IL GHIACCIO MARINO I fattori principali che regolano generalmente la produttività primaria negli ambienti oceanici sono la temperatura, la luce, la disponibilità di nutrienti e l’incidenza degli erbivori sulla biomassa vegetale (grazing). Nelle acque antartiche del SIZ la presenza del ghiaccio incide fortemente su tutti questi fattori: le temperature sono basse anche durante la stagione estiva e questo richiede indubbiamente un adattamento di tutto il plancton e quindi anche del fitoplancton, che deve svilupparsi a temperature insolite per altre zone oceaniche. Anche la luce, che già ha una forte oscillazione stagionale propria, risulta mediata dalla copertura di ghiaccio per la colonna d’acqua sottostante. Durante la formazione del ghiaccio marino solo l’acqua forma il reticolo cristallino. La sua uscita dalla fase liquida sarà perciò accompagnata dalla formazione di una soluzione salina più concentrata che, nell’immediato, resta parzialmente intrappolata negli spazi interni del reticolo. Si costituisce così una rete di canalicoli di salamoia, più o meno ramificata a seconda del tipo di ghiaccio, a sua volta determinato dalle condizioni in cui si è formato. Il drenaggio della salamoia nella colonna d’acqua sottostante il ghiaccio comporta un aumento di salinità e l’innesco di una circolazione verticale, per la maggiore densità delle acque che drenano dal ghiaccio. Si ha perciò un ispessimento dello strato misto, ovvero dello strato superficiale in cui si verificano mescolamenti verticali. Questo processo, che prevale durante la stagione invernale e nell’area occupata dalla banchisa, in generale ha un effetto negativo per la produttività in quanto disperde il fitoplancton e lo allontana dallo strato eufotico. Quando in primavera la banchisa comincia a frantumarsi e poi ad arretrare per fusione, col progressivo aumento della temperatura, si forma in superficie, lungo il margine della banchisa e per un’estensione che può andare dai 50 ai 250km, uno strato di acque notevolmente meno salate della colonna d’acqua sottostante e questo diminuirà lo spessore dello strato misto. L’area occupata dal margine della banchisa e dalle sue acque di fusione viene denominata Zona del Ghiaccio Marginale (MIZ). Il fenomeno può essere visto nello stesso tempo sia su scala spaziale sia su scala temporale. Il plancton ed in particolare il fitoplancton viene inglobato, con vari meccanismi, nel ghiaccio che si forma. Nelle zone di polinia il ghiaccio cristallizza in minutissimi cristalli (frazil ice) nella colonna d’acqua e poi, data la sua minore densità, si sposta in superficie trascinando nel suo movimento il seston presente e quindi anche cellule fitoplanctoniche. I cristallini di ghiaccio che coprono la superficie del mare, non ancora consolidati fra loro costituiscono il cosiddetto ghiaccio oleoso (grease ice). Un’ulteriore diminuzione di temperatura induce la coesione in forme tondeggianti dai bordi rialzati (pancake ice), che si congiungono poi in un unico strato, in cui restano intrappolati gli organismi flottati dai cristallini di ghiaccio. Le canalizzazioni di salamoia che si formano internamente al ghiaccio offrono lo spazio in cui gli organismi catturati potranno sopravvivere, paradossalmente al riparo dall’ambiente esterno più ostile. Nello strato già formato gli organismi possono penetrare anche dal basso, cioè dalla colonna d’acqua sottostante e restare all’interno via via che la banchisa si estende verso il basso con un diverso procedimento, cioè la formazione di ghiaccio da congelamento, che ha una struttura colonnare, con una rete di canali meno ramificata. La formazione della banchisa non avviene con un evento unico, ma è il risultato di più cicli di congelamento e di fusione più o meno parziale, determinati dall’andamento meteorologico, finchè non si stabilisce pienamente la stagione invernale e la banchisa si stabilizza e si sviluppa al massimo. Lo stesso vale per la fusione della banchisa che avviene in più cicli fino alla stabilizzazione delle condizioni estive. In questi cicli di formazione e di dissolvimento del ghiaccio gli organismi vengono più volte catturati e rilasciati e si formano stratificazioni, che singolarmente immagazzinano quello che è stato raccolto dalle acque sottostanti al momento della loro formazione. Da questo deriva la grande eterogeneità nella distribuzione del plancton dentro il ghiaccio, spesso in brevi spazi si passa da addensamenti tali di organismi fitoplanctonici da colorare il ghiaccio di bruno, come nel caso delle diatomee, a zone di ghiaccio pressocchè immacolato con pochi organismi al suo interno. Proprio in funzione dei diversi tipi di ghiaccio che si possono formare in condizioni diverse e della storia dello strato di ghiaccio dopo la sua formazione, si possono individuare diversi tipi di comunità proprie del ghiaccio marino (Fig.6). Una prima suddivisione riguarda la posizione delle comunità nel ghiaccio, cioè di superficie, interne, di fondo e subglaciali. All’interno di queste suddivisioni si possono distinguere diverse tipologie, conseguenti alle condizioni offerte dal substrato fisico. Le comunità di superficie del ghiaccio possono svilupparsi in pozze, formatesi per (1) deformazione del ghiaccio o (2) infiltrazione laterale dell’acqua di mare, per un abbassamento del blocco di ghiaccio, o ancora (3) fusione, quando la temperatura esterna si innalza ed il calore fa fondere del ghiaccio sotto la copertura nevosa. Le comunità si possono ancora distinguere per il tipo di distribuzione, come le comunità interne che possono presentarsi diffuse o a banda. Alla superficie inferiore del ghiaccio possono aversi aggregazioni negli ultimi centimetri (comunità interstiziali) che vivono uno scambio più diretto con le acque sottostanti. L’attività del fitoplancton, che utilizza i nutrienti presenti nell’acqua e produce sostanze organiche, offre alimento ai produttori secondari più piccoli. Un modello semplificato che presume un flusso laminare per la salamoia, presenta insieme gli effetti della diversificazione verticale degli organismi simpagici e del trasporto di DOC (Dissolved Organic Carbon). Se non c’è trasporto di salamoia, ovvero in condizioni ambientali stazionarie, la stratificazione verticale della biomassa algale porta ad un gradiente di concentrazione del DOC dovuto ai processi essudativi algali. Se invece c’è un afflusso di acqua di mare, ci sarà dapprima una disponibilità di nutrienti per l’insieme delle diatomee al livello più esterno, che si comporteranno come un impianto di depurazione assorbendo nutrienti. La salamoia, localizzata inizialmente al livello 1 prima dell’afflusso, si sposterà verso l’alto trasportando alte concentrazioni di DOC al livello 2. L’afflusso porterà nuovi nutrienti al complesso di diatomee del fondo ghiaccio e nuovo DOC alle comunità batteriche localizzate più all’interno. D’altra parte un deflusso dovuto, ad esempio, ad un drenaggio per gravità, aumenterebbe la concentrazione di DOC nella colonna d’acqua, subito sotto il ghiaccio flottante . Quel che importa è che si osserva un trasporto di salamoia, ma non altrettanto di organismi del ghiaccio. Quindi i processi di trasporto della salamoia e le dinamiche dei nutrienti all’interno del ghiaccio marino sono basilari per la conoscenza della struttura delle comunità simpagiche, non solo in termini di fornitura di nutrienti per le alghe del ghiaccio, ma anche in termini di trasporto del DOC e quindi per la struttura della rete trofica. Lo studio delle comunità del ghiaccio ha dato origine ad una ricca terminologia, con cui vari autori hanno cercato di esprimere la capacità di alcuni organismi vegetali ed animali di convivere con un substrato alquanto ostile come il ghiaccio. Come si vede dalla tabella annessa, per concetti simili sono stati elaborati più termini. In questi ultimi anni un esame critico della terminologia in uso, teso ad unificare concetti e termini simili per una migliore comprensione ed uno scambio più efficace delle informazioni fra i vari gruppi di studio, ha indotto a raccomandare alcuni termini come più appropriati di altri. Per le specie facenti parte delle comunità del ghiaccio si ritiene, ad esempio, più corretto qualificarle come simpagiche, che significa associato al ghiaccio, e nell’accezione comune può riferirsi ad organismi animali e vegetali, mobili o fissi, come quelli bentonici. GHIACCIO MARINO E COMUNITA’ RELATIVE: TERMINOLOGIA TERMINE Plancton del ghiaccio O Crioplancton DESCRIZIONE Organismi peculiari del ghiaccio marino che in estate si sviluppano e formano comunità sia nel ghiaccio che attorno ad esso Ghiaccio (bruno) Determinato dal colore e dalla presenza di alghe (diatomee). Ghiaccio colorato Colore bruno dovuto alla presenza di diatomee. Ghiaccio planctonico Epontico Psicrofilo Criofilo Epicriotico Endocriotico Criofiton Si forma quando l’acqua del mare di gela: colore bruno dovuto allacrescita di plancton nel ghiaccio marino. Specie aderenti o non aderenti al substrato adattate particolarmente alla vita nel ghiaccio marino. Organismi che hanno una temperatura ottimale per la crescita inferiore a 15°C. Implica associazione col ghiaccio temporaneo o permanente Riferito a cellule viventi attaccate a cristalli di ghiaccio Riferito a cellule viventi all’interno del ghiaccio Alghe che vivono nella neve e su ghiacci galleggianti. Criobionte Riferito ad organismi che vivono nella neve e nel ghiaccio o alghe inizialmente trovate sulla superficie del ghiaccio marino Crion Comunità del ghiaccio marino. Simpagico Superficiali Interne Di fondo Riferito ad organismi che vivono nel ghiaccio marino. SIMCO Subglaciale Interfacciale Comunità algali definite dalla loro posizione nel ghiaccio Comunità microbiche del ghiaccio: includono virus, batteri, diatomee, funghi e protozoi Riferito ad organismi, che vivono nella parte di fondo del ghiaccio Alghe galleggianti nell’interfaccia ghiaccio-acqua Per quanto riguarda la produttività primaria le comunità del ghiaccio giungono a superare la produzione della colonna d’acqua sottostante il ghiaccio, in cui predomina invece l’attività eterotrofica. Considerando la produttività primaria globale, quella associata alle comunità del ghiaccio rappresenterebbe il 25-30% . Questa valutazione richiede comunque ulteriori dati sperimentali, la cui raccolta presenta parecchi problemi. Il campionamento del ghiaccio marino richiede mezzi e logistica adeguati, come pure di tener conto della grande eterogeneità spaziale e temporale nella distribuzione degli organismi. In inverno il numero di organismi che sopravvive nel ghiaccio è minore che nelle altre stagioni, ma le alghe rimangono vitali. Esse si adattano a fotosintetizzare a livelli molto bassi di luce , sono anche meno sensibili alle basse temperature ed alle alte salinità: durante alcuni esperimenti le alghe continuavano a crescere a temperature inferiori a –5,5°C e salinità fino a 95 psu. Si è osservato che le alghe non crescevano ma sopravvivevano per alcune settimane anche a –10°C e 145psu, riprendendo la crescita se venivano riportate lentamente in condizioni più favorevoli. Gli organismi del ghiaccio, che vengono rilasciati nell’acqua durante la fusione e l’arretramento del MIZ (Marginal Ice Zone), possono agire come inoculo e dare inizio o contribuire alle fioriture fitoplanctoniche, come sembra confermare la comparazione fra le specie presenti nei canalicoli di salamoia del ghiaccio e nella colonna d’acqua. Le potenzialità, come inoculo delle alghe simpagiche, sono indicate dalla loro abilità nell’incrementare i tassi fotosintetici in condizioni di minor salinità, quali si verificano durante la fusione del ghiaccio. Il contributo principale alla produttività viene perciò dalle aree del margine del ghiaccio (MIZ). L’arretramento della banchisa all’inizio della bella stagione è accompagnato dalla formazione di uno strato di acqua più dolce in superficie, che stabilizza verticalmente la colonna d’acqua riducendo lo spessore dello strato misto, e nel contempo dal rilascio degli organismi vegetali ed animali contenuti nel ghiaccio. Per il fitoplancton l’effetto è quello di un inoculo di cellule che dà inizio a grandi fioriture, che possono estendersi su vaste aree. Lo sviluppo iniziale delle fioriture planctoniche da MIZ è determinato dalle proprietà fisiche dello strato superficiale, subordinato alle condizioni meteorologiche. La posizione della fioritura si sposta rispetto al margine del ghiaccio in funzione delle condizioni del tempo, principalmente quelle che determinano la frequenza, la durata e la forza di eventi di mescolamento verticale delle acque, fenomeno quest’ultimo che ritarda lo sviluppo di fioriture. L’entità e l’estensione spaziale delle fioriture sono condizionate dalle condizioni meteorologiche e dal consumo da parte degli erbivori. Siti consigliati per approfondimenti sul ghiaccio e sugli ambienti collegati al pack. WHAT IS SEA ICE? http://www.antcrc.utas.edu.au/aspect/seaiceglossary.html DIVING UNDER ANTARCTIC ICE http://scilib.ucsd.edu/sio/nsf/gallery/gallery4.html