le zone polari - Università degli Studi di Messina

LE ZONE POLARI
La presenza del ghiaccio e le condizioni estreme che caratterizzano le zone
polari hanno indotto da sempre a classificarle come zone difficili per gli organismi che
devono adattarsi a viverci. Tuttavia lo studio della vita in questo ambiente ha rivelato
una notevole ricchezza quali e quantitativa di specie vegetali ed animali. Il pack, lungi
dall’essere un ostacolo, è risultato un’importante protezione per tutti gli organismi e
funziona addirittura da “casa per il plancton” durante i lunghi mesi invernali.
Link su Nave rompighiaccio in navigazione
Links sulle Zone Polari
Geografia delle zone polari
Confronto fra le zone polaril
(a)
Reti Trofiche: (a) dei mari artici e (b) dei mari antartici (v. Links)
(b)
MORFOLOGIA E CIRCOLAZIONE DEL MAR ARTICO
L'Artide è costituita da un oceano profondo oltre 4000m ma chiuso per gran
parte del suo contorno dalle coste settentrionali dei continenti dell'emisfero boreale. L
morfologia del bacino è complessa: al centro si sviluppano dorsali (lomonosov Ridge,
Gakkel Ridge) che suddividono il Mar Artico in sub-bacini la cui morfologia condiziona il
movimento delle correnti.
Lo Stretto di Bering è un varco di comunicazione che si apre sul Pacifico
Settentrionale, profondo però circa 45m e fronteggiato dall'arco delle Isole Aleutine,
limitazione importante questa, per lo scambio di acque profonde.
La comunicazione con l'Oceano Atlantico è invece più articolata ed è quella
di maggior entità. Ad est della Groenlandia si apre il varco più ampio attraverso lo
Stretto di Fram, mediato dai mari di Groenlandia e di Norvegia a nord dell'Islanda. Ad
ovest della Groenlandia la circolazione delle acque avviene filtrando attraverso gli
innumerevoli passaggi del fitto arcipelago a nord del Canada, confluendo poi nella Baia
di Baffin prima di attraversare lo Stretto di Davis e arrivare nel mare del Labrador.
Nel Mar Artico sfociano numerosi corsi d’acqua sia nel nord dell’Asia sia nel
Nord America, che sversano acque provenienti dall’entroterra anche abitato
Gran parte del ghiaccio che si forma nell'oceano artico resta all'interno del
bacino per tutto l'anno. Solo il 10% migra attraverso lo Stretto di Fram, tra la
Groenlandia e le Spitzbergen. La parte centrale del Mare Artico è perennemente
ricoperta dai ghiacci e gran parte del ghiaccio è poliennale, diversamente dai ghiacci del
pack antartico che si sciolgono e si riformano ogni anno. Anche dove il Mare Artico è
permanentemente coperto dal pack, la banchisa si muove in continuazione spinta dai
venti e dalle correnti, rendendola instabile. Le onde ed il vento inoltre hanno l'effetto di
fratturare la banchisa ed accatastare i lastroni aumentando lo spessore fino a 40-50m.
Variazione stagionale del pack: (a) in inverno e (b) in estate
Link: Animazione
La circolazione delle acque dal e per il bacino artico assume l'andamento di un
grande vortice incentrato sul Bacino Canadese e che si muove in senso orario
generando una corrente (Corrente Groenlandese orientale) che uscendo dallo Stretto di
Fram, scorre lungo le coste orientali della Groenlandia fino a fondersi con la Corrente di
Irminger, a sud dell'Islanda.
Il giro delle correnti che, doppiato il capo meridionale della Groenlandia,
proseguono lungo le sue coste occidentali e ritornano verso sud lungo le coste
canadesi come Corrente del Labrador, completano il percorso delle acque artiche fino
all'incontro con la Corrente del Golfo.
La corrente trasporta con sé lastroni di pack ed icebergs staccati dai numerosi
ghiacciai che dalle coste della Groenlandia si protendono fino in mare e che finiscono di
sciogliersi nell'incontro delle Correnti del Labrador e di Irminger con la Corrente del
Golfo.
La circolazione nel Mar Artico e verso l’Oceano Atlantico
Tipi di pack e tempi di residenza delle masse d’acqua sottostanti.
Nella figura viene analizzata anche la diffusione di un eventuale effluente
all’interno del Mar Artico e la sua incidenza sulle diverse masse d’acqua.
MORFOLOGIA E CIRCOLAZIONE DEL MAR ANTARTICO
L'Antartide è un continente circondato dalle acque a sud dei tre oceani,
Atlantico, Indiano e Pacifico,
Le acque che circondano il continente antartico fanno parte di un sistema
complesso di correnti e di fronti che le distinguono nettamente dagli oceani adiacenti e
possono a ragione essere denominate come Oceano Meridionale.
Invece la circolazione verticale delle varie masse d’acqua che fanno parte di questo
sistema è particolare in quanto si inserisce in tutti e tre gli oceani. Difatti non ci sono
ostacoli fisici, rappresentati dalle terre emerse, che limitino la diffusione delle acque di
formazione antartica che si muovono verso le zone intermedie e profonde degli oceani.
Per questo
Le acque congelano in superficie per una parte dell’anno, corrispondente all’inverno
australe, estendendo la calotta polare antartica fra i 70 ed i 55°S. Questo ghiaccio
marino è annuale, raggiunge uno spessore intorno ai 2m e si scioglie in estate.
L’Oceano Meridionale può essere immaginato come strutturato una serie di
aree concentriche delimitate da zone frontali o altri limiti in superficie
Come si può osservare, esiste una Zona di ghiaccio persistente (PIZ) anche nella
stagione estiva, che occupa una parte del Mare di Weddel e del Mare di Ross, mentre
una stretta Zona costiera a bassi fondali
(CCSZ) riesce a liberarsi per
periodicamente dal ghiaccio. La Zona del ghiaccio stagionale (SIZ) occupa circa 16
milioni di chilometri quadrati, cioè quasi la metà di quello che viene considerato
l’Oceano Meridionale, ed il suo limite verso nord costituisce il limite dei ghiacci della
banchisa. Esternamente c’è una Zona di oceano permanentemente libero dai
ghiacci (POOZ) che occupa lo spazio fin al fronte polare (PF), mentre più a nord sono
identificabili il Fronte Sub-Antartico e la Convergenza Sub-Tropicale.
Si può constatare che la zona del ghiaccio stagionale (SIZ) è quella che
subisce i cambiamenti più drastici ed imponenti nel corso dell’anno, poichè il 90% della
copertura di ghiaccio si scioglie durante la primavera e l’estate, dopo avere raggiunto il
massimo della sua estensione durante l’inverno.
Animazione sulla variazione stagionale del pack -
IL GHIACCIO MARINO
I fattori principali che regolano generalmente la produttività primaria negli
ambienti oceanici sono la temperatura, la luce, la disponibilità di nutrienti e l’incidenza
degli erbivori sulla biomassa vegetale (grazing). Nelle acque antartiche del SIZ la
presenza del ghiaccio incide fortemente su tutti questi fattori: le temperature sono basse
anche durante la stagione estiva e questo richiede indubbiamente un adattamento di
tutto il plancton e quindi anche del fitoplancton, che deve svilupparsi a temperature
insolite per altre zone oceaniche. Anche la luce, che già ha una forte oscillazione
stagionale propria, risulta mediata dalla copertura di ghiaccio per la colonna d’acqua
sottostante.
Link a: animazione sulla formazione di acque iperaline dal ghiaccio
Durante la formazione del ghiaccio marino solo l’acqua forma il reticolo
cristallino. La sua uscita dalla fase liquida sarà perciò accompagnata dalla formazione
di una soluzione salina più concentrata che, nell’immediato, resta parzialmente
intrappolata negli spazi interni del reticolo. Si costituisce così una rete di canalicoli di
salamoia, più o meno ramificata a seconda del tipo di ghiaccio, a sua volta
determinato dalle condizioni in cui si è formato. Il drenaggio della salamoia nella
colonna d’acqua sottostante il ghiaccio comporta un aumento di salinità e l’innesco di
una circolazione verticale, per la maggiore densità delle acque che drenano dal
ghiaccio. Si ha perciò un ispessimento dello strato misto, ovvero dello strato superficiale
in cui si verificano mescolamenti verticali.
Questo processo, che prevale durante la stagione invernale e nell’area
occupata dalla banchisa, in generale ha un effetto negativo per la produttività in quanto
disperde il fitoplancton e lo allontana dallo strato eufotico.
Quando in primavera la banchisa comincia a frantumarsi e poi ad arretrare per
fusione, col progressivo aumento della temperatura, si forma in superficie, lungo il
margine della banchisa e per un’estensione che può andare dai 50 ai 250km, uno strato
di acque notevolmente meno salate della colonna d’acqua sottostante e questo
diminuirà lo spessore dello strato misto. L’area occupata dal margine della banchisa e
dalle sue acque di fusione viene denominata Zona del Ghiaccio Marginale (MIZ). Il
fenomeno può essere visto nello stesso tempo sia su scala spaziale sia su scala
temporale.
Processo di inclusione degli organismi nel ghiaccio durante la sua formazione
Il plancton ed in particolare il fitoplancton viene inglobato, con vari meccanismi,
nel ghiaccio che si forma.
Nelle zone di polinia il ghiaccio cristallizza in minutissimi cristalli (frazil ice)
nella colonna d’acqua e poi, data la sua minore densità, si sposta in superficie
trascinando
nel suo movimento il seston presente e quindi anche cellule
fitoplanctoniche. I cristallini di ghiaccio che coprono la superficie del mare, non ancora
consolidati fra loro costituiscono il cosiddetto ghiaccio oleoso (grease ice).
Un’ulteriore diminuzione di temperatura induce la coesione in forme tondeggianti
dai bordi rialzati (pancake ice), che si congiungono poi in un unico strato, in cui restano
intrappolati gli organismi flottati dai cristallini di ghiaccio. Le canalizzazioni di salamoia
che si formano internamente al ghiaccio offrono lo spazio in cui gli organismi catturati
potranno sopravvivere, paradossalmente al riparo dall’ambiente esterno più ostile. Nello
strato già formato gli organismi possono penetrare anche dal basso, cioè dalla colonna
d’acqua sottostante e restare all’interno via via che la banchisa si estende verso il
basso con un diverso procedimento, cioè la formazione di ghiaccio da congelamento,
che ha una struttura colonnare, con una rete di canali meno ramificata.
Processi di formazione del pack in condizioni diverse
Sito su Immagini del pack a vari stadi di formazione
La formazione della banchisa non avviene con un evento unico, ma è il risultato
di più cicli di congelamento e di fusione più o meno parziale, determinati dall’andamento
meteorologico, finchè non si stabilisce pienamente la stagione invernale e la banchisa si
stabilizza e si sviluppa al massimo. Lo stesso vale per la fusione della banchisa che
avviene in più cicli fino alla stabilizzazione delle condizioni estive. In questi cicli di
formazione e di dissolvimento del ghiaccio gli organismi vengono più volte catturati e
rilasciati e si formano stratificazioni, che singolarmente immagazzinano quello che è
stato raccolto dalle acque sottostanti al momento della loro formazione. Da questo
deriva la grande eterogeneità nella distribuzione del plancton dentro il ghiaccio, spesso
in brevi spazi si passa da addensamenti tali di organismi fitoplanctonici da colorare il
ghiaccio di bruno, come nel caso delle diatomee, a zone di ghiaccio pressocchè
immacolato con pochi organismi al suo interno.
Proprio in funzione dei diversi tipi di ghiaccio che si possono formare in
condizioni diverse e della storia dello strato di ghiaccio dopo la sua formazione, si
possono individuare diversi tipi di comunità proprie del ghiaccio marino (Fig.6). Una
prima suddivisione riguarda la posizione delle comunità nel ghiaccio, cioè di superficie,
interne, di fondo e subglaciali. All’interno di queste suddivisioni si possono
distinguere diverse tipologie, conseguenti alle condizioni offerte dal substrato fisico.
Le comunità di superficie del ghiaccio possono svilupparsi in pozze, formatesi
per (1) deformazione del ghiaccio o (2) infiltrazione laterale dell’acqua di mare, per un
abbassamento del blocco di ghiaccio, o ancora (3) fusione, quando la temperatura
esterna si innalza ed il calore fa fondere del ghiaccio sotto la copertura nevosa.
Le comunità del pack
Le comunità si possono ancora distinguere per il tipo di distribuzione, come le
comunità interne che possono presentarsi diffuse o a banda. Alla superficie inferiore del
ghiaccio possono aversi aggregazioni negli ultimi centimetri (comunità interstiziali) che
vivono uno scambio più diretto con le acque sottostanti.
Carote di ghiaccio con presenza di “brown ice”
Sviluppo microalgale sulla superficie inferiore del pack
L’attività del fitoplancton, che utilizza i nutrienti presenti nell’acqua e produce
sostanze organiche, offre alimento ai produttori secondari più piccoli. Un modello
semplificato che presume un flusso laminare per la salamoia, presenta insieme gli
effetti della diversificazione verticale degli organismi simpagici e del trasporto di DOC
(Dissolved Organic Carbon). Se non c’è trasporto di salamoia, ovvero in condizioni
ambientali stazionarie, la stratificazione verticale della biomassa algale porta ad un
gradiente di concentrazione del DOC dovuto ai processi essudativi algali. Se invece c’è
un afflusso di acqua di mare, ci sarà dapprima una disponibilità di nutrienti per l’insieme
delle diatomee al livello più esterno, che si comporteranno come un impianto di
depurazione assorbendo nutrienti. La salamoia, localizzata inizialmente al livello 1
prima dell’afflusso, si sposterà verso l’alto trasportando alte concentrazioni di DOC al
livello 2. L’afflusso porterà nuovi nutrienti al complesso di diatomee del fondo ghiaccio e
nuovo DOC alle comunità batteriche localizzate più all’interno.
D’altra parte un deflusso dovuto, ad esempio, ad un drenaggio per gravità,
aumenterebbe la concentrazione di DOC nella colonna d’acqua, subito sotto il ghiaccio
flottante . Quel che importa è che si osserva un trasporto di salamoia, ma non
altrettanto di organismi del ghiaccio. Quindi i processi di trasporto della salamoia e le
dinamiche dei nutrienti all’interno del ghiaccio marino sono basilari per la conoscenza
della struttura delle comunità simpagiche, non solo in termini di fornitura di nutrienti per
le alghe del ghiaccio, ma anche in termini di trasporto del DOC e quindi per la struttura
della rete trofica.
Lo studio delle comunità del ghiaccio ha dato origine ad una ricca
terminologia, con cui vari autori hanno cercato di esprimere la capacità di alcuni
organismi vegetali ed animali di convivere con un substrato alquanto ostile come il
ghiaccio. Come si vede dalla tabella annessa, per concetti simili sono stati elaborati più
termini. In questi ultimi anni un esame critico della terminologia in uso, teso ad unificare
concetti e termini simili per una migliore comprensione ed uno scambio più efficace
delle informazioni fra i vari gruppi di studio, ha indotto a raccomandare alcuni termini
come più appropriati di altri. Per le specie facenti parte delle comunità del ghiaccio si
ritiene, ad esempio, più corretto qualificarle come simpagiche, che significa associato
al ghiaccio, e nell’accezione comune può riferirsi ad organismi animali e vegetali,
mobili o fissi, come quelli bentonici.
GHIACCIO MARINO E COMUNITA’ RELATIVE: TERMINOLOGIA
TERMINE
Plancton del ghiaccio
o Crioplancton
DESCRIZIONE
Organismi peculiari del ghiaccio marino che in estate si
sviluppano e formano comunità sia nel ghiaccio che
attorno ad esso
Ghiaccio (bruno)
Determinato dal colore e dalla presenza di alghe
(diatomee).
Ghiaccio colorato
Colore bruno dovuto alla presenza di diatomee.
Ghiaccio planctonico
Si forma quando l’acqua del mare di gela: colore bruno
dovuto allacrescita di plancton nel ghiaccio marino.
Epontico
Specie aderenti o non aderenti al substrato adattate
particolarmente alla vita nel ghiaccio marino.
Psicrofilo
Organismi che hanno una temperatura ottimale per la
crescita inferiore a 15°C.
Criofilo
Epicriotico
Endocriotico
Criofiton
Criobionte
Crion
Simpagico
Implica associazione col ghiaccio temporaneo o
permanente
Riferito a cellule viventi attaccate a cristalli di ghiaccio
Riferito a cellule viventi all’interno del ghiaccio
Alghe che vivono nella neve e su ghiacci galleggianti.
Riferito ad organismi che vivono nella neve e nel ghiaccio
o alghe inizialmente trovate sulla superficie del ghiaccio
marino
Comunità del ghiaccio marino.
Riferito ad organismi che vivono nel ghiaccio marino.
Superficiali
Interne
Comunità algali definite dalla loro posizione nel ghiaccio
Di fondo
SIMCO
Comunità microbiche del ghiaccio: includono virus,
batteri, diatomee, funghi e protozoi
Subglaciale
Riferito ad organismi, che vivono nella parte di fondo del
ghiaccio
Interfacciale
Alghe galleggianti nell’interfaccia ghiaccio-acqua
PRODUTTIVITA’ DEGLI ORGANISMI NEL GHIACCIO
Per quanto riguarda la produttività primaria le comunità del ghiaccio giungono a
superare la produzione della colonna d’acqua sottostante il ghiaccio, in cui predomina
invece l’attività eterotrofica. Considerando la produttività primaria globale, quella
associata alle comunità del ghiaccio rappresenterebbe il 25-30% . Questa valutazione
richiede comunque ulteriori dati sperimentali, la cui raccolta presenta parecchi problemi.
Il campionamento del ghiaccio marino richiede mezzi e logistica adeguati, come pure di
tener conto della grande eterogeneità spaziale e temporale nella distribuzione degli
organismi.
In inverno il numero di organismi che sopravvive nel ghiaccio è minore che nelle
altre stagioni, ma le alghe rimangono vitali. Esse si adattano a fotosintetizzare a livelli
molto bassi di luce , sono anche meno sensibili alle basse temperature ed alle alte
salinità: durante alcuni esperimenti le alghe continuavano a crescere a temperature
inferiori a –5,5°C e salinità fino a 95 psu. Si è osservato che le alghe non crescevano
ma sopravvivevano per alcune settimane anche a –10°C e 145psu, riprendendo la
crescita se venivano riportate lentamente in condizioni più favorevoli.
Gli organismi del ghiaccio, che vengono rilasciati nell’acqua durante la
fusione e l’arretramento del MIZ (Marginal Ice Zone), possono agire come inoculo e
dare inizio o contribuire alle fioriture fitoplanctoniche, come sembra confermare la
comparazione fra le specie presenti nei canalicoli di salamoia del ghiaccio e nella
colonna d’acqua. Le potenzialità, come inoculo delle alghe simpagiche, sono indicate
dalla loro abilità nell’incrementare i tassi fotosintetici in condizioni di minor salinità, quali
si verificano durante la fusione del ghiaccio.
Il contributo principale alla produttività viene perciò dalle aree del margine del
ghiaccio (MIZ).
L’arretramento della banchisa all’inizio della bella stagione è
accompagnato dalla formazione di uno strato di acqua più dolce in superficie, che
stabilizza verticalmente la colonna d’acqua riducendo lo spessore dello strato misto, e
nel contempo dal rilascio degli organismi vegetali ed animali contenuti nel ghiaccio. Per
il fitoplancton l’effetto è quello di un inoculo di cellule che dà inizio a grandi fioriture, che
possono estendersi su vaste aree.
Lo sviluppo iniziale delle fioriture planctoniche da MIZ è determinato dalle
proprietà fisiche dello strato superficiale, subordinato alle condizioni meteorologiche. La
posizione della fioritura si sposta rispetto al margine del ghiaccio in funzione delle
condizioni del tempo, principalmente quelle che determinano la frequenza, la durata e la
forza di eventi di mescolamento verticale delle acque, fenomeno quest’ultimo che
ritarda lo sviluppo di fioriture.
L’entità e l’estensione spaziale delle fioriture sono condizionate dalle
condizioni meteorologiche e dal consumo da parte degli erbivori.
Siti consigliati per approfondimenti sul ghiaccio e sugli ambienti collegati al pack.
WHAT IS SEA ICE?
http://www.gi.alaska.edu/~eicken/he_teach/GEOS615icenom/form/intro.html
http://www.msc.ec.gc.ca/crysys/education/seaice/seaice_edu_e.cfm
DIVING UNDER ANTARCTIC ICE
Sito dedicato all’esplorazione subacquea del pack e del fondo marino
in Antartide.
All’interno, scegliendo dal menù:
 Gallery: offre immagini da vari ambienti
 Field guide: offre la consultazione sulle specie presenti organizzata
secondo la sistematica