Abu Abd-Allah ibn Musa al`Khuwarizmi (ca

Abu Abd-Allah ibn Musa Al-Khuwarizmi (IX secolo d.C.)
Al-Kitab al-mukhtasar fi hisab al-jabr w’al-muqabalah
(Compendio di calcolo mediante completamento e bilanciamento)
Il nome dell’autore e il titolo dell’opera
Il nome Al-Khuwarizmi deriva dall’oasi di Chiva, luogo di origine
dell’autore, mentre ibn Musa
significa
figlio di Mosè.
Il termine al-jabr significa completamento
(o ripristino), ed indica l’eliminazione delle
quantità negative da un’equazione. Per
esempio, al-jabr trasforma x = 10 - 3x in
4x = 10. La parola algebra deriva
proprio da
al-jabr, e quest’opera è
considerata il documento fondatore della
disciplina.
Il termine
al-muqabalah
significa bilanciamento (o semplificazione)
ed indica l’atto di ridurre le quantità
positive della stessa potenza su entrambi i
membri dell’equazione.
Per esempio, al-muqabalah trasforma
2
10x + 64 = 5x + 36 + x in 5x + 28 = x2. Secondo altri l’espressione aljabr w’al-muqabalah sarebbe formata dal termine assiro e dal termine
arabo per equazioni, altri ancora fanno derivare entrambe le parole dal
siriaco e interpretano al-jabr come arte di uomo eccellente e w’almuqabalah come libro delle scienze occulte.
Curiosità Il termine al-jabr assunse anche il significato di conciaossa,
che conservò anche quando, in seguito all’arrivo dei Mori nella Penisola
Iberica, esso venne ispanizzato in algebrista. Ai tempi del dominio
arabo, in Spagna era frequente vedere un’insegna recante la scritta
“Algebrista y Sangrador” (conciaossa e salassatore) sopra le porte delle
botteghe dei barbieri, ai quali era affidato anche il compito di fornire
le cure mediche più semplici. Nell’Italia del sec. XVI la parola algebra
veniva ancora usata per indicare l’arte di aggiustare le ossa. Nella
prima versione latina dell’opera di Al-Khuwarizmi (sec. XII) il titolo
venne tradotto in Ludus algebrae et almucgrabalaeque.
L’opera
Quest’opera, scritta nel 830 d.C., fu concepita come libro di testo
elementare di matematica pratica. Essa fu conosciuta in Europa solo
qualche secolo più tardi, grazie ad una traduzione del sec. XII. Il libro si
apre con una trattazione sulle equazioni algebriche, e si conclude
pervenendo alle applicazioni a problemi di misurazione ed eredità.
Nella prima parte l’autore distingue e risolve sei tipi di equazioni di
primo e secondo grado, che elenchiamo di seguito, riportando a lato la
notazione moderna:
quadrati uguali a radici
quadrati uguali a numeri
radici uguali a numeri
quadrati e radici uguali a numeri
radici e numeri uguali a quadrati
ax2= bx
ax2= c
bx = c
ax2+ bx = c
bx + c = ax2
Questa distinzione di casi dipende dal fatto che all’epoca di AlKhuwarizmi, e per molti secoli dopo, in matematica i coefficienti erano
rigorosamente positivi. Inoltre non venivano usati simboli matematici,
tutto veniva descritto a parole: a questo proposito Nesselmann parla di
algebra retorica.
L’incognita è chiamata
cosa o radice (di una pianta), termine,
quest’ultimo, che è tuttora in uso per indicare la soluzione di
un’equazione algebrica. Può essere interessante confrontare la
nomenclatura adottata da Al-Khuwarizmi per le potenze dell’incognita
con quelle tipiche di altre scuole matematiche.
Nel Capitolo I Al-Khuwarizmi presenta sistematicamente le soluzioni
algebriche, note fin dall’Antica Babilonia, di alcuni casi particolari di
queste equazioni. Mancano le dimostrazioni e la trattazione generale, e
le radici sono sempre reali e positive, ma possono essere irrazionali. Nel
Capitolo II il Nostro fornisce una giustificazione geometrica alle regole
algebriche enunciate. Si consideri la sua risoluzione di un caso
particolare dei quadrati e radici uguali a numeri:
“... un quadrato e 10 radici sono uguali a 39 unità. La domanda in
questo tipo di equazione è dunque la seguente: qual è il quadrato che
combinato con dieci delle sue radici darà una somma totale di 39? Il
modo di risolvere questa equazione è quello di prendere metà delle radici
anzidette. Ora, le radici nel nostro problema sono 10. Quindi se ne
prendano 5, che moltiplicato per se stesso dà 25, una quantità che
aggiunta a 39 dà 64. Avendo poi estratto da quest’ultimo la radice
quadrata, che è 8, se ne sottragga la metà delle radici, cioè 5, il che dà 3.
Il numero 3 quindi rappresenta una radice di questo quadrato, che
naturalmente è 9. Dunque 9 dà il quadrato. ”
In notazione moderna il problema è quello di risolvere l’equazione
x2+10x = 39
Il metodo, trascritto passo passo, si traduce in:
- 1/2  10 = 5
- 52 = 25
- 39 + 25 = 64
- radice quadrata di 64 = 8
- 8 - 1/2  10 = 3
- x = 3, e x2 = 9.
Tuttavia Al-Khuwarizmi va ben oltre la semplice dimostrazione della
ricetta trovata nei testi babilonesi. Egli insiste nel sovrapporre ai
contenuti algebrici un’argomentazione geometrica di stampo euclideo.
Quindi, dopo aver esplicitamente detto che “...è necessario che
dimostriamo geometricamente la veridicità degli stessi problemi che
abbiamo spiegato in termini di numeri”, egli procede a giustificare
l’esempio di cui sopra con due diverse costruzioni geometriche, che
danno tutte e due un completamento del quadrato. Nella seconda di
queste costruzioni egli richiede:
“...al quadrato che rappresenta il quadrato dell’incognita aggiungiamo
dieci radici e quindi prendiamo metà di queste radici, cioè 5. Da qui
costruiamo due aree sui lati del quadrato ab.
Queste sono chiamate ag e bd. La larghezza di ciascuna di queste è
uguale alla larghezza di un lato del quadrato ab ed ogni lunghezza è
uguale a 5. Ora dobbiamo completare il quadrato col prodotto di 5 e 5,
cioè la metà delle radici, che aggiungiamo ai due lati del primo quadrato,
il quale rappresenta la seconda potenza dell’incognita. Quindi ora pare
evidente che le due aree congiunte ai due lati, che rappresentano 10
radici, aggiunte al primo quadrato, che rappresenta x 2, danno 39. Inoltre
è chiaro che il quadrato intero è formato aggiungendo il prodotto di 5 per
5. Questo quadrato è completato e per il suo completamento si somma 25
a 39. Il totale è 64. Adesso ne estraiamo la radice quadrata, che
rappresenta un lato del quadrato maggiore, e poi ne sottraiamo la stessa
quantità che vi avevamo aggiunto, cioè 5. Rimane 3, che risulta essere un
lato del quadrato ab, cioè, una radice di x2. Quindi 3 è la radice di x2, e x2
è 9. ”
Il metodo geometrico impiegato, che corrisponde al completamento del
quadrato, è quello presentato da Euclide negli Elementi (Libro II,
Prop.4).
Nel Capitolo III vengono considerati prodotti di binomi del tipo x+a,
y-b, nel Capitolo IV vengono stabilite le regole per l’addizione e la
sottrazione di espressioni che contengono l’incognita, il suo quadrato e
la sua radice quadrata, si danno regole per l’estrazione di questa radice,
ed anche alcune proprietà dei radicali, come ab  a 2 b e a b  ab .
Nel Capitolo V, infine, vengono svolti alcuni semplici problemi algebrici.
Per le radici irrazionali Al-Khuwarizmi usa il termine assam, che significa
“sordo”. Questo nome sopravviverà per molti secoli. Ancora in pieno
Settecento, Giuseppe Antonio Alberti lo utilizzerà nel suo Trattato di
aritmetica pratica.
Il lavoro svolto da Al-Khuwarizmi per le equazioni di secondo
sarà esteso da Khayyam alle equazioni di terzo grado.
grado
Altre opere
L’attività di Al-Khuwarizmi si svolse prevalentemente a Baghdad, nella
Bayt al-Hykmah (Casa della Sapienza) - fondata dal califfo al-Ma’mūn
nel 815 - che era biblioteca e centro di traduzione.
Al-Khuwarizmi compose complessivamente più di mezza dozzina di
opere di astronomia e matematica, le più antiche delle quali erano
probabilmente basate sul Sindhind di origine indiana, un trattato
pervenuto a Baghdad nel 766 d.C.. Fra queste ricordiamo l’opera
aritmetica di cui ci è pervenuta una sola copia in traduzione latina
Algoritmi de numero Indorum (Al-Khuwarizmi sul
calcolo numerico
indiano): la parola algoritmo altro non è, dunque, che la trascrizione
latina del nome di colui che contende a Diofanto il titolo di “Padre
dell’Algebra”. Egli presentò il sistema di numerazione indiano con tale
completezza, che in Occidente si equivocò, attribuendone a lui stesso
l’invenzione. Così si è affermato l’uso di chiamare numerazione araba
quella che, in realtà, è la numerazione indiana.
La matematica indiana e araba