Le virtù teologali e cardinali di Perugino (Collegio del Cambio di Perugia – 1500) Allegoria della fede La rappresentata nell'affresco della Trasfigurazione nasce da una provocazione esterna: la voce di Dio “Questo è il mio Figlio, l’eletto”. La conferma viene pure dalla “mandorla” di luce e dai profeti dell’AT, Mosè ed Elia inginocchiati accanto a Gesù. Ha senso credere solo se c’è un contenuto: la realtà di colui in cui si crede. La fede induce alla risposta interna di abbandono, espressa nello sguardo dei tre apostoli rivolto verso Gesù e dalle parole: “Signore, è bello per noi essere qui”. Allegoria della speranza Anche la virtù della Speranza ha un contenuto. Non si spera "in generale", si spera nel Padre che ha promesso il suo Figlio. La promessa di Dio è il fondamento della speranza. Al centro, in alto, vediamo rappresentato Dio Padre, che tiene in mano la sfera dell'universo, circondato da angeli. In basso i messaggeri della promessa divina, a sinistra i Profeti (sapienza del VT) e a destra le Sibille (sapienza umana classica). Nei cartigli dei profeti ci sono citazioni che prefigurano la venuta del Salvatore: Isaia: "Ecco la vergine concepirà"; Mosè: "Nascerà una stella da Giacobbe"; Daniele: "Vedrò"; Davide: "La verità è sorta dalla terra“; Geremia, senza cartiglio, Salomone: "E' stato trafitto". Le Sibille invece hanno ricevuto in dono da Dio quei “semi del Verbo” che, misteriosamente, hanno prefigurato Gesù. Sibilla Eritrea: "Tutto facendo con il Verbo, con la Parola“; Sibilla Persica: "Sballottato dai flutti“; Sibilla Cumana: "Resurrezione dei morti“; Sibilla Libica: "Fiorirà“; Sibilla Tiburtina: "Simile a cinque pani”; Sibilla Delfica: "Giudicherà i morti". Allegoria della carità La virtù della Carità appare nell'affresco della Natività. L'amore è innanzitutto opera di Dio e solo di riflesso azione dell'uomo. “In questo sta l'amore, non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi” (1Gv 5, 10). Tutti sono inginocchiati dinanzi al bambino, con lo sguardo che discende su di lui. E' la discesa, l'incarnazione del Figlio, il suo abbassamento. Il bambino, rimandando il suo sguardo verso gli spettatori li esorta all’esercizio della carità chiedendo di chinarsi su ogni vita, su ogni storia umana con generosità. Allegoria della prudenza e della temperanza L'Allegoria della Prudenza è rappresentata da una figura che regge in mano lo specchio (attenzione da volgere non solo in avanti, ma anche a ciò che sta dietro) a cui è arrotolato un serpente (Gesù: “Siate semplici come le colombe e prudenti come i serpenti”). Il pannello a lato di ogni virtù recita in latino: “Che cosa procuri al genere umano, o dea? Orsù, dillo! Procuro che tu non compia cose di cui, compiute in fretta, ti possa dolere; insegno a ricercare la verità e le cause nascoste, né per mezzo mio nulla potrà essere fatto se non rettamente”.La Prudenza è vista non solo come circospezione e non frettolosità, ma soprattutto come ricerca della verità. I tre personaggi del mondo classico sono esempi: Socrate, al centro, interpretato a partire dalle parole di Cicerone, nel De officiis, "l'interiore ricerca e investigazione del vero”. Fabio Massimo, detto il Temporeggiatore, colui che, temporeggiando, salvò lo Stato. Numa Pompilio, colui che attese segni divini per accedere al trono e dalla religione imparò la prudenza e, con essa, la insegnò al popolo. L'allegoria della Giustizia ha in mano la bilancia e la spada. La bilancia è immagine del saper soppesare, la spada del saper discernere il bene dal male, con un taglio che penetra nel profondo e non si arresta alla superficie. Così si esprime la lettera agli Ebrei: " Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. (Eb 4, 12). Il pannello latino reca la scritta: “Se i giusti dei creassero tutti simili a questi tre (dipinti sotto), in tutto il mondo non esisterebbe più né delitto, né male. Quando io sono onorata i popoli fioriscono sia nella pace, sia durante la guerra, e senza di me ciò che fu grande cade in rovina”. I tre personaggi dell’antichità raffigurati sono: Pittaco di Mitilene al centro (fu insieme a Solone, uno dei sette Sapienti), sospettato di voler signoreg-giare la città, lasciò l'incarico. Furio Camillo nell'assedio di Falerii, rifiutò il tradimento di un maestro che gli offriva i suoi alunni come ostaggi. Traiano il miglior imperatore, secondo la tradizione umanistica e uomo di pace, punì con la morte un soldato per aver ucciso ingiustamente il figlio di una donna Dacia. Papa Gregorio intercedette per la sua anima e lo salvò, sebbene fosse pagano. L’allegoria della fortezza e della temperanza L'allegoria della Fortezza è rappresentata con scudo e mazza. Lo scudo è strumento di difesa che richiama la capacità di non abbattersi nel momento della prova, di resistere di fronte alla critica, all'insuccesso, di non scoraggiarsi nel bene. La mazza indica la capacità di colpire positivamente, avendo la forza di decidere con responsabilità. Il cartiglio recita in latino: “Come grandi prove che ogni cosa cede sconfitta e abbattuta dai miei muscoli, basterebbero questi tre uomini (qui dipinti). Io non temo nulla quando difendo la patria e i cari parenti; e la morte che atterrisce gli altri, mi giunge gradita”. La virtù è poi esemplificata al centro da: Lo spartano Leonida, combatté alle Termopili contro i persiani, con i suoi 300, resistendo a lungo e permettendo al resto dell'esercito di salvarsi. Lucio Sisinnio Dentato combatté ben 20 battaglie, secondo la tradizione, e non cedette né al furore della plebe, né alla potenza dei patrizi. Orazio Coclite difese il Ponte Sublicio in legno, solo, mentre gli altri lo tagliavano, per impedire agli etruschi di attraversarlo. L'allegoria della Temperanza miscela un liquido con due ampolle, quella del “troppo” e quella del “poco”. La vita virtuosa infatti è minacciata sia dall’eccesso di passione o d'ira, sia dalla mancanza di qualsiasi reazione fino all’indifferenza e all’indolenza. Il cartiglio dice: “Dimmi, o dea, qual è la tua prerogativa? Regolo i costumi e modero le passioni dell'animo e, quando voglio, rendo gli altri uomini simili a questi. Seguimi e ti insegnerò il modo di superare te stesso con la ragione. Per quanto tu valga, ci sarà una vittoria più grande?”. I personaggi paradigmatici sono: Pericle, descritto come incorruttibile, fece richiamare in città l’avversario Cimone, dopo averlo ostracizzato. Scipione l'Africano (235-183), secondo la tradizione, rifiutò di prendere come bottino di guerra in Spagna una giovane già promessa sposa diventando immagine dell'equilibrato rapporto con il potere; Cincinnato dopo essere calcato la scena politica, per ben due volte ritornò ai suoi campi come agricoltore.