Omelia del giorno di Pasqua

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OMELIA DEL GIORNO DI PASQUA
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Saluto con affetto le autorità, i sacerdoti, i fedeli qui
presenti, la nostra splendida città di Firenze e gli ospiti
venuti a visitarla. A tutti l’augurio che risuonò sulla bocca
del Signore risorto la sera di Pasqua, quando incontrò per
la prima volta i discepoli riuniti: “Pace a voi!”.
Pace anche a questo nostro mondo lacerato da guerre,
guerriglie e terrorismo in Medioriente, in Estremo Oriente,
in Africa e in America Latina, afflitto da gravi squilibri
economici, culturali, tecnologici tra i paesi ricchi e i paesi
poveri. Non si può restare indifferenti davanti a tante
sofferenze. Si preghi dunque assiduamente per la pace che è
dono di Dio. Si lavori seriamente a costruire la pace che è
responsabilità degli uomini.
[2]
Quando l’apostolo Paolo portò il Vangelo ad Atene, gli
Ateniesi lo ascoltarono con interesse finché parlava di
cultura e di religione in generale, ma si misero a deriderlo
quando cominciò a parlare di un morto risuscitato.
«Quando sentirono parlare di risurrezione, alcuni lo
deridevano, altri dissero: Ti sentiremo un’altra volta». E lo
abbandonarono quasi tutti.
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Nel nostro tempo a un Gesuita francese missionario in India
è capitata la stessa cosa. Parlò dell’insegnamento di Gesù a
una riunione di numerosi monaci indiani che per più di
un’ora lo ascoltarono con interesse, facendo anche molte
domande. Quando però passo a dire che Gesù era morto in
croce era realmente risuscitato il terzo giorno, quelli si
misero a ridere: “La risurrezione può essere solo un
racconto mitologico simbolico come noi lo troviamo nei
nostri poemi!”.
Eppure la risurrezione di Gesù è un fatto reale e come tale è
stata annunziata dalla Chiesa, dalle origini fino ad oggi.
Abbiamo
ascoltato
nella
prima
lettura
il
discorso
dell’apostolo Pietro in casa del centurione romano a
Cesarea. «Lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo
ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse a
testimoni prescelti […], a noi, che abbiamo mangiato e
bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti». Pietro e
gli apostoli si sentono testimoni, per esperienza diretta, di
un evento reale e concreto, come reali e concreti erano stati
i fatti della precedente attività pubblica e della passione di
Gesù.
In piena sintonia con Pietro anche l’apostolo Paolo, nella
prima lettera ai Corinzi, afferma che Gesù è realmente
risorto ed è venuto a incontrare più volte i suoi discepoli,
singolarmente e in gruppo, perfino cinquecento persone
tutte insieme. «Se Cristo non è risuscitato» - aggiunge
l’Apostolo - «allora è vana la nostra predicazione ed è vana
anche la vostra fede» (1Cor 15,14).
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Se Cristo non fosse realmente risuscitato, il cristianesimo
diventerebbe vano, vuoto; perderebbe la sua specificità.
Cristo
potrebbe
rimanere
un
Maestro
di
nobili
insegnamenti, un modello altissimo di umanità; ma non
sarebbe più il Salvatore, a cui affidare il nostro presente e il
nostro futuro.
«Ora, invece,» - prosegue san Paolo - «Cristo è davvero
risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti […]
E come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la
vita in Cristo» (1Cor 15,20.22). Cristo è risorto come capo e
salvatore, per introdurre tutti gli uomini che a lui si
affidano nella vita eterna presso il Padre.
[3]
Il Signore risorto accompagna anche i nostri passi nella
nostra travagliata storia su questa terra. « Ecco, io sono con
voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Da allora una fonte di energia divina attraversa l’umanità.
L’Arcivescovo di San Salvador Oscar Arnulfo Romero
(1980), difensore dei diritti dei poveri, spesso minacciato
di morte, diceva: «Come cristiano non separo la morte dalla
risurrezione. Se mi uccidono, io risorgerò nel mio popolo».
Prima di lui Gesù aveva detto: «Se il chicco di grano caduto
in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce
molto frutto» (Gv 12,24). Gesù, morto e sepolto, è
risuscitato sia come persona singola sia come moltitudine di
redenti.
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Con lui sono risorti i suoi primi discepoli, che da dubbiosi
sono diventati credenti, da duri a capire sono diventati
sapienti, da egoisti e ambiziosi sono diventati servizievoli e
uniti nell’amore fraterno, da paurosi sono diventati
coraggiosi e pronti a portare il Vangelo ovunque, malgrado
le difficoltà, le persecuzioni, i pericoli di morte.
Gesù Cristo è risorto anche nel suo popolo; è risorto come
Chiesa. La Chiesa, come diceva Bossuet, è il Cristo
comunicato ed esteso nel tempo e nello spazio. La Chiesa è il
suo corpo e i cristiani sono sue membra, partecipi della sua
vita mediante il dono dello Spirito Santo.
«Se siete risorti con Cristo» - abbiamo ascoltato nella II
lettura - «cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso
alla destra di Dio» (Col 3,1). Nel Battesimo i cristiani
risorgono con Cristo e ricevono un germe della vita nuova.
Nella misura in cui questo germe si sviluppa e giunge a
dispiegare le sue virtualità, diventa un segno sempre più
trasparente della presenza del Signore risorto. I santi sono
lo splendore del Risorto riflesso nella storia. Nei peccatori
che si convertono si compie una risurrezione spirituale: un
uomo che da circa quarant’anni non si confessava, tutto
commosso piangeva e singhiozzava nel dire i suoi peccati al
sacerdote e, all’invito di questi a non farsi sentire dagli
altri, rispondeva: “Sono così felice e libero che non mi
importa niente se la gente si accorge che piango”. Gli
istituti di vita consacrata, le correnti di spiritualità,
l’azione
missionaria
fino
ai
luoghi
più
remoti,
le
innumerevoli opere sociali e culturali, la umanizzazione dei
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costumi
e
delle
strutture
sociali
sono
espressione
dell’inesauribile fecondità dello Spirito Santo, dono del
Signore risorto ai cristiani e, in modo diverso, anche ai non
cristiani.
Per quanto riguarda Firenze e la sua incomparabile
tradizione di civiltà, basti ricordare il significativo giudizio
di Giorgio La Pira. «La teologia e la cristologia governano
dal di dentro, come luce, come lievito, come causa finale,
come principio di ordine e di bellezza, l’edificio totale
(scientifico, artistico, letterario, filosofico, ecc.) della
cultura fiorentina» (Lettere alle claustrali, 253).
Si è soliti dire che la passione di Cristo continua, in qualche
modo, in tutti i crocifissi della storia, perché nel suo amore
universale egli si fa uno con tutti coloro che soffrono. Ma si
può aggiungere che anche la sua risurrezione, in un certo
senso, è sempre in atto nella storia e sarà completa solo
all’ultimo giorno. Egli continua a dispiegare la potenza
della vita nuova in tutti coloro che vengono rigenerati come
figli di Dio e nei valori di verità, bontà, bellezza, libertà,
solidarietà, che crescono nella storia. Si degna anche di
venire incontro alla nostra poca fede con molti miracoli di
ordine fisico, comprese rianimazioni di morti (se ne
registrano circa 400 seriamente attestate e distribuite in
tutte le epoche, anche in quelle recenti).
Purtroppo siamo impressionati più dal male che dal bene;
siamo portati più al pessimismo che alla speranza.
«Perdonami Signore» - scrive uno scrittore francese - «non
credo abbastanza alla primavera della vita, perché troppo
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spesso mi sembra un lungo inverno, che non finisce mai di
rimpiangere le sue foglie morte, i suoi fiori scomparsi […]
E’ pasqua ogni giorno, mille diecimila pasque; ma non sono
abbastanza capace, o Signore, di guardarmi intorno, per
vedere i fiori della primavera più che le foglie morte» (M.
Quoist).
[4]
La celebrazione della Pasqua, quella annuale e quella
settimanale ogni domenica, ci dia la forza e la gioia della
fede: una fede convinta, appassionata, missionaria.
“Andate e portate a tutti la gioia del Signore risorto.
Alleluja. Alleluja”: è il congedo alla fine della messa
consigliato dal messale per il tempo pasquale. Anche se si
canterà “Ite missa est. Alleluja. Alleluja” il senso è lo stesso
e voglio illustrarvelo con la citazione di un bel testo pieno
di slancio pasquale e missionario.
Voi che lo avete intuito per grazia
correte su tutte le piazze
a svelare il grande segreto di Dio.
Andate a dire che la notte è passata.
Andate a dire che tutto ha un senso.
Andate a dire che l’inverno è fecondo.
[…]
Voi che lo avete intuito per grazia,
correte di porta in porta
a svelare il grande segreto di Dio.
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Andate a dire che il deserto fiorisce.
Andate a dire che l’Amore ha ormai vinto.
Andate a dire che la gioia non è un sogno.
Andate a dire che la festa è già pronta.
Andate a dire che il bello è anche vero.
[…]
Voi che lo avete intuito per grazia,
correte, correte per tutta la terra
a svelare il grande segreto di Dio.
Andate a dire che ogni croce è un trono […]
Andate a dire che il dolore è salvezza […]
Andate a dire che il mondo ha un futuro […]
Andate a dire che è possibile l’uomo.
[…]
Andate su tutte le piazze.
Andate di porta in porta.
Andate in fondo alle strade.
Andate per tutta la terra.
Andate a dire che la gioia ha un volto.
Proprio quello sfigurato dalla morte.
Proprio quello trasfigurato nella Pasqua.
(S.Palumbieri)
Concludo augurandovi di cuore: Buona Pasqua!
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