SOMMARIO ■ Quesiti civilistici Quesito n. 706-2006/C Fondi immobiliari chiusi e trascrizione Si chiede di sapere se possano ritenersi giuridicamente corrette e legalmente valide le formalità pubblicitarie presso la conservatoria (o altri uffici) a favore o contro un “fondo immobiliare chiuso”. Ai sensi dell’art. 1 comma 1 lett. o) del d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 e successive modifiche (T.U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di seguito Tuf) è “società di gestione del risparmio” (SGR) la società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia autorizzata a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio. La “gestione collettiva del risparmio” si realizza attraverso la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni di investimento e l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti; ovvero, anche attraverso la gestione del patrimonio di OICR (fondi comuni e SICAV, ex art. 1 lett. m), di propria o altrui istituzione, mediante l’investimento avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti, o altri beni mobili o immobili (art. 1, lett. n), Tuf). Pertanto, si possono distinguere i soggetti che istituiscono fondi (SGR o altri soggetti, ad esempio banche) dai soggetti che gestiscono i medesimi (SGR), nell’ambito di una gestione che deve essere, ai sensi della lettera j) dell’articolo citato, “in monte”, e tale da garantire l’autonomia del patrimonio del fondo comune, il quale è suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti che costituiscono un insieme unitario (BESSONE, Le SGR, società di gestione del risparmio. La financial industry e le attività di gestione di patrimonio in forma collettiva, in Vita not., 2002, 634; BATTAGLIA-PANTANO, Società di gestione del risparmio: provvedimento emanato dalla Banca d’Italia, in Le Società, 1998, 1124 ss; GALANTE, La gestione collettiva alla luce dei regolamenti Consob e Banca d’Italia, in Le Società, 1998, 1131 ss; BISOGNI, Modelli organizzativi delle SGR nella prestazione del servizio di gestione collettiva, in Le Società, 1998, 1137 ss). Più specificatamente, la gestione finanziaria di un fondo comune di investimento realizza un’attività di intermediazione finanziaria che l’art. 36 Tuf riconosce in via esclusiva alle SGR. Tuttavia, l’attività di promozione può essere distinta da quella di gestione ed amministrazione, in quanto il legislatore ha previsto che la SGR promotrice possa delegare l’attività di gestione ad altra SGR: tutto ciò nell’ambito dei principi di onorabilità, correttezza, professionalità, trasparenza verso l’investitore, dettati anch’essi dal legislatore all’art. 14 Tuf. La custodia degli strumenti finanziari e delle disponibilità liquide di un fondo comune di investimento è affidata a una banca depositaria (art. 36, comma secondo, Tuf). Chiarito che le SGR sono società per azioni a regime speciale, in quanto trovano la loro disciplina specifica nel Tuf in ordine alle autorizzazioni ed ai controlli cui sono sottoposte (artt. 34 e ss.), è necessario in questa sede interrogarsi sul regime giuridico del patrimonio costituente il fondo comune; o meglio, con più chiarezza, è necessario indagare quale tipo di rapporto intercorre tra patrimonio del fondo comune, SGR ed investitori. Riprendendo l’excursus compiuto dalla dottrina (BESSONE, Le SGR, cit., 639), inizialmente si è ricorsi al sistema delle norme del codice civile in tema di comunione; successivamente, si è evocato il concetto di imperfetta autonomia patrimoniale delle società di persone; ed ancora si è parlato di patrimonio senza soggetto, ovvero di proprietà della società di gestione. Infine, si è ricostruita la natura giuridica del fondo comune di investimento non tanto sulla base dello schema della comproprietà mutuata dal codice civile, quanto sullo schema della proprietà collettiva degli investitori disciplinata dal regolamento del fondo. Attualmente, il dato normativo cui fare riferimento per chiarire la natura del fondo comune e del patrimonio che costituisce il medesimo, è il comma 6 dell’art. 36 Tuf, il quale stabilisce che ciascun fondo comune di investimento ed anche ciascun comparto di un fondo comune costituito da più comparti, è un patrimonio autonomo, distinto dal patrimonio della società di gestione e da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società, nonché da quello di ciascun partecipante. Non sono ammesse azioni dei creditori della SGR, né della banca depositaria, e neanche dei creditori dei singoli partecipanti, salvo che sia già intervenuto il rimborso: infatti, prima di questa fase non sono ammissibili azioni pro quota in ragione del valore della partecipazione al fondo comune. La natura giuridica del fondo comune di investimento è ulteriormente chiarita nel successivo comma 8: “le quote di partecipazione al fondo comune sono rappresentate da certificati nominativi o al portatore, a scelta dell’investitore”, i quali incorporano un diritto di credito del partecipante (BESSONE, Le SGR, cit., 640), che potrà essere esercitato a seconda che il fondo di investimento sia “aperto” ovvero “chiuso”: in quest’ultima ipotesi (che è poi quella del quesito proposto, in quanto i fondi immobiliari possono essere solo chiusi), il rimborso avviene a scadenze predeterminate, legate alle vicende dei beni oggetto del fondo comune. Nel caso di un fondo immobiliare, i rimborsi saranno legati alla sorte degli immobili in esso vincolati: cioè alle scelte che la società di gestione riterrà di compiere sugli immobili, ad esempio locazioni piuttosto che alienazioni. Pertanto, come da Lei già osservato, il fondo comune non gode di personalità giuridica, capace dell’imputazione delle attività di investimento, quanto piuttosto concretizza un paniere di beni (titoli di credito o immobili), gestiti “in monte”, cioè in perfetta autonomia dalla SGR, la quale remunera l’investimento dei partecipanti al fondo stesso, senza che ad essi siano attribuiti “diritti o facoltà di concorso alle decisioni di asset allocation oppure ad altre comunque assunte in materia di gestione amministrativa e finanziaria” (BESSONE, Le SGR, cit., 641), riservate appunto alla società di gestione del risparmio. L’attività della SGR si esplica nell’ambito del regolamento del fondo, che, ai sensi dell’art. 39 Tuf, costituisce il documento fondamentale per l’investitore. In esso, infatti, sono riportate le caratteristiche del fondo, la disciplina del funzionamento, l’indicazione della società promotrice, di quella di gestione (se distinte) e della banca depositaria, la ripartizione dei compiti tra tali soggetti e la disciplina dei rapporti con gli investitori. In particolare, la lett. c) del comma 2 prevede che il regolamento stabilisca gli organi competenti per la scelta degli investimenti e i criteri per la ripartizione di essi. Il contenuto del regolamento deve essere sottoposto al vaglio vincolante della Banca d’Italia, che ne verifica la completezza e la compatibilità con i criteri generali indicati agli artt. 36 e 37 Tuf. Superato il controllo di legittimità, seguiranno le attività di investimento che la società di gestione svolge in nome proprio, intestando a sé stessa i valori di volta in volta acquisiti al patrimonio del fondo comune. Deve affrontarsi ora la questione oggetto del quesito specifico, e cioè la possibilità di effettuare iscrizioni o trascrizioni nei confronti del fondo comune di investimento. Al riguardo emergono due ordini di problemi in apparente antitesi: da un lato, la circostanza che il fondo non gode di personalità giuridica autonoma, a differenza della SGR; dall’altro, il fatto che esso rappresenti un patrimonio autonomo, suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti. La necessità di rispettare la perfetta “impermeabilità” delle vicende relative al fondo da quelle concernenti sia altri fondi promossi dalla medesima SGR, sia la SGR stessa (nonché gli altri soggetti coinvolti: banca depositaria, eventuale SGR di gestione, creditori particolari), e la complessa regolamentazione esistente a presidio di tale principio (oltre alle norme del Tuf, si pensi anche alle Istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia, titolo V, nonché agli artt. 48 ss. del Regolamento intermediari Consob, n. 11522 del 1998 e successivi aggiornamenti, alla l. 25 gennaio 1994, n. 86, istitutiva dei fondi comune di investimento immobiliare chiusi, poi quasi interamente abrogata dal Tuf), depongono indiscutibilmente nel senso di poter ritenere il fondo comune di investimento un centro di imputazione di rapporti giuridici. Resta da chiarire, allora, come debba essere dato conto, sul piano pubblicitario, della peculiarità del rapporto esistente tra fondo e SGR, con riguardo ai profili di titolarità e destinazione ad esso sottesi. Della questione si sono occupati diversi uffici istituzionali. Sebbene il dibattito abbia avuto origine dalle questioni insorte relativamente ai fondi immobiliari costituiti ex l. 23 dicembre 1996, n. 662, per favorire il processo di dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato, esse sono idonee ad essere utilizzate anche con riguardo ai fondi immobiliari “privati”. Il primo intervento è della Direzione Generale degli Affari civili e delle Libere Professioni del Ministero della Giustizia, su istanza del Ministero delle Finanze (dipartimento Territorio), la quale, constatato che l'analisi della disciplina relativa ai fondi immobiliari non consentirebbe di individuare nel fondo uno specifico soggetto giuridico, ha ritenuto, in linea di massima, che la proprietà dei beni costituenti il fondo dovrebbe attribuirsi alla società di gestione e che all'intestazione degli immobili conferiti alla società di gestione dovrebbe accompagnarsi, in forma di pubblicità giuridica, il vincolo di destinazione dei beni al fondo medesimo. Tuttavia, la stessa Direzione Generale, consapevole delle persistenti incertezze interpretative in materia, ha ritenuto opportuno promuovere il coinvolgimento del Consiglio di Stato. L'Ufficio del Coordinamento Legislativo, investito sempre dal Ministero delle Finanze, ha osservato che, per la necessaria opponibilità ai terzi, e per il generale principio di certezza dei rapporti giuridici, la trascrizione degli atti di conferimento di beni immobili ai fondi «o non deve essere effettuata in ragione della permanenza della titolarità dei beni in capo allo Stato (fondo come "... mero contenitore temporaneo dei beni, senza attribuzione della relativa titolarità degli stessi ....") [mutatis mutandis, in ambito di fondi privati leggasi “SGR” invece di “Stato”, n.d.rr.], ovvero deve essere effettuata in modo da rappresentare compiutamente il trasferimento dei beni al fondo (in questa seconda ipotesi il fondo è stato qualificato come "... autonomo centro di imputazione di interessi, distinto dallo Stato, nonché, a maggior ragione, dalla società di gestione.") ». Il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla questione con parere n. 608/99 emesso, dalla Sezione Terza, nell'adunanza dell'11maggio 1999, osservando, per quanto concerne l'individuazione dell'effettiva titolarità dei diritti sui beni immobili di cui si discute che le norme in materia (art. 3, commi 86 e ss, l. 662/96; art. 14-bis, l. 861994; artt. 36 ss. Tuf), pur non prevedendo l'attribuzione in maniera esplicita della personalità giuridica ai fondi immobiliari da istituire per la dismissione di taluni beni dello Stato, riconoscono tuttavia, ai fondi stessi il grado massimo di autonomia patrimoniale, come, di norma riconosciuto soltanto ad organismi dotati di una propria specifica soggettività, evidenziando anche come la possibilità da parte delle società di gestione di disporre del fondo di investimento sia consentita soltanto per finalità di carattere gestorio, quindi strumentali rispetto all'autonomia patrimoniale del fondo (art. 36 Tuf). Il Consiglio di Stato ha concluso che, in relazione alla necessità di attribuire rilievo primario alle specifiche finalità di tutela degli interessi dei terzi perseguite dalle trascrizioni immobiliari, "….. la titolarità dei beni facenti parte dei fondi dovrebbe essere riferita agli stessi fondi, quali centri autonomi di imputazione di interessi, in base ai peculiari caratteri ad essi espressamente attribuiti dalle succitate norme di legge, salve le necessarie annotazioni riguardanti il vincolo gestorio esistente, anch'esso fissato in modo espresso dalla normativa vigente in materia". Sulla base di tale parere il Ministero delle Finanze (dipartimento Territorio) ha emanato un’apposita circolare (Costituzione di società di gestione di fondi immobiliari appartenenti al patrimonio dello Stato. Articolo 3, comma 86 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. modalità di trascrizione- Circolare 11 novembre 1999, n. 218/T), nella quale si ritiene che “l’esigenza di evidenziare in maniera incontrovertibile la titolarità, in capo ai fondi immobiliari in questione, dei beni facenti parte dei fondi medesimi, non può che essere garantita dall'esecuzione delle formalità di trascrizione degli atti di costituzione mediante conferimento a favore esclusivo del fondo. Al fine di assicurare, però, una completa ed esaustiva pubblicità dei particolari rapporti giuridici ricollegabili alla gestione dei fondi immobiliari in parola, appare indispensabile la presentazione di una domanda di annotazione del peculiare vincolo gestorio esistente, da eseguire a margine della trascrizione degli atti predetti. Detta annotazione, infatti, a parere della Scrivente, garantendo ai terzi l’immediata conoscibilità del particolare rapporto di gestione - che, come evidenziato dal Consiglio di Stato, è da ritenere strumentale rispetto all’autonomia patrimoniale del fondo - potrà assolvere, in modo idoneo, ad una funzione integrativa dell'informazione-base derivante dalla trascrizione a favore del fondo dell'atto costitutivo, senza alterarne o snaturarne il contenuto. Non appare superfluo precisare che le due ipotizzate formalità - trascrizione dell'acquisto a favore del fondo e relativa annotazione a margine della trascrizione, della sussistenza del rapporto gestorio – trarrebbero entrambe origine dal medesimo titolo: l'atto di costituzione del fondo mediante conferimento. Dal punto di vista strettamente operativo, per l'esecuzione della formalità principale (trascrizione dell'atto di conferimento) ed accessoria (annotazione del vincolo gestorio) potranno essere utilizzate, rispettivamente, le seguenti descrizioni: "costituzione di fondo immobiliare chiuso" (codice 100), "costituzione di rapporto di gestione su fondo immobiliare chiuso" (codice 700). È necessario in questa sede dare conto di alcune voci dottrinarie, le quali pur accettando la definizione di fondo di investimento come patrimonio distinto a tutti gli effetti da quello della società di gestione e ammettendo il concetto di autonomia reale, tuttavia non concludono nel senso di ritenere ammissibile la trascrizione di un trasferimento immobiliare da un fondo gestito da una SGR ad altro fondo, né che nella “nota di trascrizione vada indicato il fondo immobiliare per conto del quale la società stipula l’atto trascrivibile” (R.VIGO, Impresa e pubblicità immobiliare, Milano, 2001, 12 ss). L’art. 2659 c.c., infatti, non prevede che nella nota sia indicato il nome del fondo e nella disciplina dei fondi immobiliari: il legislatore non è intervenuto, con una modifica, su tale articolo, ritenendo pertanto di lasciare impregiudicata la tecnica di trascrizione a favore e contro la SGR di gestione. Quest’ultima, in sostanza, svolge le attività di investimento “in nome proprio”, intestando a sé medesima i valori di volta in volta acquistati al patrimonio del fondo comune (BESSONE, Le SGR, cit., 643). La disciplina dei fondi comuni di investimento, come sopra delineata, improntata a principi di autonomia sia patrimoniale che amministrativa (più sopra si è parlato di “impermeabilità” del patrimonio del fondo alle vicende della SGR di gestione, degli investitori, della banca depositaria della SGR promotrice), non costituisce un’ipotesi eccezionale nel nostro ordinamento. Esistono, infatti, altre ipotesi in cui la segregazione patrimoniale e l’autonomia amministrativa, rispetto alle vicende dei costituenti, delineano fattispecie analoghe a quella dei fondi comuni di investimento: il riferimento non può che andare ai patrimoni destinati ad uno specifico affare (artt. 2447 bis ss. cod. civ.), nonché al nuovo art. 2645 ter c.c., ai patrimoni destinati nell’interesse della famiglia, al trust. I problemi applicativi di questi istituti sono del medesimo tenore ed in particolare quello della trascrizione è stato oggetto di approfondimento nell’ambito dei patrimoni destinati. Muovendo dall’ultimo comma dell’art. 2447 quinques c.c. si è affermato che la responsabilità limitata al patrimonio destinato per i debiti sorti nello svolgimento dell’affare è possibile solo se gli atti rechino l’espressa menzione del vincolo di destinazione. Il patrimonio destinato, infatti, al di là di un nome convenzionale, non ha una personalità spendibile autonomamente rispetto alla società che lo ha creato, e pertanto gli amministratori o altri rappresentanti devono indicare il vincolo, ovvero comprare e vendere “per il patrimonio destinato al tale o tal altro affare” (G. MIGNONE, Artt. 2447 bis- 2447 novies, in Il nuovo diritto societario, a cura di Cottino-Bonfante-Cagnasso-Montalenti, Bologna, 2004, 1655). Se per i beni mobili comuni ed altri diritti è sufficiente, al fine di rendere opponibile la segregazione, il deposito e l’iscrizione nel registro delle imprese della delibera istitutiva del fondo, con l’elencazione dei beni facenti parte del patrimonio destinato, ciò non vale per i beni immobili e mobili registrati: per essi è necessaria la trascrizione negli appositi registri, ai sensi dell’art. 2447 quinquies comma 2 c.c. Secondo alcuni “la trascrizione andrà fatta a carico della società ed a favore del patrimonio dedicato della società stessa” (G. MIGNONE, Artt. 2447 bis, cit., 1655 nota n. 103 il quale cita BELLEZZA, La questione dei patrimoni ed il loro preciso utilizzo, reperibile sul sito www.federnotizie.org/riforma, 5). Quanto fin qui affermato, se trasposto in un quadro più generale, testimonia la presenza nel nostro ordinamento del fenomeno della destinazione patrimoniale, che tuttavia non è idoneo ad alterare né il numerus clausus dei diritti reali, né il principio di tipicità delle trascrizioni. Come è stato sostenuto in genere per il fenomeno del trust, per cui si ritiene possibile effettuare la trascrizione a favore del trustee, pubblicizzando ulteriormente il vincolo di destinazione esistente (D. MURITANO, Il trust: diritto interno e Convenzione dell’Aja. Ruolo e responsabilità del notaio, in CNN Notizie del 22 febbraio 2006), così dovrebbe essere sempre possibile, per ciascun fenomeno di destinazione, trascrivere a favore del titolare effettivo, dando conto del particolare vincolo impresso al bene oggetto di pubblicità. Dunque, la prospettiva più coerente con i principi dell’ordinamento, nonché con le riflessioni dottrinarie in tema di vincoli di destinazione, dovrebbe condurre all’effettuazione della pubblicità a favore della SGR. Deve però darsi conto, come si è fatto sopra, dell’esistenza della Circolare del Min. delle Finanze, nonché del parere del Consiglio di Stato, nei quali si è sostenuto, nell’ipotesi specifica di trascrizione di fondi immobiliari chiusi, la pubblicità a favore del Fondo e non della SGR di gestione, muovendo da motivazioni legate all’ordine pubblico ed al generale principio di certezza dei rapporti giuridici, nonché dalla definizione di fondo comune quale centro autonomo di imputazione di interessi. In conclusione, muovendo dalle determinazione specifiche in tema (Circolare del Ministero e parere del Consiglio di Stato), non sembra potersi affermare l’illegittimità delle trascrizioni ed iscrizioni effettuate a favore e contro il fondo immobiliare, tuttavia, così come è stato fatto, non possono tacersi le voci dottrinarie contrarie a tale meccanismo pubblicitario, anche in tema di patrimoni destinati e trust, che scontano una disciplina sostanzialmente analoga. Serena Metallo e Alessandra Paolini