Andrea Lombardo agc associazione gioiello contemporaneo Il

Andrea Lombardo agc associazione gioiello contemporaneo
Il luogo del progetto: il segno del contemporaneo
Prima di tutto ringrazio gli organizzatori per il gentile invito, che apprezzo particolarmente, vista
l’esiguità degli spazi a disposizione per un confronto e un dialogo su tematiche così importanti per
il settore dell’artigianato artistico.
La mia presenza oggi, mi vede in rappresentanza dell’AGC prima associazione del gioiello
contemporaneo in Italia che si è ormai costituita più di 7 anni fa partendo proprio da questa
esigenza di incontro e discussione sia tra di gli operatori che con il restante mondo esterno, così
difficile da raggiungere.
Lo scopo del mio intervento, non sarà quello di lodare la bravura dei nostri artigiani o decantare la
bellezza del loro operato, ma più modestamente fornire alcuni spunti di riflessione su di un
cambiamento importante che sta vivendo tutto il settore del artigianato in primis e il sistema della
cultura poi.
Da tempo ormai, la nostra associazione ha individuato nel rapporto con i musei e nel dialogo con le
scuole due punti strategici della sua azione di crescita culturale ed economica. Numerose sono state
le collaborazioni con le diverse realtà museali sia nazionali che internazionali, e ne è emerso un
quadro a tinte chiare e scure, utile però a farci capire quali sono le difficoltà oggettive che frenano
un corretto rapporto tra questi due mondi.
Esse, si possono riassumere in due punti, che a cascata generano tutta una serie di incomprensioni e
quindi difficoltà a relazionarsi:
 ritardo culturale del mondo dell’artigiano
 difficoltà di rinnovamento delle realtà museali
Il settore dell’artigianato, soprattutto in Italia ma non solo, sta vivendo una crisi di identità senza
precedenti. Alla domanda; “che cosa vuol dire essere artigiano oggi in un mondo industrializzato?”,
questo settore non ha mai risposto. Ed è ancora più grave il fatto che, complice un formazione
scolastica ormai ridotta all’inesistente, anche culturalmente ci si sta avviando all’estinzione, senza
neanche porselo come un problema.
La stessa parola “artigiano” viene comunemente usata da tutti noi incluse le istituzioni e il grande
pubblico in un’accezione errata, ferma ormai ad un paio di secoli fa.
Quando ci riferiamo all’artigiano, pensiamo subito a colui che svolge un puro lavoro manuale. Così
è, tanto che se esaminiamo la lista dei lavori rappresentati all’interno delle diverse sigle sindacali
artigiane, troviamo ad esempio la figura dell’autotrasportatore, ed è ovvio visto che il camion o il
taxi si guidano con le mani, troviamo la figura del meccanico, ovviamente perché utilizza le mani
per eseguire delle riparazioni e così via. Cioè quello che si rappresenta è un modo di concepire la
produzione artigiana come mera esecuzione manuale, così come avveniva nell’ottocento quando più
dell’80% degli oggetti erano prodotti in maniera artigianale. Da allora il mondo è un po’ cambiato,
oggi praticamente il 98-99% della produzione di beni è realizzata con una logica industriale o semi
industriale ed anche molti dei lavori cosiddetti manuali vengono svolti con la medesima filosofia.
Per fare alcuni esempi, come definiremo un idraulico che compie sempre gli stessi gesti e utilizza
solo ed esclusivamente quella procedura standardizzata di lavorazione? Un artigiano? O un tecnico?
E se è questa la logica allora perché non consideriamo anche l’operaio della FIAT un artigiano,
anche lui fa un lavoro manuale, anche se di serie.
In Cina nella città di Dafen situata nella provincia dello Shenzhen ci sono oltre 2700 pittori che
lavorano 11 ore al giorno e dormono in fabbrica sette giorni su sette, dove svolgono l’attività di
“pittori in serie”, ogn’uno è specializzato in un determinato stile, si riproduce su scala industriale
indifferentemente copie della Gioconda o di un Monet. Questi come li definiremo artisti, artigiani
del pennello o lavoratori di un industria? E allora per inverso perché non consideriamo artigiano
anche il chirurgo visto che utilizza anche lui le mani!
Come vedete la questione è assai complessa. Ma allora qual è la differenza oggi tra il lavoro
artigianale e il lavoro manuale? Molto banalmente, è il valore aggiunto della cultura.
Sempre di più nel prodotto artigianale, il peso della cultura rappresenta la parte predominante della
sua realizzazione. Il problema del come si fa è sempre più marginale. E se la cultura è di per se oggi
il melting pot di saperi diversi, si comprenderà come anche l’artigianato non potrà essere altro che
la fusione tra percorsi formativi differenti.
Parlare quindi di artigianato e non comprendere che esso è diventato uno degli attori della cultura
contemporanea, non è semplicemente sbagliato ma significa anche non aver compreso l’evoluzione
di questi ultimi secoli.
Da questo semplice errore di concetto, ne conseguono altri che non fanno altro che aggravare
l’incomprensione tra un mondo istituzionale ed un pubblico che da esso viene formato o informato
e il mondo dell’artigianato di oggi.
E allora è da qui che bisogna ripartire, è da qui che bisogna “riprogettare” una nuova
comunicazione.
Il museo proprio per il suo ruolo istituzionale, rappresenta uno se non il più importante soggetto
deputato ad una nuova riqualificazione del settore artigianale.
Cosi come riportato da Giancarlo Rolla dell’Università di Siena, “..La stessa nozione giuridica di
museo ha avuto, in questi ultimi anni, una profonda trasformazione. Il museo non può essere
considerato un contenitore di beni, ma costituisce piuttosto l’assetto organizzativo preposto alla
tutela, alla fruizione ed alla valorizzazione della cultura: il soggetto in grado di svolgere
unitariamente la conservazione, la fruizione e la valorizzazione dei beni culturali.”
“.. E’, al tempo stesso, espressione culturale del territorio ed opportunità economica, memoria
storica, fattore di promozione culturale e creazione di imprenditorialità e nuove professionalità. Il
museo è un “ motore” culturale per il territorio, ma anche un possibile “ volano “ per il suo
sviluppo.”
“La legislazione più recente (in particolare il decreto legislativo 112/98) definisce il bene culturale
come il bene che, indipendentemente dalla sua natura (storico, artistico, monumentale, letterario,
archeologico,ecc….),costituisce testimonianza avente valore di civiltà. Di conseguenza, l’oggetto
della conservazione e della gestione dei musei si amplia notevolmente, potendo abbracciare profili
culturali assai diversificati..”, non ultimo l’artigianato.
La dove si comprende che il sapere è anche volano economico di una collettività allora li il Museo
diventa elemento essenziale di crescita.
Ecco perché è importante avere istituzioni museali molto attente al cambiamento e pronte a recepire
gli stimoli che vengono dal mondo esterno.
Come giustamente evidenzia Francesco Poli “.. per i direttori e curatori di musei, l'impegno da
critici storici dell'arte tende a essere subordinato all'esigenza pressante di avere sempre
un'informazione, la più aggiornata possibile, su quanto sta avvenendo (o sta per avvenire) nel
contesto artistico internazionale, attraverso una frequentazione continua di mostre, il rapporto
stretto con galleristi, collezionisti e altri direttori. È un lavoro da critico "militante", insomma, che si
deve coniugare strettamente con quello di manager dell'arte.”
Secondo Hans Haacke, uno dei migliori artisti attuali di livello internazionale: "Il mondo dell'arte
nel suo insieme, e i musei in particolare, appartengono a quello che è stato definito giustamente (da
Hans Magnus Enzensberger) "industria della coscienza". Come Enzensberger, io credo che l'uso
del termine "industria" per l'intera rete delle attività di quelli che sono impegnati stabilmente, o
come free lance, nel campo dell'arte, ha un effetto salutare. In un solo colpo, questo termine spazza
via le nuvole romantiche che avvolgono le nozioni spesso mitiche e ingannevoli utilizzate
ampiamente per quello che riguarda produzione, distribuzione e consumo dell'arte".
In altre parole, se il sistema museale e dunque le istituzioni non comprenderanno la necessità del
mondo artigiano di non essere esclusi dal sistema produttivo dell’arte, saranno giocoforza
responsabili della estinzione di una parte della cultura millenaria di questo paese.
Andrea Lombardo