Esemplificazione commentata delle domande chiuse della prova

Esemplificazione commentata delle domande chiuse della prova scritta di Istituzioni
di diritto amministrativo
Questo documento è stato pensato per esemplificare la parte chiusa delle domande caratterizzanti
la prova scritta dell’esame di Istituzioni di diritto amministrativo. Verranno di seguito riportate
cinque domande delle passate prove con un piccolo commento in calce. Il commento è stato
pensato per rendervi maggiormente chiaro perché una delle tre risposte è giusta (quella
evidenziata in giallo) e le altre sbagliate.
Il concorso pubblico come regola per l'accesso al pubblico impiego è una concreta attuazione del:
 Principio di imparzialità nell’azione;
 Principio di imparzialità nell’organizzazione;
 Principio di responsabilità;
Commento: L’art. 97 della Costituzione al comma 3 recita: “Agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. La regola generale di
accesso per concorso pubblico agli impieghi nella pubblica amministrazione impedisce alle
amministrazioni di reclutare a piacimento i propri funzionari e garantisce la piena dedicazione del
funzionario alla funzione, espressa dalla disposizione che vuole che i “pubblici impiegati sono al
servizio esclusivo della Nazione” (art. 98, comma 1, Cost.). Il principio dell’accesso per concorso è
funzionale a garantire che i funzionari professionali abbiano, per condizione e status, una maggiore
indipendenza personale dagli organi politici e da qualsiasi altro interesse privato, così che possano
svolgere in maniera imparziale le attività di propria competenza. L’accesso per concorso, quindi, è
espressione dell’imparzialità soggettiva del funzionario.
L’imparzialità soggettiva del funzionario costituisce l’elemento soggettivo dell’imparzialità
nell’organizzazione amministrativa (mentre l’elemento oggettivo è costituito dall’assetto
organizzativo derivante dall’applicazione del principio della distinzione tra politica e
amministrazione). L’imparzialità nell’organizzazione si pone come obiettivo quello di garantire che
l’amministrazione, intesa come apparato sia, nel suo complesso, imparziale: l’organizzazione
amministrativa deve permettere risultati imparziali nell’azione.
La nozione organizzativa di funzione amministrativa, consiste:
 Nella predeterminazione delle attività e la loro attribuzione ad apparati amministrativi;
 Nella fissazione delle regole per lo svolgimento dell’azione amministrativa;
 Entrambe le cose;
Commento: : La nozione organizzativa di funzione amministrativa è la seguente: la funzione
amministrativa è quel complesso di attività, predeterminate dalla legge, volte al perseguimento di
finalità generali, attribuite ad uffici. La predeterminazione delle funzioni e delle loro attività di
esercizio ha, infatti, due scopi essenziali. In primo luogo lo scopo di garanzia del cittadino: nella
conoscenza delle attività tipizzate che prefigurano la futura azione il cittadino trova una prima
tutela, anticipata rispetto quella che gli è riconosciuta nei confronti dell’azione concreta
dell’amministrazione (dell’atto adottato). In secondo luogo essa si rivela fondamentale per la
migliore cura delle finalità di interesse pubblico assunte dalla legge, perché ne consente la migliore
organizzazione, cioè l’individuazione dell’“ufficio giusto”, cioè dell’amministrazione meglio in grado
di curare l’interesse pubblico. Nel passaggio dalla situazione potenziale (funzione amministrativa)
alla situazione effettuale (la cura concreta di interessi pubblici, la “funzione che si fa atto”) meglio
si addice, quindi, la definizione di azione amministrativa. La disciplina dello svolgimento dell’azione
amministrativa, è cosa diversa, da tenere concettualmente distinta, dalla disciplina
dell’organizzazione, perché essa si preoccupa di fornire ulteriori e diverse garanzie, relative al
momento dell’effettivo svolgimento dell’azione. Per questi motivi l’individuazione della funzione
(delle funzioni amministrative) è il fondamentale strumento per la rilevanza giuridica
dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche: organizzazione come scelta organizzativa
(scelta dell’“ufficio giusto” e tutela per il cittadino) e come modello organizzativo (che attiene alla
natura giuridica dei soggetti a cui sono attribuite le funzioni e ai rapporti tra le amministrazioni e
tra gli uffici).
L’organo amministrativo è un ufficio:
 dotato di personalità giuridica;
 cui è assegnata la capacità di adottare atti giuridicamente rilevanti;
 posto al vertice dell’organizzazione amministrativa.
Commento: Nelle organizzazioni pubbliche (negli enti pubblici) vengono svolte, attraverso gli uffici,
attività giuridicamente rilevanti e attività prive di rilevanza. Le prime qualificate come competenze,
le seconde come meri compiti. A questa distinzione corrisponde la (necessaria) distinzione tra
organi e meri uffici. L’organizzazione interna di un ente pubblico consiste, quindi, nell’articolazione
degli organi e delle competenze (ad ogni organo corrispondono ben definite competenze) e
nell’articolazione di uffici per lo svolgimento di meri compiti. La persona giuridica ente pubblico
agisce attraverso i suoi organi. Poiché non vi è solo bisogno di una manifestazione esterna di
volontà, ma di un sistema che attribuisca rilevanza giuridica ad atti anche interni all’organizzazione
dell’ente, l’organo è quell’ufficio, cioè quella articolazione dell’organizzazione, che adotta atti
giuridicamente rilevanti imputati all’ente. L’imputazione delle attività e dei singoli atti è
automatica, basta essere organo di quell’ente perché gli atti adottati siano imputati a quest’ultimo.
Ma che cosi si deve intendere per organo? L’ufficio in modo del tutto impersonale o la persona
fisica (le persone fisiche) che ne è (ne sono) titolare(i)? Entrambe le cose. Vi è, infatti, una prima
accezione, oggettiva, di organo, che abbiamo visto finora: è organo l’ufficio competente ad
adottare atti imputabili all’ente, indipendentemente dall’apprezzamento della posizione
individuale, soggettiva del suo titolare. Nella seconda accezione vi è una dimensione soggettiva
dell’organo, che si apprezza considerando che quell’ufficio non è in grado di adottare atti se non
attraverso la persona fisica che ne è titolare.
Le privatizzazioni formali consistono:
 nella trasformazione della natura giuridica di un ente, da pubblico a privato in controllo pubblico;
 nella trasformazione della natura giuridica di un ente, da pubblico a privato in controllo privato;
 nella trasformazione della natura giuridica di un ente, da privato in controllo pubblico a privato in
controllo privato.
Commento: Si ha privatizzazione formale quando cambia la forma, la natura giuridica dell’ente, la
disciplina della sua organizzazione, ma il nuovo soggetto resta in controllo pubblico, perché
sottoposto a poteri di indirizzo, di vigilanza, di controllo (in senso stretto), di finanziamento, da
parte dell’ente pubblico territoriale di riferimento. Si potrebbe dire che si muta l’involucro esterno,
mentre la sostanza continua ad essere fortemente legata all’interesse pubblico. L’ente pubblico
titolare della funzione (di norma l’ente territoriale di riferimento) compie una scelta di tipo
organizzativo - funzionale, perché ritiene che l’organizzazione privatistica di quelle attività consenta
di raggiungere meglio le finalità di interesse pubblico. L’organizzazione di diritto privato del nuovo
soggetto dovrebbe, infatti, consentire di operare in condizioni migliori rispetto alla precedente
organizzazione pubblicistica.
Si ha privatizzazione sostanziale quando nel nuovo soggetto non solo la natura dell’organizzazione
è privata, ma l’ente pubblico di riferimento cede il controllo (può in una S.p.A. mantenere quote
azionarie minoritarie, ma queste non gli attribuiscono poteri di controllo). La privatizzazione
sostanziale si può avere per diretta trasformazione di un ente pubblico in una S.p.A. privata non a
controllo pubblico, ovvero per passaggio, all’interno del modello delle S.p.A., da società in
controllo pubblico a società in controllo privato, mediante la messa sul mercato delle azioni
detenute dall’ente pubblico.
Il regime relativo all’uso dei beni demaniali:
 Comporta l’adozione di atti amministrativi unilaterali dell’amministrazione;
 Comporta l’adozione di atti di natura contrattuale;
 Comporta indifferentemente l’adozione di atti unilaterali e contrattuali.
Commento: Il demanio pubblico (art. 822 c.c.) è individuato con un doppio criterio: a) vi è un
demanio necessario e naturale, costituito da beni esistenti in natura (ad esempio il «lido del
mare», «la spiaggia, le rade e i porti»; «i fiumi, i torrenti, i laghi»); b) vi è un demanio, eventuale o
accidentale; questa seconda categoria si distingue ulteriormente in: b1) un demanio eventuale per
appartenenza, costituito da alcune tipologie di beni che diventano demaniali solo se
«appartengono allo Stato» (art. 822) o se «appartengono alle province o ai comuni» (art. 824; non
si parla di Regioni nel codice, in un’epoca, nel 1942, in cui esse non erano neanche previste, ma si
deve ritenere che la norma si estenda ai beni appartenenti a tutti gli enti territoriali); b2) un
demanio, eventuale, per destinazione: «le opere destinate alla difesa nazionale» (art. 822, primo
comma; delle fortificazioni, ad esempio, sono, per il fatto stesso di essere state destinate alla
difesa, beni demaniali); b3) un demanio, eventuale, per individuazione di legge: «le altre acque
definite pubbliche dalle leggi in materia»; «gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime
proprio del demanio pubblico». Tra i beni demaniali vanno annoverati anche i diritti demaniali su
beni altrui (art. 825 c.c.), cioè i diritti reali (superficie, usufrutto, ma soprattutto servitù) che
spettano agli enti pubblici per «l’utilità» dei beni pubblici o «per il conseguimento di fini di
pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi». Questi beni sono
inalienabili (non sono soggetti a vendita da parte dell’ente proprietario), «non possono formare
oggetto di diritti a favore dei terzi» (art. 823, comma 1, c.c.), cioè sono impignorabili (non possono
essere dati in pegno a garanzia di un debito) e non usucapibili (non sono acquistabili da parte di
terzi per usucapione).
Finché i beni restano demaniali e patrimoniali indisponibili, per assicurarne l’uso a soggetti privati
occorre adottare atti (provvedimenti) di concessione. La proprietà resta pubblica, ma è consentito
un uso compatibile da parte di privati concessionari; con la concessione si valuta la compatibilità
tra usi particolari (o esclusivi) di privati con l’interesse generale (che comprende ma non si
esaurisce nella fruizione collettiva del bene) e si prevedono poteri di vigilanza sul bene. Il
provvedimento amministrativo viene successivamente integrato da un contratto con il privato che
utilizza il bene, ma rimane un contratto integrativo di un provvedimento amministrativo unilaterale
(la concessione di beni demaniali).