Mercoledì santo 2008
Rami carichi di gemme
dell’ALBERO COSMICO
La croce mistero di salvezza .
...Questo legno m'appartiene per la mia salvezza eterna. E' il mio cibo, il mio
nutrimento; mi consolido nelle sue radici, mi stendo sotto i suoi rami, mi abbandono al
suo soffio, deliziosamente, come al vento.
Cristo ha offerto le sue braccia al legno della croce per creare un nuovo albero,
fonte di vita.
Il primo albero fu causa di morte e di frantumazione, il secondo albero, l'albero della
croce è stato causa di vita e di riunificazione.
Il primo albero diede un frutto che provocò la superbia dell'uomo, il secondo albero
aveva appeso un frutto che è divenuto pane quotidiano dell'uomo, cibo di vita eterna,
fonte di salvezza e di redenzione.
Tutta la Chiesa si nutre del frutto di quest'albero ed ha avuto dal suo Signore la
missione di portare tutti gli uomini a sfamarsi del frutto di quest'albero.
Come il primo albero fu causa di dispersione, il secondo albero è causa di
riunificazione, è causa di unità, è luogo di riscoperta della fraternità, è luogo del nuovo
incontro fra Dio e l'uomo.
Tutta la Chiesa è chiamata a condurre ogni uomo a quest'albero, ogni cristiano in forza
del proprio battesimo, essendo membro della Chiesa, è chiamato a partecipare a
questa missione di salvezza, di redenzione, di liberazione, di riunificazione dell'umanità
e del creato.
«Tutta la Chiesa, afferma il decreto Ad Gentes del Vaticano II, è missionaria, e l'opera
evangelizzatrice è un dovere fondamentale del Popolo di Dio».
Ogni cristiano è chiamato a partecipare all'ansia del Padre per il figlio che è lontano da
casa, ogni battezzato è chiamato a partecipare al timore del Buon Pastore per la pecora
smarrita, ogni membro della Chiesa tanto più un sacerdote, è chiamato ad avere lo
stesso cuore di Cristo che desidera che ogni uomo sia liberato e salvato dal peccato
che distrugge l'uomo.
Per credere al male non occorre avere molta fede, basta guardarsi intorno e leggere
la storia dell'uomo segnata continuamente da odio, violenza, egoismo, sofferenza; per
credere al peccato occorre comprendere come tutto ciò distrugga l'uomo ed in maniera
particolare e tremenda l'uomo protagonista e generatore di odio, violenza, egoismo,
sofferenza.
Ora l'odio, la violenza, l'egoismo distruggono non solo la vita altrui e il creato ma
principalmente colui che vive questi atteggiamenti; lo dividono sempre di più dagli altri e
da Dio che è amore, lo isolano sino a farlo divenire un estraneo a sé stesso, sino a
fargli odiare tutta la vita, la sua stessa esistenza, la Vita stessa che è Cristo.
Il peccato prendendo sempre più spazio nel cuore di un uomo, riesce a divenirne sua
guida ed a provocarne il progressivo allontanamento da Colui che è Amore: Dio.
Il peccato allora porta a odiare Dio ed a vivere distruggendo ogni sua traccia, guida
l'uomo a distruggere l'amore. Tutto ciò conduce alla disperazione e l'inferno è la
disperazione che l'uomo a causa del peccato, vive come un presente che non ha più
fine, e l'inferno "come direbbe Bernanos" è la disperazione che l'uomo si è costruito con
le sue mani".
Nostro Padre, Dio, non vuole tutto questo.
Egli è morto in croce perché tutti, tutti, fossero salvi.
Egli vuole che tutti gli uomini ritrovino la strada di casa e per questo ha innalzato un
segno sul monte: la croce.
Egli vuole che tutti gli uomini vivano in eterno con Lui e per questo ha dato vita ad un
nuovo albero che dà frutti di vita eterna.
Egli vuole che ad ogni uomo giunga il suo grido d'amore e per questo con la
Resurrezione, il corpo del Suo Unigenito Figlio, per mezzo dello Spirito Santo, si è
come dilatato immensamente ed ora il Suo Corpo sono una moltitudine di milioni e
milioni di uomini.
La sua voce si è moltiplicata prendendo il linguaggio di tutti i popoli, le sue mani
benedicenti e sananti si sono diffuse in ogni angolo della terra.
Ogni cristiano è Corpo di Cristo, in ogni Cristo vive e agisce Cristo, ogni cristiano è con
le sue parole e la sua vita, Vangelo annunciato ad ogni uomo.
Di fronte a questo amore incredibile di nostro Padre per nostro fratello che è lontano e
che può rischiare di perdersi, non possiamo opporre freddezza e continui rifiuti.
Egli vuole ciascuno di noi come sacerdoti per continuare l'incarnazione di suo Figlio e
redimere ogni uomo, per spezzare il pane e assolvere ma “ se l'eucaristia non è
ancorata nella nostra vita quotidiana può essere anche speciosa, ma non è l'eucaristia
che salva; il Corpo del Signore reso presente rimane sospeso tra cielo e terra perché
rifiutiamo di collegarlo con la nostra situazione quotidiana immediatamente impegnativa.
Se quanto l'eucaristia ci dà non viene trasmesso nei fatti, questo dono della vita non
è vera eucaristia. Se ogni evento della nostra esistenza non è teso verso il futuro, verso
il totale compimento della nostra fede, l'eucaristia rimane in attesa con la stessa
paziente umiltà dello Spirito Santo.
L'eucaristia non serve se è fatta soltanto per il nostro comodo spirituale. Essa deve
diventar nostra nel senso che quanto realizza di divinamente buono e grande deve
passare nella nostra vita personale.
Se siamo fedeli adesso, concretissimamente, potremo mediante una reale
testimonianza essere presi nella spirale che porta sempre più vicino alla presenza di
Dio: nel nostro quotidiano si apre la porta verso il definitivo, verso il compimento
escatologico.
Ed allora se in noi vive Cristo, abituiamoci ad ascoltare i suoi gemiti per gli uomini
lontani da Lui e preda dell'egoismo che lentamente ha iniziato a carpirli e tenta di
distruggerli.
Ascoltiamo la sua voce e come Paolo diveniamo instancabili annunciatori del Cristo
Crocifisso, di un amore che si ferma solo dove il cuore dell'uomo, la libertà dell'uomo gli
oppone un no cosciente e irremovibile; diveniamo instancabili annunciatori di un amore
che si ferma ma non demorde, rimane lì accovacciato alla porta del cuore di quell'uomo
in attesa che uno spiraglio si apra e il Signore possa entrare e sedere a mensa con lui.
Occorre ricordarci bene però che l'evangelizzazione non sarà mai possibile senza
l'azione dello Spirito Santo.
Senza di Lui la capacità di parlare più convincente è impotente.
Occorre essere persone animate dallo Spirito che annunciano ciò che vedono e
vivono. Occorre essere persone autentiche mosse dallo Spirito.
Si ripete spesso oggi che il nostro tempo ha sete di autenticità.
La testimonianza della vita è condizione essenziale per l'efficacia dell'evangelizzazione;
bisogna che il nostro zelo, la nostra ansia per l'evangelizzazione scaturisca da una vera
santità di vita e che l'annuncio, alimentato dalla preghiera e soprattutto dall'amore
all'Eucarestia, a sua volta, faccia crescere la santità di colui che annuncia.
Il mondo, che nonostante innumerevoli segni di rifiuto di Dio, paradossalmente lo cerca
attraverso vie inaspettate e ne sente dolorosamente il bisogno, reclama evangelizzatori
che gli parlino di un Dio che essi conoscono e che sia loro familiare, come se vedessero
l'Invisibile.
Il mondo esige e si aspetta da noi semplicità di vita, spirito di preghiera, carità verso tutti
e specialmente verso i piccoli e i poveri, ubbidienza e umiltà, distacco da noi stessi e
rinuncia.
Senza questo contrassegno di santità, la nostra parola difficilmente si aprirà la strada
nel cuore dell'uomo del nostro tempo, ma rischia di essere vana e infeconda.
Il Vangelo che ci è stato affidato è parola di Verità.
Una verità che rende liberi e che sola può donare la pace del cuore.
Verità su Dio, verità sull'uomo e sul suo destino misterioso, verità sul mondo.
Da ogni cristiano, da ogni evangelizzatore ci si attende che abbia il culto della verità.
Pertanto l'evangelizzatore è colui che, anche a prezzo della rinuncia personale e della
sofferenza, annuncia sempre la Verità.
Egli non tradisce né dissimula mai la Verità per piacere agli uomini, per stupire o
sbalordire, né per originalità o desiderio di mettersi in mostra.
Non trascura di studiarla, di meditarla, di pregarla; la serve generosamente senza
asservirla a niente e nessuno.
L'opera dell'evangelizzazione suppone poi nell'evangelizzatore, un amore fraterno
sempre crescente verso coloro che Egli evangelizza.
Paolo scrive: "Così affezionati a voi avremmo desiderato darvi non solo il Vangelo di
Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari".
Il Signore attende da ciascuno di noi un tale amore da essere capaci di superare i molti
ostacoli che si possono incontrare tra i quali si può elencare: la mancanza di fervore,
tanto più grave perché nasce dal di dentro; essa si manifesta nella stanchezza, nella
delusione, nell'accomodamento, nel disinteresse e soprattutto sulla mancanza di gioia e
di speranza.
Occorre invece essere animati dal fervore dei santi: essi ci siano di esempio, essi ci
siano di guida, essi ci facciano comprendere la gioia del dono, ci facciano scoprire che
la prima carità verso ogni uomo è annunciargli Cristo Risorto che lo ama e lo libera.
Certo gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla misericordia di Dio,
benché noi non gli annunziamo loro il Vangelo; ma potremmo noi salvarci se, per
negligenza, per paura, per vergogna o in conseguenza di idee false, trascuriamo di
annunziarlo.
Ricordiamoci che non annunciare il Vangelo è tradire il nostro battesimo e il nostro
sacerdozio.
Conserviamo quindi un cuore sempre pronto ad ascoltare il Signore ed ad annunciarlo e
sia questa la grande gioia della nostra vita: portare Cristo agli altri, portare come Filippo,
gli altri a Cristo, essere noi stessi Cristo per gli altri.
Possa il nostro tempo ricevere l'annuncio del Vangelo non dà evangelizzatori tristi e
scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da cristiani la cui vita irradia gioia ed entusiasmo
per il Vangelo, da cristiani che per primi hanno ricevuto in loro la gioia del Cristo e
accettano di mettere in gioco la propria vita affinché il Regno sia annunziato e la Chiesa
sia impiantata nel cuore del mondo.
Tu non scendesti dalla croce,
quando per schernirti e per provocarti Ti gridavano:
"Scendi dalla croce, e crederemo che sei proprio Tu!".
Non scendesti perché, anche questa volta,
non volesti rendere schiavo l'uomo con un miracolo,
perché avevi sete di una fede
nata dalla libertà e non dal miracolo.
Avevi sete di amore libero,
e non dei servili entusiasmi dello schiavo
davanti al padrone potente
che lo ha terrorizzato una volta per sempre.
+ Simone Giusti
Giovedì Santo
2008
Perché non son mai sazio d’amore ?
Il mistero dell’Eucarestia è il mistero della vita
Questa santa sera il poeta Mario Luzzi ci introduce a meditare il mistero:
“ Padre mio,
mi sono affezionato alla terra quanto non avrei creduto. È bella e terribile la terra.
io ci sono nato quasi di nascosto, ci sono cresciuto e fatto adulto in un suo angolo quieto tra
gente povera, amabile e esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade, mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti, le vigne, perfino i
deserti.
È solo una stazione per il figlio Tuo la terra, ma ora mi addolora lasciarla e perfino questi uomini
e le loro occupazioni, le loro case e i loro ricoveri mi dà pena doverli abbandonare.
Il cuore umano è pieno di contraddizioni, ma neppure un istante mi sono allontanato da te.
Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi o avessi dimenticato di essere stato.
La vita sulla terra è dolorosa, ma è anche gioiosa: mi sovvengono i piccoli dell'uomo, gli alberi e
gli animali. (…)
Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
Sono stato troppo uomo tra gli uomini oppure troppo poco?
Il terrestre l'ho fatto troppo mio o l'ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte, ma tra non molto saremo ricongiunti nella Sede eterna.
Padre, non giudicarlo questo mio parlarti umano quasi delirante, accoglilo come un desiderio
d'amore, non guardare alla sua insensatezza.
Sono venuto sulla terra per fare la tua volontà eppure talvolta l'ho discussa.
Sii indulgente con la mia debolezza, te ne prego.
Quando saremo in cielo ricongiunti sarà stata una prova grande ed essa non si perde nella
memoria dell'eternità.
Ma da questo stato umano d'abiezione vengo ora a te, comprendimi, nella mia debolezza.
Il debite dell'iniquità è pagato all'iniquità.
Ma tu sai questo mistero. Tu solo. “
E’ il mistero di nostra redenzione, è il mistero pasquale donatoci sacramentalmente nell’
Eucaristia , perpetua epifania di Dio sino al giorno ultimo .
L’Eucarestai è memoriale
Memoria della liberazione pasquale dall'Egitto, la prima lettura è anche profezia della pasqua
messianica, della salvezza che Cristo otterrà per l'umanità con il suo sangue; è durante un
banchetto pasquale che Gesù compie il segno del dono della sua vita anticipando gli eventi della
sua passione e morte, e Paolo, nella seconda lettura, riporta la tradizione delle parole e dei gesti
eucaristici che anch'egli ha ricevuto e che i cristiani celebreranno finché il Signore verrà (1 Cor
11 ,26); il gesto con cui Gesù, secondo il IV vangelo, depone le sue vesti e si china per lavare i
piedi ai discepoli, è annuncio e prefigurazione della deposizione della vita che Gesù attuerà sulla
croce.
L’eucarestia memoriale dell’amore di Dio al mondo
Tutto il brano della lavanda dei piedi è posto da Giovanni sotto il segno dell'amore di Gesù per i
suoi (Gv 13,1) che narra il grande amore di Dio per l'umanità.
«Chiedo a voi, profeti del mio Signore. Ascoltatemi brevemente in segreto.
Ho visto con i miei occhi una stupefacente visione che voglio narrare a tutti voi. Il mio spirito
trema per il timore e la mia ragione è tormentata per lo spavento. Chiedo a voi, profeti del mio
Signore.
Ascoltatemi brevemente in segreto.
Colui che avete annunciato come fuoco e spirito e che è una fiamma bruciante, colui che avete
annunciato come invisibile nel suo essere tanto è difficile vederlo, colui del quale avete detto che
nessuno può vederlo e vivere, colui del quale avete detto che per timore di lui i cherubini si
coprono il volto (cfr. Is 6,2), colui del quale avete detto che Daniele l'ha visto su un trono come
"Antico di giorni" (Dn 7,9), colui del quale avete detto che il suo aspetto desta il timore del
mondo e fa tremare la creazione, ecco si fa servo e porta un catino per lavare i piedi dei
peccatori.
Li asciuga con un panno e fa questo anche a chi lo tradisce!».
Vidi il Signore che lavava i piedi ai discepoli pieno di gioia e che li serviva con volto radioso.
(..)
Lavò ogni dolore, ogni fatica e li fece riposare poiché dovevano riprendere il cammino.
Passò davanti a ciascuno e li trattò tutti allo stesso modo, senza differenze.
Giunse a Giuda e anche a lui lavò i piedi. [...] Dopo che ebbe terminato, nel suo amore li istruì.
«Vedete, miei discepoli, in che modo vi ho servito e quale esempio vi ho mostrato.
Ecco che vi ho lavato e purificato. Camminate con gioia nella chiesa, calpestate i suoi atri come
eredi.
Schiacciate il Malvagio senza timore e la testa del serpente senza lasciarvene spaventare.
Andate per le strade senza paura e proclamate nelle città la mia parola.
Predicate in esse la buona novella e negli uomini infondete l'amore. “
L'eucaristia, di cui la lavanda dei piedi è realizzazione esistenziale, è sacramento dell'agape,
dell'amore, e questo amore assume la forma molto concreta del farsi servi degli altri.
Il gesto di Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli ha valore magisteriale per la chiesa:
«Vi ho dato l'esempio perché, come ho fatto io, facciate anche voi»
Dal Cristo-Servo si passa alla Chiesa-serva.
Ascoltiamo nel Vangelo
« Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene perché lo sono. Se dunque io che sono il
Signore e Maestro vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni gli altri. Poiché io
vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io».
L'istituzione dell'Eucaristia si chiude con parole quasi uguali:
«Fate questo in memoria di me».
I cristiani di tutti i tempi hanno trovato più facile ripetere la Presenza eucaristica della
Presenza della carità, dimenticando che non si può capire una Mensa dalla quale, almeno uno,
dietro l'esempio del Maestro, non si alzi per continuare nel mondo quella carità che è il fermento
celeste del pane del Mistero.
L'eucaristia rende partecipe la chiesa della missione di Cristo, sicché ogni logica individualistica,
ogni egoismo e ogni spirito di divisione è una smentita della fraternità e della condivisione che
caratterizza l' eucaristia .
Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli, anche a Giuda, mostra un' accoglienza incondizionata
nei confronti di «tutti»: non molti, non qualcuno, ma tutti, anche i suoi nemici, come quel Giuda
Iscariota che albergava nel proprio cuore il proposito diabolico di tradirlo (Gv 13,2).
L'eucaristia è sacramento dell'accoglienza di Dio nei confronti di tutti gli uomini.
Tra le parole che Gesù pronuncia durante la lavanda dei piedi ve ne sono anche con valenza
giudiziale: «Non tutti siete mondi» (Gv 13,11).
L'impurità di cui si tratta non è di tipo rituale c morale, ma si situa in riferimento all'amore.
L'impurità è il non-amore, è il tradire l'amore, l'uscire dall'amore.
L'eucaristia è sacramentum unitatis in quanto celebrazione della nuova alleanza nel sangue di
Cristo: legge di questa alleanza è il comando nuovo dell'amore lasciato da Gesù dopo 1a lavanda
dei piedi (Gv 13,34).
L’Eucarestia è mistero d’Amore
Oggi il senso del Mistero va affievolendosi e con esso il senso della vita, le ragioni per cui
vivere e donare l’esistenza al proprio figlio.
Ripiegati sull’oggi non abbiamo più la capacità di guardare avanti, di pensare il futuro, di
sperare, di piantare alberi che daranno frutti fra trent’anni, ai nostri figli .
Viviamo senza speranza chiusi nell’orizzonte limitatissimo della propria esistenza biologica con
il terrore di essere estratti prima del tempo, nella roulette russa della morte .
“ L'Eucaristia è il momento più efficace di questa educazione salutare dell'uomo nei riguardi del
mistero che ci circonda e ci preme.
Contro tutte le apparenze, a disfida di tutti i sensi che vengono meno, ecco il Cristo in un po'
di pane: in una briciola di materia creata, l'Increato; l'Invisibile in un attimo del visibile; l'Eterno
in qualche cosa che appartiene al tempo.
La nostra formazione spirituale ne esce illuminata, la nostra mentalità profondamente
commossa e quasi addestrata a vedere una realtà incontenibile nella cornice che ho davanti e che
mi occupa i sensi: una realtà che trabocca, che veramente incomincia ad essere, almeno in quel
senso, quando finisco di vedere, di toccare, di pesare, di ragionare.
Solo allora sono un evaso nel significato migliore della parola, un uomo libero.
Il fatto del Cristo nell'ultima cena, m'introduce, senza che me n'accorga, in quel mondo
incommensurato e incommensurabile, che i piccoli uomini si sforzano di sprangare con la scusa
che è il mondo dei sogni.
Forse non si è mai così desti né così vivi né così veri come quando si sogna.”
Ma non è certo un sogno anche quello che ognuno prova, allorché, chino sulla più piccola
creatura, il quasi-niente dell’Ostia Santa in essa egli sprofonda e incontra la meraviglia del
mondo delle stelle ed è sorpreso e abbagliato da tanta bellezza e dolcezza.
La briciola che diventa un mondo, una presenza che «indica» il Mistero!
C'è qualcosa d'eucaristico in ogni creatura e chi scorge, con la fede, la Presenza nel pane
consacrato, finisce per accorgersi che tutto è mistero e che ciò che tocco, capisco non è che
l'attimo, 1'apparenza, il velo di una realtà che mi sorpassa infinitamente.
Quando uscirò da questo Cenacolo, il Mistero che ho visto e adorato nell'Ostia rifulgerà
ovunque, e questo povero mondo, divenuto tragicamente troppo angusto a motivo del mio
materialismo, s'allargherà meravigliosamente e ogni creatura prenderà le proporzioni della
briciola di pane davanti alla quale mi sono inginocchiato adorando.
"Quanto mi rende allegro Gesù!
Quanto è soave il suo spirito! Ma io mi confondo e non riesco a far altro se non che piangere e
ripetere: "Gesù, cibo mio ………Ciò che più mi affligge si è che tanto amore di Gesù viene da
me ripagato con tanta ingratitudine..”
)
Venerdì santo 2008
Fede vera è
al Venerdì Santo
Ci introduco al mistero della Croce alcuni poeti contemporanei.
“ Il silenzio di Dio
Piace parlare di Dio, magari anche giungere, la mano nella mano, fino a sotto la croce,
piace esternare l'amore di Dio e proclamarlo,
come il supremo, nello spazio indenne di un giovane futuro.
Ma se stringe
un poco di più il soggolo del dolore,
cupo avanza il corteo delle domande
e la rissa dei dubbi e il deprecare
il silenzio di Dio, che fu loquace
quando indorava il gusto della vita. “
La nostra sfatta voce
Tua è, Signore,
la sola Verità.
Quella che noi qui adesso afferra.
La nostra sfatta voce sperando disperata a te s'aggrappa,
o Padre, e alla tua Croce.
“ Con un tenero grido.
Con un tenero grido cede petali il giorno
in agonia di fiamme scarno di fianchi crepita il Calvario
fra poco anche Dio consuetudine arcana,
reclinerà il Suo capo come chiusa corol1a prossima e lontana. “
Nel Crocifisso contempliamo il volto dell’amore, dell’amore totale, pieno.
Siamo salvi per l’amore.
Grazie all’amore di un uomo che sa morire per Dio, di un Dio che vuole morire per l’uomo.
E’ l’Amore che salva .
E’ l’Amore che ci salva.
Ieri nella passione di Cristo, oggi nella nostra passione quotidiana.
Soltanto se saremo pienezza d’amore saremo salvi.
E’ questo il dramma della nostra vita e della nostra società: l’amore mutilato, parziale,
enfatizzato in alcuni suoi aspetti e negato per altri.
Le mancanze d’amore, le parzialità d’amore fanno soffrire e provocanti il fallimento
dell’amicizie, delle famiglie, della società, della vita .
L’incapacità d’essere amore e soltanto amore, è il fallimento dell’uomo fatto per essere a
immagine e somiglianza di Dio
L’incapacità ad essere Amore è il fallimento dell’Uomo, è il peccato dell’uomo.
L’uomo ha una opportunità unica: essere Amore, essere Dio e come Lui per sempre, come
l’Amore per sempre.
Ma questo è il suo dramma: non saper amare, non voler essere amore e quindi perdere
l’occasione della sua vita, fallire, peccare, morire per sempre perché soltanto l’Amore è per
sempre .
Il dramma di Dio, il fallimento di un suo figlio è per l’uomo quello che chiamiamo Inferno, il
luogo della perdizione totale, dell’assenza totale di Dio, dell’assenza dell’Amore.
Il cuore di Dio si è squarciato sulla croce per perdonare e accogliere.
Da parte di Dio, tutto è stato deciso: Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno.
Da parte di Dio prevale il suo Amore, la sua misericordia.
Sta a ciascuno di noi, a me per primo, decidermi ed essere come Dio, soltanto e unicamente
Amore.
E’ questa una decisione capitale per la tua vita ma anche per le persone che ti stanno accanto e
quindi per l’intera società .
Nella Croce di Cristo è la chiave per la realizzazione del sogno di Dio, del nostro sogno: la
civiltà dell’amore.
Chi ama vola, corre, giubila, è libero e nulla può trattenerlo...
Spesso l'amore non sente peso, non cura fatica,vorrebbe fare più di quello che può; non adduce a
pretesto l'impossibilità, perché si crede lecito e possibile tutto.
Soltanto amore.
Soltanto amore.
A stento il Nulla
No, credere a Pasqua non è giusta fede:
troppo bello sei a Pasqua!
Fede vera
è al venerdì santo quando Tu non c'eri lassù!
Quando non una eco risponde
al tuo alto grido
e a stento il Nulla dà forma
alla tua assenza.
Fede vera è al Venerdì santo……………………….
Pasqua 2008
SPERANZA OLTRE IL SEPOLCRO
1.Per il mattino di Pasqua
“Io vorrei donare una cosa al Signore, ma non so che cosa.
Andrò in giro per le strade zuffolando, così,
fino a che gli altri dicano: è pazzo!
E mi fermerò soprattutto coi bambini a giocare in periferia,
e poi lascerò un fiore
ad ogni finestra dei poveri
e saluterò chiunque incontrerò per via inchinandomi fino a terra.
E poi suonerò con le mie mani
le campane sulla torre
a più riprese finché non sarò esausto.
E a chiunque venga
- anche al ricco - dirò:
siedi pure alla mia mensa,
(anche il ricco è un povero uomo).
E dirò a tutti: avete visto il Signore ?
Ma lo dirò in silenzio
e solo con un sorriso.
Io vorrei donare una cosa al Signore, ma non so che cosa.
Tutto è suo dono
eccetto il nostro peccato. (…)
Gli raccoglierò dal prato
una goccia di rugiada
è già primavera
ancora primavera “
2. E’ primavera perché l’inverno è finito
Cristo ci ha Salvati dalla nostra morte : dall’inverno dell’esistenza .
La vita , questa mia esistenza è l’occasione della mia vita .
Sono polvere , materia del cosmo , acqua e qualche minerale .
Sono al vertice dell’evoluzione, sono uomo , l’unico essere capace di andare ben oltre l’istinto .
Capace di amare .
Inappagato dalle sole cose materiali e sempre alla ricerca d’amore .
Mai sazio d’amore .
Questa mia esistenza è l’occasione della mia vita .
Posso regredire , non amare ne Dio ne il prossimo e tornare ad essere solo polvere , morire e
tornare ad essere terra con una grande, dolorosa ed eterna nostalgia dell’occasione perduta ,
dell’amore mancato.
Posso progredire , amare Dio e il prossimo e divenire soltanto Amore e come Dio e come
l’Amore essere nei secoli dei secoli .
“ Signore, noi sappiamo che tu sei un Dio
che mai ha voluto la morte,
che dai il respiro ad ogni essere:
per te anche le pietre vivono!
Ma senza la risurrezione del tuo Figlio
incompleta sarebbe tutta la tua creazione:
e dunque, donaci, Signore, di vivere
già ora la sua risurrezione! “
3. Il Vangelo: itinerario per vivere la resurrezione
Il vangelo presenta, con i tre personaggi del racconto, un itinerario di fede che è anche un
itinerario del vedere:
- da un vedere che ha per oggetto la pietra ribaltata dal sepolcro e da cui nasce la supposizione
che il corpo sia stato trafugato ,
- al vedere che si incentra sulle bende , poi sulle bende e sul sudario ripiegato ,
- a un vedere che vede e basta, vede senza appuntarsi su un oggetto preciso , che vede e sfocia
sulla fede o almeno su un inizio di fede che dovrà essere completato dall'ascolto delle Scritture .
Un vedere che vede l'invisibile.
La fede cristiana confessa e crede la resurrezione vedendo dei segni di morte.
Ma non questi segni introducono alla fede nella resurrezione, bensì solo l'intelligenza
dell'amore (il «discepolo amato») e la fede nelle Scritture.
In effetti, nel discepolo amato che «vide e credette» (o «iniziò a credere»), vi è come la fede
che nasce dall'amore, fides ex charitate.
Ma in questa fede vi è anche un non ancora che chiede una pienezza e riguarda il comprendere la
Scrittura .
È la fede nella parola del Signore e nel suo amore che consente di iniziare e continuare a
credere la resurrezione in mezzo agli innumerevoli segni di morte che traversano la nostra vita e
il nostro mondo.
L'atto di entrare nel sepolcro da parte di Pietro e poi del discepolo amato ha una valenza
simbolica.
Noi entriamo, durante la nostra vita, in numerosi luoghi di morte (lutti, separazioni, abbandoni,
fine di relazioni e di amicizie, incomunicabilità) e lasciamo anche entrare la morte in noi,
divenendo noi un luogo di morte per gli altri (chiusura egoistica, arroganza, abuso, violenza,
manipolazione, indifferenza).
La fede nella resurrezione, che è al cuore della fede cristiana, non coincide con una semplice
fiducia nella vita, ma crede la vita che nasce dalla morte grazie alla forza dell'amore di Cristo.
Essa consente di entrare nelle situazioni di morte guardando oltre la morte e vivendo la
resurrezione, ovvero amando o cercando di amare come Cristo ha amato e, soprattutto, credendo
al suo amore per noi.
“ Solo la Pasqua può portarci gli occhi e il cuore oltre il sepolcro.
Non conosco altri fatti né altre guide capaci di farci superare la linea della morte e fissare, al
di là di essa, l'alleluia di quella Speranza che misteriosamente grida nel profondo di ogni
cuore.(..)
Quando cala la sera (ma è subito sera nella più lunga giornata) noi andiamo e gli altri
restano.
E chi va, non sa dove va, se il sepolcro l'inghiotte o lo traghetta: e chi resta, non vede nella nostra
dipartita null' altro che l'anticipo dello stesso destino che l'attende.
Non ci sono speranze che durano lungo una giornata che finisce, se la Speranza non riesce a
varcare le soglie del Mistero della morte e a tramutare in dipartita questa fine che aggredisce la
nostra povera carne.
No, non ci sono speranze se la Speranza non tiene contro la morte: come non c'è colore
quando manca la luce e scende la notte.
Se quanti - e fanno bene - intendono riaccendere le speranze nel cuore dei poveri (..)
sapessero che a nulla approda la loro nobile fatica qualora «il sepolcro non si apra», me li
ritroverei accanto sull' alba di questa Pasqua.(..)
Per chi crede nel bene, per chi ha pietà dell'uomo, per chi porta nel cuore il povero e il
sofferente, «questo giorno è davvero il giorno che il Signore ha fatto per lui».”
“E come noi suoniamo a distesa la nostra Pasqua,
A gran distesa,
Nelle nostre povere, nelle nostre (..) chiese.
Nel sole e nel bel tempo del giorno di Pasqua.
Così Dio per ogni anima che si salva
Suona a gran distesa una Pasqua eterna.
E dice: Ah, non m'ero sbagliato.
Avevo ragione d'aver fiducia in quel ragazzo.
Era una buona natura.
Era di buona razza.
Figlio di una buona madre. (…)
Ho avuto ragione di dargli fiducia.
E noi abbiamo le nostre domeniche,
La nostra bella domenica, la domenica di Pasqua,
E il lunedì di Pasqua,(..)
Ma anche Dio ha le sue domeniche nel cielo.
La sua domenica di Pasqua.
E ha anche delle campane, quando vuole.”
CONCLUSIONE
Auguro a tutta la popolazione di risorgere dalle proprie fatiche, dal dolore, dal lutto che toglie la
voglia di vivere e di tornare alla serenità della speranza.
Auguro alla Città sviluppo e solidarietà.
Auguro alla Nazione un Parlamento e un Governo capace di promuovere nel Paese concordia,
intesa, lavoro, pace .
Buona Pasqua a tutti
Confessioni VIII, 12,29
Benedetto XVI Lettera Enciclica “ Spe Salvi” paragrafo n° 1
Benedetto XVI Lettera Enciclica “ Spe Salvi” paragrafo n° 27
Benedetto XVI Lettera Enciclica “ Spe Salvi” paragrafo n° 26
Cf Rapporto sulla fede. Libro intervista al card. J. Ratzinger, Ed.Paoline.
(3) Bernardino di Laredo (1482-1545), da Subida del monte Sion III, 40, B.A.C., Madrid 1948.
Marcello Camilucci, da Vivere di poesia ogni giorno, LoFaro, Roma 1984
ROBERTO LAURITA
Is. 9, 2ss.; Fs. 92, 1; 95, 2 ss.; 97, 3; Zac. 9, 9
Benedetto XVI – Messa di Mezzanotte, Natale 2005
cfr. Fedichte, Berlin, 1960, 105
Madre Teresa di Calcutta
S.Pio
T.Bello
Tonino Bello.
S. Giovanni della Croce
Vedasi Congregazione per la dottrina della fede : Il messaggio di Fatima
Beato Aelredo, abate
(Pseudo Crisostomo - L'Albero Cosmico).
cfr. Diario di un curato di campagna
André Joos
(1Tes 2,8).
Dostoevskij
Liberamente ripreso da CYRILLONAS, La lavanda dei Piedi, in ID., L'Agneau véritable, Chevetogne 1984, pp. 5355; 57-58
Gv 13,15
Liberamente ripreso da don Primo Mazzolari
Liberamente ripreso dagli scritti di don Primo Mazzolari “Tempo di Passione” EdP
S.Pio : Padre Pio da Pietralcina
RENZO BARSACCHI (1924) Marinaio di Dio, Firenze 1985, p. 29
GIOVANNI TESTORI (1923-1993) Post-Hamlet, atto IV, Milano 1983
GIUSEPPE CENTORE (1932) Poesie,in M. Uffreduzzi (a cura di) Poeti italiani di ispirazione cristiana del
Novecento,Savona-Genova 1979, p. 293
Imitazione di Cristo
Turoldo, Canti ultimi, p. 103 La settimana santa
Davide Maria Turoldo
Davide Maria Turoldo “Opere e giorni del Signore “ EDP
Gv 20,1-2
Gv.20,5
Gv 20,6-7
Gv.20,8
Gv. 20,9
Gv. 20,9
Gv. 20,6.8
Péguy, I Misteri, pp. 234-235