LE IMPRESE OLTRE LA CRISI: lo sviluppo sostenibile per la crescita economica RELAZIONE del Segretario Generale CNA SERGIO SILVESTRINI Roma, 19 maggio 2009 Sala Conferenze Palazzo Marini 1 Gentili ospiti, cari amici, … grazie per essere intervenuti.. mi prendo solo qualche minuto per una riflessione introduttiva. Vorrei, in primo luogo, dare il benvenuto al Professor Amartya Sen e ringraziarlo per avere accettato il nostro invito. La sua presenza è per CNA un grande onore. La grandezza e la rilevanza del lavoro scientifico del prof. Sen sono così ampiamente note e riconosciute da non richiedere alcuna presentazione. Mi soffermo brevemente solo su un tratto del suo lavoro, che trovo di particolare interesse anche per il tema del nostro incontro: come possiamo e dobbiamo vivere? Questa la domanda fondamentale che l’economia, nelle mani del professor Sen, non perde mai di vista. Come non perde di vista l’uomo, nella sua concretezza, l’uomo in carne ed ossa, con i suoi desideri, i suoi bisogni, i suoi ideali; l’obiettivo dello sviluppo delle possibilità e delle capacità dell’uomo. Sviluppo che non coincide puramente con la crescita economica, ma è sviluppo dei diritti e delle qualità, delle capacità dei singoli, delle disuguaglianze. Una disciplina, l’economia, rivolta, dunque, non solo alla ricerca degli equilibri in condizioni di scarsità, ma studio della ricchezza e degli assetti politico istituzionali che la possono promuovere. Studio dello sviluppo e degli standards di vita delle persone. Una scienza “pratica” che cammina congiunta con la politica poiché entrambe hanno un medesimo fine: il bene della comunità. Ma congiunta anche con l’etica, con cui condivide i temi della giustizia, dei diritti dell’uomo e delle conseguenze delle sue azioni. Il lavoro scientifico del prof. Sen, in definitiva, ci insegna a non rimuovere dalla riflessione e dalla ricerca scientifica aspetti importanti della realtà solo perché non siamo in grado di 2 gestirli operativamente, ma a costruire strumenti nuovi in grado di affrontare la complessità del reale. Certe scelte che sembrano solo teoriche oggi hanno una forte valenza di impegno civile. Una visione, questa del prof. Sen, che vedo affine al modo di essere e di agire delle piccole imprese e dell’imprenditoria artigiana, sempre molto attente alle interdipendenze tra l’impresa e la comunità in cui operano, ritenendo l’azione economica sempre e comunque il risultato di una interrelazione positiva tra uomo, territorio, società e ambiente. Azione economica che e’ sempre concreta e responsabile, consapevole del rischio e delle conseguenze. E questo ci porta dritti al tema di oggi: Sviluppo sostenibile e crescita economica.. Nei mesi recenti si e’ diffusa e rafforzata una convinzione: la via per uscire dalle secche della crisi finanziaria ed economica, che da mesi stiamo vivendo, risiede in una strategia che inneschi processi di cambiamento strutturale e culturale e crei le condizioni per la realizzazione di uno sviluppo sostenibile. Nella ricerca di soluzioni possibili di uscita dalla crisi, dunque, si sono intravisti altri modelli di crescita e altre strade che se percorse, possono per così dire “ far quadrare il cerchio”, ovvero trasformare la sostenibilità ambientale in un’occasione di crescita e di riequilibrio economico. Come ormai tutti sappiamo, lo squilibrio strutturale nell’uso delle risorse energetiche e ambientali del pianeta si è amplificato nell’ultimo decennio, sia rispetto all’offerta sia rispetto alla sostenibilità. In particolare, preoccupano, da un lato, l’evoluzione della domanda di energia connessa alla recente crescita impetuosa di alcuni paesi (Cina, India, Brasile in special modo, ma anche Indonesia, Messico e Sud Africa) e dall’altro l’aumento straordinario delle emissioni di gas 3 inquinanti, in particolare le emissioni del biossido di carbonio (CO2) derivante dall’uso di combustibili fossili. La protezione del pianeta, non più eludibile, richiede una sostanziale riduzione di tali emissioni. Emissioni che però costituiscono un sotto-prodotto della maggior parte delle attività economiche e della vita quotidiana delle popolazioni del pianeta. In particolare, il settore energetico in tutte le sue articolazioni e’ quello che dà il più alto contributo all’evoluzione delle emissioni di biossido di carbonio. Proprio per questo la definizione di regole e politiche per ridurre la concentrazione di gas nell’atmosfera e per ritrovare un percorso virtuoso di sviluppo e riequilibrio globale è molto complicata. Riflette, inoltre, molteplici macro-squilibri che nel decennio passato rimanevano sullo sfondo dello scenario economico, ma che oggi si sono acutizzati e devono essere affrontati (penso in particolare agli squilibri finanziari esplosi in una crisi estesa che investe l’economia del pianeta; a quelli di rappresentanza nella governance mondiale, agli squilibri nella distribuzione delle risorse energetiche; a quelli nella produzione di risorse alimentari.) Le politiche di risanamento ambientale, dunque, incrociano e si intrecciano con altri grandi e complessi problemi, e in primo luogo con quello, strategico per eccellenza, dell’approvvigionamento delle fonti primarie di energia. Garantire la sicurezza di approvvigionamento e la riduzione delle emissioni richiede azioni complesse, che per molti versi, possono risultare in contrasto tra loro e innescare comportamenti poco cooperativi tra i paesi. La riduzione delle emissioni può solo risultare da una profonda ristrutturazione dei modelli di produzione e di consumo energetico nei paesi industrializzati, e da una piena collaborazione 4 con quelli di nuova industrializzazione sinora riluttanti ad assumere impegni ed adottare misure di protezione ambientale poiché temono che ciò possa contrastare la loro crescita. E’ necessario, quindi, sappia coniugare un sano pragmatismo che guardando all’efficacia dei risultati molteplici esigenze: abbattere le emissioni, avviare una crescita economica per affrontare la crisi, garantire la sicurezza energetica e la compatibilità, con gli scenari di squilibrio macro-economico. Un sano pragmatismo ci mostra per esempio che proprio la crisi offre nuove opportunità. La crisi ci ha mostrato, infatti, tutta la portata dirompente dell’effetto domino, che singoli e limitati eventi possono provocare in una economia altamente interdipendente, ma anche una maggiore diffusa consapevolezza della necessità di una governance multilaterale dei processi (il G8 che diventa G20 è un esempio). Ha rafforzato altresì la consapevolezza dei benefici dell’intervento regolatore dello Stato. Usiamo quindi “l’eccezionalità del momento”; i suoi nuovi spazi di manovra per esperienze di governo multilaterale che possono garantire processi di condivisione degli indirizzi, la loro fattibilità e il rispetto degli impegni presi. Rientrano in questa direzione, e sono di grande importanza le scelte di politica ambientale annunciate dagli Stati Uniti d’America. Certamente, non ci facciamo illusioni sulla difficoltà dei compiti che ci aspettano. Ma non abbiamo scelta, dobbiamo avviare un percorso che passo dopo passo, con una strategia incrementale, ci offra strumenti e ci porti a risultati soddisfacenti. Peraltro, per quanto riguarda in maniera specifica il nostro Paese, la crisi ha indubbiamente aggravato una economia in affanno. Già dalla fine degli anni novanta, ha dovuto fare i conti con l’aumento del costo delle materie prime, bassa crescita del PIL, produttività insoddisfacente, debito pubblico elevato, carenza nella dotazione di infrastrutture materiali e immateriali, deficit nella innovazione di processo e di prodotto. 5 E’ necessario dunque fare un passo avanti e usare la situazione di eccezionalità della crisi come leva per avviare processi importanti di cambiamento e di innovazione!! Non so se, come si dice, la terza rivoluzione industriale sarà quella energetica. Comunque, quella dell’energia sia in termini di approvvigionamento, sia di efficienza, sia di risparmio è una sfida cruciale per lo sviluppo del nostro Paese. Del resto non possiamo ignorare che l’obiettivo dell’Unione europea nel percorso internazionale è arrivare alla tappa conclusiva per fissare le regole della II fase del Protocollo di Kyoto, con una voce sola, credibile e una posizione non inadempiente negli obiettivi stabiliti, nel pacchetto energia e ambiente deciso nel 2007. La scelta progettuale del Governo di diversificazione delle fonti (rinnovabili, carbone pulito e nucleare) come modo fondamentale per garantire l’autonomia energetica del paese può essere condivisibile…. E certamente condiviso è il programma di ammodernamento e di costruzione delle infrastrutture energetiche. In particolare, vorrei sottolineare che in linea di principio la CNA non e’ contraria alla scelta proposta dal Governo di realizzare centrali nucleari in Italia. Tuttavia riteniamo sia necessaria una attenta riflessione sull’opportunità economica di un ritorno al nucleare!! A riguardo, sono da tenere in considerazione le perplessità espresse dal Senatore Giancarlo Sangalli, circa la necessità di vincolare ad un solido progetto industriale il ritorno al nucleare, a un progetto che attivi e privilegi un processo virtuoso di sviluppo e coinvolga sistemi di ricerca, tecnologie e imprese italiane. Inoltre, Siamo certi che investimenti così importanti solo per ridurre il costo di produzione siano di buon senso? 6 Il riequilibrio energetico e ambientale esige in prima istanza una razionalizzazione dei consumi, e quindi modelli diversi di produzione, una diversa organizzazione dei trasporti e della vita dei cittadini, dei modelli abitativi e architettonici, un diverso utilizzo dell’ambiente circostante e delle risorse del territorio che sappia coniugare efficienza e qualità della vita. La CNA ha da sempre coltivato questo obiettivo!! Consapevole di quanto le nostre piccole imprese rappresentino il tessuto connettivo del benessere del territorio, e della qualità delle loro strategie. L’artigianato e le piccole imprese sono, invero, le candidate naturali per sviluppare e dare consistenza a processi produttivi e culturali che consentano al paese il potenziamento del sistema di risparmio energetico industriale e civile e la diffusione di produzione di energia da fonti rinnovabili. Le piccole imprese possono contare sulla capillarità, sulla presenza di competenze elevate su tutto il territorio nazionale e su una rete di utilizzatori-clienti in grado di spostare singoli risparmi su una scala estremamente ampia… Ecco, io credo che vadano alimentate e sostenute proprio quelle caratteristiche di qualità, esperienza, professionalità, di sviluppo e radicamento nel territorio che rappresentano il Dna del grande artigianato, che ha prodotto il “made in Italy”. Tra l’altro non bisogna dimenticare che questa è una risorsa fondamentale per la crescita e il funzionamento dell’economia perché l’innovazione è sempre meno il frutto di imprese isolate che intrattengono rapporti meramente contrattuali con i loro lavoratori, con i fornitori e i clienti: dipende di più dalla capacità di coordinare soggetti diversi intorno a progetti e obiettivi condivisi. E l’innovazione ha sempre rappresentato il vero motore della crescita e lo strumento di competitività fra i paesi. Più dei costi, della disponibilità di materie prime e della posizione geografica. 7 E se negli ultimi duecento anni l’innovazione ha riguardato la possibilità di risparmiare lavoro, oggi non può che riguardare il risparmio e l’efficienza energetica e la soluzione delle contraddizioni che rischiano di mettere in discussione l’esistenza stessa dello sviluppo. I Paesi che sapranno investire per lo sviluppo di tecnologie pulite e infrastrutture ecologiche, energie rinnovabili, efficienza energetica e risparmio e sapranno diffondere comportamenti virtuosi saranno quelli che usciranno rafforzati dall’attuale momento di crisi garantendo contestualmente sviluppo e compatibilità ambientale. La CNA ha sostenuto e favorito le imprese che operano nei settori della compatibilità ambientale, del risparmio energetico e della produzione di energia da fonti rinnovabili, nell’attività di recupero e riciclo di materiali e rifiuti. Ricordo, solo a titolo di esempio, la costruzione dei club dell’energia a Bologna; i progetti di casa passiva; gli Orti Fotovoltaici in Toscana e lo sviluppo della bioedilizia a Treviso. Noi della CNA riteniamo che solo un complesso di interventi normativi e finanziari diretti a rafforzare le misure per le ristrutturazioni energetiche degli edifici, incentivare l’efficienza dei consumi finali e la diffusione di nuovi modelli abitativi “passivi”, possa avere un forte impatto sia economico, sia simbolico culturale. Vorrei sottolineare che nel nostro paese pesa la carenza di una cultura delle sostenibilità ambientale e della prevenzione, del rispetto delle regole, della tutela del territorio. Questa carenza a volte ha costi elevatissimi e effetti tragicamente moltiplicativi – e lo abbiamo visto da ultimo, solo qualche settimana fa in occasione del terremoto in Abruzzo – anche in presenza di disastri naturali, costi evitabili ed evitati in altri paesi. Anche le emergenze incidono molto sul bilancio !!! 8 E’ il momento di voltare pagina e usare le risorse pubbliche non per porre rimedio ai disastri e compensare i danni, spesso non compensabili, ma per prevenire danni e disequilibri ambientali. Noi riteniamo che siano indispensabili almeno misure come: - rafforzare e rendere pienamente operative le misure già esistenti (certificazioni energetiche, certificati bianchi, detrazioni fiscali ); - costruire un fondo finalizzato al sostegno della ricerca e innovazione delle pmi con percorsi semplificati per garantire l’introduzione e il trasferimento di esperienze di ricerca; - costruire percorsi di premialità (attraverso semplificazioni procedurali, superamento di ostacoli burocratici) per la produzione, la commercializzazione e l’acquisto di prodotti che migliorano la qualità della vita e consentono un minore consumo di energia. Spostando l’orizzonte sulla sostenibilità, diamo alle nostre azioni la profondità del futuro. La fiducia nel futuro. E la fiducia, è risorsa cruciale per uscire dalle crisi. In particolare da questa che stiamo vivendo. Ricerca della sostenibilità, di un equilibrio interdipendente nel rapporto tra imprese, società, finanza e territorio. Responsabilità verso gli altri e verso il proprio ambiente sociale e naturale sono modi con cui si è preso consapevolezza degli effetti negativi di mercati lasciati senza regolazione e di individui intenti solo a perseguire il privato interesse. La sfida che vedo di fronte e’ dunque quella di sistemi capaci di riprodursi nello spazio e nel tempo, sistemi che fanno propria la cultura e le regole della sostenibilità, il senso del limite, la complessità e interdipendenza dell’ambiente nel quale sono inseriti, in un orizzonte di vincoli e possibilità 9 La sostenibilità non e’ un “optional” , ma l’orizzonte di una economia sana e consapevole!! E’ un orizzonte che tendiamo a dimenticare ma ha le radici profonde della nostra civiltà: già duemila anni fa l’imperatore Marco Aurelio ammoniva: “ogni azione e pensiero produce legami sociali” e la forza dei legami sociali e la cooperazione è l’unica forza che potrà redimere il genere umano … E con questo lascio la parola al Prof. Sen. 10