SCHEDA SECONDA Bene Comune e Legge Naturale " I cristiani non si distinguono dagli altri uomini..... Essi non abitano in città tutte per loro, non si servono di qualche dialetto strano; il loro modo di vita non ha niente di particolare.... Essi sono poveri e arricchiscono molti altri... . In una parola, ciò che è l'anima nel corpo, i cristiani lo sono nel mondo”. (Lettera a Diogneto) La nozione di tò koinòn agathòn tradotto al latino con l’espressione bonum commune, nasce nel pensiero politico di Platone e Aristotele, e raggiunge uno spessore notevole nel Medioevo. Gli antichi la impiegavano per definire sia l’origine che la finalità dell’attività politica. In seguito, nel Medioevo, per influsso della dottrina paolina del "corpo mistico di Cristo", acquistò una speciale importanza alla luce di una concezione organica della società, che sottolinea la subordinazione delle parti al bene del tutto, riconoscendo tuttavia nell’uomo una dimensione che trascende il regno politico. Sulla base della ricchezza della concezione medievale di bene comune e incorporando i nuovi elementi provenienti dalla modernità, specialmente i diritti dell’uomo, la Chiesa ha intrapreso di nuovo una riflessione su questo concetto giungendo a quelle sintesi formulate in diversi documenti: Nella Mater et Magistra del Beato Papa Giovanni XXIII (15 maggio 1961), si dice che Bene Comune è “l’insieme delle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani lo sviluppo integrale della persona”. Nella costituzione sinodale Gaudium et spes del Concilio Vaticano II (7 dicembre 1965) al n. 26 si afferma che è “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi come ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e speditamente”. Nella enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI ( ) ritorna questo termine e categoria di pensiero: “Bisogna tenere in grande considerazione il bene comune. Amare qualcuno è volere il suo bene e adoperarsi efficacemente per esso. Accanto al bene individuale, c’è un bene legato al vivere sociale delle persone: il bene comune. È il bene di quel “noitutti”, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale”. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (cfr. dal n. 1905 al n. 1912) si afferma che in conformità alla natura sociale dell'uomo, il bene di ciascuno è necessariamente in rapporto con il bene comune e che quest’ultimo non può essere definito che in relazione alla persona umana. Il bene comune interessa la vita di tutti. Esige la prudenza da parte di ciascuno e più ancora da parte di coloro che esercitano l'ufficio dell'autorità. Esso comporta tre elementi essenziali: il rispetto della persona umana in quanto tale (rispetto dei diritti fondamentali ed inalienabili e possibilità per ogni persona di realizzare la propria vocazione), il benessere sociale e lo sviluppo del gruppo stesso (rendere accessibile a ciascuno ciò di cui ha bisogno per condurre una vita veramente umana) e la pace, cioè la stabilità e la sicurezza di un ordine giusto. Lo Stato ha il compito difendere e promuovere il bene comune della società civile, dei cittadini e dei corpi intermedi. Con lo sviluppo del bene comune i legami di mutua dipendenza tra gli uomini s’intensificheranno fino ad estendersi su tutta la terra (bene comune universale). Il bene comune è sempre orientato verso il progresso delle persone e ha come fondamento la verità, si edifica nella giustizia, è vivificato dall'amore. Nel compendio della Dottrina sociale della Chiesa, al n. 164, si dice che: “Dalla dignità, unità e uguaglianza di tutte le persone deriva innanzi tutto il principio del bene comune, al quale ogni aspetto della vita sociale deve riferirsi per trovare pienezza di senso (…) Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro. Come l'agire morale del singolo si realizza nel compiere il bene, così l'agire sociale giunge a pienezza realizzando il bene comune. Il bene comune, infatti, può essere inteso come la dimensione sociale e comunitaria del bene morale. Il rischio che le società industriali avanzate come la nostra stanno correndo è quello di accettare non solo la deriva individualistica (no al bene comune ma solo perseguimento del bene individuale dei singoli) ma anche di considerare l’auto realizzazione della persona esclusivamente in termini economicistici. Il concetto di bene, che non a caso è rifiutato sostanzialmente dalle culture dominanti, tanto a destra e a sinistra, presuppone un giudizio di valore: dire bene significa affermare che vi è anche un male, individuale e sociale. Si afferma che la politica non è il luogo all’interno del quale si devono esprimere giudizi di valore, ciò che è bene e ciò che è male, ma si deve piuttosto utilizzare la categoria di utilità. Si valuta cioè una società in relazione non all’astratto del “bene” ma al concetto di utilità e prevalentemente di utilità economica. Si sostituisce il perseguimento del bene con quello di utilità sociale intesa in termini di aumento della ricchezza nazionale e della ricchezza individuale: il mito del prodotto interno lordo. Bene comune si realizza nel momento in cui la quantità delle risorse disponibili per un determinato gruppo umano è costantemente crescente. Questa mentalità economicistica sta corrodendo la classica categoria di bene comune con quella di utilità sociale e ritiene che il bene sia tanto meglio perseguito quanto più aumenta il volume delle risorse disponibili. Il bene comune non equivale in alcun modo alla crescita economica di un gruppo, anche se è necessario che un minimo di risorse è necessario siano poste a disposizione di tutti gli individui. Il bene comune è un concetto, ma anche un agire, positivo, attivo, che coinvolge la responsabilità di tutti, da cui nessuno si può sentire escluso o chiamare fuori. Il bene comune riguarda l’intera vita della persona e tutte le dimensioni della comunità, non solo locale e circoscritta, ma sempre più universale e internazionale: coinvolge tutta l’esperienza dell’uomo, di ogni uomo, dal suo concepimento al termine della sua dimensione terrena. Ogni scelta in direzione del bene comune è importante non solo per la sua efficacia concreta, ma soprattutto per la sua valenza e il suo ruolo educativo. Affermare che il bene comune è responsabilità di ciascuno, significa considerarlo non solo un dovere ma anche un diritto. Il confronto e il dialogo sono elementi fondamentali per la realizzazione del bene comune. Nel cammino verso il bene comune bisogna esercitare anche il discernimento e il sacrificio, che ci permettono di considerare e vivere la prudenza nella ricerca del bene comune non come atteggiamento rinunciatario ma come fatica che, avendo a cuore l’amore per ogni uomo, sa comprendere e scegliere oggi le vie più adatte, rispettando i tempi di ognuno e mettendo nel conto le incomprensioni e le critiche ingenerose, dettate spesso dalla fretta e dalla mancanza di attenzione universale. E’ importante richiamare un altro “atteggiamento” indispensabile per la realizzazione del bene comune, che è una condizione per rendere positivo il cammino e superare ogni difficoltà: la speranza. Si tratta di un atteggiamento che riguarda tutti: “le motivazioni religiose di tale impegno possono non essere condivise, ma le convinzioni morali che ne discendono costituiscono un punto di incontro tra i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà.”. I cattolici possono, e hanno il dovere, di diffondere questa virtù per la quale la realizzazione di ogni possibile rete non deve trasformarsi in possibile divisione e separazione, ma solo in “valore aggiunto “ per il bene di tutti. Fondamento del bene comune è la legge naturale, che è la stella polare della vita politica, che può guidare verso forme sempre più autentiche di democrazia. Se non esiste altra legge oltre la legge civile, dobbiamo ammettere allora che qualsiasi valore, perfino quelli per i quali gli uomini hanno lottato e considerato passi avanti cruciali nella lunga marcia verso la libertà, possano essere cancellati da una semplice maggioranza di voti. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (cfr. da n. 1954 a 1958) afferma che la legge naturale esprime il senso morale originale che permette all'uomo di discernere, per mezzo della ragione, il bene e il male, la verità e la menzogna. Essa mostra all'uomo la via da seguire per compiere il bene e raggiungere il proprio fine. La legge naturale indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale presente nel cuore di ogni uomo e stabilita dalla ragione, è universale nei suoi precetti e la sua autorità si estende a tutti gli uomini. Esprime la dignità della persona e pone la base dei suoi diritti e dei suoi doveri fondamentali. L'applicazione della legge naturale si diversifica molto; può richiedere un adattamento alla molteplicità delle condizioni di vita, secondo i luoghi, le epoche e le circostanze. Tuttavia, nella diversità delle culture, la legge naturale resta come una regola che lega gli uomini tra loro e ad essi impone, al di là delle inevitabili differenze, principi comuni. La legge naturale è immutabile e permane inalterata attraverso i mutamenti della storia; rimane sotto l'evolversi delle idee e dei costumi e ne sostiene il progresso. Le norme che la esprimono restano sostanzialmente valide. Anche se si arriva a negare i suoi principi, non la si può però distruggere, né strappare dal cuore dell'uomo. Il Santo Padre, Giovanni Paolo II, alle Nazioni Unite (discorso del 1995, n. 3) ha indicato la legge naturale come grammatica comune soggiacente a tutte le culture e condizione sine qua non di ogni dialogo internazionale: "Se vogliamo che un secolo di costrizioni lasci il passo a un secolo di persuasioni, dobbiamo trovare il cammino per discutere, con un linguaggio comprensibile e comune, sul futuro dell’uomo. La legge morale universale, scritta nel cuore di ogni uomo, è una specie di "grammatica" che serve al mondo per affrontare questa discussione sul proprio futuro". Per i politici e per i legislatori c’è un lavoro importante da fare. Bisogna riaccendere la luce della legge naturale nel pensiero e nell’azione, essere fedeli ai suoi orientamenti, vigilare ed esaminare continuamente la nostra coscienza per verificare se siamo sensibili ai suoi richiami o se ci siamo lasciati trascinare a fare leggi contrarie ad essa, trovando perfino ragioni per il male. Tutti possiamo ricordare quel fenomeno costante nell’esperienza umana: chi non agisce in accordo al proprio pensiero, comincerà a pensare in accordo alla propria azione. Domande per un approfondimento insieme: Chi può decidere che cosa è il bene comune? Senza un fondamento solido, come potrebbe il legislatore resistere alle pressioni di gruppi di interesse? E’ più avanzata, realizza maggiormente il bene pubblico e/o individuale una società sempre più provvista di beni materiali o una società che ha meno beni materiali, ma che fa emergere e affermi altri valori non monetizzabili, non misurabili? Come seguire la legge naturale? Bibliografia Cfr. Cardinale Angelo Sodano – Segretario di Stato Vaticano – Il politico al servizio del bene comune: la legge naturale stella polare della sua azione – Incontro con un gruppo qualificato di politici e legislatori d’Europa - Cristianità (1998).