Stato Pontificio Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. (Reindirizzamento da Stato della Chiesa) Coordinate: 42°49′16″N 12°36′10″E (Mappa) Stato Pontificio (dettagli) (dettagli) Dati amministrativi Stato Pontificio, Stato Ecclesiastico Nome completo o Stato della Chiesa Patrimonium Sancti Petri, Status Ecclesiasticus, Nome ufficiale Stato Pontificio de facto latino, italiano e dialetti Lingue parlate regionali Noi vogliam Dio (sino al 1857) Inno Gran Marcia Trionfale (1857-1870) Roma Capitale Impero bizantino e Impero carolingio nell'Alto Medioevo, Dipendente da Impero francese in età Napoleonica Ducato di Puglia, Calabria e Dipendenze Sicilia, Regno di Napoli[1], Regno d'Inghilterra, Corona d'Aragona, Regno d'Ungheria, Regno del Portogallo[2], Domini dell'Ordine Teutonico, Regno di Sardegna e Corsica, sino al 1299, quando, sotto Bonifacio VIII, l'Isola passò a Giacomo II d'Aragona. Politica Monarchia assoluta teocratica Forma di governo elettiva Elenco Papa Organi deliberativi Elenco 752 con Stefano II Nascita Donazioni carolinge Causa 1870 con Pio IX Fine Presa di Roma Causa Territorio e popolazione Italia centrale e alcune zone Bacino geografico dell'Italia settentrionale Territorio originale Lazio Oltre 44.000 km2 nel 1649, dopo la perdita, a cavallo fra il XV e XVI secolo, di alcune città padane cedute in feudo ai Farnese ed agli Estensi e alla successiva acquisizione, o riacquisizione, dei Ducati di Ferrara, Urbino e Castro. Massima estensione Tale superficie fu mantenuta fino al 1791, anno delle annessioni di Avignone e del Contado Venassino alla Francia. Nel 1859 lo Stato aveva un'estensione di 41.740 km², mentre alla vigilia dell'incorporazione al regno d'Italia (1870) non superava i 12.100 km2 Economia Baiocco, Bolognino, Giulio, Valuta Grosso, Scudo, Lira Italia, Mediterraneo occidentale, Commerci con Adriatico vino, manufatti, grano, ferro Esportazioni armi, spezie, seta, oro, marmo, Importazioni gioielli Religione e società Religioni preminenti Cristianesimo Cristianesimo fino al luglio 1054, poi cristianesimo cattolico Religioni minoritarie arianesimo, ebraismo clero, patrizi, cittadini, popolo Classi sociali Evoluzione storica Religione di Stato Preceduto da Succeduto da Ducato romano Regno longobardo Esarcato d'Italia Regno d'Italia Lo Stato Pontificio, detto anche Stato della Chiesa o Stato Ecclesiastico, è il nome dell'entità statuale costituita dall'insieme dei territori su cui la Santa Sede esercitò il proprio potere temporale dal 752 al 1870. Nella sua esistenza millenaria fu uno degli organismi politici più influenti e prestigiosi d'Europa. La proiezione internazionale dello Stato Pontificio, in epoca medievale e nei primi due secoli dell'età moderna, andò ben oltre i limiti territoriali che le circostanze storiche gli avevano assegnato. Il Regno d'Inghilterra, il Regno del Portogallo, la Corona d'Aragona, il Regno di Napoli e quello di Ungheria furono uniti alla Santa Sede da vincoli di vassallaggio e re e imperatori dovettero prostrarsi talvolta al cospetto del suo sovrano, il papa. Lo Stato Pontificio terminò la sua esistenza nel 1870, a seguito dell'annessione dei suoi ultimi lembi di territorio, Roma e parte dell'odierna regione Lazio[3], al Regno d'Italia. Indice 1 Storia medievale o 1.1 Genesi dello Stato o 1.2 Il Ducato romano o 1.3 La Donazione di Sutri o 1.4 Le Donazioni carolinge o 1.5 La Donazione di Costantino o 1.6 Tra impero carolingio e aristocrazia romana o 1.7 Lo Stato della Chiesa nel Basso Medioevo o 1.8 La ricostituzione dello Stato dopo Avignone 2 Storia moderna o 2.1 Il Cinquecento e Seicento o 2.2 Riforme del XVIII secolo o 2.3 La parentesi napoleonica 3 Età contemporanea o 3.1 La Restaurazione o 3.2 Il pontificato di Pio IX o 3.3 La fine del potere temporale 4 Esercito dello Stato Pontificio 5 Religione 6 Lingue dello Stato Pontificio 7 Cronologia dei «Papi re» 8 Note 9 Bibliografia 10 Cinematografia 11 Voci correlate 12 Collegamenti esterni 13 Altri progetti Storia medievale Genesi dello Stato Le origini del dominio temporale dei Papi possono essere considerate sotto due aspetti, uno di fatto e l'altro di diritto: di fatto: la progressiva dissoluzione del potere bizantino in Italia centrale. Con la costituzione del ducato romano (ultimi decenni del VI secolo), la figura del Papa venne prima ad affiancarsi, poi a sostituirsi, a quella del dux di nomina imperiale. I Papi subentrarono all'esarca bizantino nei suoi poteri, ed in primis nell'esercizio della giustizia di appello, nella riscossione delle imposte, nella possibilità di imporre la fedeltà politica e l'aiuto militare ai vassalli loro sottoposti[4]. di diritto: le donazioni carolinge[5]. La Donazione di Sutri (728), la Promissio carisiaca (754) e la Constitutio romana (824) furono altrettante basi fondanti nella genesi dello Stato Pontificio. Il Ducato romano Per approfondire, vedi la voce Ducato romano. Sorto come circoscrizione politica e militare bizantina nel VI secolo, occupò, nell'ambito dell'Esarcato d'Italia, la maggior parte dell'odierno Lazio e alcune zone dell'Umbria meridionale ed aveva a capo un dux di nomina imperiale. Le sue origini non ci sono note, tuttavia viene menzionato per la prima volta da papa Gregorio Magno in una sua lettera (592)[6]. Con la nascita del Ducato romano, il vescovo di Roma iniziò ad accentrare sempre più nella sua persona le funzioni civili, oltreché religiose, del territorio, lasciando al dux un ruolo prettamente militare[7]. La debolezza della classe senatoriale, decimata dalle guerre gotiche ed emigrata in gran parte a Costantinopoli, la lontananza da Roma dell'esarca (che aveva la propria residenza a Ravenna) e, non ultimo, il prestigio personale di alcuni grandi papi (fra cui in primis Gregorio Magno), fecero sì che il pontefice divenne, di fatto, la massima autorità civile del Ducato romano, affiancandosi, e in taluni casi contrapponendosi, alla figura dell'imperatore. Da semplice proprietà privata di carattere fondiario della Chiesa (Patrimonium Sancti Petri), il territorio di cui il papa era signore fondiario diverrà nei secoli successivi un'entità statale. Ciò avvenne per effetto di alcuni decreti reali, il primo dei quali fu emanato dal re dei Longobardi. La Donazione di Sutri Per approfondire, vedi la voce Donazione di Sutri. Il potere civile effettivo assunto dal papato fin dall'epoca di costituzione del ducato romano, unitamente a una sempre maggiore debolezza degli imperatori bizantini in Italia, resero possibile quell'atto passato alla storia come la Donazione di Sutri (728), voluta dal re longobardo Liutprando e mediante il quale il papa acquistò per la prima volta un potere temporale formalmente riconosciuto. Al di fuori dei suoi possedimenti, la supremazia del pontefice era tuttavia ben lontana dall'essere effettiva: nei territori longobardi i vescovi locali erano pressoché indipendenti, mentre nelle terre bizantine si faceva sentire l'influenza del patriarca di Costantinopoli, vicino alla volontà dell'Imperatore (cesaropapismo). Il re dei longobardi infatti nel 728 strappò Sutri alle milizie bizantine e papa Gregorio II chiese ed ottenne, con molto sforzo, di farselo consegnare. In realtà quei territori appartenevano giuridicamente all'Imperatore bizantino, ma il Papa, più che all'osservanza di una situazione giuridica formale, era interessato a respingere la troppo vicina potenza longobarda. Il suo timore non era infondato. Pochi anni dopo infatti, Liutprando, allo scopo di rafforzare il suo dominio sul territorio a fronte di una situazione interna molto difficile, cinse d'assedio Roma. Il Papa riuscì a farlo desistere solo grazie all'intervento (allora soltanto diplomatico) del re franco Carlo Martello (739). Di fronte a una nuova crisi con i longobardi, Zaccaria, da poco asceso al soglio pontificio, accettò accordi con Liutprando solo a fronte di ulteriori donazioni dell'ex-"ducato romano", ovvero quei territori bizantini nel centro Italia conquistati dai longobardi. Bisanzio era debole e perdeva continuamente terreno a vantaggio dei Longobardi, mentre le sue relazioni col papato peggioravano ulteriormente. A metà dell'VIII secolo, il regno longobardo volle dare la stoccata definitiva all'esarca ravennate bizantino e colpì al cuore le terre imperiali italiane: caddero la Pentapoli e Ravenna. Le Donazioni carolinge Con la fine del dominio bizantino in Italia nel 751, le minacce del re dei Longobardi Astolfo nei confronti di Roma si fecero sempre più pericolose, per cui papa Stefano II si recò in Gallia per chiedere il supporto di Pipino il Breve. Nella città di Quierzy (Carisium in latino), Pipino promise al papa che, una volta recuperati i territori conquistati dai Longobardi, li avrebbe donati alla Santa Sede. Tale atto fu denominato Promissio Carisiaca. Incoronato re di Francia, Pipino inviò [8] i suoi eserciti in Italia nel 754 e nel 756. I Franchi riportarono la vittoria sui Longobardi. In attuazione della Promissio Carisiaca l'Esarcato di Ravenna e la Pentapoli sul mare Adriatico, territori già dell'Impero bizantino nell'Italia settentrionale e centrale, ritornarono alla "Sede dell'Apostolo Pietro" [9]. Come ricompensa, Papa Stefano II conferì a Pipino la legittimazione del suo potere con la nomina per sé e per i suoi figli a patrizi romani (cioè protettori di Roma). Il patrimonium Sancti Petri dopo la donazione di Pipino (Populonia, Ronciglione e Viterbo). L'imperatore bizantino ovviamente protestò e inviò due messi presso il re franco, pregandolo di restituire l'Esarcato al legittimo padrone, ovvero l'Impero romano d'Oriente; ma Pipino rispose negativamente, congedando i due ambasciatori [10]. Nel 774 Carlo Magno, dopo aver sottomesso definitivamente i Longobardi che, sotto re Desiderio, avevano cercato di riconquistare le terre pontificie, sancì formalmente l'appartenenza alla Santa Sede di una lunga serie di territori. L'elenco comprende i territori già appartenuti alla Chiesa di Roma: Ducato di Roma, Includeva ex possedimenti bizantini: Esarcato di Ravenna, Pentapoli (Piceno e parte dell'Umbria) e Perugia, Venezia marittima, Corsica. E comprendeva anche territori precedentemente soggetti ai Longobardi: parte del Ducato di Benevento e del Ducato di Spoleto (detti anche Langobardia Minor). Tuscia romana, le terre dell'Appennino settentrionale al di qua della linea Luni-Parma e le terre a sud della linea Parma-Monselice[11]. Nacque così il Patrimonium Sancti Petri come stato sovrano autonomo. Quel nome fino ad allora aveva indicato i latifondi gestiti dal vescovo di Roma, in contrapposizione al patrimonium publicum gestito dai militari bizantini (duces e magister militum) e ai latifondi delle arcidiocesi di Ravenna e di Milano. Tutte le proprietà dell'ex Esarcato d'Italia e dell'ex Pentapoli bizantina che si contrapponevano giuridicamente alle proprietà della diocesi di Roma furono così subordinate direttamente al pontefice, senza più la mediazione imperiale di Costantinopoli. Furono esercitati invece in maniera indiretta: La sicurezza militare dello Stato, che fu garantita dall'esercito dell'Impero Carolingio; Il potere temporale: non avendo lo Stato Pontificio strutture amministrative, furono i membri delle aristocrazie cittadine a governare i territori della Chiesa per conto del Papa, cui riconobbero formale supremazia. Nel 817 Ludovico il Pio, figlio e successore di Carlo Magno, emanò il pactum confirmationis o Pactum Hludovicianum, col quale confermava a Pasquale I il dominio papale sulla Pentapoli. La Donazione di Costantino Per approfondire, vedi la voce Donazione di Costantino. Nel 774 Carlo Magno confermò la Promissio Carisiaca di Pipino il Breve. Per rafforzare il peso dello Stato Pontificio, venne costruita la cosiddetta Donazione di Costantino al papa Silvestro I, un documento falso finalizzato a legittimare il potere temporale dei papi. Secondo tale documento, nel 321 l'imperatore romano Costantino il Grande avrebbe assicurato a Silvestro I e ai suoi successori il dominio esclusivo sul Palazzo del Laterano e la città di Roma, con tutte le pertinenze e le insegne imperiali. A scoprire che il documento era un falso fu l'umanista Lorenzo Valla nel 1440 circa. Valla constatò che il latino in cui era stato scritto aveva caratteristiche diverse dalla lingua dell'Impero romano. Tra impero carolingio e aristocrazia romana Nell'anno 824, la sovranità papale sullo Stato della Chiesa e gli stretti vincoli che legavano tale entità politico-territoriale all'Impero furono ribaditi e rafforzati mediante la Constitutio romana, emanata dall'imperatore carolingio Lotario I nel corso di un suo soggiorno a Roma. Con la Constitutio romana, l'imperatore ebbe riconosciuto il suo status di supremazia sull'autorità papale. Il trattato comportava, infatti, l'obbligo per il papa neoeletto di giurare fedeltà all'imperatore, mentre questi si riservava il diritto di intervento nell'elezione pontificia e diritti di sorveglianza, anche militare, sulla città di Roma. Con lo smembramento dell'impero carolingio, cadde in disuso anche la Constitutio. Finì quindi il periodo di vassallaggio del papa verso l'imperatore, ma gli anni successivi non furono migliori. La Santa Sede cadde in balia dell'aristocrazia romana, che tentò di sottrarre al pontefice il potere temporale (amministrazione della giustizia, governo della città di Roma). Tale situazione si protrasse per tutto il X secolo. Un tentativo di uscire da tale difficile situazione fu effettuato da papa Giovanni XII, che nel 960 chiese al re di Germania Ottone I di Sassonia di imporre la propria autorità, come sovrano della maggiore potenza temporale della cristianità, al popolo e all'aristocrazia romani. Ottone I scese in Italia (settembre 961) e fu incoronato imperatore dallo stesso Giovanni XII (2 febbraio 962). I due sovrani ripristinarono di comune accordo la Constitutio romana e stipularono un nuovo patto, il Privilegium Othonis, con il quale l'imperatore prometteva di restituire al pontefice quei territori che gli imperatori carolingi gli avevano donato e poi i Re d'Italia gli avevano sottratto. Ma con il pretesto della sacra defensio ecclesiae, il Privilegium consentiva anche la diretta intromissione dell'Imperatore negli affari del patrimonium S. Petri e riaffermava la sovranità dell'impero sullo Stato della Chiesa. Il Privilegium fu riconfermato con il Diploma Heinricianum, stipulato il giorno di Pasqua del 1020 tra papa Benedetto VIII (1012–1024) ed Enrico II del Sacro Romano Impero (1002–1024). Lo Stato della Chiesa nel Basso Medioevo Con Innocenzo III (1198-1216) ebbe inizio la politica di "ricuperazione" del Patrimonio di San Pietro da parte del papato. Nel primo millennio della storia cristiana la potestas spirituale era riconosciuta, oltre che al papa, a tutti i vescovi; inoltre gli esponenti dell'episcopato erano di fatto i detentori del potere secolare nei territori da loro amministrati. Lo dimostra l'importanza rivestita tra XI e XII secolo dalla cosiddetta «lotta per le investiture», ovvero il conflitto per il controllo delle sedi ecclesiastiche, ritenute essenziali per il controllo dei territori e l'esercizio della giurisdizione. Nello stesso Stato Pontificio, l'effettivo potere dei papi, infatti, era rimasto circoscritto al solo territorio dell'antico Ducato romano. Nel corso dei secoli XII e XIII, invece, si realizza un processo di accentramento che si conclude con l'attribuzione al solo pontefice della plenitudo potestatis (pienezza del potere). L'azione di riforma ebbe come protagonista Gregorio VII (Dictatus papae, 1075), il quale concepì ed implementò la nuova struttura, accentrata, della Chiesa, che comportava la dipendenza da Roma di tutti i vescovi. Il modello era l'ordine celeste: come Cristo è origine di ogni potestas in quanto Dio e al tempo stesso titolare di essa in quanto uomo, così il suo vicario in Terra esercita una piena potestà, sia spirituale che secolare. I due poteri rimangono concettualmente distinti, ma sono riuniti entrambi nella persona del pontefice. Il quale può delegare l'esercizio del potere secolare all'imperatore (potestas indirecta) e ai re, attraverso la loro legittimazione con la cerimonia dell'incoronazione, salvo revocare la delega e rientrare in possesso dei pieni poteri in seguito a comportamenti in contrasto con il Magistero della Chiesa (potestas directa)[12]. Con Innocenzo III (1198-1216) lo Stato Pontificio iniziò ad uscire dall'ambito romano per assumere una nuova fisionomia, interregionale. Il suo pontificato fu caratterizzato dalle ricuperazioni del Patrimonio di San Pietro. Il Papato e l'Impero, usciti da pochi decenni dalla lunga lotta per le investiture, non avevano ancora definito completamente a livello politico e territoriale i rispettivi poteri. Non era chiaro quali fossero i territori sottoposti al dominio temporale della Santa Sede. L'imperatore Federico I Barbarossa aveva fatto atto di sottomissione al potere della Chiesa dopo la sconfitta nella battaglia di Legnano (1176), e si era impegnato a restituire al Papa universa regalia et alias possessiones Sancti Petri, che i suoi predecessori avevano sottratto negli anni precedenti. Ma tale atto era rimasto sulla carta. Il 12 luglio 1213 l'imperatore Ottone IV confermò le "promesse" di restituzione dei territori; nel 1219 Federico II di Svevia, in procinto di essere incoronato imperatore, rinnovò la cessione di parte dell'Italia settentrionale al papa. Lo scontro con l'autorità imperiale in Italia si protrasse nel XIII secolo, quando i liberi comuni e la nuova borghesia cittadina acquisirono un potere economico sempre maggiore e iniziarono ad aspirare ad una maggiore libertà politica. Lo Stato della Chiesa sostenne la lotta dei comuni contro Federico I e Federico II di Svevia al fine di indebolire l'autorità politica dei sovrani romano-germanici. Innocenzo III si pose l'obiettivo di rendere effettivo uno Stato di diritto che fino ad allora era stato riconosciuto dagli imperatori soltanto a parole. A sostegno della propria azione, il pontefice enunciò la teoria del Sole e della Luna. Secondo tale visione, il papa, depositario della luce di Dio, sarebbe stato superiore all'imperatore, detentore di un potere umano, poiché i poteri mondani sarebbero originati unicamente da Dio. L'imperatore, quindi, avrebbe dovuto brillare semplicemente di luce riflessa[13]. Papa Onorio III proseguì la politica territoriale del suo predecessore: governare le province dello Stato tramite l'esponente di una casa/dinastia feudale (cioè un laico). Nel 1230 l'esperimento, iniziato ventotto anni prima da Innocenzo III, ebbe fine senza successo. Gregorio IX pertanto decise di inviare funzionari ecclesiastici, i rettori, che risiedessero permanentemente nella provincia e la governassero (o meglio rappresentassero il governo centrale in un'area dotata di poteri locali con numerosi diritti e privilegi) per un certo numero di anni[14]. Nel 1244 Innocenzo IV nominò il cardinale Rainer suo rappresentante in tutto lo Stato della Chiesa. Nel 1248 l'opera di riconquista dei territori del nord poté dirsi conclusa, grazie all'azione dell'esercito guelfo guidato da Ottaviano degli Ubaldini (maggio-giugno 1248). Negli anni seguenti, però, le forze, ghibelline ripristinarono il controllo sulle città romagnole. Il lungo interregno che seguì la morte di Federico II (dal 1250 al 1273), creò in Italia uno stato di incertezza e precarietà. Invece che favorire la Santa Sede, ne limitò l'azione. I territori nella pianura padana ritornarono sotto il governo pontificio con papa Niccolò III. Nel 1274 il pontefice assegnò a Rodolfo I d'Asburgo il diritto di cingersi della corona di re dei Romani. Lo invitò quindi a venire in Italia per essere incoronato. Per favorirne il viaggio, gli spedì dei denari tramite i banchieri di Firenze e Pistoia. I denari, 200.000 fiorini d'oro, gli furono messi a disposizione a Milano. Rodolfo promise, sotto pena di scomunica, di scendere in Italia entro una certa data. Ma mancò la promessa, essendo scoppiata una guerra in Germania. Scaduta la data concordata, al papa non rimase che scomunicarlo. Per riconciliarsi con la Chiesa ed essere incoronato, accettò di cedere la Contea di Romagna e la città di Bologna alla Santa Sede. Il passaggio formale dei poteri fu sancito il 29 maggio 1278. Con l'annessione della Romagna e di Bologna, lo Stato Pontificio diventò lo stato italiano più esteso dopo il Regno di Sicilia. Dopo un lungo periodo di ascesa, lo Stato della Chiesa iniziò ad entrare in crisi negli ultimi anni del pontificato di Bonifacio VIII. Con il celebre «oltraggio di Anagni» il papa ricevette un'umiliazione che ebbe ampia risonanza. La notte del 7 settembre 1303 i soldati del re di Francia Filippo il Bello entrarono indisturbati nella residenza di papa Bonifacio VIII e lo rinchiusero nella sua stanza finché questi non promise di ritirare la scomunica che aveva comminato tempo prima al re. Dopo Benedetto XI (morto nel 1304) la Santa Sede iniziò a subire l'influenza politica della componente francese. I transalpini fecero trasferire la sede pontificia ad Avignone e monopolizzarono per lungo tempo i conclavi, facendo eleggere pontefici francesi. Fu il periodo detto Cattività Avignonese[15]. Lo Stato Pontificio, a causa della lontananza della sede papale, cadde in preda all'anarchia e fu dilaniato dalle lotte interne delle principali famiglie nobiliari romane (come quelle tra i Colonna e gli Orsini, narrata anche da Boccaccio). La ricostituzione dello Stato dopo Avignone Urbano VI Durante la cattività avignonese il papato perse il controllo di gran parte dei propri territori. Lo Stato Pontificio si frazionò in una serie di potentati locali. Fu affidato al cardinale Albornoz il compito di riconquistare i territori perduti e di rimettere ordine nella capitale. L'impresa gli riuscì, in parte con la diplomazia, in parte con le armi, quasi ovunque. Il cardinale intraprese una serie di campagne che sottomisero il Lazio, Spoleto, i Montefeltro di Urbino, i Malatesta di Rimini e gli Ordelaffi di Forlì. Quest'ultima fu piegata solo quando papa Innocenzo VI proclamò una crociata contro i Forlivesi. La Crociata durò dal 1355-56 fino al 1359, quando si giunse ad un compromesso: a Francesco, che cedette Forlì all'Albornoz, rimanevano, a titolo di vicario papale, Forlimpopoli e Castrocaro; l'Albornoz, però, si poté insediare in Forlì, dimostrando così, anche simbolicamente, che le operazioni per riaffermare l'autorità pontificia sui territori della Chiesa si erano positivamente concluse. Al Nord, solo Bologna, almeno fino all'epoca di papa Giulio II, rimase indipendente. Il recupero dei possedimenti nelle Marche e nella pianura padana fu fondamentale poiché gran parte del reddito che alimentava le finanze papali proveniva da questi territori. Solo con la ricostituzione di tali possedimenti sarebbe stato possibile il ritorno del papato a Roma[16]. Una volta ricostituita l'unità dello Stato della Chiesa, il cardinale Albornoz creò un'amministrazione basata sul decentramento provinciale, codificata nel 1357 nelle cosiddette Costituzioni egidiane[17]. Lo stato risultò suddiviso nelle seguenti province: Patrimonii S. Petri, con sede rettorale a Montefiascone; Marittimæ (Agro Pontino) con sede a Velletri; Campaniæ (Ciociaria) con sede a Ferentino[18]; Ducatus Spoleti (Ducato di Spoleto); Marchiæ Anconæ (Marca anconitana), con sede a Macerata; Provincia Romandiolæ (dal fiume Panaro al fiume Foglia), con sede a Faenza o a Cesena[19]. La suprema autorità di ogni singola provincia è il Rettore, il quale opera con pieni poteri in nome del pontefice. Le province sono rette da Legati, finanziariamente autosufficienti e coordinate da Roma. La fisionomia territoriale delle diverse Province rimarrà incerta a lungo. Solo con papa Pio IV si avrà una certa e determinata individuazione di ciascuna provincia. Nel 1367 Urbano V fece ingresso in città, ma ci rimase solo tre anni, poiché nel 1370 fece ritorno ad Avignone, dove morì. Ma questi erano solo i prodromi della svolta: nel 1378, morto Gregorio XI, i cardinali riuniti in conclave, sotto le pressioni insistenti dei romani, elessero papa Urbano VI, un italiano che, a differenza dei suoi predecessori, restò in città. I francesi, non volendo perdere il proprio controllo sul pontefice, dichiararono l'elezione nulla appigliandosi alle pressioni esercitate dalla folla sui cardinali. Poi, riuniti tutti i propri cardinali, elessero un antipapa, Clemente VII. Fu l'inizio del grande Scisma d'Occidente. In questo periodo, l'Europa si spaccò in due e l'autorità del papato romano diminuì sensibilmente. Si sviluppò, così, un forte interesse per le terre dello Stato Pontificio, una base di potere sicura. Il Quattrocento, perciò, iniziò all'insegna di una forte espansione delle terre papali nell'Italia centrale che continuò anche ben oltre la fine dello scisma. La frattura della cristianità si ricucì molto difficilmente: i due papi in carica rifiutavano di dimettersi e neppure il concilio di Pisa, che si riproponeva di dichiarare deposti i pontefici per eleggerne un terzo, riuscì a produrre qualche progresso. Alla fine il concilio di Costanza fece dimettere i papi di Pisa e di Avignone e tutti quegli altri autonominati pontefici che, approfittando del disordine generale, avevano cercato, con l'appoggio di numerosi stati, di impossessarsi del soglio di Pietro. Storia moderna Per approfondire, vedi la voce Suddivisioni amministrative dello Stato Pontificio in età moderna. Il Cinquecento e Seicento Negli ultimi anni del XV secolo, la politica dello Stato Pontificio si orientò sempre più nettamente verso la cura dei propri possedimenti in Italia settentrionale, dando l'avvio, sotto il pontificato di Alessandro VI (1492-1503) a una serie di campagne militari atte soprattutto a sottomettere le città romagnole. Ai primi del Cinquecento Giulio II completò la riconquista dei territori settentrionali dello Stato. Bologna venne ripresa nel 1506, Ravenna pochi anni dopo. Lo Stato Pontificio aveva ereditato dal Medioevo la tradizionale divisione territoriale il cinque Province. La fisionomia politica e territoriale delle diverse Province rimase incerta a lungo. Solo con papa Paolo III (1534-1549) la Provincia conosce una prima e completa sistemazione giuridicoamministrativa, con la raccolta di leggi e decreti (Constitutiones) promulgata da monsignor Gregorio Magalotti nel 1536. Si prescrissero i compiti del presidente e dei suoi ufficiali, quelli dei governatori delle singole città. Il governatore locale fu il principale ministro della Legazione sul territorio. Con il pontificato di Pio IV (1559-1565) si ebbe una certa e determinata suddivisione territoriale e la fine del grande nepotismo. Rafforzata al proprio interno, per circa un secolo la Santa Sede si impose come uno dei grandi protagonisti della politica italiana del tempo. A partire dal pontificato di Paolo III lo Stato della Chiesa si estese e consolidò notevolmente, raggiungendo attorno alla metà del secolo successivo la sua massima estensione. Fra le Signorie e gli Stati passati da una condizione di blando vassallaggio (ma in realtà semiindipendenti) a un vero e proprio assorbimento all'interno dello Stato Pontificio vi furono, fra il Cinquecento e Seicento, Perugia (1540), Ducato di Ferrara (1598), Ducato di Urbino (1631) e i rispettivi territori da esse dominati. Ultimo a cadere fu il Ducato di Castro (1649), vero e proprio Stato nello Stato, costituitosi in epoca di Paolo III. ▼ mostra Suddivisione amministrativa nel XVII secolo Il governo paternalista della Chiesa, se da un lato operò per lenire, soprattutto nella generale crisi che colpì il mondo mediterraneo e centroeuropeo, a partire dal 1620 circa[20], le sofferenze delle classi più umili attraverso la creazione di una serie di istituzioni benefiche (fra cui i primi Monti di Pietà apparsi in Europa, ospedali pubblici, mense per poveri, ecc.), dall'altro non riuscì a rinnovarsi e modernizzarsi in forma soddisfacente allorquando si ebbe, nella prima metà del Settecento, in Italia e in altri paesi, una generale ripresa economica e culturale. Fino almeno allo scoppio della Rivoluzione francese (1789), lo Stato Pontificio godé tuttavia di un moderato consenso popolare e di un fermo appoggio da parte delle sue classi dirigenti, grazie anche al sostegno di una borghesia di estrazione non mercantile, legata all'apparato burocratico dello Stato, e a quello della nobiltà locale, ricompensata con feudi, prebende e, in alcuni casi, anche con l'ascesa al soglio pontificio di alcuni fra i suoi rappresentanti più influenti. Come si è già avuto modo di segnalare, nel Trecento e nel Quattrocento la Cattività avignonese e il Grande Scisma avevano indebolito il papato, che aveva iniziato a perdere parte della propria influenza sulla politica europea, pur non avendo ancora definitivamente rinunciato alla propria missione di guida della Cristianità. La nascita e la diffusione della Riforma protestante nella prima metà del XVI secolo, sembrò compromettere per sempre la missione universale del Cattolicesimo in Europa e nel Mondo. Nuovo vigore venne tuttavia dato alla Chiesa e al proprio Stato con il Concilio di Trento e il fermo appoggio prestato al Papato dagli Asburgo di Spagna e d'Austria, allora all'apice della propria potenza. I rapporti con la Spagna furono vantaggiosi per la Chiesa, ma conobbero anche momenti negativi. La Spagna, potenza egemone in Italia dopo la battaglia di Pavia (1525), se da una parte schiacciò con estremo rigore ogni opposizione papale alla propria politica di potenza nella penisola (sacco di Roma, 1527) dall'altra ne puntellò il potere sia in funzione antiveneziana, sia come baluardo del cattolicesimo e della stessa monarchia asburgica. La decadenza dell'Impero ispanico, già chiaramente percepibile attorno all'inizio degli anni quaranta del XVII secolo e sancita definitivamente con la Pace di Vestfalia, si ripercosse negativamente sullo Stato della Chiesa, costretto a patteggiare da posizioni di debolezza con la nuova potenza emergente europea: la Francia di Luigi XIV. Riforme del XVIII secolo Nella prima metà del Settecento si ebbe, in Italia e in altri paesi, una generale ripresa economica e culturale. Alcuni papi avviarono una serie di riforme, sia sociali che economiche. I primi tentativi, volti a migliorare la condizioni di vita dei sudditi e a rilanciare l'economia, ebbero però esito negativo. Clemente XI istituì nel 1701 una «Congregazione del sollievo», che mise a punto un programma economico e sociale che prevedeva il frazionamento dei latifondi, l'istruzione agraria, il miglioramento delle condizioni igieniche dei lavoratori, l'organizzazione del credito agrario, il miglioramento delle comunicazioni e del commercio. I proprietari terrieri si opposero fermamente alle riforme e il piano naufragò. Nel 1715 il pontefice sciolse la Congregazione. Fu portata termine con esito positivo, invece, la nuova ripartizione del territorio dello Stato. La riforma comportò la creazione di nuove province e la riorganizzazione delle varie circoscrizioni su basi territoriali più omogenee. Si voleva in tal modo effettuare un controllo più capillare sul territorio ed attenuare gli effetti negativi dei tanti privilegi (sia aristocratici che comunali) che impedivano il corretto funzionamento della macchina statale. La nuova e più articolata ripartizione provinciale prevedeva: Dodici province: Lazio, Patrimonio di San Pietro, Campagna e Marittima, Sabina, Ducato di Spoleto, Umbria, Marca di Ancona, Montefeltro, Urbino, Bologna, Romagna e Ferrara Una legazione extra-territoriale: Avignone Una contea: Contado Venassino Due territori dipendenti: Benevento e Pontecorvo Nella seconda metà del secolo iniziò una nuova stagione riformatrice in campo economico. Papa Pio VI (1775-1799), mise mano a un programma di riassetto delle finanze che si concretizzò nella semplificazione delle imposte e nella creazione di un catasto (1777). Inoltre cercò di rendere più efficace il controllo fiscale sulle Legazioni istituendo una Camera di conti in ciascuna di esse. Nel 1786 il pontefice eliminò le dogane interne (rimasero in attività solamente quelle dei centri più importanti: Bologna, Ferrara, Benevento e Avignone); rafforzando nel contempo il controllo sulle merci in circolazione nello Stato, con l'istituzione di ottanta nuovi uffici di frontiera. Infine il pontefice promosse la bonifica delle paludi pontine. Secondo i suoi intenti, la bonifica avrebbe permesso l'avvio di nuove coltivazioni, con un effetto benefico sull'occupazione e sulla produzione, ma le nuove terre finirono in mano ai grandi proprietari assenteisti, che fecero fallire il progetto. La parentesi napoleonica Per approfondire, vedi la voce Pio VII e Napoleone. La Repubblica romana sostituisce lo Stato Pontificio (1799) Lo Stato della Chiesa (in inglese Papal States) e gli stati vicini in epoca napoleonica (1806) L'invasione napoleonica sconvolse gli equilibri settecenteschi italiani e lo Stato Pontificio rischiò di scomparire definitivamente. Nel 1797, con il trattato di Tolentino, Napoleone fece riconoscere da Papa Pio VI la cessione alla Francia di Avignone e del Contado Venassino (già occupati alcuni anni prima in età rivoluzionaria) e, alla Repubblica Cisalpina, l'annessione di Bologna, Ferrara e la Romagna. Nel febbraio 1798 venne proclamata l'effimera Repubblica, storicamente conosciuta come Repubblica Romana, strettamente legata alla Francia. Per la seconda volta in meno di cinque secoli[21] Roma non era più capitale dello Stato della Chiesa. Papa Pio VI fu arrestato e esiliato; morì prigioniero in Francia. Dopo alterne vicende, la Repubblica romana cadde definitivamente nel settembre 1799, con l'occupazione di Roma da parte dell'esercito borbonico (che già si era impossessato della città per alcuni giorni nel novembre-dicembre del 1798). Sotto la protezione del Regno di Napoli e dell'Impero austriaco fu ripristinato il potere temporale del Pontefice. Il nuovo papa, Pio VII, amministrò lo Stato Pontificio finché nel 1808 l'Italia fu nuovamente invasa dall'esercito francese. In quello stesso anno la parte settentrionale delle Marche fu devoluta allo Stato satellite napoleonico del Regno italico. Anche Pio VII venne arrestato e deportato, la sua prigionia in Francia si protrasse per alcuni anni (1808-1814). Dopo la caduta di Napoleone a Lipsia (battaglia di Lipsia), i territori occupati dai francesi furono restituiti alla Santa Sede (24 gennaio 1814). Lo Stato Pontificio perse solamente le exclavi francesi. Età contemporanea Per approfondire, vedi la voce Governo (Stato Pontificio). La Restaurazione Ritornato nella pienezza dei suoi poteri, papa Pio VII elaborò una nuova suddivisione amministrativa dello Stato Pontificio tramite il motu proprio «Quando per ammirabile disposizione»[22] del 6 luglio 1816, che prevedeva l'istituzione delle seguenti province (tra parentesi il capoluogo), distinte in legazioni e delegazioni: Comarca di Roma (Roma); Legazione di Bologna (Bologna); Legazione di Ravenna (Ravenna); Legazione di Ferrara (Ferrara); Legazione di Forlì (Forlì); Delegazione di Urbino e Pesaro (Urbino), Delegazione di Ancona (Ancona); Delegazione di Macerata (Macerata); Delegazione di Fermo (Fermo); Delegazione di Camerino (Camerino); Delegazione di Ascoli (Ascoli); Delegazione di Perugia (Perugia); Delegazione apostolica di Orvieto (Orvieto); Delegazione di Spoleto (Spoleto); Delegazione di Viterbo (Viterbo); Delegazione di Civitavecchia (Civitavecchia); Delegazione di Rieti (Rieti); Delegazione di Frosinone (Frosinone); Legazione di Velletri (Velletri) (istituita nel 1832). Fin dall'epoca della Rivoluzione francese erano andate diffondendosi, nelle fasce sociali più colte e progressiste della popolazione, idee liberali, che trovarono ulteriore alimento e diffusione, nel corso dei decenni successivi, all'epoca della Repubblica romana e in età napoleonica. Durante la Restaurazione, l'insofferenza nei confronti del governo pontificio diede vita a società segrete che si diffusero rapidamente, ricevendo stimoli sia dalle organizzazioni di ispirazione buonarrotiana, sia dalla Carboneria.[23] Se i moti del 1820-1821 diedero luogo a un inasprimento delle contromisure reazionarie in tutti gli Stati italiani, negli Stati della Chiesa (e nel Regno delle Due Sicilie) tali contromisure non furono forse neppure percepite dal momento che la repressione era una costante nei metodi governativi pontifici.[24] Il malessere assunse all'epoca, in alcuni territori pontifici, forme di aperta ribellione domata talvolta da bande armate di sanfedisti: in Romagna, alcuni anni più tardi, acquistò una triste notorietà il capobanda ed avventuriero Virginio Alpi, che operava nelle zone comprese tra Forlì e Faenza[25]. Il pontificato di Pio IX Nei primi anni di pontificato, Pio IX governò il Paese con una progressiva apertura alle richieste liberali della popolazione. Iniziò una stagione di grandi riforme: la Consulta di Stato; la libertà di stampa e la libertà agli Ebrei; la Guardia Civica; l'inizio delle ferrovie, fra cui anche la progettazione della linea Bologna-Ancona, il cui primo tronco, Bologna-Forlì, fu aperto il 1º settembre 1861; la costituzione del Municipio di Roma; il primo governo con una componente laica, guidato dal cardinale Giuseppe Bofondi, noto in quanto non avverso alle idee liberali. Proprio Bofondi, però, si trovò a dover negare l'appoggio del Governo Pontificio al nuovo regime costituzionale del Regno delle Due Sicilie[26]. Il pontefice promosse inoltre la costituzione di una Lega doganale tra gli Stati italiani, che rappresentò il più importante tentativo politico-diplomatico dell'epoca volto a realizzare l'unità d'Italia per vie federali. Il 14 marzo del 1848 Pio IX deliberò l'atto politico più importante: con l'editto Nelle istituzioni concesse la costituzione, denominata «Statuto fondamentale pel Governo temporale degli Stati di S. Chiesa». Lo Statuto istituiva due Camere legislative ed apriva le istituzioni (sia legislative che esecutive) ai laici. Nello stesso periodo «...l'azione governativa [rimase]...del tutto estranea a ogni istanza di progresso posta dallo sviluppo economico europeo...».[27] Neanche la Repubblica romana (1849) seppe avviare una vera stagione di riforme. Il deficit dello Stato Pontificio era nel periodo pre-unitario uno dei più alti tra gli Stati della penisola: circa il 20% in più rispetto al Regno di Sardegna, più del 200% in più rispetto al Ducato di Parma e circa il 330% in più del Ducato di Modena.[28] Successivamente Pio IX avviò alcune riforme per favorire lo sviluppo dello Stato.[29] Fra le principali opere pubbliche iniziate o portate a compimento nello Stato Pontificio alla metà dell'Ottocento furono: prosciugamento delle paludi di Ferrara e di Ostia; ampliamento dei porti di Ravenna, Cesenatico, Senigallia e Ancona; realizzazione di una rete ferroviaria. Il primo collegamento fu Roma-Frascati, inaugurato il 14 luglio 1856. Seguirono l'Ancona-Falconara (1861)[30], la Roma-Civitavecchia (1859), la Roma-Orte (1865) e la Orte-Falconara (1866). Per quanto riguarda i collegamenti con il Regno di Napoli, nel 1862 fu completato il collegamento con Ceprano, nel frusinate[31]. Tale rete risultò tuttavia essere inadeguata, così come lo fu la rete stradale costruita nei decenni che precedettero l'annessione all'Italia. Secondo fonti di alto profilo vi fu, all'epoca, uno «... scarso interesse governativo per la rete stradale e l'avversione verso le ferrovie... ».[27] Nei due decenni che precedettero l'annessione dello Stato Pontificio al Regno d'Italia, furono in massima parte completati i lavori di bonifica dell'Agro romano e iniziati quelli relativi alla rete idrica per il soddisfacimento del fabbisogno di acqua potabile degli abitanti di Roma che tuttavia vennero portati a compimento solo dopo l'unione della città allo Stato italiano. La fine del potere temporale I principali difensori dello Stato della Chiesa erano stati la dinastia dei Savoia, la dinastia dei Borbone e l'Impero austriaco. Ma dalla metà degli anni cinquanta la politica dei Savoia, con il Regno di Sardegna mostrò una netta virata in senso anticlericale. Il 29 maggio 1855 il Parlamento di Torino approvò una legge che sopprimeva gli ordini religiosi ed ordinava l'incameramento e la vendita di tutti i loro beni. Il re Vittorio Emanuele controfirmò, sancendo così la sua rottura con la Chiesa. Non era mai successo prima che la dinastia Savoia si fosse messa frontalmente contro la Santa Sede. Il papa condannò fermamente la legge con l'allocuzione Cum saepe. L'anno seguente, in aprile, lo Stato Pontificio subì un duro attacco diplomatico dal primo ministro di casa Savoia, Camillo Cavour. Il Regno di Sardegna aveva partecipato alla Guerra di Crimea come alleata delle potenze europee occidentali. Vinta la guerra, poté sedersi al congresso di Parigi a fianco di Francia e Inghilterra. Cavour pronunciò un discorso che conteneva un attacco ben calcolato allo Stato Pontificio. Il conte affermò infatti: “Gli stati della Santa Sede non furono felici che sotto Napoleone I”[32]. La Santa Sede capì che il piano di Cavour fosse la conquista di Roma solo nel 1859, quando la Legazione delle Romagne fu invasa da due battaglioni di truppe piemontesi senza che l'atto fosse stato anticipato da una dichiarazione di guerra. Si configurò una situazione di stallo, che si protrasse per tutto il resto dell'anno: la conquista era fatta ma non aveva base legale. All'inizio del 1860 il governo di Torino chiese al Papa di rinunciare volontariamente alle Legazioni; ottenendo un netto rifiuto, furono organizzati dei plebisciti di annessione. L'11-12 marzo si tennero le consultazioni nei territori delle ex Legazioni e in Toscana. Alle nuove province fu immediatamente applicata la legge sarda, che comprendeva la soppressione degli ordini religiosi e l'incameramento dei loro beni. Il prossimo obiettivo del Regno di Sardegna fu la conquista di Marche ed Umbria. La Santa Sede, non disponendo di un esercito regolare, lanciò una chiamata alle armi per raccogliere volontari da tutta Europa. Fu costituito un esercito multinazionale (italiani, austriaci, olandesi, polacchi, belgi, svizzeri e irlandesi) di circa quindicimila uomini, sotto la guida del generale francese Christophe de Lamoricière che andarono, in seguito, a formare il reggimento degli Zuavi pontifici. L'esercito piemontese, guidato dal generale Enrico Cialdini, attaccò l'11 settembre e vinse il confronto dopo solo una settimana. La battaglia decisiva fu combattuta il 18 settembre a Castelfidardo, nell'Anconetano. Nel giro di un mese si svolsero i plebisciti di annessione. Perse Marche ed Umbria, lo Stato Pontificio fu ridotto al Lazio. Il 25 marzo 1861, pochi giorni dopo la proclamazione del nuovo Regno d'Italia, Cavour annunciò alla Camera dei Deputati che «Roma sola deve essere capitale d'Italia»[32]. Per approfondire, vedi la voce Questione romana. Roma era protetta, per antichissima tradizione, dal re di Francia (in quest'epoca l'imperatore Napoleone III). Ma Napoleone III era, al contempo, il principale alleato e protettore del neonato Regno d'Italia. Il 15 settembre 1864 la Francia e l'Italia stipularono una convenzione con la quale il Regno d'Italia si impegnò a non attaccare i territori della Santa Sede, mentre la Francia ritirò le sue truppe dai territori papali[33]. Subito Giuseppe Garibaldi tentò una marcia su Roma partendo dalla Sicilia. Ma, non avendo chiesto il consenso a Parigi, la sua azione fu bloccata, ad opera dell'esercito italiano, quando i volontari erano da poco sbarcati in Calabria[34] (29 agosto 1862). Garibaldi ritentò l'attacco a Roma nel 1867, a fine settembre con un esercito di volontari attaccò il Lazio da nord. Fu fermato e sconfitto a Mentana il 3 novembre 1867 da una forza costituita da soldati pontifici e il corpo di spedizione francese. Nel 1868 Pio IX convocò un concilio ecumenico. I lavori del Concilio Vaticano I iniziarono l'8 dicembre 1869; il risultato più importante fu l'affermazione del dogma dell'infallibilità del magistero del Papa in materia di fede e di morale (quando tale magistero rispettasse alcune condizioni). Lo scoppio della Guerra franco-prussiana (19 luglio 1870) interruppe i lavori[35]. Il 1º settembre 1870 la Francia venne sconfitta dalla Prussia, e le venne a mancare la forza militare per continuare a proteggere il potere temporale del Papa. Vittorio Emanuele II ne approfittò per attaccare Roma. Il 20 settembre avvenne la presa di Roma da parte dei bersaglieri del re. Il Regno d'Italia realizzò l'annessione del Lazio: liberazione secondo l'ottica italiana, usurpazione secondo quella pontificia. Nel 1867 il Parlamento del Regno aveva promulgato una legge che prevedeva l'incameramento dei beni mobili e immobili di conventi e monasteri su tutto il territorio, e comprendeva anche il divieto per tutti i cittadini italiani di pronunciare voti. Il 13 maggio 1871 il Parlamento emanò una nuova legge che elencava i diritti della Santa Sede all'interno del Regno d'Italia. Passata alla storia come «legge delle Guarentigie», essa riconosceva il papa come sovrano indipendente, con il possesso (ma non la proprietà) dei palazzi e giardini vaticani, dei palazzi del Laterano, della cancelleria a Roma, e della villa di Castel Gandolfo. Stabiliva inoltre che il governo italiano non sarebbe intervenuto nella nomina dei vescovi. Pio IX non accettò la legge, ne scomunicò gli autori e si considerò prigioniero in Vaticano. Solo il 20 settembre 1900 il papa Leone XIII proclamò la dissoluzione ufficiale dello Stato Pontificio. Il primo accordo ufficiale tra la Chiesa e lo Stato italiano fu siglato nel 1929, quando con la firma dei Patti Lateranensi venne creata lo Stato della Città del Vaticano, che restituì una minima sovranità territoriale alla Santa Sede. Tale sovranità potrebbe dar luogo a considerare la Città del Vaticano come un vero e proprio stato successore (o fra gli stati successori, insieme al Regno d'Italia) dell'antico Stato Pontificio. Il tema divide tuttora gli storici e continua ad essere oggetto di dibattito. Esercito dello Stato Pontificio Per approfondire, vedi la voce Esercito dello Stato della Chiesa. Religione Lo Stato Pontificio, per la sua particolare conformazione di entità statale e religiosa, ha da sempre rappresentato uno dei capisaldi della chiesa cristiano cattolica in occidente. Il cattolicesimo era dichiarato per costituzione religione di stato e solo la sua professione di fede dava pieno godimento di tutti i diritti statali. Fino a tutta la prima metà del XVI secolo vi erano tuttavia numerose comunità ebraiche sparse per lo Stato, fra cui si segnalavano per importanza quelle di Roma, Ancona, Ravenna, Orvieto, Viterbo, Perugia, Spoleto e Terracina. In età controriformistica una legislazione sempre più restrittiva, inaugurata durante il pontificato di Paolo IV con la bolla Cum nimis absurdum e culminata con Hebraeorum gens, spinse molti ebrei a emigrare. Durante il pontificato di Sisto V, caratterizzato da una relativa tolleranza religiosa, quattromila o cinquemila ebrei fecero ritorno nello Stato Pontificio a seguito della promulgazione della bolla Christiana pietas (1586)[36]. Ma il ripristino di una legislazione antiebraica voluta da Papa Clemente VIII con la bolla Caeca et obdurata ebbe effetti devastanti per tutti i sudditi di religione ebraica. Molte comunità sparirono (fra cui quelle di Terracina, Spoleto e Viterbo), altre si ridussero a poche decine di unità (Perugia e Ravenna). Solo a Roma (e, in minor misura, ad Ancona), sopravvisse un nucleo ebraico di una certa consistenza. Gli ebrei romani, relegati nel ghetto, dovettero tuttavia attendere l'età napoleonica per vedere riconosciuti i propri diritti che con la Restaurazione tornarono ad essere conculcati. Durante la Repubblica romana si produsse una nuova emancipazione, che subì forti limitazioni dopo il 1849 ad opera di Pio IX, che pure agli inizi del suo pontificato aveva mostrato una certa tolleranza nei confronti dei propri sudditi israeliti. Con l'annessione dello Stato Pontificio al Regno d'Italia (1870) gli ebrei tornarono nuovamente a godere di pieni diritti civili. Lingue dello Stato Pontificio Idioma ufficiale dello Stato Pontificio era il latino, in cui venivano redatte le pubblicazioni ufficiali e istituzionali, ma non parlata usulamente nello Stato. Il latino fu anche molto utilizzato come lingua veicolare dalle gerarchie ecclesiastiche in epoca medievale, per essere in età moderna gradualmente sostituito dall'italiano. In italiano veniva impartita l'istruzione elementare, che era obbligatoria e gratuita per tutti i bambini dello Stato. La popolazione, tuttavia, parlava abitualmente dialetti locali: il romanesco, il ciociaro, il sabino, i dialetti dei Castelli Romani, i dialetti umbri (perugino, altotiberino, ecc.), i dialetti marchigiani, il romagnolo. Vi erano inoltre delle minoranze parlanti dialetti campani a Benevento (dialetto beneventano) e Pontecorvo (ancor oggi compresa nell'area linguistica meridionale). Ad Avignone, città pontificia per quasi cinque secoli, la lingua più diffusa fra le classi popolari e la borghesia minuta era una varietà dell'occitano, il provenzale mentre nell'aristocrazia, nell'alta borghesia e fra gli uomini di cultura era frequente il bilinguismo (francese e provenzale) e, nel caso di cittadini legati alla Curia, anche il trilinguismo (provenzale, francese e italiano). Cronologia dei «Papi re» Elenco dei papi che hanno governato lo Stato. Il numero indica il loro ordine all'interno dell'elenco cronologico generale di tutti i papi. ▼ mostra Cronotassi dei papi a capo dello Stato Pontificio Note 1. ^ Il Regno di Napoli fu legato da vincoli di vassallaggio allo Stato della Chiesa fino al 1776, allorquando Ferdinando IV ordinò di non pagare più al Papa la chinea, tributo simbolico che aveva la funzione di riaffermare esplicitamente tali legami. Il Regno di Napoli tuttavia, al pari di altre entità statuali unite al Papato da rapporti vassallatici, fu sempre un organismo dotato, sotto il profilo giuridico, di piena sovranità (anche se spesso unito dinasticamente ad altri stati europei) 2. ^ Dal 1179, allorquando Alessandro III, su sollecitazione di Alfonso I del Portogallo, riconosce l'indipendenza del Paese dal Regno di León e lo pone, come Stato vassallo, sotto la protezione della Santa Sede mediante la bolla Manifestus probatum 3. ^ All'epoca il Lazio si estendeva a meridione fino alla città di Terracina, ultima roccaforte pontificia. Il circondario di Cittaducale, il circondario di Sora e il circondario di Gaeta con le Isole ponziane, facevano infatti parte del Regno delle Due Sicilie ed erano già stati annessi nel 1860, quando il Regno d'Italia si chiamava ancora Regno di Sardegna 4. ^ Andrea Gardi, op. cit., pag. 23. 5. ^ Andrea Gardi, Lo stato in provincia. L'amministrazione della legazione di Bologna durante il regno di Sisto V (1585-1590), Bologna, Istituto per la Storia di Bologna, 1994 (Studi e ricerche 2), p. 21 6. ^ Girolamo Arnaldi, Le Origini dello Stato della Chiesa, Torino, UTET Libreria, 1987, p. 28. ISBN 88-7750-141-3 7. ^ «Con l'istituzione del ducato di Roma...cominciava a profilarsi una nuova antitesi fra una romanità, a un tempo ecclesiastica e civile, incarnata pressoché esclusivamente dal clero locale e dal [vescovo dell'Urbe], e una romanità militare, di frontiera, incarnata dal duca bizantino...» di Girolamo Arnaldi, Le Origini dello Stato della Chiesa, Torino, UTET Libreria, 1987 p. 28, ISBN 88-7750-141-3 8. ^ Pipino non poté partecipare personalmente alla guerra, poiché il suo casato e quello del re longobardo erano imparentati. 9. ^ Fu in quell'occasione che, per giustificare la cessione forse dubbia anche agli occhi dei diretti interessati, venne verosimilmente falsificato il documento della Donatio Constantini. 10. ^ Ravegnani 2004, op. cit., p. 138. 11. ^ Questa clausola fa forse riferimento ad un progetto di Carlo Magno su una mai avvenuta spartizione dell'Italia lungo la trasversale Luni-Monselice. 12. ^ Marco Rizzi, Cesare e Dio, Il Mulino, 2009, pp. 133-36. 13. ^ Oltre a ciò, i papi addussero come motivazione della propria superiorità nei confronti dell'autorità imperiale anche la donazione di Costantino, un presunto atto mediante il quale l'imperatore romano avrebbe donato l'intera parte occidentale dell'Impero alla Chiesa. L'Europa occidentale, quindi, sarebbe dovuta essere sottoposta al potere del papato. Il documento, tuttavia, nel Rinascimento, fu riconosciuto definitivamente come falso.[senza fonte] 14. ^ Il governo tramite rettore era abituale nelle altre provincie dello Stato della Chiesa già dal tempo di Innocenzo III. 15. ^ O Babilonese - (1309-1377), così definito in Italia in ricordo della deportazione degli Ebrei a Babilonia. 16. ^ Pagine cattoliche, Storia - Modernità: L’Italia nel secolo XIV. 17. ^ A. Gardi, op. cit., pag. 23. 18. ^ L'attribuzione della sede a Ferentino non è sicura. 19. ^ La sede cambiò a seconda delle condizioni politiche (rapporti con le famiglie signorili). 20. ^ Secondo Ruggiero Romano, che generalizza per l'intera Europa dei dati cronologici precedentemente proposti da Carlo Maria Cipolla per la sola Italia, la crisi economica ha inizio negli anni 1619-1622. Entrambi gli autori, e le rispettive posizioni sul tema, sono citati da Guido Quazza, La Decadenza italiana nella Storia europea, Torino, Giulio Einaudi Editore SpA, 1971, p. 59 21. ^ La sede papale era stata infatti trasferita una prima volta ad Avignone nel 1309 22. ^ Testo completo del Motu proprio disponibile al sito 23. ^ Cfr. AA. VV., Storia d'Italia, Torino, Einaudi, 1974, ripubblicata da il Sole 24 Ore, Milano, 2005, vol. 5 (Stuart J. Woolf, L'Illuminismo e il Risorgimento. La Storia politica e sociale) p. 271 24. ^ «... Gli anni successivi a quelli in cui fallirono i moti rivoluzionari [del 1820-21] sono considerati tradizionalmente come il periodo delle repressioni più severe avvenute in tutta l'età del Risorgimento in tutti gli Stati italiani, eccettuati forse lo Stato della Chiesa e il Regno delle Due Sicilie, dove la dura e ininterrotta repressione governativa rende difficile e superfluo qualsiasi giudizio qualitativo... » Ibidem p. 281 25. ^ Riccardo Bacchelli gli dedicò alcune pagine ne 'Il mulino del Po 26. ^ Cf. F. Traniello, Religione cattolica e Stato nazionale. Dal Risorgimento al secondo dopoguerra, Il Mulino, Bologna 2007, p. 87. 27. ^ a b Cit. in AA. VV., Storia d'Italia, Torino, Einaudi, 1974, ripubblicata da il Sole 24 Ore, Milano, 2005, vol. 21 (Nicola Crepas, Le premesse dell'industrializzazione) p. 169 28. ^ M. Dincecco, G. Federico & A. Vindigni. Warfare, Taxation, and Political Change: Evidence from the Italian Risorgimento.. URL consultato in data 20 aprile 2012. 29. ^ Secondo la Storia d'Italia Einaudi, tali riforme risultarono tuttavia tardive e, in molti casi, inefficaci. Cfr Ibidem, p. 169 30. ^ Progettata nel 1856, entrò in servizio quando i territori interessati erano entrati a far parte del Regno d'Italia. 31. ^ La tratta Ceprano-Napoli fu realizzata sotto il Regno d'Italia. 32. ^ a b Andrea Tornielli, Pio IX. L'ultimo Papa re, Milano, il Giornale, 2004. 33. ^ Convenzione stipulata a Parigi tra il Governo Francese e lo Italiano per la cessazione della occupazione francese in Roma, e per il trasferimento della Metropoli da Torino in altra Città del Regno. Parigi le 15 Septembre 1864.. MantuaLex. URL consultato in data 15 agosto 2010. 34. ^ Vedi Giornata dell'Aspromonte. 35. ^ Il concilio fu sospeso in seguito alla presa di Roma e non fu più riconvocato Non fu ufficialmente chiuso se non nel 1960 da papa Giovanni XXIII, come formalità prima dell'apertura del Concilio Vaticano II. 36. ^ Cfr. Attilio Milano, Storia degli Ebrei in Italia, Torino, Einaudi, 1992, p. 258, ISBN 8806-12825-6 Bibliografia Hercule De Sauclières, Il Risorgimento contro la Chiesa e il Sud. Intrighi, crimini e menzogne dei piemontesi. Controcorrente, Napoli, 2003. ISBN 978-88-89015-03-2 Domenico Demarco, Il tramonto dello Stato Pontificio Torino, Giulio Einaudi editore, 1949 Ludovico Gatto. Storia universale del Medioevo. Roma, Newton & Compton, 2003 Elio Lodolini, L'amministrazione periferica e locale nello Stato Pontificio dopo la Restaurazione. Ferrara Viva (1959) I/1, 5-32 Leopold G. Glueckert, Between Two Amnesties: Former Political Prisoners and Exiles in the Roman Revolution of 1848. New York, Garland Press, 1991 Alberto Guglielmotti, Storia della Marina Pontificia, voll. 10, Roma 1886-1893. Elio Lodolini, L'ordinamento giudiziario civile e penale nello Stato Pontificio (sec.XIX). Ferrara Viva (1959) I/2, 43-73 Giacomo Martina, S.J. Pio IX (1846-1850). 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Elvio Ciferri, Papal States in «Encyclopedia of the French Revolutionary and Napoleonic Wars», Santa Barbara (California), ABC Clio, 2006 Atti del Convegno «La Legazione di Romagna e i suoi archivi: secoli XVI-XVIII», pubblicati a cura di Angelo Turchini. - Cesena: Il ponte vecchio, stampa 2006 Cinematografia Il tormento e l'estasi (film) Il cardinale Lambertini (film 1934) Il cardinale Lambertini (film 1954) State buoni se potete Le voci bianche Il marchese del Grillo Nell'anno del Signore Rugantino Correva l'anno di grazia 1870 In nome del Papa Re In nome del popolo sovrano Arrivano i bersaglieri 'o Re La carbonara Voci correlate Potere temporale Capitano generale della Chiesa Ducato romano Donazione di Sutri (728) Constitutio romana (824) Convenzione di settembre (1864) Privilegium Othonis (962) Lotta per le investiture (XI-XII secolo) Dictatus papae (1075) Costituzioni egidiane (1357) Suddivisioni amministrative dello Stato Pontificio in età moderna Repubblica Romana (1798-1799) Suddivisioni amministrative dello Stato Pontificio in età contemporanea Governo (Stato Pontificio) Repubblica Romana (1849) Presa di Roma (1870) Questione romana Zuavi pontifici Collegamenti esterni Popolazione nelle Legazioni, anni 1816 1833 1844 1853. IGMI, Le Legazioni prima di confluire nella Legazione delle Romagne (anno 1840 circa) Altri progetti Commons contiene file multimediali su Stato Pontificio [mostra] V·D·M Stati italiani nel Medioevo [mostra] V·D·M Stati italiani alla Pace di Lodi (1454) [mostra] V·D·M Stati italiani nel 1492 [mostra] V·D·M Stati italiani alla pace di Cateau-Cambrésis (1559) [mostra] V·D·M Stati italiani ai trattati di Utrecht e Rastatt (1714) [mostra] V·D·M Stati italiani alla Pace di Aquisgrana del 1748 [mostra] V·D·M Stati italiani dopo il Congresso di Vienna (1815) [mostra] V·D·M Stati italiani all'armistizio di Villafranca (1859) Portale Cattolicesimo Portale Stato Pontificio Portale Storia Categorie: | [altre] Portale Storia d'Italia Religione e politica Stato Pontificio Storia dei rapporti fra Stato italiano e Chiesa cattolica Storia della Romagna Storia di Bologna