ESPERIENZE IL TRATTAMENTO DEL DISTURBO DA GIOCO D’AZZARDO: UNA ESPERIENZA DI TERAPIA INTEGRATA AD ORIENTAMENTO COGNITIVO-COMPORTAMENTALE Onofrio Casciani, Dirigente Psicologo Resp. Progetto ASL RM E “Centro di Osservazione e Diagnosi delle Dipendenze Patologiche” Ornella De Luca, psicologa Progetto ASL RM E “Centro di Osservazione e Diagnosi delle Dipendenze Patologiche” ABSTRACT Il gioco eccessivo inteso come disturbo clinico è un’acquisizione recente, e ancora più recente è la collocazione di tale disturbo tra le dipendenze patologiche. Sebbene gli studi sui protocolli di trattamento siano scarsi, emerge tuttavia come modello di una certa efficacia la psicoterapia cognitivo-comportamentale. All’interno della ASL RM E è attivo da alcuni anni un Centro che tratta il Gioco d’Azzardo Patologico, la cui richiesta di trattamento è andata aumentando negli ultimi tempi. La ASL RM E ha sperimentato per circa due anni il trattamento individuale e di gruppo dei giocatori patologici basandosi sull’approccio cognitivo-comportamentale. Nonostante la carenza di risorse, i risultati sono stati incoraggianti ed hanno suggerito la messa a punto di un protocollo più ricco ed articolato che, traendo spunto dai lavori di N. M. Petry e A. Blaszcynski, prevede la psicoterapia di gruppo ed individuale integrata con la terapia farmacologica e con gli incontri con i familiari. Tale protocollo è funzionante da alcuni mesi e prevede la collaborazione con altri servizi. INTRODUZIONE L'organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive il concetto di dipendenza patologica o di sindrome della dipendenza come "quella condizione psichica e talvolta anche fisica derivante dall’interazione tra un organismo vivente e una sostanza tossica, e caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni, che comprendono sempre un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici e talvolta di evitare il malessere della sua privazione". Negli ultimi anni questa definizione è stata usata anche per indicare quelle forme di comportamento compulsivo che non implicano necessariamente il ricorso ad una sostanza, in quanto l’effetto gratificante e ricercato è il comportamento stesso. Pertanto nella pratica clinica è diventato sempre più usuale parlare di “dipendenze comportamentali”, per indicare la significativa sovrapposizione di tale comportamento a quello delle dipendenze da sostanza. Ma si trattava di una definizione impropria, in quanto nel frattempo il DSM IV, pur riconoscendo il Gioco d’Azzardo Patologico come un disturbo a tutti gli effetti, lo inseriva nella categoria “Disturbo del Controllo degli Impulsi non Altrimenti Specificato”. Il DSM IV TR descrive il Gioco d’Azzardo Patologico (GAP) come un "comportamento persistente, ricorrente e maladattivo di gioco che comprende gli aspetti della vita personale, familiare e lavorativa del soggetto". Nel 2013 il DSM V sancisce definitivamente l’assimilazione del GAP con le dipendenze patologiche e lo inserisce nella categoria “Disturbi da Dipendenza e Correlati all’Uso di Sostanze” nella sottocategoria “Disturbi non Correlati all’Uso di Sostanze”, e lo definisce precisamente non più “Gioco d’Azzardo Patologico” ma “Disturbo da Gioco d’Azzardo”. Tale classificazione secondo il DSM V è giustificata dalla evidenza che il Gioco d'Azzardo Patologico è in grado di attivare il “reward system” al pari delle droghe, generando sintomi del tutto sovrapponibili a quelli indotti dalle sostanze. Il DSM V definisce il GAP come “un persistente e ricorrente comportamento di gioco problematico che porta a serie complicazioni cliniche e a grave disagio”. IL TRATTAMENTO DEL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO E’ indubbio, dati alla mano, che il problema del GAP abbia raggiunto in Italia, così come in altri paesi, dimensioni da fenomeno sociale: la stima dei giocatori d'azzardo problematici varia dall'1,3% al 3,8% della popolazione generale, mentre la stima dei giocatori d'azzardo patologici varia dallo 0,5% al 2,2% (Ministero della Salute, 2012). Il GAP, al pari di ogni altra dipendenza, sembra essere la risultante di più fattori che si integrano tra di loro. Oltre alla vulnerabilità genetica, alle alterazioni dei sistemi neurobiologici della gratificazione (Potenza 2001), si evidenzia come tipica del giocatore patologico la difficoltà nel controllo degli impulsi (Goudriaan 2004), nonché le alterazioni delle funzioni cognitive (credenze e distorsioni cognitive in relazione alle reali possibilità di vincita). Come nelle altre forme di dipendenza, vanno considerate altre variabili: familiarità, ambiente sociale, offerta di occasioni di gioco. Un altro elemento di vulnerabilità è costituito probabilmente dal temperamento sensation seeking (Coventry e Brown, 1993), anch’esso strettamente associato alla tendenza a mettere in pratica comportamenti a rischio. Il GAP inoltre è spesso conseguente, determinato o associato a patologie psichiatriche e/o all’uso di sostanze: alti livelli di comorbilità con i disturbi dell’umore come la depressione maggiore (tra il 50 e il 75% dei casi, Becona et al, 1996), (76% dei casi, Grant e Potenza); il disturbo bipolare ( 72%, Grant e Potenza); Disturbo Antisociale di Personalità (tra il 15 e il 40%, Grant e Potenza, 2010); l’alcolismo (Lesieur et al., 1986); l’uso di altre sostanze (Lesieur, Blume, 1986, 1993). Diversi sono gli approcci alla cura del disturbo, e ovviamente questi variano in relazione al paradigma teorico di riferimento. In base alla letteratura scientifica al riguardo, si è ritenuto utile adottare il modello cognitivocomportamentale. Modello Cognitivo-Comportamentale Secondo i teorici cognitivi, l'errore fondamentale dei giocatori d'azzardo è una erronea percezione del concetto di casualità (Gaboury & Ladouceur , 1989) . Molti giocatori credono di poter controllare le loro vincite, o che gli esiti del gioco possano essere prevedibili. Essi sviluppano credenze distorte, come ad esempio l’idea che perdere molto aumenta le probabilità di vincite future. La distanza tra ciò che il giocatore crede e quello che realmente succede crea tuttavia una sorta di dissonanza cognitiva, uno stato di disagio che induce il soggetto ad elaborare strategie cognitive conseguenti a specifiche credenze nel tentativo inconsapevole di giustificare tale dissonanza e nella convinzione che aumenteranno le probabilità di vincita. Queste false credenze, in cui una persona si sente in grado di controllare gli eventi che in realtà sono determinati dal caso, sono responsabili in larga misura del mantenimento del comportamento di gioco patologico (Sylvan, Ladouceur, Boisvert, 1997). Queste distorsioni cognitive portano i giocatori ad una errata valutazione dei risultati del gioco, la cui conseguenza è il continuare a credere che nel tempo i risultati saranno infine in qualche modo pareggiati. La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) si propone come primo obiettivo quello di mettere in discussione tali credenze per modificare di conseguenza il comportamento del giocatore. L’impostazione della TCC quindi integra i principi e le tecniche della teoria cognitiva con quelle comportamentali: sviluppo delle abilità sociali e produzione di gratificazioni alternative. Il focus è comunque sul dato che i giocatori hanno convinzioni errate circa il controllo dei risultati di gioco. Uno dei protocolli più diffusi in questo senso (Bujold, Ladouceur, Sylvan, e Boisvert, 1994; Sylvan, Ladouceur, e Boisvert, 1997) è articolato nel seguente modo: ristrutturazione cognitiva, problem solving, sviluppo delle abilità sociali, prevenzione delle ricadute. La ristrutturazione cognitiva è finalizzata a mettere in discussione il sistema di credenze sviluppato dal giocatore d'azzardo e a correggere le distorsioni cognitive correlate. Ai pazienti viene spiegata la relazione esistente tra il comportamento di gioco d’azzardo e la scarsa capacità di problem solving e/o Decision Making (Cavedini, 2002), e che uno sviluppo nella capacità di fronteggiamento dei problemi rende meno probabile il ricorso automatico al gioco patologico. Con l’analisi funzionale il paziente può comprendere il percorso di cognizioni, emozioni, comportamenti al fine di poter meglio controllare le proprie decisioni, passando da decisioni di tipo automatico a decisioni maggiormente consapevoli; i pazienti vengono poi istruiti ad individuare i triggers esterni o interni che portano poi al comportamento problematico ed a prevenire in tal modo le ricadute. IL PROGRAMMA PROPOSTO DALLA ASL RM E Il Centro di Consulenza ed Orientamento per le Dipendenze Patologiche e Comportamentali della ASL RM E dalla fine del 2012, probabilmente in conseguenza del decreto Balduzzi, ha registrato un sensibile aumento delle richieste di trattamento da parte di persone con problemi di gioco patologico. Il Centro è sito all’interno del Poliambulatorio della ASL RM E in un piccolo borgo medioevale (Cesano), curiosamente territorio del comune di Roma, a 20 km circa dalla città. Dal 2009 ad aprile 2014 sono state aperte 56 cartelle, di cui 35 negli ultimi 15 mesi (Tab 1). Tab. 1 Caratteristiche dei soggetti che si sono rivolti al Centro GENERE OCCUPAZ COMORBILITA’ FASCE D’ETÀ TIPO GIOCO M 51 F 5 Occup Disocc Pens Stud Psichiatr. 18 Sostanze: 15 Tot. comorbil 33 >20 2 20-30 6 30-40 15 40-50 12 >50 21 Slot Machine Gratta e Vinci Scommesse Lotto+slot On Line Più giochi Slot+grat e vin 33 15 7 1 32 3 8 3 2 5 3 L’équipe è costituita da uno psicoterapeuta, una psicologa, un counselor delle Dipendenze ed un consulente psichiatra, ed è supportata, per la parte farmacologica, dal Ser.T. del XIX Distretto di S. Maria della Pietà. E’ stato predisposto un percorso di cura costituito da: colloqui di sostegno individuali, assessment e somministrazione test, gruppo di psicoterapia ad orientamento cognitivo-comportamentale con frequenza quindicinale, colloqui di sostegno ai familiari, eventuale terapia farmacologica. Sia negli incontri individuali che di gruppo il percorso prevede una iniziale messa a fuoco dei meccanismi di avvio e di mantenimento del disturbo da gioco d’azzardo, l’individuazione delle distorsioni cognitive. I partecipanti sono poi invitati ad individuare comportamenti e situazioni per loro potenzialmente gratificanti ma non disfunzionali, comunque in grado di sostituire il gioco, anche se parzialmente, nella sua funzione di automedicazione (ansiolitica, antidepressiva, ecc) o di presa di distanza dai problemi e dalle preoccupazioni o di generatore di emozioni (eccitazione, brivido, ecc). Il presente lavoro non è uno studio, ma solo una prima approssimativa valutazione del servizio offerto. A tale scopo abbiamo preso in considerazione una finestra temporale di circa 18 mesi, e solamente le persone che hanno effettuato il percorso di terapia di gruppo, anche se per periodi di tempo differenti. Il gruppo era costituito da 20 persone con livelli di gravità differenti e con caratteristiche riconducibili più o meno, in base all’osservazione e all’anamnesi, alle tre categorie di Blaszcynski. Ai partecipanti è stato somministrato il SOGS durante la fase di assessment. Al re-test sono risultati astinenti 10 pazienti su 20, mentre 2 giocano in modo controllato; dei rimanenti 8, 7 hanno interrotto, mentre 1 frequenta in modo irregolare e continua a giocare (Tab 2). Tab. 2 Esiti partecipanti psicoterapia di gruppo 50% 35% 10% 5% Totale: 20 Astinenti: 10 Gioco controllato: 2 Drop Out: 7 Gioco Continuativo: 1 Sulla base degli esiti di questa prima valutazione, che evidenzia risultati incoraggianti, si è deciso di mettere a punto un percorso simile al precedente nella sua struttura, ma più ricco ed articolato, e soprattutto evidence based, riferendosi per questo al modello di trattamento ad orientamento cognitivo-comportamentale di Nancy M. Petry (2005) e a quello di Blaszczynski e Nower (2002). L’ATTUALE PERCORSO DI CURA Il percorso di cura attuale continua ad articolarsi nelle classiche fasi dell’accoglienza e presa in carico, assessment, lavoro sulla motivazione, trattamento vero e proprio, ed after care. I pazienti o i loro familiari accedono al Centro volontariamente (locandine esposte presso i Medici di base, portale della ASL RM E, etc.) oppure su invio di altri servizi (Ser.T., CSM, Medici di base, Cliniche, ecc). Il primo incontro con il paziente viene dedicato ad accogliere la richiesta d’aiuto, ad una preliminare e sintetica raccolta dati, e soprattutto a gettare le basi per una eventuale relazione terapeutica. Nel nuovo protocollo, attualmente in fase iniziale, per l’assessment sono necessari almeno cinque colloqui individuali, ai quali vanno aggiunti almeno altri due colloqui per la diagnosi psichiatrica. Per individuare i livelli di gravità si fa riferimento ai criteri Diagnostici del DSM 5: “A- persistente e ricorrente comportamento problematico di gioco d’azzardo che comporta difficoltà o disagio clinicamente significativi, come indicato da un soggetto che, nell’arco di un periodo di 12 mesi, presenta quattro o più tra i seguenti: 1. ha bisogno di giocare d’azzardo con quantità crescenti di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata 2. è irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo 3. ha ripetutamente tentato senza successo di controllare, ridurre, o interrompere il gioco d’azzardo 4. è eccessivamente assorbito dal gioco d’azzardo (per es., ha persistenti pensieri di rievocare esperienze passate di gioco d’azzardo, di soppesare o programmare l’azzardo successivo, di pensare ai modi per procurarsi denaro con cui giocare) 5. spesso gioca d’azzardo quando si sente a disagio (per es., indifeso, colpevole, ansioso, depresso) 6. dopo aver perso al gioco, spesso torna un altro giorno per rifarsi (rincorre le perdite) 7. mente per occultare l’entità del proprio coinvolgimento nel gioco d’azzardo 8. ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro, oppure opportunità scolastiche o di carriera per il gioco d’azzardo 9. fa affidamento su altri per reperire il denaro per alleviare una situazione finanziaria disperata causata. B- il comportamento di gioco d’azzardo non è meglio attribuibile ad un episodio maniacale. I livelli di gravità sono tre: Lieve (presenza di 4 o 5 criteri), Moderata (presenza di 6 o 7 criteri), Grave (presenza di 8 o 9 criteri). I Test somministrati sono i seguenti: 1. SOGS (South Oaks, Gambling Screening). E’ il più diffuso tra gli strumenti specifici per il GAP, messo a punto da Lesieur e Blume (1987), molto utile per la sua semplicità nell’individuare la presenza o meno di un disturbo di gioco patologico. 2. LIE/BET. E’ un questionario semplice e breve e si basa sulla evidenza che i due criteri indagati, rincorsa delle perdite e perdita di controllo, sono quasi sempre presenti in un soggetto con problemi di GAP. Una risposta affermativa ad una sola delle due domande è sufficiente per affermare che il soggetto si trova in una situazione di pericolo in relazione al GAP. 3. Craving Scale. E’ una descrizione/autovalutazione del craving nelle dimensioni dell’intensità e della frequenza, secondo una scala che va da “mancanza di desiderio/desiderio irresisitibile” per quanto riguarda l’intensità del craving, da “mai/tutto il giorno” per quanto riguarda la frequenza. 4. MMPI – II (Minnesota Multiphasic Personality Inventory), uno dei più noti test di personalità. 5. Temperamental and Character Inventory (TCI) per la individuazione dei tratti temperamentali e di Carattere. 6. Balloon Analogue Risk Task (BART) per valutare i comportamenti a rischio e l’impulsività, bilanciando concettualmente il potenziale di ricompensa rispetto alla perdita. In genere quando un paziente si presenta spontaneamente esiste senza dubbio un problema di GAP. Quando a proporre il consulto è un familiare si riscontra invece frequentemente la tendenza a minimizzare il problema da parte del paziente, indice presumibilmente di una scarsa consapevolezza. In questo caso se il paziente accetta il trattamento si procede secondo l’approccio motivazionale (Miller e Rollnick). Il trattamento In considerazione della natura multideterminata del GAP (Serpelloni, 2012; Blaszczynski, 2002) si è ritenuto opportuno affrontare il trattamento di questa patologia intervenendo, laddove possibile, sui principali livelli coinvolti nel suo sviluppo e mantenimento: quello neurobiologico, intervenendo con farmaci che possano incidere sulla eventuale psicopatologia correlata, sull’impulsività o su disturbi emotivi conseguenti al Gioco d'Azzardo Patologico (ansia, depressione, ecc) quello psicologico, intervenendo sul focus costituito in particolare dalle distorsioni cognitive e dagli schemi di base responsabili in buona misura del comportamento, nonché sullo sviluppo di abilità sociali e risorse personali quello familiare, con l’obiettivo di ottenere la collaborazione di almeno un familiare sia in termini pratici-operativi (ad es:la gestione del denaro del paziente), sia in termini di condivisione degli obiettivi del percorso e l’implementazione di fattori protettivi (tutoraggio economico). In base alla recente letteratura scientifica, la terapia cognitivo-comportamentale combinata con quella farmacologica, dove necessario, e con interventi sulla famiglia, sembra essere la più efficace nel determinare risultati a medio lungo termine (Echeburua, Baez & Fernandez- Montalvo, 1996; Ladouceur et al., 2001; Petry, et al., 2006; Sylvain, Ladouceur, & Boisvert,1997). Il trattamento proposto pertanto si caratterizza secondo questo orientamento, ispirandosi, per quanto riguarda la terapia cognitivo comportamentale, sia al modello esplicativo proposto da Blaszczynski e Nower (2002) che a quello trattamentale di Nancy M. Petry (2005). Il modello di Blaszczynski e Nower integra in uno schema teorico generale i fattori biologici, di personalità, cognitivi, della teoria dell’apprendimento e ambientali. Gli autori individuano tre sottogruppi di giocatori d’azzardo patologici: i soggetti vulnerabili emotivamente, gli impulsivi e i condizionati a livello comportamentale. Per ognuno di questi sottogruppi il ricorso al gioco assume significati differenti: nel primo gruppo, caratterizzato da fattori di vulnerabilità come la propensione al rischio, l’intolleranza alla noia, l’ansia, la depressione e talvolta l’uso di sostanze, il gioco svolge la funzione di modulatore degli stati affettivi o di integratore del consumo di sostanze o di situazioni di dipendenza; il secondo gruppo, costituito da soggetti con tratti di impulsività, depressione, deficit dell’attenzione, dipendenza, tratti antisociali, utilizza il gioco come modo elettivo per distaccarsi dalla realtà, per alterare il tono dell’umore e restringere il campo dell’attenzione; per il terzo gruppo il gioco è una modalità di compensazione delle frustrazioni o un modulatore degli stati affettivi disforici legati ad avvenimenti recenti e significativi per il soggetto. Anche se il livello di difficoltà, il decorso e la prognosi di queste tipologie sono differenti, è comune a tutti i sottogruppi la presenza di distorsioni cognitive e di credenze erronee, pur variandone l’importanza e la consistenza nel rapporto con le altre variabili. Comune è anche il meccanismo di origine, ossia il condizionamento classico (associazione stimolo-risposta), mentre il condizionamento operante attraverso il rinforzo positivo (vincita, eccitazione nell’attesa del risultato) e negativo (distacco dalle preoccupazioni, fuga dalla realtà, sollievo dalla depressione e dalla noia) ne consolida il mantenimento. Il modello di trattamento di Nancy M. Petry si articola in otto sessioni. I temi trattati nelle varie sessioni sono: l’individuazione dei triggers, l’analisi funzionale per la gestione dei triggers, la individuazione e la pianificazione delle attività alternative, il fronteggiamento del craving, il training di assertività, lo sviluppo della capacità di sostenere la decisione di non giocare, la prevenzione delle ricadute. Il percorso offerto dal Centro della ASL RM E si ispira, in quanto a contenuti, alle sessioni di Petry, ma tiene conto, soprattutto in fase di assessment, del modello esplicativo di Blaszczynski e Nower nel considerare le differenze tra le varie tipologie poiché l’individuazione del sottogruppo di appartenenza consente di puntare ad obiettivi realistici, che tengano conto cioè delle suddette variabili. Si considera altresì importante tale distinzione anche in fase di outcome quando si riscontrano le difficoltà di alcuni pazienti nel raggiungere un completo controllo del comportamento. In sintesi il programma offerto si basa sui seguenti assunti: a. Il comportamento di gioco patologico si avvia mediante il meccanismo del condizionamento classico: il soggetto associa il gioco ad una serie di stimoli sia esterni (persone, situazioni) che interni (depressione, solitudine, ecc), quando tali stimoli si ripresentano la persona ritorna a giocare. b. Il ripetersi del comportamento di gioco è indotto anche dal meccanismo del condizionamento operante: vi è rinforzo positivo quando il giocatore vince ad intermittenza (gratificazione dovuta alla vincita e gratificazione dovuta all’arousal in attesa della presunta vincita), rinforzo negativo quando lo sgradevole stato emotivo che precede il gioco (noia, tristezza, depressione, preoccupazione, ansia) viene attenuato dal comportamento di gioco che coinvolge totalmente il soggetto. c. In alcuni casi gioca un ruolo significativo anche il modeling, per esempio nelle famiglie di giocatori: il comportamento di gioco può rappresentare la risposta elettiva (appresa per imitazione) al bisogno di svago, divertimento, distacco dalle preoccupazioni. d. Importanza dei fattori ambientali, come ad esempio la disponibilità o l’insistente offerta di occasioni di gioco (zone ricche di sale giochi, casinò, sale bingo, tabaccherie, bar ecc). e. Vulnerabilità neurobiologica (alterazione del reward system, deficit del controllo degli impulsi, intolleranza alla frustrazione, temperamento sensation seekeng, scarse capacità di coping, di problem solving, di decision making, ecc). f. Vulnerabilità cognitiva: presenza di distorsioni cognitive e idee irrazionali disfunzionali legate al gioco, alle probabilità di vincita, al concetto di caso, di abilità, ecc, che giustificano sia la reiterazione del gioco nonostante le perdite, sia la rincorsa delle perdite stesse. I triggers causano un’attivazione del sistema nervoso autonomo (SNA) con conseguente attivazione dei pensieri irrazionali legati al gioco e a cui sono sottese le idee irrazionali disfunzionali. Questi pensieri a loro volta contribuiscono all’attivazione del craving, il cui esito è il comportamento, reiterato, di gioco patologico. Allo stesso tempo, il deficit del controllo dell’impulsività, unitamente ad una scarsa attività di coping e di problem solving, l'intolleranza alla frustrazione e l' elevata difficoltà nel rielaborare le proprie convinzioni, determinano il comportamento patologico. Con il programma proposto ci si propone pertanto di agire sulle dimensioni sopradescritte. Il percorso si articola in incontri di un’ora e trenta ciascuno, a frequenza bisettimanale, e si divide in cinque parti: a) Psicoeducazione Consiste sostanzialmente nel fornire ai pazienti quelle informazioni di base che possono aiutarli a conoscere meglio il loro disturbo. Fra tanti, il primo obiettivo da acquisire è proprio il concetto di disturbo in alternativa a quello più consueto ma caratterizzato in senso moralistico di “vizio”. Ciò può consentire di sollevare i pazienti dal senso di colpa, soprattutto nei confronti dei familiari. b) Individuazione dei pensieri automatici e delle distorsioni cognitive Mediante l’analisi funzionale si tenta di portare al livello di consapevolezza il processo cognitivo che determina la scelta di giocare nonostante precedenti decisioni di segno opposto. I partecipanti si esercitano ad individuare la relazione esistente tra gli stati d’animo e le distorsioni cognitive e il conseguente comportamento, spesso una decisione considerata irrilevante e ininfluente. Tra le distorsioni più comuni troviamo: Fallacia del giocatore: quando un evento generato dal caso devia dalla media, l’evento opposto viene giudicato più probabile (“se per 4 volte è uscito il nero, allora uscirà il rosso”) Sovrastima: eccessiva fiducia nelle proprie capacità (es. pensare di avere spiccate capacità nell’indovinare i numeri o nel capire i meccanismi sottesi al gioco) Tendenze nei numeri: tendenza ad immaginare “leggi” molto singolari riguardo alle distribuzioni casuali (i numeri “ritardatari” hanno più probabilità di essere estratti) Correlazioni illusorie: considerare interdipendenti due eventi che si presentano in concomitanza anche se appartenenti a differenti situazioni (comprare un gratta e vinci fortunato e continuare a recarsi sempre nello stesso bar per acquistarne altri) Vincite altrui: distorsione della stima delle probabilità di vincita sulla base della conoscenza di vincite realizzate dagli altri, fino a convincersi che “vincere” sia un evento che capita regolarmente e che “per vincere basta continuare a giocare” Pregiudizi inerenti la memoria: ci si ricorda più delle esperienze positive di gioco più che di quelle negative, autorizzandosi in tal modo a mantenere il comportamento. Successivamente, mediante l’analisi funzionale, ci si dedica al lavoro di messa in discussione dei pensieri automatici individuati, delle credenze irrazionali intermedie e di base, per poter poi individuare, attraverso l’esercizio, percorsi cognitivi alternativi, cioè maggiormente fondati su elementi di realtà, che permettano al paziente di controllare il comportamento mediante l’acquisita abilità a prendere decisioni maggiormente consapevoli. c) Social Skills Training Il giocatore patologico spesso giunge, prima di chiedere il trattamento, ad una situazione di isolamento sociale e talvolta anche familiare, con una atrofizzazione di alcune delle più essenziali funzioni sociali. Questa fase è rivolta alla riscoperta di risorse personali, nonché interessi, progetti, che possano coinvolgere il paziente nella produzione di esperienze gratificanti alternative al gioco. d) Prevenzione delle ricadute Infine, vengono sviluppate tecniche di fronteggiamento del craving mediante l’individuazione dei triggers correlati al comportamento di gioco. I partecipanti si esercitano ad individuare i propri triggers interni (ansia, depressione, noia, preoccupazioni, inquietudine, irritabilità) ed esterni (luoghi come sale giochi, bar e tabaccai, luci, suoni e colori dei locali e/o delle slot machines, azioni di routine legate al gioco, incontri con amici giocatori, ecc). La consapevolezza delle varie tappe del percorso cognitivo avviato dai vari triggers che lo costellano può offrire potenzialmente diverse possibilità di scelta adattiva consapevole, dare la percezione di autoefficacia (che costituisce un potente rinforzo al comportamento di fronteggiamento) e prevenire in tal modo la ricaduta. e) After care A conclusione del percorso ambulatoriale si consiglia la partecipazione ai gruppi di Giocatori Anonimi, o di continuarla se era già stata precedentemente avviata. Inoltre si sta sperimentando con il gruppo dei partecipanti l'uso dell'applicazione su Smartphone “Whatsapp” per un supporto reciproco soprattutto nei momenti critici (stati emotivi negativi, craving, ecc). Tab 3 Percorso di terapia cognitivo-comportamentale per pazienti con disturbo da gioco d’azzardo After Care Psicoeducazione + Incontri con i familiari Individuazione distorsioni cognitive Relapse Prevention Terapia cognitivo-comportamentale Social Skills Training Messa in discussione distorsioni cognitive Ristrutturazione cognitiva Credenze erronee Metodologie e strumenti utilizzati In un’ottica di intervento integrato, gli strumenti usati per la maggior parte dei pazienti sono essenzialmente cinque, non sempre applicabili congiuntamente: 1. Psicoterapia individuale ad orientamento cognitivo comportamentale Gli incontri individuali, sin dalla fase di assessment, sono molto importanti perché consentono l’instaurarsi di una relazione fiduciaria con il terapeuta e con il servizio. E’ importante che il paziente avverta l’esistenza di una seria presa in carico del proprio problema. Nell’ambito di questa relazione fiduciaria è possibile inoltre proporre al paziente, dopo qualche tempo, l’inserimento nel gruppo di psicoterapia. Gli incontri di psicoterapia individuale sono utilizzati principalmente per affrontare più direttamente i nodi problematici, in particolare quelli riconducibili agli schemi cognitivi di base, i core beliefs, che emergono dalla storia di vita del paziente e che sono riconducibili alle esperienze precoci. 2. Psicoterapia di gruppo ad orientamento cognitivo-comportamentale: Il gruppo può facilitare la comunicazione delle proprie difficoltà a persone che si ritiene possano comprendersi perché portatori del medesimo problema (Echeburua 1988); costituisce un vero e proprio supporto sociale e spesso anche uno stimolo a mantenere gli impegni in direzione dell’astinenza dal gioco. Inoltre facilita la ristrutturazione cognitiva perché, potendo osservare la descrizione delle distorsioni cognitive negli altri, ne consente un più facile riconoscimento anche in se stessi e ne facilita l’apprendimento come modalità alternativa. Il clima del gruppo costituisce un rinforzo positivo perché incoraggia l’astinenza, produce conforto e sostegno; costituisce anche un rinforzo negativo perché allevia il disagio, riduce lo stress, l’ansia, il senso di solitudine. 3. Incontri con i familiari; Ai familiari si fa una psicoeducazione, si spiega in cosa consiste il Gioco d’Azzardo Patologico e si chiede una collaborazione attiva che può consistere, ad esempio, previo consenso del paziente, in una sorta di temporaneo “tutoraggio economico” per il controllo delle spese e del flusso del denaro. 4. Terapia farmacologica Talvolta si rende necessaria per ridurre gli effetti devastanti del gioco d’azzardo sulla vita del paziente, e consente, una volta stabilizzato, il percorso di psicoterapia. Colloqui di sostegno Sono dedicati a quelle persone per le quali non è possibile un percorso strutturato (es. frequenza discontinua, bassa compliance). A costoro vengono offerti colloqui di sostegno, con l’intento di sviluppare una maggiore motivazione al trattamento (Miller e Rollnik) La rete dei servizi Data l’elevata percentuale di comorbilità con disturbi psichiatrici (18 su 55 cioè il 37,2%) o con l’uso di sostanze (15 su 55, cioè il 27,2%) riscontrata nel periodo preso in esame, è imprescindibile la collaborazione con gli altri servizi, primi fra tutti i CSM del territorio ma anche i Ser.T., le Cliniche, le Comunità Terapeutiche, i Tribunali, le Associazioni in difesa dei consumatori, i gruppi di auto-mutuo aiuto, come i Giocatori Anonimi. CONCLUSIONI L’intento della strutturazione del percorso di cura per giocatori d’azzardo sopradescritto è quello di sperimentare per un periodo di tempo di circa 24 mesi l’efficacia della psicoterapia cognitivocomportamentale di gruppo integrata con quella individuale e con gli incontri con i familiari. Nella definizione di tale percorso abbiamo cercato di basarci, per quanto possibile, sulle prove di efficacia di tale approccio sin qui prodotte, consapevoli che, se dal punto di vista etiologico si sono fatti molti progressi, per quanto riguarda il trattamento di questa patologia, ci si trova ancora in una fase pioneristica densa di incertezze. Oltre le ricerche e gli studi in tal senso, perciò ci sembra utile la sperimentazione di tali approcci nella pratica clinica, visti i successi ottenuti dalla terapia cognitivo-comportamentale anche in altre aree come i disturbi del comportamento alimentare e le varie dipendenze patologiche. Bibliografia disponibile su richiesta 1. 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