Da M - Unibo

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(Da M. Livolsi, A. Schizzerotto, R. Porro, G. Chiari, La macchina del vuoto, Il
Mulino, Bologna, 1974, pp. 261-311)
CAPITOLO SESTO
DALL'EROE ALLA PERSONA PERBENE.
I MODELLI DI SOCIALIZZAZIONE
NEI LIBRI DI LETTURA DEL FASCISMO,
DEL DOPOGUERRA E DEI GIORNI NOSTRI
1. Scopi e ipotesi della ricerca.
L'importanza che il libro di testo assume nell'educazione scolastica, sia in senso strumentale
(acquisizione delle capacità linguistiche, strutturazione delle modalità conoscitive e di pensiero) sia in
senso formativo (trasmissione di contenuti politici e morali), è ormai un fatto unanimemente
riconosciuto, così come sono ormai riconosciuti dalla maggior parte dei pedagogisti, e dimostrati dalle
numerose ricerche empiriche fin qui compiute 1 , i suoi effetti inibitori della creatività e della curiosità
infantili, la arretratezza e, spesso, l'erroneità delle conoscenze e delle informazioni in esso contenute,
l'immagine distorta e conservatrice della realtà sociale che esso fornisce e, di conseguenza, gli ostacoli
che frappone alla formazione di una vera coscienza civile. Tuttavia, come facevamo notare in un
nostro precedente lavoro2, le analisi del contenuto dei libri di testo delle elementari si sono, in genere,
limitate a cogliere gli aspetti più vistosi dell'arretratezza e del conservatorismo che li caratterizza, non
riuscendo (così) a fornire un'immagine esauriente e articolata dell'«ideologia» e dei modelli di
socializzazione presenti in essi.
E' vero, infatti, come da più parti viene fatto rilevare, che il libro di lettura contribuisce alla
formazione di individui pronti ad accettare la realtà sociale così come essa è, ma ciò non avviene
attraverso l'imposizione dei valori propri della classe dominante e l'indicazione di precise e articolate
norme di comportamento, ma, al contrario, attraverso la proposizione di ideali di secondo piano e
l'invito a comportarsi secondo usurati criteri di perbenismo. In particolare — e come vedremo meglio
in seguito — i dati raccolti ci hanno portato alla conclusione che le caratteristiche principali dei testi
scolastici contemporanei sono rappresentate dalla « fuga dalla realtà » nella descrizione dei vari fatti
sociali e dall'inconsistenza del loro sistema di valori. In altre parole, il libro di lettura porta alla
formazione di personalità deboli ed eterodirette perché occulta sistematicamente (nel senso che non
ne parla e non solo nel senso che li travisa) i lineamenti di fondo della società contemporanea, perché
evita di indicare quali sono le mete ultime su cui essa dovrebbe basarsi, cosi come i mezzi con cui tali
mete andrebbero realizzate. In tal modo, possedendo cioè solo schemi estremamente labili per
giudicare il comportamento altrui, e altrettanto inconsistenti critcri di orientamento del proprio agire, i
bambini vengono predisposti ad accettare come valida qualsiasi indicazione provenga dai gruppi sociali
sopraordinati e, più in generale, dalla società adulta.
Le conclusioni della precedente ricerca, che qui abbiamo sommariamente delineato, ci hanno
portato a riflettere su un'altra questione, vale a dire se i libri di lettura fossero sempre stati
caratterizzati dalla scarsa presenza di temi morali e dal distacco dalla vita reale, o se, invece, questi
fossero tratti esclusivi dei testi scolastici contemporanei. L'importanza di tale interrogativo è duplice.
Da una parte, si tratta di portare alcuni elementi a sostegno dell'ipotesi di fondo di questo libro,
secondo la quale le istituzioni educative contemporanee tendono a non trasmettere più grandi ideali di
vita e precisi criteri normativi, per limitarsi a dare semplici indicazioni di buona educazione e di
perbenismo piccolo borghese, in quanto sono parte di una società in cui si verifica, accanto a una crisi
profonda dei tradizionali valori — la libertà, l'uguaglianza, la razionalità, ecc. — che furono all'origine
del sistema capitalistico, una caduta di qualsiasi meta e di qualsiasi schema di orientamento che non
sia di tipotecnico amministrativo.3 Dall'altra parte si tratta di contribuire a verificare se, come
sostengono molti pedagogisti, è proprio il libro di lesto in quanto tale, e non solo le sue manifestazioni
odierne, ad essere viziato dal conservatorismo, dall'arretratezza e dalla nocività nei confronti dello
sviluppo psicologico del bambino.
1
Per tentare di rispondere a questi due problemi abbiamo condotto un'indagine di tipo storico
comparativo confrontando tra loro i risultati di una ricerca sui libri di lettura del periodo fascista e
dell'immediato dopoguerra con quelli ottenuti dalla precedente analisi sui testi scolastici
contemporanei4. Al fine di avere dati perfettamente comparabili, abbiamo usato nei due lavori
l'identica metodologia e l'identica tecnica di ricerca.
Da ciascuno dei dieci libri appartenenti al periodo fascista e dei dieci usati negli anni
cinquanta5 si sono estratti casualmente venti racconti, ognuno dei quali è stato esaminato con la
tecnica dell'analisi del contenuto. Questo tipo di analisi si è articolato in due livelli, ciascuno dei quali
utilizzava una diversa sezione di un'apposita scheda di lettura. Al primo livello si rilevavano le
caratteristiche di ruolo, psicologiche e di comportamento dei personaggi principali dei vari racconti al
fine di ricostruire l'immagine dell'individuo e della società fornite dai libri di lettura. Al secondo livello si
è cercato di individuare se e come, attraverso la descrizione di situazioni e di vicende particolari, gli
autori dei testi arrivavano a proporre valori e norme di comportamento e a definire i ruoli ai quali i
valori e le norme erano inerenti.
Per mezzo di questa tecnica d’indagine abbiamo cercato di dimostrare, in primo luogo, che,
dal fascismo ad oggi, si è verificato un crescente impoverimento del sistema di valori presente nei libri
di testo, mentre, per converso, è aumentata la loro tendenza a estraniarsi dalla realtà sociale e
dall'esperienza quotidiana dei bambini; in secondo luogo, che, malgrado tale diversa consistenza di
contenuti, il testo scolastico è sempre stato caratterizzato da una certa lontananza dai problemi
concreti della vita, della politica e della cultura.
2. I mutamenti quantitativi e qualitativi nel sistema di valori dei libri di lettura.
Iniziamo l'esposizione dei risultati della nostra indagine dalla comparazione, in termini
quantitativi e qualitativi, del sistema di valori dei testi appartenenti ai tre periodi considerati6.
Il primo dato raccolto a questo proposito — e che rappresenta un primo elemento di verifica
della nostra ipotesi — è la sempre più consistente presenza, con il trascorrere degli anni, di racconti
privi di alcun valore, di brani che non indicano alcun obiettivo morale e politico per limitarsi alla piatta
descrizione di eventi, spesso irreali. I racconti di questo tipo assommano, infatti, a circa un quinto
(22,0%) nei libri di lettura del periodo fascista, a poco più di un quarto (26,5%) in quelli del
dopoguerra e diventano quasi la meta (48,2%) nel caso dei testi scolastici contemporanei 7. Possiamo
ancora aggiungere, a questo riguardo, che mentre la maggioranza (47,5%) dei brani dei libri fascisti
presenta due o più valori contemporaneamente, ciò si verifica, all'incirca, in un caso ogni tre (29,0%)
per i manuali di lettura degli anni cinquanta e in solo due occasioni (0,4%) per quelli odierni 8. La
contrazione quantitativa dei valori presenti nei libri di lettura dei tre periodi si accompagna a una loro
diversa articolazione interna che ora prenderemo in considerazione.
Nei testi per le elementari degli anni trenta ritroviamo la maggior parte dei temi cari
all'ideologia e alla propaganda fascista 9. In quella come in questi il ruolo centrale è ricoperto dall'idea
astratta e retorica di patria, dall'affermazione dogmatica della superiorità d'Italia su tutte le altre
nazioni. La maggior parte dei racconti, che fanno riferimento a una o più mete sociali, indica, infatti,
nella grandezza della patria (27,4%) l'obiettivo più rilevante nella vita dei singoli e dei gruppi.
Ad essa segue il coraggio (16,9%), poiché l'Italia poteva ricoprire quel ruolo di grande
potenza che le spettava di diritto solo ampliando i suoi confini e, quindi, solo se i suoi figli
possedevano doti di eroismo e di sacrificio sui campi di battaglia e, più in generale, dimostravano di
sprezzare il pericolo ogniqualvolta fosse stato messo in gioco il suo buon nome.
Il terzo valore, in ordine di frequenza di apparizione, è rappresentato dalla famiglia (13,3%).
Sembrerebbe questa una meta estranea all'ideologia nazionalistica da cui quella fascista deriva. In
realtà, il suo carattere reazionario si esprime anche nella salvaguardia e nell'esaltazione dei valori
«consacrati» della tradizione e, inoltre, occorre ricordare che, durante il ventennio nero, la famiglia
doveva fornire giovani all'esercito, alle fabbriche, all'agricoltura. Emblematico a tale riguardo è il
seguente brano tratto da un libro di quinta elementare:
La famiglia è una specie di minuscolo stato dove il padre è sovrano e la mamma regina. ... Il padre sta
sopra tutti, dirige, consiglia, ordina, premia e, se necessario, punisce... Una nazione, grande forte e felice è il
prodotto di famiglie numerose, sane, concordi. Ecco perché il duce d'Italia ama, premia e incoraggia i focolari che
hanno ricchezza di figli10.
2
Si intravedono qui anche alcuni accenni dell'importanza che il fascismo attribuiva al rispetto
della gerarchia sociale, all'obbedienza incondizionata ai superiori, in breve al fatto che ciascuno
doveva compiere con convinzione e disciplina il proprio dovere in modo da assicurare la pace e la
tranquillità sociali. E, infatti, il tema dell'ordine ha quasi l'identico rilievo (11,5%) di quello familiare e
assume spesso precise connotazioni politiche — nel senso che il fascismo si arrogava il merito della
rigenerazione politica dell'Italia, dopo le tristi dimostrazioni di inefficienza del parlamentarismo e i
disordini provocati dai «rossi» — come si può vedere dagli esempi che riportiamo sotto:
Ricordate... quando da noi non si lavorava più, e gli scioperi erano all'ordine del giorno, e il grano
marciva nei campi perché i contadini non volevano raccoglierlo, sobillati com'erano dai caporioni socialisti?... I
governi democratici e liberali erano falliti. Vili e impotenti... non erano più in grado di assicurare... la sicurezza e
l'ordine pubblico... Ma poi arrivò Mussolini. .... [e] tutte le discordie scomparvero, e si formò un'Italia compatta,
laboriosa, disciplinata, fortissima negli animi e nelle armi...11.
Il re accolse il duce delle camicie nere... [e gli] affidava il governo d'Italia. Da quel giorno l'ordine, la
disciplina, il lavoro regnano nel paese...12.
Via gli inetti — aveva detto il duce —... via i mistificatori, via i trafficatori che vivono del popolo
ubriacandolo di parole e mantenendolo in schiavitù! Un solo partito: quello degli uomini che vogliono la prosperità
del popolo italiano... Ognuno al suo posto. Lavoro, ordine, disciplina, onestà, lealtà, concordia e fede! Questo
aveva detto il duce e questo ha attuato 13.
Al lavoro, benché fosse spesso citato, non venivano dedicati molti racconti specifici (7,9%) e,
in ogni caso, esso era, per lo più, considerato strumentalmente come uno dei modi attraverso cui si
poteva contribuire all'affermazione economica e politica dell'Italia. Più frequentemente del lavoro si
incontra la religione (9,4%); anch'essa, comunque, viene spesso usata in senso strumentale, per
legittimare cioè, come vedremo meglio tra breve, la patria e l'ordinamento politico sociale del regime.
In altre parole, nei testi fascisti il richiamo alla divinità e alla Chiesa cattolica diventano occasioni per
ulteriori celebrazioni della presunta grandezza d'Italia, come in queste frasi nelle quali vengono
ibridamente accoppiate la Roma papale e quella imperiale:
Roma cuore d'Italia! Roma cuore del mondo. Ecco la grande cupola di S. Pietro [che sembra dirci: «Da
qui, dalla Città eterna, si diffonde nel mondo la parola del Vicario di Cristo... ». EccO la superba Via dei Trionfì...
ecco il Colosseo, gli archi di trionfo... testimoni dell'antica grandezza di Roma... Ecco il cuore di Roma. Il
Vittoriano, nel suo candore, è un gigantesco altare offerto alla Patria14.
o viene usata per rafforzare la credenza della necessità di obbedire ai capi fascisti, come in
quest'altra frase:
Stato15.
... ma il vero paradiso è dove si fa la volontà di Dio, che viene sentita anche attraverso la volontà dello
Tutti gli altri valori che compaiono nei libri di lettura del periodo mussoliniano sono relegati in
una posizione decisamente secondaria: tra questi il più consistente è un gruppo di valori che fa
riferimento alla solidarietà umana, alla necessità di aiutare chi ne ha bisogno, chi soffre, e che, per
brevità, abbiamo chiamato altruismo(3,6%). Oltre che generosi con gli altri, i bambini vengano invitati
ad essere rispettosi verso gli adulti, obbedienti con i genitori, ossia a possedere una buona educazione
(3,0%).
A volte i libri di testo additano come esempi di vita alcuni imprenditori che, con la buona
volontà e la tenacia, sono riusciti a raggiungere elevate posizioni di prestigio e di potere. Abbiamo
indicato questo tipo di mete con il termine achievement (3,0%) anche se, in quasi tutti i casi rilevati,
l'auto-affermazione personale non veniva valutata positivamente in sé, quanto, piuttosto, per il lustro
che per suo tramite ne veniva alla patria.
Del tutto trascurate erano la cultura e l'istruzione (2,0%) che venivano, ancora una volta,
prese in considerazione come mezzi per dimostrare la grandezza dell'Italia (il «genio italico») oppure,
nei brani rivolti direttamente ai bambini, come ambiti di esercizio del proprio dovere. Con la stessa
frequenza dell'istruzione appariva un altro gruppo di temi sui quali la propaganda fascista insisteva
particolarmente, vale a dire l'amore per i costumi semplici e rigorosi della campagna, la necessità di
3
dissodare i campi incolti per vincere la «battaglia del grano», e che noi abbiamo sinteticamente
definito ruralità (2,0%).
Come si è accennato all'inizio del presente paragrafo, nella maggior parte dei racconti del
periodo in questione venivano indicate più mete sociali contemporaneamente. E’ stato cosi possibile
cercare di ricostruire i rapporti gerarchici o, per meglio dire, le relazioni di legittimazione intercorrenti
tra di essi11. La religione, la patria, l'ordine e la famiglia sono i valori cui spetta la funzione di
legittimazione nei confronti di tutte le altre mete sociali (ad esclusione della ruralità). Anche tra di essi,
però, esiste una specie di gerarchia nel senso che la religione fornisce credibilità alla patria e questa, a
sua volta, legittima la famiglia e l'ordine. Particolarmente intensi sono i legami tra la patria e,
nell'ordine, il coraggio, l’ordine sociale, la religione, il lavoro e la famiglia. L'analisi delle relazioni di
legittimazione conferma, quindi, quanto avevamo in precedenza esposto circa l'importanza e i rapporti
esistenti tra i valori che il fascismo cercava di diffondere nelle scuole elementari e, inoltre, dimostra
come essi componessero un'ideologia abbastanza articolata e omogenea, trovando nella patria, e, in
subordine, nella religione, l'elemento unificatore delle varie mete sociali.
Nei manuali di lettura degli anni cinquanta si può osservare una consistente modificazione dei
valori proposti agli scolari; il mutamento, tuttavia, è meno radicale di quanto ci si sarebbe potuti
attendere. Gli ideali della resistenza non compaiono, infatti, in alcuno dei racconti esaminati e sembra,
anzi, esistere uno sforzo consapevole — contrariamente a quanto si è visto per il fascismo — teso a
far dimenticare i movimenti politici, le aspirazioni e le lotte che furono all'origine della repubblica. Le
ragioni politiche di questa deliberata dimenticanza sono più che note; non di meno, ancora oggi,
stupisce che a soli cinque anni, e in certi casi anche meno, dall'abbattimento della dittatura fascista gli
autori dei libri di testo per le elementari abbiano potuto con tutta tranquillità esimersi dal compiere un
minimo accenno alla resistenza17.
In pratica, nei racconti dei testi scolastici dell'immediato dopoguerra si e verificata una
contrazione dei temi politici centrali dell'ideologia fascista e la loro sostituzione con quegli ideali
religiosi, familiari, di perbenismo piccolo-borghese che in essa occupavano una posizione di secondo
piano. La patria (6,1%), l'ordine (5,2%) e il coraggio (3,8%) sono i valori che hanno subito la
diminuzione quantitativa più consistente. Per contro, la religione (21,2%), l'altruismo (15,1%), la
buona educazione (15,1%)) e, sia pure in misura minore, la famiglia (16,6%) hanno fatto registrare
sensibili incrementi (cfr. tabella 1).
Ovviamente tali variazioni quantitative sottendono modificazioni funzionali e qualitative. La
religione, ad esempio, che nei libri di testo del periodo fascista abbiamo visto avere importanza solo
come strumento di legittimazione della patria, diventa nel dopoguerra l'elemento cardine dell'intero
sistema di valori. La bontà, l'obbedienza, l'altruismo, gli affetti familiari e, più in generale, l'intera vita
TAB. 1. Distribuzione dei valori nei libri di lettura.
Valori
Religione
Patria
Famiglia
Lavoro
Altruismo
Buona educazione
«Achievement»
cduca'/ionc
Ordine
Istruzione
Coraggio
Ruralità
Totale
N.
26
76
37
22
10
8
8
32
6
47
6
Fascismo
%
9,4
27,4
13,3
7,9
3,6
3,0
3,0
11,5
2,0
16,9
2,0
278
100,0
Dopoguerra
N.
%
45
21,2
13
6,1
35
16,6
15
7,1
32
15,1
32
15,1
13
6,1
11
5
5
2,4
8
3,8
3
1,3
212
100,0
Contemporanei
N.
%
55
21,2
10
3,8
60
23,1
15
5,0
50
19,2
41
15,8
24
9,2
——
——
6
2,7
——
——
——
——
261
100,0
vengono legittimati e spiegati in base ad essa. La seguente citazione, tratta da un racconto sulla
nascita della religione tra gli uomini primitivi, può ben illustrare quanto intendiamo dire:
4
Allora quegli uomini semplici adoravano, nel raggio del sole, Colui che donava loro la luce e la gioia: Lo
ringraziavano e Lo benedivano. Così sorse nel cuore degli uomini il sentimento che è nostra vita, conforto,
speranza: la religione18.
Come, forse, si riesce già a intuire da questo brano, la religione, anche nei libri di lettura degli
anni cinquanta, ha ben poco a che fare con la realizzazione concreta dei dettami evangelici. Nella
migliore delle ipotesi essa ha un carattere istituzionale, di sostegno allo status quo e, spesso, si
esaurisce nel mero atto di culto o, addirittura, si trasforma in una credenza quasi superstiziosa, come
accade nelle numerose e notissime leggende sulla vita di Cristo e dei santi.
Ancora più evidente è il cambiamento che si e verificato nella concezione della famiglia: da
immagine in miniatura dello Stato fascista a luogo esclusivo di protezione e di affetto dei singoli. Si
veda, ad esempio, quanto afferma il seguente brano:
La famiglia è la patria del cuore... Le sole gioie pure... che sia dato all'uomo di godere sulla terra, sono...
le gioie della famiglia... La famiglia ha in sé un elemento di bene raro a trovarsi altrove: la durata. Gli affetti in
essa vi si estendono intorno lenti, inavvertiti, ma tenaci e durevoli siccome l'edera intorno alla pianta... Voi spesso
non li discernete perché fanno parte di voi: ma quando li perdete, sentite come se un non so che di intimo, di
necessario al vivere vi mancasse19.
Oltre alla famiglia, anche l'altruismo acquista nei libri di lettura del dopoguerra un rilievo
sconosciuto a quelli del periodo fascista. Mentre, infatti, negli anni trenta la propaganda ufficiale
tendeva a negare l'esistenza di poveri e bisognosi e, in ogni caso, sosteneva che ad essi avrebbe
provveduto lo Stato, i testi degli anni cinquanta insistono nella necessità che le persone
economicamente e socialmente privilegiate aiutino i miseri e i deboli. In tal modo, anziché indicare
l'origine delle disuguaglianze sociali nelle condizioni strutturali della società, esse venivano ricondotte a
meri casi individuali e risolte, in una prospettiva altrettanto individualistica, attraverso la disponibilità
dei singoli ricchi e potenti a sollevare momentaneamente i poveri e i subalterni delle loro pene.
Con questo, ovviamente, non vogliamo affermare che i libri di testo del periodo fascista
fossero più progressisti di quelli del dopoguerra. Gli uni e gli altri, infatti, non analizzano in modo
corretto il problema delle disuguaglianze sociali; ma mentre i primi non ne parlano quasi, i secondi si
sforzano, addirittura, di legittimarle sia presentando l'esistenza di poveri e ricchi come un fatto
ineliminabile e a carattere privato-individuale, sia giustificando, paradossalmente, la presenza di
persone economicamente privilegiate in quanto solo esse possono fare del bene alle persone povere.
La propensione per la privatizzazione degli ideali di vita emerge altrettanto chiaramente dal
rilievo che nei racconti dei manuali di lettura degli anni cinquanta viene dato a quella che abbiamo
chiamato buona educazione. Si ricorderà che nel periodo fascista i bambini e i giovani venivano invitati
a dimostrare doti di coraggio, di sprezzo del pericolo, oppure erano stimolati alla dedizione e
all'obbedienza verso le autorità statali. Nel dopoguerra agli scolari si richiede ancora obbedienza, ma
essa perde il suo carattere pubblico per rinchiudersi strettamente nella sfera familiare, allo stesso
modo il coraggio è sostituito dalla gentilezza e dal rispetto formale verso gli anziani, come dimostrano
le frasi che seguono, tratte da un racconto su un vecchio che sale su un tram affollato:
A stento [il vecchietto] si aprì il passo verso l'interno della carrozza e guardò intorno sgomento: non un
posto vuoto. Un bambino era comodamente seduto in un angolo. Si alzò subito e gli offrì il posto. Il vecchietto
accettò ringraziando20.
Il tema del lavoro (7,1%) subisce una leggera, e statisticamente non significativa, contrazione
rispetto al periodo fascista. Ne muta, però, la concezione, poiché secondo gli autori dei libri di lettura
del dopoguerra i singoli non esercitano più determinate professioni per la gloria d'Italia, bensì in
ossequio a una norma religiosa, oppure per garantire il benessere familiare. A volte, dai racconti
riguardanti il lavoro traspaiono fugaci accenni alla critica situazione economica dell'Italia del tempo e si
parla, ad esempio, dei fenomeni migratori; ma la questione non e mai trattata in modo chiaro ed
esauriente.
L'achievement (6,1%) vede pressoché raddoppiate le sue presenze rispetto a quelle fatte
registrare nei testi del fascismo e, parallelamente, muta il modo in cui esso viene inteso. Se, infatti,
anche nei libri di lettura del dopoguerra si ritrovano racconti dedicati a persone che, da semplici
operai, sono diventati grandi industriali, il significato ultimo del loro successo non risiede più nel
5
contribuire alla fama d'Italia, ma nel riconoscimento sociale che ricevono quanti possiedono doti di
onestà, di costanza e di laboriosità. Considerazioni simili valgono per altri brani nei quali viene
riproposto l'antico mito dell'operosità italica, ricorrendo all'esempio di miseri emigranti che, all'estero,
hanno fatto fortuna, mantenendosi, però, sempre onesti e altruisti. Più frequentemente, comunque,
l'achievement si manifesta nella capacità di districarsi da alcune difficoltà momentanee, come accade
nei numerosi racconti «umoristici» dove il personaggio principale, con l'astuzia e la furbizia — doti
queste sicuramente più italiane — riesce a volgere a suo vantaggio una situazione che, all'inizio,
appariva compromessa.
Della perdita di importanza della patria, del coraggio e dell'ordine nei testi scolastici del
dopoguerra si e già parlato; basterà qui aggiungere che dai brani dedicati alla prima sono scomparsi
tutti i riferimenti politici, sostituiti da considerazioni «estetiche» e tradizionalistiche: si ama l'Italia
perché è il più bel paese del mondo e perché è la nazione dove si è nati; che l'ordine si è trasformato
in semplice cooperazione, in superficiali tentativi di dimostrare la necessità della divisione sociale del
lavoro; e, infine, che il coraggio si è ridotto ad essere una virtù dei combattenti italiani nella prima
guerra mondiale o, al più, di qualche padre di famiglia che lotta per salvare i figli dal pericolo.
L'istruzione (2,4%) permane un ideale piuttosto labile e privo di particolari implicazioni morali
o sociali; e lo stesso vale per la ruralità (1,3%) ridotta a nostalgica idealizzazione di costumi di vita
sani e frugali, contrapposti all'esistenza malsana che si deve condurre nelle grandi città. L'analisi dei
singoli valori ci sembra abbia dimostrato con sufficiente chiarezza la tendenza alla privatizzazione delle
mete proposte dai libri di lettura degli anni cinquanta; ciononostante in riferimento ad essi si può
ancora parlare, a rigore, di sistema di valori, poiché i vari ideali sono legati tra loro da precise (anche
se meno strette che nel passalo) relazioni funzionali e gerarchiche.
In particolare, come si è accennato, il ruolo centrale in questo sistema è occupato dalla
religione che legittima la famiglia; entrambe, poi, forniscono giustificazioni all'altruismo, alla buona
educazione, al lavoro e (ma solo la prima) anche alla patria e all'istruzione. Molto stretti e frequenti
sono i legami tra religione e altruismo, a conferma del carattere moralistico e pietistico di questo
ideale, e, in misura minore, tra religione e, nell'ordine, famiglia, buona educazione, lavoro e patria. Le
rimanenti mete che compaiono nei racconti esaminati non risultano mai collegate tra loro, ne ad alcun
altro ideale, il che dimostra come il sistema di valori nei testi scolastici del dopoguerra fosse molto
meno ricco e articolato dei libri del periodo mussoliniano 21.
Ancora più povero è il sistema di valori che compare nei manuali di lettura contemporanei. In
realtà, il termine sistema è qui usato impropriamente, e solo per comodità, in quanto, come si è detto
all'inizio del presente paragrafo, in due soli racconti si è potuto rilevare l'esistenza di espliciti rapporti
di legittimazione tra mete (la religione con la famiglia e con il lavoro); negli altri casi i vari ideali
proposti apparivano semplicemente giustapposti gli uni agli altri.
Inoltre, occorre ricordare che alcuni valori (l'ordine, il coraggio e la ruralità) presenti nei testi
scolastici degli anni cinquanta e del fascismo, sono completamente scomparsi da quelli attualmente in
uso nelle scuole elementari.
Più interessante di tutto questo è, comunque, il fatto che i libri di testo contemporanei
presentano sostanzialmente le stesse mete riscontrate in quelli del dopoguerra, accentuandone, però,
il carattere privato e individuale.
I racconti dedicati alla famiglia sono aumentati decisamente (23,1%) sia rispetto al fascismo
sia agli anni cinquanta. Il tono delle argomentazioni, però, è in tutto simile a quello di questi ultimi. La
bontà e l'amore dei genitori verso i figli, il rispetto e l'obbedienza dei secondi nei confronti dei primi, la
solidarietà tra i membri della famiglia che riesce a superare qualsiasi tipo di avversità rappresentano,
infatti, i modi e gli esempi con cui viene illustrata l'importanza dell'istituto familiare o, per meglio dire,
con cui si cerca di instillare nei bambini una concezione di tipo rurale e tradizionale di esso.
La religione conserva la stessa percentuale di presenze (21,2%) che aveva nei libri del
dopoguerra, ma viene a perdere, quasi completamente, quella funzione di legittimazione che
possedeva nel passato, mentre ne vengono posti ancor più in rilievo i caratteri esteriori, cioè di
pedissequo omaggio all'istituzione ecclesiale, o di generica devozione alla divinità, così come più
frequenti sono le volte in cui essa è presentata in forme leggendarie e superstiziose.
L'altruismo (19,2%;) e la buona educazione (15,8%), in armonia con le precedenti
osservazioni circa il carattere maggiormente privatizzato delle mete presentate da manuali di lettura
6
contemporanei, fanno registrare ulteriori incrementi sia rispetto agli anni cinquanta, sia, a maggior
ragione, rispetto al periodo mussoliniano. Di essi, comunque, non c'è molto da dire che non si sia già
esposto prima; resta, forse, solo da ribadire che, assieme alla famiglia, essi rappresentano i cardini
attorno ai quali ruota la scialba esistenza del piccolo-borghese priva di ogni eccesso ma anche di ogni
slancio ideale, formalmente rispettosa dei diritti altrui e apparentemente preoccupata per le angustie
dei miseri e dei deboli ma sostanzialmente estraniata da una reale partecipazione ai problemi dei
propri simili.
Anche la presenza dell'achievement (9,2%), meta per definizione individualistica, si fa più
consistente. I racconti dei testi scolastici odierni ne forniscono una formulazione riduttiva nel senso
che gli esempi presentati si riferiscono, quasi esclusivamente, alla necessità di essere costanti nel
perseguimento di particolari obiettivi, all'abilità del trarsi d'impaccio in situazioni difficili, all'opportunità
di far ricorso all'astuzia quando i propri diritti rischiano di essere calpestati: in breve, allo sforzo di
salvaguardare quelle minime esigenze di autonomia personale che ogni tipo di società è disposta a
riconoscere come legittime.
Da quanto abbiamo detto fin qui dovrebbe risultare facilmente comprensibile il motivo per cui
la patria (3,8%) e il lavoro (5,0%) appaiono di rado nei libri di lettura attualmente in uso. Ci
limiteremo, di conseguenza, a ricordare che i racconti dedicati alla patria sono in tutto e per tutto
simili a quelli dei testi del dopoguerra, e che il lavoro viene presentato come un dovere morale e
illustrato, come vedremo meglio più avanti, parlando delle professioni dei personaggi dei racconti, con
anacronistici esempi, tipici di una società rurale.
L'istruzione (2,7 %) conosce un lieve, ma casuale, aumento rispetto al passato. Essa, infatti,
permane, nell'universo dei libri di lettura, priva di reale importanza e la sua utilità viene dimostrata
con immagini paradossali riguardanti le brutte figure in cui cadono regolarmente quanti non sanno né
leggere, né scrivere.
L'analisi del sistema di valori dei libri di testo del ventennio fascista, del dopoguerra e
contemporanei, non si esaurisce, però, nella rilevazione di quanti sono i racconti che, negli uni e negli
altri, propongono un ideale e nella descrizione di questi ideali. La loro concretezza, la loro efficacia
pratica, dipendono anche dal contesto in cui sono inseriti, dal carattere reale o fantastico dei racconti
attraverso cui essi vengono mediati al bambino. E classificando le varie situazioni presentate nei vari
racconti in: irreali, poco reali, reali e personalizzate22, abbiamo cercato di vedere in che misura, nei
vari periodi storici considerati, i diversi valori fossero collegati all'esperienza concreta dei bambini.
Si è, in tal modo, potuto dimostrare che in linea di massima, i testi scolastici tendono a
mostrare in situazioni reali e/o personalizzate i valori cui attribuiscono maggiore importanza,
relegando in contesti poco reali e/o irreali i valori, a volta a volta, ritenuti degni di minori attenzione.
Tant'è vero che mentre sui libri di lettura del fascismo la patria, il coraggio e l'ordine appaiono quasi
sempre in situazioni reali e/o personalizzate, questi stessi valori vengono mediati dai testi
contemporanei e degli anni cinquanta per lo più da racconti poco reali e/o irreali. Al contrario, la
famiglia, l'altruismo e la buona educazione sono collegati a contesti realistici più frequentemente nei
manuali di lettura odierni e del dopoguerra di quanto non accada nei testi del periodo mussoliniano.
Fanno, in parte, eccezione a questo andamento la religione, l' achievement e il lavoro. I primi due
infatti, sono quasi sempre mediati da racconti fantastici (la religione) o poco reali (l' achievement), il
terzo da brani realistici e ciò con intensità crescente con il trascorrere del tempo23.
Al di là di queste informazioni sui singoli valori, è interessante notare che, complessivamente,
le situazioni irreali si fanno più numerose con il trascorrere del tempo: esse passano, infatti, dal
18,5% per i testi scolastici del fascismo, al 33,0% per quelli del dopoguerra e a ben il 40,4% per quelli
contemporanei24. I racconti poco realistici (F=37,0%; D=30,0%; C=24,6%) e realistici (F=37,5%;
D=30,5%; C=26,6%) hanno, ovviamente, un comportamento inverso e si rarefanno nel passaggio da
un periodo all'altro. Le situazioni personalizzate, invece, non presentano un andamento lineare
(F=7,0%; D=6,5%; C=8,4%) ma, come si vede, le differenze riscontrate tra un'epoca e l'altra non
risultano significative. A parte ciò, i dati presentati confermano quanto avevamo premesso all'inizio
circa il carattere decisamente più fantastico e lontano dalla realtà dei libri di lettura odierni rispetto a
quelli del passato, e dimostrano, inoltre, come durante il periodo fascista gli autori di testi per le
elementari cercassero di dare ai valori proposti nei vari racconti un aspetto, sia pure solo esteriore, di
concretezza che nel dopoguerra e, soprattutto, ai giorni nostri è andato perduto.
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Naturalmente questo fatto non incide sul significato ultimo, se così si può dire, dei vari valori
presenti nei testi dei tre periodi considerati: l'ideale fascista di patria, ad esempio, è altrettanto
retorico e falso di quelli religioso e familiare presentati dai libri di lettura degli anni cinquanta e
settanta. Più semplicemente esso sta a indicare un'usura crescente delle mete sociali che oggi
vengono proposte ai bambini, una maggiore difficoltà a ritrovare, nella vita di ogni giorno, situazioni
che ne illustrino la validità.
Del resto, che anche i valori del periodo fascista fossero, proprio per la loro natura celebrativa
e declamatoria, di difficile applicazione nella pratica quotidiana — almeno per ciò che riguarda i
bambini — è dimostrato dal fatto che solo i due terzi (62,2%) dei racconti che facevano riferimento a
una o più mete sociali, indicavano poi anche una norma, ossia definivano i modi con cui quelle mete
avrebbero dovuto essere concretamente realizzate nella società. Valori quasi identici, sotto questo
profilo, si ritrovano nei testi del dopoguerra (61,2%) e in quelli contemporanei (63,1%). Ancora più
trascurata delle norme appare, nei libri di lettura delle tre epoche considerate, la determinazione dei
ruoli, vale a dire delle persone cui spetterebbe di agire secondo le modalità da quelle espresse per il
raggiungimento di un dato obiettivo. E, in effetti, i racconti che indicano contemporaneamente un
valore, una norma e un ruolo, rappresentano, rispettivamente, il 19,5% di quelli appartenenti al
periodo fascista, il 20,0% di quelli che compaiono nei testi degli anni cinquanta, e il 14,4% di quelli
contemporanei.
A questo punto siamo in grado di descrivere in maniera sufficientemente articolata e precisa le
differenze e i mutamenti che si sono verificati nel sistema di valori dei libri di lettura dal fascismo ai
giorni nostri. Si è visto, innanzitutto, che nel passato essi possedevano un insieme di ideali
quantitativamente assai più ricco di quello contemporaneo e che compivano più frequenti riferimenti a
eventi reali. Ma la diversità più rilevante emerge dal confronto tra il tipo di mete che essi invitavano
e/o invitano a perseguire.
I libri di lettura del ventennio mussoliniano additavano soprattutto ideali politici e sociali;
cercavano di ottenere un'adesione ai valori di fondo del regime; ritrovavano nella dimensione pubblica
dell'agire, o, per meglio dire, nella restrizione della sfera di autonomia individuale, il senso ultimo
dell'esistenza dei singoli. La maggior parte dei racconti presenti nei testi scolastici del periodo in
questione — e in particolare quelli dedicati al coraggio e al suo risvolto negativo, ossia il disprezzo per
ogni forma, anche ragionevole, di timore; all'infallibilità delle autorità statali e, di conseguenza, alla
necessità di obbedirle e di rispettarle; al piacere e all'orgoglio che il perfetto fascista avrebbe dovuto
ricavare dal combattere per la gloria d'Italia e per imporne la volontà alle altre nazioni — aveva lo
scopo di far sorgere nei bambini quello che McClelland chiama «bisogno di potere» 25. Naturalmente
questo need of power non si esprime solo nel desiderio di dominare ma anche in quello di obbedire,
così come la personalità autoritaria, severa con i membri del suo immediato intorno sociale e
intollerante nei confronti di ogni modello di comportamento diverso dai suoi, accetta di buon grado le
imposizioni dei superiori. In altre parole, la socialità espressa nei libri di lettura fascisti era del tutto
esteriore, coartava, anziché potenziare, le possibilità di sviluppo individuale; analogamente, i loro
richiami alla politica e ai momenti collettivi di vita non avevano tanto lo scopo di aumentare la
partecipazione dei singoli alla gestione della cosa pubblica, quanto, invece, quello di far accettare
acriticamente la volontà dispotica dei gerarchi di calibro più o meno grosso; allo stesso modo, infine, i
loro insistenti richiami alla patria dovevano occultare alle masse subalterne le profonde ingiustizie, le
acute disuguaglianze e l'assoluta illibertà che caratterizzavano il regime.
Di tutto questo non si trova più traccia nei testi scolastici del dopoguerra e contemporanei.
Ma, come si accennava, da essi sono pure scomparsi i riferimenti a quei grandi valori — la libertà, la
giustizia, la democrazia, l'uguaglianza, ecc. — su cui si erano fondate le prime democrazie borghesi e
per la restaurazione dei quali era stata condotta la lotta di liberazione, cosi come non vi appaiono le
mete di tipo scientifico e tecnocratico su cui sembrano reggersi le moderne società industriali. Sono,
invece, presenti vari altri ideali di secondo piano, ed esattamente: la tendenza (evidente soprattutto
nei libri di lettura attualmente in uso nelle elementari) a rinchiudere l’esistenza individuale in un
ambito strettamente privato-familiare; ad assumere (soprattutto i testi degli anni cinquanta) la
religiosità, nella sua versione più stereotipata, come strumento principale per dotare di senso la vita
del singolo; a fondare le norme di condotta su una usurata moralità piccolo-borghese e su grigi criteri
di perbenismo. Esiste, inoltre, tra i manuali di lettura contemporanei, un certo orientamento al fare o,
per meglio dire, un invito a mostrare doti di astuzia, di tenacia e di laboriosità, intese, però, nella
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chiave di un individualismo e tradizionalismo deteriori. Non si tratta, infatti, ne dell'efficienza del
moderno tecnocrate, ne della metodica abilità dell'imprenditore borghese (nel senso weberiano) ma,
piuttosto, dello sforzo quotidiano con cui un piccolo artigiano, un piccolo impiegato difendono quel
poco che hanno. In altre parole, i sistemi di valori dei testi scolastici degli anni cinquanta e odierni
sono caratterizzati da quella che, continuando a usare la terminologia di McClelland, potremmo
chiamare la propensione verso l’affiliation, ossia per conservare relazioni formalmente amichevoli con
gli altri: si ricordino qui l'importanza e il significato dell'altruismo, della buona educazione, della
religione, degli affetti familiari, ecc. Nei libri di lettura contemporanei essa viene, però, contaminata e,
per certi versi, contraddetta dalla presenza dell’achievement. Quest'ultimo, infatti, anche nella
versione banale (all'italiana) che ne danno i manuali scolastici, ha ben poco a che fare con la socialità
di tipo rurale e comunitario su cui essi insistono in modo particolare.
Oltre a queste considerazioni sul carattere più strumentale e individualistico, non certo più moderno,
delle mete proposte dai testi contemporanei, è opportuno sottolineare, ancora una volta, come esse
siano piuttosto rare e vaghe; abbiamo visto, infatti che da molti dei loro racconti manca ogni richiamo
a un qualsiasi valore e che da gran parte dei restanti sono assenti precise indicazioni di norme e di
ruoli. Sotto questo particolare aspetto i libri dei tre periodi esaminati si assomigliano, tuttavia, in modo
impressionante.
Ciò probabilmente sta a indicare, come avevamo ipotizzato, una certa costanza nel tempo dei criteri
didattici con cui i libri di lettura vengono compilati o, per essere più esatti, l'impossibilita in cui essi si
trovano di ancorare strettamente, proprio per la loro pretesa di universalità e di adattabilità a qualsiasi
tipo psicologico e sociale di bambino, le mete proposte alla realtà dell'esistenza quotidiana. Anche
quando un regime totalitario, come il fascista, richiede dai testi scolastici un riferimento specifico e
continuo ai principali eventi dell'epoca e di dimostrare l'operatività pratica dei suoi ideali, il loro legame
con la vita rimane, infatti, virtuale, non riesce, cioè, a esplicarsi in articolati suggerimenti di norme di
condotta e di ruoli connessi con quegli ideali.
3. L’immagine della società e dell'individuo.
L'analisi delle caratteristiche dei personaggi che compaiono nei racconti dei testi scolastici del
fascismo, del dopoguerra e dei giorni nostri, fornirà altri elementi per illustrare le differenze e le
analogie esistenti tra di essi. Prima di iniziare questo esame è, però, opportuno far notare che nel
passato le trame delle novelle presentate dai libri di lettura erano più complesse di quelle
contemporanee. In più della metà (50,5%) dei brani presentati nei testi del periodo fascista e in quasi
i due terzi (64,0%)di quelli appartenenti ai manuali di lettura degli anni cinquanta agiscono, infatti, tre
o più attori contemporaneamente; in quelli odierni, invece, i racconti di questo tipo rappresentano solo
il 29,4% del totale.
I personaggi26 dei racconti analizzati sono costituiti, nella maggior parte dei casi e in tutti e tre
i periodi considerati, da esseri umani (F=84,1%; D=76,9%; C=75,1%); seguono poi gli animali
(F=7,6%; D=14,8%; C=17,7%) e gli oggetti inanimati (F=8,3%; D=8,3%; C=7,2%). Se spostiamo
l'attenzione agli attributi personali e alle forme di comportamento dei vari attori si comincia, però, a
intravedere una differenziazione abbastanza marcata tra i libri di lettura dei tre periodi. I personaggi
realistici sono più numerosi sia nei testi del ventennio sia negli altri; tuttavia, la loro incidenza
all'interno dei primi è di gran lunga superiore (81,9%) che in quelli del dopoguerra (72,2%) e
contemporanei(64,7%). Nella stessa direzione vanno anche le indicazioni che si possono trarre
dall'analisi della collocazione temporale degli attori. Nel periodo mussoliniano più di un quinto di essi
potevano definirsi contemporanei (21,2%) o non contemporanei, ma situabili in precisi periodi storici
(20,6%); mentre i rimanenti (58,2%;) risultavano indefinibili da questo punto di vista 27. Negli anni
cinquanta gli attori coevi al lettore si sono ridotti a meno di un decimo (6,4%) e a poco più di un
ventesimo (5,5%) nei giorni nostri; minore è anche la comparsa di personaggi non contemporanei
(D=18,2%; C=15,5%); al contrario, la presenza degli attori atemporali (D=75,4%; C=78,6%) risulta
aumentata.
Possiamo sintetizzare tutte le informazioni fin qui raccolte costruendo una specie di indicatore
di realtà dei personaggi presenti nei libri di lettura dei vari periodi, in base alla combinazione delle tre
categorie di classificazione fin qui usate (uomo, animale, cosa; realistico, fantastico; contemporaneo,
non contemporaneo, atemporale) e ordinando i vari gruppi risultanti da questa combinazione secondo
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una scala che va da un massimo di realtà (combinazione: uomo, realistico, contemporaneo) ad un
massimo di irrealtà (combinazione: cosa, fantastica, atemporale). Si può, in tal modo, dimostrare che
nel primo gruppo rientrano — possono, cioè, essere definiti realistici secondo l'accezione sopra
esposta del termine — il 20,4% degli attori appartenenti ai libri di testo fascisti, il 5,4% di quelli
presenti nei manuali di lettura del dopoguerra e il 4,9% degli appartenenti ai testi scolastici
contemporanei. Né i risultati cambierebbero di molto se si prendessero in considerazione i personaggi
del secondo gruppo, ossia quelli che presentano la combinazione: uomo, realistico, non
contemporaneo. In questo caso la distribuzione delle frequenze sarebbe, per ciascuna delle tre epoche
considerate e conservando l'ordine di esposizione usato in precedenza, la seguente: 18,9%, 12,2% e
11,9%.
A questo punto riteniamo appaia abbastanza chiaramente che, in armonia con tutte le nostre
precedenti osservazioni, i libri di lettura del periodo fascista erano assai più realistici e aggiornati, se
così si può dire, di quelli appartenenti ai periodi successivi. La questione, non si esaurisce, tuttavia, in
questi semplici termini. Poiché, infatti, crediamo che la distanza dal mondo reale dei libri di lettura non
si misuri esclusivamente in base alla quantità dei racconti e dei personaggi fantastici in essi reperibili
ma, anche, sul fatto che, per i vari attori descritti, essi forniscano, o non forniscano, precise indicazioni
di ruolo, di posizione sociale, di collocazione spaziale e temporale; e poiché abbiamo visto che anche i
testi dell'era mussoliniana presentano una quota consistente di personaggi realistici solo
esteriormente, ci sembra che i dati presentati confermino quanto avevamo affermato, verso la fine del
secondo paragrafo, sull'incapacità del libro di lettura, in quanto tale, a collegarsi in misura
soddisfacente con i fatti di ogni giorno.
Porteremo ora altri elementi a sostegno di questa nostra tesi sull'indeterminatezza in cui sono
avvolti gli attori dei testi scolastici e sulla maggior incidenza di questo tratto in quelli contemporanei.
Innanzitutto la questione dell'età: dalle informazioni reperibili nei libri di lettura non è dato di
capire per circa i due quinti dei personaggi che appaiono nei manuali fascisti (37,2%) e del
dopoguerra (39,8%), e per quasi la metà (46,9%) di quelli appartenenti ai testi odierni, se si tratti di
bambini o di adulti, di giovani o di vecchi. Molto più elevato, nei libri di lettura dei tre periodi, è il
numero degli attori di cui non viene detto quale professione esercitino. Anche in tal caso, l'assenza di
indicazioni si fa sentire maggiormente nei testi contemporanei (70,4%) e del dopoguerra (68,1%) che
non in quelli fascisti (54,5%). Indeterminati risultano pure i luoghi in cui i vari personaggi compiono le
loro azioni. In particolare si è rilevato che i racconti con riferimenti precisi a città, regioni, nazioni,
ecc., realmente esistenti passano da poco più di un terzo (34,0%) nei libri di lettura fascisti, a circa un
quinto nei testi del dopoguerra(24,5%) e contemporanei (19,6%); i rimanenti o indicano località
fantastiche (F =4,5%; D=6,0%; C=4,5%^) o sospendono i loro attori in una dimensione quasi
metafisica, nel senso che la descrizione dell'ambiente è tale da adattarsi indifferentemente alla grande
metropoli del Nord o al piccolo paese del Sud. Ancor più sorprendente è il fatto che persino il sesso di
molti attori risulti difficilmente definibile (F=26,8%); D=35,3%; C=41,8%) o, per meglio dire, che
prescindendo dagli articoli e dagli aggettivi usati, essi potrebbero essere indifferentemente maschi e
femmine. Appare, dunque, evidente che le vicende descritte nei libri di lettura, soprattutto quelle
rintracciabili nei testi degli anni cinquanta e contemporanei, si svolgono in un'atmosfera vaga e
indeterminata, ben lontana dal mondo concreto e reale di tutti i giorni in cui ciascuno ha un'età, un
mestiere e abita in una località definita.
È tuttavia possibile, malgrado questa indeterminatezza, che anzi ne fa parte integrante,
ricostruire con precisione le diverse immagini della società che emergono dai libri di lettura dei tre
periodi considerati. Cominciamo dai ruoli generazionali.
Tra i personaggi, di cui è possibile determinare l'età, prevalgono, nei testi del fascismo e del
dopoguerra, i bambini (F=38,4%; D=50,5%;) seguiti dagli adulti (F=29,8%); D=29,6%). Nei libri di
lettura contemporanei, invece, questi ultimi (46,5%) sono più numerosi dei primi (36,4 %). Si è visto,
inoltre, che la presenza di giovani, abbastanza consistente nei manuali scolastici dell'epoca
mussoliniana (21,3%), si dirada nei testi degli anni cinquanta (9,8%) e, ancor più, in quelli odierni
(7,3%). In tutti e tre i periodi, infine, la figura dell'anziano è dotata di scarso rilievo (F=10,5%;
D=10,4%; C=9,8%). Al di là di questi dati grezzi, abbiamo ritenuto opportuno esaminare il tipo di
relazione che, sotto il profilo dell'età, si instaura tra gli attori dei racconti. Si è cosi potuto dimostrare
che per lo più i bambini vengono fatti interagire con persone adulte, che queste ultime hanno spesso
relazioni tra di loro e che molto meno frequenti sono i racconti dedicati alla descrizione di rapporti di
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bambini con altri bambini28. Sempre a questo proposito risulta interessante notare che nei libri di
lettura del periodo fascista i giovani sono dotati di una notevole autonomia, nel senso che i personaggi
di molti brani sono composti esclusivamente da persone appartenenti a tale classe di età.
Si può qui già intravedere uno dei primi lineamenti della società descritta dai testi scolastici; in
quelli del dopoguerra e contemporanei essa risulta composta di due sole classi di età: gli adulti e i
bambini, e questi ultimi devono essere sempre accompagnati dai primi che, in virtù dell'esperienza e
dell'abilità, li guideranno con sicurezza verso i primi passi della vita. Nei rari casi in cui i bambini
cercano di agire di propria iniziativa, o in contrasto con i suggerimenti degli adulti, sono destinati ad
andare incontro a inconvenienti e a disavventure di ogni sorta dalle quali, comunque, ritornano pentiti
e convinti della necessità di seguire i consigli dei loro più anziani partners. Tra adulto e bambino
esiste, quindi, un chiaro rapporto di sudditanza che viene evidenziato e, nel contempo, legittimato dai
diversi tratti di personalità che il libro di lettura attribuisce all'uno o all'altro. Gli adulti, infatti, sia nei
testi del dopoguerra sia in quelli contemporanei, sono descritti come di gran lunga più intelligenti dei
bambini, più saggi, e più affettuosi. Per converso, i bambini sono più buoni, più altruisti e più
educati29. A loro volta queste caratteristiche psicologiche acquistano un più ampio significato in
riferimento ai valori che sono connessi, con relativa maggior frequenza, agli adulti, vale a dire la
famiglia (D=19,3%; C=26,3%), il lavoro (D=12,9%; C=10,6%) e l’ achievement (D=6,0%;C=7,0%),
e ai bambini, e cioè la famiglia (D=30,0%; C=33,3%), la religione (D=14,0%; C=16,7%), la buona
educazione (D=22,0%; C=24,0%). Che il bambino sia buono, obbediente e altruista è, dunque,
giustificato sulla base di una duplice considerazione: da una parte, perché gli adulti ne sanno più di lui
e gli vogliono bene; dall'altra parte, perché la sua vita deve svolgersi all'interno della famiglia e
avendo la religiosità come norma di condotta. Lo stesso dicasi degli adulti che sono più intelligenti e
saggi perché devono ricoprire ruoli strumentali e guidare i bambini, e che possiedono doti di
affettuosità in quanto hanno a che fare con la famiglia.
Anche nei libri di lettura del fascismo troviamo l'identico rapporto di dominio dell'adulto nei
confronti del bambino e analoghe sono pure le giustificazioni che di questa situazione vengono date.
In più esiste solo una legittimazione, per cosi dire, pubblica: poiché per tutti gli italiani, adulti e
bambini, il valore supremo doveva essere la patria e poiché gli adulti più dei bambini potevano
contribuire alla sua grandezza, l'obbedienza degli ultimi nei confronti dei primi era richiesta anche in
nome di tale ideale. Questa somiglianza, per quanto importante, non deve, però, farci dimenticare
che, sotto il profilo dei ruoli generazionali, l'immagine della società fornita dai testi scolastici del
periodo mussoliniano è abbastanza diversa da quella dei libri degli anni seguenti. Innanzitutto le classi
di età non sono solo due ma tre: bambini, adulti e giovani. E i giovani hanno un ruolo non indifferente
nei vari racconti, perché essi incarnano le virtù e i valori esemplari di quello che doveva essere il
perfetto fascista. Essi risultano, infatti, più intelligenti degli adulti, bambini e vecchi, sanno essere
anche assai più tenaci, ma, soprattutto, sono dotati di grande coraggio. Questi giovani eroi,
logicamente, se ne «fregavano» dell'altruismo, della buona educazione, dell'istruzione e del lavoro;
lasciavano agli adulti e ai bambini la cura delle pratiche familiari, per occuparsi esclusivamente della
patria, dell'ordine sociale e delle imprese belliche condotte con sommo sprezzo del pericolo. Tutto ciò
suggerisce l'idea che la presenza dei giovani nei libri di lettura del fascismo derivi da ragioni politiche e
propagandistiche, nel senso che, per la rozza pedagogia del regime, la bella, sana, eroica e felice
gioventù del Littorio avrebbe dovuto rappresentare un efficace modello di identificazione per i piccoli
scolari delle elementari.
Riprendendo, comunque, le fila del nostro discorso, mostreremo ora come nei libri di lettura i
rapporti di dominio e di subordinazione non si limitino alla sfera anagrafica ma si estendano a quella
sessuale.
Non solo, infatti, nei testi di tutti e tre i periodi la maggioranza dei personaggi (F=74,7%;
D=69,2%;C=79,4%) appartiene al sesso maschile, ma, per di più, la donna è stata costantemente
relegata al ruolo di madre di famiglia, negandole la possibilità di svolgere qualsiasi altra funzione.
Tant'è vero che, in armonia con la concezione tradizionale dei ruoli sessuali, i personaggi femminili
incontrati nei racconti sono sempre apparsi collegati a valori (religione e famiglia) e dotati di
caratteristiche psicologiche (affetto, altruismo, gentilezza) di tipo espressivo, mentre l'uomo era ed è
posto in relazione a ideali di ordine strumentale, cosi come strumentali erano
e sono i tratti distintivi della sua personalità 30. Stando così le cose, risulta ovvio il fatto che,
tanto nei libri di lettura del fascismo, quanto in quelli degli anni cinquanta e dei giorni nostri, i ruoli
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professionali svolti da donne rappresentino un'infima minoranza (una trentina all'incirca per ciascun
periodo) del totale dei mestieri descritti nei racconti; e altrettanto ovvio appare che nella maggioranza
dei casi si tratti del ruolo di casalinga, seguito a grande distanza da occupazioni quali l'insegnante
elementare, la contadina, la commessa e la sarta.
E solo nella famiglia, come si è accennato sopra, che viene a cessare la condizione di
marginalità in cui i libri di testo hanno continuamente collocato la donna o, per meglio dire, è solo in
questa istituzione che, stando ai loro racconti, essa può legittimamente esplicare la sua attività e
manifestare la sua personalità. E, in effetti, nei brani dedicati alla famiglia dai libri di lettura di tutti e
tre i periodi, la presenta delle madri si mantiene sensibilmente superiore a quella dei padri; inoltre,
mentre la materna è sempre una figura ben delineata che incarna, spesso, doti e virtù esemplari,
l'immagine paterna appare piuttosto labile, priva di attributi rilevanti e di funzioni significative, se si
escludono quelle strumentali le quali, però, nella retorica degli affetti e dei buoni sentimenti che
caratterizza i racconti in questione, hanno ben poca importanza. Tale declino della figura paterna è
particolarmente accentuato nei testi del dopoguerra e contemporanei, mentre in quelli del fascismo il
padre conserva una certa importanza come agente di socializzazione politica.
Forse, in tutto ciò, si potrebbe intravedere un'indiretta manifestazione dell'indebolimento della
figura paterna nelle società industriali avanzate, indebolimento ipercompensato da una mitica
esaltazione del ruolo materno31, ma si potrebbe anche semplicemente scorgervi un riflesso
dell'obiettiva maggiore importanza che, secondo le tesi dei più recenti indirizzi di indagine
psicoanalitica32, la madre ha nelle prime fasi della socializzazione e che i testi del fascismo — in nome
di una malintesa virilità e per i desideri di una precoce interiorizzazione di ideali a carattere politico —
tendevano a non accentuare eccessivamente.
Oltre a quelle fin qui esaminate, un'altra questione importante al fine di ricostruire l'immagine
della società fornita dai libri di lettura nei diversi periodi storici, riguarda il modo con cui essi trattano
le relazioni di potere ed economiche. Pur avendo adottato una definizione molto lata di autorità, nella
quale poteva rientrare qualsiasi rapporto di dominio e di subordinazione — dal più banale, come quello
tra maestro e allievo o tra vigile e automobilista, al più significativo da un punto di vista istituzionale,
come quello tra capo dello Stato e singolo cittadino — si e constatato che nei libri di lettura di tutti e
tre i periodi la maggior parte dei personaggi (F=82,4%; D=93,8%; C=88,0%) non ricopre alcun ruolo
rilevante in termini di potere.
Le disuguaglianze economiche sono ancora più trascurate di quelle di autorità; accade cosi
che, nel migliore dei casi, appena un decimo degli attori sia presentato come ricco (F=1,5%;
D=2,5%; C=2,3%) e/o come povero (F=3,8%; D=8,0%; C=4,5%). L'irrilevanza che i libri di lettura
attribuiscono alle disuguaglianze sociali appare ancor più evidente se si prende in considerazione il
numero di volte in cui un ricco o un personaggio dotato di autorità è mostrato assieme a un povero o
a un subordinato. Poco più di un decimo dei brani appartenenti ai testi del periodo mussoliniano e solo
un ventesimo dei racconti presenti nei libri di lettura del dopoguerra mostrano, infatti, il potere e il
privilegio economico nel loro concreto operare ".
Secondo i manuali scolastici, quindi, le principali differenze sociali si riducono a quelle di
origine quasi naturale e biologica, cioè di età e di sesso, mentre le diverse connotazioni economiche e
di potere sono sempre relegate in un piano assolutamente secondario. In altre parole, se i libri di
lettura si sono costantemente preoccupati di legittimare e di far accettare agli scolari la superiorità
dell'adulto sul bambino e dell'uomo sulla donna hanno compiuto e compiono uno sforzo ancor più
intenso per impedire che essi diventassero e diventino consapevoli dell'esistenza di forti disparità e di
stridenti disuguaglianze tra i vari gruppi e le varie classi componenti la società. In questo desolante
panorama di voluta ignoranza delle differenze sociali emergono, tuttavia, tra i testi scolastici dei tre
periodi considerati, alcune differenze che è opportuno mettere in luce.
I libri di lettura del ventennio dedicano, infatti, più spazio degli altri alle relazioni di potere e
meno degli altri a quelle economiche. In essi, inoltre, gli attori dotati di autorità sono sempre costituiti
da personalità politiche o militari (il re, il duce, i generali dell'esercito, ecc.) coeve al lettore. Durante il
fascismo, dunque, si cercava di fornire agli scolari un'immagine della società italiana dalla quale erano
scomparse le disuguaglianze economiche e di classe sociale e in cui persistevano solo differenze di
potere tra il duce e le autorità politico-militari da una parte e la massa dei cittadini dall'altra, i quali,
comunque, di fronte ai primi, erano tutti uguali tra loro34. Ma tali differenze risultavano legittime
perché, come si è visto parlando del sistema di valori, era proprio al duce, ai gerarchi e ai militari che
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si doveva la presunta rinascita economica, politica e sociale dell'Italia. In altre parole, i libri di lettura
fascisti cercavano, anche se solo parzialmente — cioè per la parte relativa al potere politico — di
fornire credibilità all'organizzazione sociale del tempo e solo a quella.
Sotto questo profilo, i testi scolastici del dopoguerra e, soprattutto, quelli contemporanei
risultano sensibilmente diversi. Innanzitutto perché i loro racconti aventi per tema il potere e la
ricchezza, oltre ad essere, nel complesso, meno numerosi di quelli presenti nei libri di lettura dell'era
mussoliniana, appaiono quasi sempre costituiti da favole di re e di principi e non fanno mai riferimenti
a personaggi reali e contemporanei allo scolaro. In secondo luogo perché, come si è avuto modo di
accennare nel secondo paragrafo, non compiono alcun riferimento a un tipo di regime politico
esistente, né pongono alcuna distinzione tra esso e quelli precedenti. In terzo luogo perché, e quelli
contemporanei in particolare, non indicano alcun esplicito criterio per giustificare l'eventuale presenza
di differenze sociali. Ora, se è evidente che tutto ciò priva i libri di lettura degli anni cinquanta e quelli
attuali di un'attiva ed efficace funzione legittimante nei confronti dell'ordinamento sociale del loro
tempo, occorre anche notare che l'assenza di qualsiasi legittimazione, la scarsità dei racconti aventi
per tema il potere e la ricchezza, e la loro astoricità, favoriscono, paradossalmente, l'accettazione delle
differenze sociali esistenti poiché, per il fatto stesso di non parlarne, esse vengono fatte apparire come
questioni di nessun valore, di cui, appunto, non mette conto discutere e che sono, quindi, accettate
alla stregua di semplici eventi naturali.
Possiamo riassumere tutte queste osservazioni dicendo che — all'interno di un comune sforzo
di ottundimento e di manipolazione delle coscienze, di una comune visione aclassista della società — i
libri di lettura del fascismo cercavano, almeno in parte, di giustificare l'esistenza di una gerarchia
sociale per mezzo delle tecniche proprie della propaganda politica; mentre quelli del dopoguerra e
contemporanei tendono a farla accettare passivamente, ignorando con metodica sistematicità i modi
in cui il sistema sociale è organizzato e strutturato.
L'ultimo tema, relativo all'immagine della società elaborata dai libri di lettura, riguarda le
professioni svolte dai personaggi dei loro racconti. Si e già visto che numerosi attori, in tutti e tre i
periodi considerati, sono privi di un mestiere e che le donne sono confinate tra le pareti domestiche 35.
E' ugualmente importante, tuttavia, mostrare come i testi scolastici abbiano costantemente operato
una deformazione del mondo professionale.
In particolare, come si può vedere dalla tabella 2, i manuali di lettura del periodo fascista
attribuivano il maggior rilievo alle attività che erano direttamente connesse ai temi della propaganda
politica del regime. Non a caso, infatti, ai primi posti troviamo le occupazioni militari, quelle politiche e
i mestieri rurali. Meno importanti di queste, ma ugualmente oggetto di attenta considerazione, erano
le professioni artistiche (pittore, scultore, musicista, ecc.) e avventurose (esploratori, navigatori,
aviatori, ecc.), in quanto anch'esse costituivano ottime occasioni per dimostrare la grandezza d'Italia e
del fascismo. Un certo riconoscimento, infine, veniva attribuito a operai, artigiani e imprenditori, per
quello che era definito il loro «alacre contributo» allo sviluppo economico della nazione.
Nei libri di lettura dei due periodi successivi, le attività politiche e militari risultano piuttosto
trascurate, in particolare le prime che, nei testi contemporanei, sono completamente scomparse. Per
contro, le occupazioni tipiche di un mondo rurale ormai inesistente — gli agricoltori, i pastori, i
pescatori, i sarti, i calzolai, ecc. — fanno registrare sensibili incrementi, al punto che artigiani e
contadini assieme rappresentano quasi la meta dei ruoli professionali presenti nei manuali di lettura
del dopoguerra e più di un terzo di quelli rilevati tra i testi scolastici odierni. Ugualmente consistente,
soprattutto in questi ultimi, è la presenza di professioni artistiche e/o avventurose. Tutti gli altri
mestieri, invece, appaiono privi di una reale importanza.
Dalle considerazioni esposte, se emerge chiaramente che, in tutti e tre i periodi considerati, i
libri di lettura forniscono al bambino un'immagine del suo futuro e del mondo lavorativo
profondamente distorta (perché né durante il fascismo, malgrado le varie campagne d'Africa, la
nazione era occupata esclusivamente nell'esercito o in attività politiche, né durante il periodo di
ricostruzione postbellica, malgrado la critica situazione economica, la maggior parte degli italiani si era
ritirata nei campi o dedicata a mestieri artigianali), appare altrettanto evidente che tale distorsione è
decisamente aggravata dai libri di lettura contemporanei.
E', infatti, comprensibile, anche tenendo presenti le precisazioni appena fatte, che i testi per le
elementari del fascismo e del dopoguerra, dato il basso grado di sviluppo industriale dell'epoca, trascu
13
2. Distribuzione delle occupazioni nei libri di testo 1.
Fascismo
Dopoguerra
Occupazioni
N
%
N
%
1. Professionista, dirigente,
imprenditore
12
6,9
8
7,5
2. Scienziato e/o
tecnico
5
2,9
4
3,6
3. Insegnante
4
2,3
5
4,6
4 Personaggi dello
spettacolo, sport
(cantante, attore, ecc.)
—
—
—
—
5. Professione artistica
e/o di avventura
17
10,4
8
7,5
6. Mestiere urbano
(cameriere, giornalaio, ecc.) 2
1,1
3
2,8
7. Operaio
12
6,9
5
4,6
8. Artigiano
12
6,9
17
15,8
9. Mestiere rurale
(contadino, pastore, ecc.)
21
12,2
32
29,7
10. Impiegato
1
0,6
1
0,9
11. Commerciante
1
0,6
6
5,4
12. Uomo politico
25
14,5
3
2,8
13. Militare
53
30,6
11
10,2
14. Sacerdote
7
4,1
5
4,6
Totale
173
100,0
108
100,0
TAB.
Contemporanei
N
%
15
17,1
7
17
3,3
8,1
2
0,9
37
17,6
11
6
22
5,2
2,8
10,4
47
5
14
—
18
10
211
22,4
2,3
6,6
—
8,6
4,7
100,0
' In questa tabella riportiamo solo le professioni maschili poiché di quelle femminili si è già parlato in
precedenza.
rassero nei loro racconti gli operai delle grandi fabbriche, i mestieri urbani (come il giornalaio, il
cameriere, il meccanico, ecc.), le occupazioni impiegatizie e le professioni a carattere tecnico e
scientifico. È molto meno comprensibile, invece, che questi ruoli lavorativi, tipici di una moderna
società industriale, non trovino posto nei libri di lettura contemporanei.
TAB.
3. Distribuzione delle caratteristiche psicologiche nei libri di lettura '.
Caratteristiche
Fascismo
psicologiche
1. Bontà (gentilezza, modestia, ecc.)
15,5
2. Obbedienza
8,5
3. Onestà
1,5
4. Affettuosità
7,5
5. Altruismo
15,0
6. Socievolezza (capacità di collaborare con gli altri) 17,5
7. Intelligenza (astuzia, furbizia, ecc.)
13,0
8. Cultura (istruzione, ecc.)
8,5
9. Saggezza (sapienza, accortezza, prudenza, ecc.)
5,0
10. Coraggio
36,5
11. Efficienza (abilità, sveltezza, ecc.)
16,0
12. Tenacia (laboriosità, costanza, ecc.)
12,5
13. Innovazione (spirito di iniziativa,
anticonformismo, desiderio di mutare i
modelli istituzionali di comportamento)
1,0
Dopoguerra Contemporanei
26,5
11,0
3,5
13,5
17,5
0,5
15,0
5,5
9,
6,0
6,5
9,0
28,0
9,0
6,6
10,6
18.0
8,0
21,6
5,4
9,2
—
17,4
16,8
—
1,4
Inquesta tabella la somma delle percentuali di ciascuna colonna non è pari a 100 in quanto ciascun protagonista
poteva presentare più tratti psicologici contemporaneamente.
1
14
Dopo aver descritto i tratti salienti della società quale appare nei libri di lettura dei tre periodi
storici esaminati, parleremo ora delle caratteristiche psicologiche e di comportamento dei protagonisti
dei loro racconti36. L'analisi di queste due dimensioni è particolarmente importante in quanto,
soprattutto attraverso la prima, è possibile porre in luce le qualità che, a volta a volta, i libri di lettura
hanno ritenuto necessario che gli scolari possedessero per essere considerati bravi ragazzi e cittadini
modello e, quindi, individuare alcuni dei contenuti più rilevanti del processo di socializzazione.
Usando una versione semplificata del differenziale semantico di Osgood 37, abbiamo
individuato una serie di tratti della personalità dei protagonisti, esposti nella tabella 3, dalla cui
consistenza quantitativa emerge, in modo abbastanza preciso, l'immagine di quello che i libri di lettura
hanno, di volta in volta, considerato il prototipo del cittadino ideale.
Prima, pero, di passare al commento della tabella 3 è opportuno sottolineare che la grande
maggioranza dei protagonisti, nei libri di lettura di tutti e tre i periodi considerati, è priva di qualsiasi
caratterizzazione psicologica e che questa tendenza si accentua, come al solito, passando dal fascismo
ai giorni nostri. Ciò premesso, possiamo riprendere il filo principale delle nostre considerazioni e
mostrare che durante il ventennio mussoliniano, come si può agevolmente dedurre dai dati sopra
riportati, il cittadino modello doveva essere coraggioso, dimostrare spirito di collaborazione e
possedere doti di energia, di efficienza e di tenacia. Non ci si attendeva, invece, o comunque con
minore intensità, che fosse buono, gentile e istruito, ma, soprattutto, non doveva voler mutare
l'assetto istituzionale della società in cui era inserito. Anche nei testi del dopoguerra e contemporanei
gli scolari vengono dissuasi dal coltivare qualsiasi desiderio di cambiamento sociale, così come non si
richiede loro di essere culturalmente preparati. A differenza che nei primi, però, i bambini non
vengono neppure invitati a sviluppare le capacita di collaborazione. Ma, al di sotto di tali analogie,
esistono notevoli differenze tra la concezione dell'individuo espressa dai libri di lettura degli anni
cinquanta e quella che emerge dai manuali scolastici contemporanei. Nei primi le caratteristiche
principali della persona perbene si esaurivano semplicemente nell'essere affettuosi con i propri
familiari, buoni, gentili, e altruisti con gli amici e verso gli estranei. Accanto a questi tratti i libri di
lettura contemporanei ritengono importante il possesso di doti cognitive come l'intelligenza o, per
meglio dire, l'astuzia, e doti strumentali come l'efficienza, l'energia e la tenacia che, al contrario, nel
dopoguerra erano trascurate.
Volendo ora sintetizzare quanto abbiamo fin qui esposto, potremmo dire che l'accettazione
della realtà sociale esistente è sempre stata uno dei principali contenuti educativi che i libri di lettura,
attraverso la descrizione della personalità dei protagonisti delle loro novelle, hanno cercato di
trasmettere ai bambini; accanto ad essa, nei testi del fascismo e contemporanei ritroviamo la presenza
di una consistente propensione verso « il fare » e verso la efficienza, rivolte, però, almeno in parte al
collettivo nel primo caso, ed esclusivamente all'individuo nel secondo. L'individualismo o, per meglio
dire, l'orientamento verso la dimensione privata dell'esistenza è prevalente anche nei libri di lettura del
dopoguerra, ma esso ha contenuti di tipo affettivo ed espressivo anziché strumentale,
La presenza di uno spiccato orientamento al sé nei libri di lettura contemporanei e del
dopoguerra, e al fare nei primi e in quelli fascisti, è confermata dai tipi e dalle modalità di azione dei
protagonisti. La maggioranza di essi tiene, infatti, un comportamento attivo e consapevole (F=88,0%;
D=85,0%; C=86,8%); si tratta, inoltre, nella parte preponderante dei casi (F=81,3%; D=67,0;
C=62,6%;) di azioni realistiche, compatibili, cioè, con la normale esperienza comune, e svolte quasi
sempre dei protagonisti singoli, senza il contributo di altre persone. Questa comune tendenza, però, è
più consistente nei testi degli anni cinquanta (79,8%) e contemporanei (73,9%)) che nei libri di
lettura fascisti(59,9%;), a conferma dell'accennata presenza di un'intensa componente individualistica
nei primi e di una maggiore propensione per la dimensione collettiva dell'agire negli ultimi. Un altro
dato interessante è rappresentato dal fatto che il comportamento dei personaggi
principali tende ad avere, nella maggioranza dei casi, conseguenze rilevanti per gli altri attori, mentre
meno frequenti sono le azioni, compiute dal protagonista, i cui effetti ricadono su lui stesso. Occorre,
però, notare che le azioni dirette verso gli altri sono relativamente più numerose nei racconti dei testi
del ventennio (72,7%) e odierni (67,6%) che in quelli del dopoguerra (60,7%), a dimostrazione del
più ampio rilievo che la propensione al fare e l'orientamento verso il mondo esterno ha nei primi due.
Abbiamo, infine, rilevato che le azioni autodirette, cioè intraprese per decisione autonoma degli attori
principali, sono quantitativamente superiori alle azioni eterodirette, ossia ai comportamenti iniziati
dietro precisi ordini o inviti di altri personaggi (F=72,8%; D=82,5%; C=86,2%). Ciò contraddice solo
15
apparentemente quanto abbiamo detto a proposito delle caratteristiche psicologiche, e cioè che i libri
di testo tendono a formare individui pronti ad accettare la realtà così come essa è. In primo luogo,
infatti, occorre notare che l'incidenza delle azioni intraprese dietro ordine o suggerimenti dei superiori
è maggiore tra i libri di lettura del fascismo, i quali, come si è detto, cercavano di sviluppare tra gli
scolari il bisogno dell'obbedienza. In secondo luogo si deve ricordare che sia i testi contemporanei sia
quelli del ventennio valutano positivamente le doti di energia e di efficienza: logico, quindi, che essi
parlino di persone che, all'interno del quadro sociale istituzionale, prendono iniziative autonome. Ma,
soprattutto, bisogna considerare che è proprio fingendo che le forme di comportamento coerenti con i
modelli istituzionali sono intraprese per volontà autonoma dei vari soggetti, che i libri di lettura
riescono meglio a convincere i bambini della loro validità e, quindi, della necessità di agire secondo i
canoni fissati dalla tradizione.
Per sintetizzare tutte le informazioni fin qui riportate, abbiamo costruito due tipologie delle
forme di comportamento: una che teneva conto delle dimensioni «attività-passività» e «autoeterodirezione», l'altra che teneva conto dell'«orientamento dell'azione» e della «presenza o assenza
dì collaborazione», In tal modo si è potuto mettere in evidenza che il comportamento attivo e
autodiretto (F=71,6%; D=77,2%; C=80,9%) prevale costantemente su ogni altro tipo di
comportamento, ma con un peso minore tra i libri di lettura del fascismo, nei quali le attività
consapevoli ed eterodirette rappresentano circa un quarto (25,2%) del totale, e dimostrare che le
azioni compiute da soli e dirette verso gli altri sono le più numerose (F=45,4%; D=53,1%; C=47,8%),
soprattutto tra i testi del dopoguerra e contemporanei, mentre in quelli del ventennio sono presenti in
misura abbastanza rilevante i comportamenti collettivi rivolti ad altri (27,3%). In altre parole e in
armonia con quanto detto in precedenza, i manuali di lettura fascisti e contemporanei tendono a
bandire dal loro interno ogni forma di inattività e, particolarmente questi ultimi e quelli degli anni
cinquanta, anche le azioni che richiedono la presenza e lo sviluppo di un forte spirito di collaborazione.
4. / meccanismi di socializzazione nei libri di lettura:la propaganda e la fuga dalla realtà.
Dai dati e dalle considerazioni che abbiamo esposto nelle varie parti di questo lavoro,
dovrebbe risultare chiaramente che i libri di lettura hanno sempre agito verso i bambini in modo da
ostacolarne l'evoluzione delle capacità di analisi e di critica nei confronti della società, le possibilità di
inserimento attivo e consapevole in essa, ma dovrebbe risultare altrettanto chiaramente come questo
sforzo di manipolazione sia stato condotto con mezzi considerevolmente diversi nei tre periodi storici
esaminati, soprattutto per ciò che riguarda i testi scolastici del fascismo, da una parte, e quelli del
dopoguerra e contemporanei dall'altra. I contenuti educativi dei primi erano, infatti, orientati al
pubblico e venivano, almeno esteriormente, mediati da fatti ed episodi concreti riferentisi alle attività
politiche ed economiche del regime; in altre parole il processo di socializzazione che si svolgeva in essi
era sostanzialmente omogeneo: a contenuti prevalentemente politici corrispondevano tecniche di
propaganda politica. I libri di lettura del dopoguerra e contemporanei presentano, invece, due facce
certamente complementari, ma anche nettamente distinte. La prima é data dal carattere moralistico,
individualistico e conservatore delle mete sociali che essi propongono, la seconda dalla fuga continua
dal reale dei loro racconti, soprattutto, come si é detto, di quelli odierni.
La dimensione pubblica dei testi fascisti emerge chiaramente dall'importanza che essi
annettevano agli ideali di patria, di ordine e di coraggio e, per converso, dallo scarso rilievo che
attribuivano alla famiglia, alla buona educazione e all'achievement. Questa prevalenza del momento
collettivo non si traduceva, però, né lo avrebbe potuto a causa del carattere reazionario e retorico del
primo gruppo di mete appena ricordate, in un ampliamento della sfera di autonomia dell'individuo, in
una emancipazione del singolo dalla tutela e dal controllo del suo immediato intorno sociale, ma ne
accentuava, invece, la dipendenza dalla società in generale. In altre parole, quando parlavano della
passata grandezza d'Italia, della sua rigenerazione politica ed economica ad opera del fascismo,
dell'eroismo dei combattenti nella prima guerra mondiale e nelle varie campagne d'Africa, i libri di
lettura del ventennio non avevano certo lo scopo di richiedere la partecipazione dei singoli alla vita
politica, bensì quello contrario di convincere i subalterni della legittimità del dominio cui erano
sottoposti, di far loro interiorizzare il principio per cui la lealtà verso il regime doveva sempre prevalere
sugli affetti familiari e sulla cura degli interessi personali: in breve, di spingerli ad agire costantemente
secondo i dettami delle autorità statali.
16
A tal fine venivano impiegati gli strumenti tipici della propaganda politica. Innanzitutto
l'esaltazione del capo. Al duce venivano riconosciute tutte le doti che la tradizione ha sempre
considerate tipiche del leader carismatico: la dedizione completa alla causa, il disinteresse personale,
l'intelligenza, l'abilita politica e l'attenzione vigile sui bisogni e le esigenze della popolazione. Era
dunque logico e doveroso che tutti i cittadini avessero completa fiducia in lui e lo obbedissero
ciecamente, cosi come dovevano rispettare ed eseguire gli ordini dei gerarchi e delle altre autorità
poiché esse collaboravano con lui nel perseguimento degli identici obiettivi. Ed è in questo stesso
verso, cioè come sforzo di sviluppare un bisogno quasi costrittivo di obbedienza ai superiori, che va
intesa la posizione di subordinazione in cui i testi scolastici del fascismo collocavano i bambini 38.
Ma i libri di lettura del ventennio ricorrevano di malavoglia all'uso di simili sottili meccanismi di
repressione occulta, ragion per cui riprendevano ben presto a battere la strada della propaganda,
celebrando i presunti successi interni e le immaginarie affermazioni internazionali del regime. Quando
parlavano della bonifica di terre incolte, dell'istituzione di enti assistenziali, dello sviluppo industriale
che era conseguito all'autarchia, delle campagne d'Africa che avevano condotto alla creazione dell'
«impero»,i testi scolastici del tempo mettevano, infatti, in evidenza che queste conquiste erano state
rese possibili solo perché il fascismo era salito al potere e perché gli italiani si riconoscevano in esso e
lo seguivano.
Se da tali fatti, e da altri dello stesso tipo, il regime poteva ragionevolmente sperare di
ricevere lustro e legittimazione, ne esistevano, tuttavia, altri, come ad esempio le differenze
economiche, quelle di potere che non fossero di origine politica, oppure le dissidenze ideologiche, la
cui conoscenza poteva risultare dannosa ad esso e alle sue pretese di egualitarismo e di pacificazione
sociale. Nei confronti dei fenomeni appena esemplificati, i libri, di lettura del fascismo usavano altre
tecniche caratteristiche della propaganda politica nei sistemi totalitari: la distrazione dell'attenzione dei
subalterni da tali questioni o il loro occultamento.
I richiami alla patria, o, per essere più esatti, al fatto che le altre nazioni si opponessero
sistematicamente alle «giuste» aspirazioni coloniali dell'Italia, assolvevano egregiamente a questo
scopo, perché impedivano agli individui, fin da bambini, di riflettere sui problemi sociali interni e, da
adulti, di accumulare eccessivi antagonismi nei confronti dei gruppi dominanti 39.
E quando questa ricerca di falsi obiettivi e/o di denigrazione dei nemici reali non funzionava
più, i libri di testo ricorrevano all'occultamento, alla negazione sistematica dell'esistenza di problemi.
Emblematico, da questo punto di vista, risulta il modo, che abbiamo illustrato nel precedente
paragrafo, con cui essi trattavano le differenze economicbe, ma tipico e anche il fatto che essi
parlassero dell'esistenza di un'opposizione al fascismo solo prima che prendesse il potere.
Un caso più generale di uso dell'ignoranza a fini di dominio è rappresentato dalla scarsa
attenzione che i libri fascisti dedicavano all'istruzione. È chiaro, infatti, che la conoscenza e la cultura,
benché spesso a loro volta diventino strumenti di potere, favoriscono lo sviluppo delle capacita di
analisi e di critica della società, e pertanto rappresentano per ogni dittatura potenziali pericoli.
Alla cultura era, quindi, decisamente preferibile il coraggio. E se anche i fascisti nostrani non
arrivarono mai agli eccessi antintellettualistici del nazismo e del franchismo, certo essi esaltavano con
analogo vigore le doti di eroismo e, in subordine, di spirito di avventura. Il coraggio presentava,
infatti, il duplice vantaggio di essere funzionale alle esigenze militari e alle mire espansionistiche del
regime, e di aprire, sia pure solo in apparenza, alcuni spazi all'individuo, alcune opportunità di
dimostrare il proprio valore e le proprie capacità personali. Inoltre, facendo balenare davanti agli occhi
dei giovani il miraggio di una vita avventurosa, agendo cioè su un facile meccanismo emotivo, il
fascismo cercava di accaparrarsi le loro simpatie. Ma in ossequio alle norme secondo cui nei regimi
dittatoriali, al di fuori dei capi, i singoli non possono distinguersi eccessivamente gli uni dagli altri, le
lodi per gli eroici combattenti e per i coraggiosi aviatori, marinai, esploratori, ecc., erano sempre
piuttosto contenute. In ogni caso, per evitare che negli scolari nascessero eccessivi desideri di
affermazione personale, i libri di lettura del fascismo trascuravano quasi completamente le mete a
contenuto individuale come l'achievement, per porre l'accento, piuttosto, sulle capacità di
collaborazione con gli altri, e, più spesso, per mostrare folle anonime in entusiastica acclamazione dei
capi. A prima vista, queste osservazioni sembrerebbero contraddire la prevalente concezione del
fascismo e del nazionalismo come ideologie essenzialmente individualistiche, fondate sul mito del
superuomo e del grande condottiero. In realtà, poiché per uno che primeggia molti devono rimanere
relegati nell'anonimato, e poiché ciò che contava nella pratica era l'ammirazione per il duce e
17
l'adesione incondizionata al regime, è naturale che i testi del periodo fascista agissero nel modo sopra
descritto.
Per motivi in parte diversi e in parte analoghi, ed esattamente, come si è accennato all'inizio
del presente paragrafo, per il timore che il pensare ai propri interessi privati e ai propri affetti familiari,
potesse intiepidire la dedizione alla causa fascista e comportare una minore disponibilità a sacrificarsi
per essa, i testi scolastici del ventennio non attribuiscono grande rilievo neppure alla famiglia,
cercando, anzi, di convincere gli scolari che se essa e le donne avevano un certo interesse, ciò era
dovuto prevalentemente alla loro capacità di fornire figli alla nazione.
Tutto questo può essere riassunto dicendo che la funzione dei libri di lettura del periodo
fascista non era né quella di creare dei leaders, né delle persone dedite alla cura degli affari personali
e familiari, bensì, come speriamo di avere dimostrato, di fornire dei sudditi desiderosi di essere
comandati e ansiosi di obbedire.
Tratteremo ora congiuntamente, poiché, come si è visto in precedenza, le somiglianze
prevalgono sulle diversità, dei testi scolastici contemporanei e del dopoguerra. Abbiamo già fatto
cenno ai contenuti moralistici e individualistici dei loro racconti. I tratti di moralismo traspaiono
chiaramente dal rilievo che essi attribuiscono alla religiosità come norma di condotta e dalla
sopravvalutazione delle doti di altruismo rispetto alle capacità di collaborare fattivamente con gli altri
per la risoluzione di problemi comuni. È evidente, infatti, che nello stesso momento in cui si indica allo
scolaro il dovere di aiutare, immediatamente e in prima persona, chi ha meno di lui, si tenta di
ricondurre l'origine e la soluzione di questioni sociali a meri fenomeni individuali. Il ricco e il povero,
l'autorità e il subordinato, il colto e l'ignorante, si incontrano sulla scena dei vari brani come singoli e
non come membri di gruppi sociali determinanti, e l'intero problema delle disuguaglianze sociali si
esaurisce, quindi, nell'elemosina, nella benevolenza e nella comprensione dei primi verso i secondi.
Che la miseria, l'oppressione e l'ignoranza debbano scomparire da una società che si pretende civile, e
che questo obiettivo possa essere raggiunto, oggi come ieri, solo per mezzo di un impegno collettivo
dei gruppi subalterni volto a mutare radicalmente la configurazione dei sistemi sociali esistenti, è un
argomento che non compare mai nei libri di lettura, né in quelli contemporanei, né in quelli del
dopoguerra. Ma non è solo evitando di parlare di simili questioni che i testi per le elementari
favoriscono la tendenza all'estraniazione dalla società e dalla politica: si é visto, infatti, che essi, al
contrario di quanto accadeva nei libri di lettura del fascismo, si sforzano di rinchiudere l'esistenza
individuale in una sfera prettamente privato-familiare e di orientare i singoli verso il sé, anziché verso
il sociale. E se questo gretto individualismo poteva, forse, avere un qualche significato durante il
periodo di ricostruzione post-bellica, in cui ciascuno doveva cercare di arrangiarsi come meglio poteva
e pensare, prima di tutto, a trovare un sostentamento economico per sé e per i propri familiari, esso,
oggi, si rivela in gran parte disfunzionale alla conservazione stessa delle società industriali avanzate. È
oramai risaputo che gli sforzi e la buona volontà individuale e il pensare solo al proprio tornaconto
personale non sono assolutamente più in grado di garantire il buon funzionamento dei sistemi sociali
contemporanei: nelle attività produttive e nei servizi, il lavoro di équipe, vale a dire la cooperazione
armonica tra persone diverse per l'esecuzione di un compito comune, è diventata la modalità
operativa fondamentale; e la gestione razionale della società richiede la mobilitazione di risorse
collettive cosi ingenti che solo la collaborazione reciproca tra le sue varie parti é in grado di assicurare.
Sempre in tema di individualismo e delle sue conseguenze negative per la collettività, bisogna
ricordare le implicazioni chiaramente asociali di quella particolare forma di achievement e di quel
particolare aspetto dell'intelligenza, consistenti nell'agire con astuzia, che spesso compaiono nei
racconti dei libri di lettura contemporanei. Da essi sembra che solo per mezzo della furbizia una
persona possa far valere i suoi diritti o conseguire determinati vantaggi. In una simile visione della
realtà, dunque, le leggi e il ricorso ad esse per tutelare le proprie ragioni sono scomparse e il singolo
deve arrangiarsi a farle valere da solo. E poiché non è pensabile che con questo gli autori dei libri di
lettura vogliano indicare la presenza di alcune iniquità nel nostro sistema legislativo, la conclusione più
ovvia da trarre è che essi educano, di fatto, a una sorta di individualismo anarcoide in contrasto tanto
con le esigenze di cambiamento della società quanto con quelle di un suo sviluppo armonico.
Altrettanto assurda e paradossale appare, oggi, la scarsa importanza attribuita dai libri di testo
all'istruzione e alla cultura. E, in effetti, se negli anni cinquanta per trovare un'occupazione poteva
essere sufficiente sapere leggere e far di conto, come si usava dire, è inconcepibile che attualmente
non si sottolinei la necessità in cui si trova l'uomo delle società industrialmente evolute, di accrescere
18
— anche solo per garantirsi un'esistenza dignitosa — il proprio patrimonio di conoscenze. Per di più,
un simile rifiuto della cultura si rivela dannoso per l'intera società contemporanea perché, in questi
tempi di intense e rapide trasformazioni tecnologiche, è proprio dall'istruzione e dalla cultura che
dipendono l'evoluzione il progresso economico e, quindi, in ultima analisi, le possibilità di
sopravvivenza dei sistemi sociali.
Sempre parlando da un punto di vista di illuminata conservazione, anche l'implicito
atteggiamento di condanna che i libri di lettura mostrano verso ogni forma di innovazione, risulta al
presente contraddittoria. Nel passato, anche recente, le società tendevano alla staticità, alla
conservazione dei modelli tradizionali di comportamento in tutte le sfere: da quella politica, a quella
economica, a omelia più propriamente sociale; era dunque logico, o, per esprimersi più correttamente,
funzionale al mantenimento della struttura sociale, che i testi scolastici degli anni cinquanta cercassero
di inibire agli scolari qualsiasi desiderio di mutamento. Al contrario, i sistemi sociali contemporanei
hanno il loro modo di essere principale nel cambiamento, sia pure solo a livello tecnico-amministrativo,
e hanno, quindi, necessità non già di persone che si limitino alla ripetizione dei modi di operare
tradizionali, bensì di individui che sappiano proporre mutamenti e di adattarsi celermente ad essi.
Occorre però notare che questi aspetti di incoerenza e di arretratezza del libro di lettura
contemporaneo, rispetto alla realtà sociale in cui è inserito, sono in parte compensati da due fattori
che tendono a integrare il bambino nella società e fargli accettare passivamente l'esistente. Il primo 40
consiste in una forma ancora funzionale di conservazione che si può rintracciare nella legittimazione
dei rapporti di subordinazione intercorrenti tra adulto e bambino, in quanto essa rappresenta il primo
passo verso l'introiezione del principio di autorità; nell'instaurazione di una rigida divisione di ruoli tra
maschio e femmina, in quanto per suo mezzo viene giustificato e rafforzato il processo di
emarginazione che la donna subisce nella nostra società41; nell'assenza di distinzione tra autorità e
potere in quanto ciò impedisce la critica all'attuale ordinamento sociale. In questa linea di funzionale
conservazione vanno collocati anche l'invito all'efficienza e l'orientamento al fare che si sono riscontrati
nei libri di lettura contemporanei, perché l'attivismo strumentale, per dirla con Parsons 42, rappresenta
uno dei cardini principali attorno a cui ruotano le società industriali.
Sono questi, forse, gli unici due aspetti moderni degli attuali testi scolastici che, come si é
visto, li distinguono da quelli del dopoguerra, nei quali prevaleva una logica di rassegnazione quasi
religiosa nei confronti delle difficoltà esterne, e di rifugio negli affetti familiari e nelle relazioni amicali
con i vicini di casa.
Il secondo fattore di integrazione consiste in quella che abbiamo chiamato fuga dal reale, vale
a dire nello sforzo di distrarre i bambini dai problemi concreti che li circondano facendoli interessare
ad argomenti insignificanti e oziosi. Questo meccanismo, pur ritrovandosi anche nei testi scolastici del
dopoguerra, e, in parte, in alcuni racconti del periodo fascista, può essere considerato come il tratto
distintivo dei libri di lettura contemporanei. Si ricorderà, infatti, che gli attuali testi scolastici sono i più
lontani dal mondo reale di ogni giorno e hanno il sistema di valori qualitativamente più labile e
quantitativamente meno consistente. In particolare, per ciò che riguarda quest'ultimo punto abbiamo
posto in luce come il bambino non venga mai messo di fronte ai problemi e ai valori della libertà,
dell'uguaglianza e della democrazia, ecc., ma come si cerchi, tutt'al più, di socializzarlo a una sorta di
perbenismo piccolo-borghese, di modo che egli è portato a estraniarsi dalla realtà sociale, a evitare
come privo di significato qualsiasi sforzo di inserimento attivo nella vita civile, e a non porsi alcun
problema circa il modo in cui la società è organizzata. Considerazioni analoghe valgono per la
descrizione della personalità degli attori dei racconti. La loro inconsistenza psicologica, infatti,
favorisce l'appiattimento dei sentimenti del bambino e ne inibisce le motivazioni a ricercare un
contatto proficuo e intenso con gli altri. Attraverso l'incontro quotidiano con personaggi dalla
stereotipata fragilità intellettuale e umana, egli viene immesso in un mondo grigio e uniforme, da cui
sono assenti ogni slancio ideale e ogni spinta all'impegno sociale, quale è quello dell'individuo
massificato e atomizzato delle società contemporanee. In tal modo viene inibito nello scolaro il
desiderio di conoscere gli altri suoi simili, di sapere cosa fanno e cosa vogliono e, con ciò stesso, la
sua personalità risulta coartata e impoverita. Ma questo impoverimento si rivela, in ultima analisi,
funzionale a chi ha di mira una gestione tecnicamente efficiente e formalmente razionale della società,
poiché può esimersi abbastanza tranquillamente dal fare i conti con le esigenze umane, nel senso più
proprio dell'espressione, dei subordinati, posto che essi stessi sono stati abituati, fin da bambini, a non
prestarvi attenzione.
19
Ma è nella descrizione della società, come si è visto, che i libri di lettura contemporanei fanno
agire con maggior intensità il meccanismo di fuga dalla realtà. I racconti dei testi scolastici traboccano
di dolci primavere, di estati gioiose e di splendidi inverni sulla neve, ma non accennano al
sottoproletariato o al proletariato delle grandi città e delle campagne che non andrà mai in vacanza e
che a volte non usufruisce nemmeno, come accade ai baraccati, di un'abitazione in grado di metterli al
riparo dalle intemperie. Essi parlano di abili artigiani, di contadini robusti e contenti, dimenticando le
miserie economiche e morali di quei mestieri, cosi come l'alienazione e lo sfruttamento cui è
sottoposto il moderno operaio della grande industria. Raccontano della bontà e dell'altruismo dei santi
e tralasciano le sistematiche prevaricazioni che i dominanti compiono sui dominati. Descrivono
mamme e bambini affettuosi e si dimenticano della crisi profonda che l'istituto familiare sta
attraversando nella nostra società. Narrano di animali, di gnomi e di burattini, e non parlano dei
fenomeni migratori, dei conflitti di lavoro, dell'emarginazione progressiva di gruppi sempre più ampi
dalla partecipazione alla vita civile. Per dirla in altre parole, essi avvolgono la realtà in una sfera di
indeterminatezza, occultano i lineamenti fondamentali della società, ne mascherano le tensioni, le
contraddizioni e i rapporti di potere: in breve, impediscono ai singoli di conoscere il contenuto sociale
in cui sono destinati a operare. E ciò, a sua volta, favorisce la perpetuazione e l'estensione delle attuali
forme di dominio posto che oggi esse si fondano proprio sulla non consapevolezza dei subordinati di
essere tali43.
20
1
In considerazione del gran numero di contributi esistenti su questo tema, la citazione dei
quali richiederebbe una lunga nota, rimandiamo i lettori, che fossero particolarmente interessati
all'argomento, all'esauriente bibliografia pubblicata in appendice al volume di A. Alberti, G. Bini, L . Del
Cornò e F. Rotondo, I libri di testo nella scuola elementare, Roma, Editori Riuniti, 1972.
2
A. Schizzerotto, Libri di testo e processo di socializzazione nella scuola elementare, in « Studi
di Sociologia », X (1972), n. 1, ;ip. 80109.
3
La tesi della crisi dei valori nelle società industriali avanzate è stata, com'è noto, formulata
dai sociologi della scuola di Francoforte. Si vedano in proposito: I. Habermas, Teoria e prassi nella
società tecnologica, Bari, Laterza, 1969, e M. Horkheimer, Eclisse della ragione, Torino, Einaudi, 1969.
4
A. Scbizzerotto, Libri di testo e processo di socializzazione nella scuola elementare, cit. D'ora
in avanti eviteremo ulteriori citazioni di questo lavoro anche se dovremo, per forza di cose, rifarci
continuamente ad esso. Avvertiamo, quindi, il lettore che i dati sui libri di testo contemporanei
riportati nel presente capitolo sono derivati dall'indagine ricordata all'inizio di questa nota e che da
essa sono ricavabili tutte quelle indicazioni che, per brevità, saremo costretti qui a tralasciare.
5
L'indagine è stala condotta nei seguenti libri di lettura:
1) PERIODO FASCISTA: a) classe 2a: E. Belloni, Il libro per la seconda classe, Roma, La
Libreria dello Stato, 1941; P. Ballario, II libro di lettura per la seconda classe elementare, Quartiere
Corridoni, Roma, La Libreria dello Stato, 1941; b) classe 3a: A. Zanetti e M. Zanetti, Il libro di lettura
per la terza classe dei centri urbani, Roma, La Libreria dello Stato, 1939; E. Belloni, II libro della terza
elementare. Roma, La Libreria dello Stato, 1936; c) classe 4a: A. Gravelli, Primavera fascista, Milano,
Mondadori, 1930; A. S. Novaro, Il libro della quarta elementare, Roma, La Libreria dello Stato, 1937;
P. Bargellini, li libro della quarta dasse, Roma, La Libreria dello Stato, 1939; d) classe 5a: L. Rinaldi, Il
libro della quinta classe. Roma, La Libreria dello Stato, 1939; P. Bargellini, Lettura per la quinta classe
dei centri urbani, Roma, La Libreria dello Stato, 1942; F. Sapori, Amor di Patria, Roma, La Libreria
dello Stato, 1936.
2) DOPOGUERRA: a) classe 2a: E. Graziani Camillucci, I.a tua vita, Milano, Signorelli, 1950; G.
Liverani, Fili d'oro, Milano, Garzanti,1950; b) classe 3a : E. Graziani Camillucci, La tua vita, Milano,
Signorelli, 1950; F. Bettini, La buona via, Brescia, La Scuola, 1950; c) ciasse 4a : R. Pezzani, Focovivo,
Torino, I.L.I., 1947; P. Bargellini, Bellariva, Firenze, Vallecchi, 1951; A. Cini, M. D'Orio, Ore liete,
Firenze, Franceschini, 1949; d) classe 5a ; M. Puccini, V. Masselli, Fiordimaggio, Torino, S.E.I, 1950; E.
Bossi, Primule, Firenze, La Nuova Italia, 1949; N. Silvaneschi, Perfetta letizia, Milano, Dall'Oglio, 1949.
Per i testi contemporanei rinviamo a quanto detto nella nota precedente.
6
Il concetto di valore, nelle scienze sociali, si riferisce agli ideali che un determinato gruppo
sociale ritiene debbano orientare e dirigere la vita dei singoli e della collettività o, detto diversamente,
alle mete che si ritiene necessario realizzare al fine di garantire un'armonica convivenza civile,
un'integrazione perfetta tra le necessità del singolo e le esigenze di sopravvivenza del gruppo.
7
1 valori qui esposti collimano quasi perfettamente con i dati raccolti da un sociologo francese
in un'analoga indagine sui libri di lettura delle elementari degli anni trenta e sessanta; cfr. P.
Dandurand, Dynamique culturelle en milieu scolaire. Une étude diachronique de manuels de l'école
élementaire francaise in «Revue francaise de sociologie», XIII (1972), pp. 193-212. In particolare
Dandurand rileva che i racconti privi di temi morali rappresentano il 24,0% dei casi nel 1932 e il 45%
nel 1961. Sfortunatamente nella ricerca citata non viene analizzata con precisione l'articolazione
interna dei sistemi di valori, impedendo così altri interessanti confronti.
8
Ricordiamo che la quantità dei brani analizzata non è la stessa nei tre periodi. Dai libri di
lettura del fascismo e da quelli degli anni cinquanta si sono estratti 400 racconti (200 per ciascun
periodo), mentre dai testi contemporanei se ne sono estratti 300. Per evitare ogni possibilità di
confusione riporteremo, quindi, nel testo solo i valori percentuali.
9
Utili indicazioni su questo tema si ritrovano in L. Salvatorelli, G. Mira, Storia d'Italia nel
periodo fascista. Torino, Einaudi, 1961; P.Alatri, Le origini del fascismo, Roma, Editori Riuniti, 1971;
AA.VV., Fascismo e antifascismo, Milano, Feltrinelli, 1962; stimolante, in quanto legata alla
quotidianità della vita, risulta inoltre la lettura di R. Zangrandi, II lungo viaggio attraverso il fascismo,
Milano, Feltrinelli, 1963; E.Radius, Usi e costumi dell'uomo fascista, Milano Rizzoli, 1964.
10
L. Rinaldi, II libro della quinta classe, cit., pp. 50-51.
11
Ibidem, p. 416.
12
A. Gravelli, Primavera fascista, cit., p. 45.
13
A. S. Novaro, Il libro della quarta classe elementare, cit. p. 20. Esistono anche altri racconti,
sempre in tema di ordine sociale, che rifanno, naturalmente deformandola, tutta la storia dello
squadrismo, della marcia su Roma e, persino, della guerra di Spagna. Riteniamo,però, che gli esempi
riportati siano sufficienti a illustrare questo particolare tratto dell'ideologia fascista.
14
A. e M. Zanetti, Il libro di lettura per la terza classe dei centri urbani, cit., p. 156.
15
E. Belloni, Il libro della terza classe elementare, cit., p. 65.
16
Con l'espressione «relazioni di legittimazione» intendiamo riferirci al fatto che presso tutti i
gruppi sociali esistono determinali valori ultimi, che si presuppongono come indiscutibili e accettati da
tutti, ai quali si fa ricorso per fornire una base di validità ad altre mete, dotate di minore presa
immediata sui vari membri della collettività, e per convincere, di conseguenza, della necessita di
realizzare anch'esse in vista di un migliore e più efficace perseguimento dei primi.
21
17
Su questo .argomento, e sulla sua situazione attuale, si veda L. Borghi, G. Quazza, A.
Santoni-Rugiu e F. Dellavalle, Libri di testo e resistenza, Roma, Editori Riuniti, 1971.
18
E. Graziani-Camillucci, La tua vita, cit., p. 24.
19
R. Pezzani, Focovivo, cit., p. 105
20
G. Liverani, Fili d'oro, cit., p. 56.
21
Un altro indicatore di questo fenomeno è dato dalla ricordata diminuzione nei libri di lettura
del dopoguerra dei racconti che presentano due o più valori contemporaneamente.
22
Per irreali intendiamo quelle situazioni che, nel loro complesso sono chiaramente fantastiche
e impossibili. Un esempio tipico potrebbe essere la favola della fata che se ne fugge inorridita dalla
terra perché tutti sono ansiosi di arricchire e le chiedono — anziché salute, bontà e bellezza — oro e
argento. Cfr. Primule, cit., p. 144.
Abbiamo definito poco reali quelle situazioni che, pur non essendo completamente slegate
dall'esperienza comune, si presentano di rado nella vita di una persona e, a maggior ragione, in quella
di un bambino. Tale e il caso, ad esempio, delle imprese aviatorie di Ferrarin, di Baracca, ecc., che si
ritrovano a profusione nei libri di lettura del fascismo.
Con il termine reali abbiamo indicato le situazioni esperibili direttamente nell'esistenza
individuale, quali, ad esempio, la descrizione di una giornata di gioco o di studio. Cfr. La tua vita, cit.,
p. 127.
Personalizzate, infine, sono state definite quelle situazioni che, oltre ad essere reali nel senso
appena chiarito, rivolgono un esplicito invito ai titolari di determinati ruoli a comportarsi in modi
altrettanto determinati. Esempi tipici di tali situazioni sono rintracciabili in un racconto di il libro della
terza classe elementare, cit., p. 149, in cui viene spiegato come un balilla deve comportarsi nelle gare
sportive; e in un altro racconto di Bellariva, cit., p. 39, dove si cerca di dimostrare la necessità che i
bambini siano sempre ordinati e bene educati.
23
Non abbiamo ritenuto opportuno presentare i dati relativi alla distribuzione di ciascun
valore, per i tre periodi considerati, nelle diverse categorie di classificazione delle situazioni per non
appesantire la lettura. Ricordiamo, però, che le diversità di comportamento tra vari ideali ricordati nel
testo sono tutte statisticamente significative
24
D'ora in avanti dovremo effettuare frequenti comparazioni tra i dati relativi ai libri di lettura
dei tre periodi. Per rendere più agevole la lettura e per evitare inutili ripetizioni, li faremo spesso
precedere da sigle indicanti il periodo cui si riferiscono. Queste sigle sono: F, per i testi scolastici del
fascismo; D, per quelli del dopoguerra; C, per i contemporanei.
25
Cfr. D. C. McClelland, The Achieving Society, Princeton, Van Nostrand Co., 1961, in
particolare il cap. V.
26
Per semplificare la raccolta dei dati abbiamo considerato un massimo di tre attori per
ciascun racconto. Questa decisione, pur essendo evidentemente arbitraria, non ha comportato grandi
distorsioni dei dati sia perché i racconti con più di tre personaggi erano poco numerosi in tutti i testi
esaminati, sia perché, in questi rari casi, gli attori non considerati avevano ruoli di secondo piano e del
tutto irrilevanti ai fini delle vicende narrate.
27
Naturalmente la contemporaneità va intesa rispetto all'epoca di pubblicazione dei libri di
lettura esaminati. In altre parole, un episodio contemporaneo a uno scolaro del 1930 diventa non
contemporaneo per un bambino di oggi.
28
Per brevità non riportiamo i valori percentuali risultanti dagli incroci dei ruoli generazionali e
ricordiaimo solo che le relazioni svolgentisi esclusivamente tra i bambini variano da un minimo del
5,7% per i testi del fascismo a un massimo del 14,1% per i libri di lettura contemporanei.
29
Anche in questo caso non riportiamo alcun dato quantitativo, limitandoci a ricordare che le
differenze nel possesso delle doti sopra elencate risultano statisticamente significative. Avvertiamo
inoltre il lettore che un discorso più ampio sulle caratteristiche dei personaggi dei racconti verrà fatto
più avanti.
30
Occorre però notare che sui libri di lettura dei fascismo i personaggi di sesso maschile erano
collegati soprattutto ai valori della patria, dell'ordine e del coraggio; nei testi del dopoguerra e
contemporanei essi sono posti in relazione prudentemente con il lavoro e l' achievement.
31
Cfr. M. Horkheimer, L'autoritarismo e la famiglia oggi, in R. N. Anshen (a cura di), La famiglia,
la sua funzione e il suo destino, Milano, Bompiani, 1968, pp. 349-366; A. A. Mitscherlich, Verso una
società senza padre, Milano, Feltrinelli, 1970.
32
Cfr., ad es., M. Klein, P. Heiman e R. Money-Kirle (a cura di), Nuove vie della psicanalisi,
Milano, II Saggiatore, 1966.
33
Più esattamente, l'interazione tra autorità e subordinato compare nei racconti dei libri di
lettura esaminati con la seguente frequenza: F=9,5%; D=4,5%; C=5,6%; l'interazione tra ricco e
povero appare una sola volta nei manuali scolastici del ventennio, sei in quelli degli anni cinquanta e
dieci in quelli contemporanei.
34
Un'interessante notazione sulla psicologia politica del fascismo è rappresentata dal fatto
che, nei racconti dei libri di lettura dell'epoca, le persone dotate di autorità sono, nella stragrande
maggioranza dei casi (92,1%), costituite da persone singole, mentre i subordinati sono per lo più
(60,0%) mostrati in gruppo; la folla indifferenziata in entusiastica ammirazione del capo. Più in
generale si veda, su questo argomento, W. Reich, Psicologia di massa del fascismo, Milano, Sugar,
1971
22
35
Un'ulteriore dimostrazione della scarsa importanza che i libri di lettura hanno sempre
attribuito al mondo del lavoro è data dal fatto che, se si escludono le casalinghe collegate ai valori
della famiglia e dell'altruismo, i militari connessi (ma solo durante il fascismo) agli ideali di patria e di
coraggio, e i commercianti (solo nei testi contemporanei) legati al tema dell'onestà, le restanti
professioni risultano prive di qualsiasi significativa relazione con il sistema di valori.
36
Contrariamente a quanto fatto fin qui, ci riferiremo d'ora in avanti ai soli protagonisti dei
racconti, sia perché i caratteri dei coattori vengono delineati solo esteriormente ancor più spesso di
quanto non lo siano i personaggi principali, sia perché sono i protagonisti a dare il tono emotivo
dell'intero racconto.
37
Cfr. C. E. Osgood, G. J. Suci e P. H. Tannenbaum, The measurement of Meaning, Urbana,
University of Illinois Press, 1961, in particolare il cap. II.
38
Cfr. E. Fromm, Autorità e famiglia, in H. P. Gente (a cura di), Sexpol, Bologna, Guaraldi,
1971; M. Horkheimer, L'autoritarismo e la famiglia oggi, cit.; A. Mitscherlich, Verso una società senza
padre, cit.
39
Si veda in proposito quanto dicono G. Simmel, Conflict, Glencoe,The Free Press, 1955, pp.
97-98; e L. A. Coser, Le funzioni del conflitto sociale, Milano, Feltrinelli, 1967, pp. 115-123, sul
meccanismo di «ricerca del nemico» ai fini di integrazione sociale interna.
40
Questo meccanismo si ritrova più o meno uguale nei testi scolastici del passato; cfr. in
proposito quanto si è detto nel paragrafo 3 del presente capitolo.
41
Tra le numerose analisi sulla condizione femminile ci limitiamo a ricordare i classici: S. de
Beauvoir, Il secondo sesso, Milano, Il Saggiatore, 1961; B. Friedan, La mistica della femminilità,
Milano, Comunità, 1964; e i più recenti: C. Saraceno, Dalla parte della donna, Bari, De Donalo, 1971,
e J. Mitchel, La condizione della donna, Torino, Einaudi, 1972.
42
Si noti però che mentre in Parsons l'attivismo strumentale è in qualche modo legato agli
obiettivi di sviluppo economico e scientifico della società, nei libri di lettura esso sembra essere del
tutto fine a se stesso, posto che la questione delle mete sociali ultime è in essi ancor più trascurata di
quanto non lo sia nel sociologo americano. Per T. Parsons si veda Authority, Legitimation and Political
Action, in Structure and Process in Modern Society, Glencoe, The Free Press, 1961.
43
Per gli argomenti trattati in relazione al meccanismo della fuga dal reale si vedano: J.
Habermas, Teoria e prassi nella società tecnologica, Bari, Laterza, 1969, in particolare il cap. VIII; M.
Horkheimer, Eclissi della ragione, Torino, Einaudi, 1969, capp. I e IV; C. Wright Mills, L'élite del
potere, Milano, Feltrinelli, 1966, cap. XIII.
23
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