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Note a margine della sentenza 25 giugno 2008, n. 1695 emessa dal Tribunale di
Bergamo sulla legittimazione a costituirsi parte civile da parte dello Slai Cobas 
Sulla costituzione di parte civile nel processo penale.
Accanto ai reati esclusivamente offensivi di interessi individuali, esistono reati che ledono interessi
collettivi o diffusi (c.d. interessi superindividuali).
Mentre gli interessi diffusi, dal punto di vista soggettivo, appartengono ad una pluralità di soggetti,
e, da quello oggettivo, attengono a beni non suscettibili di fruizione differenziata; gli interessi
collettivi invece sono interessi che fanno capo ad un gruppo organizzato 1.
L’ente rappresentativo degli interessi lesi dal reato e` un soggetto processuale «anomalo», nè
titolare del bene protetto, nè soggetto danneggiato, che nella pratica, ricopre il ruolo di un
«accusatore privato» 2 che si affianca, ad adiuvandum, al Pubblico ministero e alla persona offesa 3.
La coincidenza di poteri tra la persona offesa e l’ente esponenziale non è perfetta 4: se è vero che
quest’ultimo può presentare, al pari dell’offeso, memorie e indicare elementi di prova ai sensi
dell’art. 90, comma 1 c.p.p., è altrettanto vero che non ha diritto all’informazione di garanzia di cui
all’art. 369 c.p.p. e, per altro verso, non ha la facoltà di assumere le iniziative previste dall’art. 505
c.p.p., nè quella di chiedere la lettura integrale degli atti del fascicolo del dibattimento ai sensi
dell’art. 511, comma 6 c.p.p. In conclusione i poteri riconosciuti all’ente nel dibattimento si
riducono ad un’attività di proposta probatoria, con esclusione di ogni intervento nella discussione.
Al fine di scongiurare un’incontrollabile moltiplicazione degli interventi gli artt. 91 e 92 c.p.p
subordinano l’ingresso dell’ente nel procedimento penale alla presenza di tre requisiti: l’ente, in
primo luogo, non deve avere scopo di lucro; è poi necessario il riconoscimento all’ente, antecedente
alla commissione del reato, in forza di legge, delle finalità di tutela degli interessi lesi dal reato;
infine vi deve essere il costante consenso della persona offesa. Il requisito del «riconoscimento» in
particolare assolve alla funzione di impedire l’ingresso nel procedimento penale ad enti che non
offrano sufficienti garanzie di affidabilità ed una oggettiva idoneità a tutelare gli interessi lesi dal
reato 5.
Sull’inapplicabilità del limite di «rappresentatività» sancito dall’art. 19 dello Statuto dei
Lavoratori
Nel corso del procedimento penale n. 11392/2004 R.G.N.R., avanti al Tribunale di Bergamo, in cui
dirigenti e responsabili della sicurezza della società Tenaris-Dalmine sono imputati per il reato di
omicidio colposo, verificatosi a seguito di un infortunio sul lavoro, è stata sollevata da parte della
difesa di uno degli imputati l’eccezione relativa alla mancanza di legittimazione attiva del sindacato
Slai Cobas a costituirsi parte civile nel suddetto processo. E’ utile premettere che nel caso di specie
il predetto sindacato oltre ad avere una limitata rappresentatività nell’ambito dell’azienda (circa 100
* Commento a cura dell’avv. Stefano Rossi – Studio legale Galante – Bergamo.
1
E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, ed. 8a, 2006, 305.
2
A. Giarda, L’accusa privata: offeso dal reato ed enti collettivi nelle indagini e nel giudizio, in Difesa pen.,
1989, 25, 14 ss.; G. Barone, Enti collettivi e processo penale, Milano, 1989, 229, lo definisce come «un
accusatore quasi pubblico o sociale».
3
Come sottolinea F. Cordero, Procedura penale, Milano, 2005, 278, «l’equiparazione all’offeso lo riduce a
figura scialba: gli sono concesse istanze istruttorie (artt. 505 e 511, comma 6, c.p.p.); escluso dagli esami
diretti, assiste muto alla discussione; non formula petita, nè impugna [...] Performance marginale e precaria».
4
G. Conso-V. Grevi, Compendio di procedura penale, Padova, 2003, 131 ss.
5
Sul punto cfr. E. Amodio, sub artt. 91-92, cit., 557, il quale parla di requisiti finalizzati alla garanzia della
affidabilità oggettiva degli enti. Cfr. Anche G. Spangher, sub art. 91, Codice di procedura commentato, a
cura di A. Giarda-G. Spangher, vol. I, Milano, 2001, 537.
iscritti su 3.500 lavoratori), non era neanche l’organizzazione sindacale a cui il lavoratore deceduto
era iscritto, ma comunque aveva svolto tra i lavoratori una capillare campagna di informazione e di
denuncia sui rischi della viabilità all’interno dello stabilimento.
L’argomentazione della difesa degli imputati si strutturava attorno all’assunto per cui il
riconoscimento «in forza di legge» richiesto ai sensi dell’art. 91 c.p.p. per determinare i soggetti
legittimati a costituirsi parte civile nel processo penale non potesse che riferirsi, in relazione alle
associazioni sindacali, a quanto disposto dallo Statuto dei Lavoratori (legge 20 maggio 1970, n.
300) ed in particolare all’art. 19, così come modificato dal referendum abrogativo del 1995 per cui :
«…Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni
unità produttiva nell’ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di
lavoro applicati all’unità produttiva».
In forza di tale disposizione - riteneva la difesa dell’imputato – il sindacato Slai Cobas non era
legittimato, in quanto non risultava firmatario di alcun contratto o accordo collettivo né nazionale
né aziendale.
Tale impostazione analitica, però, si appalesava completamente erronea, in quanto è notorio che il
criterio selettivo stabilito dall’art. 19 dello Statuto vale esclusivamente per l’individuazione dei
sindacati le cui rappresentanze nelle unità produttive sono destinatarie dei diritti e delle tutele
previste nel Titolo III (artt. 20 ss.) dello Statuto dei Lavoratori (Corte Cost. sent. n. 12 luglio 1996
n. 244; sent. n. 30 del 1990), non certo al fine di determinare le organizzazioni sindacali dotate di
legittimazione e rappresentatività ai fini dell’esercizio degli altri diritti e prerogative previsti dallo
Statuto.
Come è noto, inoltre, su tale normativa cui era stato riconosciuto un indubbio carattere definitorio,
atto ad individuare i soggetti titolari dei singoli diritti sindacali disciplinati dagli artt. 20 e ss. Stat.
Lav., si è innestata la disciplina sulle «rappresentanze sindacali unitarie» (r.s.u.), previste dal
Protocollo di Intesa trilaterale (Governo - Confindustria - Sindacato) del 23 luglio 1993, e regolate
dall'accordo (delle tre Confederazioni con la Confindustria e con l'Intersind) del 20 dicembre 1993.
Da ultimo a rendere la materia in oggetto fonte di complesse problematiche ha contribuito l'esito del
referendum, svoltosi l'11 giugno 1995, di approvazione del secondo quesito diretto ad investire la
lettera a) e le parole «nazionali o provinciali» della lettera b) dell'art. 19 stat. lav., con il risultato
che oggi le rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori
in ogni unità produttiva solo nell'ambito delle associazioni «che siano firmatarie di contratti
collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva».
È stato osservato in dottrina che l'abrogazione referendaria della qualificazione, come nazionale o
provinciale, dei contratti collettivi la cui stipulazione dà titolo alla costituzione delle r.s.a., ha
portato ad un allargamento delle maglie selettive attraverso le quali misurare la legittimazione delle
organizzazioni ad esercitare le loro prerogative nelle diverse unità produttive.
Anche alla luce delle considerazioni esposte, al Giudice è apparso palesemente erroneo sostenere
quindi che il richiamo contenuto nell’art. 91 c.p.p. («in forza di legge») debba riferirsi all’art. 19
Stat. Lav., articolo che invece viene a definire un criterio selettivo volto ad attribuire al sindacato la
legittimazione ad agire, per far valere quei diritti che trovano il proprio fondamento nel titolo III
dello statuto dei lavoratori.
Sulla legittimazione dello Slai Cobas ai sensi dell’art. 9 dello Statuto dei Lavoratori.
Assai rilevante è il paragrafo della sentenza nel quale si sostiene che « … la legittimazione alla
costituzione di parte civile iure proprio delle associazioni sindacali si fonda sull’art. 9 dello Statuto
dei Lavoratori, che riconosce ai lavoratori il diritto, mediante i propri rappresentanti, di
controllare l’applicazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni e di promuovere
l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la salute e l’integrità dei lavoratori e non già
sull’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori, il cui criterio di selezione – modificato in senso restrittivo
dal referendum del 1995 – si applica unicamente ai diritti sindacali di cui al Titolo III dello Statuto
dei lavoratori».
Il Tribunale infatti accoglie l’analisi in diritto svolta dalla difesa del sindacato la quale ha inteso
rintracciare nell’art. 9 Stat. Lav. la disposizione legittimante l’avvenuta costituzione di parte civile.
L’art. 9 Stat. Lav., in questo senso, prevede un diritto di controllo, riconosciuto a mezzo di
rappresentanze sindacali nell’interesse dei lavoratori, dell’adozione di misure preventive degli
infortuni e delle malattie professionali, diritto che non è limitato dalla sussistenza di un rischio
protetto dal sistema dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali (ex DPR 30
giugno 1965 n. 1124), ma è ad ampio raggio in quanto raccordabile sia con l’art. 2087 c.c., che pone
a carico del datore di lavoro il cd. obbligo di sicurezza, ossia il generale obbligo di adottare
nell’esercizio dell’impresa ogni misura idonea a tutelare l’integrità fisica (oltre che la personalità
morale) del lavoratore, sia con le specifiche garanzie costituzionali poste dall’art. 41 co. 2 Cost, che
prescrive che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con la dignità umana, e
dall’art. 32 Cost., che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo.
Il contenuto del diritto riconosciuto dall’art. 9 Stat.Lav. è costituito dalla facoltà di accedere e di
ispezionare ogni luogo dell’azienda ove potenzialmente vi sia una fonte di rischio per i lavoratori
addetti; di contestare al datore di lavoro l’eventuale mancata adozione delle misure preventive e di
richiederne ed ottenerne l’approntamento, anche sollecitando l’intervento dell’organo pubblico
preposto alla vigilanza dell’igiene e della salute in azienda; di presenziare all’eventuale ispezione
disposta dall’autorità pubblica di vigilanza; di ricevere le informazioni necessarie per esercitare il
controllo sull’ambiente di lavoro.
Il coordinamento con l’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c. e l’integrazione secondo il
principio della buona fede del contenuto della complessiva garanzia riconosciuta dall’art. 9
conducono ad un’interpretazione estensiva che riconosce ai lavoratori (come collettività) e alle loro
rappresentanze il diritto, tutelabile giudizialmente con un’azione di condanna 6, di ottenere
l’effettiva adozione delle misure di sicurezza e di prevenzione ossia la determinazione dell’obbligo
del datore di adottarle 7.
Quindi la situazione giuridica soggettiva (collettiva) tutelata dall’art. 9 si accompagna a quella
individuale, che si configura come vero e proprio diritto soggettivo, del lavoratore (Cass.civ., 6
maggio 1995, n. 4940), ma in entrambe le ipotesi si tratta (più che di un diritto individuale dei
lavoratori esercitatile in forma collettiva) di una situazione tutelata dal diritto e riconosciuta alla
comunità dei lavoratori : insomma è un diritto collettivo, in sintonia d’altra parte con quanto
disposto dall’art. 32 Cost. che riconosce il diritto alla salute dell’individuo anche come «interesse
della collettività» (in tal caso della collettività dei lavoratori in azienda o anche di una loro parte,
costituente una più ridotta comunità di rischio) 8.
Ed è proprio questa natura collettiva, che implica una legittimazione ad agire diretta della
«rappresentanza» dei lavoratori a costituire il proprium della disposizione, caratterizzandola.
Tale diritto (di controllo e di promozione), riferito alla collettività dei lavoratori come soggetti attivi
della posizione tutelata, può essere esercitato unicamente a mezzo di rappresentanze di lavoratori,
che in mancanza di alcuna testuale specificazione (ed essendo stato intenzionalmente soppresso
l’articolo determinativo per privilegiare una dizione ampia 9) non sono necessariamente quelle
dell’art. 19 Stat. Lav. 10, ma possono consistere in qualsiasi entità rappresentativa dei lavoratori (o
di una parte di essi) sulla base di un mandato, quali sono le rappresentanze sindacali unitarie (di cui
- in Tenaris Dalmine - lo Slai Cobas fa parte a mezzo di un suo delegato).
6
Pera, in Commento allo Statuto dei Lavoratori, Padova, Cedam, 116.
Freni-Giugni, Lo Statuto dei Lavoratori, Milano, 43.
8
Carinci (diretto da), Commentario di diritto del lavoro, Utet; 260 ss.; Di Chiara, Salute in fabbrica,
rappresentanza dei lavoratori e processo penale : la tutela degli interessi collettivi tra il sistema del 1930 e il
codice del 1988, in Giur. Merito, 1992, 149.
9
Pera, Commento…cit, 113.
10
Ghezzi, Statuto dei diritti dei Lavoratori, in Noviss. Dig. It., XVIII, 158.
7
Secondo la giurisprudenza consolidata della Cassazione (Cass.pen.sez. un., 21 aprile 1989, n. 6168,
Iori) le rappresentanze, mediante le quali il diritto di controllo e di promozione della sicurezza ex
art. 9 può essere esercitato, devono essere espressione della collettività dei lavoratori addetti
all’unità produttiva.
A tal proposito la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione 11 ha ritenuto che l'art. 9
Stat. Lav., nel riconoscere ai lavoratori il diritto, mediante proprie rappresentanze, di controllare
l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di
promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute
ed integrità, fa riferimento solo alle rappresentanze da loro espresse, non necessariamente legate
alla specifica azienda, ma in ogni caso agenti per loro conto. Pertanto si afferma - in virtù dell'art. 9
Stat.Lav. - la legittimazione dei sindacati a costituirsi parte civile nel giudizio penale, dato che le
rappresentanze dei lavoratori in tanto sono legittimate a costituirsi parte civile nel procedimento
penale promosso per il reato di lesioni personali ai danni di un lavoratore, in quanto sia stato leso il
diritto che il legislatore conferisce alla collettività dei lavoratori (di controllo e promozione),
nell'interesse dei quali le associazioni sindacali agiscono.
Si sottolinea inoltre come la giurisprudenza si sia mostrata ancora più sensibile, individuando la
facoltà di costituirsi parte civile in capo ad enti ed associazioni che, «per scopi, diffusione e
rappresentatività», siano divenuti centro di condensamento dell'interesse dei cittadini alla sicurezza
delle prestazioni del genere di cui l'ente o l'associazione si faceva portatore, venendosi così a creare
quella coincidenza tra interese leso dal reato e il diritto soggettivo dell'ente, che legittima la
costituzione di parte civile 12.
In particolare la prevalente giurisprudenza di merito 13 ha riconosciuto ai sindacati, nell'esercizio del
diritto di controllo di cui all'art. 9 Stat. Lav., la facoltà di costituirsi parte civile nel processo penale
contro il datore di lavoro per il reato di lesione personale colposa plurima commessa con violazione
delle norme relative all'igiene e sicurezza del lavoro, in quanto la capacità di essere titolare
dell'azione civile da reato spetta ai lavoratori, in quanto «comunità» titolare del diritto riconosciuto
dall'art. 9 l. n. 300 del 1970, attraverso le relative rappresentanze, tra le quali le organizzazioni
sindacali, senza necessità di uno specifico mandato da parte dei lavoratori (Pret. Torino, 31 maggio
1982, Galamero, Riv.giur.lav., 1982, IV, 511).
Si deve notare infine come il Tribunale, a fronte delle contestazioni degli imputati, sulla scarsa
rappresentatività dello Slai Cobas, abbia respinto l’eccezione sostenendo che essa non rileva ai fini
della costituzione di parte civile, fondata sulle finalità statutarie e sull’art. 9 Stat. Lav., ma
unicamente ai fini della determinazione dell’ammontare del risarcimento del danno, che dovrà tener
conto del ridotto numero di iscritti dell’associazione sindacale.
Sulla costituzione di parte civile del sindacato ai sensi dell’art. 74 c.p.p.
Da ultimo - anche se nella sentenza tale questione viene risolta per prima – è necessario sottolineare
come la difesa di uno degli imputati avesse sollevato, sotto il profilo formale, la questione relativa
alla mancanza di legittimazione del sindacato a costituirsi parte civile ai sensi dell’art. 74 c.p.p.,
ritenendo che risultasse indispensabile il consenso della persona offesa.
11
ex pluris Cass.pen., sez. VI, 16 luglio 1993 n. 10048, Arienti, GP, 1994,II, 246; DPL, 1994,55; Cass. Pen.
Sez. un., 21 aprile 1989 n. 6168, Iori, Giust.pen, 1990,II; Cass.pen, sez.VI, 28 gennaio 1997, Giannitrapani.
12
Trib.Milano, 6 luglio 1998, For.ambrosiano, 1999, 149; Trib. Milano, 22 aprile 1997, Rizzi, Riv.pen.,
1997; Pret. Verona, 24 giugno 1992, Chiappin, in Giur.it., 1993,II, 420.
13
Trib. Palermo, 21 settembre 2005, Kone-Lo Curcio; Trib. La Spezia, 16.07.2004, Giur.Merito, 2004, 2546;
Trib.Monza, 30.11.1993, Nardacci, Cass.pen., 1995, 1085; Trib. Monza, 29.01.1992, Cardini, RIDL, 1992,II,
711; Pret. Milano, 28.01.1992, Razelli, Giur.Merito, 1993, 776; Pret. Rho, 28.01.1992, Buzzone, ANPP,
1992, 96; Pret. Brescia, 29.06.1990, Piccardo, Giur.Merito, 1992,140; Pret. Brescia, 31.05.1988, L. 80, 1989,
273; Trib. Firenze, 28.10.1984, TLG, 1986, 138, Trib. Venezia, 06.02.1984, RGL, 1984, VI, 297; Pret.
Napoli, 29.10.1983, RGL, 1984, IV, 142; Trib. Monza, 20.06.1983, RGL, 1983, IV, 648.
Tale questione è risultata - a parere del Giudice – infondata, in quanto « …secondo il consolidato
orientamento della Suprema Corte (vd. ex pluribus, Cass. Sez. IV, 8.11.1983 n. 10048 e Cass. Sez.
III 3.12.2007 n. 15983) è ammissibile la costituzione di parte civile, a norma degli artt. 74 ss. cpp,
delle organizzazioni sindacali nel processo penale a carico del datore di lavoro per violazione delle
norme a tutela della sicurezza dei lavoratori, essendo riconosciuto a tali organizzazioni il diritto a
controllare l’applicazione delle norme di prevenzione degli infortuni e a promuovere la ricerca,
l’elaborazione e l’adozione di misure idonee a tutelare la salute e l’integrità dei lavoratori…».
In questo senso, si deve notare come dal combinato disposto degli artt. 91, 92 e 93 c.p.p. si desume
che il consenso della persona offesa previsto dall’art. 92 sia richiesto soltanto per il semplice
intervento degli enti e delle associazioni a norma dell’art. 93, il quale articolo, appunto prevede la
possibilità di tale intervento per l’esercizio, a norma dell’art. 91, dei diritti e delle facoltà attribuiti
alla persona offesa.
Il consenso della persona offesa non è invece richiesto nel caso in cui ricorrano i presupposti per la
costituzione di parte civile degli enti e delle associazioni (Cass.pen., sez. V, 3 giugno 2004-25
gennaio 2005, n. 2245, Resp. e risarcimento 2005, n. 3, 88).
Lo stesso articolo 92 c.p.p. nel subordinare l'esercizio dei diritti e delle facoltà spettanti agli enti ed
alle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato al consenso, per atto pubblico o scrittura
privata autenticata, della persona offesa, si riferisce non già alla costituzione di parte civile, bensì
alla diversa ipotesi di intervento degli enti e delle associazioni senza scopo di lucro, ai quali,
anteriormente ai fatti per cui si procede, siano state riconosciute in forza di legge finalità di tutela
degli interessi lesi dal reato disciplinata dall'art. 91 c.p.p.
La differente disciplina è giustificata dal fatto che l'interveniente, ente od associazione, non ha la
veste di danneggiato dal reato in senso tecnico, ma agisce con finalità di tutela degli interessi lesi
dal reato e non già del proprio diritto leso dal fatto reato (ex pluris Trib. Palermo, 11 gennaio 2001,
Giur.Merito, 2001, 733).
Sul punto è bene ricordare come la Corte di Cassazione si sia espressa da tempo, nel senso di
riconoscere che la costituzione di parte civile di enti collettivi deve essere ammessa allorquando
dall'offesa all'interesse tutelato dalla norma penale derivi in modo diretto ed immediato pure una
lesione del diritto di personalità del sodalizio, con riferimento allo scopo ed ai suoi componenti,
mentre tale diritto soggettivo non è configurabile nell'ipotesi in cui ricorra «un mero collegamento
ideologico» (avendo riguardo all'interesse indicato nello statuto) «col bene che si intende
proteggere» (attraverso la sanzione penale).
Questo orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione è sorto e si è poi consolidato
soprattutto in materia di reati ambientali 14, ma ha avuto comunque modo di essere ribadito anche in
ulteriori ambiti, ad esempio in relazione alle fattispecie di esercizio abusivo di una professione,
rispetto alle quali è stata ammessa la costituzione di parte civile da parte delle associazioni
professionali 15, ovvero in occasione di violazione delle norme volte alla prevenzione degli
infortuni, con riguardo alle quali è stata riconosciuta la legittimazione processuale delle associazioni
sindacali16.
14
Cass., Sez. III, sentenza 23 novembre 1989, n. 16247; Cass., Sez. III, sentenza 26 febbraio 1991, n. 2603;
Cass., Sez. III, sentenza 11 aprile 1992, n. 4487; Cass., Sez. III, sentenza 21 maggio 1993, n. 5230; Cass.,
Sez. III, sentenza 19 gennaio 1994, n. 439; Cass., Sez. III, sentenza 26 settembre 1996, n. 8699.
15
Cass., Sez. III, sentenza 11 aprile 1984, n. 3173; Cass., Sez. VI, sentenza 10 gennaio 1990, n. 59; Cass.,
Sez. VI, sentenza 21 gennaio 1999, n. 795.
16
La questione connessa alla legittimazione ad agire nel processo penale, quale parte civile, delle associazioni
sindacali nel caso di violazione delle norme antinfortunistiche, sembra essere ormai chiarita nella
giurisprudenza dominante: ad esempio Trib. Monza 20 giugno 1983, Pres. Di Nunzio, in Rivista giuridica
del lavoro , 1983, 648, in cui si afferma che le associazioni sindacali possono senza dubbio costituirsi parte
civile in quanto a tali organismi spetta per legge, ai sensi dell'art. 9 dello Statuto dei Lavoratori, e senza
necessità di alcun mandato, la tutela della salute e dell'integrità fisica dei lavoratori; principio ribadito da
Si può fondatamente sostenere che la commentata sentenza, oltre a consolidare un indirizzo
giurisprudenziale maggioritario, abbia preceduto iure condendo il legislatore, che con la recente
legge 3 agosto 2007, n. 123, Testo unico e tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, recante
all’art. 1 la delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro, ha introdotto quale principio e criterio direttivo, «il
riconoscimento ad organizzazioni sindacali e associazioni dei familiari delle vittime della possibilità
di esercitare, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, i
diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa, con riferimento ai reati commessi con violazione
delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che
abbiano determinato una malattia professionale» (comma 2, lett. f, n. 5).
Con tale previsione il legislatore ha inteso riconoscere formalmente ai sindacati e alle associazioni
dei familiari delle vittime di infortuni sul lavoro le finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, allo
scopo di permettere loro la partecipazione al procedimento penale.
Tale finalità è stata riconosciuta in relazione a due categorie di illeciti: a) ai reati commessi con
violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro;
b) ai reati che abbiano determinato una malattia professionale.
La scelta di riconoscere alle associazioni sindacali un ruolo all’interno del procedimento penale
quale ente rappresentativo degli interessi lesi dal reato rappresenta un punto di arrivo ma anche una
grande sfida per le organizzazioni sindacali, le quali dovranno farsi carico, con maggior rigore
rispetto al passato, del ruolo di garanti della tutela della sicurezza e della salute del lavoro,
assumendo istituzionalmente la finalità di tutela degli interessi dei lavoratori che i reati offensivi di
tali beni vanno a ledere.
E’ indispensabile quindi affinchè questa nuova funzione attribuita al sindacato – che non può
surrogare la crisi di rappresentatività delle organizzazioni tradizionali del mondo del lavoro – non
venga svilita che essa non venga strumentalizzata per fomentare un escalation della conflittualità
endemica nel nostro sistema di relazioni industriali 17.
L’idea che innanzi al giudice continui il conflitto collettivo elevato con altri mezzi, demolisce e
disgrega le condizioni essenziali affinchè l’intervento del sindacato si svolga con coerenza rispetto
al metodo e con efficienza rispetto al risultato cognitivo che caratterizzano il processo penale :
quando, infatti, un conflitto procede in escalation l’obiettivo prioritario dei contendenti diventa,
spesso, non più la tutela del proprio interesse ma il puro danneggiamento della controparte.
quello stesso Tribunale a distanza di circa dieci anni nella sentenza del 29 gennaio 1992, in Rivista italiana
di diritto del lavoro , 1992, 711.
17
G. Ichino, Sulla costituzione di parte civile nel processo penale per la tutela di interessi collettivi o diffusi,
in Riv. it. dir. lav., 1992, II, 718 ss. Sul punto si veda il contestato P. Ichino, A che cosa serve il sindacato?
Le follie di un sistema bloccato e la scommessa contro il declino, Milano, 2005. Sull’alternativa tra modello
conflittuale e modello cooperativo cfr. M. Regini, Modelli di capitalismo. Le risposte europee alla sfida della
globalizzazione, ed. 2a, Roma-Bari, 2003.
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