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Testocorso 2005-2006
L’essere uomo e l’essere donna sono il prodotto di un lungo processo storico, attraverso diverse
culture e società, che diversamente hanno definito il maschile e il femminile, creando identità
collettive ed individuali. Un corso di “storia delle relazioni di genere” avrà come intento di offrire a
studentesse e studenti la possibilità di comprendere, il significato dei sessi e dei gruppi di genere nel
passato storico, di scoprire la gamma dei ruoli e del simbolismo sessuale in società e periodi diversi, e
di capire quale fosse il significato e quale funzione svolgessero nel mantenere l’ordine sociale e nel
promuovere il mutamento.
Il corso di quest’anno mira a ricostruire il rapporto tra le politiche e le pratiche femminili e
l’accesso delle donne alla sfera dei diritti e della cittadinanza.
Intanto cosa vuol dire questo?
Ricostruire il rapporto tra le trasformazioni della presenza sociale delle donne ( famiglia,
istruzione, lavoro)
e tra le richieste e le scelte d’azione collettiva di gruppi e movimenti
femminili e le conquiste in termini di riconoscimento dei diritti da parte della società politica
(partiti, sindacati, istituzioni).
Richieste che tendono a far acquisire alle donne il riconoscimento di diritti civili (libera gestione
di sé e dei propri beni e redditi, diritto a scegliere la condizione civile, la professione, diritto alla
patria potestà dei figli, ecc.), politici e sociali, in una parola alla cittadinanza.
Questo concetto- cittadinanza- indica il complesso dei benefici che conseguono dall’ammissione
in un sistema politico. il voto, la garanzia di non essere imprigionati arbitrariamente, la libertà
di leggere e di criticare a piacimento, il poter contare sulla solidarietà collettiva in caso di
bisogno (Terence H. Marshall, Cittadinanza e classe sociale, Torino, Utet, 1976 ( ediz.originale
1949)
Si tratta dunque di diritti non solo politici, ma anche civili e sociali
Il concetto di cittadinanza è legato ai concetti di nazione e democrazia, e viene in primo piano,non a
caso, insieme ad essi con le rivoluzioni di fine 700. La rivoluzione americana e la rivoluzione
francese.
Il diritto dell’individuo nasce come contrapposizione al diritto del principe e dello stato assoluto
Il diritto dell’individuo nasce come contrapposizione al diritto delle classi e dei ceti, e delle
corporazioni.
Il “diritto dell’individuo” nasce limitato ad un soggetto ( maschio, bianco, occidentale), e per lungo
tempo viene usato in questo senso.
diritti civili libertà di pensiero, di parola di religione; d’istruzione, eguaglianza di fronte alla legge,
diritto a non essere imprigionati senza motivo. Diritto all’istruzione, e al libero esercizio della propria
professione.
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Politici rappresentanza
socio-ecomici: diritto al lavoro, diritto al salario, diritto all’assistenza, diritto all’istruzione anche per i
non abbienti.
eguaglianza uomo donna, diritto alla pace, allo sviluppo sostenibile e ad un ambiente
vivibile.Limitazione al diritto di guerra Abolizione di qualsiasi forma di schiavitù.
LE rivendicazioni femminili fanno leva sul ruolo sociale della donna, per l’accesso alla
cittadinanza e ai diritti connessi
Nella famiglia // Nel mondo della produzione// Nella cultura
A partire dalla fine del 700 un quadro ricco di novità si apre nella condizione femminile,
almeno rispetto a quella ch’era stata la condizione nel corso dell’età moderna
Sono trasformazioni che afferiscono alla mentalità e alla struttura economica, ed intervengono
a trasformare le relazioni tra i sessi e ciò che maschile e femminile.
Queste trasformazioni hanno origine nel 700 (Illuminismo, rivoluzioni politiche e rivoluzione
industriale) , ma è l’800 che costituisce il momento storico in cui la prospettiva di vita delle
donne tende a cambiare. Tempo della modernità dove diventa possibile essere soggetto attivo,
individuo a pieno titolo e attrice politica, futura cittadina.
Se l’epoca contemporanea offre un’occasione alle donne è perché le conseguenze dei cambiamenti
economici e politici, sociali e culturali giocano in loro favore.
L’illuminismo, l’idea d’individuo, d’uguaglianza, di libertà.
Le scoperte scientifiche, la filosofia, la medicina.
L’economia: la rivoluzione industriale, la nascita della produzione su larga scala, l’aumento di
richiesta di forza-lavoro, l’allargamento dell’istruzione, lo spostamento di popolazione.
Fenomeni contraddittori vengono messi in moto:
da una parte la medicina e la biologia fondano la differenza filosofica tra i sessi, per cui la
principale differenza tra uomo e donna, vale a dire la funzione riproduttiva fonda l’identità
femminile: la donna è madre, anzi riproduttrice e questa funzione riproduttiva ne determina il
carattere, oltre al fisico, e ne definisce i compiti: la cura.
D’altra parte, le teorie evoluzioniste, se da una parte confermano la
funzione materna,
dall’altra riflettono sull’origine, sulla formazione della famiglia, sul patriarcato e sul
matriarcato: Storicizzano, per la prima volta, i rapporti tra i sessi, e quindi il maschile e il
femminile.
Le utopie socialiste presuppongono un avvenire diverso dal presente, ripensano il
funzionamento della famiglia, il rapporto amoroso , la maternità, le attività delle donne. Non
solo storicizzano i ruoli, ma li mettono in discussione.
Siccome l’economia reclama le donne le porta fuori casa.
Il complicarsi della produzione, lo sviluppo del commercio, del terziario in genere,
dall’istruzione alle comunicazioni ai servizi sociali richiama le donne: allora si definiscono i
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mestieri e le professioni adatte alle donne, e quindi si aprono loro occasioni di lavoro diverse dal
lavoro manuale non specializzato, che sembrava il solo adatto alla loro limitata intelligenza.
In politica, come dicevamo all’inizio, è fondamentale l’affermazione dell’individuo e della
naturalità dei suoi diritti. Tutti gli individui nascono liberi ed uguali.
I diritti naturali libertà di disporre di sé, libertà di pensiero, libertà di scegliere la forma di governo e
i rappresentanti.
L’amore romantico, l’educazione libera vedi Rousseau.
Ma è toppo dirompente riconoscere questi diritti alle donne, perché sulla base del principio
d’uguaglianza naturale dovrebbero essere riconosciuti a tutte le donne, e non solo a oche privilegiate (
per es. era ciò che avveniva nel medioevo per le signore del feudo o per le mogli dei mercanti, o per
le signore del 700.
Quindi si sceglie di riconoscere alle donne solo un’uguaglianza di principio, limitati diritti, e di
negarne quasi totalmente l’esercizio.
Cos’è che giustifica tale limitazione: la funzione, naturale di madre, e l’armonia della famiglia,
di cui la donna è perno, sì ma nel privato.
La maternità fa sì che tutto il carattere femminile sia teso all’interesse dei figli, a difenderli, il che
la rende più debole, perché impegnata nella gravidanza, più timorosa, perché teme per i figli, ecc.
La maternità fa sì che la donna sia depositaria dell’onore della famiglia, ma non solo, anche della
stirpe, del popolo, della “nazione”. Nascono nell’800 le nazioni come comunità i lingua, di
tradizioni, e sempre più di sangue.
La maternità fa sì che la madre sia un elemento determinante della famiglia, depositaria del suo
buon andamento e della sua armonia, e non sarebbe affatto il caso che la donna agisse in pubblico,
magari con idee diverse dal marito questo metterebbe in pericolo la famiglia.
La famiglia peraltro è la prima cellula della nazione e la sua armonia è fondamentale.
Dunque, alla donna attiene la sfera privata, all’uomo quella pubblica.
La donna è in pubblico rappresentata dal marito, e la minorenne dal padre.
( Prima contraddizione , e la nubile maggiorenne?)
Le donne ribalteranno queste affermazioni apparentemente logiche, e le useranno per
rivendicare il diritto all’istruzione, il diritto alla patria potestà, il diritto al voto.
proprio a partire dalla definizione dei diritti dell’uomo, le donne rivendicano il loro diritto
all’istruzione, al lavoro, alla libera disponibilità del proprio salario e dei propri beni, alla
partecipazione alla vita politica, al voto.
Di fatto le
donne pongono il problema dell’inclusione nel godimento di tali diritti- la
cittadinanza- di soggetti diversi da quello legittimato dalle due rivoluzioni:
il maschio bianco, occidentale.
Prima di tutto proprio si parte dal fulcro del ruolo femminile:
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Faranno della maternità una delle chiavi di volta per affermare l’importanza delle donne nella società,
per instaurare un rapporto di collaborazione con lo stato, per quanto non proprio idilliaca, nella
costruzione dello stato sociale.
Un'altra chiave di volta sarà la loro presenza nel mondo del lavoro, soprattutto man mano che
essa si fa più qualificata.
Un primo elemento, comunque, che caratterizza il lavoro delle donne, e non solo, in età
contemporanea è la separazione casa- luogo di lavoro; famiglia- unità di lavoro. L’altro elemento
è l’ampliarsi delle professioni aperte alle donne- processo assai lento.
Anche sul terreno del lavoro la situazione è ricca di luci ed ombre, a cominciare dal fatto che il lavoro
delle donne è insieme luogo di supersfruttamento- lavori meno qualificati e/o di minor prestigio,
salari inferiori, diritti negati, legislazioni che più che tutelare escludono, doppia presenza- sul lavoro e
n famiglia- e luogo di emancipazione.
E insieme a questi fenomeni collegati: la crescita dell’istruzione, l’emigrazione.
Spazio democratico, nuove ideologie istruzione, lavoro, richiesta dello stato favoriscono la
nascita di reti femminili informali- sono soprattutto i giornali- e formali- le associazioni
femministe ed emancipazioniste.
Il primo femminismo si muove all’interno di movimenti bisessuali, per così dire: il socialismo
utopistico, la lotta antischiavista, le lotte per l’indipendenza nazionale.
Il socialismo utopistico dà in genere spazio alle donne nelle sue costruzioni filosofiche, nella sua
lettura della storia, nella sua visione del mondo futuro, e anche nei suoi tentativi di realizzazione
pratica. E’ luogo di ostruzione di reti femminili, e di esperienze per es. di stampa femminista.
Ugualmente reti, stampa tra le donne attive nel movimento schiavista.
Per l’ultimo caso non è ancora chiaro-e si parte dall’indipendenza greca e da quella dei paesi
dell’America latina, vale a dire anni 20 dell’800, fino a le lotte di liberazione dei popoli colonizzati
nel secondo dopoguerra, quali specifici vantaggi ne abbiano tratto le donne, e fino a che punto siano
state un’esperienza di formazione specifica e di aggregazione femminile. Gli studi sono meno
numerosi, in questo caso soprattutto per quanto riguarda l’Occidente, in questo caso, mentre qualcosa
di più si può trovare per le lotte di liberazione, anche perché queste e ancor più la riflessione storica
che ne consegue si sono svolte in un tempo in cui già si andava sviluppando un interesse di storici,
sociologi, antropologi per lo specifico femminile e per le relazioni tra i generi.
La fine del dominio coloniale ha avuto come conseguenza ma non piena la fine del dominio sessuale
del maschio bianco sulla donna suddita coloniale- rilanciato però dal traffico delle donne, dal turismo
sessuale, ecc- del resto esiste un traffico non solo per il sesso, ma anche per il lavoro, che colpisce
particolarmente le donne, e non si dirige solo verso occidente, per es. dal sud dell’Asia verso i paesi
del golfo.
Sembra che però anche all’interno delle lotte per l’indipendenza si sviluppino reti femminili, per
cucire le bandiere, per nascondere le armi, che sedimentano qualcosa nelle singole donne, e che in
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qualche caso portano ad esperienze collettive- per es. in Italia nel campo dell’istruzione primari e
degli asili (Bianca Milesi, Matilde Calandrini)
Ed è proprio nell’800 che le donne cominciano a pensarsi in termini di “genere”, là dove pongono l
questione dei medesimi diritti per individui “diversi”.
Genere è un concetto storico non solo perché rimanda a una costruzione storica e non
meramente biologica della differenza dei sessi e dei ruoli sessuali, ma anche perché nasce in un
determinato periodo storico.
In realtà l’uso della categoria di genere nella storia inizia alla metà degli anni 70, in
collegamento alle politiche del neofemminismo e come riflessione critica sui risultati della storia delle
donne
Il termine genere assume il significato “moderno” all’interno del discorso delle femministe
americane, che iniziano ad usarlo per riferirsi all’organizzazione sociale del rapporto tra i sessi.
Successivamente le femministe americane hanno impiegato il termine genere, nell’intento i ribadire la
qualità fondamentalmente sociale delle distinzioni basate sul sesso: la parola serviva a detonare
il rifiuto del determinismo biologico implicito nei termini come sesso o differenza sessuale. . Il
termine “genere”, inoltre voleva dire definire uomini e donne in termini di reciprocità, e che nessuna
analisi dell’uno o dell’altro poteva essere compiuta con uno studio completamente separato.
Attraverso la storia di genere si è imparato a vedere, da un lato, che ogni società ha spazi,
comportamenti, attività condizionati dal sesso, e che quindi questo di questo tipo di differenziazione
esiste ovunque. D’altro lato, si è visto che le sue manifestazioni concrete non sono le stesse in
ogni società: non sono universali, come il significato dell’essere donna o uomo è, storicamente,
assai variabile. Matriarcato e patriarcato
Rapporto col sacro,
Genere” è, dunque un modo per far riferimento alle origini esclusivamente sociali ( Scott) delle
identità soggettive di uomini e donne.
1975 il problema delle implicazioni metodologiche della Women’s History è affrontato in uno
scritto di Natalie Zemon Davies, storica dell’età moderna. “E’ mia opinione- scrive Zemom Davies_
che dovremmo interessarci sia della storia delle donne sia di quella degli uomini, che non dovremmo
occuparci solo del sesso succube, così come uno storico delle classi sociali non può dedicarsi
esclusivamente ai contadini. Il nostro scopo è di comprendere il significato dei sessi, dei gruppi di
genere nel passato storico. Il nostro scopo è di scoprire la gamma dei ruoli e del simbolismo sessuale
in società e periodi diversi, e di capire quale fosse il significato e quale funzione svolgessero nel
mantenere l’ordine sociale e nel promuovere il mutamento”; Cfr Women’s History in transition. The
European Case, in “Feminist Studies”, n.3, inverno 1975-1976., p.90.
Appunto per questo Zemon Davies pone il problema dello studio della “classe dominante”, dei
maschi, e della relazione, non solo tra donne, ma anche tra donne ed uomini.
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Zemon Davies introduce, nel campo storico, il genere sessuale come categoria essenziale
d’interpretazione
Gisela Bock, Storia, storia delle donne, storia di genere, Firenze, Estro, 1988
ripercorre le vicende concettuali della storia delle donne
ne evidenzia i risultati .
Il più importante:
aver rivelato la possibile molteplicità delle ricostruzioni storiche
E quindi, dopo aver ripercorso le origini, il suo discorso, come essa stessa scrive p.20 “ dimostrerà
come si è cercato, al di là della scoperta della storia delle donne e della sua differenziazione da
quella degli uomini, di collegare tra loro passati diversi e rapporti diversi con il passato- rapporti di
donne e uomini ma anche di donne e donne, di uomini e uomini- e come si è tentato di concepire il
rapporto della storia delle donne con la “storia in quanto tale”. Categoria
Se consideriamo il genere come un rapporto socioculturale ne consegue anche un nuovo modo di
vedere la relazione tra questo ed innumerevoli altri rapporti socioculturali, ad esempio età, sessualità,
razza, cultura, lingua, libertà, religione, famiglia, economia.
Negli ultimi decenni, nello studio del genere, si è imparato a vedere, da un lato, che ogni società ha
spazi, comportamenti, attività condizionati dal sesso, e che quindi questo di questo tipo di
differenziazione esiste ovunque. D’altra lato, si è visto che le sue manifestazioni concrete non sono le
stesse in ogni società: non sono universali. Le varianti nella condizione femminile sono diversificate
tanto quanto quelle della condizione maschile.
Il significato dell’essere donna o uomo è, storicamente, assai variabile; e non solo per contenuto, ma
anche per il confine donna-uomo, e per la rigidità di questo confine.
Critica la categoria “biologica” prendere sul serio il genere come categoria socioculturale, significa
affossare la categoria sociocultare biologia e rinunciare all’apparato concettuale ad essa collegato;
definire il sesso come “biologia”, o a percepire il corpo femminile, la sessualità e i suoi organi,
oppure il parto e la maternità come “biologia”.
Biologia è una categoria socioculturale, ed esattamente quella che ha condizionato la percezione
e la pratica del rapporto tra i sessi in queste ultime generazioni. L’esempio delle teorie
ottocentesche/novecentesche fondate sulla funzione riproduttiva della donna.
Il termine “biologia” entrò in uso attorno al 1900; prima la biologia non esisteva. Viene usato il
termine regolarmente per il sesso femminile ma non per quello maschile.
Scrive Bock: Che la<”biologia esprima primariamente un giudizio di valore, viene denotato dal fatto
che il pensiero “biologico”, dei gruppi etnici e delle razze. In particolare, la storia del concetto
razzista di biologia può insegnarci molto sull’uso sessista del termine, poiché entrambi sono stati
sviluppati contemporaneamente, sovrapponendosi.
La scoperta dell’america, i “selvaggi”, la razza diversa, inferiore.
700 e la nascita dei sessi biologicamente “diversi”
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la proecrazione quel che conta è il seme dell’uomo.
Sessismo e razzsmo non derivano da differenze fisiche- ancora Bock- Piuttosto le particolari
differenze fisiche vengono utilizzate per legittimare condizioni sociali preesistenti, specie i rapporti di
potere,per esempio il dominio coloniale Il loro significato primario è socioculturale, e la “biologia”
delle differenze di razza e di genere è essa stessa un prodotto socioculturale.. Le differenze sono
metafore di forme di vita realmente diverse o supposte tali. Il razzismo e il sessismo di oggi hanno
una struttura parallela, simbolizzata nella categoria sociale e culturale di biologia.
Entrambi stigmatizzano come inferiori gruppi definiti diversi o altri, contestando loro non solo il
diritto di essere uguali, ma anche, cosa forse ancor più importante, quello di essere diversi, o altri,
senza venire penalizzati. In altri termini, stigmatizzando il vivere, il poter vivere, il dover vivere e il
voler vivere- con il corpo, la mente, le emozioni, quindi culturalmente- in modo sostanzialmente o
apparentemente diverso dal gruppo che stabilisce le norme e i valori culturali.
Torniamo allo strutturarsi del maschile e del femminile in età contemporanea
E alla questione dei diritti:
La dichiarazione dei diritti
Illuminismo scoperta dell’individuo, che nasce libero e depositario di diritti : alla libera
disposizione di sé ( i primi romanzi d’amore, alla scelta della professione, alla libertà di pensiero e
d’istruzione, libertà religiosa
L’individuo libero ha anche diritto a scegliere i propri rappresentanti, e a chiedere conto ad essi di
quello che fanno. Come dicono i rivoluzionari americani: niente tassa senza rappresentanza, cioè
non intendono pagare le tasse decise da istanze in ui essi non siano rappresentati in quanto
americani.
Via tutti i residui del feudalesimo: scriveva il poeta satirico Giusti,”noi vogliam “che ogni figlio
dell’uomo conti per uno”.
Ma chi è questo individuo?
E’ maschio e bianco.
La donna e i selvaggi. La donna e i neri sono esclusi, perché non corrispondono a questo modello.
Di questo parleranno Olympe De Gouges e Mary Wollestonecraft.
Rousseau: l’uomo è maschio talvolta, la femmina è femmina sempre. Il corpo determina la donna
La sua sessualità va controllata.
La sua funzione è la riproduzione.
Dunque, la stessa cultura che pone al centro del mondo l’individuo, sanziona la differenza tra due
tipi d’individui : l’individuo maschile e l’individuo femminile, il secondo è troppo differente dal
primo perché si possano ad essa riconoscere i medesimi diritti.
Le loro “missioni” sono diverse, e quella della donna è determinata dal suo essere naturale,
dalla sua fisiologia: è la riproduzione:
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Il filosofo Kant: la razionalità femminile è la riproduzione, la donna è libera perché segue la
propria razionalità; questa razionalità dà essa stessa i limiti della sua libertà.
Per Fichte la libertà della donna, come dell’uomo, è nella reciproca completezza, nella quale la
donna, peraltro è subordinata, o meglio la donna è mezzo del soddisfacimento dell’uomo.
Hegel discetta a lungo sulla divisione tra spazio pubblico e spazi domestico, divisione tra due
razinalità: una tesa vero l’autonomia e l’agire universale, l’altra chiusa nella passività e
nell’individualità concreta; una indirizzata verso lo stato, la scienza e il lavoro, l’altra rivolta alla
famiglia, e alla creazione della moralità.
Antigone, appunto, rappresenta per Hegel questa divisione tra la legge dell’uomo e la legge della
donna, la legge manifesta dello stato e la legge della pietas familiare, la legge umana e la legge
divina.
Cittadinanza: appartenenza alla comunità politica, alla Nazione, che è comunità linguistica,
culturale, ( per esempio di letteratura comune; è concetto più labile), storica( in buona parte
costruita).
Le donne nelle due rivoluzioni americana e francese ( Godineau)
La prima è la nazione francese, anzi una primissima sono gli Stati Uniti, ma più che la tradizione è la
novità, è una nuova cultura, una nuova tradizione che si è creata di là dall’Atlantico, fondata su
alcune accettate differenza, per esempio la confessione religiosa, tolleranza per le diverse confessioni
cristiane; quindi la discriminante diventa quasi solo la razza, e il sesso, e non a caso il femminismo
statunitense nasce legato ai movimenti antischiavisti- ma gli ex-schiavi, essendo maschi, avranno il
voto prima delle donne, e le donne afroamericane avranno coi loro uomini gli stessi problemi delle
bianche, oltre a un generale e a vari specifici svantaggi razziali.
Comunque si vede bene, in questa circostanza, come il titolare dei diritti sia il maschio bianco,
occidentale.
Le due rivoluzioni offrono uno spazio alle donne, e le autorizzano ad un’azione collettiva.
le donne intendono partecipare alla “cittadinanza”, il che non vuol dire automaticamente
che chiedano anche diritti politici. Partecipazione alle agitazioni di piazza, tradizionale, i
boicottaggi, la raccolta di fondi, le sottoscrizzioni, le coccarde, le armi, la presenza dalle
tribune dei clubs
Nella rivoluzione americana le donne sono presenza maggioritaria nelle piazze, ma hanno poca
voce nelle assemblee: la loro partecipazione non assume veste “politica, ma piuttosto di compagna
dell’uomo: signore che si collegano e si scrivono, e sono soprattutto mogli di militanti e dirigenti.
Tuttavia esse svolgono funzioni significative e talvolta determinanti: determinante è la
partecipazione delle donne al boicottaggio delle merci inglesi.I capi del movimento fanno appello
al senso civico delle donne, che sono coloro che fanno la spesa, - l’affondamento del te nel porto di
Boston- e/o acquistano generi di lusso provenienti dall’Inghilterra, o tramite essa da altre colonie.
Le signorine, poi, sono esortate a boicottare gli inglesi, in quanto giovanotti.
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Sostituiscono gli uomini nella gestione delle imprese familiari; forniscono informazioni alle armate
di patrioti, prestano la loro opera come lavandaie e cuciniere- esercito di popolo, che combatte
quasi sempre vicino a casa. Sottoscrivono i prestiti per finanziare la ribellione.
Dichiarazione d’Indipendenza 1776, che contiene anche i nuovi diritti. Costituzione 1787.
L’America ha bisogno di donne istruite forti e fiere. Una volta conquistata l’indipendenza, tuttavia
s’insiste sul ruolo familiare della donna americana: il modello repubblicano della donna è quello
della madre. Comunque, a guerra finita, le donne non tagliano quei legami tra loro che la lotta
aveva creato e consolidato: nascono organizzazioni femminili, spesso collegate alle Chiese, che
sono soprattutto dissidenti, per prestare aiuto a vedove ed orfani. Questi gruppi costituiranno le
premesse ai movimenti abolizionisti e femministi del XIX secolo.
Nella rivoluzione francese il ruolo pubblico femminile è più evidente ( il 5 ottobre 1789 guidano la
marcia su Versailles.
(Stati generali, Assemblea costituente giugno, 14 luglio 1789 presa della Bastiglia, 3-4 agosto 1789
l’assemblea nazionale dichiara la fine del regime feudale)
26 agosto 1789 l’Assemblea approva la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino:
eguaglianza di fronte alla legge, libertà di parola e di stampa, diritto di proprietà)
Settembre 1791 I costituzione: monarchia costituzionale. Elezioni per l’assemblea legislativa.
Agosto 1792 nuove elezioni, tutti gli uomini possono votare ( meno i non bianchi delle colonie) .
20 settembre 1792 s’insedia la convenzione. 21 settembre 1792 la Convenzione proclama la
repubblica. La Francia è in guerra dal 20 aprile 1792.
I rivoluzioni fanno appello alle donne,, riproponendo loro peraltro il ruolo di agitatrici/mediatrici.
Ma alle donne non sono armate, non fanno parte della guardia nazionale, come chiede tTeroigne
de Mericour; quindi anche se le donne sono chiamate e presenti per vigilare e riaccendere
l’ardore degli uomini, sono questi ultimi, perché armati a dirigere l’azione.
Le donne partecipano alla rottura e alla novità dei rapporti tra potere e popolo, e presentano una
novità specifica: brandiscono la Dichiarazione, fanno politica. Al di là di un ruolo e di una
gestualità tradizionali, le donne fanno irruzione nello spazio politico aperto dalla rivoluzione.
Vogliono farsi vedere ed ascoltare come cittadine, ma si scontrano con le limitazioni derivanti dalla
non-cittadinanza:
è questa la contraddizione che apre e caratterizza l’800, e se vogliamo anche, in alcuni paesi,
parte- [o tutto]- il 900.
La rivoluzione, nel momento in cui decide, e deve, costituire una nuova società politica,
quindi rappresentanza, istituzioni, ecc., estromette le donne, le esclude dal corpo del popolo
armato, dal popolo deliberante, dai comitati locali, e dalle associazioni politiche, come appunto
avviene in Francia, dopo la prima fase “rivoluzionaria” - compresa la chiusura dei club femminili,
che vengono vietati il 30 ottobre 1793.
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Come in America, anche in Francia il modello che si propone alle donne è quello della “
madre repubblicana”. Ma in Francia, diversamente a quel che avviene in America, le donne non
agiscono da sole, o attraverso reti amicali, ma agiscono collettivamente, e si organizzano
politicamente.
La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, del 1789, riconosce ad ogni individuo il
diritto insopprimibile alla libertà, alla proprietà, alla sicurezza, alla resistenza,
all’oppressione Di conseguenza, ogni donna come ogni uomo è libera delle proprie opinioni e
scelte, garantita nell’integrità della persona e dei beni.
La legge dà diritto alle figlie di ereditare. La costituzione del settembre 1791 riconosce in modo
identico per uomini e donne l’accesso alla maggiore età; la donna viene ammessa a testimoniare in
atti di stato civile, e può contrarre liberamente obbligazioni.
Però la rivoluzione decide anche di escluderle dalla piena cittadinanza: sono meno uguali, perché
hanno meno diritti, sono meno liberi perché restano dipendenti dall’uomo.
Le donne non si rassegnano, clubs, salotti, presenza alle sedute dell’assemblea nazionale, e con
espressioni pubbliche delle loro idee, opinioni, richieste, con opuscoli e petizioni (Godineau p.24):
Appendono i loro scritti sui muri come faceva De Gouges, e sui muri compaiono inviti all’azione,
momenti di ritrovo per manifestare.
Nel settembre del 1791 Oympe de Gouges redige la Dichiarazioni dei diritti della donna e della
cittadina, “ riscrittura che tiene conto dei due generi della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino .
La Costituzione votata il 24 giugno 1793 viene sottoposta in seguito al suffragio universale
maschile. Solo due cittadine e tre clubs riprovano l’ineguaglianza politica tra i sessi.
Settembre 1793, Guerra delle coccarde. La sans-culotterie femminile avvia una campagna per
ottenere una legge che obblighi tutte le donne, come gli uomini a portare la coccarda tricolore.
Nelle strade e nei mercati si scontrano le donne favorevoli e quelle contrarie. La Convenzione,
preoccupata dalla portata dell’agitazione, il 21 settembre dà il proprio assenso. Ora, dal luglio
1789 la coccarda ha costituito una delle designazioni simboliche dello stato di cittadino: obbligare
le donne a portarla equivale a considerarle quali cittadine.Nel corso dell’estate del 1793, le militanti
hanno assunto un peso crescente all’interno della sansculotterie, e sempre più si critica nei clubs.
La decisione viene attaccata da alcuni deputati, montagnardi come Fabre d’Englantine, un
seguace di Danton: dopo la coccarda le donne vorranno il berretto frigio, le armi, il diritto di voto,.
Nelle osterie e sui giornali si commenta con maggiore crudezza: le donne vogliono diventare
uomini, si metteranno i pantaloni, la pipa, vorranno comandare.
La paura del ribaltamento dei ruoli, della perdita del potere maschile sulle “proprie donne” è il
fondamento primo del rifiuto dell’accesso alla politica delle donne.
La paura dell’anarchia sociale.
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In un Rapporto presentato alla Convezione il 9 brumaio anno II ( 30 ottobre 1793), a nome del
Comitato di sicurezza generale, il deputato Andrè Amar sostiene che le “non debbono uscire dalla
famiglia per mischiarsi agli affari di governo”. E questo perché
“ le funzioni private a cui le donne sono destinate dalla natura stessa ineriscono all’ordine generale
della società; questo ordine sociale è il risultato della differenza che esiste tra l’uomo e la donna.
Ogni sesso è chiamato a un genere di occupazione che gli è propria; la sua azione è circoscritta
all’interno di questo ambito, che non può varcare, in quanto la natura, che ha posto questi limiti
all’uomo, comanda imperiosamente e non tollera legge alcuna”.
Mentre gli uomini sono robusti, forti, pieni di energia, di audacia e di coraggio, adatti a meditazioni
profonde e a studi lunghi e seri, le donne mischiandosi agli affari pubblici, dovrebbero venir meno
alle funzioni loro assegnate dalla natura, che sono, oltre a quelle di provvedere alla casa e ai lavori
donneschi, anche quelle “ di dar inizio all’educazione degli uomini; iniziare lo spirito e il cuore dei
fanciulli alle pubbliche virtù e istruirli nel culto politico della libertà
Abbiamo a che fare con uno dei quadri fondativi dell’esclusione delle donne dal terreno della
cittadinanza: le donne non possono partecipare alla sfera pubblica non perché astrattamente
incapaci, ma in quanto “per natura” destinate alla sfera familiare e privata, per la quale
possiedono virtù specifiche.
Da notare che le donne attive durante la Rivoluzione si percepiscono come soggetto non
omologabile a quella maschile, almeno così alcune storiche hanno in anni recenti inteso mettere in
evidenza, facendo perno essenzialmente su quattro aspetti:
il nesso tra discriminazione sessuale e discriminazione razziale,
il rapporto tra appartenenza alla nazione e difesa della patria,
il nodo cittadinanza-maternità,
Un documento, Requetes des femmes pour leur admission aux Etats-Generaux, scritto durante
la convocazione delle assemblee preliminari agli Stati generali, si esprime l’interesse per la
partecipazione femminile agli affari politici , oltre che sulla base di criteri di giustizia e di
uguaglianza tra i sessi, sulla base di specifiche richieste e di particolari contributi che le deputate
possono offrire all’amministrazione generale dello stato.
come condizione necessaria per essere eletta le autrici propongono “l’aver dato un cittadino
allo stato”, in quanto una giovane fanciulla non può sostenere ed opporsi con forza alle ragioni dei
deputati di sesso maschile., leggere p.70 e 71, come commenta l’autrice ( FIORINO):
Due esigenze confluiscono in questa affermazione, che vuole raccordare i valori della maternità
con quelli della cittadinanza:
A) emerge la volontà di non considerare la cittadinanza un valore alternativo e incompatibile con
il ruolo riproduttivo: questo costituisce comunque il caposaldo dell’identità e della specificità
femminile, conferendo alle donne una puissance, assegna loro un ruolo sociale, un’autorità
informale.B)
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B) La maternità riunisce una serie di valori, quali l’altruismo, il senso di equilibrio e di giustizia ,
la dedizione; valori che, in qualche modo possono trovare una loro traduzione nella sfera sulla
politica.
La funzione riproduttiva è l’elemento centrale su cui fondare la specificità, e, talvolta, anche la
superiorità morale delle donne.
3) Identità di genere tra rappresentante e rappresentata
Madame B…B… scrive come un nobile non può rappresentare un plebeo, così un uomo non
dovrebbe poter rappresentare una donna. ( da Chaiers de doleances. Donne e Rivoluzione francese,
introduzione e note di P.M.Duhet, La Luna/ des femmes, Palermo, 1989
Il problema posto da Madame B…B… apre un grosso interrogativo che concerne la difficoltà
di proiettare le proprie idealità, i propri interessi, e simbolicamente una parte di sé in un
delegato di sesso maschile che si sostituisce ad una donna ed agisce per suo conto.
La condizione delle donne con la rivoluzione francese è mutata (scrive Elisabeth Sledziewski),
perché la Rivoluzione ha posto il problema delle donne e ne ha fatto un punto nodale del proprio
interrogarsi politico sulla società (la questione dell’accesso). Questo è l’elemento realmente
nuovo: tutti coloro che agiscono nella Rivoluzione, o la combattono, o ne sono spettatori, in
Francia come all’estero, non possono concepire la nazione rivoluzionaria, né l’atto
rivoluzionario stesso, senza che vi sia definito il ruolo delle donne.
Da notare che le donne attive durante la Rivoluzione si percepiscono come soggetto non
omologabile a quella maschile, almeno così alcune storiche hanno in anni recenti inteso
mettere in evidenza, facendo perno essenzialmente su quattro aspetti:
il nesso tra discriminazione sessuale e discriminazione razziale,
il rapporto tra appartenenza alla nazione e difesa della patria,
il nodo cittadinanza-maternità,
l’identità di genere tra rappresentante e rappresentati
Scaletta:
Quale il ruolo delle donne nell’età contemporanea?
le grandi trasformazioni indotte dalla rivoluzione industriale, e in generale le trasformazioni
economiche:
separazione tra spazio della famiglia e spazio dove si lavora. Rottura dell’unità casa (propria o del
padrone)/azienda.
Per la maggior parte delle donne questa unità in età moderna aveva caratterizzato l’orizzonte
lavorativo, ma non per tutte.
L’unità si rompe progressivamente con la concentrazione in particola dell’attività manifatturiera in
luoghi specifici, di dimensioni ragguardevoli, e con la separazione dei componenti della famiglia, che
sempre più vanno ad impiegarsi in luoghi e settori diversi, a seconda del sesso e dell’età.
13
Le Carte redatte tra il 1789 e il 179, che danno la definizione formale dei nuovi diritti,
escludono palesemente le donne dai diritti politici.
La faccenda è meno precisa per quel che riguarda i diritti naturali
Quando si parla dell’individuo che li detiene, in quanto emanati direttamente da Dio ( l’Essere
supremo che sia) si considera l’uomo in generale, e non sembra che si vogliano escludere le donne
Il patto fondativo del nuovo assetto comunitario riguarda tutti gli uomini.
I contenuti dei diritti proclamati vengono riferiti ad un unico soggetto: l’homme.
Il patto sociale così formulato impone, dunque, l’astrazione dagli attributi e dalle qualità
diversificate dell’essere umano, nonché la cancellazione della specificazione di genere: il
soggetto dei diritti non può che essere “L’uomo senza qualità”. Le relazioni tra i generi
rimandano, invece, agli elementi di naturalità. La famiglia, ad esempio, è pensata come
organizzazione naturale, e in quanto gruppo non compare nei testi costituzionali;
successivamente, infatti, nel Codice napoleonico , tale materia sarà regolata sotto il titolo “ Le
persone”.
D’altra parte altrettanto naturale è l’assegnazione delle donne alla sfera domestica.
La legge adesso per di più si fonda sul diritto naturale.
Bel rebus. La coperta sarà tirata da una parte dalle donne, dall’altra dai loro avversari, e in effetti
non sarà il diritto a decidere. Ma chi?
Mary Wollstonecraft ( 1759-797).
Nasce da una modesta famiglia nei pressi di Londra. Lascia la casa paterna a 19 anni e inizia a
lavorare, prima come dama di compagnia, poi come insegnante e infine come istitutice presso una
nobile famiglia irlandese.
Nel 1787 pubblica Thoughts on the Education of Daughters, cui seguono l’anno dopo il romanzo
Mary e le Original Stories,: Nel 1788 si trasferisce a Londra dove frequenta i circoli letterari
radicali, William Blake,William Godwin, seguaci di Thomas Paine. (riforma elettorale, diritti del
popolo
Abbandonato definitivamente il mestiere d’istitutrice, Mary vive del suo lavoro di scrittrice.
Nel 1790 pubblica A Vindication of the Rights of Man, difesa dei principi che si vanno
affermando in Francia. Nel 1792 Vindication of th Rights of Woman.
Nello
stesso
anno
si
reca
in
Francia.,
dove
rimane
fino
al
1795.
Nel maggio 1794 partorisce a le Havre la figlia Fanny, nata dalla relazione con l’americano Gilbert
Imlay. Tornata a Londra, compie un viaggio in Scandinavia, ne pubblica il resoconto.Nel 1797
sposa William Godwin, e il 10 settembre dello stesso anno muore, dando alla luce la figlia Mary.
( Guerre contro la Francia Moto per la riforma elettorale: Partecipazione di borghesia, commerciale ed
imprenditoriale e popolo- artigiani, lavoratori specializzati, piccoli commercianti, insegnanti, farmacisti,
cerusici. Ma con lo scoppio della rivoluzione francese le strade si dividono. Gli anni delle guerre contro la
repubblica francese, e contro Napoleone, poi, sono caratterizzati da forti limitazioni delle “libertà degli
14
inglesi. Libertà di stampa, di organizzazione economica e politica, di riunione erano gravemente limitate,
negli anni “rivoluzionari”.)
Diritto delle donne all’istruzione e al lavoro, comprese le professioni intellettuali
Le madri occupano un posto centrale in questo sogno di unità civica, non in quanto cittadune, piuttosto come
madri di futuri cittadini e come future madri di cittadini.
Mary Wollstonecraft: le donne devono essere attive cittadine se si vuole che trasmettano le virtù ai
propri figli.
La madre educatrice trasmette ai figli principi e valori.
Fra questi i nuovi valori del patriottismo.
L’archetipo di tutti i modelli è quello della “madre istitutrice”, nato con i dibattiti sull’educazione
femminile in epoca rivoluzionaria.
La madre “nuova” che fortifica e sviluppa prima nel cuore dei figli, poi degli uomini, le virtù sociali e
individuali.
La madre non può essere ignorante, la madre non può essere totalmente esclusa dalla sfera pubblica.
La madre ha diritto alla cittadinanza perché educando futuri cittadine dà un contributo pari a quello,
er sempio, del soldato, alla Nazione
Le donne rivendicano il loro diritto all’istruzione, al lavoro, alla libera disponibilità del proprio
salario e dei propri beni, alla partecipazione alla vita politica, al voto. Il movimento femminista si
apre la strada attraverso le due contraddizioni aperte dalla rivoluzione industriale nell’esclusivo ruolo
privato femminile: il lavoro fuori casa, e la sempre maggiore complessità e responsabilità nei compiti
domestici e nell’allevare i figli.
La maternità diventa fondamento di una destinazione femminile alla cura, alla quale ancora lo Stato, che
svolge un ruolo significativo nel promuovere la rilevanza sociale delle donne, e che ha allargato i suoi
compiti nell’ambito dell’istruzione, dell’assistenza e della sanità, fa sempre più ricorso. La richiesta di
collaborazione da parte delle istituzioni consente alle donne, non solo d'assicurarsi luoghi e spazi di
libertà e accesso ad alcune professioni e carriere ritenute “consone”, ma anche di costruire un modello
alternativo a quello maschile d'ingresso nella cittadinanza, trasferendo le virtù e le competenze femminili
nell’ambito pubblico e qui declinandole come virtù civili
Le donne si batteranno perché parlando di “diritti umani” ci si riferisce all’essere umano in sé,
indipendentemente dalle caratteristiche etniche, di razza, colore e lingua, al di là delle convinzioni plitiche
e religiose, qualsiasi sia il loro sesso, l’etnia, il ceto sciale di appartenenza e di nazionalità. Allargamento
a nuovi soggetti. Allargamento della sfera dei diritti
Le donne in età moderna:
figlie e mogli, bisognose di tutela passavano dal padre al marito, che s’incaricava di provvdere a loro,
e per questo riceveva una dote, che entrava a far parte delle sue ricchezze.
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Dunque, con l’età moderna, la donna, anche appartenente ai ceti più elevati, si definisce
esclusivamente in quanto figlia, sorella, sposa di un qualche uomo.
Il padre, e in seguito il marito erano responsabili legalmente per lei e, come veniva raccomandato, a
entrambi. Padre e marito avrebbero fatto da filtro fra lei e il mondo esterno. Era prevista la sua
dipendenza economica all’uomo incaricato di provvedere e vigilare su di lei. Il padre era tenuto a
provvedere a lei fino al momento del matrimonio quando lui, o qualcuno per suo conto, avrebbe trattato
con lo sposo la sistemazione della figlia. Ad indennizzare quest’assunzione all’inizio del matrimonio si
dava, o più spesso si prometteva allo sposo, o per meglio dire alla sua famiglia, una certa cifra, o beni, che
viene comunemente definita dote. Che come dicevano col passare dei secoli diventa un obbligo per
sposarsi- sta le classi più povere si davano oggetti, come il corredo del resto.
La dote sostituisce in molti stati l’eredità. Il divaricarsi del sistema ereditario e dotale tra paesi di diritto
romano e paesi di diritto germanico. ( eredità, beni allodiali, se non fanno parte della dote, morgengabe)
Diritto romano, in Italia in particolare sempre più decisa esclusione delle figlie dall’eredità paterna e
persino materna, fortissime limitazioni all’usufrutto per la moglie- e più facile ereditare da una nonna o da
una zia. SE la cosa era spiacevole per le donne delle classi abbienti figuriamoci per le più povere.
Pescarolo) Come ormai viene riconosciuto in molti ambiti disciplinari è il complesso di credenze e di
conoscenze, di interessi e di valori, di norme sociali e giuridiche, che si combinano nel sistema patrilineare
e si esprimono pienamente nell’organizzazione della famiglia patriarcale , che delinea i fondamenti della
svalorizzazione in età moderna. La dipendenza sociale ed economica delle donne, in questa prospettiva,
appare come un esito delle strategie sociali che garantivano il controllo maschile sulle risorse sessuali delle
donne, e attraverso di esse, sui figli. La fedeltà al padre delle nuove generazioni era infatti un nodo cruciale
per il controllo sulla distribuzione e la trasmissione delle risorse materiali e immateriali.
Le donne fanno anche paura, per il loro potere riproduttivo- dei meccanismi si sa poco o nulla-, per lo
stesso compito loro attribuito della cura dei corpi: i corpi malati, i corpi che nascono ( streghe,
levatrici).
Differenti itinerari per le protestanti e le cattoliche, in rapporto alla cultura e alla conoscenza, a favore
elle prime, il che permetterà alle une e alle altre di assumere una posizione diversa in rapporto allo stato e
alla famiglia- in ambiente protestante già nasce la madre educatrice
Le anabattiste predicano e vanno a far le missionarie, nei primi decenni entusiasti e rischiosi. Ma i
conflitti si apriranno all’interno dello stesso anabattismo sulla possibilità delle donne di predicare.
In ambiente cattolico imperversa il misticismo, e la sensibilità delle mistiche, il loro rapporto diretto con
Cristo, senza la mediazione del confessore, inquieta Chiesa e Stato.
Le streghe, con le loro conoscenze molteplici, tra le donne del popolo, sono bersaglio dei giudici e
dei religiosi.
Le prostitute.
Le sovversive
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Le lavatrici diventano bersaglio dei medici, che elucubrano moltissimo intorno al parto e al seme
maschile. Qual è il contributo della donna? Quaderni storici Gianna Pomata.
La donna si potrebbe dire fa paura:
la paura del suo potere procreante, e della dipendenza che determina nell’uomo:
per la discendenza,
per il potere.
Scienza, empirismo, ragione maschile non possono fino in fondo controllarla.
Tanto più che le donne “vogliono” conoscere scienza ed imparare ad usare la ragione che anch’esse
possiedonoQuindi la donna intellettuale è anch’essa pericolosa, anzi diventerà, insieme alla sovversiva la
più pericolosa
La mercantilizzazione dell’agricoltura aumenta la pressione sui contadini, e questo anche là dove si
mantiene il sistema feudale, anzi la pressione si fa più forte proprio sui contadini di quelle zone. Le
guerre dei contadini. La grande famiglia colonica è retta con maggiore rigidità da un capo, e la divisione
sessuale del lavoro si fa più netta. Esemplare in questo senso il caso della mezzadria.
Le mogli e figlie dei mercanti – crisi del 600- vengono escluse dalle corporazioni.
Quadro giuridico dopo la rivoluzione francese
IL quadro giuridico.
Le sia pur poche conquiste delle donne nella Francia rivoluzionaria, vengono cancellate dal Direttorio:
Il 25 maggio 1795 interdice alle donne la< partecipazione alle assemblee politiche pubbliche.
1897 vietati i clubs\ femminili, e sciolti quelli esistenti.
Nel 1803 viene tolto alle donne il diritto di dare testimonianza nei tribunali.
21 marzo 1804 viene promulgato il codice civile napoleonico, che, riguardo alla condizione femminile
1) distingue la condizioni delle coniugate da quella delle nubili
2) ristabilisce la completa supremazia maschile nel matrimonio.
Art.215 la moglie non può stare in giudizio senza l’autorizzazione del marito, quand’anche ella esercitasse
pubblicamente la mercatura, o non fosse in comunione, o fosse priva di beni.
Art.217 la donna, ancorchè non sia in comunione o sia priva di beni, non può donare, alienare, ipotecare,
acquistare, a titolo gratuito od oneroso, senza che il marito concorra all’atto o pesti il suo consenso in
iscritto”.
L’art.1124 poneva la donna sposata tra le categorie di persone incapaci a contrattare, insieme ai minori e agli
interdetti
Nel regime di comunione dei beni, che era la norma, il marito disponeva liberamente dei beni comuni. Il solo
marito aveva l’amministrazione dei beni dotali ( art.1549). La donna aveva, invece, l’amministrazione e
beni “parafenali”, cioè i beni di sua proprietà che non erano stati costituiti in dote; ma anche di questi beni
non le era concessa la libera disponibilità, per qualsiasi atto doveva chiedere l’autorizzazione del marito. (
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art. 1538) L’art.1538 diceva “In nessun caso, né in forza di qualunque situazione, la moglie può alienare i
suoi beni immobili senza speciale assenso del marito o, in caso di rifiuto, senza autorizzazione giudiziale.
Nel contratto di matrimonio si poteva decidere di maritarsi senza comunione, ma ciò non consentiva alla
moglie di amministrare i suoi beni, né di percepirne i frutti. Questi frutti si ritengono assegnati al mariti per
sostenere le spese del matrimonio. ”
Divorzio ( sempre nel codice napoleonico), e le norme relative alla separazione personale:
Art.229 Potrà il marito domandare il divorzio per causa di adulterio della moglie.
Art.230 Potrà la moglie domandare il divorzio per causa del marito allorché egli avrà tenuta la sua
concubina nella casa comune. LEGGERE p.78 catalogo mostra
Art.298 iN caso di divorzio per adulterio il coniuge colpevole non potrà mai maritarsi col suo complice. La
donna adultera sarà condannata, con la stessa sentenza, in una casa di correzione, per un periodo non
inferiore a tre mesi e non superiore a due anni.
Patria potestà sui figli
Esercitata dal padre, e alla sua morte, dalla madre, ma con precisi limiti: art.391 il marito poteva, nel
testamento, designare un consulente speciale, senza il cui parere la madre tutrice non potrà fare alcun atto
relativo alla tutela
Art.395 se la madre tutrice si risposa, dovrà riunirsi il consiglio di famiglia, per decidere se conservarle o
meno la tutela.
Art.396 Il nuovo marito diventerà automaticamente cotutore, e diventerà responsabile insieme alla moglie
responsabile dell’amministrazione. Cioè la madre per prendere decisioni sui beni dei figli dovrà avere
l’autorizzazione maritale.
Il Codice napoleonico, peraltro, riconosceva alle donne possibilità di mantenere il proprio cognome,
secondo un costume già diffuso in alcune regioni della Francia.
Inoltre fu abolito il maggiorascato, cioè la destinazione del grosso dei beni familiari al primogenito, e le
figlie ottennero il diritto di ereditare al pari dei fratelli, e la possibilità d’amministrare il proprio
patrimonio, finché nubili.
Con la Restaurazione, quest’ultimo diritto fu in parte limitato dal Consiglio di famiglia.
In Italia fu introdotto il Codice napoleonico. Ma col ritorno dei vecchi principi fu abolito il divorzio, e
ammessa la sola separazione, mantenendo le stesse norme previste per il divorzio.
Inoltre, vennero ripristinate le limitazioni nei diritti successori.
Molto simile a quella francese era la legislazione familiare inglese. Fino al 1857 è proibito alla donna di
promuovere azione civile contro il marito. Nel 1839, tuttavia, l’Infant Custody Bill dette alla moglie
separata parziali diritti di custodia dei bambini. La sua approvazione si dovette alla campagna condotta,
attraverso due pamphlets, dalla romanziera Caroline Norton, nipote di Richard Sheridan, sul proprio caso:
accusata di adulterio era stata privata dei figli dal marito.
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Nel Codice civile austriaco le disposizioni sono più favorevoli alle donne
La moglie continuava a disporre liberamente del suo patrimonio, dei beni già posseduti, e di quelli acquistati
o ereditati dopo il matrimonio poteva stare in giudizio e stipulare contratti senza richiedere il permesso del
marito. Per i beni dotali ci si comportava secondo gli accordi tra i coniugi, e, quindi secondo le usanze. Era
peraltro ammesso che i coniugi stipulassero diversi accordi riguardo alla gestione dei beni ( art.1237).
Il divorzio era ammesso. Leggere p.78 catalogo mostra. Le madri potevano essere tutrici, ma solo dei propri
figli.
Particolare era la situazione delle donne commercianti, alle quali già i codici della repubblica genovese e
alcuni statuti comunali riconoscevano autonomia gestionale, e responsabilità penale.
Nel Codice austriaco erano a loro nome tassazione, e amministrazione, quindi erano pienamente titolari della
loro attività ( Codice teresiano)
Nel Codice napoleonico la donna commerciante ebbe il riconoscimento della sua attività come autonoma e
non dipendente dal marito; ma per stare in giudizio per cause relative ai suoi affari doveva avere
l’autorizzazione maritale. La stessa norma era contenuta nel Codice del Regno di Napoli; mentre il codice
nel ducato di Parma ( Maria Luigia d’Austria) subordinò la capacità della donna esercente un traffico suo
proprio a contrarre le necessarie obbligazioni, alla preventiva approvazione del marito delle sue attività.
Il Codice Albertino consentiva alla commerciante di stare in giudizio per cause relative ai suoi commerci
senza l’autorizzazione del marito; come glielo consentiva il motuproprio del Granduca di Toscana nel
1838.
La legge, dunque esplicita la supremazia maritale. L’uomo sceglie la casa, l’educazione dei figli, la
moglie assume la nazionalità del marito, che è investito del dovere di sorvegliare l’onore della moglie.
La famiglia è fondamento dell’ordine sociale, luogo dove l’individuo donna trova la sua realizzazione, e
l’individuo maschio la gioia e il riposo, dopo aver svolto importanti lavori e governato il mondo.
VOTO
Là dove, anche con la Restaurazione, rimangono forme di rappresentanza parlamentare ( Francia,
Inghilterra), le donne sono escluse dal diritto di voto, del resto su base censitaria, ed estremamente
ristretta Gran Bretagna: Reform Bill 1832 ridisegna le circoscrizioni elettorali (borghi putridi) e à il voto
a tutti i proprietari di abitazione.
Nelle istanze locali le proprietarie votano, nei paesi dell’impero Austro-Ungarico, per delega,
nell’elezione dei consigli comunali. Questo sistema vige anche in Toscana, motu-proprio 1838.
Nella rivoluzione del 1848, in Francia, viene posta la questione del diritto di voto alle donne.
Le donne votano nei consigli scolastici, e possono essere elette consigliere, in vari stati degli Usa. Qui negli
ultimi decenni del secolo, gli stati meno popolati per primi, e più tardi gli altri, cominciano a concedere alle
donne il diritto di voto (altrimenti non avrebbero, i primi un numero sufficiente di votanti per essere accolti
nell’Unione) .
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Nel 1832 il primo Reform Bill per la riforma elettorale là dove si indicano coloro che hanno diritto al voto
sostituisce alla parola man, male person, indicando per la prima volta esplicitamente l’esclusione delle
donne. Successivamente, anche le donne inglesi, come quelle statiunitensi, se sono contribuenti esercitano
a livello locale funzioni identiche a quelle degli uomini, nel settore dell’igiene, dell’assistenza, della scuola
dei problemi parrocchiali.
Queste possibilità erano precluse alle donne dei paesi cattolici dove queste attività erano controllate
dallo stato centrale, o dalla chiesa, e dove i fedeli non collaboravano in maniera significativa alla gestione
delle parrocchie.
Legislazione civile in genere.
Legislazione del lavoro, solo nella seconda metà del secolo.
Violenza carnale: le pene sono dure, ma accorrono testimonianze “solide”, e il violentatore può cercare di
dimostrare la complicità della donna. In genere solo per le minori, sotto i 15-16 anni la legge viene
completamente applicata.
Procurato aborto ed infanticidio In Francia nel 1791 chi procura l’aborto può essere condannato a 20 anni
di carcere; la donna se consenziente riceve una punizione più leggera. Il Codice penale del 1810 punisce con
la morte l’infanticidio e prevede la condanna, in caso di procurato aborto anche della donna non
consenziente.
IN Francia non si distingue, in caso d’infanticidio, tra maternità legittima e maternità illegittima. Nella
maggior parte dei codici europei era prevista un’attenuazione della pena, se il delitto era stato commesso per
“difendere l’onore della madre.
Le imputate erano soprattutto ragazze nubili, molto giovani, lontane da casa per lavoro, soprattutto serve,
braccianti girovaghe- operaie delle filande, ma in misura assai minore, perché la fabbrica consentiva il
ricrearsi di piccole reti di complicità tra donne, anche se spesso erano le più giovani e le forestiere ad esserne
escluse. In genere queste ragazze, proprio perché lontane dalla famiglia e dal luogo d’origine, erano prive
della difesa, della complicità e dell’omertà, di cui <avrebbero potuto godere, se fossero rimaste all’interno di
quella rete di complicità femminile, che trasmetteva informazioni su come risolvere la faccenda , e su come
salvare l’onore:
-
rudimentali, e poco affidabili metodi anticoncezionali
-
sistemi abortivi, indirizzi di “mammane”
-
ruote dove esporre il neonato, sistema questo che peraltro non consentiva di nascondere il parto, ed
infatti era praticato dalle coppie sposate, e da donne già “disonorate”. Si metteva il neonato nella ruota, e
dall’altra parte qualcuno del convento, o dell’istituto laico, lo raccoglieva. SPesso tra gli abiti vi era
segni di riconoscimento, e i genitori talvolta si riprendevano il bambino già grandicello, e in età da
lavorare. Allattati da balie, che dovevano nutrire anche 10 e più bambini, e in genere erano donne le più
disgraziate, o da capre, i bambini morivano con un tasso ancora più alto dei non esposti.
Prostituzione
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Le operaie, talvolta, arrotondavano. Si scrive molto su questo. Ma il fronte della prostituzione è molto più
ampio, e ad alimentarne le file sono soprattutto le dex-domestiche, sedotte dai padroni, le serve di fattoria,
sedotte dai padroni o da compagni di lavoro.
Nella seconda metà del secolo s’inaspriscono i regolamenti di polizia, schedando le ragazze che vengono
sorprese ad adescare uomini, e costringendole a visite mediche periodiche, per rilevare se fosserpo affette da
malattie sessualmente trasmissibile, e in tal caso ricoverandole forzatamente nei sifilocomiospedali/prigione.
Lavoro
In età moderna .Le donne lavorano soprattutto a fianco dei mariti.
Molto come domestiche. Alcune di loro si trasferiscono dalle campagne più povere verso le città.
Le ragazze delle famiglie abbienti vivono poco con i genitori, vengono educate, ma non istruite nei
conventi.
In realtà le donne hanno sempre lavorato, dentro e fuori casa.
. Donne filavano, tessevano, cucivano, lavavano i panni in casa propria.Donne nubili e sposate vendevano
merci nei mercati, erano commercianti e venditrici ambulanti, si offrivano come braccianti occasionali,
bambinaie, lavandaie, in casa d’altri, facevano ceramiche sete, merletti, vestiti, oggetti di metallo,
ferramenta, tessuti, stampavano tele, nei laboratori.
Se il lavoro era in conflitto con la cura dei bambini, mandavano i figli a balia.
Tuttavia, c’è da dire che le mogli e madri, in genere svolgevano questi lavori, nella città e nel paese dove
vivevano; solo le più povere, le vedove, si assentavano da casa, per migrazioni il più delle volte stagionali,
legate ad occupazioni stagionali- braccianti, trattrici di seta, facchine, mondariso, balie da latte. Più
raramente, e soprattutto tra le madri nubili, affidando il figlio ad una parente- madre, sorella- andavano a
servizio, o in qualche laboratorio cittadino.
A muoversi, e per lunghi periodi ed anche su lunghe distanze- lavoranti di fattoria, serve, cameriere- erano
giovani e giovanissime nubili.
Alcune persistenze nel carattere del lavoro femminile
1) Il lavoro femminile non è un semplice complemento del lavoro maschile del capofamiglia; esso è
spesso un’esperienza autonoma non solo per la donne- numerose anche nel passato- che vivono n olivine
o comunque senza uomini, ma anche per molte donne sposate. Lo schema interpretativo dell’economia
familiare, utile per capire alcuni lineamenti del lavoro delle donne ha finito per essere una gabbia entro
cui il lavoro femminile si è sovraccaricato di un artificiale connotato di residualità, rispetto alla centralità
del lavoro maschile. In realtà il mantenimento della famiglia può essere compito demandato alle donne,
nei momenti di disoccupazione o di assenza delle figure maschili; e in talune economie contadine- come
quelle mezzadrili- sono spesso le donne a garantire con il loro lavoro il rapporto con il mercato,
svolgendo attività del tutto separate o diverse da quelle del nucleo familiare. Il che ridimensiona anche il
21
ruolo produttivo degli uomini, provando che la partecipazione ai processi produttivi è per tutti, uomini e
donne, il risultato i un’interazione fra strategie domestiche e mercato del lavoro.
2) Detto questo, l’andare e venire dal mercato del lavoro, la minore identificazione con un mestiere, la
“debolezza” e il bisogno di protezione, sono fattori che hanno consentito alle donne di assolvere funzioni
molteplici: Questa ars combinatoria di varie forme di reddito è stata vista da Giuseppe DE Rita come uno
degli elementi caratteristici della capacità adattativa della famiglia italiana.
3) Il minore valore ad esso attribuito.
4) A lungo persiste il fatto che la maggioranza della forza-lavoro femminile era costituita da giovani e
giovanissime.
Primissima rivoluzione industriale:
Uomini e donne dal lavoro a domicilio,dalla bottega sono trascinati nelle manifatture
l’industrializzazione.
CIoè quel fenomeno che porta la produzione di macchine, prodotti vari, dai tessuti alla carne in scatola, di
mezzi di trasporto, ecc. dalla “bottega” alla fabbrica, come luogo in cui si concentrano macchine
necessarie a trasformare una determinata materia prima, in un oggetto che può essere un prodotto finito,
p.es. raramente, p.es. pomodori in scatola, o in un semi-lavorato, cioè un qualcosa che solo attraverso fasi
successive di lavorazione diventa un oggetto: da una lamiera uno scaldabagno, da un filato un tessuto,
ecc.
Perché si parli d’industrializzazione dunque ci devono essere.
Fabbriche, Capitali, Un certo progresso tecnologico, Dei lavoratori che non abbiano altri mezzi di
sussistenza, Che questi lavoratori non possiedano più i loro mezzi di produzione.
1) Fabbriche, ma esistevano anche prima, per alcuni prodotti, seta, vetro, carta.
2) Capitali, per creare la medesima, pagare i lavoratori, le macchine
3) Un certo progresso tecnologico, che renda conveniente trasportare una determinata lavorazione in
fabbrica dalla bottega artigiana. Esempio della filatura, che prima si svolgeva a domicilio, come la
tessitura che più tardi si svolge in fabbrica anch’essa.
4) Dei lavoratori che non abbiano altri mezzi di sussistenza, o che non dispongano di mezzi di
sussistenza sufficienti, e che siano quindi disposti a fare una cosa “sconveniente” come lavorare
“sotto padrone”.
5)
Che questi lavoratori non possiedano più i loro mezzi di produzione. ( bottega, terra)
6)
Che i mezzi di produzione, a cominciare dallaterra, che è uno dei modi, ma non l’unico, in cui si
possono accumulare capitali, siano liberamente commerciabili. Germania p.es., nel nord-est la terra
non è liberamente commerciabile, ma nel resto del paese la rivoluzione industriale avviene lo stesso.
7) Quando le macchine sono entrate nel processo di produzione, quando il lavoratore non possiede più i
mezzi di produzione ( appunto le macchine troppo costose per un artigiano) Marx, ed altri, parlano di
rivoluzione industriale.
22
8) Non tutti i mezzi di produzione vengono sottratti nello stesso momento al lavoratore/lavoratrice, per
es. tessitori, o tessitrici, secondo le zone e secondo i periodi, la tessitura è appannaggio maschile o
femminile, in genere all’epoca della prima industrializzazione, è maschile portano in una prima fase il
telaio in fabbrica, con i familiari, moglie e/o figli come assistenti. Con l’introduzione del telaio
meccanico la tessitura diventa quasi dovunque occupazione femminile: una donna sorveglia due-tre, e
oltre telai. Oppure il fabbro, il falegname vanno in fabbrica con i loro arnesi. Gli industriali
preferiscono assumere le donne perché vengono pagate meno, e i minori.
9)
Quella che si chiama rivoluzione industriale avviene in diversi momenti, in diversi paesi. Si
considera luogo d’inizio l’Inghilterra del 700 che la esporta all’estero. Ma prima approfitta della
posizione di monopolio
10) Avviene in modi in parte diversi da paese a paese, p.es. in Inghilterra è preceduto una profonda
trasformazione dei rapporti di produzione della terra, e da un periodo di prosperità agricola.
La richiesta di grandi quantità di manodopera fa sì che ci si rivolga anche alle donne.
Ma ci sono anche altri motivi: a) alcune attività come la filatura erano tradizionalmente femminili.
(L’industria tessile è la prima a meccanizzarsi).b) L’iniziale prassi di portare in fabbrica l’intera
famiglia, ancora organizzata come unità produttiva autonoma. c) Il minor costo del lavoro femminile; d) il
minor investimento sulle figlie che la famiglia faceva, non pensando per esse alla carriera, ed avviandole
tendenzialmente al lavoro prima dei maschi.
Questi due ultimi motivi sono particolarmente evidenziati da J. Scott nel suo contributo La donna
lavoratrice nel XIX secolo, in La storia delle donne. L’800.
Aggiunge la maggiore ricattabilità delle donne che pensano al nutrimento, all’educazione dei figli, e
accettano per il loro bene peggiori condizioni di lavoro. Considerato che la maggior parte delle lavoratrici
sono nubili sembrerebbe un motivo poco importante,ma diventa più significativo se consideriamo oltre
alle madri, le figlie e le sorelle, e tutta l’educazione delle fanciulle che, senza distinzioni i clase le
educava al sacrificio per la famiglia, e in particolare per i maschi i casa (considerazioni frutto i stui
successivi)
Dove lavorano le donne:
nelle grandi manifatture tessili, come filatrici e come tessitrici, come attaccafili per i mariti, ma
questo lavoro lo fanno soprattutto i bambini/e con l’introduzione dei telai meccanici come tessitrici.
Nelle prime manifatture, le filande, vanno le donne, mentre gli uomini continuano a tessere a domicilio.
La tessitura poteva essere l’unico impegno della famiglia, oppure si affiancava all’attività agricola. Nel
700 la famiglia ormai tesseva la lana non in proprio, o per vari clienti, ma per un unico maestro
pannaiolo, che acquista la lana e paga per la filatura, la tessitura, l’orditura, la tintura. Facciamo il
caso dell’Inghilterra: ciò avveniva già nel West Country, al Nord, mentre nello Yorkshire esistevano
ancora tessitori “indipendenti”, che lavoravano per più mercanti, e si procuravano da soli la materia
prima. Dalle 5 del mattino alle 8 sera sta al telaio tutta la famiglia. Si facevano pezze, nastri e calze
23
Durante le guerre napoleoniche si approfittò delle difficoltà del commercio, per ridurre i salari ai tessitori
a domicilio. Quando il mercato era fiacco, i manifatturieri approfittarono della situazione dando lavoro a
domicilio a tessitori pronti per a disperazione ad accettare qualsiasi tariffa, per produrre grandi quantità di
merce in un momento in cui non erano vendibili. Con il ritorno della domanda, gli articoli furono immessi
sul mercato a prezzo ridotto, così che ad ogni recessione succedeva un periodo in cui il mercato era saturo
di prodotti a basso prezzo che comprimevano i salari al livello di crisi. Il numero dei tessitori aumentò
senza interruzione, poiché la tessitura rappresentava dopo il bracciantato e la manovalanza semplice, la
grande risorsa dei disoccupati del Nord.- Thompson Quindi prima ancora dell’introduzione del telaio
meccanico, già i manifatturieri avevano vinto il braccio di ferro con i tessitori-.
Con l’introduzione dei telai meccanici s’iniziano ad assumere donne. La tessitura a domicilio viene
emarginata, perché più conveniente -si producono le pezze a un costo più basso, quella nelle
manifatture.
Vari decenni dopo i Sella nel Biellese ricorsero al sistema di affiancare la tessitura a domicilio con quella
in fabbrica, fatta da donne., per costringere poi i maschi stessi a diventare operai, ma allora era già stata
introdotta la spoletta meccanica.
Cotone, juta si filano in manifattura.
Con la rivoluzione industriale La società viene ristruttura sulla base delle esigenze del capitale e della
produzione industriale.
E anche la vita degli individui e le relazioni interpersonali risultano condizionate e trasformate, ivi
compresi, sia pure lentamente anche le relazioni tra i sessi, sia a livello pubblico sia, ancora più
lentamente, privato.
Nella prima fase della rivoluzione industriale il settore trainante è il tessile, e elevato è l’impiego di
manodopera femminile e minorile
In quella che viene considerata la seconda fase settore di punta diventa il meccanico, la
cantieristica, la metallurgica, grazie all’uso di tecnologie e macchinari più complessi., e dell’energia
elettrica.
L’enorme incremento delle risorse finanziarie crea le premesse per lo sviluppo di nuovi settori industriali,
che richiedono investimenti di capitali molto più massicci del tessile: l’industria mineraria e l’industria
pesante ( siderurgia, metallurgia, cantieristica). Queste si affermano intorno al 1840, con la rivoluzione
dei trasporti, dovuta alla nave a vapore e alla locomotiva. Nel 1830 si ha la prima ferrovia, non a caso
la Liverpool-Manchester.
Diminuisce di rilevanza la presenza femminile nella seconda fase dell’industrializzazione, quella
caratterizzata meccanica, e sviluppo tecnologico.
L’introduzione di processi seriali nella produzione industriale- taylorismo- vede l’ingresso delle
donne in settori d’industria maschile, nel periodo che inizia con la prima guerra mondiale.
La terziarizzazione, più o meno negli stessi anni cresce la presenza femminile nel terziario, mentre
già le maestre superavano di numero i maestri. Lo sviluppo dell’istruzione anche femminile
24
Legislazione sociale per uomini e donne, e la questione della specificità femminile.
Nel nostro discorso faremo essenzialmente riferimento a due casi: l’Inghilterra first comer della
rivoluzione industriale e l’Italia, paese nel quale la rivoluzione industriale inizia circa 100 anni dopo.
GENERE E LAVORO
Entrambi i sessi vivono, come ben ha messo in rilievo Thompson, la separazione tra lavoro e vita,
che nella società preindustriale industriale erano spesso intrecciati
Che assume diverse forme: tra luogo di vita e luogo di lavoro, ,
la separazione tra lavoro industriale e lavoro agricolo ( processo traumatico in Inghilterra, lento in
Italia dove permane a lungo la figura dell’operaio-contadino, a sostituire il contadino-operaio (tessitore a
domicilio, operaio per un certo numero di mesi l’anno, visto che molti settori industriali non si lavorava
tutto l’anno, vetrerie e laterizi, seta, mentre una delle conseguenze dell’industrializzazione, grazie al
progresso tecnico che si mette in moto, si arriverà a lavorare ininterrottamente o quasi per tutto l’anno .
La lenta rottura del rapporto patriarcale che legava dipendente e datore di lavoro( autorità e
patronage insieme ) nella bottega artigiana e nell’agricoltura. Anche in questo caso peraltro il
paternalismo industriale interviene a mantenere un rapporto di tipo paternalistico grazie a
strutture di assistenza ( case,scuole che affiancano
peraltro piegandolo alle esigenze della
produzione, quantomeno fino alla diffusione di taylorismo e fordismo e l’adozione di una politica
assistenzialricreativa)
Sperimentano una diversa scansione del tempo, determinata dall’esigenze della produzione.
L’imposizione di un rigido orario di lavoro.
( Edward P.Thompson, Società patrizia e cultura peblea, Torino, Einaudi, 1981)
Trasferimenti da un luogo d’abitazione ad un altro, anche se non sempre necessario, p.es. in Italia
industria diffusa, soprattutto là dove si può sfruttare la forza motrice fornita dai corsi d’acqua e la docilità
della popolazione rurale. ( verso i centri industriali Thompson inghilterra, Merli Italia,
migrazioni di breve e lungo raggio.
Le rotture col vecchio mondo e col vecchio lavoro industriale riguardano entrambi i sessi . ma i due
generi si presentano sul mercato del lavoro e si collocano al suo interno in condizioni diverse ( il che
peraltro avveniva anche nelle società preindustriali). Vedremo perché e come
Saraceno ( Carpi, in P.Nava (a cura di), Operaie, serve, maestre, impiegate, Torino, Rosenber & Sellier,
1992, Introduzione, p.12) : il genere e il lavoro sono due costrutti sociali in qualche misura
interdipendenti: non solo perché vi è un rapporto tra la definizione di genere ( soprattutto femminile)
prevalente e il legame col lavoro, e viceversa tra opportunità di lavoro e definizioni dell’identità sociale in
genere, ma anche perché il ”genere del lavoro, o meglio della lavoratrice/lavoratore, spesso costituisce un
elemento per il riconoscimento di status di lavoro al lavoro stesso, per la definizione delle gerarchie
occupazionali, anche nelle loro conseguenze< sul piano del prestigio del la remunerazione, e, proprio a
seguito dell’avvento della società industriale, delle garanzie di sicurezza sociale.
Sullerot, La donna e il lavoro, Etas Kompas, Milano 1969.
25
- Uomini e donne si presentano diversamente sul mercato del lavoro soprattutto perché: agiscono in
una società caratterizzata da quello che è stato definito patriarcato liberale, in cui se all’individuo
maschio è stato riconosciuto, almeno in linea teorico la piena dignità di depositario di diritti
inalienabili, libertà personale, proprietà ecc, anche se dall’esercizio di questi diritti per buona parte
del XIX secolo, quantomeno, le classi subalterne, e non proprietarie verranno escluse, gli stessi diritti
non sono stati riconosciuti alle donne, che continuano ad essere sottoposte all’autorità e al controllo
maschile, mentre su di loro grava intero , o delegato in parte al personale di servizio, la cura della casa e
della famiglia. Questo è un impegno che proprio in quegli anni si fa più complesso, per la maggiore
importanza che la società “borghese”, in senso weberiano, attribuisce alla cura della casa e dei figli,
Diventa più importane la sfera familiare, e si fa più netta la separazione tra luoghi extradomestici deputati
alla produzione e spazi domestici deputati alla riproduzione e al consumo.
La lavoratrice, dunque, subisce la trasformazione industriale sotto due aspetti: come fornitrice di forzalavoro propria, così come il lavoratore, come riproduttrice/curatrice/accuditrice/educatrice della
nuova forza-lavoro, vale e dire di futuri lavoratori e lavoratrici
La doppia presenza, il ruolo familiare della donna influiscono notevolmente sulla sua collocazione
nel mondo del lavoro, subalterna, e sul discorso che riformatori e filantropi, rivoluzionari e
sindacalisti, medici ed igienisti, governanti, fanno sulla donna lavoratrice. Tornando a Scott, essa
mette in luce come ETA’
Ancora nei primi decenni del XIX secolo la maggioranza della forza-lavoro femminile era costituita da
ragazze sotto i 25 anni. E nella maggior parte dei paesi industrializzati dell’occidente, il servizio
domestico superava il lavoro tessile come impiego femminil:
In Inghilterra nel 1851, il 40% delle lavoratrici erano domestiche, il 22% tessili.
In Francia, nel 1866, le percentuali erano il 22% nel servizio domestico e il 10% nel tessile.
In Prussia, nel 1882 le domestiche costituivano il 18% della forza lavoro, le operaie il 12%.
Dunque, per la massa della popolazione femminile salariata, il trasferimento non fu dal lavoro
casalingo al lavoro fuori casa, ma da un tipo di posto di lavoro all’altro.
Dai campi, dalle fattorie, dal servizio domestico, dai piccoli laboratori, alle fabbriche, e ai laboratori, di
grandi dimensioni come operaie; e più avanti nelle fabbriche e negli uffici pubblici- poste, telegrafo,
telefoni- e privati come impiegate .Nei negozi e nei grandi magazzini come commesse; nelle scuole come
insegnanti; negli ospedali come infermiere, e più avanti come medici.
Negli Stati Uniti, per esempio, nel 1870 il 50% delle donne salariate erano domestiche; nel 1940 quasi il
20% delle donne salariate erano impiegate.
Le prime lavoratrici “moderne” sono giovani.
Per quanto riguarda l’età:
In Francia, nella città tessile di Roubaix, l’82% delle donne impiegate era sotto i trent’anni.
A Stockport, In Inghilterra, nel 1841, l’età media delle donne tessitrici era di vent’anni, e nel 1861 di 24.
26
Negli stabilimenti di Lowell, nel Massachussetts, negli anni 30 e 40, l’80% delle lavoratrici aveva tra i
15 e i 30 anni; negli anni 60, quando le immigrate sostituirono le ragazze provenienti dalla campagna, la
forza lavoro era ancora più giovane, con un’età media di vent’anni.
Disparità salariale.
Perché questo largo impiego di manodopera femminile, soprattutto in quella che abbiamo definito prima
fase:
perché la si può pagare meno
Perché le donne sono pagate di meno?
Le donne lavorano in settori determinati. Lavori da donne, segregazione professionale:
Le donne che lavorano sono, in maggioranza, molto giovani.
Le famiglie non investono sul lavoro delle figlie.
Il lavoro femminile è di per se stesso, in quanto femminile, generico.Nei libri matricola solo
“operaie” o addirittura “donne”
Merli perché costa<meno , e sempre Merli ma anche Scott, in, perché è più docile,( j.W.Scott, La donna
lavoratrice nel XX secolo, in Storia delle donne in Occidente. L’Ottocento, a cura di G.Fraisse e M.Perrot,
Sempre J.Scott, ricevano un salario più basso è universalmente accettato, da loro come dalle loro
famiglie, perché era socialmente “obbligatorio” che le donne fossero retribuite meno degli uomini, stante
l’indiscussa supremazia di questi ultimi; dunque, la retribuzione deve essere minore.
Altro motivo manca d’istruzione professionale . le famiglie non investono nell’istruzione professionale
femminile: se possono permettersi di posticipare il guadagno delle figlie le mandano a imparare a
fare le sarte, e le ricamatrici, (Soldani Simonetta(a cura di), L'educazione delle donne. Scuole e modelli
di vita femminile nell'Italia dell'800, Milano, Franco Angeli,)
altrimenti le mandano in fabbrica giovanissime, mentre magari qualche figlio frequenta la scuola
professionale o svolge un periodo d’apprendistato in modo da ottenere una specializzazione, e una
migliore collocazione sul mercato del lavoro
Gli industriali preferiscono le donne perché sono più docili, essendo abituate ad obbedire, ad essere
subalterne a genitori e mariti; perché si accontentano di un salario minore e sono più ricattabili, in quanto
esse si sentono più responsabili dei maschi nei confronti della famiglia, e dei figli in particolare.
Segregazione professionale
Tessile ed abbigliamento Abbigliamento resta, anche quando si va concentrato in laboratori- ma molto
continua a svolgersi a domicilio-un settore a grande prevalenza femminile.
, e in parte alimentare,
Le donne vengono relegate ai livelli più bassi come “generiche” anche se talvolta sono maestre ( tessile)
collaudatrici ( nella produzione di munizioni perché il loro lavoro è considerato legato alla fisicità e alle
doti naturali
La cancellazione delle specifiche funzioni delle lavoratrici è il segno del non riconoscimento delle
professionalità femminili; è il segno, anche e soprattutto, del non valore attribuito al lavoro delle
27
donne. Questo non valore discende da un complesso di fattori, dall’accessorietà sociale di questo
lavoro, in casa o fuori casa che sia, al suo scarso “valore aggiunto, essendo le loro capacità frutto
più di pratica che d’istruzione. Al centro di questa concezione sta l’appiattimento della
“professionalità” delle lavoratrici sulle caratteristiche fisiologiche e psicologiche della natura
femminile: le piccole mani delle attaccafili e delle torcitrici di seta, la pazienza e l’attenzione delle
tornitrici, delle collaudatrici di munizioni..
Le campagne
Le nubili vanno in fabbrica, le coniugate si occupano della terra; le madri e i bambini lavorano di più sulla
terra perché le ragazze, i ragazzi, e sempre più ( Piva Marghera) parte dei maschi adulti si recano in
fabbrica.
Aumenta dell’offerta di lavoro nel terziario, istruzione, commercio, comunicazioni.- Le maestre e le
prime impiegate uffici anche se qui tende a riprodursi la divisione tra lavori da uomini e lavori da donne,
e la segregazione professionale femminile.
Ugualmente, nel terziario, negli stessi anni, si affidano alle donne le professioni di maestra ed
infermiera, e, più avanti, di professoressa e di medico pediatra, in quanto estensioni del loro ruolo
materno-assistenziale, e quelle di dattilografa, segretaria, perché più attente, pazienti e tolleranti
della monotonia.
Lavoro/emancipazione e cittadinanza.
Rapporto tra lavoro/emancipazione/cittadinanza viene riconosciuta agli uomini, ma per lungo tempo non
alle donne, alle quali la legge limita le possibilità di accesso in alcuni settori del mondo del lavoro
(carriere).
Un testo classico, il volume di Joan Scott e Louise Tilly, Donne, lavoro e famiglia nell'evoluzione della
società capitalistica, Bari, De Donato, 1981, sottolinea come le giovani lavoratrici non presentassero
spiccati caratteri di autonomia rispetto alla famiglia di origine anche là dove vivessero lontano da questa:
le domestiche, giovanissime, di norma ricevevano solo parte del loro salario, o niente del tutto, in quanto
esso veniva direttamente versato dai padroni ai genitori.
Le operaie del tessile spesso vivevano in “pensionati”, o piuttosto in dormitori, “sorvegliati da suore,
o da personale laico, o una via di mezzo, e quindi godevano di pochissima libertà di movimento. Anche
gli industriali di frequente versavano, o inviavano, il salario ai genitori, così come, per i maschi,
avveniva nel caso di giovanissimi apprendisti, che dl resto guadagnavano meno delle sorelle operaie, che
venivano mandate al lavoro prima di loro.
Presenza delle donne nella prima fase dell’industrializzazione
Censimento industriale 1876 ( Merli p.90):
industrie
Maschi
Femmine
Fanciulli
Totale
Per
1000
abitanti
Seta
15.692
Cotone
15.558
120.428 (60%)
27.309
64.273 (32%)
200.393
7,15
11.174
54.041
1,93
28
(50,5%)
Lana
12.544
7.765 (31%)
(20,6%)
4.621
24.930
0,89
(18,6%)
Carta
Cappelli
dì
7.412
7.144
2.756
17.312
0,23
3.869
887
561
5.317
0,19
1.122
10.734
0,38
6.403
0,23
15.654
0,56
feltro
Conce
(16,6%)
di
9.487
125 (1%)
pelli
Officine
(10,4%)
6.376
3
1.947
13.707 87,5%
24
delle strade
ferrate
Manifatture
di tabacchi
La statistica dell’Ellena non comprendeva industrie come quella mineraria, siderurgica, meccanica,
chimica, vetraria, dell’alimentazione, muraria, cantieristica, del vestiario, tipografica e litografica.
Commentare. La presenza femminile e minorile è molto forte soprattutto nel tessile, e nella manifattura
tabacchi che è azienda di stato.
Nel 1876 le donne sono il 60% degli addetti nella lavorazione della seta , il 50,5% in quella del cotone ,
sono solo 3 su 6,.406 addetti alle officine delle strade ferrate ( non sono considerati il settore meccanico e
metallurgico)..
Engels, La condizione della classe operaia in Inghilterra.
1844 il sistema di fabbrica è largamente diffuso, soprattutto nel tessile. Nei cotonifici le macchine hanno
determinato il ricorso alla manodopera femminile, e s’impiegano largamente bambini, e soprattutto
bambine.
Nell’abbigliamento ancora di più, sartorie, modisterie, anche nella fabbricazione di calze, pizzi. Ecc. Ma
le donne lavorano anche nelle miniere, e svolgono ogni genere di lavoro di fatica, compreso il
trasporto di materiali edilizi.
Le donne sono soprattutto nubili, e i medici e gli ispettori lamentano che queste, una volta maritate, anche
se cessano di lavorare fuori, non sanno nulla del governo della casa, perché sono state per anni chiuse
in fabbrica, o in laboratorio, fino a 16 ore. Le fatiche del lavoro ne hanno minato il fisico: i parti sono
difficili, e gli aborti frequenti. Tanto più difficili e frequenti per coloro che continuano a lavorare, anche
se in gravidanza, fino al momento del parto.
Le donne e i minori sono largamente impiegati nell’industria estrattiva. Più minuti, sono più adatti/e a
spingere i carrelli, in questo lavoro vengono impiegate soprattutto ragazze oltre i dodici anni. Bambine
più piccole
L’istruzione è poco curata, e del resto i bambini frequentano la scuola per poco tempo, e talvolta già
lavorano.
29
La miseria, la fatica, la scarsa alimentazione, e la scarsa igiene, e le cattive condizioni degli slums operai
provocano malattie respiratorie, gastrointestinali, epidemie di tifo.
Tuttavia
Michelle Perrot in “Uscire” sottolinea o spostamento da un luogo all’altro, il mutamento delle
condizioni di vita, il contatto con nuovi mondi.
Anche per la femminista Anna Maria Mozzoni, fondamentale è l’uscita, per un buon numero di ore al
giorno, dall’ambito “patriarcale” della famiglia, per andare in un luogo non piacevole, certo, ma dove
s’incontrano altre donne, altre esperienze, si può sentir parlare di diritti dei lavoratori, di società diversa,
persino di diritti delle lavoratrici.
Mozzoni “ Voi non avete che un’arma, il lavoro e l’indipendenza economica che ne consegue; e
soprattutto il lavoro collettivo dell’opificio che vi porta fuori dalle mura domestiche in una cerchia di
interessi e di idee uguali a quelli dei vostri compagni” ( L’organizzazione dei lavoratori , conferenza
tenuta il 3 maggio 1891 a Cremona)
A.Kuliscioff “ La macchina, la grande forza rivoluzionaria dell’industria, ha rivoluzionato anche la
donna, l’ha prima di tutto emancipata dalla pentola e messa in condizione di lotta per l’esistenza uguali a
quelle dell’uomo. L’ha resa pari all’uomo nella miseria e nell’aspirazione a scuotere il giogo del
capitalismo. I famosi diritti politici e civili della donna, che sembravano un mera accademia, diventano
una necessità assoluta per le lavoratrici” ( Il sentimentalismo nella questione femminile, in “Critica
Sociale”, 1892, p.141).
La sfrontatezza delle giovani operaie A.Rossi Doria, pp.16-17
Per le giovani donne il lavoro in fabbrica, fuori da casa, assume una valenza ancora più ampia. Come ha
osservato Victoria De Grazia,
“Non c'era dunque da stupirsi che il periodo del lavoro in fabbrica fosse ricordato con piacere da quelle
che lo avevano sperimentato. I dieci anni circa, tra i quindici e i venticinque, coincidevano con
l'emancipazione dalla famiglia e con la giovinezza, con l'esercizio del mestiere e l'identificazione coi
risultati del lavoro. Le donne ricordavano l'attaccamento al lavoro, la stima dei capi, la precisione
necessaria. “Ero inattaccabile”, diceva una di loro. Finché lavoravano le donne nutrivano anche un forte
senso d’identità collettiva” 1.
Si riferisce ai primi due decenni del 900, ospiti dell’asilo Mariuccia.
La retribuzione più alta, l'opportunità di non lasciare il proprio paese, e soprattutto la maggiore
impersonalità dei rapporti gerarchici rendono il lavoro in fabbrica preferibile a quello di serva.
Anche di recente, 1995, Alessandra Pescarolo, nel suo saggio introduttivo alla sezione dedicata all’età
contemporanea nel volume, il Lavoro delle donne, torna a Scott e Tilly, e sottolinea con insistenza la
1
) V.De Grazia, Le donne nel regime fascista, Venezia, Marsiglia, 1993, p.260. De Grazia fa
riferimento, per queste sue considerazioni ai risultati di un'indagine sulle ex-allieve, condotta
negli anni Venti dalle operatrici dell'Asilo Mariuccia di Milano, istituto laico che accoglieva
fanciulle "discole" con difficili esperienze di vita alle spalle. L'indagine è commentata in
A.Buttafuoco, Le Mariuccine, Milano, Franco Angeli, 1985.
30
scarsa relazione tra comportamenti “emancipati” e lavoro fuori casa, soprattutto nell’industria, o
nell’insegnamento, mentre l impieghi e professione le paiono aprire più ampie prospettive.
La ricostruzione della Pescarolo appare un po’ schematica: è abbastanza ovvio considerare che le
femministe si trovino soprattutto tra le prime professioniste (sottovaluta il ruolo delle maestre). Di
qualche maggiore interesse la considerazione che il tasso più alto d’occupazione femminile, fin dagli
anni Venti del 900 si trova nelle famiglie d’impiegati e professionisti, che sono anche quelle dove da
all’ultimo decennio si trova nelle famiglie di professionisti ed impiegati, che sono anche quelle nelle
quali, si trova più di frequente la partecipazione delle donne alle scelte importanti della vita familiare, più
bassa tra quelle degli operai, e minima in quelle degli imprenditori.
Lavoro e cultura, dunque, svolgono un ruolo determinante per l’autonomia femminile.
Piuttosto irrilevante ci pare se e quanto del salario/stipendio figli e figlie, mogli e sorelle versassero
in casa, tanto più che nella famiglia operaia italiana tutti gli studi confermano che gli stipendi si
versavano alla madre, tenendo una piccola quota, concordata con sé- Solidea Tonarelli e l’autoriduzione.
Le donne nella politica ottocentesca.
Le prime donne impegnate nel movimento femminista saranno in buona parte non a caso
lavoratrici manuali ed intellettuali ( operaie- sciopero delle tessili a Lione nel 1834), cucitrici, tipografe
e egatrici, maestre, istitutrici, giornaliste.
IN Francia
Il socialismo utopistico recupera il femminile, in quanto le donne, più attente ai sentimenti,
svolgono un funzione civilizzatrice:
Charles Fourier ( 1772-1837) assume la posizione della donna come indicatore del livello di civiltà di una
società.
“ Il mutamento di un’epoca storica può sempre essere determinato dal progresso delle donne verso la
libertà, poiché nel rapporto della donna con l’uomo, del debole col forte, la vittoria della natura umana
sulla brutalità è più evidente”.
Il grado di emancipazione femminile è la misura del grado di emancipazione generale.
Concezione progressiva della storia dell’umanità, dallo stato selvaggio allo stato “armonico”. Dietro il
suo pensiero vi è la convinzione che la società più felice sia quella organizzata in modo tale da permettere
a tutti gli esseri umani un pieno sviluppo. Fourier peraltro non ritiene che tutte le donne siano fatte per la
vita domestica. A determinare l’oppressione e l’avvilimento delle donne è soprattutto il matrimonio, che è
anch’esso un fatto essenzialmente economico, al quale la maggior parte delle donne si piega perché non
dispone di un reddito sufficiente per vivere, cioè è priva d’autonomia economica, e perché soggetta alle
decisioni della famiglia.
Saint-Simon: la differenza biologica mostra la complementarità sociale tra i sessi. Le donne rappresentano
il sesso dell’affettività che hanno una misisione non solo familiare. Esse sono la fonte del sentimento
anche nella vita sociale
31
Robert Owen. Le cooperative, i falnsteri alleggeriscono i compiti di cura delle donne, e cercano un
diverso rapporto tra i sessi (libera scelta sentimentale, con i non pochi problemi che ne conseguono
soprattutto per le donne.
Su queste idee si fondano le esperienze dei Falansteri (vita in comune, per quanto riguarda istruzione
ed educazione, lavoro, consumi).
Ad accogliere queste idee sono soprattutto le lavoratrici- manuali ed intellettuali.
In Francia Flora Tristan, una ( 1803-1844, )figlia di una modesta ragazza francese e di un ricco giovane
peruviano, di Lima, che non l’aveva spostata; crebbe senza il padre; operaia colorista, nel 1821 sposa il
padrone. Scrive l’Union ouvriere, manuale destinato agli operai dei due sessi: di fronte al padronato
spietato, l’unica soluzione è la solidarietà e l’unione tra tutti i lavoratori (in Inghilterra aveva conosciuto
le Trades Unions, peraltro non ancora nazionalmente organizzate). Le donne devono avere gli stessi diritti
degli uomini, e la libertà personale.
Le sansimoniane Jeanne Deroin, cucitrice, studia e riesce a superare gli esami necessari, ed apre una
scuola per l’istruzione dei figli del popolo. Nel 1848 fonda insieme ad un gruppo di amiche, la più nota
Pauline Roland, come lei socialiste, il club dell’emancipazione delle donne, e collabora a diversi giornali
femministi. Nel 1849 viene candidata illegalmente, perché non era ammesso il voto attivo e passivo delle
donne all’assemblea legislativa. Arrestata, passa alcuni mesi in prigione.
Suzanne Volquin, (1801-1877) per quanto scottata dall’amore e poi anche dal matrimonio, fonda e dirige
giornali-“ La femme libre”-; in Egitto, dove si reca facendo parte della missione sansimoniana, si avvicina
alla medicina, in particolare ostetricia che eserciterà per molti anni in Russia, chiamata ad organizzare
ospedali.
Paesi anglosassoni
In Inghilterra Anne Wheeler, William Thompson, Robert Owen ( il lorop pensiero cooperativista
influenza moltissimo i francesi): in un saggio del 1825 Wheeler e Thompson, An Appeal on Behalf of
Women, ( Un ridestare interesse, richiamo, per conto delle donne) presentano degli argomenti che
legano cooperazione ed emancipazione femminile, la struttura economica competitiva danneggia le donne
così come i lavoratori. La donna e l’operaio, la questione sociale e la questione femminile.
Owen critica l’ordine sociale esistente e in di dieci conferenze, Sul matrimonio tra il clero e il vecchio
mondo immorale, condanna i compromessi sessuali e familiari.
John Stuart Mill, (1806-1873) rivendica a favore della donne quanto promesso dalla Dichiarazione
d’indipendenza americana. Il suo saggio The Subjecton of Women (1869) tradotto in tutte le lingue,
diventa un testo fondamentale per la corrente egualitaria liberale Nel 1833 si lega ad Harriett Taylor,
moglie di un uomo d’affari, John Taylor. Mill economista, filosofo, teorico politico democratico, riteneva
la questione femminile la più urgente, ancor più di quella operaia, perché lo stigma d’inferiorità colpiva le
donne di ogni età e posizione sociale, La stesura e l’uscita del volume si collocano nel momento di nascita
di un movimento femminista per il suffragio. Nel 1867, del resto, la proposta di Mill , deputato in
Parl,mento dal 1865 al 1868 avev a ottenuto 73 voti.
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Stati Uniti
Essenziale fu in primo luogo lo stretto rapporto tra le prime suffragiste americane e il movimento per
l’abolizione della schiavitù dei neri, da cui il loro movimento nacque.
Il rapporto ruotava proprio intorno all’anomalia del corpo delle donne e dei neri- due differenze
immodificabili proprio in quanto differenze fisiche- rispetto al modello del cittadino.
Le Società degli amici ( quaccheri)
due tra le più attive militanti del movimento, le sorelle Sarah e Angelina Gimkè, figlie di un alto magistrato
di Charleston, Carolina del Sud, e proprietario di numerosi schiavi, ed autrici, soprattutto A., di saggi contro
lo schiavismo, nel volumetto An Essays on Salavery and Abolitionism, with Reference to the Duty of
American Females. (1837)
Scriveva Angelina Grimké, impegnata nella battaglia antischiavista negli Stati Uniti, scriveva nel 1836
“I recognize no rights but human rights. Now I believe it is woman’s right to have a voice in all the laws and
regulations by wich she is to be governed, wheter in Church or State; and that the present arrangement of
society, on these points, are a violation of human right, a rank usurpation of power, a violent seizure and
confiscation of what is sacredly and inalienably hers”
Nel 1837 il primo Congresso antischiavistico femminile si tenne a New York. Nello stesso anno fu
organizzato un ampio giro di conferenze in numerose città del New England.
Alleanze con le forze democratiche è una tendenza che emerge in tutta Europa:
lOtte per l’indipendenza nazionale.
Partecipazione femminile alla guerra dell’indipendenza greca 1811-1828 ( M.Perrot, Uscire,
in Storia delle donne. L’ottocento): la loro partecipazione non solo nel vettovagliamento, ma
anche nella difesa armata ha colpito l’opinione pubblica internazionale. Ci furono anche
comandanti della rivoluzione a livello di stato maggiore, donne ricche, figlie o vedove di armatori
delle Isole, che ponevano la loro fortuna al servizio della causa.
Nel Risorgimento italiano notissime le madri esemplari: Maria Drago-Giuseppe Mazzini; Adelaide e i
5 figli Cairoli.
Torniamo a quest’ultimo volume di Marina D’Amelia: le lettere tra Maria Drago e Giuseppe Mazzini
mostrano una madre che vive attraverso il figlio, e che entra nella politica attraverso lui.
Ulteriore caratteristica italiana, secondo D’Amelia, aggravata da quella che Tommaseo chiama una
tradizione della donna del popolo, cattolica: l’impegno verso i figli, contrapposta alla donna delle classi
ricche e colte.
Peraltro ci sono donne che svolgono attività “politica” in prima persona come Cristina di
Belgioioso, Clara Maffei- salotto, Jessie White Mario. O Attive nella maternità sociale Bianca
Milesi, Matilde Calandrini (asili).
Cristina di Belgioioso torna in Italia, dopo 16 anni di esilio a Parigi, all’affermarsi dei primi fermenti
liberali; ed è accolta con grande rispetto dai notabili liberali. A Firenze prende la parola durante
un’assemblea pubblica indetta in suo onore, tra gli applausi, di fronte a 600 uomini, come scrive ad un
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amico parigino ( Banti p.194). Al momento dello scoppio delle 5 giornate a Milano, era a Napoli; noleggia
un vapore a sue spese, e fa spargere la voce di essere pronta a portare con sé tutti i volontari disposti a
combattere per l’indipendenza dell’Italia. Ne raccoglie circa 180, sbarca a Genova, e si reca con essi a
Milano, dove entra alla loro testa, andando immediatamente alla sede del governo provvisorio; cerca di
arringare il popolo, ma scoppia in lacrime, e un sussiegoso moderato milanese parla della sua “debolezza
femminile”.
Margaret Fuller Ossoli, statiunitense, nata nel 1810, scrittrice, e giornalista, direttrice della rivista
letteraria “The Dial”: M. intraprende nel 1846 il “grand tour” in Europa; conosce a Londra tra gli altri
Mazzini; a Parigi George Sand. Si reca poi in Italia, dove si unisce a un giovane nobiluomo romano,
Giovanni angelo Ossoli. Dopo la caduta della repubblica, anche per necessità economiche decide di tornare
negli Usa col marito; partita da Livorno il 5 maggio del 1850, muore con O. nel naufragio della loro nave.
Ma per decenni si sono ricordate le madri piuttosto che le patriote.
Secondo quanto va scrivendo AlbertoBanti- La nazione del Risorgimento. Parentela, santità e onore alle
origini dell’Italia unita, Einaudi, 2000. le nuove nazioni, quanto meno l’Italia, contengono nella loro
costruzione simbolica l’onore femminile diventa depositario dell’integrità non ancora della razza, ma
certo dell’identità del popolo, in particolare se oppresso, e quindi si dà una rappresentazione della donna
sostanzialmente passiva, spera quanto in insieme spirituale e carnale, simbolo/preda. Al tempo stesso
patria=madre
In Germania ha origine dai rapporti tra le chiese libere e i democratici e il movimento operaio.
Francia
Femministe e repubblicani si alleano nella lotta per la democrazia.
Con i radicali, dal 1870 le femministe conducono la lotta per l’accertamento della paternità e il divorzio.
Ma non sono particolarmente impegnati per la questione del voto, perché temono un’avanzata delle forze
cattoliche. Comunque le femministe non traggono grandi vantaggi da questa alleanza. Così le femministe
francesi decidono di organizzarsi autonomamente.
In inghilterra e in Svezia con i “liberali più radicali”.
Nei paesi latini i liberali non sono disponibili al femminismo.
Educazione e formazione: la rivendicazione più antica. Nella seconda metà dell’800 suoi cavalli di
battaglia sono l’istruzione superiore delle ragazze, l’accesso all’università, l’istruzione professionale.
ALl’inizio del XX secolo, sull’esempio americana molte femministe si fanno sostenitrici dell’educazione
mista e dell’educazione sessuale.
Per quanto riguarda l’istruzione superiore, le prime scuole per ragazze nascono per iniziative di una o
più donne colte. Le prime scuole d’istruzione superiore per ragazze nascono negli Stati Uniti
Nel 1821 Emma Willard, dopo aver pubblicto un progetto per il miglioramento dell’istruzione femmnile,
fonda a Troy, nello Stato di New York, la prima scuola secondaria per ragazze ( Troy Female Seminary),
dove cerca di conciliare le sue idee di uguaglianza intellettuale e differenza di compiti tra i sessi.
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1823 Catherine Beecher apre una scuola per ragazze ad Hartfotd, nel Connecticut, volta a prepararle
al lavoro domestico e all’insegnamento. Beecher, nata nel 1800, era figlia del pastore presbiteriano Lyman
Beecher, noto per la<sua campagna per la temperanza e per le sue polemiche con il revivalismo evangelico, e
sorella di Hariettt Beecher Stowe, l’autrice della capanna dello zio Tom.
La Beecher, come numerose donne impegnate nella battaglia per i diritti, presenta la contraddizione tra il
pubblico impegno per l’elevazione del ruolo delle donne e la costante rivendicazione della collocazione
femminile nella sfera domestica; non antifemminista, secondo le più recenti interpretazioni storiche, ma
rappresentante di un tipo particolare di femminismo , il “domestic feminism”, volto ad accrescere il potere
delle donne nell’unica sfera sociale ad esse consentita.
Con l’intento di fornire alle ragazze un’istruzione più accurata di quella normalmente fornita loro, adatta sia
all’insegnamento si alala gestione della casa. , fonda una scuola ad Hartford, vicino alla sua abitazione, nel
1823, e un’altra nel 1832 a Cincinnati, dove aveva seguito il padre, che, però dovette chiudere, nel 1837, per
mancanza di fondi.
IN Gran Bretagna, tra il 1848 e il 1849 si aprono i Londra i primi centri d’istruzione per le ragazze: il
Queen’s College e il Bedford College.
Le femministe sfruttano il potere conferito loro per “natura” e fanno dell’educazione la prima attività
professionale. Tra le leaders femministe della terza generazione si trovano molte insegnanti: le tedesche
Helena Lange (1848-1930), Klara Zetkin (1857-1933); le italiane Maria Giudice (1880-1953), Linda Malnati
(1885-1921), Adelaide Coari (1885-1921).
Le donne e la stampa:
Donne e giornalismo : percorsi e presenze di una storia di genere,a cura di Silvia Franchini e Simonetta
Soldani – Milano, Angeli, 2003.
Prime esperienze nel 700 e ancora prima.
L stamp 800 comunicazione tra le donne colte e militanti.
La stampa 800 vuole un pubblico ampio e un pubblico da educare.
Accanto ai giornali letterali, a quelli di movimento, nascono a metà del secolo i giornali “popolari2,
grazie anche all’aumento dell’istruzione.
Giornali militanti:
la femme libre delle sansioniane
la voix des femmes 1848
Jeanne Deroin pubblica in Inghilterra gli « Almanacchi delle donne”.
La donna in Italia nel 1876
La lega per a pace e la libertà, nata per impulso di Mary Goegg, fra gli altri e le altre, nel 1867 a Ginevra
Il giornale propone la creazione di un’Associazione internazionale delle donne.
la francese Clemence Royer, che il 5 gennaio 1868 invia una lettera alla Lega ( Pubblicata sul suo
giornale “Gli stati uniti d’Europa”
I giornali educative:
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Il giornale delle fanciulle, e simili:
buona educatrice. Romanzi edificanti, cucito e ricamo.
Stampa più popolare, Inghilterra
Ci sono ricette, consigli per la casa, lavori più umili, che e signore lasciano alla servitù, ma che piccole e
medie borghesi.
Di questi giornali editori e direttori sono in genere maschi, a differenze degli altri.
Ma anche qui vi scrivono donne.
Nasce il mestiere della giornalista.
Il fenomeno di massa è quello delle lavoratrici, ma preoccupano parecchio anche le intellettuali .
Engels, La condizione della classe operaia in Inghilterra.1844
Il discorso su di lei: filantropi e medici.
Nella costruzione del femminile che percorre l‘800, peraltro l’immagine della donna lavoratrice è
preoccupante, pericolosa, negativa, come la donna non dovrebbe essere.
Nell’evoluzionismo socialdarwinismo, la vittoria dei più forti nella lotta per la vita: le donne
giustamente in una condizione d’inferiorità perché più deboli , si doveva proteggerle.
Spencer definisce le caratterische femminili, trasferendole dal terreno biologico a quello sociale.
L’intuizione, la comprensione, l’imitazione, tutte legate alla maternità, complementari a quelle
maschili, ma in sostanza secondarie e, come scriveva Darwin nel 1871, “ tipiche delle razze inferiori, e
quindi anche di una fase arretrata e primitiva della civiltà. In questa impostazione più che la funzione
materna interessa quella di procreatrice di nuovi elementi della razza, possono procreare sono persone
razzialmente desiderabili l 900.
E qui si apre la questione della legislazione sul lavoro femminile.
“Il dibattito politico di questi ultimi anni, riguardo alle questioni della cittadinanza, si è concentrato sulla
difficoltà di conciliare la rivendicazione delle differenze con la fedeltà all’uguaglianza, fuori dalla quale
non pareva possibile la solidarietà. Un dibattito che ha sollecitato e reso necessario un riesame del modo
in cui i due termini si sono in passato posti come alternativi, nel senso che l’uguaglianza diventava
uniformità, negazione della differenza, mentre quest’ultima era intesa come gerarchia”. Così iniziava nel
1984 un suo saggio sul dibattito in età vittoriana, sul lavoro delle donne, Anna Rossi Doria (Uguali o
diverse? La legislazione vittoriana sul lavoro delle donne, in “Italia Contemporanea”, a.1985, fasc.1.)
Rossi Doria riporta due esempi, quello del rapporto con gli Indios, degli scopritori europei, citando da
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Tzevan Todorov, La conquete de l’Amerique. La question de l’autre, Paris, Seuil, 1982; o considerarli
esseri assolutamente identici, e quindi con gli stessi diritti, o considerare la differenza, che si traduce
immediatamente in termini di superiorità o di inferiorità (dal Diario di Colombo). Il caso del
riconoscimento, da parte dell’Assemblea Costituente francese dei diritti agli ebrei, ma con l’imposizione
dello scioglimento delle comunità.
La stessa alternativa si è posta sulla questione dell’uguaglianza o della differenza delle donne
rispetto alla legislazione sul lavoro: la prima significava ignorare e trascurare la specificità della
loro condizione, la seconda si traduceva in inferiorità.
La legislazione protettiva presentava nei confronti di tutti li lavoratori, elementi di forte ambiguità, in
quanto era strumento, insieme, di difesa e di controllo della classe operaia, perseguendo “obiettivi
insieme riparatori e repressivi” (Heinz-Gerhard Haupt, in Annali fondazione Basso vol.VI, Cultura
operaia e disciplinamento industriale, 1982, la legislazione per il riposo domenicale in Francia prima del
1914: uno strumento di controllo sociale?)
Scopo duplice, dunque “la protezione del lavoratore la protezione della comunità contro di lui”
Nel caso delle donne, l’ambivalenza è più forte: dato che la loro inferiorità nel lavoro nasce altrove, il
tentativo di “proteggerla” rischia di accentuarla, ma l’uguaglianza solo nel lavoro non la cancella.
Il quesito se le leggi di protezione, e in genere i provvedimenti particolari per le donne, siano strumenti di
emancipazioni o di discriminazione, che alla fine dell’800 agitò e contrappose socialiste e femministe
europee, si è ripresentato in anni recenti, per esempio il part-time per le operaie, il lavoro notturno, le
azioni positive, le quote, le riserve di posti ( Equals Rights Amemdement alla Costituzione americana)
e, più di recente ancora i diritti degli immigrati di culture diverse dalle nostre a mantenere o meno
costumi particolari
Legislazione protettiva Gan Bretagna
La Factory Act del del 1832 introduce il limite d’orario solo per il lavoro dei fanciulli ( 12 ore), ma
nel dibattito che la precede e la segue, molti sostengono che anche le donne debbano godere di
specifica protezione, perché come i bambini non sono compiutamente free agents ( perché
dipendenti da un uomo, ripensate ala legislazione familiare inglese), e non solo per proteggerne il fisico,
ma soprattutto il comportamento morale: giovani braccianti e giovani operaie, come abbiamo letto si
comportano in maniera sfrontata.
Miners Act 1842: vieta il lavoro sotterraneo alle donne di qualsiasi età.
I filantropi e statisti insistono sul fatto che quantomeno le donne sposate devono starsene a casa.
Factory Act 1844, ancora relativo come quello del 1832 alle sole industrie tessili, estende alle donne
sopra i 18 anni il limite d’orario delle 12 ore.
Quello del 1847 riduce le ore, per donne minori a 10,
Anni 70 le femministe sono contrarie ad una legislazione specifica protettiva sul lavoro femminile,
che le equipara ai minori. Ma lo stato continua a legiferare in tal senso.
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Si oppongono al progetto Mundella, che vuole introdurre limiti d’orario solo per le donne, che avrebbero
così diminuito il salario.
Le femministe sono a fianco delle giovani operaie delle miniere, che lavoravano al di fuori dei pozzi, che
si opppongono al divieto, sempre negli anni 70. In questo periodo c’è una forte solidarietà tra operaie e
signore femministe.
1874 Emma Paterson fonda as Women’s Trade Union Legue. ( nuovo sindacalismo).
Factory Act, 1891, Viene introdotto il congedo di maternità- quattro settimane dopo il parto.
Come scrive Anne Marie Kappeli , Scenari del femminismo, in Storia delle donne in Occidente. L’800, :
“I volti del femminismo sono molteplici ed è inutile cercare di individuare un momento fondatore….
Le posizioni teoriche a cui si riferisce il femminismo del XIX secolo sono essenzialmente connesse a
due rappresentazioni della donna: una, che si basa sull’appartenenza al genere umano, dà vita a
una corrente egualitaria, mentre l’altra, che postula un eterno femminino, ispira una corrente
dualista. Il paradosso sta nel fatto che le donne pretendono l’uguaglianza tra i sessi pur essendo così
differenti dagli uomini. Le femministe si trovano così coinvolte nel conflitto tra generale e particolare:
nella definizione dello status politico quali qualità devono prevalere, quelle dell’appartenenza al
genere umano, o quelle dell’appartenenza al sesso femminile?
La corrente egualitaria riconosce il legislatore come motore centrale della trasformazione. Lo Stato
sarà l’interlocutore cui spetterà regolare i conflitti di interesse. Si manifesta una tendenza che trova
espressione nella richiesta di riconoscimento della donna in quanto cittadina e nelle ripetute
campagne a favore dell’eguaglianza politica, e anche sociale ( M.Wollstonecraft, J.Stuart Mill, Jenny
D’Hericourt,
Al contrario la concezione dualista, che progressivamente guadagna terreno, pone come centrale
l’istinto materno- qualità definita non solamente nel suo aspetto fisico, ma anche in quello psichico e
sociale. Per es. un certo Ernest Legouvé riabilita la femminilità in tal senso: nella sua Histoire morale des
femmes ( 1849, che ebbe diffusione europea, la maternità è presentata quale argomento a sostegno della
necessità di riforme educative e legislative.
La questione femminile appare, così, ora come un problema politico-legislativo, ora come un problema
etico-sociale; distinzione tra cittadine/emancipazioniste e femministe/borghesi. Le associazioni femminili
privilegiano l’una o l’altra linea, o anche non riescono a scegliere, o l’una o l’altra.
Dunque, e per esempio le cattoliche italiane e francesi sono estremamente favorevoli ad una legislazione
di tutela così come alcune signore “liberali” e assistenziali. Nel resto del femminismo si apre un dibattito
assai vivace.
Per le femministe socialiste, di tutti paesi, o comunque per quelle che si pongono la questione delle
lavoratrici, istruzione professionale, salario uguale a quello dei colleghi maschi, riconoscimento della
funzione materna.
Donne e movimento operaio
1864 I internazionale, e il concetto di lotta di classe.
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Anche al congresso della I internazionale che si tiene il 19 settembre 1871: Marx propone che si possano
formare sezioni donne tra le operaie, senza escludere la possibilità di sezioni miste. Viene approvata.
27/9/1868 si riunisce a Berlino, organizzato dai lassalliani il Congresso generale degli operai tedeschi:
si decide a maggioranza che le donne possano far parte delle Arbeitershaften.
Il V Congresso delle Associazioni operaie( Norimberga 1868, sono internazionalisti): uguaglianza dei
diritti del lavoro come strumento di autonomia e di emancipazione.
1875 Congresso di Ghota ( SPD), su proposta di Bebel viene inserito nel programma rivendicativo il
diritto di voto per ambo i sessi
Ma il doppio sfruttamento della donna, la sua destinazione alla casa, è un pilastro del capitalismo e
solo il socialismo potrà trasformare la situazione.
Bebel 1878, La donna e il socialismo, riaffermando ciò che s dice sopra, perltro propone un’alleanza
tra socialisti e femministe democratiche.
Anche nella società borghese si possono chiedere ed ottenere, come avviene per migliorare la condizione
dei lavoratori, mutamenti della condizione femminie, che è di doppio sfruttamento Tutte le donne hanno
scarso accesso alla cultura e all’istruzione. Tutte le donne, se lavorano, sono pagate meno, qualunque sa la
loro professione. Tutte le donne dipendono dagli uomini. Tutte le donne sono prive di diritto di eleggere i
propri rappresentanti.
Bisogna chiedere la parità salariale,pari accesso all’istruzione, dalle scuole professionali all’università.
L’abolizione dell’autorizzazione maritale, e il voto.
Altre associazioni internazionali Rapporti internazionali tra gruppi di donne
SU
1) Suffragio
2) Diritti civili, sociali ed economici uguali agli uomini
3) Lotta contro la tratta delle bianche e i regolamenti di prostituzione
4) Pace
5) Lavoro e salario.
Sulla questione 3 Josephine Butler fonda, nel 1875, la International Abolizionist Federation.
Associazionismo pacifista femminile
La lega per a pace e la libertà, nata per impulso di Mary Goegg, fra gli altri e le altre, nel 1867 a
Ginevra. Il giornale propone la creazione di un’Associazione internazionale delle donne.
la francese Clemence Royer, che il 5 gennaio 1868 invia una lettera alla Lega ( Pubblicata sul suo giornale
“Gli stati uniti d’Europa”, nella quale ripresenta le istanze tipiche della Lega ( abolizione degli eserciti
permanenti e mobilitazione dell’opinione pubblica contro i rischi della guerra, oltre che arbritati e istituti di
conciliazione sovranazionale) da un’angolazione della condizione femminile: le donne devono rifiutarsi di
continuare d essere le “fidanzate della morte”, donne legate a futuri soldati, che invece volevano e
dovevano costituire il sostegno di un’azione per la pace.
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Maria Goegg risponde a Royer cogliendo l’occasione della sua lettera per promuovere un coordinamento
delle donne impegnate nella Lega LEGGERE p.41.
Propone che si costituisca un’Associazione internazionale delle donne. presidente la Goegg.
Associazione internazionale delle donne chiede l’eguaglianza dei diritti civili ed economici, e i diritti
politici. L’Associazione internazionale delle donne. tiene, presidente Maria Goegg, la sua assemblea a
Berna, il 27 marzo 1870: richiesta di parità di diritti sociali d economici; Goegg chiede anche parità di
diritti politici.
Alla lega facevano riferimento molto femministe, l’austriaca von Suttner, l’italiana Paolina Schiff, la
stessa Anna Maria Mozzoni, A Losanna, 1871, si discute molto della Comune- la Goegg si dichiara
collettivista-, ma, introdotta dalla rappresentante polacca, paola Mink, impegnata nell’organizzazione
delle lavoratrici. Istruzione primaria obbligatoria, ed uguali diritti. Si discute sull’opportunità che le
donne lavorino in fabbrica.
Nel 1878 si tiene il Congresso internazionale delle donne a Parigi: linea vincente uguaglianza tra i sessi.
Nel 1884 nasce in ambiente protestante, la Woman’s Christian Temperance Union, il problema dei mariti
ubriachi che maltrattavano mogli e figli non era esattamente di poco conto.
Nel 1888 le suffragette americane promuovono la fondazione dell’International Council of Woman,
fortemente interessata alle questioni dei diritti civili, ma piuttosto moderata rispetto alla questioni del
suffragio.
La frattura si fa netta al congresso di Berlino del 1904: le associazioni suffragiste dei diversi paesi
aderiscono all’International Suffragist Alliance, presieduta dalla radicale americana Carrie Chapman Catt;
l’Alliance si rivelerà un movimento dinamico ma minoritario.
Fin dal 1896 le donne socialiste, dopo che al Congresso di Berlino si erA SANZIoNATA LA FRATTURA
CON LE “FEMMINISTE BORGHESI”, TRA L’ALTRO SULLA LEGISLAZIONE SOCIALE, AVEVANO
INIZIATO A RIUNIRSI PERIODICAMENT IN CONGRESSI.
Intanto le femministe costuiscono un po’ dovunque i loro Consigli nazionali:
Nel 1893 in Canada. 1894 Germania. 1895 Inghilterra. 1896 Svezia. 1898 Italia. 1898 Olanda
1899 Danimarca 1900 Svizzera. 1901 Francia. 1902 Austria. 1904.Ungheria. 1904 Norvegia. 1905
Belgio. 1908 Bulgaria. 1908 Grecia. 1911 Serbia. 1914 Portogallo.
Caso italiano fino al 1908 borghesi, socialiste e cattoliche, che in quell’anno usciranno dal consiglio.