Cassazione pen., sez. III,
(ud. 11 gennaio 2008)
17 marzo 2008, n. 11749,
Pres. De Maio, Rel. Teresi
Infortuni sul lavoro
Violazione delle norme
Responsabilità
del legale rappresentante
della società
datore di lavoro prevenzionistico
Valutazione
Limiti e condizioni Inderogabilità della posizione di garanzia
Valutazione : È tale
Nel caso in cui l’impresa abbia carattere di società e non sia possibile individuare gli organi tenuti a garantire
la sicurezza del lavoro, la relativa responsabilità grava anche penalmente sui legali rappresentanti della
società, perché costoro, ancorché non svolgano mansioni tecniche, sono pur sempre preposti alla gestione
della società e si identificano, quindi, con i soggetti primari destinatari delle norme antinfortunistiche.
Se il datore di lavoro è una persona giuridica, destinatario delle norme, per quanto attiene all’adozione degli
apparati strumentali necessari a preservare l’incolumità dei lavoratori, è il legale rappresentante dell’ente
imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale la persona giuridica agisce nel campo delle relazioni
intersoggettive. Tale compito discende dalla legge e non richiede espresso conferimento e da esso il datore
di lavoro può esimersi solo mediante conferimento di valida delega.
Il legale rappresentante di una società in nome collettivo, impegnata in un cantiere preordinato alla
demolizione di un fabbricato, era stato condannato alla pena di euro 400 di ammenda per il reato di cui
all’art. 10, D.P.R. n. 164/1956, per avere omesso di adottare dispositivi antinfortunistici nei confronti del
lavoratore dipendente che lavorava sui muri da demolire senza impalcati di protezione e senza bretelle
collegate a una fune di trattenuta. L’imputato, invece, era stato assolto, con la formula«perché il fatto non
costituisce reato», dall’imputazione di cui all’art. 590, c.p., relativa alle lesioni riportate dal lavoratore,
precipitato nel piano sottostante per il crollo di un solaio, avendo il Tribunale ritenuto che unico responsabile
(e giudicato separatamente) era il soggetto che«svolgeva attive e presenti mansioni di capocantiere».
Con l’impugnazione l’imputato aveva dedotto la sua estraneità al cantiere, che aveva comportato
l’assoluzione dal reato di cui all’art. 590, c.p., per cui anche la responsabilità per la residua
contravvenzione era da escludersi «avendo il coimputato operato in condizioni di assoluta autonomia». La
Cassazione non è stata di questo avviso, ritenendo che né la circostanza di non essere stato presente in
cantiere al momento dell’infortunio occorso a un dipendente in conseguenza dell’omessa predisposizione di
presidi di sicurezza, nè l’esito del giudizio sull’imputazione di lesioni colpose, lo potevano esimere dalla
responsabilità, poiché lo stesso, nella sua qualità di legale rappresentante della società di costruzioni
edilizie, era per questo stesso tenuto all’osservanza degli obblighi imposti al datore di lavoro in materia di
sicurezza dei lavoratori; quindi, la condotta di omessa adozione dei dispositivi antinfortunistici nel
cantiere predisposto per la demolizione del fabbricato coinvolgeva necessariamente anche la sua qualifica
prevenzionistica.
Conformemente a un precedente indirizzo Giurisprudenziale (Cass. pen., sez. III, 21 giugno 2007, n. 24478),
la Suprema Corte ha ritenuto che, quindi, nel caso in cui l’impresa abbia carattere di società e non sia
possibile individuare gli organi tenuti a garantire la sicurezza del lavoro, la relativa responsabilità grava
anche penalmente sui legali rappresentanti della società, perché costoro, ancorché non svolgano mansioni
tecniche, sono pur sempre preposti alla gestione della società e si identificano, quindi, con i soggetti primari
destinatari delle norme antinfortunistiche. Pertanto, se il datore di lavoro è una persona giuridica,
destinatario delle norme, per quanto attiene all’adozione degli apparati strumentali necessari a preservare
l’incolumità dei lavoratori, è il legale rappresentante dell’ente imprenditore, quale persona fisica attraverso la
quale la persona giuridica agisce nel campo delle relazioni intersoggettive.
Questo compito discende dalla legge e non richiede espresso conferimento e da esso il datore di lavoro può
esimersi, secondo la Cassazione, «solo mediante conferimento di valida delega». La natura non derogabile
della posizione di garanzia facente capo al datore di lavoro prevenzionistico, in quanto di natura pubblicistica
e volta a tutelare beni fondamentali quali la vita e la salute delle persone, è stata già affermata dalla
Suprema Corte (Cass. pen., sez. III, 3 agosto 2005, n. 29229, secondo cui, in tema di prevenzione degli
infortuni sul lavoro, la posizione di garanzia del datore di lavoro «è inderogabile quanto ai doveri di vigilanza
e controllo per la tutela della sicurezza, in conseguenza del principio di effettività, il quale rende riferibile
l’inosservanza alle norme precauzionali a chi è munito dei poteri di gestione e di spesa»), e appare
condivisibile nella misura in cui afferma che i poteri originari correlati alla posizione di datore di lavoro non
possono essere unilateralmente o convenzionalmente rinunziati, ma al tempo stesso riconosce la possibilità
di conferirli, mediante delega di funzioni, a un soggetto terzo (il cosiddetto datore di lavoro delegato), il quale
deve risultare, tuttavia, come il«soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il
lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in
quanto esercita i poteri decisionali e di spesa» (art. 2,
comma 1, lettera b),D.Lgs. n. 81/2008).