contatto normale precoce, auto-organizzazione e stabilità
La funzione di contatto nello sviluppo del bambino
L’auto-organizzazione
Lo sviluppo della stabilità
21
24
24
26
26
Capitolo II
Stadi dell’auto-organizzazione
28
Stadio I: auto-organizzazione fisica
Stadio II: organizzazione sensoriale
28
29
IV
Presentazione dell’edizione italiana
Stadio III: organizzazione senso-motoria
Stadio IV: organizzazione della personalità
Stadio V: organizzazione sociale
Sviluppo degli stadi ed elementi per la diagnosi
30
32
33
34
Capitolo III
Rottura di contatto prima dei due anni
Sintomi di instabilità fisica
37
Rottura di contatto e fallimento a stabilire la permanenza
37
ROTTURA DI CONTATTO E BAMBINO AFFETTO DA DISTURBI
DELL’ATTACCAMENTO
39
Contatto anomalo tra la madre e il bambino
La genetica
Il decorso della gravidanza
La nascita
40
41
42
43
Capitolo IV
Rottura del contatto e sviluppo del sistema nervoso
centrale
46
Sviluppo del sistema nervoso centrale
Una ipotesi di disfunzione neurologica
Il cervello rettiliano: controllo del livello di attività di base
Il cervello emozionale e sociale (il sistema limbico): legare
le
sensazioni alla risposta affettiva
La corteccia cerebrale: controllo e concentrazione
Lista dei sintomi da carenza nei neonati
46
48
49
50
51
52
Capitolo V
Sviluppo senso-motorio anormale nel giovane bambino
55
Sensazione, attenzione, emozione, formazione della gestalt:
le basi
della capacità d’apprendimento
Lo sviluppo motorio e i movimenti
Fasi di sviluppo motorio
Conclusioni sullo sviluppo motorio
Lista dei sintomi dei disturbi dell’attaccamento nel bambino
in età
prescolare
55
57
58
63
Capitolo VI
Arresto dello sviluppo della personalità emozionale
66
Sviluppo della personalità: la relazione con l’oggetto (la
madre) è
63
Presentazione dell’edizione italiana
la chiave del mondo. Raggiungere la permanenza
dell’oggetto
I primi stadi per raggiungere la stabilità dell’oggetto
Stadio I e II: attaccamento di base e gestione di base
dell’ansia
Un esempio: un attaccamento di base debole
Un esempio: attaccamento paradossale e debole gestione
dell’ansia
Stadi III e IV: interiorizzazione di base del genitore e
permanenza
sociale di base
Permanenza del sé ed esperienze traumatiche di separazione
72
Carenze affettive e cognitive in caso di arresto alle fasi 1 e 2
74
Lista dei sintomi di una personalità con disturbi dell’attaccamento.
Dal periodo prescolare all’adolescenza
Contesto sociale dei bambini affetti da disturbi dell’attaccamento
76
Conclusioni sul contesto: lista generale dei rischi dei
disturbi
dell’attaccamento
V
66
67
67
68
69
72
74
77
SECONDA PARTE
IL TRATTAMENTO
Capitolo VII
Come praticare la Terapia del Milieu?
Qualche principio generale della Terapia del Milieu
Qual è la differenza tra la psicoterapia e la Terapia del
Milieu?
La permanenza esterna sostituisce la mancanza di permanenza
interna
Capitolo VIII
Terapia del Milieu durante la gravidanza, dopo la
nascita e fino
ai 3 anni
Terapia prima del concepimento
Misure eugenetiche (genetiche)
Terapia durante la gravidanza e dopo il parto
Trattamento dopo la nascita e fino ai 2-3 anni: terapia della
regressione
85
85
85
87
91
91
91
92
94
Presentazione dell’edizione italiana
VI
Capitolo IX
Problemi
transitori
dell’attaccamento
nei bambini adottati.
del
legame
e
disturbi
Fare fronte alla separazione, alla transizione e all’attaccamento
101
Accoglienza di un bambino adottato
Problemi di transizione con i nuovi genitori
Bambini con disturbo dell’attaccamento permanente
101
101
108
Capitolo X
Terapia del Milieu per i bambini in età prescolare
111
Obiettivi
Metodi: lavorare al livello pertinente di sviluppo
112
113
Capitolo XI
Terapia del Milieu
per il bambino in età scolare (7-12 anni)
120
Obiettivi
Metodi
Comprendere la relazione tra l’insegnante e il bambino
L'insegnante come organizzatore di relazioni
Essere un oggetto chiaro per il bambino
Assumersi tutta la responsabilità
Insegnare, fase I: stabilire l’oggetto e il contesto
Utilizzare stimoli multisensoriali per l'elaborazione dei
concetti
Un modello per sviluppare la coscienza sociale nel bambino
Etica
Come cominciare?
Riassumendo: criteri di successo
Organizzazione necessaria
Risultati
Capitolo XII
La vita quotidiana
d’accoglienza
o nell’istituto
in
famiglia,
nella
120
121
121
126
128
128
128
130
131
136
137
137
138
139
famiglia
Obiettivi
Metodi
Alleggerire i fardelli
Come acquisire nuove capacità in sei tappe
Il bambino colpito da disturbi dell'attaccamento e gli altri
bambini
della famiglia
140
140
141
141
146
148
Presentazione dell’edizione italiana
Capitolo XIII
Terapia del Milieu per gli adolescenti (13-17 anni)
VII
150
Lasciare la casa con un piccolo bagaglio
150
Qualche considerazione sulla terapia con i genitori e gli
adolescenti colpiti da disturbi dell'attaccamento
155
Capitolo XIV
Disturbi dell’attaccamento, problemi di comportamento
sessuale
e abuso sessuale
Occuparsi dei problemi generati dal ritardo dello sviluppo
psicosessuale
Teorie evoluzionistiche e biologiche della sopravvivenza:
preferenze sessuali viste come “impronte affettive”
Teorie neurologiche
Teoria delle relazioni oggettuali: meccanismi
di difesa immaturi in colui che abusa e nell'abusato
Teorie in psicologia sociale: la frequenza dell'abuso come
conseguenza dell'accessibilità
Definizioni dell'abuso sessuale
Problemi di metodo nello studio della prevalenza
Osservazioni cliniche di modifiche del comportamento e di
alterazione dello stato fisico nei bambini abusati
Effetti in età adulta dell’abuso nell'infanzia
Prevenzione: aiutare il bambino affetto da disturbi
dell'attaccamento e abusato a non diventare un abusante
Conclusione
TERZA PARTE
RACCOMANDAZIONI
PER
ORGANIZZARE
TERAPEUTICO.
QUADRO AFFETTIVO, FISICO E SOCIALE
159
159
161
162
164
166
167
169
169
170
170
174
L’AMBIENTE
Capitolo XV
Lo sviluppo personale dell’educatore di bambini affetti
da
disturbi dell’attaccamento
177
Fasi di sviluppo del professionista e obiettivi per la
supervisione
177
Capitolo XVI
Fasi di sviluppo dell’équipe e della sua direzione
182
Presentazione dell’edizione italiana
VIII
Inclusione: creare una base comune sicura e un’identità
Controllo: realizzare che siamo differenti gli uni dagli altri
Apertura/affetto - scambi reciproci
183
184
186
Capitolo XVII
Metodi di lavoro per l’équipe
188
Alcuni strumenti per lo sviluppo dell’équipe
Conclusione sull'organizzazione dell’ambiente terapeutico
188
192
Post-scriptum e ringraziamenti
193
Glossario
194
Bibliografia
197
Presentazione dell’edizione italiana
Niels Peter Rygaard propone un approccio originale alla teoria
dell’attaccamento e un’estensione nella definizione di disturbo
dell’attaccamento presentandosi con una funzione di orientamento
su tali problemi “il mio obiettivo è quello di una guida e una guida
non è altro che uno studente più curioso”.
La prima parte del volume descrive l’aspetto teorico, la seconda
il trattamento nelle diverse fasi di sviluppo. Nella terza parte sono
presenti le indicazioni per organizzare l’intervento terapeutico con
una particolare attenzione al lavoro di équipe e alla formazione
degli operatori.
Partendo da una definizione di sistema motivazionale
dell’attaccamento come “una finestra grande e aperta alla nascita
che si chiude progressivamente verso i tre anni”, l’autore formula
l’ipotesi che “essere capaci di amare e sentirsi legati agli altri
dipende in gran parte dai contatti fisici precoci”. Il bambino con
disturbo dell’attaccamento ha avuto pochi contatti o è stato
“incapace” di sentirli così da diventare incapace di costruire
relazioni reciproche stabili.
Viene evidenziata l’importanza di formulare questa ipotesi
diagnostica in considerazione del fatto che i disturbi
dell’attaccamento non rappresentano un’entità diagnostica
riconosciuta, mentre i bambini e gli adolescenti che presentano
questo disturbo mostrano severi aspetti invalidanti nel loro
Presentazione dell’edizione italiana
IX
funzionamento e in particolare gravi carenze di coping nel dominio
emozionale e sociale.
Viene data perciò grande importanza all’intervento precoce.
Nel volume è ben descritto il funzionamento di bambini e
adolescenti con disturbo dell’attaccamento e l’influenza delle
relazioni precoci su tale disturbo e l’influenza del bambino e/o
adolescente disturbato sulle relazioni. “Bambini normali il cui
comportamento anomalo è dovuto a un ambiente precoce
anomalo”.
È interessante l’analisi sociologica proposta da Rygaard per
spiegare la crescita di questo tipo di patologia in età evolutiva. La
sua opinione è che i cambiamenti sociali e culturali, dagli anni 60
in poi, hanno modificato soprattutto il ruolo sociale delle madri
(impegnate nel lavoro fuori casa) e perciò è cambiato il modo di
allevare i figli (presenza di altri adulti e precocemente gruppo di
pari) e quindi si sono modificati i problemi di sviluppo della
personalità dei bambini. Secondo l’autore il modello prevalente di
bambino è: “Intelligente, viziato, affettivamente insicuro, senza
modelli stabili, incline a seguire le proprie idee e indifferente
all’autorità”.
In seguito a tali cambiamenti sociali e culturali è necessario
modificare le teorie psicologiche che spiegano il funzionamento del
bambino.
L’autore nota anche una continuità di sviluppo dei disturbi
dell’attaccamento tanto che gli adolescenti disturbati mostrano gli
stessi comportamenti dei bambini separati per troppo tempo dalle
loro madri. Quest’osservazione ci può far ipotizzare che gli stessi
soggetti che presentano lievi sintomi di dolore quando erano
bambini, intensifichino i sintomi in fasi evolutivamente più
avanzate cosicché le crisi di passaggio da una fase di sviluppo
all’altra rappresenteranno occasioni di squilibrio.
L’accento è sempre sui comportamenti antisociali del disturbo.
Nella seconda parte l’intervento proposto riguarda la Terapia del
Milieu nel rispetto dell’ipotesi che al paziente manca o usa poco la
capacità di separarsi dall’ambiente circostante. Gli obiettivi della
terapia saranno dunque quelli di creare dei luoghi e dei tempi per la
costruzione del significato personale liberando il bambino o
l’adolescente dalla definizione familiare e sociale e aiutandolo a
costruire un riconoscimento utilizzabile per la sua vita emotiva e
sociale.
Sarà anche necessario proteggere gli ambienti molto vicini al
piccolo paziente dalle conseguenze dell’ “handicap emotivo” di cui
è portatore. Vengono suggerite metodologie specifiche per aiutare
X
Presentazione dell’edizione italiana
il bambino e l’adolescente a costruirsi competenze sociali. È utile
costruire intorno al bambino un ambiente “ritualizzato, molto
tranquillo e pianificato”.
L’altra indicazione suggerita è quella di selezionare per il
trattamento un aspetto minimo del comportamento da migliorare e
di lavorarci intensamente con la meta di raggiungere piccoli
miglioramenti, ma in modo continuativo.
All’interno di questo modello sono previsti interventi presso le
famiglie e a scuola tanto che all’insegnante viene riconosciuta una
funzione di organizzatore delle relazioni. L’autore fa una serie di
raccomandazioni agli adulti per costruire una relazione sicura con i
bambini, fra cui: “Smettete di dargli una moto, costruite una
culla”.
Infine, la terza parte del libro riguarda le caratteristiche dello
psicoterapeuta, o meglio indica quali aspetti della personalità e
quale assetto professionale sono più utilizzabili con bambini e
adolescenti con disturbo dell’attaccamento; il messaggio è:
“Sentitevi come un angelo ma agite come un automezzo pesante”.
Grande importanza viene data al lavoro di équipe. Quest’ultima è
considerata un solido sistema di relazioni interpersonali con il
compito di costruire un sentimento di identità professionale. Tale
costruzione è facilitata dalla condivisione di un modello teorico di
riferimento. L’équipe deve rappresentare una base sicura per i
propri membri.
È necessario costruire una cultura di équipe.
In conclusione Rygaard ci propone un inquadramento originale
dei disturbi dell’attaccamento con una descrizione attenta della
sintomatologia e un’esaustiva presentazione ed esemplificazione
del trattamento.
Lorenza Isola
Psicologa, Psicoterapeuta
A.S.T.I.A. ASL RM E
Didatta S.P.C. – A.P.C. – S.I.T.C.C.
Presentazione
È sempre difficile rinunciare ai propri presupposti teorici per
ascoltare e provare ciò di cui è testimone l’altro. È sempre
difficile abbandonare una cultura sicura, tipica del proprio paese
d’origine per capire ciò che l’altro ha da dire. Ma se mettiamo in
gioco la nostra capacità di lasciarci andare, nuovi orizzonti
prenderanno allora forma e senso. È dal nostro sconforto
originario che nascono il pensiero e la creatività. Mettiamoci
dunque nella prospettiva della scoperta. André Breton nell’Amour
fou chiama la scoperta “ quel meraviglioso precipizio del
desiderio. Essa sola ha il potere di ingrandire l’universo, di far
comprendere parzialmente la sua opacità, di scoprire in esso una
capacità di occultamento straordinaria, proporzionata agli
innumerevoli bisogni dello spirito”.
Ma il “ lasciarsi andare” necessita di alcuni preliminari. Non ci si
può abbandonare del tutto per ascoltare l’altro. È necessario un
fondo comune condiviso. Ciò che si condivide con Niels Peter
Rygaard è il suo reale incontro con bambini e adolescenti
disturbati. La sua lunga esperienza, la sua etica al servizio del
bambino sono sempre cariche di sentimenti.
Egli evita le classificazioni psicopatologiche troppo riduttive e
ci permette di vivere, provare, comprendere i comportamenti
legati all’attaccamento. Egli fa riferimento ai lavori di John
Bowlby (1969-1978) che indicano che il sistema del
comportamento di attaccamento si sviluppa con lo scopo di
aumentare le possibilità di protezione e di sopravvivenza del
bambino. Questa protezione si basa essenzialmente sulla
vicinanza fisica e il contatto tra la madre e il bambino durante i
primi anni. L’attaccamento di base è una matrice che porta non ad
un distacco, ma ad un lavoro di trasformazione fisica che conduce
all’individuazione. I disturbi precoci e gravi dell’attaccamento,
XII
Presentazione
oggetto del libro di Niels Rygaard, fossilizzano il soggetto in
divenire in un attaccamento simbiotico che si traduce in disordini
del comportamento e del carattere.
Questi bambini disturbati hanno una tendenza permanente a
risolvere tutti i conflitti intrapsichici con atti spesso etero e/o autoaggressivi, a scapito di ogni elaborazione mentale. Vivono di
rotture più che di separazioni. Intessono con loro stessi, le loro
famiglie ed il loro ambiente relazioni che gli impediscono di
esistere in quanto soggetto separato e pensante. Sono dunque
paradossalmente disturbati e abbandonati.
Concordo con l’autore di questo libro quando dice che è
importante capire che questi bambini sono “bambini normali, il cui
comportamento anormale è dovuto ad un ambiente precoce
anormale”. In effetti, ciò che è “malato” non è né il bambino, né la
famiglia ma il legame genitore-bambino, di cui non si è preso
coscienza in modo sufficiente. La loro immaturità impedisce di
accedere ad una capacità di essere solo, ad un sentimento continuo
di esistenza. I componenti della famiglia non sono riusciti ad
occupare ciascuno il proprio posto e la propria funzione nel
processo di crescita, a causa di motivi legati ad avvenimenti
particolari della storia personale. I legami simbiotici sono
prevalenti e le relazioni restano sempre estreme, attanagliate nel
“tutto o niente”.
Questi bambini né psicotici, né nevrotici, senza latenza, sono per
me degli abusati.
I meccanismi di sopravvivenza predominano, ma non
impediscono che si presentino isole scisse, organizzate
psichicamente e sulle quali possono appoggiarsi, e questo in
contesti ambientali ed affettivi specifici e limitati. Questi bambini
mettono alla prova la nostra capacità di accoglienza e il nostro
contegno. Domandano la nostra coerenza e sollecitano la nostra
vulnerabilità e si rinchiudono nelle fratture del contesto sociale, ed
è sul piano del sociale che dunque ci attendono. La loro difficoltà
principale è quella di non essere interamente soggetti. Sono
dipendenti dalla realtà esterna, a causa dell’incapacità di abitare la
loro realtà psichica. Tutta la difficoltà relazionale dipende dal fatto
che a volte li si riconosce come soggetti per intero, dimenticandosi
che la paura nasce dalla percezione di quell’oggetto che metterebbe
in serio pericolo il loro adattamento soggettivo difettoso. Anomalia
dunque dell’approccio e della ricerca disperata dell’incontro. Il
bambino non ha potuto sperimentare il fatto di essere tenuto,
contenuto, per potere a sua volta tenere e lasciarsi andare, vivere
un’impotenza condivisa che conduce al pensiero e al prendersi cura
di sé, imparando in tal modo a fidarsi solo di se stesso. Ciò spiega
Presentazione
XIII
la compulsione alle rotture che caratterizza la storia di questi
adolescenti. La mia esperienza di lavoro mi permette oggi di
pensare alle rotture non necessariamente in termini negativi e in
termini di fallimento. Per esempio, i ripetuti inserimenti in famiglie
d’accoglienza di alcuni bambini da parte dell’Aiuto Sociale
all’Infanzia corrispondono, molto spesso, non a disfunzioni
istituzionali, ma al fatto che si tratta di intervenire sulla
disorganizzazione psichica di soggetti che costruiscono la propria
identità in maniera non organizzata. La loro continuità d’essere
proviene legittimamente dalla ripetizione di rotture generate
dall’incapacità di separarsi psichicamente, vale a dire
dall’impossibilità a sentirsi soggetto. La compulsione alle rotture
può essere sia la testimonianza di una continuità narcisistica, sia
una protezione per la sopravvivenza di fronte a situazioni in cui il
bambino-soggetto non può affrontare l’oggetto senza disfarsi. Se
l’Aiuto all’Infanzia fosse totalmente strutturato, non potrebbe
accogliere tali bambini e le loro famiglie. La sua funzione
originaria è di tenere e far fronte continuamente alle rotture, senza
mollare la presa. Questo punto di vista mi permette di fare una
distinzione tra rottura e separazione. La sistemazione dei bambini
non è altro che una rappresentazione della separazione attraverso
una rottura organizzata, ed è attraverso questa messa in scena che il
lavoro di separazione (bisogna essere almeno in due per separarsi,
in realtà tre, perché è il padre che separa la madre dal bambino per,
di fatto, riunirli in modo adeguato) potrà essere vissuto e pensato e
condurre adeguatamente alla percezione di sé, dell’altro e del
mondo.
Si tratta dunque di un addestramento, più che di uno
sradicamento prodotto dalla nuova sistemazione.
La rottura può essere considerata come strumento di lavoro, se
siamo capaci di interpretarla ed includerla in un progetto di
autonomia psichica. Il lavoro educativo mi sembra procedere in
questo modo: rottura con la famiglia, con l’ambiente, “vivere con”
privilegiando il gruppo di adolescenti, disimpegni individuali,
collettivi, gestione della quotidianità concreta. È prima di tutto una
tattica che permette di sviluppare ulteriormente una strategia di
relazione. Tutto ciò si svolge in un quadro chiaro, referenza
continua per essere nello stesso momento insieme e separatamente.
Il quadro è valido sia per l’adolescente sia per l’educatore, è un
terzo non personalizzato. È una matrice di gruppo ed istituzionale
sulla quale si organizzeranno le rotture. Ogni adolescente effettua
confronti procedendo in un gioco continuo di sguardi e di posture
che prendono vita e senso attraverso il “vivere e fare con”,
riferimento reale che segnala lo spazio-tempo.
XIV
Presentazione
Il quadro, così come l’atmosfera, quella dell’ambiente con le sue
specificità culturali ma anche l’atmosfera creata dall’équipe
educativa, una sorta di micro-clima nel quale è diluita l’affettività
di ciascuno, mitigando l’eccitazione, reale funzione anti-montalatte (riferimento immaginifico a questo pezzo in vetro o metallico
messo in una casseruola in cui il latte bolle ma non fuoriesce),
permettono di stare insieme, di conoscersi in gruppo senza
personalizzare, di oggettivare la relazione che diventerebbe
altrimenti pericolosa per il soggetto che non ha i mezzi per
sostenerla.
Uno degli scogli di questa atmosfera d’équipe è quello di dover
mantenere un legame con la società e la legge e trovare una
specificità tra famiglia e società, resistendo alle sollecitazioni.
In questo caso, ci scontreremo con la difficoltà principale: come
incontrare questi adolescenti che cercano disperatamente un
oggetto da amare e da distruggere allo stesso tempo, mentre
simulano complicità. Come creare l’attesa, laddove le parole
saranno di biasimo, segnaleranno differenze o produrranno
disimpegno.
Questa non-organizzazione organizzata di adolescenti presenta
alcune particolarità che rendono il lavoro educativo difficile e
necessitano di un lavoro d’équipe molto rigoroso, sia nella
continuità del “vivere con”, sia nella capacità dei differenti membri
dell’équipe di riuscire a formalizzare, ad unificare sguardi e posture
contraddittorie nonché paradossali, testimoni di personalità
separate, un vero e proprio puzzle, laddove nello spazio di qualche
secondo l’adolescente passa da una tenerezza infantile alla violenza
sessuale, da uno sguardo lucido su di sé ad una crisi clastica, da
un’infrazione commessa sotto lo sguardo dell’educatore alla
negazione della realtà dei fatti qualche minuto dopo. La sintesi
permette di comprendere la paradossale complessità e di
riconoscere gli sguardi che, nell’insieme, testimoniano i tentativi
psichici di soluzione che l’adolescente mette in atto, come anche di
tradurre ed attribuire significato alle posture e alle esperienze
psichiche. Tali vissuti consentono all’adolescente di sentirsi
riconosciuto e compreso. Ciò che importa per il soggetto è sentirsi
riconosciuto, prima ancora di essere soggetto ed oggetto di amore e
di odio. Non dovremmo attribuire precocemente contenuti ad un
soggetto che è alla ricerca prima di tutto di un contenitore. Il senso
è dato principalmente dalla direzione, da ciò verso cui bisogna
protendere.
Nel lavoro d’équipe è possibile liberare un certo numero di
movimenti che si intrecciano e prendono forma tanto per
l’educatore, quanto per gli adolescenti.
Presentazione
XV
Ognuno di questi punti di partenza della relazione educativa ed il
loro percorso, anche se molto spesso non è possibile raggiungere
l’obiettivo, consentono comunque di mantenere la rotta della
ricerca relativa all’identità grazie ad una struttura, matrice
temporale e spaziale spiegata, testimone di un sentimento condiviso
di appartenenza all’umanità, al servizio dei processi educativi
messi in gioco tra individuo, gruppo e istituzione.
Alla fine dei conti, anche se partendo da presupposti teorici
differenti, condivido l’approccio educativo di Niels Peter Rygaard
che evita che le posizioni educative vengano prese alla lettera, cosa
che potrebbe essere lo scoglio di una lettura troppo rapida di questa
opera. Il comportamento, da solo, non fa l’adolescente. Deve
sempre essere compreso in un’operazione di senso, in direzione
dell’educatore, del genitore, dell’ambiente. Dal punto di vista etico,
è fondamentale pensare che ogni uomo ha un’interiorità e parti che
non sono nate per essere psicanalizzate. Per questa ragione,
dobbiamo creare luoghi e tempi, come qui proposto, affinché gli
adolescenti sperimentino un’utilità individuale e di gruppo,
liberandosi dal ruolo attribuitogli dalla famiglia e dall’ambiente e
facendo leva su un continuo riconoscimento.
Dello sgomento originale che segna
l’incompiutezza dell’uomo
Tutta-potenza
“solo me stesso e
mai l’altro”
Economia della sopravvivenza con
predominanza del meccanismo di
difesa, negazione della realtà,
sfaldamenti,
identificazioni
mimetiche e primarie – proiezioni
massicce – sessualità arcaica –
paradossalità
La violenza senza oggetto
Rottura – inclusione – esclusione
Dipendenza
Assoggettamento – alienazione
Dolore fisico
Tutto è possibile senza limite
Atto di discolpa
Dolore
narcisistico
Tutto è
permesso
Potere e contro potere
Vita
psichica
con
predominanza di rimozione, di
identificazioni secondarie e
proiettive.
Accesso
alla
posizione
depressiva.
Sessualità
adolescenziale
–
Contraddizione
Aggressività contro un oggetto
Separazione, capacità a stare da
solo e sentimento continuo
d’esistenza
Indipendenza e interdipendenza
Autonomia
Sofferenza fisica con angoscia
segnale
Interiorizzazione del proibito
Messa in atto – messa in scena
–
messa
in
gioco
–
Presentazione
XVI
Soma – eccitazione – pulsione
Parteggiare per
Assumersi la responsabilità
Avere paura dell’adolescente
Prendere
ostaggio
in
rappresentazione sotto forma di
pensiero – racconto. Atto
narrativo orale e scritto
Affetto – rappresentazione
delle cose – delle parole –
pensiero riflessivo: percorso di
presa di coscienza – dare senso
Scegliere come testimone
Investire l’adolescente
Avere paura per l’adolescente
“Riconoscere, significa prima di tutto discernere un’identità che
perdura attraverso i cambiamenti”. Non si tratta di seguire la
chimera di una riconciliazione universale, ma di tenere bene il
proprio posto, in osservanza “di ciò che è permesso e di ciò che ci è
domandato”. Essere riconosciuto non è condizione che si realizza
necessariamente ed esclusivamente in presenza di un lutto. Paul
Ricoeur sottolinea l’esistenza di momenti di “riconoscimento
pacato” che passano attraverso il dono, la solidarietà, la cultura
della reciprocità. Questo tentativo di esistere è, per alcuni,
inaugurale e può, più o meno a lungo termine, essere un riferimento
importante nei momenti in cui il sentimento continuo di esistenza
fa pateticamente difetto. Non si tratta per Niels Peter Rygaad di
proporre rimedi ai disordini gravi dell’attaccamento, ma piuttosto
di un tentativo continuo di sistemare il bambino, l’adolescente e di
sistemarsi in quanto educatore, genitore in affido, genitore adottivo,
evitando ogni “colpo di testa” o complicità psichica o di approccio
che condurrebbero a passaggi all’azione. Le raccomandazioni
dell’autore mirano ad accomodare la distanza, a proporre
mediazioni dinamiche e separatrici al servizio dell’autonomia
psichica.
I disordini dell’attaccamento non sono specifici di una data
popolazione. Noi siamo tutti, più o meno, esseri attaccati che
cercano di “essere insieme separatamente”, presi tra la solitudine
che ci abita costantemente ed il tentativo continuo di ricerca
dell’altro, cicatrici del nostro sgomento originale.1 Come eludere e
giocare con le nostre “parti disturbate” in un movimento
1
In Hilflosigkeit, Freud.
Presentazione
XVII
d’appartenenza all’uomo, in cui la posta in gioco è non
interrompere l’attaccamento, ma condurre bambini ed adolescenti
gravemente disturbati lungo un lavoro di elaborazione del lutto, per
percepirsi finalmente come persone riconosciute e separate, capaci
di pensare liberamente e di intrattenere sentimenti d’amore, di odio
e di tenerezza con il genere umano? Che bel progetto nel quale mi
associo all’umiltà stimolante di Niels Peter Rygaad: “In questo
compito complesso – lavorare con altri uomini – non ci sono verità
né metodi assoluti. Il mio obiettivo è stato quello di fornire una
guida e una guida non è altro che uno studente più curioso. L’unica
caratteristica che qualifica una guida è essere capaci di costruire
una mappa del territorio, sebbene incompleta. Spero che questa
mappa si riveli utile nel momento del viaggio verso la
comprensione dei misteri dell’attaccamento e dei suoi compagni di
viaggio, i disturbi dell’attaccamento”.
Che ci sentiamo erranti o itineranti, lasciamoci guidare da Niels
Peter Rygaad in questo lungo viaggio di innovazione.
Rémy Puyuelo2
Neuropsichiatra infantile. Membro dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale.
Redattore capo della rivista Empan (Ed. Erès), Direttore Collezione Psicanalisi e
Adolescenti (ed. In Press).
Elementi bibliografici, Rivista Empan:
N° 13: Persone superate, febbraio 1994.
N° 32: Le nuove forme di delinquenza giovanile, dicembre 1998.
N° 44: Delinquenza giovanile II, dicembre 2001.
N° 59: I centri di Educazione rafforzati, pulsazione del Sociale.
Puyuelo Rémy, Contes institutionnels, Ed. Erés, 2002, p. 235.
Puyuelo Rémy, Travail Educatif en Centre d’Education renforcée et supervision,
Empan N°56, pp. 61-68, 2004, Ed. Erés.
2
18
Presentazione
Prefazione
Quest’opera riguarda migliaia di bambini ed adolescenti. I disturbi dell’attaccamento colpiscono
molti più bambini rispetto al campione ridotto di bambini adottati, come saremmo indotti a credere.
Niels Peter Rygaard menziona i fattori sociologici responsabili dei disturbi da rottura di legame,
disturbi la cui frequenza sembra aumentare continuamente. Inoltre, dovremmo includere altri
protagonisti, come i genitori, i fratelli e le sorelle, gli insegnanti e gli operatori della salute mentale
e del sociale, soggetti che rappresentano la cassa di risonanza dei disturbi dell’attaccamento.
Questo lavoro aiuterà i professionisti3 nel passaggio dalla sottomissione e dalla tirannia del
disturbo ad una relazione controllata e condotta dall’adulto. Una guida che aiuterà gli adulti a tenere
saldamente le redini della relazione tutto il tempo che sarà necessario, affinché il bambino o
l’adolescente possano adattarsi agli inevitabili problemi di dipendenza. Più tardi, gli insegneremo a
gestire le nuove dipendenze.
Allora e solo allora egli riuscirà ad accedere ad un percorso di autonomia e responsabilità.
Mi è sembrato che tutta la competenza dei nostri servizi consista nel sostenere gli adulti, le
famiglie ed il personale, nell’individuare e ricomporre continuamente gli effetti prodotti da chi è
affetto dai disturbi dell’attaccamento. Disturbi del comportamento, schermo contro l’indispensabile
attaccamento. Niels Peter Rygaard dimostra la necessità di porci come interlocutori di quella
incessante richiesta di conferme che consegue alla paura di legarsi. È nel momento in cui il giovane
scruta, a nostra insaputa, i nostri dolori che ci trasforma in interlocutore patologico. Non ne
usciremo indenni. È allora che dobbiamo prendere in prestito gli occhi della nostra équipe, del
nostro partner, del nostro supervisore e a volte del nostro terapeuta, per guardare ciò che le nostre
difese ci impediscono di trovare nelle passate esperienze d’attaccamento e di separazione. Gli
analisti transazionali descrivono bene questo momento nel concetto di incomprensione: “processo
attivo ed incosciente di non-conoscenza”.
Come clinico e direttore di un servizio specializzato, la terza parte soddisfa la mia domanda di
costruzione di una cultura di équipe al servizio del contenitore istituzionale. L’organizzazione dello
strumento terapeutico si declina come quadro affettivo, fisico e sociale.
Inoltre, ho trovato testimonianze corrispondenti alla mia convinzione che molte procedure si
preoccupano più dell’attenzione che l’équipe ha su se stessa, piuttosto che evidenziare i personali
tentativi di approccio individuale o di gruppo. È perché mi è possibile ricevere e sollecitare
l’attenzione di un terzo sull’emozione condivisa nel mio incontro con un giovane affetto da disturbi
dell’attaccamento che posso prendere coscienza del conflitto che l’adolescente produce per sfuggire
al mio tentativo di accordo. Il principale terzo, dunque, è la mia équipe.
Questa visione del lavoro in équipe presuppone un’apertura al processo di intervisione.
Atteggiamento che ci suggerisce di abbandonare le nostre convinzioni razionali. In nome del
rispetto, della decenza ipocrita, gli operatori sociali si trattengono dal portare uno sguardo sul lavoro
di un collega, a meno che non si tratti di prendere le proprie difese. Questo pudore mal posto ma
frequente è una vera e propria cuccagna per i giovani che cercano di renderci complici del rifiuto.
Ci costringono a tacere nelle situazioni in cui i nostri colleghi o partner sono sottoposti all’influenza
dei disturbi dell’attaccamento. Non solo il collega si farà male, ma diventerà corresponsabile di un
non cambiamento.
3 Gli IMP “140” (accoglienza e alloggio di bambini e giovani maggiorenni, affetti da turbe caratteriali, circa 3000 nella Comunità
Vallona di Bruxelles, cfr l’Asbl “raggruppamento” degli IMP140) e gli ITEP in Francia (Institus thérapeutiques, éducatifs et
pédagogiques, circa 20.000 giovani, cfr l’associazione AIRe) ai quali va aggiunta la grande maggioranza dei giovani che soggiornano
nei servizi di aiuto alla gioventù belga e quelli delle M.E.C.S. francesi (Maison de l’Enfance à Caractère Social), le reti della
protezione all’infanzia e le famiglie d’accoglienza.
Presentazione
19
Nella terza parte del libro, leggeremo proposte concrete per mettere insieme la cultura d’équipe e
costruire interventi rispetto ai bisogni specifici che una diagnosi clinica di disturbo
dell’attaccamento impone. Una cultura che sostiene l’aumento dell’attenzione sulla relazione, grazie
all’introduzione del concetto di terzo circolante. Un gesto professionale che limita le risposte agli
inviti simbiotici lanciati dai giovani affetti da disordini dell’attaccamento.
Gli insegnanti di classi speciali e di ITEP impareranno a porre una diagnosi clinica di disturbi
dell’attaccamento al servizio di un approccio pedagogico adatto.
Ben più che una guida, questa opera aiuterà le famiglie, coloro che accolgono e curano, ad
utilizzare le proprie sofferenze come allarme che avvisa del tentativo di influenza di una
sintomatologia di rara forza omeostatica.
In questa sua introduzione, Niels Peter Rygaard interroga il corpo sociale, gli intellettuali e i
politici. I protagonisti della sanità mentale non possono esimersi dal rispondere a simili domande.
Essi devono assumere il ruolo di cinghia di trasmissione per coloro che sono chiamati a decidere.
Come lui, credo che senza ciò, la società, immobilizzata nella domanda di profitto e di consumo,
contribuisca a favorire l’aumento del numero di giovani affetti da disturbi dell’attaccamento.
La mancanza di interesse verso l’educazione di questi bambini ci porta a costatare, a proposito
della sistemazione familiare e delle case di accoglienza, che troppo spesso le istituzioni “sono in
preda alla stessa dinamica emozionale del bambino di cui si occupano e dunque gli sono di poco
aiuto”.
Luc Fouarge
Direttore del COGA, www.cog.fr
Cofondatore dell’Asbl “Raggruppamento degli IMP140”