Fondamenti di AT testi prima lezione 12 10 2015

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20151012 PFTS_M. STATZU_Fondamenti di Antropologia Teologica_lez 1
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Il mistero
L’assenza di mistero della nostra vita moderna è la nostra decadenza e la nostra
povertà. Una vita umana ha tanto valore, per quanto rispetta il mistero. Nella venerazione
del mistero, un uomo conserva qualcosa della sua infanzia. I bambini hanno occhi così
aperti e vigili, perché sanno di essere circondati dal mistero. Non si sono ancora
perfettamente adattati a questo mondo, non sanno ancora ottenere il successo ed eludere i
misteri, così come noi sappiamo fare. Noi distruggiamo il mistero, perché abbiamo il
presentimento che qui incorreremmo in un limite del nostro essere, perché vogliamo
disporre ed essere signori di tutto, e proprio questo non è possibile con il mistero.
Il mistero ci crea disagio, perché noi non siamo a casa nostra in sua presenza,
perché esso parla di un «essere a casa» che è diverso da quello che intendiamo noi. Vivere
senza mistero significa non saper niente del mistero della nostra stessa vita, del mistero
dell’uomo, del mistero del mondo, significa non dare importanza all’altro uomo e al
mondo, significa restare in superficie. Significa prendere sul serio il mondo solo quel tanto
che può essere gettato al calcolo e sfruttato, non risalire indietro rispetto al mondo del
calcolo e dell’utilità. Vivere senza mistero significa non vedere assolutamente i fatti decisivi
della vita o addirittura negarli. Non vogliamo sapere che le radici dell’albero stanno
nell’oscurità della terra, che tutto quanto vive alla luce proviene dall’oscurità e dal mistero
del grembo materno, che anche tutti i nostri pensieri, tutta la nostra vita spirituale, viene
dal mistero di un’oscurità nascosta, così come la nostra vita e ogni vita. Non vogliamo
sentire che il mistero è la radice di ogni cosa concepibile, chiara, evidente. E se lo
sentiamo, vogliamo affrontare questo mistero, lo vogliamo ridurre alle nostre unità di
misura e di spiegazione, lo vogliamo sezionare, e risulta che in questo modo uccidiamo la
vita e non scopriamo il mistero. Il mistero resta mistero. Si sottrae alla nostra presa.
Ma ora mistero non significa semplicemente non sapere qualcosa. Non è la stella
più lontana ad essere il più grande mistero, ma al contrario tanto più vicina ci è una cosa,
tanto meglio sappiamo qualcosa, tanto più misterioso questo diventa per noi. Non è l’uomo
più lontano ad essere per noi il mistero più grande, ma proprio il più vicino. E il suo
mistero non diminuisce ai nostri occhi per il fatto che noi continuamente sappiamo
qualcosa di lui, al contrario la sua vicinanza ce lo rende sempre più misterioso. Si ha la
massima profondità di ogni mistero quando due persone giungono ad essere così vicine fra
di loro da amarsi reciprocamente. In nessuna situazione del mondo l’uomo avverte come
in questa la forza del mistero e il suo dominio. Quando due persone sanno tutto l’una
dell’altra, il mistero della vita diventa fra di loro infinitamente grande. E solo in questo
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amore si comprendono reciprocamente, sanno tutto l’una dell’altra, si conoscono per
intero. Eppure, quanto più si amano e quanto più sanno l’una dell’altra nell’amore, tanto
più profondamente si rendono conto del mistero della loro vita.
Dunque il sapere non supera il mistero, ma lo approfondisce. Che l’altro mi sia così
vicino, questo è il mistero più grande.
(DIETRICH BONHOEFFER, Gli Scritti, Queriniana, Brescia 1979, 400-401)
BIBLIOGRAFIA MINIMA:
L.F. LADARIA, Antropologia teologica, Gregorian & Biblical Press, Roma 2012; F.G.
BRAMBILLA, Antropologia Teologica, Queriniana, Brescia, 2005; I. SANNA, Chiamati per
nome, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 1994; A. SCOLA-G.MARENGO-J.PRADES LÒPEZ, La
persona umana. Antropologia Teologica, Jaca Book, Milano, 2000; I. RUPNIK, Dire
l’uomo. Persona cultura della Pasqua, Lipa, Roma, 1997; K. RAHNER, Corso fondamentale
sulla fede. Introduzione al concetto di cristianesimo, Edizioni Paoline, Milano 19905; V.
LOSSKY, A immagine e somiglianza di Dio, EDB, Bologna 1999.
Ulteriore bibliografia sarà presentata nel corso delle lezioni.
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CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale Gaudium et spes sulla
GS 22. De Christo Novo Homine.
GS 22. Cristo, l’uomo nuovo.
Reapse nonnisi in mysterio Verbi incarnati
mysterium hominis vere clarescit. Adam enim,
primus homo, erat figura futuri (28), scilicet
Christi Domini.
In realtà solamente nel mistero del Verbo
incarnato trova vera luce il mistero
dell’uomo.
Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di
quello futuro (28) (Rm5,14) e cioè di Cristo
Signore.
Christus, novissimus Adam, in ipsa revelatione
mysterii Patris Eiusque amoris, hominem ipsi
homini plene manifestat eique altissimam eius
vocationem patefacit.
Cristo, che è l’ultimo Adamo, proprio
rivelando il mistero del Padre e del suo
amore svela anche pienamente l’uomo a se
stesso e gli manifesta la sua altissima
vocazione.
Nil igitur mirum in Eo praedictas veritates suum
invenire fontem atque attingere fastigium.
Qui est "imago Dei invisibilis" (Col 1,15) (29), Ipse
est homo perfectus, qui Adae filiis similitudinem
divinam, inde a primo peccato deformatam,
restituit.
Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le verità
su esposte in lui trovino la loro sorgente e
tocchino il loro vertice. Egli è «l’immagine
dell’invisibile Iddio» (Col 1,15) (29); è l’uomo
perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la
somiglianza con Dio, deformata dal primo
peccato.
Cum in Eo natura humana assumpta, non
perempta sit (30), eo ipso etiam in nobis ad Poiché in lui la natura umana è stata assunta,
sublimem dignitatem evecta est.
senza per questo venire annientata (30) per ciò
stesso essa è stata anche in noi innalzata a una
dignità sublime.
Ipse enim, Filius Dei, incarnatione sua cum omni Egli
stesso,
il
Figlio
di
Dio,
homine quodammodo Se univit. Humanis nell’incarnazione si è unito in certo modo
manibus opus fecit, humana mente cogitavit, ad ogni uomo.
humana voluntate egit (31), humano corde Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con
dilexit.
intelligenza d’uomo, ha agito con volontà
d’uomo (31), ha amato con cuore d’uomo.
Nato da Maria Vergine, egli si è fatto
Natus de Maria Virgine, vere unus ex nostris veramente uno di noi, in tutto simile a noi
factus est, in omnibus nobis similis excepto fuorché il peccato (32).
peccato (32).
Agnello innocente, col suo sangue sparso
Agnus innocens, sanguine suo libere effuso, liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci
vitam nobis meruit, in Ipsoque Deus nos Sibi et ha riconciliati con se stesso e tra noi (33) e ci
inter nos reconciliavit (33) et a servitute diaboli ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del
ac peccati eripuit, ita ut unusquisque nostrum peccato; così che ognuno di noi può dire con
cum Apostolo dicere possit: Filius Dei "dilexit me l’Apostolo: il Figlio di Dio «mi ha amato e ha
et tradidit semetipsum pro me" (Gal 2,20). Pro dato se stesso per me» (Gal 2,20). Soffrendo
nobis patiendo non solummodo exemplum per noi non ci ha dato semplicemente
praebuit ut sequamur vestigia Eius (34), sed et l’esempio perché seguiamo le sue orme (34)
viam instauravit, quam dum sequimur, vita et ma ci ha anche aperta la strada: se la
mors sanctificantur novumque sensum accipiunt. seguiamo, la vita e la morte vengono
santificate e acquistano nuovo significato.
Il cristiano poi, reso conforme all’immagine
Christianus autem homo, conformis imagini Filii del Figlio che è il primogenito tra molti
factus qui est Primogenitus in multis fratribus fratelli riceve «le primizie dello Spirito»
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Chiesa nel mondo contemporaneo
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione Dogmatica sulla divina rivelazione Dei
Verbum
2. Placuit Deo in sua bonitate et sapientia
Seipsum revelare et notum facere sacramentum
voluntatis suae (cf. Eph 1,9), quo homines per
Christum, Verbum carnem factum, in Spiritu
Sancto accessum habent ad Patrem et divinae
naturae consortes efficiuntur (cf. Eph 2,18; 2
Petr 1,4). Hac itaque revelatione Deus invisibilis
(cf. Col 1,15; 1 Tim 1,17) ex abundantia caritatis
suae homines tamquam amicos alloquitur (cf.
Ex 33,11; Io 15,14-15) et cum eis conversatur (cf.
Bar 3,38), ut eos ad societatem Secum invitet in
eamque suscipiat. Haec revelationis oeconomia
fit gestis verbisque intrinsece inter se connexis,
ita ut opera, in historia salutis a Deo patrata,
doctrinam et res verbis significatas manifestent
ac corroborent, verba autem opera proclament
et mysterium in eis contentum elucident.
Intima autem per hanc revelationem tam de
Deo quam de hominis salute veritas nobis in
Christo illucescit, qui mediator simul et
plenitudo totius revelationis exsistit (2).
Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza
rivelarsi in persona e manifestare il mistero
della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale
gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto
carne, hanno accesso al Padre nello Spirito
Santo e sono resi partecipi della divina natura
(cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questa Rivelazione
infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel
suo grande amore parla agli uomini come ad
amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene
con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e
ammetterli alla comunione con sé. Questa
economia della Rivelazione comprende eventi e
parole intimamente connessi, in modo che le
opere, compiute da Dio nella storia della
salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e
le realtà significate dalle parole, mentre le
parole proclamano le opere e illustrano il
mistero in esse contenuto. La profonda verità,
poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e
sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in
Cristo, il quale è insieme il mediatore e la
pienezza di tutta intera la Rivelazione.
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