Alfred Baeumler, Estetica e annotazioni sulla teoria dell’arte, tr. it. a cura di Giancarlo Lacchin, con premessa di Giampiero Moretti, Unicopli, Milano 2009. Prevalentemente conosciuto come interprete del pensiero di Friedrich Nietzsche, Alfred Baeumler fu prima di tutto un inteso studioso di storia dell’estetica fra il diciottesimo e il ventesimo secolo sulla quale ci rimangono capolavori ancor’oggi insostituibili come Das Irrationalitätsproblem in der Ästhetik und Logik des 18. Jahrhunderts bis zur Kritik der Urteilskraft del 1923, rielaborazione della sua dissertazione del 1912, e Hegels Ästhetik. Unter einheitlichen Gesichtpunkten ausgewählt del 1922. Il plesso problematico principale di Baeumler in questi scritti è quello dell’irrazionalità che si configura nella particolare modalità d’accesso che ha l’essere umano nella comprensione del fatto “concreto” e “individuale”: l’“irrazionale” è ciò che non può essere ricondotto al concetto o all’universale. Da questa particolare prospettiva, per Baeumler, Kant assume ruolo decisivo nella storia della filosofia proprio nel tentativo di fornire gli strumenti euristici ed esplicativi per la comprensione della realtà, al di là di quelli forniti dalla scienza e che conducono ad una conoscenza epistemica: «l’anello di congiunzione storico fra razionalismo (o irrazionalismo) del XVIII secolo e la filosofia irrazionalistica della vita del XIX secolo è rappresentato dalla filosofia di Kant, considerata dal punto di vista dell’“estetica”». Solo l’estetica kantiana della Kritik der Urteilskraft, infatti, poteva dare ragione dell’unicità dell’esperienza del singolo individuo, che nella Kritik der reinen Vernunft veniva a svanire a favore di leggi trascendentali e universali che venivano ad omogeneizzare ogni tipo di conoscenza e la determinavano come scienza, quasi che l’essere umano non potesse che esperire scientificamente. L’estetica rappresenta così per Baeumler quella scienza capace di cogliere l’estrema individualità nella storia e il diciottesimo secolo diviene «la culla del senso storico, dal momento che è la patria dell’estetica». È attraverso queste linee interpretative che Baeumler si accostò fra il 1920 e il 1922 al pensiero di Hegel, il quale «portava a compimento l’epoca dell’estetica inaugurata con Leibniz». In Hegel, infatti, Baeumler vedeva il filosofo della conciliazione dello spirituale con l’individuale. L’adesione all’hegelismo durò per lo meno fino al 1922, quando per sua stessa ammissione la sua «superba fregata metafisica era naufragata sulle scogliere dell’“esistenza” kierkegaardiana». È dalle riflessioni kierkegaardiane che Baeumler a partire dalla seconda metà degli anni Trenta si concentrerà sullo studio del pensiero nietzscheano. Fra gli studi sull’estetica del diciottesimo secolo e quelli su Nietzsche, Baeumler si impegna a scrivere una storia dell’estetica dai filosofi greci sino ai contemporanei per l’Handbuch der Philosophie, un opera in più volumi che vedeva fra i suoi collaboratori filosofi del calibro di Friedrich Brunstad, Julius Stenzel e Hermann Weyl. L’Ästhetik pianificata da Baeumler e che Giancarlo Lacchin ha avuto il merito di tradurre e curare, purtroppo non è stata completata per i ben noti e già discussi impegni con il partito nazionalsocialista che però non devono offuscare l’importanza di questo scritto. Della preannunciata estetica di Baeumler rimangono solo le parti dedicate alla filosofia antica i cui echi hegeliani sono ancora assai ben evidenti per la posizione centrale che ricopre la figura di Proclo. Nonostante ciò Baeumler nell’epilogo offre un interessantissimo abregée di ciò che avrebbe dovuto l’opera se fosse stata portata a compimento. Indiscutibilmente i pensatori decisivi per la genesi dell’estetica come disciplina autonoma per Baeumler sono stati Shaftesbury e Leibniz. Da una parte Shaftesbury riprendeva il platonismo secondo cui «ciò che rende bello, non è ciò che è fatto bello, ma è ciò che è realmente bello», dall’altra Leibniz favoriva la trattazione soggettivopsicologica dell’estetica attraverso il concetto di monade come vis rapraesentativa. In questo contesto nasce secondo Baeumler la fondamentale concezione kantiana del genio come talento che dà la regola all’arte. Ancor più interessante della stessa Ästhetik di Baeumler sono per le annotazioni manoscritte di estetica riportate per la prima volta in assoluto da Lacchin. Esse si incentrano sul problema del rapporto fra storia, arte e cultura in una visione filosofia più generale che dimostra il radicamento di Baeumler nella Kulturphilosophie di fine Ottocento. È palese l’interesse baeumleriano per lo storicismo ed in particolare per le tesi sostenute da Wilhelm Dilthey in Erlebnis und Dichtung, rilette però alla luce di un neohegelismo pessimistico secondo il quale lo spirito non è più capace di manifestarsi direttamente nella storia. Solo l’arte nella sua manifestazione attraverso la forma sembra essere l’ancora di salvezza dello spirito. Solo la forma è infatti capace ad un tempo di universalità e di particolarità ed è in relazione a questi due opposti che emerge la vita. Solo nel nesso fra universale e particolare, fra espressione e interiorità, è possibile la nascita dell’arte. Da ciò segue la critica baeumleriana allo schema irrigidito fra impressione ed espressione di Schleiermacher e Dilthey a favore della tensione fra i due poli opposti. Ecco che quindi Baeumler quasi dialetticamente propone di andare al di là delle distinzione fra natura-uomo, oggetto-soggetto, impressione-espressione, e di considerare l’arte a partire dalla vita, cioè dal 1 suo vero e proprio processo formativo, tanto che l’uomo diviene ad essere l’essere formativo (homo formans, opifex) per eccellenza. Nella sua attività formatrice l’uomo secondo Baeumler lascia alle spalle la vita, pur partendo da essa, restituendo un’opera d’arte definita dalla sua specifica forma. La forma è così di per sé sempre e comunque contrapposta alla vita mutevole sebbene sia una sua necessaria manifestazione. Le annotazioni di Baeumler confermano la sua posizione originale nel tentativo di conciliare l’approccio universalistico hegeliano con l’individualità irrazionale della vita. Le annotazioni sulla teoria dell’arte di Baeumler, così come la sua Ästhetik, permettono di ricontestualizzare il problema della connessione fra estetica, ermeneutica e filosofia della storia che è stato centrale per la genesi delle Geisteswissenschaften e che troverà una sintesi definitiva, sebbene parziale, solo in Wahrheit und Methode di Hans-Georg Gadamer. Marco Sgarbi, Università di Verona 2