Agenzia SIR – SERVIZIO INFORMAZIONE RELIGIOSA www.agensir.it Progetto IdR e NEWS venerdì 01 aprile 2011 (n. 24) Tema: SEI ANNI DOPO GIOVANNI PAOLO II VERSO LA BEATIFICAZIONE NOTIZIA ------------------------------------------------------------------------------------------------------Giovanni Paolo II "era un vero uomo e un uomo di Dio". A sostenerlo è mons. Slawomir Oder, postulatore della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II. Mons. Oder giustifica la necessità del processo affermando che "bisogna lasciare alle generazioni future le ragioni che, a suo tempo, ci portarono a gridare 'santo subito'". Per il postulatore il processo va affiancato alla storia, "per cui non solo non è stato inutile, come molti avrebbero potuto pensare all'inizio, ma necessario" anche se l'ingente verifica di documenti e testimonianze, che si aggiungono alla riconosciuta fama di santità, "non ha rivelato nulla di nuovo, non sono emersi aspetti sconosciuti della persona, grazie alla trasparenza di vita del Servo di Dio". Tre, spiega mons. Oder, le ragioni che spiegano la celerità del processo: la fama di santità, che in questo caso era visibile già prima di iniziare; l'iniziativa dei cardinali che hanno chiesto per iscritto l'inizio della causa prima di ritirarsi nel Conclave che avrebbe eletto il suo successore; e la convinzione personale di Benedetto XVI, "che essendo stato il suo collaboratore più stretto, sarebbe diventato per diritto il testimone chiave del processo". (da Sir Speciale “Giovanni Paolo II – Verso la beatificazione”) APPROFONDIMENTI ------------------------------------------------------------------------------------------------------ Sono passati sei anni Sono passati sei anni e sembra ieri. Si dice sempre così quando si ricorda qualcosa o qualcuno che ha lasciato una traccia nella propria vita. Forse è un luogo comune. Forse no. Ci può essere un messaggio importante anche dietro parole apparentemente rituali o scontate. La sera del 2 aprile 2005 la notizia della morte di Giovanni Paolo II non è stata improvvisa e neppure imprevista. La speranza che potesse superare l'ennesima prova è sempre stata viva, come sempre è viva la speranza di ripresa per ogni persona malata, sofferente o anziana. Ma in quei giorni di primavera la speranza aveva scelto anche un'altra direzione. Aveva portato il pensiero della gente oltre le piazze e le strade, là dove il "duc in altum" prende consistenza, diventa avventura, si colora di bellezza. Sono passati sei anni e sembra ieri. Giovanni Paolo II ha insegnato a vivere e ha insegnato a morire, si è detto in quei giorni e si ripete anche oggi. Forse il suo magistero è andato oltre. Ha insegnato, a credenti e non credenti, che la vita può diventare un'esperienza di eternità. Non un sogno per estraniarsi dalla complessità e dalla provocazione della cronaca ma un progetto e un percorso per stare dentro la quotidianità da messaggeri e testimoni di speranza. Non per nulla aveva chiamato "un atto di amore alla città" la missione di popolo che aveva indetto nella sua diocesi di Roma: un'espressione per richiamare lo stile cristiano del pensare e dell'abitare gli spazi e i tempi condivisi con tutti e ovunque. Abitare, nel suo vocabolario, voleva dire condividere le fatiche e le attese della gente, preoccuparsi di rendere sempre più giusta e accogliente la casa comune e, nello stesso tempo, ravvivare il desiderio e la ricerca di cose grandi vincendo la tentazione della mediocrità. Sono passati sei anni e sembra ieri. Si continuerà giustamente a dire che Giovanni Paolo II è stato il Papa dei giovani anche se in più occasioni ha egli stesso affermato di essere guidato da loro: anche la Gmg è stata la sua risposta alla domanda delle nuove generazioni. È stato un padre che ha chiesto ai giovani di crescere, di diventare adulti ed è arrivato, con la sua umiltà, a chiedere loro un aiuto per la propria crescita. Nel tempo della riscoperta dell'educazione come via maestra verso il futuro, la lezione di papa Wojtyla appare non in tutta la sua straordinarietà ma in tutta la sua semplicità. 1 È importante prendere consapevolezza che proprio la sua testimonianza porta a dire che per un cristiano non esiste la straordinarietà. L'aggettivo straordinario non dovrebbe esserci nel vocabolario di un cristiano. Esiste la fedeltà totale, serena e operosa alla Parola. Quella fedeltà che anche la sera del 2 aprile 2005 ha preso il volto di un Papa. Sono passati sei anni e sembra ieri. Forse è un luogo comune, Forse no. Sei anni come un soffio, quel soffio che muoveva le pagine del libro del Vangelo sulla bara adagiata sul sagrato della basilica di san Pietro. L'immagine biblica della brezza leggera richiama il dialogo tra il tempo e l'eternità. Un'esperienza che lascia senza parole. Lo si vivrà ancora una volta, questo dialogo, domenica 1° maggio: lo si vivrà anche in quell'abbraccio invisibile e tenerissimo tra Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. (Paolo Bustaffa – Sir Attualità, 1 aprile 2011) - Nel cantiere del Concilio “La ricezione del Concilio è un cantiere ancora aperto”, soprattutto di fronte alle “sfide immani del momento presente, che impongono ai cristiani di veleggiare con energia contro le correnti impetuose e sfrenate del relativismo e del soggettivismo, e che invitano tutti gli uomini di buona volontà a farsi carico solidale dell’emergenza educativa”. Lo ha detto mons. Enrico dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense, aprendo un convegno svoltosi oggi a Roma, nella sede dell’ateneo, sul tema: “Verso il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Da Pio XII a Giovanni Paolo II”. Durante i lavori, è stato presentato anche il volume “Giovanni Paolo II e il Concilio. Una sfida e un compito” (Cantagalli). Alla vigilia del 6° anniversario della morte di papa Wojtyla (2 aprile 2005), il SIR ha intervistato l’autore, Gilfredo Marengo, docente di antropologia teologica al Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II”. Perché è importante, oggi, riflettere sul rapporto tra Giovanni Paolo II e il Concilio? “Gli anni trascorsi dalla fine del suo pontificato hanno confermato quanto la sua persona abbia segnato in maniera indelebile il corso della storia della Chiesa: il volto della comunità ecclesiale attuale non sarebbe in nessun modo concepibile, né comprensibile senza i ventisei anni del papato di Giovanni Paolo II. Nello stesso tempo la Chiesa vive ancora oggi, con particolare intensità, l’esigenza di portare a compimento la recezione e l’attuazione del Concilio Vaticano II, che – insieme al pontificato wojtyliano – rappresenta l’altro evento di singolare rilievo del XX secolo. La centralità di questa preoccupazione presente fin dagli inizi a Giovanni Paolo II, provoca a riconsiderare quanto scrisse un anno prima di morire, nel libro ‘Alzatevi, andiamo!’: ‘Devo dire che, in questi anni di pontificato, l’attuazione del Concilio è stata costantemente in cima ai miei pensieri’. Tutto ciò è ancora un tema centrale della vita ecclesiale. L’ha confermato l’intervento di Benedetto XVI nel primo anno del suo pontificato in cui ha invitato a superare le annose contrapposizioni soggiacenti ad una ‘ermeneutica della discontinuità e della rottura’ in vista di una più convincente ‘ermeneutica della riforma’. Non si può non osservare che, talvolta, una lettura frettolosa del pontificato di Giovanni Paolo II abbia sottostimato quanto per ventisei anni Egli si sia costantemente riferito al Vaticano II come fondamentale termine di paragone, mentre non mancano segnali di chi sembrerebbe guardare al Concilio come un fatto consegnato alla storia, quasi come un capitolo chiuso, più fonte di difficoltà che fattore di reale rinnovamento, superato da altre e più rassicuranti prospettive”. Come definirebbe lo “sguardo” di Giovanni Paolo II sul Concilio? “È uno sguardo che, come testimoniano i suoi scritti, mostra in modo evidente la consapevolezza della singolarità di quell’evento, nella vita della Chiesa e del mondo. Per cogliere in tutte le sue sfaccettature il senso esatto con il quale Giovanni Paolo II guardò al Vaticano II come ‘sicura bussola’ del cammino ecclesiale, un punto d’osservazione sintetico può essere l’episodio del Sinodo straordinario convocato nel 1985, in occasione del 25°della chiusura dei lavori del Concilio. Nei diversi interventi pronunciati in quell’occasione il Papa mostra particolare attenzione a due elementi decisivi per mantenere viva e feconda l’eredità del Vaticano II nella vita della Chiesa. Giovanni Paolo II poneva l’esigenza che quanto accaduto nel Concilio dovesse riaccadere come rinnovata consapevolezza della verità della propria identità cristiana, della quale il Concilio aveva segnalato i fondamentali punti di paragone e un metodo di affronto. Il secondo elemento è l’accento posto sulla categoria di ‘comunione’ che, proprio a partire da quel Sinodo, sarà indicata come una possibile cifra sintetica del Vaticano II”. Come si è posto Giovanni Paolo II all’interno del dibattito tra “continuità” e “riforma”, che ha caratterizzato la ricezione conciliare? “Per Giovanni Paolo II il Vaticano II fu un evento ‘sui generis’ di comunione, dono dello Spirito Santo alla Chiesa, allo scopo di un profondo rinnovamento della sua vita e della sua pastorale. Per questi motivi ampio è il riconoscimento della continuità che tale fatto ecclesiale esprime nel tessuto storico della vita del popolo di Dio. Nello stesso tempo, sono numerosi gli elementi che vanno nella direzione di una chiara sottolineatura della novità che l’ultimo Concilio ha rappresentato e che lo rendono obiettivamente un ‘unicum’ nella bimillenaria storia della Chiesa. Fin dagli anni della preparazione del Concilio, Karol Wojtyla aveva espresso l’esigenza di un fattivo rinnovamento della vita ecclesiale. Va ricordata, poi, l’insistenza sulla centralità del metodo ‘sinodale’, riconosciuto come uno dei frutti più rilevanti del Concilio: di qui l’importanza e la cura assegnate al Sinodo dei vescovi. Infine, non va dimenticata la decisione di convocare delle assemblee plenarie del sacro collegio cardinalizio, un’iniziativa del tutto nuova, che da secoli non si realizzava nella vita della Chiesa. In queste occasioni fu messa a tema l’esigenza di realizzare una profonda riforma della curia romana, costantemente orientata secondo la dimensione della ‘pastoralità’: ancora una volta Giovanni 2 Paolo II assume la cifra specifica del Vaticano II nel guidare uno delle iniziative più importanti della sua azione di governo”. (da Sir Attualità, 31 marzo 2011) - Un inno alla famiglia "Giovanni Paolo II, il Papa della nuova evangelizzazione, ha cercato di promuovere la famiglia come soggetto in missione nella Chiesa e nella società". Così il card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, sintetizza al SIR il rapporto tra Giovanni Paolo II e la famiglia, alla vigilia della beatificazione del Papa polacco, in programma il 1° maggio. Nel pontificato di Karol Wojtyla, quale ruolo gioca la famiglia all'interno del processo di evangelizzazione? "Giovanni Paolo II, il papa dei continui viaggi apostolici nelle parrocchie di Roma, nelle diocesi d'Italia, nei diversi Paesi del mondo, ha insegnato che la missione evangelizzatrice è essenziale e costitutiva della Chiesa e riguarda tutti i cristiani e tutte le comunità. Ha cercato di risvegliare in tutti questa coscienza, questa responsabilità e passione. Nella dinamica missionaria della Chiesa Giovanni Paolo II assegna alla famiglia un ruolo di primissimo piano: 'Tra le vie della missione la famiglia è la prima e la più importante, su di essa la Chiesa conta, chiamandola ad essere un vero soggetto di evangelizzazione e di apostolato'. Sia la Chiesa che la famiglia evangelizzano, cioè trasmettono e manifestano nel mondo la presenza e l'amore di Cristo Salvatore, nella misura in cui vivono la fede e l'amore reciproco, la comunione con il Signore e tra noi. Perciò la Chiesa è chiamata ad essere sempre più grande famiglia e la famiglia cristiana è chiamata ad essere sempre più piccola Chiesa. Allora l'evangelizzazione avverrà per irradiazione più ancora che per iniziative specifiche". In che senso, per Giovanni Paolo II, la famiglia è "piccola Chiesa"? "Per Giovanni Paolo II la famiglia 'piccola Chiesa' non è un modo di dire, una metafora, per suggerire una vaga somiglianza. Si tratta invece di un'attuazione della Chiesa, specifica e reale, in quanto ambedue ricevono l'amore di Cristo e lo trasmettono, e perciò ambedue sono comunità salvata e salvante. L'essere in Cristo 'comunità di vita e di amore', come si legge nella Familiaris Consortio, si ripercuote nei diversi aspetti della missione della famiglia: aiuto reciproco tra le persone, procreazione generosa e responsabile, educazione dei figli, contributo alla coesione e allo sviluppo della società, impegno civile, impegno di apostolato e partecipazione alle attività ecclesiali, servizio caritativo". E nella società? "La fecondità della coppia coniugale si esprime nella procreazione, cura ed educazione dei figli; ma, al di là dei figli e insieme a loro, dà incremento alla società e alla Chiesa. Sempre nella Familiaris Consortio, Giovanni Paolo II scrive: 'Dalla famiglia nascono i cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù sociali, che sono l'anima della vita e dello sviluppo della società'. La famiglia genera le persone; produce i beni relazionali primari che plasmano l'identità personale, come l'essere padre o madre, figlio o figlia, fratello o sorella; alimenta le virtù indispensabili per la coesione e lo sviluppo della società, come la gratuità, la reciprocità, la fiducia, la solidarietà, la responsabilità, la capacità di sacrificio, la laboriosità, la cooperazione, la progettualità, la sobrietà, la propensione al risparmio, il rispetto dell'ambiente. Chi ha fatto esperienza di relazioni virtuose in famiglia di solito è più attento al bene comune della società, più preparato a percepire il lavoro come dotato di senso umano e religioso e a compierlo con più gusto e gratificazione". In che modo Giovanni Paolo II ha contribuito a cambiare il "volto" delle famiglie cristiane? "Molte famiglie di solida spiritualità cristiana hanno oggi anche una viva coscienza missionaria: evangelizzano nella propria casa con la preghiera comune, il dialogo, l'edificazione scambievole, l'amore reciproco. Evangelizzano nel loro ambiente mediante le relazioni con i vicini, i partenti, gli amici, i colleghi di lavoro, la scuola, i compagni di sport e di divertimento. Evangelizzano nella parrocchia mediante la fedele partecipazione alla messa domenicale, la collaborazione sistematica al cammino catechistico dei figli, l'inserimento nelle attività formative, caritative, ricreative, la partecipazione a incontri di famiglie, a gruppi, piccole comunità, movimenti e associazioni, l'animazione di itinerari di educazione dei giovani all'amore e di preparazione dei fidanzati al matrimonio, la vicinanza alle famiglie in difficoltà". Quali i passi ulteriori da compiere? "Per avere famiglie soggetto di evangelizzazione e di umanizzazione, la prima cosa necessaria è la spiritualità, cioè la vita animata dallo Spirito Santo, la vita vissuta come rapporto personale e consapevole con Cristo in atteggiamento di conversione permanente, sostenuto dall'ascolto della Parola e dall'Eucaristia. Per avere famiglie di solida spiritualità, bisogna prendere a cuore una seria preparazione al matrimonio, offrendo opportunità differenziate: non solo corsi brevi, ma anche itinerari prolungati per le coppie più disponibili. Giovanni Paolo II raccomanda caldamente anche l'accompagnamento pastorale delle coppie dopo il matrimonio mediante incontri e iniziative specifiche di preghiera e di formazione: questa indicazione deve entrare sempre più nella pastorale ordinaria delle comunità ecclesiali. Il Papa, infine, ha ripetutamente incoraggiato l'adesione delle famiglie sia alle associazioni ecclesiali di apostolato, sia a quelle di impegno civile coerente con la dottrina della Chiesa". (da Sir Speciale “Giovanni Paolo II – Verso la beatificazione”, 30 marzo 2011) 3 - La sua corona In occasione della prossima beatificazione di Giovanni Paolo II, con l'arcivescovo Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino ed emerito di Pompei, parliamo della predilezione del Papa per la preghiera del rosario. Giovanni Paolo II diceva che il rosario era la sua preghiera prediletta... "Era innamorato del rosario, perché era innamorato di Gesù, e cercava di amarlo con il cuore di Maria, alla quale era consacrato: 'Totus tuus'. Come lo stesso Giovanni Paolo II spiegò, se la fisionomia del rosario è mariana, il suo cuore è cristologico. Con questa preghiera facciamo nostro lo sguardo di Maria, per contemplare Gesù, nei suoi misteri. La stessa Ave Maria culmina nel nome del Salvatore, e non a caso Giovanni Paolo II consiglia di aggiungere anche la clausola 'cristologica', attraverso la quale evochiamo lo specifico mistero contemplato. Se la liturgia, specie nel suo centro eucaristico, ci offre il mistero, attraverso il rosario noi lo 'assimiliamo'. Giovanni Paolo II lo sentiva così, e per questo lo considerava anche la sua preghiera 'prediletta'". Nel 2002 Giovanni Paolo II ha firmato la Lettera apostolica "Rosarium Virginis Mariae" e ha indetto l'Anno del rosario: qual è il segreto di questa preghiera amata da intellettuali come Vittorio Bachelet? "Il rosario è una preghiera che si presta ad essere valorizzata a diversi livelli. Per molti fedeli prevale un approccio devozionale. Si ripetono le preghiere più semplici e care della nostra fede. Ma il 'segreto' per una piena valorizzazione del rosario è farlo passare dal livello devozionale a quello contemplativo. Normalmente il mistero viene rapidamente enunciato, ma per nulla meditato. È auspicabile che all'enunciazione dei misteri segua la lettura della pagina biblica corrispondente. Dovrebbe seguire anche qualche momento di silenzio e, in qualche circostanza comunitaria più solenne, qualche breve parola di commento. Il mistero di Gesù è così posto al centro dell'attenzione, e le preghiere del Padre nostro, dell'Ave Maria e del Gloria diventano come la 'colonna sonora' di un incontro vivo con Gesù. L'Anno del rosario fu indetto da Giovanni Paolo II per ridare slancio a questa preghiera proprio in direzione biblica, cristologica e contemplativa. Il rosario compreso così non è solo la preghiera dei semplici, è anche la preghiera di grandi teologi e di grandi mistici". Cosa l'ha colpita di più di Giovanni Paolo II quando è venuto a Pompei il 7 ottobre 2003 a conclusione dell'Anno del rosario? "A Pompei, per la chiusura dell'Anno del rosario, Giovanni Paolo II era un Papa fisicamente molto provato. Faceva fatica persino a parlare. Ma, stando all'ombra della Vergine del Rosario, era come se si sentisse a casa. Mentre tutto il popolo recitava, egli sgranava la sua corona come aggrappandosi alla mano materna di Maria. E sembrava dare la mano a ciascuno delle migliaia di fedeli presenti. Le parole che pronunciò alla fine, il suo 'grazie', il suo 'pregate per me', esprimevano la gioia di un padre che, con la corona, dava anche una consegna ai suoi figli". Secondo Giovanni Paolo II, dal rosario vengono tanti frutti di santità... "La santità è dono che viene dall'alto. Disponendo alla contemplazione, il rosario ci aiuta a fare spazio a Dio nella nostra vita. Esso sta dentro il dinamismo della preghiera cristiana, a partire dall'ascolto della Parola di Dio e dalla liturgia. Sta anche dentro il dinamismo della vita cristiana, spingendola a misurarsi continuamente con il Vangelo. Di qui i frutti di santità. E Giovanni Paolo II ne è veramente un esempio". Il rosario, come ha detto più volte Giovanni Paolo II, è una preghiera di grande attualità? "È di attualità per molti motivi. Lo è per il suo ancoraggio biblico, in un tempo di nuova evangelizzazione che esige un ritorno alle Scritture. Lo è insieme per il suo carattere non solo mariano, ma cristologico, affermazione di una fede in Cristo che è tanto più da ribadire quanto più contrastata nella cultura contemporanea. È poi d'attualità, se si pensa che oggi, tra tanto materialismo, si registra un ritorno di esigenza meditativa e contemplativa. Persino molti cristiani sono affascinati da proposte di spiritualità orientale che si presumono più 'meditative'. Il rosario può essere una risposta a questo tipo di esigenza. Infine, come Giovanni Paolo II spiegò nella 'Rosarium Virginis Mariae', c'è un particolare rapporto di questa preghiera con i temi della pace e della famiglia. Come negarne l'attualità?". Alcuni accusano il rosario di essere ripetitivo... "C'è una ripetitività meccanica, che stanca, annoia e snerva. Ma c'è anche una ripetizione che invece è segno di vita. Nel nostro fisico, dipendiamo da tante cose che si ripetono, dal ritmo del respiro al battito del cuore. Nelle espressioni delle nostre relazioni, le cose più belle sono quelle che amiamo ripetere. Soprattutto si ripete volentieri la dichiarazione di amore. Il rosario è questo". Giovanni Paolo II sarà beatificato il 1° maggio, domenica della Divina Misericordia, ma anche primo giorno del mese dedicato a Maria: una felice coincidenza? "Divina misericordia e Maria: è impossibile pensare a Giovanni Paolo II senza questi due riferimenti. Tutta la sua spiritualità ne è intrisa, partendo sempre da Cristo, e tornando sempre a lui. Certamente la coincidenza è provvidenziale". (da Sir Speciale “Giovanni Paolo II – Verso la beatificazione”, 25 marzo 2011) - Lui stesso un evento In vista della beatificazione fissata per il 1° maggio, domenica della Divina Misericordia, rileggiamo attraverso una serie di interviste alcuni temi che furono particolarmente cari a Giovanni Paolo II: la comunicazione, i giovani, la donna, la cultura, la famiglia, l'Europa, il dialogo... 4 Primo tema: la comunicazione. Abbiamo posto alcune domande a Sabina Caligiani, autrice del volume "Giovanni Paolo II, il Papa che parlava alla gente" (ed. Paoline). Giovanni Paolo II è stato il primo Papa "mediatico": come definirebbe il suo rapporto con il mondo della comunicazione? "Si è parlato a lungo della reciproca attenzione del Papa per i media e dei media per Giovanni Paolo II. Un dialogo lungo e intenso, che ha realizzato una serie infinita di immagini e testimonianze, essendo stato il Pontefice più fotografato e teleripreso della storia. Giovanni Paolo II aveva intuito l'importanza fondamentale dei media nella nostra società, ma soprattutto - non solo con la sua parola, ma anche con la sua figura, il suo aspetto fisico - è stato, più che strumento, 'sacramento' di comunicazione. Giovanni Paolo II, in altre parole, è stato lui stesso un 'evento': prima negli anni del vigore, della prestanza, dell'atleticità, dell'intensa fisicità dell'inizio del pontificato e poi con la sua malattia mostrata al mondo, fino a diventare icona muta della sofferenza vissuta in senso salvifico". Giovanni Paolo II ha dunque inaugurato un modo "nuovo" di comunicare, con l'uomo del terzo millennio... "Senza dubbio. Il suo è stato un pontificato che non ha parlato solo con le parole, ma anche con i gesti, con la 'sensorialità' che è diventata risorsa mediatica. In questo modo, Giovanni Paolo II è riuscito a spiazzare, a neutralizzare l'autoreferenzialità tipica dei media: era così forte l'evidenza della sua fede, comunicata sempre gioiosamente e in modo da coinvolgere i giovani, che i media non hanno potuto far altro che mostrarla così com'era. Già dal momento dell'apparizione dalla loggia della basilica di San Pietro, il 16 ottobre 1978, si rivela immediatamente la sua capacità di improvvisare, di uscire allo scoperto, di stravolgere le regole comunicative che fino ad allora avevano caratterizzato lo stile di un Papa". Quella del Papa polacco è stata definita una "teologia della corporeità": quali "parole" annunciava con i gesti? "Ciò che balza immediatamente in evidenza in Karol Wojtyla è la sua fisicità che attira, coinvolge, è una comunicazione di fede gioiosa, che cattura, seduce e trasforma anche la televisione. La sua comunicazione ha percorso la via della spontaneità, dell'immediatezza: come dimenticare, ad esempio, sulla collina di Agrigento, il suo indice puntato mentre, con grande indignazione, si rivolgeva ai criminali della mafia? Anche per chi non aveva la fede, le sue parole e i suoi gesti suscitavano emozioni, poiché erano veramente colmi di significato. I suoi viaggi sono stati un mezzo straordinario di evangelizzazione. Ha stravolto le barriere del protocollo rispondendo liberamente alle domande dei giornalisti già dalla prima conferenza stampa, cui fecero seguito gli incontri informali in aereo con gli stessi, proprio durante i viaggi di catechesi per il mondo. La fisicità di Giovanni Paolo II è, dunque, la grande protagonista della sua comunicazione: se prima furono la sua prestanza fisica, la sua energia vitale, il so temperamento sportivo a sorprendere, che lo resero unico, fu poi il suo corpo, sempre più sofferente negli anni, a parlare al mondo, se possibile, in modo sempre più efficace". Tra i vari registri scelti da Giovanni Paolo II per comunicare, c'è la "comunicazione di amicizia": in che senso ha orientato il suo pontificato? "Il Papa ha usato tutti gli schemi della comunicazione, da quella della 'modulazione', attraverso la seduzione che esprimeva la sua persona, la sua enciclica non scritta, a quella 'alfabetica', con i suoi libri, le sue lettere apostoliche, le encicliche, alla comunicazione di 'amicizia', con il suo temperamento, la sua inclinazione personale, la sua apertura alla trascendenza, con i suoi molteplici linguaggi per cui tutti si identificavano con lui e si sentivamo affettivamente, profondamente legati. Il suo era uno sguardo, nello stesso tempo, perennemente immerso nella preghiera e capace di guardare dritto negli occhi, in profondità, ogni singola persona". Cosa insegna papa Wojtyla ai comunicatori? "Giovanni Paolo II non aveva paura dei media, li considerava un veicolo essenziale per trasmettere la fede in un mondo globalizzato: aveva fiducia nei giornalisti e soprattutto nell'opinione pubblica. Ad entrambe queste categorie, però, chiedeva responsabilità: non solo ai comunicatori, chiamati ad 'educare' attraverso un'etica dei linguaggi, ma anche ai destinatari dell'informazione, da lui esortati a decodificare i messaggi dei media attraverso l'uso critico di essi, cessando così di essere assimilatori passivi". (da Sir Speciale “Giovanni Paolo II – Verso la beatificazione”, 16 marzo 2011) - Una guida sicura In che modo "la centralità storica e cosmica di Cristo" può ancora "incontrare l'interesse dell'uomo odierno? Cosa offre Cristo alla sua ragione iperesigente e alla sua libertà spesso insoddisfatta?". È l'interrogativo posto dal cardinale patriarca di Venezia, Angelo Scola, a conclusione del proprio intervento al convegno "Una pietra miliare nella storia bimillenaria della Chiesa. Il contributo di Giovanni Paolo II al Concilio Vaticano II", tenutosi nei giorni scorsi nel capoluogo lagunare per iniziativa dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose S. Lorenzo Giustiniani inserito nello Studium Generale Marcianum. Guida sicura. Per il card. Scola, oggi Cristo offre all'uomo "una risposta esauriente all'enigma da cui è costituito senza annullarne la libertà dal momento che Cristo non predecide il dramma del singolo". Secondo la riflessione teologica "sulla singolarità di Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato, rivelandosi a un tempo non solo come redentore universale ma anche come capo della creazione, si attesta come l'Evento che spiega l'uomo all'uomo". In tale orizzonte "la libertà infinita" di Dio "si piega, attraverso il Logos-Amore, sulla libertà finita dell'uomo, liberandola". Solo nella "Rivelazione di Dio", ha osservato il patriarca di Venezia, l'uomo può scoprire "la guida sicura per il compimento della propria vita". Di qui l'attualità della proposta "formulata da Giovanni Paolo II, soprattutto nelle tre encicliche trinitarie", per 5 "rispondere al desiderio di Dio dell'uomo postmoderno. Un desiderio insopprimibile anche quando viene sepolto sotto le macerie dell'odierno clima nichilistico". Una "svolta antropologica". Secondo il filosofo Vittorio Possenti, "il compito che Karol Wojtyla si è assunto come filosofo e come Pontefice è stato di affermare e svolgere il senso cristiano dell'humanum, in modo che non sia possibile negare il divinum in nome dell'humanum" . In tal senso "lo snodo ineludibile è la persona, la cui questione è al centro degli scritti di Wojtyla degli anni '70". Compito della Chiesa, per Giovanni Paolo II, è "aiutare l'uomo a raggiungere la piena verità su se stesso, e ciò si può fare se il cammino verso l'uomo è anche un cammino verso Dio, di modo che mistero di Dio e mistero dell'uomo si tengono per mano ed uno aiuta l'altro nella crescita: l'approfondimento dell'uno diventa approfondimento dell'altro". Un itinerario "ad un tempo cristologico e antropologico" che, spiega Possenti, "è rimasto al centro del messaggio di Giovanni Paolo II". Per il filosofo, "la svolta antropologica del Concilio" si è compiuta "all'interno non di una svolta cristologica", bensì di una "'ripresa' cristologica" che ha condotto la Chiesa "a tener conto di ciò nell'annuncio della sua antropologia". Patrimonio di fede e speranza. In Giovanni Paolo II c'è "una penetrazione profonda dell'evento conciliare, come fatto decisivo per la comprensione del mistero della Chiesa e della sua strada nel mondo e nel futuro, in cui esperienza esistenziale e teologia si connettono". Ne è convinto lo storico Andrea Riccardi, che richiamando la "recezione cracoviense davvero originale" del Vaticano II, fa notare: "Il Concilio viene considerato" da Giovanni Paolo II "come un patrimonio di fede e speranza per il futuro. Il suo pontificato viene letto come servizio alla grandissima causa del Vaticano II". Concilio e papa Wojtyla "stanno insieme con un legame inscindibile, anzi quest'ultimo ne è interprete originale, fedele e creativo". "La sua pastoralità, la sua dottrina, i suoi gesti - sottolinea Riccardi -, sono luoghi per eccellenza di quella recezione conciliare, chiusa storicamente, ma per lui sempre in atto". Accanto "alla storia del cristianesimo polacco, la vicenda conciliare" rappresenta infatti "una delle matrici di Giovanni Paolo II. La sua storia personale e il suo pontificato non si spiegano senza il Vaticano II e ne sono, in modo profondo, l'applicazione creativa e responsabile". Tra continuità e riforma. "L'intraprendenza ecclesiologica di quel giovane arcivescovo, filosofo e teologo, proveniente dalla fredda ma cattolicissima Cracovia, chiaramente percepibile nella sua voce al Concilio - ha rilevato il teologo Gianluigi Pasquale analizzando gli interventi e i contributi dell'allora arcivescovo di Cracovia al Vaticano II -, non poteva essere semplicemente il portato della sua cultura e/o della sua esperienza pastorale: prima di parlare in aula, il Padre conciliare Wojtyla deve aver certamente pregato molto, e - come sappiamo - fatto pregare". Per Giovanni Paolo II il Concilio "fu un evento sui generis di comunione, dono dello Spirito Santo alla Chiesa, allo scopo di un profondo rinnovamento della sua vita e della sua pastorale" ha sottolineato l'antropologo Gilfredo Marengo. Continuità e riforma: queste le ragioni "per le quali" papa Wojtyla "investì tutte le sue energie nella realizzazione" del Vaticano II, autentico "unicum nella bimillenaria storia della Chiesa", esprimendo in questo impegno "la sua personale sensibilità e creatività". (da Sir Speciale “Giovanni Paolo II – Verso la beatificazione”, 16 marzo 2011) - Una luce per l’eternità "Che il beato Giovanni Paolo II diventi la nostra guida spirituale sulle vie della libertà dell'unità e della solidarietà". È l'auspicio che i vescovi polacchi esprimono nella lettera pastorale (resa nota qualche giorno fa e firmata a Varsavia il 22 febbraio scorso) scritta in occasione della cerimonia del 1° maggio che porterà Karol Wojtyla all'onore degli altari. I presuli si dichiarano convinti che "la beatificazione di Giovanni Paolo II apre delle nuove prospettive per il futuro" obbligando "in un modo ancora più attento e più creativo di leggere la sua eredità espressa dalle parole, dalla sua personalità, dal suo stile di vita, e dal servizio da lui svolto". Si augurano pertanto che "i segni che ci ha lasciato il Papa ci aiutino a fare fronte alle nuove sfide ispirando sia la vita privata che quella sociale". Un dono per la Chiesa e per il mondo. L'episcopato polacco è pienamente consapevole che "il dono della vita e del servizio di Giovanni Paolo II ha arricchito in modo significativo la vita della Chiesa e del mondo". "Noi stessi nel nostro Paese e nella nostra parte dell'Europa abbiamo vissuto il cambiamento epocale ispirato alla visione del Pontefice di un mondo liberato dalle catene di un sistema totalitario e senza Dio, sistema che per decenni ha oppresso il singolo e popoli interi". Da qui una luce di speranza anche per l'umanità di oggi: "L'apertura fiduciosa di Giovanni Polo II all'opera salvifica di Gesù nella storia costituisce un incoraggiamento e un esempio della nuova libertà e vita in Cristo". I vescovi ricordano che "ha trovato ascolto" la preghiera del Pontefice "affinché lo Spirito Santo cambiasse la faccia di questa terra" che è diventata "una potente preghiera" di milioni polacchi e sottolineano quanto la difesa della dignità e della vita umana di Giovanni Paolo II accompagnata dalla sua comprensione dell'essere umano "in tutte le sue debolezze e le sue difficoltà" gli abbia permesso di indicare agli uomini "degli ideali e delle possibilità di costruire un mondo migliore". Descrivendo Giovanni Paolo II come "testimone diretto dei disumani sistemi totalitari del XX secolo così come dei rischi della civiltà moderna", i presuli rilevano l'importanza della Divina Misericordia che "accompagna la nostra generazione ed è la risposta alle nostre paure, aspirazioni e speranze". L'impegno di una risposta. Il dono della beatificazione per il quale i presuli ringraziano Benedetto XVI "costituisce anche l'impegno che richiede una risposta". I vescovi invitano pertanto i fedeli ad "approfittare del tempo quaresimale per un esame di coscienza" auspicando che "la legge dell'amore verso Dio e verso il prossimo diventi la legge suprema del nostro agire". Ricordando l'importanza del valore della famiglia "come cellula fondante della vita dei popoli e della Chiesa", la lettera rileva che la preparazione alla beatificazione di Giovanni Paolo II deve riguardare anche la vita pubblica. I vescovi affermano di condividere "le preoccupazioni legate alla qualità e allo stile della vita politica" in Polonia, notando "delle scandalose divisioni tra persone e tra i partiti diversi che in ugual misura si richiamano a valori 6 cristiani". Tali comportamenti caratterizzati da "una costante astiosità, inimicizia e mancato rispetto delle opinioni altrui" portano al "dispendio di energie che dovrebbero essere impiegate a risolvere dei problemi e delle questioni importanti per l'intera società". L'amara costatazione che "non a quella libertà e democrazia abbiamo anelato negli anni bui del comunismo", è seguita dal richiamo di vivere la beatificazione ricordando che Giovanni Paolo II "insegnava con le sue parole e con il suo esempio ad essere diversi senza intaccare la dignità propria e quella degli altri". Una speranza per la terra polacca. I vescovi chiedono al mondo politico di evitare dei "diverbi sterili" e auspicano che "il perdono e la riconciliazione possano diventare programma di tutte le parti" ma in quanto pastori affermano di "non volersi fermare solo ai retorici richiami rivolti ad altri" consci che "le preoccupanti divisioni nella società richiedono da tutti, anche da noi una profonda conversione". "Sappiamo che richiamando gli altri ad una trasformazione dei cuori, noi stessi dobbiamo darne l'esempio", dichiarano aggiungendo che seguendo l'esempio di Giovanni Paolo II "vogliamo anche noi confessare che più di una volta non abbiamo stigmatizzato il male in maniera sufficientemente univoca, che non abbiamo cercato le vie dell' intesa e unità". I vescovi sperano perciò che il dono della beatificazione di Giovanni Paolo II possa essere inteso come il seguito del suo eccezionale servizio e della sua vita, e che "sia una continuazione della storia di fede speranza e amore in terra polacca, la terra di quel grande Pontefice". (da Sir Speciale “Giovanni Paolo II – Verso la beatificazione”, 16 marzo 2011) DOCUMENTI --------------------------------------------------------------------------------------------- La vita di Karol Wojtyla Karol Józef Wojtyła, divenuto Giovanni Paolo II con la sua elezione alla Sede Apostolica il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice, città a 50 km da Kraków (Polonia), il 18 maggio 1920. Era l’ultimo dei tre figli di Karol Wojtyła e di Emilia Kaczorowska, che morì nel 1929. Suo fratello maggiore Edmund, medico, morì nel 1932 e suo padre, sottufficiale dell’esercito, nel 1941. La sorella, Olga, era morta prima che lui nascesse. Fu battezzato il 20 giugno 1920 nella Chiesa parrocchiale di Wadowice dal sacerdote Franciszek Zak; a 9 anni ricevette la Prima Comunione e a 18 anni il sacramento della Cresima. Terminati gli studi nella scuola superiore Marcin Wadowita di Wadowice, nel 1938 si iscrisse all’Università Jagellónica di Cracovia. Quando le forze di occupazione naziste chiusero l’Università nel 1939, il giovane Karol lavorò (1940-1944) in una cava ed, in seguito, nella fabbrica chimica Solvay per potersi guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in Germania. A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia, diretto dall’Arcivescovo di Cracovia, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Nel contempo, fu uno dei promotori del "Teatro Rapsodico", anch’esso clandestino. Dopo la guerra, continuò i suoi studi nel seminario maggiore di Cracovia, nuovamente aperto, e nella Facoltà di Teologia dell’Università Jagellónica, fino alla sua ordinazione sacerdotale avvenuta a Cracovia il 1̊ novembre 1946, per le mani dell’Arcivescovo Sapieha. Successivamente fu inviato a Roma, dove , sotto la guida del domenicano francese P. Garrigou-Lagrange, conseguì nel 1948 il dottorato in teologia, con una tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce (Doctrina de fide apud Sanctum Ioannem a Cruce). In quel periodo, durante le sue vacanze, esercitò il ministero pastorale tra gli emigranti polacchi in Francia, Belgio e Olanda. Nel 1948 ritornò in Polonia e fu coadiutore dapprima nella parrocchia di Niegowić, vicino a Cracovia, e poi in quella di San Floriano, in città. Fu cappellano degli universitari fino al 1951, quando riprese i suoi studi filosofici e teologici. Nel 1953 presentò all’Università cattolica di Lublino la tesi: "Valutazione della possibilità di fondare un'etica cristiana a partire dal sistema etico di Max Scheler". Più tardi, divenne professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino. Il 4 luglio 1958, il Papa Pio XII lo nominò Vescovo titolare di Ombi e Ausiliare di Cracovia. Ricevette l’ordinazione episcopale il 28 settembre 1958 nella cattedrale del Wawel (Cracovia), dalle mani dell’Arcivescovo Eugeniusz Baziak. Il 13 gennaio 1964 fu nominato Arcivescovo di Cracovia da Papa Paolo VI, che lo creò e pubblicò Cardinale nel Concistoro del 26 giugno 1967, del Titolo di S. Cesareo in Palatio, Diaconia elevata pro illa vice a Titolo Presbiterale. Partecipò al Concilio Vaticano II (1962-1965) con un contributo importante nell’elaborazione della costituzione Gaudium et spes. Il Cardinale Wojtyła prese parte anche alle 5 assemblee del Sinodo dei Vescovi anteriori al suo Pontificato. I Cardinali, riuniti in Conclave, lo elessero Papa il 16 ottobre 1978. Prese il nome di Giovanni Paolo II e il 22 ottobre iniziò solennemente il ministero Petrino, quale 263° successore dell’Apostolo. Il suo pontificato è stato uno dei più lunghi della storia della Chiesa ed è durato quasi 27 anni. Giovanni Paolo II ha esercitato il suo ministero con instancabile spirito missionario, dedicando tutte le sue energie sospinto dalla sollecitudine pastorale per tutte le Chiese e dalla carità aperta all’umanità intera. I suoi viaggi apostolici nel mondo sono stati 104. In Italia ha compiuto 146 visite pastorali. Come Vescovo di Roma, ha visitato 317 parrocchie (su un totale di 333). Più di ogni Predecessore ha incontrato il Popolo di Dio e i Responsabili delle Nazioni: alle Udienze Generali del mercoledì (1166 nel corso del Pontificato) hanno partecipato più di 17 milioni e 600 mila pellegrini, senza contare tutte le altre udienze speciali e le cerimonie religiose [più di 8 milioni di pellegrini solo nel corso del Grande Giubileo dell’anno 2000], nonché i milioni di fedeli incontrati nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo. Numerose anche le personalità governative ricevute in udienza: basti ricordare le 38 visite ufficiali e le altre 738 udienze o incontri con Capi di Stato, come pure le 246 udienze e incontri con Primi Ministri. Il suo amore per i giovani lo ha spinto ad iniziare, nel 1985, le Giornate Mondiali della Gioventù. Le 19 edizioni della GMG che si sono tenute nel corso del suo Pontificato hanno visto riuniti milioni di giovani in varie parti del mondo. 7 Allo stesso modo la sua attenzione per la famiglia si è espressa con gli Incontri mondiali delle Famiglie da lui iniziati a partire dal 1994. Giovanni Paolo II ha promosso con successo il dialogo con gli ebrei e con i rappresentati delle altre religioni, convocandoli in diversi Incontri di Preghiera per la Pace, specialmente in Assisi. Sotto la sua guida la Chiesa si è avvicinata al terzo millennio e ha celebrato il Grande Giubileo del 2000, secondo le linee indicate con la Lettera apostolica Tertio millennio adveniente. Essa poi si è affacciata al nuovo evo, ricevendone indicazioni nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, nella quale si mostrava ai fedeli il cammino del tempo futuro. Con l’Anno della Redenzione, l’Anno Mariano e l’Anno dell’Eucaristia, Giovanni Paolo II ha promosso il rinnovamento spirituale della Chiesa. Ha dato un impulso straordinario alle canonizzazioni e beatificazioni, per mostrare innumerevoli esempi della santità di oggi, che fossero di incitamento agli uomini del nostro tempo: ha celebrato 147 cerimonie di beatificazione - nelle quali ha proclamato 1338 beati - e 51 canonizzazioni, per un totale di 482 santi. Ha proclamato Dottore della Chiesa santa Teresa di Gesù Bambino. Ha notevolmente allargato il Collegio dei Cardinali, creandone 231 in 9 Concistori (più 1 in pectore, che però non è stato pubblicato prima della sua morte). Ha convocato anche 6 riunioni plenarie del Collegio Cardinalizio. Ha presieduto 15 assemblee del Sinodo dei Vescovi: 6 generali ordinarie (1980, 1983, 1987, 1990; 1994 e 2001), 1 assemblea generale straordinaria (1985) e 8 assemblee speciali (1980, 1991, 1994, 1995, 1997, 1998 e 1999). Tra i suoi documenti principali si annoverano 14 Lettere encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche. Ha promulgato il Catechismo della Chiesa cattolica, alla luce della Tradizione, autorevolmente interpretata dal Concilio Vaticano II. Ha riformato i Codici di diritto Canonico Occidentale e Orientale, ha creato nuove Istituzioni e riordinato la Curia Romana. A Papa Giovanni Paolo II, come privato Dottore, si ascrivono anche 5 libri: “Varcare la soglia della speranza” (ottobre 1994); "Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio" (novembre 1996); “Trittico romano”, meditazioni in forma di poesia (marzo 2003); “Alzatevi, andiamo!” (maggio 2004) e “Memoria e Identità” (febbraio 2005). Giovanni Paolo II è morto in Vaticano il 2 aprile 2005, alle ore 21.37, mentre volgeva al termine il sabato e si era già entrati nel giorno del Signore, Ottava di Pasqua e Domenica della Divina Misericordia. Da quella sera e fino all’8 aprile, quando hanno avuto luogo le Esequie del defunto Pontefice, più di tre milioni di pellegrini sono confluiti a Roma per rendere omaggio alla salma del Papa, attendendo in fila anche fino a 24 ore per poter accedere alla Basilica di San Pietro. Il 28 aprile successivo, il Santo Padre Benedetto XVI ha concesso la dispensa dal tempo di cinque anni di attesa dopo la morte, per l’inizio della Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II. La Causa è stata aperta ufficialmente il 28 giugno 2005 dal Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale per la diocesi di Roma.vaticanvaessere oggetto di Dat (art. 3). (da www.vatican.va) - Sitografia http://www.agensir.it http://www.vatican.va 8