Come nasce un costume
Dal segno alla scena
Il lavoro di ogni costumista è articolato secondo un preciso piano che
ogni artista elabora in base all’esperienza e alla formazione.
Perciò non ci sono dei canoni prestabiliti, ma piuttosto l’attività si
presenta come una risposta a precise esigenze che provengono dallo
spettacolo che si deve realizzare e che costituiscono questo mestiere.
La spinta creativa non può dirsi conclusa con la presentazione dei
figurini, infatti, ogni costume viene seguito fin dal suo nascere dentro la
sartoria e successivamente fino al debutto sulle scene e con particolare
cura in ogni passaggio affinché possa essere un interprete fedele del
progetto originario e del suo ideatore.
A livello generale, per affrontare un discorso sul metodo, in modo tale da
comprendere meglio i vari passaggi, possiamo individuare due fasi nel
lavoro che porta dal “segno alla scena”: la prima fase a carattere
preminentemente progettuale, di studio e ricerca delle forme e dei colori,
che si concretizza con il figurino (il progetto), la seconda che riguarda i
problemi della realizzazione del costume, in cui si affrontano i problemi
tecnici connessi.
Questa distinzione ha uno scopo puramente illustrativo in quanto nella
realtà il processo creativo è articolato ma non distinto. Tuttavia è bene
ricordare come il figurino sia l’espressione diretta della creatività, mentre
il costume quella più mediata.
Per Anna Anni il figurino è un suggerimento grafico attraverso il quale
può esprimere la creatività, elaborare un progetto e presentare la propria
idea come fossero degli appunti. Un’elaborazione che contraddistingue e
caratterizza il lavoro della costumista che deriva dalla sua formazione
artistica e rappresenta una pratica corrente per chi fa questo lavoro ma
non è di tutti. Il figurino è, prima di tutto, uno strumento di lavoro anche
se indubbiamente mostra qualità artistiche.
Lo studio grafico avviene solo dopo aver raccolto indicazioni,
suggerimenti e documentazione che rappresentano la fase di studio e
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sono perciò un elemento fondamentale in quanto costituiscono uno
stimolo creativo irrinunciabile. Rapidi schizzi dettati dall’urgenza di
fermare sulla carta le idee, danno vita alle linee generali degli abiti il cui
disegno si definirà e completerà successivamente. Sono sintetici, per certi
aspetti potrebbero apparirci incompleti, ma già estremamente suggestivi e
significanti.
Accanto alle indicazioni fornite dalla regia e dalla scenografia (due
competenze che possono essere riunite nella stessa persona), la ricerca
documentaria rappresenta una fase importante nel lavoro della
costumista. Anna Anni utilizza le fonti, soprattutto quelle storiche in
maniera mai banale né pedissequa, ma sono piuttosto motivo
d’ispirazione vitale, in quanto le forniscono lo spunto per un’invenzione
originale pur mantenendosi fedele ai canoni storici e aderente alla
vicenda narrata.
Una rielaborazione ed uno studio condotto sempre graficamente
attraverso numerosissimi schizzi, che si avvalgono generalmente di
mezzi e di supporti semplici (lapis, penna a china o anche pennarello su
carta da appunti o fotocopie), affrontati con un segno deciso e chiaro teso
di volta in volta ad affrontare temi e problemi di questa prima fase
creativa.
Da subito è possibile distinguere i vari ruoli grazie ad una prima
caratterizzazione drammatica che l’artista dà ai suoi figurini. I costumi
per i protagonisti come quelli per le comparse, per i coristi e per i
personaggi minori, pur nella differenza di stile e funzione, sono curati fin
nei dettagli (particolari che nella rappresentazione possono perfino
sfuggire). Sono pensati in relazione ad un insieme in modo tale che
nessun elemento possa prevalere o peggio stonare nel contesto,
sfuggendo al controllo e soprattutto alla volontà che ha presieduto il
progetto.
Per questo motivo, quando sono stati individuati tutti i caratteri, la
costumista elabora delle tavole riassuntive dove posiziona tutti i costumi
uno accanto all’altro rappresentati in modo analitico anche se in scala
ridotta. In tale modo può controllare le forme, le lunghezze dei vari abiti
e la tavolozza che li contraddistingue, tanto da poter apportare quelle
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modifiche necessarie per una buona armonia dell’insieme ed avere in un
colpo d’occhio presente tutto il gruppo.
Anna Anni preferisce affrontare prima graficamente lo studio dei costumi
ed in un secondo momento i problemi concernenti il colore, ma non
sempre è così, a volte la tecnica prescelta per realizzare il figurino
fornisce già una prima indicazione cromatica. Per esempio attraverso
l’ombreggiatura, la sfumatura del lapis oppure l’uso di matite con tono
differente.
Questo problema viene approfondito da Anna Anni anche in apposite
tavole colore, soprattutto se il costume lo richiede. Dopo aver realizzato
il figurino prepara un certo numero di copie con lo stesso modello allo
scopo di poter effettuare numerose prove di colore che poi verranno
confrontate fra di loro e con il contesto fino a trovare la tonalità migliore.
Lo studio condotto su questo elemento è importantissimo; infatti è grazie
al colore che l’abito si confronta con la scenografia e può indirizzare la
scelta dell’illuminazione. Il colore e la forma sono elementi strutturali del
costume teatrale, ne costituiscono la presenza scenica.
Le tavole riassuntive come quelle per il colore possono essere considerati
dei veri e propri disegni tecnici che seguono o accompagnano il figurino
nel suo iter per la realizzazione che nel confronto risulta essere più
un’espressione artistica e poetica.
Nel corso degli anni, potendo
avvalersi di nuovi strumenti, come le fotocopie, questa parte di lavoro si
è agevolato divenendo più spedita e nel contempo offrendo interessanti
possibilità creative per la maggiore facilità di combinazioni che si creano.
L’introduzione delle fotocopie e quindi del collage non rendono questi
elaborati meno affascinanti, ma al contrario ci riportano una pratica del
mestiere che denota una sicurezza nei mezzi espressivi ed un rapporto
con la propria creazione di non sudditanza.
Più del figurino gli schizzi, i bozzetti, gli studi dei particolari, del colore
sono strumenti di lavoro, di ricerca, sono importanti perché espressione
unica del processo creativo del costumista. Perciò vanno visti nel
contesto ed apprezzati come una sorta di appunti; degli studi che
trasferiscono su un supporto spesso indifferenziato condotto con mezzi
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semplici, un’idea, un mondo in fermento, un modo di focalizzare un
preciso problema o un elemento del costume.
Fra le tavole tecniche meritano un posto a sé quei disegni che
approfondiscono lo studio dei particolari del costume, come le teste
(corredate delle acconciature e dei copricapo) ognuna ben caratterizzata e
coerente con l’insieme.
Insieme o successivamente all’elaborazione dei figurini la costumista
prepara numerose tavole in cui il dato “tecnico” prevale, finalizzato ad
affrontare concretamente i problemi della realizzazione: accanto al
disegno inserisce una serie di informazioni necessarie di varia natura.
Le annotazioni contraddistinguono l’oggetto figurino mostrandoci ancora
una volta il suo carattere strumentale, ci aiutano ad entrare nel processo
creativo e di elaborazione di ogni costume. Per Anna Anni sono un modo
per puntualizzare quello che il segno non riesce ad esprime
compiutamente ed offrono l’opportunità di apprezzare ancora meglio la
sua personalità, così attenta e meticolosa verso ogni aspetto del proprio
lavoro e le sue competenze specifiche ben oltre la semplice conoscenza
storico-culturale. Questo genere di tavole possono essere disegnate
oppure possono essere realizzate come dei collage.
Il disegno tecnico, quello che nel gergo può essere chiamato “disegno per
la sartoria”, è un figurino scarno, condotto quasi esclusivamente
avvalendosi del mezzo grafico, perciò molto chiaro e schematico, a volte
l’abito viene ricondotto entro linee geometriche per rendere più
comprensibile ogni elemento che lo compone.
La tavola è corredata da una gran quantità di scritture che completano le
informazioni immediatamente reperibili dal disegno. Si tratta di
annotazioni, a volte frettolose, scarne ed estremamente sintetiche che
documentano il procedere creativo. Sono interessanti perché ci
introducono alla conoscenza di un gergo e di un mondo proprio del teatro
e delle sartorie specializzate con termini storici, ma anche di maniera.
Le informazioni che ci riportano riguardano il personaggio, eventuali
variazioni di colore e di indumento, informazioni sui tessuti e sullo
spettacolo. Non meno interessanti sono anche quelle annotazioni scritte
da altre figure (regista, addetti alla sartoria) che documentano così la loro
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presenza nel processo creativo del costume, facendoci comprendere come
ogni creazione nasca da una collaborazione. Il figurino rappresenta
perciò anche un fertile terreno di discussione fra le varie personalità dello
spettacolo.
Attraverso queste tavole la costumista elabora il passaggio dal progetto
alla sartoria. La loro leggibilità è fondamentale per permettere ad ogni
addetto di entrare in possesso di tutti quegli elementi necessari alla
realizzazione del costume; è così possibile individuare immediatamente i
problemi che caratterizzeranno questa fase.
La scelta dei materiali, attraverso la “campionatura” che è resa visibile
dalla presenza di alcuni campioni di tessuto che vengono appuntati al
disegno, è parte integrante del processo creativo ed elemento strutturale
per la confezione del costume. Questa fase rappresenta un momento
particolarmente delicato e laborioso. Deve rispondere a varie esigenze:
fedeltà all’idea originaria, rispetto verso le esigenze dello spettacolo
(affrontando i problemi che derivano dal genere di spettacolo, ma anche
dallo spazio scenico in cui si rappresenta) e della messinscena (luci,
scene) e naturalmente devono soddisfare le esigenze della regia e degli
attori. Su questo aspetto, esercita una certa influenza il fattore economico
e quello del tempo a disposizione, che può incidere anche sull’intero
spettacolo.
L’individuazione delle materie che costituiranno gli abiti, ma che gli
accessori, rappresenta il primo passo verso la realizzazione del costume
ed è affrontata con grande scrupolo. Una ricerca interessante perché deve
tradursi in un meticoloso ed intenzionale effetto finale. Non sempre le
tipologie dei tessuto presenti sul mercato soddisfano tali richieste, perciò
bisogna intervenire sui materiali fino ad ottenere l’effetto voluto.
All’interno della sartoria o in laboratori specializzati si compiono vari
tentativi per abbassare, ad esempio, un certo tonalità o per ottenere un
particolare effetto come quello dell’invecchiamento, altre volte si
commissionano direttamente alle ditte prodotti ex-novo.
La fase di realizzazione è delicata e complessa (anche per le competenze
che richiede) tanto che potrebbe mutare in parte il costume ideato a causa
dell’incidenza di fattori esterni (ad esempio: il tempo e i finanziamenti
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come detto sopra), ma anche per le difficoltà che possono sorgere in
ambito tecnico-sartoriale (e per altri problemi poco prevedibili o
controllabili).
E’ per questo che la confezione dei costumi viene affidata a maestranze
specializzate che operano all’interno di sartorie teatrali con l’incarico di
tradurre praticamente il progetto del costumista cercando quelle soluzioni
congeniali ed il migliore effetto finale. Un lavoro che si svolge con la
supervisione della costumista che partecipa attivamente, spesso
suggerendo la soluzione migliore nelle varie fasi di lavorazione. Un
impegno che costituisce il naturale proseguimento della sua attività
progettuale.
E’ importante sottolineare ai fini della comprensione degli oggetti che
sono esposti in mostra, che i figurini sono l’espressione autentica della
sua arte, manifestazione del suo stile senza filtri ne’ compromessi. I
costumi sono invece il frutto di un lavoro di équipe.
Ovviamente il suo lavoro non termina qui, lo stesso processo creativo si
completa solamente con gli ultimi ritocchi che vengono dati o suggeriti
dal costumista all’abito prima di entrare in scena e si può dire veramente
conclusa nel momento della rappresentazione, quando la sua creazione
finalmente prende vita in rapporto con gli altri elementi della
messinscena, ma soprattutto grazie all’apporto insostituibile fornito
dall’attore nell’azione scenica.
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