06-11-2014 Recensioni IL MAESTRO E L`ALLIEVO. CRITICA

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IL MAESTRO E L’ALLIEVO.
CRITICA DELLA RAGIONE IMPURA ALL’OPERA
DI SOSSIO GIAMETTA: “CORTOCIRCUITI”.
DI ALESSANDRO DI LORENZO
Leggendo l’ultimo capolavoro dell’esimio studioso di
Nietzsche, Sossio Giametta, mi sono trovato di fronte ad un
dilemma che mi perseguitava da anni: lo sviluppo storico del
cristianesimo e le sue creature socio-politiche. Il Giametta
ha studiato a lungo gli scritti di Nietzsche con senso critico e
lealtà intellettuale, dedicando l’intera vita ad una persona che
a causa del suo cognome è difficile anche collocare nel
mondo germanico, considerato che quella “z” interposta nel
gruppo consonantico “tsch”, che in tedesco traduce il suono
fonetico della “c”, è del tutto sgrammaticato, riconducendo
filologicamente l’origine del nostro filosofo ai paesi dell’est
Europa. Quindi Nietzsche portava in sé non solo i valori
pangermanici ma anche quelli più ampi dell’intera
Mitteleuropa. Bene fa il Giametta quando afferma che
Nietzsche è stato come un acceleratore di particelle, ovvero
ha accelerato e portato a compimento quella crisi della civiltà
europea così come era stato descritto da Oswald Spengler nel
suo “Il tramonto dell’Occidente”. Il testo di Spengler è stato
una bibbia laica per tutti i giovani delle destre europee fino ai
nostri giorni, decantato dai neo-fascisti quasi quanto “Il
Signore degli anelli “ di Tolkien, saga medievale-cavalleresca immersa in un mondo idilliaco di eroi
e druidi celtici, dove la Natura è dominata dal caos e l’unica via d’uscita è rappresentata
dall’avvento dell’uomo senza macchie e senza paura, pronto a lottare per il dominio e la
sopravvivenza. In poche parole, una trasposizione letteraria, nonché darwiniana, del termine inglese
“strungle for life”. Per Nietzsche il valore orgiastico dionisiaco della vita è onnipotente. Esso ci
rende parte del caos della realtà, di una natura infinita, senza inizio né fine, dove solo il
Gewaltmensch e lo Uebermensch, ovvero l’uomo forte e il superuomo, riescono ad imprimere un
senso alla vita, dominando e sbaragliando i più deboli senza alcun vincolo morale, al di là del bene
e del male appunto. Ma come dice lo stesso Giametta, guardando la storia vediamo che questo
filosofare poetico e moralista di Nietzsche ha causato non pochi problemi alla civiltà umana, se si
pensa che, anche se inconsapevolmente, il filosofo tedesco ha gettato le basi della religione laica del
nazionalsocialismo (basti sfogliare le pagine di Mosse per rendersi conto di quanto affermato). Le
grandi adunate di Norimberga, il Walhalla, Pantheon dell’antica Germania sacro-romano-imperiale,
sono simboli esteriori di quella divinizzazione della Natura e conseguentemente dell’uomo
eckhartiano, di quel medioevo puro, ariano e germanico a cui si rifaceva il criptico pastore
dell’Essere, Heidegger, definito, dal germanista triestino Claudio Magris, uno dei sette nani della
Swarzwald. Secondo il Giametta, Nietzsche contrappone i valori aristocratici greco-romani: il
coraggio, l’avventura, la gara, la lotta, la guerra (il polemos eracliteo), la patria (Heimat), il sangue
ed il suolo, la mortalità, ai valori democratici: la dignità, l’uguaglianza di tutti gli uomini, la pace, la
solidarietà, l’amore, l’immortalità, l’internazionalismo e l’ecumenismo, questi ultimi figli di un
cristianesimo ormai decadente e senza speranza. A nostro avviso Nietzsche, in effetti, non ha fatto
altro che prendere in prestito, dal mondo classico, solo i valori che più si confacevano alla sua
dottrina filosofica e moralistica. Basti pensare che i valori che egli definisce aristocratici anche in
epoca classica erano contaminati dai valori democratici, ovvero gli uni si completavano con gli altri.
Infatti, quando Achille uccide sotto le mura di Troia Ettore, il re dei troiani, Priamo, invoca pietà ad
Achille affinché gli restituisca il corpo del figlio, degno di una sepoltura pari al suo rango
aristocratico. Quindi, Priamo, l’aristocratico, è pregno di quella “pietas” fatta propria dal
cristianesimo secoli dopo. Lo stesso imperatore filosofo Marco Aurelio prova pietà, compassione
per la vita, ritenendo il suo ruolo di imperatore solo un casus historici. Il cristianesimo, nel suo
sviluppo successivo e nella sua evoluzione storica fa propri tutti gli elementi del mondo classico
greco-romano, sia quelli dei valori aristocratici che quelli democratici, trasformandoli e piegandoli
alla teologia paolina. Ai “Lares” tenuti nelle nicchie e nelle esedre di casa e agli angoli dei cardini e
dei decumani come dei protettori, vengono rimpiazzate le statuine dei santi e dei martiri cristiani.
L’ecumenismo evangelico inizia ad ingurgitare la filosofia classica fino a raggiungere il suo apice
nel Medioevo, con la patristica e la scolastica. Del resto Nietzsche ha creato con i suoi valori
aristocratici una dogmatizzazione del mondo classico, che è proprio quello che egli stesso non
amava nel cristianesimo. Quindi, analizzato che il cristianesimo ha portato sempre con sé sia i
valori democratici che aristocratici, bisogna concludere che la crisi cristiano-europea, tanto
decantata da Spengler e da Nietzsche, come organismo biologico che ha raggiunto il suo ultimo
stadio, quello della decomposizione, in realtà nasce e si consuma tutto all’interno del cristianesimo.
Noi crediamo, a differenza di molti altri, che l’epilogo della civiltà europea, rappresentato
dall’immane tragedia della seconda guerra mondiale, è un’implosione tutta interna al mondo
cristiano e non una lotta tra enti contrapposti, ovvero nazismo contro cristianesimo e comunismo
contro cristianesimo e fascismo.
A questo punto dobbiamo tenere presente la categoria organica della storia e della filosofia di
Giametta, mutuata con molta probabilità dal Croce. Analizzando gli accadimenti storici, infatti,
notiamo che la visione post nietzschiana della seconda guerra mondiale, dello scontro tra valori
aristocratici, rappresentati dal nazifascismo, e i valori democratici, rappresentati dalla chiesa e dal
comunismo, non è corretta. All’interno della chiesa si consuma la lotta tra i valori nobili e quelli
democratici, vissuti in perenne contrasto nell’universalità dell’ecclesiologia. Difatti, la base
filosofica a cui fanno riferimento i primi scrittori del pangermanesimo medievale e contadino, legati
al pensiero della divinizzazione del “Volk”, come Riehl, Loens, Lagarde e Langbehn, è il pensiero
del priore domenicano della zona renana Meister Eckhart, molto amato anche da Adolf Hitler.
Eckhart riduce il gap tra l’Assoluto, essere posto nell’ al di là, e l’Io, fondendo l’Io con l’Assoluto,
l’uomo con Dio, come una funzione logaritmica che si avvicina agli assi cartesiani x e y, unendosi
con essi all’infinito. L’uomo, per il teologo renano, è tempio di Dio, riprendendo così il concetto
dell’Uno plotiniano, la Natura diviene divina e l’essere coincide con l’ente. Quindi distruggendo
l’al di là pone come unico infinito l’al di qua, l’universo e la natura. Lo stesso Giordano Bruno,
nostro conterraneo, che non riusciva ad accettare l’idea di un Dio trino ed uno, concepisce come
unico infinito il mondo che ci circonda e i suoi infiniti mondi, staccandosi anch’egli da un’idea
assoluta ed assolutistica di Dio. Questo concetto verrà ampliato da Nietzsche e portato alle estreme
conseguenze con il suo Wille zur Macht. A ben guardare la base del nazismo e dei fascismi europei
è da ricercare quindi proprio presso i teologi cristiani. La morte di Dio è una morte teologicocristiana e non a-teologica.
Un altro esempio è la guerra civile spagnola che vede contrapporsi da un lato il fascismo militare di
Francisco Franco, coadiuvato dalla chiesa cattolica, e dall’altro lato il comunismo, decomposto al
suo interno dagli anarchici del POUM e dai filo sovietici. In Spagna i preti erano i detentori dei
valori aristocratici decantati dal fascismo. Molti di essi lottavano e sparavano dai campanili delle
chiese contro i detentori dei valori democratici repubblicani. E’ lì che nasce l’Opus Dei, tecnocrati
cattolici all’interno delle gerarchie franchiste. Una chiesa aristocratica la troviamo anche durante le
dittature fasciste sud americane, che lottano contro i valori democratici sostenuti da preti coraggiosi
come i padri gesuiti e l’arcivescovo Oscar Romero. Quest’ultimo è venerato dalle chiese vetero-
cattoliche, chiesa anglicana e chiese riformate, ma non è ancora stato beatificato dalla chiesa di
Roma, dove le spinte aristocratiche si oppongono energicamente alla teologia della liberazione,
colpevole di aver sposato negli anni settanta il marxismo. Personalmente confido che Papa
Francesco riuscirà a superare tale ostacolo.
I finti valori democratici del comunismo, per dirla alla Giametta, allo stesso modo sono stati
generati dalla chiesa cristiana. Il calabro Tommaso Campanella, l’anglosassone Thomas More,
entrambi religiosi, hanno esaltato nelle loro opere città utopiche pregne di valori comunitari. Le
comunità del sud America costruite dai gesuiti nel ‘500 e nel ‘600 sono veri esempi di vita
comunitaria e di beni condivisi, dove era abolita anche la proprietà privata. Per non parlare del
primo francescanesimo, considerato eretico dalla gerarchia cattolica al pari dei valdesi, tanto temuti
per i loro aspetti democratici e pauperistici. Lo stesso scisma del 31 Ottobre del 1517 causato dalle
chiese riformate, in particolar modo dal luteranesimo e dal calvinismo, diedero origine nei paesi
nord europei ad un tipo di cristianesimo aristoborghese, negando il valore salvifico delle “opere” e
ritenendo la fede quale unico viatico per la salvezza delle anime. Con la traduzione in tedesco del
passo biblico giovanneo, Am anfang war das wort (all’inizio vi era la parola) Lutero sottrasse ai
preti l’esclusività del pensiero teologico, rivolgendolo a tutto il popolo cristiano. Le chiese
riformate diedero così al solo “lavoro” dell’uomo un alto senso religioso, elevandolo a dogma di
fede. Di converso, il cattolicesimo, dal Concilio di Trento in poi, si rivolgerà sempre più alle classi
più deboli della società, tenendo fede ai valori democratici. Non è un caso, infatti, che il liberalismo
thatcheriano e reganiano degli anni ottanta del XX secolo sia espressione autentica di quella visione
cristiana delle società nord europee, ridimensionando drasticamente il welfare state, colpevole di
aver generato solo pigrizia e assistenzialismo verso le classi deboli della società.
Il cristianesimo va quindi inteso come un grande calderone, dove vi è tutto ed il contrario di tutto.
Esso è stato foriero dei vari ismi totalitari europei, sorti da una diversa interpretazione della realtà
cristiana e poi distaccatasi da essa come presunti nuovi enti. Il nazifascismo ed il comunismo si
sono basati entrambi sulla riduzione dell’idea dell’Assoluto o dell’Essere. Il nazifascismo riduceva
l’Assoluto all’Universo, al Volk (popolo) e all’Io psicologico, mentre il comunismo dissolveva
l’Assoluto nel materialismo storico. Le due scuole del pensiero politico estremo del secolo breve,
per dirla alla Hobsbawm, sono state ossessionate dall’Idea dell’Assoluto, di come combatterlo o di
come trasformarlo in nuovo assetto sociale.In conclusione si potrebbe affermare che la rinascita di
un’Europa realmente cristiana andrebbe fondata esclusivamente sull’unico vero valore insegnatoci
da Gesù: l’amore. Come dice Sant’Agostino possiamo ridurre a zero i dogmi della chiesa, poiché
l’unico vero insegnamento è solo l’amore che Gesù ha predicato durante tutta la sua esistenza
storica e la logica filosofica può avere senso solo se immersa nella storia. La storia è l’oggetto della
filosofia così come l’oggetto naturale sta alla ricerca tecnico-scientifica.A nostro modesto avviso
bisognerebbe sostituire il Wille zur Macht nietzschiano con il Wille zur liebe, la volontà di potenza
con la volontà di amare! Saranno state forse le sue stesse lacrime a salvare Nietzsche dalla volontà
di potenza, quel pianto scoppiato durante una seduta psicoanalitica con il dottor Josef Breuer, padre
della psicanalisi, liberando la sua mente dall’ossessivo ricordo di un amore non corrisposto con la
russa Lou Salomè. Sarà stato forse il sentimento dell’amore a dare un nuovo significato alla sua
potenza, a riconsiderare la sua irrefrenabile fiducia verso la Natura caotica delle cose, come ben
descrive lo scrittore statunitense Irvin D. Yalom nel suo mirabile romanzo “Le lacrime di
Nietzsche”. Dopo quelle lacrime liberatorie, il professore di filologia di Basilea si fece portare alla
stazione viennese per raggiungere l’Italia e non perdere l’appuntamento con il profeta persiano di
nome Zarathustra. L’architetto elvetico Le Corbusier considerava l’arte lo specchio della vita, che
amava descrivere come un perenne dualismo tra Dioniso e Apollo, tra sentimento e ragione, tra caos
e cosmo, tra ordine e irrazionalità, tra luna e sole. E’ in questo perenne dualismo che bisognerebbe
cercare l’essenza delle cose, quell’agognato noumeno che tormenta da sempre filosofi, letterati e
scienziati, nell’infinita odissea dell’esistenza. Ma come dice Claudio Magris è solo nel viaggio che
si riscopre l’umiltà della vita, l’appagamento della ragione che non desidera la meta ma gli basta
solo godere del presente.
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