25 settembre 2011 - Ventiseiesima domenica del Tempo Ordinario A L’INTERESSE DEGLI ALTRI Ezechiele 18,25-28 Salmo 24 (Ricordati, Signore, della tua misericordia) Filippesi 2,1-11 Matteo 21,28-32 Domenica scorsa abbiamo iniziato, come seconda lettura, la lettera di san Paolo ai Filippesi. Essa ci accompagnerà fino alla ventottesima domenica. Poiché oggi ci viene proposto il brano più importante della lettera, ci fermiamo su di esso. Filippi, nella regione greca della Macedonia (oggi villaggio di Filippoi), fu la prima città europea evangelizzata da S. Paolo, nel suo secondo viaggio missionario (anni 50-51). Tra quella comunità e l’apostolo si mantennero sempre rapporti di grande cordialità e di aiuto reciproco. Trovandosi Paolo in prigione per la sua predicazione cristiana, forse a Efeso nel 56-57, i filippesi gli inviano alcuni mezzi di soccorso (denaro, vestiti, cibo…). Egli risponde con questa lettera, molto affettuosa e autobiografica, poco sistematica, ma ricca di alcuni spunti teologici assai profondi. La “chiave” del passaggio odierno sta nella sua introduzione: «Non cerchi ciascuno il proprio interesse, ma piuttosto quello degli altri». Questa esortazione morale viene giustificata teologicamente con la citazione di un brano ritmico, forse un inno usato nella liturgia dalla comunità stessa, che propone l’esempio di Cristo. Ecco il ragionamento di Paolo: Cristo Gesù, essendo di natura divina, poteva starsene “beato” (usiamo parole molto semplici!) presso Dio o poteva incarnarsi in un uomo potente e glorioso, invece sceglie una vita “umile”, di obbedienza al Padre e di incondizionato servizio all’umanità, fino alla morte ignominiosa della croce; se ha fatto così lui, similmente dovranno agire i cristiani; d’altra parte questa strada è solo apparentemente perdente, perché Dio stesso la premierà, donando all’umanità la stessa gloria e la stesa felicità che ha donato al Cristo risorto. Anche noi siamo quindi chiamati a “cercare l’interesse degli altri”. Quali altri? I poveri anzitutto, vicini e lontani, miliardi di persone emarginate, impossibilitate a decidere il proprio destino, perché condizionate dai potenti; La natura in secondo luogo, inquinata e impoverita dall’uomo (soprattutto occidentale), invece che custodita e rettamente amministrata; Le generazioni future infine, non ancora esistenti, ma sulle quali paradossalmente possiamo già agire, lasciando loro un mondo ricco o sfruttato, bello o sudicio. La gente non parla molto di queste cose, più preoccupata dei “propri interessi” (dal conto in banca, all’andamento della borsa, alle vacanze esotiche), ma è una visione miope. L’interesse per gli altri e il disinteresse per sé è la strada maestra che conduce l’umanità alla vera felicità, dono di Dio e insieme frutto dell’impegno generoso di ogni persona di buona volontà.